Il mio pensiero è un mistero - Biblioteca civica di Rovereto

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Il mio pensiero è un mistero - Biblioteca civica di Rovereto
«IL MIO PENSIERO È UN MISTERO OVE MI PERDO»
(ENTRANDO NELLA STORIA DI CONCHITA) per 8 attori -­‐ un’idea di RENZO MAGNANI -­‐ CAST: Attrice 1 Attrice 2 Attore 1 Attore 2 Attore 3 Attore 4 Attore 5 Attore 6 Conchita -­‐ Jenny -­‐ Tarquinia La Costumista -­‐ La Madre di Conchita -­‐ Lola -­‐ Una Visitatrice Il Narratore -­‐ Il Regista Mateo -­‐ I° Critico Garcia -­‐ Zandonai -­‐ La Guida -­‐ II° Critico Morenito -­‐ Louÿs -­‐ Miller -­‐ III° Critico Zangarini -­‐ I° Inglese -­‐ Un Visitatore -­‐ IV° Critico Vaucaire -­‐ II° Inglese -­‐ V° Critico -­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐ I Lo schermo, che rimarrà sempre in vista, proietta l’immagine di Metlicovitz. Discreta musica ambientale. Sul fondo della scena, spoglia e in penombra, si staglia la silhouette di una giovane donna intenta ad occupazioni ordinarie di toeletta. Gli attori sono già seduti ai lati, poco visibili. Il Narratore, seduto a lato in una zona illuminata, osserva brevemente la figura, poi si rivolge al pubblico col tono neutro di chi è fuori dal gioco. Nel corso del quadro si muoverà a suo piacimento. NARRATORE Chi sia veramente Conchita, nessuno può dire di saperlo. Non è lei a raccontarci la sua storia, né un imparziale testimone esterno. Tutto ciò che ne sappiamo esprime il punto di vista personalissimo dell’uomo che è avvinto a lei in modo monomaniacale, fino alla rovina, alla degradazione, al rimbecillimento. (Si profila sullo sfondo la figura di Mateo mentre osserva Conchita) (indicandolo) Don Mateo! Un maturo gentiluomo che dovrebbe ben conoscere gli inganni della vita... MATEO (piano, tra sé) «Sciagurata... Piccola miserabile... Perfida animuccia di volpe...» NARRATORE ...ma in realtà testimone quanto mai interessato e inattendibile: uno di quelli che in un processo non sarebbero nemmeno chiamati a deporre. MATEO (a un passante, in modo incoerente) «Non posso vivere dove lei non c’è... Al solo vederla il mio cuore batte all’impazzata... (si sposta per osservarla dall’altro lato) È la peggiore donna che vi sia sulla terra... Vorrei afferrare quel badile e farla a pezzi come un verme...» (Rimane lì, incantato) (Quattro attori si muovono sullo sfondo circondando Conchita, che rimane indifferente.) 1 NARRATORE Di questa creatura si sono occupati per un intero secolo romanzieri, drammaturghi, librettisti, compositori, cineasti... Tutti immancabilmente appartenenti al genere maschile. Un caso? No, certo: questa è una figura che attrae e insieme terrorizza; raccontare di lei vale ad esorcizzarla. (I quattro si disperdono da tutti i lati.) Perché – è bene saperlo subito – ciò che fa la sua forza è il fatto di sedurre irresistibilmente l’uomo per poi negarsi a lui con ogni pretesto. (L’attrice continua indisturbata a pettinarsi, truccarsi e sim.) E tuttavia, chi la conosce trova in lei un forsennato bisogno d’amore, un istinto di dedizione totale. Ma chissà, è meglio andarci cauti. (Conchita si alza e passeggia per la scena, abbigliata alla spagnola, con in mano un ventaglio) Tutto in lei è sfuggente. Qualcuno saprebbe descriverne con precisione la parvenza? No, il suo aspetto è proteiforme come la sua anima. (Sullo schermo si proiettano in rapida successione diapositive di attrici: Marlene Dietrich, Brigitte Bardot, Tarquinia Tarquini, Conchita Montenegro, Carole Bouquet, Angela Molina...) Ci si presenta ora bruna ora bionda; mediterranea e nordica; oscuro e pallido oggetto del desiderio; infantile e adulta; procace ed anoressica. In un caso viene addirittura sdoppiata in due entità diverse e complementari. E si camuffa sotto altri nomi assonanti: Rosita, Anita. Ma anche Eva od Estrella. Di Lolita potrebbe essere la sorella maggiore. Età: quindici anni, o diciotto, in un caso addirittura trenta: le versioni divergono di molto. Una giovane donna, in ogni caso. Affascinante, naturalmente espressiva. MATEO (con tono esaltato, su sottofondo di musica d’arpa) «Ahimè, mio Dio! mai l’avevo vista così bella! Non si trattava più dei suoi occhi o delle sue dita: tutto il suo corpo era espressivo... C’erano sorrisi nella piega delle sue anche, rossori di guancia nella curva dei suoi fianchi; il suo petto pareva guardare dinanzi a sé attraverso due grandi occhi neri sbarrati...» NARRATORE Può portare facilmente al delirio. Ma anche ispirare valutazioni più spicce. MILLER (tono disinvolto) «Ha un paio di tette che ti vien voglia di darti a una dieta lattea». (Secco accordo musicale) NARRATORE (allontanandolo) Questo semmai dopo. La sua figura originaria prescrive un corpo lungo e flessuoso, per assecondare le mode d’inizio secolo che la vogliono quasi filiforme. Ma non ha nulla della gran dama. Il fare svelto e agile, gli occhi vivaci, furbi, sono quelli di una ragazzina intelligente e non priva di ironia. Il suo movimento è un misto d’indolenza e di argento vivo. Si presenta al meglio quando danza. (Sottofondo di musica flamenca) MATEO (mentre l’attrice mima il gesto -­‐ o in alternativa utilizzando un filmato apposito) «Concha era nata flamenca; non ne aveva l’esperienza, ne aveva la divinazione. Avanzava e indietreggiava a piccoli passi oscillanti, guardando di sbieco sotto la manica sollevata per poi abbassare lentamente, con un moto del busto e delle anche, il suo braccio al di sopra del quale spuntavano due occhi neri. Era delicata e ardente, gli occhi spiritati o umidi di languore. Batteva col tacco le tavole del palcoscenico e faceva schioccare le dita al termine del gesto, come per infondere un grido di vita alle braccia ondeggianti». (La danza termina con una figurazione caratteristica) NARRATORE La voce, così singolare e penetrante, è un’altra componente del suo fascino. CONCHITA (con garbo, a Mateo) «I capelli neri crescono sul capo di tante ragazze, e tanti sono gli occhi che si vedon passare per strada. Non 2 ne mancano di belle come me che la danno ad intendere. Ma io sono io, e di me ce n’è una sola. Sicché non voglio che mi si compri come una bambola al bazar, perché, una volta portata via, non se ne troverebbe un’altra...» MATEO (con tono ispirato, sovrapponendosi) «Udivo risuonare ciascuna delle sue parole come fossero proferite sul monte Sinai». NARRATORE Ma guai se è punta sul vivo. CONCHITA (con ira, a Mateo) «Ah, così è me che accusa, questo pazzo furioso! Entra qui come un ladro fracassando tutto, mi minaccia, manda a monte la mia danza, costringe i miei clienti a darsela a gambe e forse mi farà cacciare da questa casa dove mi guadagno il pane. (Mateo tenta una debole protesta) Ah, lasciami stare, sei troppo idiota!» (Cenno di musica stridente) NARRATORE Alla fine, quando sarà percossa da Mateo, lancerà urla tremende, inaudite. (Urla registrate, mentre l’Attrice si dimena preda della disperazione.) Nel teatro d’opera è soprano spinto; poi anche mezzosoprano come Carmen. Pochi sussurri, qui, ma molti scatti di voce nervosi, in acuto. (Stralcio sonoro da Zandonai: Conchita, Atto III, n. 21) Da qualunque parte la si prenda è una figura anomala, sfuggente al comune giudizio, fondamentalmente indecifrabile. Una forza della natura. Di carattere è umorale, saturnina, lunatica. La muove una strana, morbosa psicologia. Ma sulla sua orgogliosa femminilità ha idee molto chiare. CONCHITA (avanzando sul davanti della scena, battendosi forte i seni con le mani) «Io sono mia! Libera e padrona del mio corpo!» NARRATORE Fino alla brutalità. CONCHITA (ben scandito) «La chitarra è mia, e la suono a chi mi pare!» (Forte accordo di chitarra) NARRATORE Un uomo un po’ più smagato di Mateo troverebbe subito materia di scontro. MILLER (scanzonato) «Ci siamo apparsi subito antipatici a vicenda. È carina, e suppongo che me la scoperei senza spegnere la luce, ma non mi attrae. Né io l’attraggo». NARRATORE Gli esperti di faccende amorose la definiscono un’allumeuse: colei che accende. Attizza i sensi dell’uomo e li lascia insoddisfatti. (Musica capricciosa. Inizia la pantomima. Mateo è seduto su una poltrona; Conchita, in piedi davanti a lui, gli gira le spalle) Conosce e applica magistralmente l’arte della provocazione, dell’elusione, della dilazione... Annuncia promesse... (Improvvisamente Conchita balza sulle ginocchia di Mateo e lo bacia d’impeto) ...e le smentisce subito dopo. 3 (Mateo reagisce cercando di abbracciarla a sua volta ma lei, ritrosa, si divincola) CONCHITA «Basta! No, no! Vattene!» MATEO «Ma come? Se eri tu che...» CONCHITA «Mi lasci stare o no? Ti ho detto che non mi va». (Ma subito accarezza affettuosamente Mateo, il quale accosta il suo viso al suo; ma lei ancora si volge bruscamente e si alza) MATEO Conchita!... CONCHITA «Non toccarmi o chiamo aiuto!» NARRATORE La sua corazza verginale la rende inattaccabile, e di essa fa un’arma micidiale, cosciente o meno che ne sia. (Mateo si alza pure lui; Conchita lo sfugge e va a sedersi a sua volta sulla poltrona. Mateo si gira e si trova di fronte improvvisamente la Madre di Conchita. Accordo musicale) La madre, persona molto più concreta, vede per la figlia la possibilità di una buona sistemazione, e non esita a sfruttare l’occasione. (Furtivamente Mateo le dà alcune banconote ed esce in fretta) Ma quando Conchita scopre che Mateo ha dato di nascosto del denaro a sua madre, diventa una vera furia. (Musica frenetica) (estremamente rapido) Le strappa di mano il pacco delle banconote, «lo avvolge in un giornale...» Anzi no, «lo sgualcisce, lo straccia e lo scaglia a terra..». E ancora: «si china a raccoglierlo, lo lacera e lo butta di nuovo via...» (Ciascuna di queste azioni viene mimata) CONCHITA «Bisogna partire!... Fuggire! Via, via!» LA MADRE (spaurita) «Ma come vivremo? Che faremo?» (Si fa il segno di croce) NARRATORE Poi prepara furiosamente il bagaglio: «prende lo scialle e lo lancia nel mezzo della stanza». (Conchita esegue) Voilà! Ora «apre i cassetti del comò, li vuota e ne getta il contenuto verso lo scialle. Scaglia i pettini, la cipria, uno specchietto e la boccetta di profumo, poi gli abiti e il resto». Come ultimo gesto agita minacciosamente il pugno teso verso la porta... CONCHITA «Vigliacco!» NARRATORE ...ed esce trascinandosi dietro la madre in preda al panico. (Prima di uscire con la madre, Conchita lancia in aria il pacco delle banconote, che si sparpagliano dovunque) 4 Finirà a Cadice, e si guadagnerà da vivere ballando in un locale equivoco. (La scena comincia ad essere preparata per la sequenza seguente. Discreta musica preludiante di sottofondo) Nell’opera di Zandonai la scena del baile occupa tutto il secondo atto, e non è affatto facile da realizzare, anche perché il libretto è un vero pasticcio. Una compagnia di attori che voglia rappresentarla avrà molto da lavorarci... SCENA DEL BAILE Il Regista, la prima attrice (Conchita), il primo attore (Mateo), Morenito, Garcia, i 2 Inglesi, la Costumista, 2 chitarristi muti. La scena è preparata approssimativamente per rappresentare la sordida taverna andalusa. Un praticabile per il ballo con un fondalino raffigurante un paesaggio con palmizi e aranceti; la sala in penombra con poche sedie e un tavolo su cui stanno due bicchieri e una bottiglia; sul fondo una vetrata dietro la quale andrà ad appostarsi Mateo. Attacca subito la musica introduttiva. Si crea una breve scena a soggetto all’arrivo della troupe. Il Regista, con in mano i copioni (un libro, due libretti, uno rosso e uno blu, e un fascicolo), dà agli attori delle rapide indicazioni introduttive. REGISTA Ormai a grandi linee la storia di Conchita la conoscete. Stasera proviamo i movimenti della scena del baile, che è forse la più difficile di tutte. Ecco, fatemi prendere il primo libretto del 1911. (Prende in mano il libretto blu) Questa che vedete è la saletta privata, sgombrata dal pubblico normale. Mettiamoci in posizione. (Dà un’ultima controllata al libretto) Conchita rimane fuori scena, pronta per entrare. Morenito, sul palco con la chitarra, comincia ad accordare lo strumento. Mateo, là dietro la vetrata, spia con fare furtivo. Gli Inglesi, qui al tavolo. (Tutti si sono posizionati) Garcia, padrone della locanda, fa gli onori di casa e annuncia l’ingresso di Conchita... GARCIA (fa un gesto col braccio verso sinistra) Eccola. REGISTA ...e dà inizio allo spettacolo. GARCIA Flamenco! (Morenito comincia a suonare. Conchita entra da lato, avvolta in un ampio scialle frangiato lungo fin quasi a terra, tenuto sotto le ascelle in modo da lasciare le spalle scoperte. Muove qualche passo di danza, ma appare impacciata. Dopo un po’ il Regista sospende la prova) REGISTA Alt! (La musica cessa) CONCHITA Ho sbagliato i passi? REGISTA No, è che non si ha molto l'idea del flamenco. Sembri un po’ legata nel movimento. CONCHITA È colpa di questo scialle che m'ingombra: è proprio così che devo portarlo? REGISTA 5 Credo. CONCHITA Come dice il testo? REGISTA (legge) Che hai «nude le spalle» e sei «ravvolta sotto le ascelle in uno scialle di Manilla»... CONCHITA Di che? REGISTA Di Manilla. CONCHITA Manila? REGISTA Be’ sì, uno scialle di Manila, no? Sai bene che cos’è. Ci informeremo meglio dopo sui dettagli; intanto mettitelo così come è prescritto. (La aiuta ad abbigliarsi) Ecco, vedi di lasciare bene scoperta la schiena. CONCHITA Ma così mi restano le mani occupate per tutto il tempo. REGISTA Già. CONCHITA E come posso ballare il flamenco senza usare le braccia? REGISTA Vedremo di trovare il modo. Direi che si potrebbe fissarlo con un fermaglio. (Gridando verso il fondo) Costumista! C'è la costumista là dietro? COSTUMISTA (entrando di corsa) Eccomi. REGISTA Si può trovare un gancio, qualcosa per sostenere questo scialle? COSTUMISTA (dopo aver dato un’occhiata) Ci provo. (Armeggia per qualche tempo per fissare lo scialle) REGISTA Va bene così, per il momento. Riprendiamo. (Tutti si riposizionano) Azione! (Si riprende la scena da capo: segno di Garcia, chitarra e Conchita che entra a braccia libere ma con lo scialle in equilibrio precario) REGISTA (mentre lei balla) Come te lo senti? 6 CONCHITA (perplessa) Hmm... non molto bene. Sembra che cada da un momento all'altro. (Difatti, a una mossa un po’ più decisa, lo scialle si è sganciato ed ella deve afferrarlo prontamente prima che cada) REGISTA Non va. COSTUMISTA Non sta su, ed è anche troppo lungo. (Cerca di rimediare) REGISTA (occhi sul libretto) Deve essere lungo. COSTUMISTA Lo dice lì? REGISTA Non proprio, ma lo fa capire. CONCHITA Leggi. REGISTA (leggendo) «Mentre si gira su se stessa le si scoprono le gambe attraverso le frange». CONCHITA Che c’entra? REGISTA Se le gambe ti si vedono solo nelle giravolte, vuol dire che in condizione normale sono completamente coperte. I° INGLESE (piano) Bella roba! COSTUMISTA Questo si spiega, ma mi dici come farà a reggersi durante la danza se non riesce a star su da fermo? REGISTA (sempre leggendo) E non finisce qui, purtroppo. COSTUMISTA Che altro c’è?? REGISTA C’è che a un certo punto Conchita «fa alzare Morenito e balla amorosamente, appassionatamente con lui». GARCIA Ehi, Morenito, vacci piano con gli spupazzamenti! (Risate) 7 REGISTA Zitti! È una brutta grana questa di Morenito. MORENITO (celiando) Se è per me faccio anche a meno dello scialle. REGISTA E non sarebbe male, perché così Conchita si renderebbe libere le braccia. COSTUMISTA Ma lì non sta scritto. REGISTA No, dovremo arrangiarci in altro modo. CONCHITA Mi ci vorrebbero quattro mani. COSTUMISTA (scuote il capo) Si vogliono mettere insieme troppe cose: la schiena nuda, le gambe a visione intermittente... GARCIA Bisognava creare un che di peccaminoso, e il vedo-­‐e-­‐non-­‐vedo era l’unica soluzione praticabile. CONCHITA Sarà... REGISTA (dopo aver preso un appunto sul copione) Lasciatemi comunque provare la variante di Morenito. (A Conchita) Tu, Conchita, sistémati lo scialle meglio che puoi. Appena siete pronti partiamo. (Posizionamento generale) Via! (Segue la pantomima nello stesso ordine di prima; Conchita ha ancora lo scialle sostenuto da un gancio) REGISTA Ecco... entra... piano... gira un po’... prova ad alzare un braccio... sì, così... tutt’e due... attenta!... altro giro... ora prendi Morenito con una mano... lascia la chitarra, tu!... GARCIA (protestando) Così si resta senza musica! REGISTA Faremo mettere un altro chitarrista... intanto ballate... (Qualcuno fa un po’ di ritmo battendo le mani e gridando qualche olè) Sì, così... ma metteteci un po’ di passione!... Mateo, pronto ad entrare... (All’improvviso lo scialle rovina a terra facendo inciampare goffamente i due danzatori, che scoppiano a ridere; Mateo che da dietro non se n’è accorto, entra con eccessiva irruenza, gridando. Irrefrenabile ilarità nel gruppo degli attori) REGISTA Alt! Alt! Cos'è ‘sto casino? Mateo, è il modo di entrare? MATEO Mi hai dato tu il segno. 8 GARCIA Non funziona mica questa scena. REGISTA Sospendiamo tutto. (Prosegue a soggetto con qualche altra battuta simile, fino all'abbassarsi delle luci. Sottofondo discreto di musica spagnola. Qualche minuto dopo si riprende: il Regista è in piedi davanti agli attori seduti in circolo. Ha in mano il libretto rosso) REGISTA Vediamo se possiamo rimediare con la seconda edizione del libretto. (Sfoglia il secondo libretto) Ho già scoperto qualche modifica... COSTUMISTA Dunque s’erano accorti già allora che così non poteva andare. REGISTA Evidentemente. Tra l’altro, avrete notato che in quell’altra versione non è prescritto che Conchita si tolga nulla... MATEO Perché, dovrebbe...? REGISTA Direi! (rivolto a Garcia) Siamo o no in un locale equivoco, frequentato da gente senza scrupoli? GARCIA Niente galateo, qui: si paga e si vuol andare sul concreto. I° INGLESE Si mette male per te, Conchita. (Conchita fa una spalluccia) II° INGLESE Be’, lo si sapeva che eravamo un po’ sullo spinto... MATEO Però all’epoca c'era forse qualche reticenza a mostrare in scena un lembo di pelle in più. MORENITO Ma le gambe sì, a quanto pare. REGISTA Solo intraviste, e in modo fuggevole durante un avvitamento. MATEO (con ironia) Il fascino peccaminoso della caviglia... COSTUMISTA Ma non c’era già stata la Danza dei sette veli all’Opera? Hai voglia, lì, i lembi di pelle! 9 REGISTA Non vi so dire. Sarà stata una pruderie del librettista italiano... MATEO ...o un calcolo dell’editore, che poteva rischiare lo scandalo... GARCIA ...o uno scrupolo del compositore. REGISTA Credete? CONCHITA E l’interprete dove la mettiamo? MATEO Tarquinia Tarquini. CONCHITA Se fosse stata lei a imporre un costume castigato? REGISTA Non penso, ma tutto è possibile. Ora però dobbiamo venirne fuori noi, senza badare troppo a come facevano a quei tempi. COSTUMISTA Rimane il fatto che l’abbigliamento prescritto non sta né in cielo né in terra. CONCHITA Già, chi s’è inventato questa cosa assurda? REGISTA Mah, qui è tutto così approssimativo... COSTUMISTA Avevano mai visto un flamenco quei signori? REGISTA Infatti, adesso che me lo fai ricordare, nel romanzo originale non era mica un flamenco. CONCHITA Ah no? REGISTA Il flamenco si ballava prima, nella sala grande. Nel privé con i due Inglesi era prescritta la jota. MATEO Mentre invece nel libretto... REGISTA 10 È tutto il contrario: prima la jota e poi il flamenco. CONCHITA Ma per quale ragione? MATEO Forse il flamenco era percepito come più peccaminoso. REGISTA No, il fatto è che la jota è una danza di coppia, e qui invece è necessario che tutta l’attenzione sia concentrata su Conchita. CONCHITA Ci sarà pur stata qualche altra danza solistica. REGISTA Nel libro si trova citato un bolero danzato con passione furiosa. CONCHITA Quello si adatterebbe meglio. COSTUMISTA Ci sono scialli nel romanzo francese? REGISTA Neanche l’ombra. Ma ora proviamo a vedere come funziona questa seconda edizione. Vi informo subito delle novità. TUTTI Sentiamo. REGISTA Anzitutto la scomparsa di Morenito. MORENITO Nooo! (Risate e motteggi) REGISTA Chiarisco: non la sua scomparsa dalla scena, ma di quell’inutile episodio del ballo lascivo. MORENITO Lo dici tu. MATEO Un momento! Se si toglie il pomiciamento come si spiega poi il mio avventarmi in quel modo selvaggio? REGISTA (vago) È tutta la situazione ad essere equivoca... MATEO 11 D’accordo. Ma esattamente cos’è che mi renderebbe furioso? REGISTA Calma, una cosa alla volta; ci arriveremo a suo tempo. COSTUMISTA Piuttosto, cosa si dice ora sull’abbigliamento? REGISTA (legge un po’ sovrappensiero) «Conchita, nude le spalle, è ravvolta sotto le ascelle in uno scialle di Manilla...» I° INGLESE Ma è la stessa cosa di prima! II° INGLESE Dove sta la novità? REGISTA (perplesso) Hmm... anche la faccenda delle gambe rimane uguale. MATEO Guai turbare il bravo borghese del 1911. REGISTA Dodici. MATEO Come dici? REGISTA Questa seconda edizione è del 1912. MATEO Cambia qualcosa? REGISTA Sì che cambia. Ascoltate questa: (declama) A un certo punto «lo scialle di Manilla cade ai piedi di Conchita...» ALCUNI Evviva! Era ora! REGISTA «... essa balla coperta soltanto da un succinto scialle nero a lunghe frange, che le lascia scoperte le spalle e le gambe sino al ginocchio». CONCHITA Come sarebbe a dire? INGLESI 12 Qui ti vogliamo, Conchita! COSTUMISTA Scusate, fatemi capire. REGISTA Sì? COSTUMISTA Rileggi un po’. Lo scialle cade, giusto? REGISTA Sì, quello di Manilla. COSTUMISTA E lei come rimane? REGISTA (rileggendo) «Coperta da un succinto scialle nero». CONCHITA Allora vi sono due scialli uno sopra l’altro. COSTUMISTA Impossibile. CONCHITA Lo dico anch’io; non sarà un errore della didascalia? REGISTA (dubbioso) Però dice «succinto». CONCHITA Sempre scialle è. COSTUMISTA «Scialle succinto» è un'immagine che suona strana. GARCIA È per dire che l'altro, quello che cade, è ampio e lungo. I° INGLESE Una palandrana. REGISTA Ma no... II° INGLESE Poco sexy, in ogni caso. 13 GARCIA Ecco perché viene fatto cadere. CONCHITA Sì, però la diretta interessata non ha mica capito come dev’essere vestita. REGISTA Consideriamo le cose con ordine. Lo scialle di partenza... CONCHITA ...quello di Manilla. REGISTA Ecco: quello è lo stesso che abbiamo visto prima: un indumento ampio, lungo e un po’ ingombrante. Al punto prescritto te ne liberi. Se ci pensi, non è male come colpo di scena quello scialle che cade all’improvviso. CONCHITA E io come resto, secondo te? REGISTA Ma te l’ho detto: «con un succinto scialle...» CONCHITA (interrompendolo) È qui che non va più. Per me hanno sbagliato le terminologie. Non si tratta di scialle, qui, ma di una sottoveste, un abitino, una parure, un pagliaccetto... INGLESI (dandosi di gomito) Ecco ecco... REGISTA (alla costumista) Tu che ne dici? COSTUMISTA Non ne sarei sicura. Non parla forse di spalle scoperte? REGISTA Sì. COSTUMISTA E di lunghe frange, come prima? REGISTA (annuisce) Mmm... COSTUMISTA E di gambe che s’intravedono? REGISTA Sì. Anzi no: qui le gambe sono visibili in tutta la parte bassa. 14 MORENITO Capirai che sforzo. COSTUMISTA Fa niente. Se riparla di frange, di spalle scoperte e di gambe usa gli stessi termini usati per descrivere il primo scialle di Manilla. Dunque nella testa del librettista c’era uno scialle anche stavolta. MATEO Tanto più che lo chiama con nome e cognome. REGISTA Non mi torna. COSTUMISTA Nemmeno a me, perché qui avremmo, uno sull'altro, due scialli identici, con la sola differenza che uno è ampio e uno succinto. I° INGLESE Una pazzia. II° INGLESE Un'esagerazione. GARCIA Una stravaganza CONCHITA Ma se per un attimo ti figuri l'abitino attillato che dicevo io... COSTUMISTA Come attillato? CONCHITA Ma sì, succinto. Be’, allora il resto perderebbe importanza. REGISTA Cioè, dici di sostituire senz'altro il secondo scialle con quest'altra cosa? CONCHITA Perché no? REGISTA (alla Costumista) Tu lo vedi possibile? COSTUMISTA (dopo averci pensato un attimo) Ma sì, un abitino corto, scollato e con frange si può sempre immaginare. REGISTA Sarà. Ma sapete cosa mi viene in mente invece? Che forse, per sbaglio, le frasi qui potrebbero essere 15 invertite. MATEO In che senso? REGISTA Anzitutto restiamo con l’idea che lo scialle è scialle e non vestitino. Ora seguitemi: prima si deve leggere la descrizione di come Conchita è abbigliata quando entra («è coperta da un succinto scialle nero», eccetera), e dopo l’indicazione dello scialle che cade. COSTUMISTA E questo cosa proverebbe? REGISTA Che avete ragione voi: lo scialle è uno e uno solo. CONCHITA Ma quale dei due: quello ampio o quello succinto? REGISTA Quello succinto, mi pare chiaro. COSTUMISTA E dove lo metti quello di Manilla che viene citato all’inizio? REGISTA (un po’ confuso) Ammettiamo per un attimo che non ci sia. MATEO Non puoi: qui li si nomina entrambi senza alcun equivoco. GARCIA Ti complichi la vita a levarne uno. REGISTA Li vogliamo lasciare tutti e due? COSTUMISTA Se credi; ma bada che se inverti le frasi inverti anche gli scialli... CONCHITA ...e non vorrai che io mi metta quello grande sotto quello succinto... COSTUMISTA Non solo: se entri subito con quello succinto come fai poi a giocare sulla sorpresa per la caduta dell’indumento?... MORENITO ...a meno che l'alternativa al succinto non sia... la versione nature. (Ilarità generale) 16 GARCIA Mi gira la testa. I° INGLESE È un bel rebus. II° INGLESE Non se ne viene fuori. REGISTA (dopo aver riflettuto) Rimettiamo al suo posto lo scialle di Manilla. COSTUMISTA Bene; ma ti ricordo che rimane aperta la questione del suo posizionamento. CONCHITA Sotto le ascelle e retto con le mani. REGISTA Dov’è il problema? Non hai più quella controscena assurda con Morenito. CONCHITA Vero; ma io devo pur ballare il flamenco! (Fa qualche mossa agitando le braccia) REGISTA Calma, calma per favore. Non perdiamo la bussola. MATEO Io ne so poco, ma a voi pare stilisticamente corretto questo strip-­‐tease all’interno di un flamenco? COSTUMISTA Se è per questo, cos'è più incongruo: ballarlo con uno scialle ingombrante o con una sottoveste con le frange? MORENITO Il flamenco è un’azione tragica. CONCHITA Un rituale sacro. MORENITO Una filosofia di vita. CONCHITA Un percorso dell’anima. MATEO Qui è tutto banalizzato... GARCIA 17 Semplificato... I° INGLESE Un ammiccamento... II° INGLESE Una macchia di colore... GARCIA Una cartolina illustrata. MATEO Una cosa per turisti. GARCIA (con una smorfia) Inglesi... I° INGLESE Si vuol dare solo un’idea vaga... II° INGLESE ...sperando di non avere spagnoli tra il pubblico. REGISTA (per troncare) Dò ragione a tutti, però abbiate pazienza: ora c’è da considerare il fatto di Mateo. MATEO Se ho ben inteso, io irrompo in scena alla caduta dello scialle. REGISTA Proprio così. Cambia la causa scatenante, capisci? Ti sconvolge non più la gelosia per Morenito ma la vista di Conchita seminuda... CONCHITA Questo è da stabilire. REGISTA ...o comunque sia. MATEO Be’, in effetti si spiegherebbe meglio. MORENITO Io dico che seminuda sarebbe proprio filologico. REGISTA Vi andrebbe di provarlo, tanto per renderci conto? TUTTI Va bene. 18 REGISTA Tutti ai propri posti. Ah, dimenticavo: i chitarristi prescritti ora sono tre. Via! (Rapido posizionamento. Dopo il gesto introduttivo di Garcia, Conchita entra ballando, addobbata nel solito scialle sostenuto con le mani. Alla caduta plateale dello scialle rimane con una specie di sottoveste nera corta a frange, molto scollata dietro. Mateo si precipita in scena, sempre con clamore esagerato) REGISTA Va bene, stop! CONCHITA Devo proprio avere un innamorato così rumoroso? GARCIA Una vera bestia. REGISTA Bella mia, te lo devi sopportare fino all'ultimo. CONCHITA Uff! MATEO Ma cosa dice la mia didascalia? REGISTA (legge) «Mateo rompe i vetri della finestra saltando nella sala, accolto dalle grida acute di Conchita e dalle esclamazioni di sdegno degli uomini». CONCHITA Devo anche gridare? (Lancia un grido acuto) REGISTA Sì, e i due Inglesi arrabbiarsi di brutto. I° INGLESE In inglese? REGISTA Fate voi. MATEO Ma io i vetri come li rompo? REGISTA Lascia perdere, fai già fracasso abbastanza. CONCHITA Come è andata la mossa dello scialle? REGISTA 19 Va perfezionata, ma non c'è male. COSTUMISTA Se ci è permesso, non potremmo metterlo bellamente sopra le spalle anziché sotto le ascelle? (Accomoda lo scialle) Ecco, così, in modo da lasciare finalmente libere le mani... REGISTA È un’idea. Ma a quel modo le spalle nude scompaiono del tutto. COSTUMISTA Non servono più, perché una volta caduto lo scialle Conchita si mostra al suo meglio. I° INGLESE E ricordati le gambe. II° INGLESE Scoperte fino al ginocchio. I° INGLESE O magari un tantino più su, eh? II° INGLESE Mi raccomando! COSTUMISTA Zitti! Ah, gli uomini!... (Esce in fretta con lo scialle, assieme a Conchita) I° INGLESE (versando da bere) A te piace di più questa versione o quell’altra? II° INGLESE Bah... l’azione è sempre un po’ debole. I° INGLESE C’è come un impaccio, no?, un «vorrei ma non posso»... II° INGLESE Bisogna considerare i tempi, le convenzioni... I° INGLESE Le pruderies... II° INGLESE Le censure... I° INGLESE La morale comune... II° INGLESE La stazza delle cantanti... 20 MORENITO Io al posto di quegli Inglesi mi sarei addormentato. (Queste e altre simili battute a soggetto si accavallano sottovoce fino a una seconda sosta con luci abbassate e musica di sottofondo. Di nuovo si riprende nelle stesse posizioni: il Regista in piedi con in mano il fascicolo, gli attori seduti in cerchio che parlottano tra loro; un po’ in disparte la Costumista) REGISTA Vogliamo fare un altro tentativo? MATEO Hai lì una terza edizione del libretto? REGISTA Ho di meglio: le Disposizioni sceniche di Carlo Clausetti, anno 1913. MATEO Clausetti...? REGISTA Uno dei gerenti della Casa Ricordi ma anche autore in proprio, musicista e regista. È stato lui a curare le prime regìe dell’opera di Zandonai. Nessuno più di lui sapeva come mettere in scena questo testo. I° INGLESE Speriamo. II° INGLESE Sarà la volta buona. REGISTA Veniamo subito alla nostra scena del baile... (Sfoglia rapidamente) Pagina 48... Qui c’è una cosa che piacerà molto ai signori uomini. (Eccitazione generale) CONCHITA Ahimè. REGISTA Fate attenzione. (Legge) «Conchita si avanza sul tavolo...» ALCUNI Il tavolo? REGISTA Hmm... (a Conchita) sembra che ora tu debba salire su un tavolo. CONCHITA Questa è nuova. Ma quando ci salirei? REGISTA Non è specificato; qui dice «si avanza», ma non ha molto senso, non è mica una passerella. Forse voleva dire «sale». 21 GARCIA Andiamo avanti. REGISTA Certo che ritta su un tavolo acquisti un glamour straordinario. I° INGLESE Forse ci sarà poco posto per muoversi. II° INGLESE Ma è così tipico del flamenco! GARCIA Già! MATEO Dopo tanti arbitrii una cosa filologica. CONCHITA Siete sicuri che non sia un'americanata? MATEO Ma no. GARCIA Fatelo proseguire. REGISTA (sfoglia) Vi risparmio la descrizione dello scialle di Manilla. TUTTI Nooo! Ancora! REGISTA Purtroppo non ce ne libereremo mai. Ma vi divertirà di più sapere cosa ci sta sotto. I° INGLESE Ah! II° INGLESE Here we are! REGISTA Sotto quel malaugurato scialle... (leggera pausa di suspense durante la quale guarda tutti di sottecchi) ...Conchita «si suppone sia tutta nuda». CONCHITA Come come? 22 MATEO Dice proprio così? REGISTA Giuro, guardate anche voi. CONCHITA Ma che vuol dire «si suppone»? REGISTA Che non si vede niente, ma ci si immagina tutto. TUTTI Oooh!... CONCHITA E come si tradurrebbe tutto questo sulla scena? REGISTA Lo studieremo insieme; ma sta a te farlo capire, con tatto, stile ed eleganza. GARCIA Non troppa: siamo in una taverna d’infimo ordine. REGISTA Non si potrà essere troppo realistici, vi pare? Ma fatemi continuare. Qui Clausetti riprende pari pari un dettaglio del romanzo originale: le calze nere. COSTUMISTA Le cosa?! REGISTA Ebbene sì: questa ci mancava. Conchita adesso deve avere addosso delle lunghe calze nere. Volete che vi legga il passaggio del romanzo originale? Vi avverto che è molto più audace. (Prende il libro e legge) «Conchita nuda e tre altre nudità femminili ballavano una jota forsennata al cospetto di due Inglesi seduti in fondo. Ho detto nuda, ma era peggio che nuda. Delle calze nere, lunghe come le gambe d'una calzamaglia, le salivano fin sopra le cosce, ed ai piedi indossava delle scarpette sonore che schioccavano sul parquet». INGLESI Caramba! Olè! REGISTA Aspettate, non è finita! (Ripone il libro e riprende il fascicolo) Clausetti, di suo, s’inventa per l’attrice una mossa abbastanza maliziosa: il cosiddetto «Serpentioso». GARCIA Ssst!... REGISTA 23 Fate attenzione: (legge dal fascicolo) «Ella tien chiuso lo scialle con le mani che ne stringono i due lati. Durante la danza, con movimenti a vicenda civettuoli e pudichi, apre un poco e poi subito rinchiude lo scialle, sì da stimolare la sensualità dei due Inglesi che guardano con attenzione balorda». II° INGLESE Parla di noi. MORENITO (piano) Balordi. REGISTA Poi c'è il botto finale. Al culmine della scena Conchita «aprirà lo scialle come per lasciarlo cadere a terra e apparire interamente nuda agli occhi degli Inglesi». I° INGLESE Gosh! REGISTA (proseguendo) «Ma a questo punto Mateo, che col viso incollato ai vetri della finestra avrà seguita tutta la danza, non potendo più dominare la sua esasperazione, romperà i vetri e salterà nella sala prima che Conchita abbia potuto gettare a terra lo scialle...» TUTTI Hurrà! MATEO Qui sì che farò un chiasso del diavolo. REGISTA Be’ che ne dite? Ci siamo, mi pare. Tu, Conchita, rischi poco, malgrado le apparenze. Sei addirittura più vestita di prima: non si parla più di spalle, e le gambe le hai inguainate nelle calze nere. I° INGLESE (con un sospiro) Tutto s’ha da immaginare... II° INGLESE È un po' poco per le cinquanta pesetas che ci costa. REGISTA Così va il mondo. COSTUMISTA Però ricadiamo nel problema dello scialle sorretto con le mani. REGISTA Pazienza. Abbiamo ormai capito che qui del flamenco rimane solo il nome. Ora però proviamola subito, se no ci smontiamo. Tutti ai posti! Su, Conchita, corri a vestirti. O svestirti, come ti pare... (Movimento generale. Morenito e i due chitarristi si dispongono sul palco e iniziano a suonare. Nei pressi viene collocato un tavolo sul quale sale Conchita vestita del suo scialle e muove i primi passi di danza battendo i tacchi al ritmo del flamenco. Il Regista segue tutta la scena con commenti e suggerimenti. 24 Ammiccando agli Inglesi, Conchita compie con lo scialle i movimenti prescritti dal testo. Nel momento culminante, quando sembra che lo scialle stia per cadere, Mateo fa il suo rumoroso ingresso) REGISTA Bene così. (A Conchita) Grida. CONCHITA (ricoprendosi con lo scialle) Aaaah!.... (Fugge dal palco) REGISTA (agli Inglesi e a Garcia) Voi, ora. (Gli Inglesi si alzano indignati, brontolando; Garcia fa un gesto di minaccia alla volta di Mateo) MATEO (guardandosi intorno) E io che faccio? (Continua la scena a soggetto, fino all’estinguersi di luci e suoni) II INTERMEZZO MUSICALE Risuona la musica del Pelele di Granados. Sullo schermo si proietta in grande il Pelele di Goya. Davanti vi si pone l’attore che impersona Louÿs. Una guida e alcuni visitatori. GUIDA (indicando il quadro) Goya. VISITATORI Oooh!... (Commenti a piacere) GUIDA Questa scena rappresenta un passatempo popolare del tempo. VISITATORI Bello!... Guarda!... Fammi vedere!... GUIDA Si prendeva un fantoccio di stoppa e lo si faceva saltare sopra un panno steso. LOUYS (alla guida) Scusate, signore. È tuttora comune in Spagna questo gioco? GUIDA Nelle campagne sopravvive. LOUYS Ma è un passatempo per fanciulle? 25 VISITATORE Queste sembrano tutte ragazze da marito. VISITATRICE Si stanno preparando al matrimonio... (Risate sommesse, poi escono commentando) LOUYS (tra sé, pensoso) «Le donne e il fantoccio»... (Pausa) «La donna e il burattino». (Tema tragico dal Preludio Atto I della Carmen di Bizet) NARRATORE (indicandolo col braccio) Pierre Louÿs. Ha ventisei anni e si trova in Spagna sulle tracce di Carmen. Ma al Prado la visione di questo quadro gli apre nuove prospettive. Nel trastullo apparentemente ingenuo raffigurato da Goya il romanziere francese vede il senso profondo del racconto che sta creando in quei giorni: l’uomo, in mano alla donna, non è che uno straccio gettato di qua e di là, privo di volontà e di spina dorsale. (Louÿs nel frattempo si è si spostato in un’altra parte della scena, dove si immagina un locale affollato) Frequenta le taverne di Siviglia e si accende per la provocante Lola, stupenda danzatrice sedicenne, sentendosi nei suoi confronti non molto diverso da quel pupazzo disarticolato. (Si deve avere un’idea visiva di Lola che ride e lo respinge -­‐ Louÿs è ora solo, semisdraiato su un divano, in posa languida) E per ritemprarsi dai suoi affanni legge le Memorie di Giacomo Casanova, assaporando la terribile storia di Marianna Charpillon che resistette fino all’ultimo al grande seduttore, portandolo vicino alla follia. (Cenno di musica settecentesca per clavicembalo di carattere tragico) Due anni dopo il suo romanzo uscirà a stampa ed entrerà in molte biblioteche private come un classico dell’erotismo. Per i borghesi colti e spregiudicati costituirà una lettura pruriginosa e allettante, finanche istruttiva, una specie di manuale di comportamento. Per qualcun altro, indubbiamente, una lettura da incubo. (Louÿs esce di lato e si incrocia con l’attore che impersona Zandonai, che sta entrando. I due si fermano un attimo, si fissano in volto, si rivolgono un cenno di saluto, quindi proseguono per la loro strada) Non passano che pochi anni e Riccardo Zandonai rimane anch’egli impigliato in una imprevista rete di sortilegi. (Pantomima sulle parole che seguono) Ventisei anni pure lui. Gira la Spagna in lungo e in largo; ma la Carmen di Bizet, lui, vuole superarla per una visione più in linea con le nevrosi del nuovo secolo. Visita Madrid, le città dell’Andalusia, Toledo. È il mese di maggio, ne respira i profumi inebrianti, vive tutto il tempo come in un sogno, cerca motivi, spunti, idee, raccoglie canti popolari, ritmi, colori sonori. Organizza un incontro con una famosa danzatrice araba. Avverte il fascino pericoloso delle spagnole. (Cambia ambientazione scenica) Ha lasciato dietro di sé una storia d’amore controversa, al suo paesello lontano. Jenny si chiama la sua fiamma; e più tardi, nel comporre l’opera, gli verrà fatto d’identificarla con la sua capricciosa protagonista. (L’immagine di Jenny appare sul fondo e lì rimane) E sente il bisogno di confidarsi con l’amico del cuore, poiché vede se stesso sempre più simile al povero Mateo. ZANDONAI (nell’atto di scrivere: voce registrata) «Lavoro come un disperato sfogando tutto il fiele che ho dentro, un po' contro Mateo, un po' contro Conchita; lavoro rabbiosamente e l'unico vantaggio che ne ricavo è quello di correre avanti». NARRATORE Ma il rodìo del cuore non si placa facilmente. 26 ZANDONAI (prende un altro foglio e scrive, c.s.) «Mio carissimo Lino, convinciti che né io né tu siamo fatti per certe donnine che del bicchiere della vita hanno conosciuto il fondo. Noi che siamo forti abbiamo digerito la feccia di quel bicchiere ma loro, quelle povere donnine, così esili di corpo e di mente... resteranno ubriache tutta la vita e perciò incapaci di un giusto discernimento!» NARRATORE Alla fine la doppia identificazione sarà completa. ZANDONAI (c.s.) «Saluta gli amici e specialmente l'amica mia d'un tempo. Colei che tanto assomiglia a Conchita da sembrare sua sorella. Mi comprendi? Non ti meravigliare: in tutti noi c'è un fondo di pantin; se lo neghiamo è per pudore o per vigliaccheria!» (Jenny scompare) NARRATORE «Pantin»: ecco la parola-­‐chiave, lo spauracchio da cui guardarsi. Diventare come il fantoccio di Goya o il burattino di Louÿs. Zandonai sembra consapevole che il potere maschile è giunto al suo ultimo illusorio baluardo prima di andare definitivamente in frantumi. E si fa carico di descriverlo. Doveva averne del coraggio, quel giovane artista montanaro, per sfidare convenzioni e moralismi secolari e raccontare tutto questo nel melodramma, che ancora esigeva amori perfetti e sublimati. (Pausa) Ma un altra sorpresa è in agguato per lui. Proprio nell’interprete scelta per cantare la sua opera egli trova la donna della sua vita. E la promessa d’amore avverrà lì, in teatro, la sera stessa della recita. (Si sente cantare fuori scena il finale atto I della Conchita di Zandonai e subito dopo degli applausi. Sullo sfondo Zandonai e Tarquinia abbracciati) TARQUINIA (voce registrata) «La sera del 14 ottobre 1911, io trionfo come artista, e trionfo nel cuore del compositore! Perché Zandonai mi ama, ed ora siamo legati ‘per il giuramento e il bacio’: come dice Conchita al primo atto». NARRATORE «Come dice Conchita»! È incredibile: Zandonai ha scelto per sé un perfetto alter-­‐ego della terribile sigaraia! E con questo il gioco delle identificazioni è veramente compiuto. (Altre acclamazioni sul fondo) L'opera fu un successo. Ma quanto infierì la critica su quella povera creatura! (5 attori si piazzano davanti a dei leggii uno in fila all’altro leggendo a turno in rapida successione, con caricatura. Sottofondo di musica grottesca.) 1° CRITICO (sussiegoso) «Questa Conchita è un po’ tutto: femmina da trivio e vergine, lussuriosa e sentimentale, fango e purezza». 2° CRITICO (indignato) «Una donna precocemente viziosa, psicopatica, volgare, malgrado l'ostentata pompa della sua verginità». 3° CRITICO (disgustato) «Uno di quei fiori strani e velenosi» sbocciato da una «fermentante putredine». 4° CRITICO (sbrigativo, accento milanese) «Un'isterichetta qualunque, che ama i bei gesti, il chiar di luna e i ceffoni». 5° CRITICO (capzioso) «Una creatura degenere, che affila il tormento del povero don Mateo alle più crudeli carezze della lascivia». 27 4° CRITICO (pedante) «Lo mena per il naso, l'abbindola e l'infinocchia, fino a che il brav’uomo, insatirito, perde le staffe e somministra una pioppa di scapaccioni alla baldracca invereconda...» 1° CRITICO (faceto) «Quelle sacrosante bastonate che l'arciscemo Mateo si decide a far piovere sulle spalle di Conchita solo all'ultimo atto, dovevan scendere subito», dall’inizio. (Muta approvazione degli altri) 3° CRITICO (fantasioso) Ci si presenta «prima amorosa e mite, poi iraconda e maligna come una scimmia abbeverata di fiele». 4° CRITICO (incalzante) «Si compiace di rasentare l’abbiezione del vizio, pur pretendendo di venir creduta non contaminata nella sua purezza». 5° CRITICO (pietoso) «Di fronte a lei troviamo solo la forza di implorare la benignità dell'Eterno affinché nessuna donna simile venga ad attraversare giammai il cammino della nostra vita». (4 critici fanno capannello e discutono tra loro come medici a un consulto) 1° CRITICO «Un morboso individuo-­‐sfinge, che isola il suo amore in un assolutismo feroce». 2° CRITICO «Un’anima degenerata che esercita il tormento del suo vizio sopra una marionetta». 3° CRITICO «Ha la fierezza di un'amazzone, ma parla come una sgualdrina». 4° CRITICO «Una psiche a due facce». 1° CRITICO «Un vero soggetto da clinica neuropsichiatrica». 2° CRITICO «Un caso patologico». TUTTI I CRITICI (soverchiandosi con le voci in un crescendo d’intensità, con effetto di cacofonia massima) -­‐«Una vera canaglia, sensibile soltanto alla fisica brutalità»... -­‐«Proterva viperina creatura, astuta, diabolica»... -­‐«Tutta materiata di pervertimento sensuale»... -­‐«Un’esaltata, una semifolle»... -­‐«Fiera e feroce come un'oca»... -­‐«Perversa e serpentina, perfida e sensuale»... -­‐«Caparbia, ostinata, tenace dissimulatrice»... -­‐«Una creatura satanica»... NARRATORE (visibilmente infastidito, va ad allontanare dalla scena i 5) Purifichiamo l’aria. (Pausa) E dire che i librettisti di Zandonai si erano preoccupati di migliorare il carattere 28 della ragazza. Ecco, sentiamoli. ZANGARINI (con compunzione) «Gli autori hanno deliberatamente attenuato il tipo originale della protagonista, sia per ragioni di teatro, sia per considerazioni psicologiche ed estetiche del tutto personali». VAUCAIRE (c.s.) Essi «hanno fatto di Conchita» una figura «passionale complessa e bizzarra» mossa da «orgoglio di purità sotto apparenza di vizio». ZANGARINI «È insomma una infelice che fabbrica a sé ed agli altri il dolore, per troppo desiderio di felicità». NARRATORE Sarà. C’è però almeno un’occasione in cui Conchita si rende odiosa, ed è quando si trincera dietro la cancellata di casa (la casa che lui le ha regalato), negandosi senza ragione per l’ennesima volta, dopo avergli promesso la sospirata notte d’amore. (Sul fondo Mateo e Conchita mimano la scena) Ecco, già nel prendere in consegna la chiave del villino è chiaro che medita qualcosa; intuisce di avere acquisito un potere e intende sfruttarlo. Così quando la sera dopo lui arriva pieno di belle speranze, lo tiene fuori dal cancello, coprendolo per di più dei peggiori insulti. CONCHITA (urlando) «Ho orrore di te. Non troverò mai le parole per dirti come ti odio. Mi fai schifo. Mi ripugni. Puah!» MATEO «No, Conchita! È impossibile...» CONCHITA «Vattene, vattene!» NARRATORE Perché lo fa? Lo odia veramente a quel punto? Sta semplicemente difendendo il possesso della villetta? O vuole metterlo alla prova una volta di più? Qui il gioco si fa davvero estremo, pericolosamente vicino alla pazzia, al delitto. (Risata sguaiata di Conchita) Ed ecco che sul più bello fa uscire da dietro il giovane Morenito e simula con lui l’amplesso, davanti agli occhi esterrefatti dell’innamorato rimasto fuori in strada. MATEO (dando in escandescenze) «Cagna! Io ti voglio pestare sotto le mie calcagna!» (Scuote vanamente il cancello e fugge via stravolto -­‐ Tutto si calma poco alla volta. La scena comincia ad essere sistemata per la sequenza seguente -­‐ Musica preludiante di sottofondo) NARRATORE All’indomani, come se niente fosse, lei va nella casa di lui, lo provoca ancora, lo stuzzica... È il duello finale, il momento in cui bene o male si arriva a un chiarimento, a una soluzione di continuità in questa eterna girandola di attrazioni e repulsioni. Una scena, anche questa, che darà del filo da torcere agli attori che devono recitarla. 29 SCENA DELLE PERCOSSE Il Regista, Conchita e Mateo. Un paio di figuranti muti dislocati a lato, nell'ombra. Il palco è sgombro; rimangono solo un tavolo e due sedie disposte in modo occasionale; verso il fondo nell’ombra si intravvede un divano. Sul fondo si dovrebbe immaginare una vetrata che dà verso l’esterno. Appoggiati sul tavolo sono rimasti i quattro testi. La musica comincia a sfumare. REGISTA L'ultima scena è tutta per voi due. I giochi sono finiti, non è più tempo di schermaglie: ora si fa sul serio. Come ormai sapete, la spiegazione finale tra i due avviene a suon di bòtte. Non c’è altro modo. Quel che dobbiamo capire è come rendere questa scena in modo convincente... MATEO ...e senza farci del male. CONCHITA Speriamo. REGISTA Ho riportato con me tutte le fonti: i due libretti, le disposizioni sceniche e il romanzo francese. Direi di provare le diverse soluzioni una alla volta scegliendo quella che ci piace di più. MATEO Ci sono molte differenze tra l'una e l'altra? REGISTA Abbastanza. Se dessimo retta al libro l'atto di violenza dovrebbe durare un buon quarto d’ora! CONCHITA Accidenti! REGISTA Un quarto d’ora consecutivo di cazzotti non lo vedete nemmeno nel peggiore dei film western. In teatro tutto si riduce all’osso. Pensate che nell’opera di Zandonai la scena si risolve in pochi attimi. MATEO Comunque sarà dura. REGISTA Troveremo sicuramente delle altre incongruenze, ma cercheremo di smascherarle, come abbiamo fatto l’altra volta. MATEO Da dove partiamo? REGISTA Direi dalla fonte originale: il romanzo di Louÿs. (Prende in mano il libro) CONCHITA (si alza) Dunque, io entro a casa di Mateo... 30 REGISTA Sì. Lui è lì, avvilito, oppresso, accasciato. Ecco, siediti sulla sedia, curvo, torpido. (Mateo esegue) MATEO Lei esattamente che viene a fare da me? REGISTA A sbeffeggiarti, a studiarti. CONCHITA Ma così mi metto in trappola da sola. REGISTA L’hai voluto tu, inconsciamente. Non sei stupida né ingenua, sai a cosa vai incontro. Ecco, pòniti lì in piedi di fronte a quel rudere d'uomo. Lo guardi con senso di pena e d’irrisione. Lo stuzzichi cantandogli sul viso un motivetto di zarzuela... MATEO E io reagisco in qualche modo? REGISTA La guati torvo, con occhi spenti, infossati. Nell’ultima notte sei invecchiato di dieci anni. Poi, mentre lei prosegue con le sue battute pungenti tu ti alzi lentamente, un po’ ingobbito, e ti aggiri qua e là in modo circospetto. MATEO (esegue, ma senza caricatura) Così? REGISTA Sì. E intanto vai a chiudere a chiave le porte della stanza. CONCHITA Non è un po’ strano che io mi prepari così passivamente al sacrificio? REGISTA Fa parte del tuo personaggio e fa parte della storia, dove – ricordiamolo – non è assente né l'ombra del marchese di Sade né quella di Sacher-­‐Masoch. Sapete benissimo tutt’e due che non ne verrete fuori in altro modo. Respirate come un senso di predestinazione, di destino ineluttabile. MATEO Già capisco che avrò una parte antipatica. Ma intanto che faccio adesso dopo aver chiuso? REGISTA Torni davanti a lei e la fronteggi dando la schiena al pubblico. (I due si mettono uno di fronte all’altra) Fermi così. Ora vi leggo cosa dice il libro a questo punto. È Mateo che racconta in prima persona. (Legge dal libro) «Il sangue mi salì agli occhi per la collera accumulata giorno per giorno da oltre quattordici mesi. Voltandomi verso il viso di lei vi assestai uno schiaffo». (Immediatamente i due attori eseguono quest’azione. Conchita rimane con la testa girata. Il rumore dello schiaffo, eseguito da uno dei figuranti esterni, deve essere perfettamente sincronizzato e molto sonoro) REGISTA 31 E qui comincia la scena madre. Come vi sembra la soluzione dello schiaffo? CONCHITA Può andare. MATEO Sì. REGISTA Peccato che nelle versioni del libretto l’idea dello schiaffo non sia passata minimamente. MATEO Ci avrei scommesso. CONCHITA E cosa si propone in cambio? REGISTA Che quando Mateo torna davanti a lei (legge dal libretto blu) «l’investe violentemente e la getta a terra». MATEO È ancora più esplicito. CONCHITA Ma spettacolare. REGISTA Dobbiamo stabilire come interpretare quel verbo investire. MATEO Dare una spinta? CONCHITA Strattonare? REGISTA Si tratta in ogni caso di un gesto imprevisto, come lo schiaffo di prima: gioca sull’effetto sorpresa. Non dev’essere necessariamente una cosa molto violenta. MATEO Io proverei con l’urtone. REGISTA Va bene. CONCHITA Ma io come devo cadere? Lunga distesa, raggomitolata...? REGISTA Direi che cadi all’indietro e rimani seduta. Vedrai poi tu come ti viene più naturale. Ora devi immaginarti 32 frastornata, un po’ dolorante ma soprattutto ferita nell’orgoglio: come ha potuto lui permettersi questo? E accenni prontamente a una reazione. Digrignando i denti, lo fulmini con lo sguardo; poi ti sollevi e vai ad estrarre un coltello dalla giarrettiera. CONCHITA È proprio questo che sta scritto? REGISTA Sì sì. CONCHITA Mi piace. MATEO Sono io, adesso, che mi dovrò mettere in guardia. REGISTA Sì, ma sei più forte e la soverchi. Così non ti è difficile torcerle il polso, disarmarla e gettare lontano il coltello. MATEO Proviamo questa cosa. REGISTA Sì, ripartiamo dallo strattonamento. (Si rimettono in posizione; Mateo dà una spinta a Conchita, che cade; lei lo guarda con astio digrignando i denti, si rialza ed estrae il coltello ma Mateo è pronto a strapparglielo e a buttarlo sul pavimento. I loro gesti appaiono un po’ troppo convulsi) REGISTA Cercare di frenarvi un po’ in questa prima parte. La scena è ancora lunga e dovete arrivare incolumi alla fine. MATEO Ti ho fatto male? CONCHITA Mi hai stretto un po’ troppo il polso. MATEO Anche tu mi hai strisciato con la lama. REGISTA Ho il dovere d’informarvi che nelle edizioni successive anche il coltello scompare ed è sostituito da una più innocua forcina. Fatemi controllare la citazione esatta... (Prende il libretto rosso, lo sfoglia e poi legge) «Col lungo spillo che le tiene la mantiglia sul capo cerca di ferire Mateo». CONCHITA «Lungo spillo» è un po’ più di forcina. MATEO 33 Dovrò stare attento agli occhi. REGISTA Quello che a noi serve capire è se sia più pratico estrarre un coltello dalla giarrettiera o uno spillo dalla mantiglia. CONCHITA Be’, se a un certo punto hanno fatto questo cambiamento è perché dev’essere risultato più pratico lo spillone. MATEO Forse era solo per evitare a Conchita di mostrare al pubblico la parte alta della gamba. CONCHITA Ma ormai il pubblico ha già visto molto... REGISTA Per gli usi spagnoli del tempo sembra fosse comune girare con un coltello nella giarrettiera, tanto è vero che il romanzo ne parla specificamente. Ma finché non studiamo bene la cosa la lascerei in sospeso, per ora, e proseguirei oltre. Rimettetevi al posto come prima, se non vi dispiace. Tu, Mateo, hai appena gettato lontano l'arma, ed ora, come leggo qui, torni su Conchita e la fai crollare in ginocchio (i due eseguono) «serrandole i polsi con la sola mano sinistra». MATEO (provando) Questo non mi sembra affatto facile. CONCHITA È un po’ artificioso, no? REGISTA È conforme all'originale, ma forse non molto efficace in scena. Fatto sta che nell'edizione successiva il particolare scompare. MATEO (togliendo la mano) Meglio. REGISTA Dopodiché, una volta in ginocchio, cominciano i problemi. Mateo ormai domina la donna e sente venuto il momento di farle capire chi è il più forte. Da qui in poi le fonti divergono molto e vi dirò che di tutte le soluzioni la più dura mi sembra ancora quella del romanzo originale. Ecco cosa dice: (legge dal libro) «Cominciai a colpirla in silenzio... con la regolarità di un contadino che batte il grano, e sempre negli stessi punti: il sommo del capo e la spalla sinistra». (Rimessisi in posizione, i due attori accennano in modo stilizzato questa parte dell’azione, ma senza molta convinzione) CONCHITA (dopo un certo tempo) Ho l’impressione che questo tira-­‐e-­‐molla non sia molto efficace. (Si rialza) REGISTA Infatti, dovremo studiare qualche accorgimento. MATEO 34 C’è troppa meccanicità, no?, in quel battere ritmico e uguale. REGISTA Si tratta di un atto compulsivo, serve a svelare il tuo lato nevrotico. MATEO Ma di questo, ormai, nessuno avrà più dubbi. CONCHITA Lo dico anch’io. REGISTA Nel racconto Mateo ci informa che dopo un quarto d’ora di punching-­‐ball si sentiva tutta la mano indolenzita. MATEO (con gli occhi al cielo e scuotendo la mano) Uuuh!... CONCHITA Non sembra strano anche a voi quell’accanirsi contro la spalla sinistra di lei? REGISTA Mah, forse non si è saputo trovare di meglio. CONCHITA Quella spalla martoriata non ha alcun significato particolare, non rappresenta alcun simbolo riconoscibile... REGISTA Che ci vuoi fare? MATEO E quelli al sommo del capo sono pugni pure quelli? REGISTA Direi di no: asprezza va bene ma non Grand-­‐Guignol. Però non preoccupiamoci troppo, perché vedrete che le versioni librettistiche sono meno circostanziate. (Riprende in mano i libretti) CONCHITA Nel senso di migliorative? REGISTA Più che altro dilatano e articolano le azioni. Qui per esempio Conchita non viene ancora presa a botte, ma è sottoposta a una lunga reprimenda da parte di Mateo chino su di lei... CONCHITA Le fa la ramanzina. REGISTA Quasi. Poi però lei riesce a rialzarsi e attacca a sua volta. (Lascia i libretti e prende il fascicolo) 35 CONCHITA Ah! REGISTA Ma secondo quest’altra versione è subito rigettata giù e Mateo, finita la sua tirata, (legge dal fascicolo) «l’afferra con forza, la solleva e la tiene strettamente come affermando il suo possesso». CONCHITA E lei non si divincola? REGISTA Sì, sta’ a sentire: (legge) Alla fine «si dibatte e riesce a sfuggirgli». Corre in fondo alla sala e si pianta «fieramente innanzi al tavolo, con le braccia tese e i pugni poggiati su di esso, gridando rabbiosa...» CONCHITA Brava! MATEO Mi sembra tutto maledettamente difficile e anche faticoso. REGISTA Puoi dirlo. MATEO Quella specie di danza di possesso richiede una tensione incredibile: lei che resiste al bruto, lui che vuol sottoporla alle sue voglie... CONCHITA È anche difficile capire come lei faccia a sfuggire alla morsa. MATEO Non con una ginocchiata dove pensi tu. REGISTA Le si vuol dare un'occasione in più, capite? Ma è solo una piccola divagazione. Difatti Mateo la raggiunge al tavolo, e senza più scalmanarsi ora. Sa di avere un vantaggio incolmabile su di lei e si permette un gesto più pacato, addirittura le fa le riverenze, le sorride, la prende in giro... Ma dura poco: lui la riafferra, lei si svincola un altro paio di volte, ma è ormai senza scampo. MATEO Uff! REGISTA Che ne dite? CONCHITA Se si adotta questa versione più ‘morbida’, abbiamo fin qui solo un po’ di strattonamenti, dico bene? Anche lo schiaffo è stato levato. REGISTA 36 Sì, è ora che viene il bello. Perciò vedrei concludersi qui la seconda parte della scena. Vogliamo raccogliere un po’ le idee prima di andare avanti? MATEO Accenniamola. CONCHITA Io allora mi rimetto in ginocchio. (Esegue) REGISTA Bene. (A Mateo) E tu le stai sopra e la investi con le tue fiere parole di accusa e di rancore. (Mateo gesticola sopra di lei) (a Conchita) Questo ti permetterà di tirare il fiato. Non a te, Mateo, che dovrai gridare a più non posso. MATEO Sono rassegnato. REGISTA (a Mateo) Adesso Conchita cerca di rialzarsi, tu la fai ricadere e vai avanti con la tua concione. (Esegue) Così. (Pausa) E alla fine sei tu che la tiri su, tenendola stretta per esprimere il tuo dominio su di lei. CONCHITA Non esagerare, eh? (Eseguono) REGISTA Forzate più che potete questa posa e rimanete lì almeno qualche secondo guardandovi in cagnesco...; poi lei d’improvviso si libera e fugge verso il fondo della scena, dove sta il tavolo... Via! (Gli attori seguono sempre i movimenti) Tendi le braccia con i pugni chiusi e gettagli contro tutto il tuo disprezzo... Così... Qui puoi esagerare finché vuoi... Poi lui ti raggiunge, ti gira intorno, sornione, come il gatto col topo, e ti riafferra inesorabilmente. (Pausa) Fermiamoci qui. (Tornano tutti nel centro della scena e si siedono) CONCHITA Le reazioni di lei sono una buona trovata, no? REGISTA Già: sembrano proprio pensate per un'attrice di grande temperamento. MATEO Ci sono le percosse ora? REGISTA Temo di sì. CONCHITA Ci fai sapere cosa dicono i libretti? REGISTA Certo. (Riprende in mano i libretti) La prima versione, per la verità, non si discosta troppo dal romanzo, anche nel tipo di impatto. Dice così: (legge dal libretto blu) «Mateo la fa brutalmente inginocchiare a terra; poi con una nuova scrollata la stende al suolo e per due volte le rompe le spalle di colpi». 37 CONCHITA È pure peggio. REGISTA Sì, ma notate la delicatezza di definire «colpi» quelli che sono sempre più inequivocabilmente dei pugni. MATEO Pura ipocrisia. CONCHITA Come se facessero meno male... REGISTA Volendo, ci sarebbe poi una versione... apocrifa. MATEO E cioè? REGISTA Quella secondo cui le bòtte non sono unilaterali, ma assolutamente reciproche. CONCHITA (trasecolando) E dove sta scritto? REGISTA Da nessuna parte. Ne accenna la Tarquini, che aveva introdotto questa sua personale variante nelle sue prime recite. CONCHITA Stupefacente! REGISTA Ma un po’ troppo libera, vi pare? Ritorniamo a noi. Avrete già fatto caso alle incongruenze nella posizione del personaggio di lei... CONCHITA Già: prima è in ginocchio, poi stesa a terra... MATEO ...e colpire una persona stesa a terra non è la cosa più comoda del mondo. REGISTA Tanto più che poi il testo si contraddice quando osserva che Mateo «le lascia le due mani ed ella cade di fianco». CONCHITA Dove cade se era già a terra ? MATEO 38 E lui come può tenerle le mani se ha picchiato fino a quel momento? REGISTA Sarà bene cancellare questi ultimi punti, che sono delle evidenti sviste. Interpretiamo quell’essere stesa al suolo come un essere rannicchiata, non certo supina. In questo modo i colpi – scusatemi – possono essere dati con più agio, e lei a cose fatte può precipitare – stavolta sì – al suolo. Direi di provarlo subito. Partiamo da dove siamo rimasti, nei pressi del tavolo. (Si posizionano) Mateo afferra Conchita e la trascina verso il centro. (Eseguono) Ecco... Qui la fai cadere in ginocchio... le dai un'altra scrollata... e incominci a colpire sodo alle spalle. (Eseguono) MATEO (dopo un po’) Per quanto andiamo avanti? REGISTA Per poco. Lì sta scritto che la colpisci per due volte. MATEO (si ferma) Cioè due soli pugni? REGISTA No aspetta, fammi controllare... (Sfoglia il libretto blu) Ecco qua: «per due volte le rompe le spalle di colpi». CONCHITA Come sarebbe «per due volte»? Si fa un intervallo in mezzo? REGISTA Non te lo so proprio dire. MATEO Come in un match di pugilato. CONCHITA Tra un gong e l’altro. MATEO Quel «rompere le spalle» è un’espressione così inutilmente sbruffona. REGISTA Non hai torto. CONCHITA E poi al pugno non si sa mai che rumore dare. Lo schiaffo è cento volte meglio come simulazione. REGISTA Già, chissà perché hanno rinunciato così presto agli schiaffi che fanno molto meno male e rendono meglio a teatro. CONCHITA Forse pensavano al cinema. 39 REGISTA Piuttosto, Mateo, come ti trovi a colpire da quella posizione? MATEO Maledettamente scomodo. REGISTA Ed è per questo che l’edizione successiva introduce... (fa un gesto un po’ plateale) il divano! (I due figuranti vanno a prendere il divano e lo collocano nel mezzo della scena, in faccia alla platea) (a Mateo) Vi dico come cambiano le cose: (legge dal libretto rosso) «Mateo la spinge brutalmente sul divano dove lei cade inerme, inebetita. Si getta su di lei e la tempesta di colpi». MATEO Per me va meglio. CONCHITA Per me mica tanto. MATEO Non nomina più le spalle, mi pare. CONCHITA Sì, ora hai piena libertà di scelta. MATEO Ma c’è quella «tempesta di colpi» che prima mancava. CONCHITA Me la vedo sempre più brutta. REGISTA Intanto adotterei senza nemmeno discutere la soluzione del divano... MATEO/CONCHITA D’accordo. REGISTA ...e passerei subito a vedere come si comporta Conchita. (Legge dal libretto rosso) Dunque, dopo quel turbine di colpi, lei «cade, le braccia tese in avanti, la testa rovesciata, i capelli disciolti. Singhiozza come un bimbo, senza prendere fiato, in un solo tono. I singulti le scuotono tutto il corpo». CONCHITA (un po’ ironica) Basta così? REGISTA Le urla tremende descritte dal romanziere non sono fortunatamente passate nei libretti. Ma sotto c’è un particolare curioso: (legge dal libretto blu) «Ella si tortura con le spille dei capelli». CONCHITA 40 Non ne ha avuto abbastanza? REGISTA Già, che vorrà dire in concreto quel torturarsi con le spille? MATEO Dopo tanti orrori ce lo potremmo risparmiare. REGISTA Non aggiunge niente. Però curerei molto quel particolare dei capelli sciolti che fanno sempre il loro effetto. Ma ora mi premerebbe provare con voi la scena col divano e relativa caduta a terra. CONCHITA I singhiozzi me li dovrò preparare. REGISTA Rispàrmiati. Pronti ai posti. (Si sistemano) REGISTA Voi siete ancora lì in piedi nelle vicinanze del tavolo. Adesso tu Mateo trascini Conchita riluttante verso il divano e ve la depositi sopra, anzi meglio, ve la spingi brutalmente. (Mateo esegue) E qui cominci a colpire... un po’ alla cieca, non in un punto particolare... sì, ancora... (ai figuranti) Fate un po’ di rumore, voialtri! (Si sentono schiocchi di mani battute in sincronia con i gesti)... ecco... muovi bene le braccia... adesso tirati in là e lascia che tutti gli occhi del pubblico si posino su di lei... così... sguardo fisso... braccia tese in avanti... piega indietro la testa scarmigliata... ed ora giù tutta d'un colpo... (Conchita rotola sul pavimento) ...e rimani stesa sul fianco. (Esegue, poi, scossa dai singulti, armeggia con i fermagli dei capelli) MATEO Io resto lì tutto il tempo a trionfare su questo capolavoro che ho combinato? REGISTA Fai bene a chiedermelo, perché qui c’è giusto qualcosa per te. (Lascia i libretti e riprende il fascicolo) Conchita, alzati pure. (La aiuta) Riposiamoci un attimo. (Siedono tutti e tre sul divano) Come ti senti? CONCHITA Un po’ scombussolata. REGISTA È normale; ma la cosa sta andando. CONCHITA Dici? REGISTA (dopo una pausa) Non c'è dubbio che in quello che sto per dirvi c'è il cuore del problema. MATEO Cioè? (Musica languida di chitarra) REGISTA 41 Con chi ha da simpatizzare il pubblico, tra i due? Chi è da salvare? Chi è più degno di compassione? Conchita o Mateo: questo è il problema. No, non datemi una risposta, ci sarebbe da discutere per delle ore. Ognuno è padrone dei propri gusti, anche se ho l'impressione che almeno noi tre la pensiamo allo stesso modo. Direi che per noi oggi viene abbastanza naturale, nonostante tutto, prendere le parti della donna. Ma allora, negli anni Dieci e ancor più nei successivi, si ha netta l'impressione che il punto di sofferenza riguardasse piuttosto lui. C’era, nel fondo, un terribile imbarazzo per quell'uomo-­‐burattino che si lascia così a lungo menare per il naso e alla fine si riduce a quell’atto inconsulto di violenza. E dunque era assolutamente indispensabile riscattarlo, elevarlo, salvaguardarlo, assolverlo. È lui il protagonista del racconto, per l’Italia di quegli anni, non lei. Volete che vi legga un passaggio significativo delle Disposizioni di Clausetti? Eccovelo. (Si alza) Don Mateo ha appena alzato per la prima volta la mano su Conchita e che cosa ne nasce? Una sorta di illuminazione, di flash, di epifania: Leggo: «In un attimo la sua coscienza si è risvegliata: egli ha avuta intera la visione dell’abiezione morale in cui era piombato per opera di Conchita. E, ridiventato uomo, energico custode della propria dignità calpestata, insorge contro la donna che per tanto tempo lo ha tenuto oppresso in una vile schiavitù». Insomma, per come viene messa, il pestaggio non sarebbe altro che una legittima difesa. Poi alla fine, quando lei è lì per terra che singhiozza, ecco che Mateo ha un soprassalto di umanità: (mentre descrive l’azione la mima lui stesso) «come un pazzo corre al fondo, apre violentemente la vetrata come per fuggire nel giardino. Poi si ferma disperato, si volge rapido e resta accasciato immobile sul fondo senza osare sollevare gli occhi da terra, le mani tra i capelli». Il ritratto dell'afflizione, se mai ce n’è stato uno. Ma ormai l’abbrivio è preso, e a questo gioco di mistificazioni viene trascinata anche Conchita. (Mettendo una voluta enfasi) Ella infatti – così si legge – «reclamava un amore in cui vi fosse un’affermazione di forza e di superiorità maschile e non di debolezza quasi femminea e di umiltà degradante». Dunque ora che «Mateo, improvvisamente, ai suoi occhi si è rivelato uomo forte e capace di dominarla, lei è lieta di dichiararsi vinta e pronta a esser sua completamente e definitivamente». (Richiude il fascicolo, si risiede e guarda in silenzio i due attori) MATEO (dopo una lunga pausa) Così a questo punto, ancora con la mano indolenzita, io dovrei fare tutta quella pantomima del pentimento, del cordoglio... REGISTA Se vuoi. Se vogliamo. Il romanzo francese accenna appena a questa presa di coscienza. Burattino eri e burattino rimani. Il riscatto umano di Mateo come vero uomo e padrone accettato è – per così dire – una variante italiana del soggetto. MATEO Rispecchia forse lo spirito dei tempi. CONCHITA E non solo di quelli. REGISTA Già. L’importante è ristabilire l'equilibrio in qualche modo... CONCHITA (poco convinta) ...Sì, attraverso la sottomissione di lei. REGISTA È un atto della sua libera volontà. Bada che questo è l’elemento cardine di tutte le versioni, senza il quale la storia non si spiegherebbe. È proprio l’atto di violenza subìto a darle la misura dell’amore di Mateo. O così le sembra. Perché poi il romanzo prosegue con una coda non proprio esaltante... 42 MATEO Ma qui almeno le versioni concordano? REGISTA Non ce n’è una uguale all’altra, e questo la dice lunga sulla difficoltà a trovare un finale adeguato alla storia. Per esempio, in una vecchia versione per il teatro di prosa si termina con una aperta dichiarazione di masochismo: (citando a memoria) «Ah, mi hai battuta così bene, cuore mio! Com’era dolce, com’era bello! È vero che mi batterai ancora? Promettimi che lo farai, Mateo! Mi ucciderai? Dimmi che mi ucciderai!» CONCHITA Che orrore! REGISTA Invece in una versione più moderna ed esplicita lui ottiene sì il possesso di Conchita; ma lei, come per una sorta di estrema ritorsione, rimane completamente passiva, estranea all'atto della consumazione. MATEO Il che è forse ancora peggio. REGISTA Chissà. Una forzatura c’è anche nell’opera di Zandonai, dove proprio il pestaggio ha l’effetto terapeutico di ricondurre Conchita alla ragione. Quasi a dire: “Cari signori, non esitate ad usare il bastone, se necessario.” (A Conchita, porgendole un libretto) Ecco, leggi tu stessa la battuta. CONCHITA (leggendo) «Mateo, come tu mi ami! Perdona: t’amo anch’io... Io non sapevo: ero pazza! Il mio pensiero è un mistero ove mi perdo... O Mateo, abbi pietà!..» MATEO Poetico; ma una vicenda come questa tollera un simile rientro nei confini dell’umanità e del sentimento? REGISTA Se vuoi il mio parere, il lieto-­‐fine con la dichiarazione di eterno amore su uno svolazzo di violini non è altro che una vieta concessione melodrammatica. MATEO Ma insomma, si può sapere chi vince dei due? REGISTA Forse lei. Più lei che lui. O forse no, chissà... Bisognerebbe ragionarci molto. Non dimentichiamo che il Mateo del romanzo, dopo avere per cento pagine preso le distanze dalla sua torturatrice, le manda proprio alla fine un umiliante bigliettino supplicandola di tornare con lui. CONCHITA E la storia ricomincia. REGISTA In effetti potrebbe andare avanti all’infinito, come nel Girotondo di Schnitzler... 43 MATEO A questo punto sta a noi, alla nostra sensibilità moderna, escogitare qualcosa di efficace. CONCHITA Il film non terminava con lo scoppio di una bomba?... REGISTA Già. CONCHITA Una soluzione geniale. MATEO Che però è un’ulteriore dimostrazione d’impotenza. REGISTA La più grande di tutte. MATEO Un perfetto escamotage. REGISTA No, credetemi, qui i conti non tornano mai. CONCHITA Non c’è via d’uscita. REGISTA Il finale aperto è ancora la soluzione più onesta... (Continua a soggetto con qualche altra battuta simile, mentre le luci si abbassano e la musica di fondo aumenta) FINE 44