Newsletter 1/2014 - Fondazione Rubes Triva

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Newsletter 1/2014 - Fondazione Rubes Triva
 Corte di Cassazione, sentenza del 16 dicembre
2013, n. 50605
IN QUESTO NUMERO
 Corte di Cassazione, sentenza
dicembre
2013, n. 50605
del
Responsabilità del datore di lavoro, nomina di Rspp e
delegato per la sicurezza, delega di funzioni.
16
Responsabilità del datore di lavoro, nomina di Rspp e
delegato
per la sicurezza, delega di funzioni.
In fatto
Con sentenza di primo grado P. veniva condannato in
quanto per colpa cagionava la morte del proprio
dipendente M., condanna confermata in secondo
grado.
Il P., datore di lavoro del M., era stato ritenuto
penalmente responsabile in quanto titolare dell’obbligo
giuridico di impedire l’evento verificatosi.
M. rimaneva vittima di un infortunio mentre
provvedeva con un collega a caricare alcuni infissi in
PVC, completi di vetro, su di una pedana per il
successivo
trasporto,
all’interno
della
società
cooperativa G., presso la quale prestava la sua attività
lavorativa.
P., presidente e legale rappresentante della G., aveva
con un atto privo di data delegato al socio E. , la
qualifica di responsabile del servizio di prevenzione e
protezione.
Nel corso dell’istruttoria era emerso che non era stata
eseguita una formazione adeguata agli operatori in
relazione alla movimentazione carichi e che la
procedura utilizzata si era rivelata pericolosa e
scorretta, inoltre i lavoratori erano privi di d.p.i.
Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per
Cassazione
 Corte
di Cassazione, sez. IV, sentenza del
10/07/2009 n.°37861
Delegato
per la sicurezza e Rspp
 Corte
di Cassazione, sez. III Penale, sentenza
n. 3107 del 2 ottobre 2013
Delega
di funzioni, sicurezza sul lavoro e sicurezza
degli alimenti
 Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza
n 4961 del 17 ottobre 2013
Documento di valutazione dei rischi e obblighi di
manutenzione
In diritto
Motivi del ricorso
La difesa contesta la sussistenza dei reati e l’incidenza
degli stessi a titolo di colpa generica e specifica sulla
complessiva ricostruzione della morte del M. In
secondo luogo il ricorrente contesta la dichiarata
inidoneità della delega effettuata ad E., relativa ai
poteri in materia di sicurezza sul luogo di lavoro,
considerando anche che E., socio della ditta, aveva i
requisiti “per essere considerato ab origine diretto
dirigente e datore di lavoro del M. e quindi soggetto
preposto ad assicurare la sicurezza sul luogo di lavoro”.
Motivi della decisione
Il ricorso viene ritenuto infondato.
1 Sussistenza del nesso causale
La Corte ha ritenuto fondata la sussistenza dei reati in base alla ricostruzione dei fatti emersa nel corso del
giudizio di appello (testimonianze, fotografie…). La Corte di Appello aveva inoltre già sottolineato la
sussistenza del nesso causale tra la non corretta valutazione del rischio e quindi l’adozione di procedure
idonee e l’infortunio fatale. La correlazione causale è posta in evidenza anche dal fatto che subito dopo
il sinistro la fase di lavorazione interessata - cioè quella del carico degli infissi – è stata sensibilmente
modificata.
La delega di funzioni
La delega era finalizzata alla nomina di RSPP e non alla delega della posizione di DdL, e non conteneva
alcuna attribuzione di poteri finanziari né di alcun altro potere proprio del datore di lavoro tale da
consentire al delegato di far fronte alle esigenze in materia di prevenzione degli infortuni.
Secondo la Corte il DdL non può essere esente da responsabilità, sostenendo che vi sia una delega di
funzioni con la quale lo stesso ha provveduto a designare il RSPP. ( soggetto la cui designazione è
obbligatoria). In particolare il RSPP non può incidere in via diretta sulla struttura aziendale ma ha solo
una funzione di ausilio finalizzata a supportare (e non a sostituire) il datore di lavoro nell’individuazione dei
fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e
di formazione dei dipendenti. Dunque nonostante si proceda, come nel caso di specie, alla nomina di un
RSPP il datore di lavoro conserva l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il DVR.
Il delegato per la sicurezza è infatti, diversamente dal RSPP; una figura eventuale che diventa il
destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di
lavoro e, perciò, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con modalità
rigorose, non ricorrenti nel caso in esame .
Corte di Cassazione, sez. IV, sentenza del 10/07/2009 n.°37861
Delegato per la sicurezza e Rspp
In fatto
L’imputato (DdL) veniva ritenuto in primo grado responsabile del reato di lesioni personali colpose
commesse con violazione della disciplina sulla sicurezza del lavoro per “aver consentito l'esecuzione di una
pericolosa ed irregolare operazione di pulizia di una macchina tinteggiatrice con i rulli in movimento, nel corso
della quale il lavoratore M. riportava lesioni personali a seguito del trascinamento della mano tra i rulli
medesimi”. La pronuncia è confermata in appello.
Il difensore propone ricorso per Cassazione.
In diritto
Motivi del ricorso
La difesa ritiene che non sia stato preso in considerazione il comportamento imprevedibile ed imprudente
della vittima e che nello stabilimento era presente la segnaletica inerente le modalità di esecuzione delle
lavorazioni.
2 La difesa individua poi come responsabile dell’evento, visto le dimensioni rilevanti dello stabilimento, i
soggetti che affiancavano il datore di lavoro, come il responsabile per la sicurezza e i vari preposti,
assumendo che l'evento è frutto di una improvvida iniziativa del lavoratore che si è anche avvalso della
impropria collaborazione di un soggetto estraneo all'impresa.
La Corte di Cassazione dichiara i motivi di ricorso manifestamente infondati.
Motivi della decisione.
La Corte afferma che relativamente alla assunta imprevedibilità del comportamento del lavoratore è risultato
sulla base delle dichiarazioni dei testimoni, che la procedura di pulizia dei rulli, complessa e precisa, non
veniva seguita ma la stessa era effettuata regolarmente con le stesse modalità poste in essere dal lavoratore
infortunatosi, dimostrando così che il comportamento del lavoratore “non era per nulla imprevedibile e
tale da interrompere il nesso di condizionamento”.
Quanto alla presenza dei cartelli la Corte riferisce che sulla base del verbale di ispezione e delle dichiarazioni
di altri testi, “non sono emerse le caratteristiche delle pretesa segnaletiche che l'imputato assume fosse presente
al momento del fatto…”.
Infine, quanto alla sfera di responsabilità del DdL la Corte evidenzia che questi era presente in azienda ed
impartiva ordini e direttive; e che nessuna delega in ordine alla sicurezza aziendale era stata conferita
ad alcuno.
Si evidenzia inoltre come la figura del delegato per la sicurezza sia differente da quella obbligatoria
del RSPP. Il delegato per la sicurezza è destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed
istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, e deve essere formalmente individuato ed investito del
suo ruolo con le rigorose modalità enunciate dalla costante giurisprudenza della suprema Corte.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 3107 del 2 ottobre 2013
Delega di funzioni, sicurezza sul lavoro e sicurezza degli alimenti
In fatto
C. in qualità di direttore e legale rappresentante del punto vendita M. S.p.a. veniva condannato per aver
consentito di detenere per la vendita alcune confezioni di alimenti ad una temperatura di conservazione
superiore a quella prevista. Avverso tale decisione C. propone ricorso.
In diritto
Motivi del ricorso
La difesa ritiene sussistere:
-violazione dell'art. 42 c.p.: essendo la responsabilità penale personale non può essere affermata attraverso
un’interpretazione analogica che estende alla materia alimentare principi asseriti per la sicurezza sul lavoro.
In particolare il concetto secondo cui la delega di funzioni esonera dalla responsabilità penale laddove essa
sia "scritta" è stato oggetto di diverse pronunce contrastanti, quindi soggetto ad interpretazione.
-Vizio di motivazione sulla responsabilità del C. il quale era in ferie all'epoca del rinvenimento della merce in
cattivo stato di conservazione.
Motivi della decisione
Il ricorso viene accolto.
La conclusione del Giudice di primo grado relativamente alla delega di funzioni non risulta in linea con i
principi di diritto interpretativi offerti dalla Corte di Cassazione in materia.
3 La norma stabilisce che per un esonero di responsabilità, deve essere raggiunta la prova “con atto
certo ed in equivoco” della esistenza di una delega di funzioni in forma scritta. Tuttavia, l’orientamento
prevalente (sia in materia di alimenti che in ambito antinfortunistico), afferma il diverso concetto secondo cui
“l'efficacia devolutiva dell'atto di delega è subordinata all'esistenza di un atto traslativo delle
funzioni delegate connotato unicamente dal requisito della certezza che prescinde dalla forma
impiegata” .
Nelle società di notevoli dimensioni il tema della delega di responsabilità è stato affrontato dalla Corte che
ha affermato che, in tali situazioni, la delega di funzioni viene presunta in re ipsa.
Nel caso in esame, non si sono tenuti in considerazione aspetti di particolare importanza, emersi dalle
testimonianze nel corso del giudizio, secondo cui esisteva un soggetto che ricopriva l'incarico di “supervisore
dei capi reparto per il settore dei freschi” e che il punto vendita era caratterizzato da una struttura gerarchico
piramidale vista la sua estrema ampiezza. Ciò avrebbe dovuto portare ad un maggiore approfondimento
circa la effettiva esistenza di una ripartizione di compiti e responsabilità all'interno dell’azienda.
Il principio affermato in materia infortunistica secondo il quale :“il legale rappresentante di una società di
notevoli dimensioni non è responsabile allorché l'azienda sia stata preventivamente suddivisa in
distinti settori, rami o servizi ed a ciascuno di questi siano stati in concreto preposti soggetti
qualificati ed idonei, nonché dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la
completa gestione degli affari inerenti a determinati servizi” è applicabile anche nel caso in esame.
Inoltre l’introdotto concetto di culpa in vigilando, non tiene conto in questo caso del fatto che , quando si è
verificato il fatto illecito, il C. si trovava in ferie ; facendo ciò presumere che, in sua assenza precaria, egli
avesse avuto un sostituto.
La Corte afferma dunque che la responsabilità del rispetto dei requisiti di legge va individuata all'interno
della singola struttura aziendale, non essendo necessariamente richiesta la prova dell'esistenza di una
apposita delega.
Mettendo ancora una volta in luce il concetto di prevalenza della sostanza sulla forma.
La sentenza viene dunque annullata con rinvio.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n 4961 del 17 ottobre 2013
Documento di valutazione dei rischi e obblighi di manutenzione
In fatto
C., presidente del Golf Club, veniva assolto dal Tribunale di Torino dal reato 590 c.p. in danno di F., colpita
all'occhio sinistro da una pallina lanciata da un giocatore, che non veniva trattenuta dalle reti lacerate e
forate. Il Tribunale ha escluso che nella condotta colposa ascrivibile al C. fossero rinvenibili, oltre ad un profilo
di colpa generica, anche profili di colpa specifica consistenti in violazioni di norme prevenzionistiche.
Per il Tribunale il C. non aveva provveduto a mantenere le reti di protezione in modo corretto e le violazioni
prevenzionistiche individuate dall'organo dell'accusa, venivano giudicate dal Tribunale prive di efficienza
causale rispetto all'evento, che secondo il giudice era stato determinato non dalla mancata predisposizione
delle misure ma dalla loro mancata corretta manutenzione.
4 Avverso tale decisione ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino.
In diritto
Motivi del ricorso
Per il Procuratore il Tribunale non ha considerato che la manutenzione è una specifica misura di prevenzione
e protezione antinfortunistica e come tale, di essa si deve tener conto nel DVR, sottolineando inoltre che le
cautele antinfortunistiche si indirizzano anche verso gli estranei al rapporto di lavoro occasionalmente
presenti nell'ambiente di lavoro.
Motivi della decisione
Il ricorso è ritenuto fondato.
L’obbligo di manutenzione e la sussistenza del nesso causale.
L'obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (art. 28,
co. 1 d.lgs. n. 81/2008) non può che ricomprendere anche il rischio derivante dall'utilizzo e dalla vetustà
delle cose. L'utilizzo degli apparecchi, dei macchinari, degli impianti, dei luoghi di lavoro, delle attrezzature
di lavoro, dei DPI determina un progressivo scadimento degli originari livelli di sicurezza e questo aspetto è
specificamente preso in considerazione dal legislatore prevenzionistico. L'art. 15 del d.lgs. 81/08, indica le
“Misure generali di tutela”, e al comma 1, lett. z) menziona "la regolare manutenzione di ambienti,
attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei
fabbricanti"; mentre l'art. 64, nell'elencare gli obblighi del datore di lavoro rispetto ai luoghi di lavoro, recita
che questi provvede affinché "e) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare
manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano
pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori" e che "e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati
alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo
del loro funzionamento".
Dunque anche se nel dettare i contenuti del DVR l'art. 28 non utilizza il termine manutenzione,
espressa menzione ne viene fatta diffusamente all'interno del T.U. . Dunque la valutazione dei rischi
deve riguardare anche le attività di manutenzione necessaria a preservare l'efficienza delle misure di
prevenzione individuate.
Nel caso in esame pertanto l'omessa manutenzione delle reti poste a protezione dei lavoratori e degli utenti
del campo da golf, rispetto al rischio determinato dal lancio di palle da gioco nel corso dell'attività sportiva,
va ricondotta alla violazione degli artt. 17 e 28 d.lgs. n. 81/2008. Ove la valutazione del rischio fosse stata
compiuta, sarebbero state identificate le metodiche di rilevamento dei difetti delle reti e degli altri impianti, i
turni di manutenzione, le misure da adottare in occasione delle riparazioni o delle sostituzioni delle reti e così
seguitando. Il mancato compimento di tale attività di analisi e progettazione ha determinato l'assenza o
l'inefficienza della manutenzione affermata nella sentenza; con l'esito dell'infortunio occorso alla F. .
La responsabilità del DdL nei confronti dei terzi.
Inoltre in tema di prevenzione nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche non sono dettate
soltanto per la tutela dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche a tutela dei terzi che si
trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il
titolare dell'impresa. Ne consegue che ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi
antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, perché possa
ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro,
di cui agli artt. 589, II comma, e 590, III comma c.p., nonché la perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e
5 gravissime, ex art. 590. u.c., c.p.., è necessario e sufficiente che sussista tra la violazione e l'evento
dannoso un legame causale, il quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all'inosservanza delle predette norme
secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo
all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio non rivesta carattere di
anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la
condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi
La sentenza di assoluzione viene dunque annullata.
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