La Tunisia in crisi: lo spaccamento di al-Nahda e la
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La Tunisia in crisi: lo spaccamento di al-Nahda e la
21 febbraio 2013 La Tunisia in crisi: lo spaccamento di al-Nahda e la radicalizzazione sociale Stefano M. Torelli (*) Dopo giorni di serrati negoziati tra i partiti della maggioranza tunisina circa l’eventualità della formazione di un governo tecnico che fosse in grado di transitare il paese verso le prossime elezioni parlamentari, il primo ministro Hamadi Jebali si è dimesso, in seguito al rifiuto del suo stesso partito, Ennahda, di ricorrere a una simile soluzione. Se, da un lato, questo esito mette in luce un aspetto già noto del panorama politico tunisino – ovvero la spaccatura consumata all’interno del partito islamico di maggioranza – dall’altro, la presa di coscienza di questo stato delle cose getta un’ombra minacciosa sulla reale capacità della Tunisia di uscire dalla crisi istituzionale in cui versa e, allargando il raggio di analisi, sulla stessa riuscita della transizione democratica avviata con la fuga di Ben ‘Ali in Arabia Saudita nel gennaio del 2011. L’uccisione di Chokri Belaid, figura di spicco della galassia dell’opposizione all’attuale “Troika” che governa il paese (costituita da Ennhada e dai due partiti riformisti Ettakatol e Congresso per la Repubblica), avvenuta lo scorso 6 febbraio, in realtà non ha fatto altro che accelerare bruscamente una crisi di governo che si consumava già da qualche mese. Sono molteplici i fattori che hanno determinato lo stallo istituzionale tunisino e la crisi della maggioranza: prima di tutto, ha pesato l’incapacità di risollevare il paese dal punto di vista economico, ma in seconda battuta vi sono le polemiche e le divisioni circa la supposta islamizzazione della società, rappresentata dall’ascesa dei movimenti di stampo salafita in tutto il paese. Movimenti nei confronti dei quali Ennahda è accusato da più parti di aver assunto una posizione estremamente ambigua, condannando le loro azioni – a volte violente, come nel caso dell’assalto all’ambasciata statunitense lo scorso settembre o degli assalti alle esposizioni di arte contemporanea e ad alcuni negozi che vendevano alcolici – in via ufficiale ma, di fatto, dimostrando un comportamento alquanto indulgente nei loro confronti. Se ciò è dovuto in parte ai timori di ulteriori tensioni, dall’altro è stato visto come la prova di un atteggiamento fin troppo conciliatorio rispetto alle manifestazioni dell’Islam radicale. La questione della politica nei confronti delle correnti salafite è centrale nella divisione interna a Ennhada, partito che sembra continuare a essere retto più dalla figura del suo presidente e storico leader Rashid alGhannushi, che da una reale condivisione di obiettivi politici di lungo termine. In particolare, le tensioni registrate tra l’ala più riformista del partito e quella più conservatrice – e meno incline a scendere a compromessi con le forze progressiste e laiche tunisine – ha determinato in ultima istanza la crisi attuale, portando finalmente alla luce la spaccatura interna. Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. (*) Stefano M. Torelli, Ispi Research Fellow. 2 Tanti i nodi che rimangono da sciogliere nel complesso panorama politico, sociale ed economico della Tunisia, alla vigilia di una nuova fase di governo. La disoccupazione ha raggiunto livelli record e, secondo i dati ufficiali, si attesta intorno al 18%; la crescita economica sembra essere ripresa, ma per il momento non si è tradotta in un reale miglioramento della condizione di vita della popolazione e l’instabilità attuale non sembra costituire il presupposto necessario affinché il 2013 divenga l’anno della definitiva ripresa. Anzi: proprio ieri, nel giorno delle dimissioni di Jebali, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha declassato ulteriormente la Tunisia, da BB a BB-, evidenziando come la situazione politica influenzi la percezione esterna dell’economia del paese. Proprio per questo motivo, gli investimenti diretti esteri faticano a riprendere, in un paese in cui, già prima delle rivolte, la quota di investimenti era molto più bassa rispetto alla media del Maghreb. In questo quadro, i rapporti internazionali dell’attuale governo tunisino non sono certo idilliaci, soprattutto se guardiamo allo stato che più di tutti esercita la propria influenza su Tunisi, vale a dire la Francia. Dopo l’uccisione di Belaid, il primo ministro francese, Manuel Valls, non ha esitato a dichiarare che a Tunisi si sta assistendo al pericolo di una “dittatura islamicofascista”, rendendo ancora più tese le relazioni bilaterali, già incrinate dal rifiuto tunisino di concedere ai caccia francesi l’uso del proprio spazio aereo per le operazioni in Mali. ISPI - Commentary La ricerca ISPI analizza le dinamiche politiche, strategiche ed economiche del sistema internazionale con il duplice obiettivo di informare e di orientare le scelte di policy. I risultati della ricerca vengono divulgati attraverso pubblicazioni ed eventi, focalizzati su tematiche di particolare interesse per l’Italia e le sue relazioni internazionali. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. ISPI Palazzo Clerici Via Clerici, 5 I - 20121 Milano www.ispionline.it © ISPI 2013 Le prossime settimane si prospettano come decisive per il futuro del paese e il rischio è che si possa giungere a un nuovo scontro interno, in cui s’intrecciano diverse posizioni e rivendicazioni. Allo scontro tra le correnti più radicali dell’Islam politico e i rappresentanti di forze politiche riformiste, laiche e d’ispirazione socialista, si aggiunge infatti un più diffuso e generale malcontento sociale, determinato dall’impasse di governo. La sfiducia nei confronti del sistema politico tout court, dunque, agisce da elemento scatenante di possibili rivolte nei confronti dell’attuale classe politica, con il rischio di radicalizzazioni da parte della popolazione. In questa cornice, vanno senz’altro tenute sotto osservazione le ali più estreme della piazza tunisina – in primis proprio i gruppi salafiti, ma non solo – che potrebbero trarre giovamento da un clima di crescente esasperazione.