Cogn Pin - CanaveseLab

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di TIRI ENRICO
Cogn Pin
INDICE
LA STORIA ................................................................................................................................................................................ 2
LA RICETTA .............................................................................................................................................................................. 3
LA STORIA
Una volta al Masero si nasceva sotto i
cavoli.
Così fu, affermavano in casa, anche
per me e la mia gemella. A giugno.
Cavoli a giugno? Mai visti. Dunque,
impossibile.
Le gemelline manifestano il dubbio,
ma l’evasività di mamma e nonne
scoraggia gli approfondimenti.
Finiamo poi per apprendere, da fonti
nostre coetanee varie ed incerte, che i
bambini nascono dalle mamme.
Straordinario, ma confermato
dall’osservazione diretta: via il
pancione, ecco in circolazione un
neonato.
Oggi al Masero nessuno viene più al mondo nell’orto, una bugia secolare è caduta nel
dimenticatoio.
MA PERCHÉ NASCERE SOTTO IL CAVOLO, O NEL CAVOLO, COME DICONO IN FRANCIA?
Semplice: il cavolo è simbolo della fertilità umana.
Lo si semina a marzo e lo si raccoglie a novembre: nove mesi, il tempo di una gravidanza.
Affascinante, no?
E poi il cavolo è stato per secoli la verdura regina delle tavole contadine canavesane, o meglio
europee, facile com’è da coltivare e conservare; se di cavolo si viveva, perché non nascerci
pure?
E ci si viveva veramente: da noi, cavoli fritti con la polenta, zuppe, minestre, insalate, tutti i santi
giorni, autunno e inverno.
Tutta roba modesta tranne un’eccezione: i cogn pin, i cavoli ripieni, piatto da festa. Compariva
raramente, quando la carne abbondava; tipicamente, quando si ammazzava il maiale.
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LA RICETTA
Per noi maseresi, gente pratica, sono semplicemente i cogn pin, cavoli ripieni, ma in giro per il
Canavese li chiamano capunèt, capunìt. Nome curioso e misterioso, dovuto forse al loro aspetto
tondo e prosperoso, come quello dei capponi. Pare anche che nell’Astigiano chiamino capunèt i
fiori sterili delle zucchine, e lì per
capunèt in senso gastronomico si
intendono i fiori di zucchine ripieni.
Sia come sia, io i miei cogn pin li
preparo così.
Si comincia con le foglie esterne del
cavolo: si staccano, si puliscono dalle
parti dure, si scottano in acqua
bollente e si fanno scolare bene.
Poi tocca all’interno del cavolo: si trita,
si sbollenta, si scola e si mescola in
una grossa ciotola con tutto il resto.
Le dosi sono a stim, e a gusto.
A me piace abbondare con il cavolo tritato, che rende il fagottino morbidino.
Mio marito, vivo sostenitore dei sapori forti, preferisce che si abbondi con il salame.
Il fagottino, appunto: con santa pazienza, si stende un pezzo di foglia, gli si appoggia al centro
un mucchietto di ripieno e si crea un fagottino più o meno quadrato, oppure un cilindro.
Man mano si allineano i cogn pin in una teglia
INGREDIENTI
imburrata, poi si infiocchettano qua e là di burro e si
COGN PIN
infila il tutto in forno finché prende un bel colore
dorato.
 un cavolo bello grosso,






burro
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preferibilmente verza, per via
delle foglie non fragili
carne tritata, di qualunque tipo,
cotta o cruda
salame, preferibilmente ‘d la duia,
spezzettato e passato in padella
uova
formaggio grattugiato
sale, pepe, noce moscata
CALDO, TIEPIDO, FREDDO, NON IMPORTA: UN
COGN PIN È COMUNQUE UNA DELIZIA.
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