“Energia rinnovabile: un scelta etica” Dott. Guido

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“Energia rinnovabile: un scelta etica” Dott. Guido
3° FORUM DELL’INFORMAZIONE CATTOLICA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO
“Energia rinnovabile: un scelta etica”
Banca CR Firenze, “Sala Verde” di Palazzo Incontri, Via de’ Pucci, 1 Firenze
17-18 giugno 2006
Intervento di:
Dott. Guido Cappetti
Nel settore della geotermia l’Enel, l’Italia, è stata sempre all’avanguardia nel mondo, e adesso siamo in una fase in
cui siamo in grado di esportare questa tecnologia.
Quali sono gli elementi importanti, le peculiarità della geotermia? E’ una attività mineraria, è una risorsa
rinnovabile, altra cosa, importante, è disponibile sempre, è il calore, il calore contenuto nelle rocce della Terra.
Disponibile sempre, questo è un concetto fondamentale, quando si confronta la geotermia con le altre fonti
rinnovabili; una centrale geotermica lavora 24 ore su 24. Una centrale eolica o solare lavora quando c’è il sole o
quando c’è il vento. E pertanto le centrali eoliche o solari hanno bisogno di avere, come riserva, una potenza
installata derivante dai combustibili fossili. La geotermia sostituisce una centrale da combustibili fossili. Quindi
diciamo che è il calore contenuto nelle rocce; a priori è una risorsa non quantificabile, non sappiamo quanta ce
ne è, per cui c’è bisogno di una serie di indagini, di prospezioni e di valutazioni. C’è anche un rischio minerario
perché per avere queste informazioni dobbiamo fare dei pozzi.
Altro concetto fondamentale: i fluidi che noi produciamo, l’acqua calda o il vapore, non sono la sorgente primaria,
la sorgente primaria è il calore delle rocce. I primi sono solamente dei vettori di energia. Altro concetto, molto
più importante, è che tutte queste attività stanno sulla stessa localizzazione. Io non posso trasportare il calore a
grandi distanze quindi ho i pozzi, le linee di trasporto, le centrali. Facciamo un confronto con l’energia termica da
combustibili fossili. Per quanto riguarda gli aspetti di impatto ambientale e di accettabilità, in un paese come
l’Italia noi vediamo soltanto la centrale termoelettrica, non sappiamo niente di quello che succede, dei problemi
di accettabilità e ambientali che ci sono legati alla perforazione dei pozzi, alla produzione del fluido e del
trasporto. Perforazione dei pozzi che magari viene fatta in Nigeria, nel Kazakistan; poi ci sono i problemi di
trasporto, quelli legati agli aspetti ambientali: i disastri ecologici che si verificano con le navi o con gli oleodotti.
Tutto questo processo in geotermia è localizzato nello stesso sito, e non vengono trattiamo oltretutto fluidi
pericolosi. Però da tutto questo deriva anche tutta una serie di aspetti legati alle autorizzazioni e alla accettabilità
delle popolazioni che possiedono una serie di tubazioni e di impianti sul territorio. Lo schema semplificato di un
processo geotermico consiste in questo: ho dei pozzi da cui produco calore e acqua calda, ho una centrale che mi
permette di fare produzione elettrica, la rigenerazione di fluidi all’interno del mio serbatoio. Questi fluidi
riassorbono calore dalla formazione rocciosa e riparte il ciclo. A livello mondiale: questa è presente come
generazione elettrica in ben 24 paesi e ci sono quasi 9.000 megawatt installati, non è uno scherzo. 9000
megawatt che girano 24 ore su 24. In aggiunta alla produzione elettrica, però, quando si parla di geotermia c’è
anche un uso diretto dei fluidi caldi e cioè gli usi diretti: pensate al teleriscaldamento, alle serre, agli impianti di
itticultura; questi sono distribuiti in ben 72 paesi. In totale, a livello mondiale, risparmiamo 41 milioni di
tonnellate equivalenti di petrolio, e ben 118 milioni di tonnellate di CO2 emessa. Sono numeri importanti. Qual è
la situazione in Italia? Noi siamo partiti primi al mondo. Nel 1904 con un primo esperimento, nel 1913 abbiamo
montato la prima centrale. Considerate che fino agi anni ’60 l’Italia è stato l’unico paese al mondo ad avere
questa tecnologia. Negli anni ’60 una prima centrale è stata edificata in Nuova Zelanda, venendo prima ad
imparare da noi, e poi a De Gaiser. Inserire grafico o tabella. Qui è visibile un primo periodo seguito da un
declino, qui siamo negli anni ’70 e questo è il periodo in cui io sono entrato all’Enel, e la prima domanda che mi è
stata posta è stata: cosa si pensa di fare per andare avanti, io insieme a tutti gli altri. Perché è successo questo,
perché fino a questa data qui i pozzi erano fino a circa 1000-1500 metri, come nelle altre parti del mondo, e il
sistema si era diciamo un po’ esaurito, come fluidi presenti dentro, allora noi abbiamo impostato una serie di
attività innovative per quel tempo che era: una ricarica artificiale di serbatoi, ributtandoci l’acqua, passare a
pozzi a 3.000, 4.000 metri con costi molto più alti, però eravamo in grado di sostenerli dalla allora CIP e poi
successivamente da certificati verdi. E poi altri interventi innovativi sono stati quelli di fare le stimolazioni. In
che cosa consistono? Una volta fatti i pozzi, quando questi non erano molto produttivi, inventammo tecnologie
per migliorare la loro produttività, iniettando miscele acide o acqua fredda. Quindi i due obiettivi sono stati:
contrastare il declino di produzione nelle aree dove già eravamo presenti e avviare nuovi progetti di sviluppo
con pozzi più profondi; dovevamo anche dar luogo a uno sviluppo tecnologico per migliorare le nostre
metodologie di prospezione, vedere dove andare a fare i pozzi profondi, e i materiali connessi alla perforazione
dei pozzi profondi, perché questa attività qui è simile a quella petrolifera ma ha delle forti differenze; cioè noi qui
operiamo fino a 300-400 gradi, nel petrolio queste cose non ci sono. Abbiamo dovuto sviluppare quindi al nostro
interno tutta una linea di strumentazione ad hoc e di materiali per questi obbiettivi. Per questi traguardi. In
relazione all’ impostazione di questo programma di ricerca e sviluppo a metà anni ’70, quali sono stati i risultati?
Se vediamo questa linea rossa questo è il trend della produzione di vapore dei nostri campi, cioè dopo questo
primo declino l’abbiamo stabilizzata ed ultimamente la stiamo addirittura incrementando. Altro concetto
importante però è che non solo abbiamo fatto nuovi sviluppi, ma abbiamo capito che la risorsa c’era, eravamo
confidenti su questo ed abbiamo messo in piedi allora anche un programma per rinnovare le centrali che erano
già installate a servizio magari da 20-30 anni installando macchinari con maggiore efficienza. Il trend della
produzione elettrica è in rialzo, la produzione elettrica cresce molto di più rispetto al trend di vapore perché qui
interviene anche l’efficienza delle centrali. D’altronde noi quello che vendiamo non è il vapore, è il kilowattore.
Pensate che solamente negli ultimi 5 anni abbiamo installato 12 nuove centrali per 345 megawatt, 8 impianti
vanno a sostituire quelli vecchi, vuol dire che abbiamo capito come funziona il sistema e siamo confidenti.
Quattro impianti sono quelli nuovi. Un esempio di cosa hanno fatto al De Kaiser, il campo più grosso che è in
America. Qui c’è stato un modo forsennato di gestire le risorse, non certo sostenibile, con un incremento
fortissimo cercando di fare concorrenza fra più operatori privati accaparrandosi l’uno prima la risorsa dell’altro
e poi c’è stato un crollo drammatico. Questo è stato un pessimo esempio di come si gestisce la geotermia, non è
questa certo una strategia indirizzata alla sostenibilità della risorsa. Cosa abbiamo oggi noi, quali sono i nostri
numeri. Oggi noi abbiamo trentadue centrali in esercizio per una potenza, questi hanno tutti gruppi che sono
compresi fra 10 e 60 megawatt e quindi è una generazione distribuita nel territorio, abbiamo 810 megawatt
installati e 711 megawatt sono quelli che girano effettivamente. Tutte le nostre centrali sono telecomandate non
c’è nessuno dentro, tutte comandate a distanza, gestiamo 280 pozzi per la produzione, 60 pozzi di ariazione, e
una rete di circa 200 chilometri di vapordotti e 200 chilometri di acquedotti. Quindi questi sono i numeri che
danno anche un po’ l’impatto sul territorio, inevitabile, era il discorso che ho fatto all’inizio quando mi sono
riportato al problema dell’ olio e delle centrali termiche. Tutto quello che c’è a monte della centrale noi non lo
conosciamo ma a livello globale esiste. Cosa produciamo noi? Noi produciamo 5 miliardi di chilowattora all’anno,
cosa vogliono dire questi numeri? Vogliono dire il 25% dei consumi elettrici della Toscana. Noi supportiamo
circa 1 milione e 500 mila famiglie come consumi diretti, rappresenta il 10% della produzione mondiale e
chiaramente a livello nazionale la percentuale rimane bassa ma questo dato è importante. Noi in Toscana siamo
una realtà non indifferente. Ho detto che se abbiamo fatto tutto questo percorso, ciò è stato possibile perchè c’è
stato lo sviluppo tecnologico, cioè noi adesso siamo in grado di fare anche con dei modelli matematici un po’ di
modelli “preditivi” di quello che c’è nel sottosuolo, di quello che ci aspettiamo, questo per ridurre il nostro rischio
minerario, pensate che un pozzo costa dai 4 ai 5 milioni di euro. Quindi cercare di individuare delle zone
fatturate e produttive è basilare. Nel contempo come facciamo dei modelli matematici per studiare l’evoluzione
della produzione e con questi cerchiamo di ottimizzare la produzione, ci occupiamo anche della ricarica
artificiale dei campi, come la regenerazione di acqua. Inserire grafico Ciò ha permesso di modificare il trend di
questa famiglia di pozzi, questa è la produzione di vapore, questa in rosso, è evidenziato come abbiamo
recuperato tutto quanto. Chiaramente c’è stato uno sviluppo tecnologico sia nel settore delle perforazioni (per
quanto riguarda i materiali, dovevamo arrivare a 3.000-4.000 metri con 400 gradi spesso in presenza di fluidi
corrosivi) ma anche a livello di strumentazione. Le compagnie che fanno la strumentazione sono quelle che
lavorano per il settore olio e gas. Il settore geotermia è un settore di nicchia, molto piccolo non c’è mercato, l’
Enel ha dovuto mettere in piedi un programma di ricerca con i propri centri e ha sviluppato una linea di
strumentazione che è all’avanguardia. Possiamo arrivare fino a 300-400 gradi.
Ad oggi cosa prevediamo ora per il futuro? Noi abbiamo in progress, in sviluppo, un programma ulteriore di
esplorazione profonda nell’area di Larderello con 11 pozzi e 65 milioni di euro di investimento. Ma nel
complesso in aggiunta a questo programma esplorativo, abbiamo in programma varie altre iniziative, per
investimenti di 400 milioni di euro nel periodo 2006-2010. Con questi investimenti pensiamo di poter
incrementare la nostra produzione di circa il 15-20% rispetto ai valori attuali, quindi non c’è solo una storia, c’è
un presente, ci sono delle prospettive. Altro elemento fondamentale: noi non operiamo nel deserto dell’Arizona o
in Nigeria o in Kazakistan. Noi operiamo in Toscana dove abbiamo un paesaggio con cui dobbiamo confrontarci
quotidianamente. Quindi anche sull’inserimento ambientale in relazione al territorio che abbiamo di fronte,
siamo all’avanguardia rispetto agli altri paesi. Quando in America vado a vedere le centrali nel Nevada, lì non c’è
niente. Noi ci siamo dovuti sforzare di trovare soluzioni innovative per ridurre l’impatto ambientale. E allora
cosa abbiamo fatto? Da un lato, siccome associati a flussi geotermici c’è sempre un po’ di acido solfidrico, che è
quel classico odore di uova marce, e di una minima traccia di vapore di mercurio, abbiamo studiato, progettato e
realizzato un impianto specifico per l’abbattimento del mercurio; ed è in corso di installazione questo impianto.
Dall’altro, c’era un discorso di migliorare l’impatto sociale, l’accettabilità e quindi stiamo adottando nuove
soluzioni architettoniche per le centrali, ma anche un piano di bonifiche che abbiamo messo in piedi per
smantellare tratti di vapordotti non più in uso, o pozzi vecchi e ripristinare l’ambiente così come era come
quando siamo arrivati noi. Inserire foto Questo è l’impianto Amis quello che serve abbattere mercurio e
idrogeno solforato e queste sono alcune soluzioni per ridurre l’impatto ambientale. Da un punto di vista di
progettazioni queste due centrali hanno una stessa taglia, questa è una nuova generazione, si vede un diverso
impatto ambientale. Questa è una centrale sull’Amiata, abbiamo coinvolto un architetto famoso, per dare un
po’uno stile. Guardate che da altre parti nel mondo una centrale geotermica è una scatola grigia, anonima. Questa
era una fotografia per far vedere dove c’era prima un vecchio vapordotto smantellato, abbiamo completamente
ripristinato tutto quanto il bosco e il sottobosco. Lo stesso dicasi per quanto riguarda nuovi criteri progettuali
per i vapordotti, che non attraversano più un campo come si faceva 20 anni fa adesso cerchiamo di seguire dei
tracciati lungo il bordo dei boschi per minimizzare l’impatto. Questa è un’altra centrale che abbiamo a Valle
Secolo disegnata da un architetto famoso; queste sono due centraline piccole da 20 megawatt ciascuna ma è
evidente come si sono inserite un po’ nel paesaggio circostante. Adesso però tutto questo bagaglio tecnologico
che abbiamo come Enel ma come sistema Italia, non è che lo teniamo per noi, noi cerchiamo di crescere anche
all’estero, di esportare questa tecnologia contribuendo in un certo modo anche a ridurre l’emissione Co2 anche
in altri paesi, laddove ci sono risorse geotermiche. Il tutto è iniziato comunque negli anni ’20 con le prime
consulenze e negli anni pregressi abbiamo fatto varie attività di consulenza in vari paesi del mondo. Io per primo
ho lavorato per tanti anni in Tibet. Pensate che la capitale Lasa è alimentata a centrali geotermiche. Ho lavorato
in centro America, in tanti altri paesi. Negli ultimi anni, l’Enel ha cambiato la sua filosofia, non è più un’azienda
che fa consulenza, fa anche investimenti diretti in questi paesi e allora noi oggi abbiamo in una fase di
completamento una centrale da 40 megawatt in Salvador, che dovrà partire nel giro dei 2-3 mesi prossimi;
abbiamo in fase di esplorazione alcune concessioni minerarie in Cile; dobbiamo partire con un programma di
esplorazione in Nicaragua, e stiamo seguendo un’opportuna attività di investimento e di sviluppo negli Stati
Uniti. Da ultimo, ci sono possibilità di sviluppo nel Far East, cioè Indonesia e Filippine. Inserire foto, Questa è
una foto storica che abbiamo fatto nel ’99 rappresenta un pozzo perforato in una zona marginale di Larderello,
considerata questa zona fino a 20 anni fa di assoluto non interesse. Questo è un pozzo che porta 220 tonnellate,
permette di produrre 30 megawatt, e soddisfa i fabbisogni di 80 mila famiglie. Vi ringrazio.