Briefing CCS Utsira

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Briefing CCS Utsira
PERDITE DALLA FORMAZIONE DI UTSIRA:
QUALI CONSEGUENZE PER PROGETTI DI “CCS”?
Il progetto di Sleipner nel mare del Nord è uno dei tre progetti già operativi nel mondo per lo stoccaggio della
CO2. Fin dal 1996 il sito è stato utilizzato per lo stoccaggio di circa un milione di tonnellate ci CO2 all’anno in
un acquifero salino al di sotto del fondale marino.
Gli operatori che vorrebbero sviluppare nuovi progetti di “cattura e stoccaggio della CO2” (CCS) hanno da
sempre indicato il sito di Sleipner come la prova che la CO2 può essere stoccata in sicurezza e in modo
permanente all’interno della formazione geologica di Utsira, di cui il sito fa parte. Tuttavia recenti sviluppi
indicano diversamente. Un progetto del gruppo StatoilHydro è stato infatti abbandonato nell’estate del 2008
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in seguito al verificarsi di perdite di acqua di processo fuoriuscita dal deposito di Utsira. Tali perdite hanno
dimostrato una conoscenza incompleta della struttura geologica di stoccaggio.
Perdite accertate dalla formazione geologica di Utsira
Nel maggio 2008 i lavoratori della piattaforma Gullfaks, al largo delle coste norvegesi, notarono la presenza
di acqua sporca e chiazze di petrolio nei pressi della piattaforma. Le perdite arrivavano dal sito di Tordis
dove la StatoilHydro stava iniettando acqua sporca derivante da processi di estrazione. Un’indagine interna
della compagnia petrolifera rivelò che le attività di iniezione avevano causato fratture nel fondale marino da
cui fuoriusciva un flusso delle acque di processo confinate sottoterra.
Sul sito era stato utilizzato un metodo di iniezione che creava delle fratture all’interno della formazione per
aumentarne la permeabilità. Si verificarono diverse perdite di pressione, il processo di iniezione venne
fermato e StatoilHydro investigò le cause. Non si giunse a nessun risultato, ma ogni volta si ricominciarono
le operazioni di iniezione.
Sebbene la legge norvegese ne imponga l’obbligo, non era presente alcun sistema di monitoraggio e di
allarme per possibili perdite. Di conseguenza non si conosce quando iniziarono le perdite, scoperte
solamente a maggio 2008 a circa 300 metri dalla stazione di Tordis. Una volta identificato il punto di
fuoriuscita, le operazioni di iniezione vennero fermate. StatoilHydro stima le perdite di acqua di processo tra i
48 e i 175 metri cubi.
Il caso è particolarmente significativo, visto che precedentemente si credeva che la formazione di Utsira
fosse un sito di stoccaggio ideale, completamente sigillato. StatoilHydro vanta inoltre una notevole
esperienza e dichiara di conoscere la geologia della formazione meglio di chiunque altro. Secondo la
compagnia la tecnica di iniezione ha funzionato correttamente, ma il problema è stato aver scelto un luogo
troppo poco profondo all’interno della formazione geologica.
Questo caso mostra dunque che StatoilHydro ha operato facendo ipotesi errate e senza adeguati sistemi di
monitoraggio. Ma più di ogni altra cosa mostra come sia facile che possano verificarsi fuoriuscite di liquidi da
strutture geologiche di stoccaggio.
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L’acqua di processo è acqua inquinata con presenza di petrolio che spesso viene recuperata nelle fasi di estrazione dai
pozzi. Nel passato la si disperdeva in mare. Oggi, per evitare di inquinare, la si re-immette nel sottosuolo.
Se anche i migliori esperti possono commettere errori di questo tipo in un sito tra i più studiati e monitorati,
come possiamo essere sicuri che miliardi di tonnellate di CO2 prodotte da migliaia di diversi impianti in giro
per il mondo rimarranno stoccati in sicurezza per migliaia di anni in siti geologici diversissimi tra loro, e non
ancora studiati?
Ad oggi ci sono circa 20-30 progetti di iniezione di acqua di processo, gas e altri materiali nella formazione
geologica di Utsira. Oltre alle perdite dal sito di Tordis ci sono stati almeno altri due casi di incidenti correlati
a progetti di iniezione: uno presso il sito Ringhorne della ExxonMobil (tra 100 e 1000 litri di petrolio fuoriusciti
in mare), e uno presso il sito Visund sempre di StatoilHydro, dove furono rilevate fratture sul fondo del mare
simili a quelle di Tordis.
Perdite di CO2 dal deposito di Sleipner?
È interessante notare che tutti e tre questi casi (Tordis, Visund e Ringhorne) rientrano nella stessa struttura
geologica dove si trova il progetto di confinamento di CO2 di Sleipner. Questo progetto è sempre stato
indicato dal governo norvegese, dall’Unione Europea e dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) come
la prova che l’anidride carbonica può essere stoccata nel sottosuolo in piena sicurezza.
Favorita da tasse governative sulle emissioni di CO2 rilasciate in alto mare, la StatoilHydro incominciò fin dal
1990 a separare la CO2 dai gas di processo delle proprie attività. Dal 1996 ad oggi, circa 12 milioni di
tonnellate di CO2 sono state confinate sottoterra nei pressi del sito di Sleipner e, secondo quanto riportato
da fonti governative e dalla stessa StatoilHydro non si sono verificate perdite o fughe di anidride carbonica.
Tuttavia, diversi scienziati avvertono che le attuali limitazioni della tecnologia non sono in grado di garantire
che non ci saranno perdite in futuro. «Non è possibile dimostrare che tutta la CO2 iniettata è ancora
sottoterra, in quanto non è possibile misurare correttamente quanta CO2 è contenuta nella formazione
geologica con tecniche di mappatura sismica» afferma Peter Haugan, il direttore dell’Istituto di Geofisica
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dell’Università di Bergen .
È stato inoltre osservato un inaspettato movimento verso l’alto delle emissioni di CO2 confinate nel deposito,
e nessun geologo è stato in grado di spiegare il fenomeno in modo soddisfacente. Quando venne avviato il
progetto di Sleipner, nel 1996, ci si aspettava che la CO2 sarebbe risalita gradualmente attraverso i diversi
strati della formazione. Rilevazioni recenti hanno invece mostrato che la CO2 è risalita quasi
immediatamente fino agli strati superiori ad una velocità di oltre cento metri all’anno.
Questo dimostra che gli strati intermedi non hanno costituito una barriera al movimento verticale della CO2,
come gli scienziai si aspettavano inizialmente. Il fatto potrebbe anche indicare che le caratteristiche
geologiche della formazione sono state alterate in seguito all’iniezione del gas.
Una possibilità ancora peggiore è che si possano verificare minime perdite di CO2 non misurabili. Perdite
infinitesime, anche di appena lo 0,1% di quanto iniettato inizialmente nel sottosuolo, sono infatti in grado di
compromettere irrimediabilmente i benefici per il clima delle tecniche di CCS, portando al rilascio di notevoli
quantità di CO2 nell’orizzonte temporale di alcuni secoli.
La stessa StatoilHydro ha confermato che non è possibile rilevare perdite di gas così minime. La compagnia
continua tuttavia ad affermare che lo strato superiore della formazione geologica di Utsira è sufficientemente
sicuro per prevenire fuoriuscite di gas.
Tuttavia, il punto più importante da portare all’attenzione dei decisori politici è che le attuali conoscenze e
competenze nel monitoraggio di strutture geologiche come la formazione di Utsira, con lo scopo di
assicurare lo stoccaggio sicuro e permanente della CO2, non è oggi possibile.
Per informazioni:
Francesco Tedesco, responsabile Campagna Clima ed Energia, +39 (0)6 6813 6061 - 226
Emily Rochon, CCS Policy Coordinator, Greenpeace International, +31 (0)6 4618 4250
Joris den Blanken, Climate and Energy Director, Greenpeace European Unit, +32 (0)2 274 1919
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Articolo in norvegese del 22-10-2008: “No guarantee against CO2-leakage”
http://www.aftenbladet.no/energi/olje/933702/Ingen_garanti_mot_CO2-lekkasjer.html