manuale di tecniche pittoriche applicate al modellismo

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MANUALE DI TECNICHE PITTORICHE APPLICATE AL MODE...
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INDICE
Manuale di Tecniche Pittoriche
Applicate
al Modellismo Navale Statico
di Katy Sark
INTRODUZIONE
Mi propongo, con questo breve trattato di trasmettere la mia esperienza personale in fatto di pittura e decorazione
dei modelli navali statici. Pur tentando di considerare i più diversi stili modellistici, ho dedicato particolare
attenzione alla creazione di effetti realistici e vissuti, che più mi sono famigliari. Ho inoltre preso in considerazione
l’esperienza di pittori e decoratori del passato, per offrire alla vostra attenzione antiche ricette di colori e vernici
usate per secoli dagli artisti.
Noterete che la sezione dedicata agli scafi è assai più corposa delle altre; questo è solo perché le tecniche usate per
le altre parti sono perlopiù analoghe.
Queste pagine non vanno intese come un saggio accademico, ma se mai come un invito alla sperimentazione.
Molte delle tecniche proposte sono nate più o meno casualmente, e non sono mai uguali a se stesse. Non esiste un
codice per il pittore modellista, la sola regola è la curiosità: non siate timidi nell’uso dei materiali, siate creativi, e il
vostro modello vivrà.
SCAFI
IMPRIMITURA DELLO SCAFO
"Chiamasi imprimitura quella preparazione formata in genere di colla e altri elementi e che si dà sopra tavole, tele,
carta, ecc, su cui si vuole dipingere. Tale preparazione ha un’importanza di primo ordine perché da essa può
dipendere la resistenza e lo splendore di un dipinto."
Gino Piva, "Manuale pratico di Tecnica pittorica"
Prima di affrontare la questione dell'imprimitura, o preparazione dello scafo è importante chiedersi quale effetto si
vuole ottenere dal proprio modello.
Partendo dal presupposto che si voglia uno scafo dipinto, c'è da chiedersi se esso dovrà presentarsi liscio e
uniforme, o mostrare la venatura del legno e le minute fessure dei comenti, se dovrà essere lucido od opaco, se
dovrà apparire nuovo o anticato ecc.
Da queste considerazioni dipenderà la preparazione del fondo da dipingere.
Partendo dall'ipotesi più semplice si può dire che per realizzare uno scafo di legno dall'apparenza naturale, e
leggermente vissuta, la miglior soluzione è saltare completamente l'imprimitura e dipingere direttamente sulla
superficie del legno, a patto naturalmente che questa sia impeccabile e ben levigata. Eventualmente una mano di
colla vinilica molto diluita, o di gommalacca può essere stesa prima del colore per rendere il legno meno
assorbente. Scarterei a priori i turapori alla nitro, che rendono il legno del tutto impermeabile e quindi difficilmente
verniciabile, se non con altri prodotti alla nitro, che sono però poco adatti ad un lavoro di tipo artistico, oltre che
sgradevoli da utilizzare, specialmente tra le mura domestiche.
In questo caso è importante che eventuali stuccature siano ridotte al minimo e che il legno sia accuratamente
levigato con carte fini e poi lana d'acciaio extra fine. La gommalacca si acquista in scaglie e si diluisce con alcool,
lasciandovela riposare alcune ore e poi mischiando energicamente.
Lo scafo evidentemente in legno ma più liscio si può realizzare stendendo a pennello uno stucco universale ben
diluito con acqua e poca colla, da carteggiare con cura, fino al legno, così da lasciarlo solo nelle piccole fessure e
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nelle venature.
Laddove si voglia invece una superficie totalmente liscia, tale da suggerire, per esempio, uno scafo metallico, o in
resina, la preparazione sarà più complicata e lunga, e consisterà in una stuccatura completa dello scafo. Innanzi
tutto occorre prevedere quale tipo di colore o vernice si userà, perché anche da questo dipende il tipo di stucco da
utilizzare.
Nessuno stucco resisterà senza screpolarsi su un fondo che si muove. Per questo è di fondamentale importanza la
preparazione del retro dei listelli. Questi, una volta posati, vanno spennellati di colla da legno, su cui si posa una
striscia di tela (la seta è la più tenace) che s’imbibisce di colla e si lascia asciugare. A tela asciutta si vernicia con
una vernice impermeabilizzante (flatting) per escludere definitivamente l'umidità. Questa operazione potrebbe
risultare superflua se si usa una colla resistente all’acqua, da esterno. Solo dopo si procede alla stuccatura. E'
ovviamente importante non fissare i ponti sui bagli prima del completamento del fasciame.
La stuccatura di uno scafo pone problemi diversi da quelli di una tavola liscia o di un muro. Infatti, lo scafo di un
modello a ordinate e fasciame è una superficie 'viva', sensibile all'umidità e alla temperatura, se non è correttamente
preparata, soprattutto se il fasciame è singolo. Inoltre anche completata la verniciatura uno scafo di modello subirà
ancora molte manipolazioni, per l'applicazione dei particolari delle sovrastrutture e durante tutto il lavoro
dell'alberatura. La stuccatura dunque deve essere particolarmente resistente ed elastica.
Una siffatta stuccatura si divide in due fasi, una per così dire, strutturale, e una di finitura. Sul legno grezzo e
levigato si stendono dapprima una o più mani di pasta di legno, uno stucco tenero di polvere di legno, diluito con
colla vinilica e poca acqua. Lo stucco si stende con una spatola flessibile e si leviga a fondo. Si chiudono così le
imperfezioni più notevoli e i comenti dello scafo. In seguito si applica l’imprimitura vera e propria, ossia lo strato
che farà da base alla pittura.
Un normale stucco bianco, del tipo universale, pronto, tende a sfessurarsi sui comenti nel giro di 4-5 anni. E' anche
uno stucco fragile: non fa buona presa sul legno e tende a sbriciolarsi durante la levigatura. La qualità di questi
stucchi migliora drasticamente mischiando una tazza di stucco, cinque cucchiai di colla vinilica forte per legno,
e un cucchiaio di olio di lino (per vernici e colori ad olio) o di medium acrilico trasparente(per colori acrilici o ad
acqua). Questo rende lo stucco molto più tenace e duro, e allo stesso tempo più elastico nel lungo andare. Anche
l'aderenza al legno migliora, e diviene meno permeabile all'acqua. Si mestica accuratamente e a lungo in un piatto
pulito, fino ad avere un composto liscio e cremoso che si può poi conservare in un barattolo a chiusura ermetica.
Una piccola aggiunta d'acqua può essere utile se lo stucco e la colla sono molto densi.
Anticamente le tavole dei pittori, spesso composte di più pezzi, venivano preparate con stucchi formati da gesso
fino da doratore (o biaccone) e colla di coniglio o di caseina, con aggiunta di olio, cere, miele, o glicerina per
migliorare l'elasticità e regolare le proprietà assorbenti. Queste sostanze possono essere facilmente reperite presso
un buon negozio di articoli per belle arti, ma è importante verificarne la qualità e la purezza. La colla di coniglio si
prepara facendola macerare per dodici ore in acqua fredda e poi scaldandola a bagnomaria, a mite calore, in seguito
si aggiunge il gesso setacciato, fino a raggiungere una consistenza cremosa, e l'eventuale olio di lino cotto. E'
importante non far bollire mai il gesso, poiché ne sarebbe rovinato.
Preferita, sin dal medioevo, era la colla di caseina, poiché una volta asciutta diventa insolubile e resistente
all'umidità ( i colori alla caseina sono i diretti antenati dei moderni colori acrilici). Detta colla si prepara con 20 g
di caseina secca in 100 di acqua fredda, dove si lascia stemperare per un quarto d'ora, rimestando con una stecca di
legno (mai metallo). Si aggiungono poi 4 g di ammoniaca, sempre mescolando, e 10 g di glicerina. Si setaccia
attraverso una mussolina ed è pronta. Si conserva al massimo un paio di giorni. Se propongo queste antiche ricette,
nonostante la loro laboriosità, è poiché la loro efficacia è stata collaudata nel corso di secoli di applicazione.
Lo stucco si stende dapprima con un pennello di setola piuttosto duro, in uno strato spesso, che si leviga a fondo,
fino, al legno, poi con spatole sottili e flessibili, levigando tra una mano e l’altra, con carta vetrata molto fine, o
meglio con lana d’acciaio, o una spugna abrasiva, e correggendo ad una a una le piccole imperfezioni che si
presentano sulla superficie. L’ultima mano, sottile, va levigata appena quel tanto da lisciarla, senza portare a vista
il legno. Prima di dipingere si stende sullo stucco una mano o due di colore del tipo che si intende usare, in una
tinta neutra.
COLORITURA DELLO SCAFO
"Nell’arte pittorica la forma degli oggetti assume particolare importanza e quindi il disegno ne costituisce
l’elemento principale. Il colore però serve a rendere maggiore l’illusione, e dare risalto alla forma degli
oggetti rappresentati."
Gino Piva, "Manuale pratico di Tecnica pittorica"
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Chiamo coloritura un’operazione tesa a dare allo scafo un aspetto diverso da quello dal legno nudo, e distinta dalla
verniciatura, intesa come operazione di finitura dello scafo, colorato o meno. In linea di massima tutti i colori
tradizionali necessitano di una vernice protettiva per non rovinarsi nel tempo. Vero è che è possibile, con alcuni
prodotti moderni, ottenere coloriture di tale resistenza e lucentezza da rendere superflua la verniciatura, ma vi è da
chiedersi se questo tipo di prodotti (vernici oleosintetiche, smalti, colori alla nitro ecc…) sono sempre versatili e
gradevoli da utilizzare. Se una verniciatura trasparente è un’operazione relativamente veloce e semplice che si po’
facilmente eseguire anche all’aperto, la coloritura può richiedere per taluni effetti molte ore di lavoro, che sono
certamente più piacevoli se trascorse al proprio tavolo, anziché sul balcone o in giardino in postazioni precarie. In
questo caso è solitamente più gradevole utilizzare colori ad acqua o tutt’al più ad olio.
Questi colori, utilizzati separatamente o anche insieme, consentono di ottenere una gamma praticamente infinita di
sfumature e di ottenere superfici di ogni genere, intensamente lucide, come una laccatura, o ruvide, lisce o
screpolate, nuove fiammanti o anticate, opache, satinate, ecc…
Tra i colori più usati per ottenere buoni risultati pittorici abbiamo le tempere, con la loro controparte moderna, gli
acrilici; gli acquerelli e i colori ad olio. Tutti questi colori si possono oggi acquistare in tubetti o barattoli in
qualsiasi colorificio, ma è anche possibile seguire le ricette degli antichi maestri di pittura per creare colori in grado
(evidentemente) di resistere ai secoli, all’umidità, e all’incuria. Il principio è sempre quello di unire un pigmento
(solitamente in polvere, e generalmente di origine minerale) a un legante, che ne consenta l’applicazione,
l’adesione al supporto pittorico, e la durata. Alla fine di questo capitolo sono riportate alcune ricette antiche per la
preparazioni di acquerelli, tempere e oli. Per quanto riguarda gli acrilici invece, essi possono essere preparati
acquistando il loro medium, e colorandolo con pigmenti naturali, che hanno toni più morbidi dei coloranti chimici
usati dalle fabbriche.
Cominciamo a descrivere le proprietà dei tre tipi principali di colori ad acqua.
Le tempere sono colori che sfruttano come medium l’acqua sommata a colle, gomme, cere e altri leganti non
oleosi. Sin dall’antichità sono stati tra i colori preferiti dai pittori poiché tra le tecniche di applicazione più
semplice, essendo molto coprenti e di veloce essiccazione. Correttamente verniciata la tempera ha un aspetto
lucente simile all’olio. I colori a tempera si diluiscono in acqua e anche una volta seccati si possono sciogliere
bagnandoli, il che li rende poco resistenti all’umidità e complica l’applicazione di velature successive. Tuttavia
consentono effetti di grande morbidezza. E’ importante non applicarli mai in grossi spessori poiché inevitabilmente
si screpolano. Effetti simili si ottengono oggi con gli acrilici, che sono però insolubili in acqua una volta seccati, e
quindi molto più resistenti. Questi colori sono anche più stabili alla luce, ma la loro stessa impermeabilità rende
difficile l’applicazione di strati successivi leggeri (per esempio ad acquerello) che non vengono assorbiti. Un’ideale
via di mezzo tra le caratteristiche delle tempere e dell’acrilico è rappresentato dalle idropitture, colori ad acqua
generalmente usate per le pitture murarie, e tra queste in particolare il Ducotone ©. Infatti pur essendo resistente
all’acqua esso è tuttavia assorbente quel tanto che basta da costituire un fondo adatto a velature successive. Tutti
questi colori vanno stesi con pennelli consistenti ma non troppo duri (bue, vitello, puzzola, setola morbida), per
non lasciare tracce delle pennellate, che rimangono poi anche dopo l’asciugatura.
Gli acquerelli sono colori ottenuti diluendo le polveri colorate in acqua con l’aggiunta di gomme e varie altre
sostanze, ma senza la colla tipica delle tempere. L’acquerello, contrariamente alla tempera è trasparente, il che
consente di ottenere effetti leggeri e luminosi, e lievi sfumature. L’acquerello si lavora preferibilmente
sovrapponendo velature leggere, sempre con pennelli molto morbidi (martora, scoiattolo, puzzola, e anche con
pennelli di pelo sintetico molto fine). Gli acquerelli sono in assoluto tra i colori più delicati, poiché sono alterabili
dalla luce e permeabili all’umidità. Per questo vanno utilizzati con parsimonia, per dare ritocchi e velature leggere,
non per dipingere grandi superfici molto esposte.
La tecnica del colore ad olio è una delle più antiche e forse quella più ‘nobile’, tra le tecniche pittoriche su tavola,
che sono quelle che ci riguardano più da vicino. E questo a buona ragione poiché i colori ad olio sono tra i più belli
e versatili, se non tra i più semplici da usare. Tra le caratteristiche salienti dell’olio v’è la sua lentezza
nell’asciugare, e se sembra ai nostri occhi un difetto si pensi che tanto più lentamente un colore asciuga tanto più
resistente sarà alla fine. Inoltre i lunghi tempi di asciugatura consentono di intervenire a lungo e con agio sul
colore, raggiungendo risultati di grande armonia e pastosità. I colori ad olio offrono in assoluto le tinte più ricche e
splendenti, inalterabili dalla luce e dall’umidità, resistenti ed elastici dopo l’essiccazione (dettaglio importantissimo
nella pitturazione degli scafi a fasciame e ordinate), ed addirittura lavabili. I colori ad olio si diluiscono con olio di
lino o con trementina. Quest’ultima (che va usata anche per pulire i pennelli) ne affretta l’essiccazione, ma ne
altera la luminosità e impoverisce il colore. Benché sia difficile dipingere con colori ad acqua su una superficie
precedentemente colorata ad olio, non è affatto impossibile fare il contrario, e la differenza tra il comportamento
dei colori ad olio e ad acqua può dare interessanti risultati. La tecnica della pittura a olio è nota sin dalla più remota
antichità ma fu portata al suo più alto grado di perfezione dai pittori fiamminghi dal sedicesimo secolo in poi. Già
nell’Ottocento, poi, Delacroix si lamentava dello scadimento della qualità chimica dei colori ad olio in commercio.
L’ineguagliabile ricchezza cromatica dei dipinti fiamminghi si deve anche all’uso di pigmenti ricavati da minerali
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oggi considerati rari e preziosi, come il lapislazzuli, la malachite, l’agata, oppure tossici, come il cianuro di ferro
(blu di Prussia). I pigmenti a disposizione di questi antichi maestri erano assai meno numerosi di quelli che
abbiamo oggi, il che rendeva più raro che colori diversi reagissero chimicamente tra loro.
Altri colori utili sono le aniline, che tingono in trasparenza il legno, lasciandone a vista le venature, e che possono
essere usate per colorare cere e vernici; le cere metallizzate utilizzate dai restauratori per ritoccare le dorature,
ormai entrate anche nell’uso hobbistico; gli inchiostri, come la china, utili per disegni fini e per ritocchi, come pure
i pastelli, acquerellabili e non; gli smalti sintetici, utilizzabili per dipingere dettagli metallici o plastici di difficile
copertura; e infine i mordenti, all’acqua o sintetici, che servono per scurire il colore del legno pur mantenendone
l’aspetto naturale.
Di seguito darò qualche suggerimento su tecniche utili nella colorazione degli scafi.
Come per l’imprimitura quello che bisogna chiedersi è: quale effetto vogliamo ottenere?
Se si desidera uno scafo con legno a vista non è necessario dipingerlo, ma si può considerare l’idea di mordenzarlo.
Questa operazione è consigliabile specialmente laddove il fasciame sia stato realizzato perfettamente ma con legni
chiari e poco pregiati, come il tiglio, che fanno una triste e misera figura se lasciati al naturale. Il mordente
permette di conferire al legno il colore (anche se non la grana e la venatura) tipica di un legno più pregiato, come il
noce, il mogano, il teak ecc… I colorifici e i centri per il bricolage offrono una notevole scelta in fatto di prodotti
sintetici, che hanno il vantaggio di una vasta gamma di colori. Questo significa che si può scegliere a quale legno
far somigliare quello che si sta tingendo. Il problema di questi prodotti è principalmente di carattere olfattivo.
Esistono anche mordenti all’acqua, e mordenti in polvere da sciogliere in acqua, che tuttavia, sfortunatamente,
offrono una minore gamma cromatica.
Il mordente si presenta come un liquido di colore scuro, e va steso sul legno nudo, cioè privo di qualsivoglia
preparazione. Eventuali, minuscole stuccature vanno eseguite con pasta di legno, mai con stucco bianco, e ogni
macchia di colla deve essere rimossa con carta vetrata, lana d’acciaio e uno straccio umido. Tutti i mordenti hanno
l’effetto di gonfiare le fibre più tenere del legno, che formano dopo l’asciugatura una sorta di ‘pelo’. Questa
fibrosità va eliminata con lana d’acciaio extra fine. Alcuni mordenti danno un risultato migliore se stesi in più
mani, intervallate da levigatura con lana d’acciaio. Altri tendono a scurirsi eccessivamente, oppure riescono bene in
una unica mano. E’ importante provare questo tipo di finitura su spezzoni di listelli prima di procedere sullo scafo.
Un’ altra soluzione interessante è quella di lasciare a vista il legno e le sue venature ma tingendoli con un colore
completamente diverso. E’ una tecnica utile se si vuole dare al modello il colore della nave originale senza
nascondere il lavoro di posa del fasciame. A questo scopo si può usare praticamente ogni tipo di colore, purché lo
si possa diluire fino a renderlo trasparente. Le aniline in commercio nei colorifici sono state formulate
specificamente a questo scopo e si usano in maniera analoga ai mordenti, ma lo stesso effetto si può ottenere con
acrilico molto diluito, con gli acquerelli (che sono però meno resistenti alla luce) e con colore a olio. Con
quest’ultimo si può unificare in una sola operazione coloritura e finitura, poiché l’olio di lino è già di per se un
efficace protettivo, mentre tutte le altre tecniche devono essere seguite da una finitura separata.
Se si vogliono accostare colori diversi, per esempio un colore per l’opera viva e uno più scuro per l’opera morta,
bisogna avere cura di praticare una lieve incisione con il taglierino sulla linea di demarcazione. In questo modo si
interrompe la venatura del legno e il colore non spande da una zona all’altra. Questo vale anche se una zona deve
essere mordenzata e quella contigua naturale.
Il passo successivo è una coloritura che pur coprendo completamente il colore del legno ne lasci intravedere la
grana. In questo caso si userà un colore più coprente, tempera, acrilico o olio, meno diluito, ma sempre piuttosto
fluido. Il fondo potrà essere nudo, oppure spennellato con un turapori leggero, come gommalacca o colla molto
diluita, oppure ancora stuccato con stucco molto leggero (vedi IMPRIMITURE), a seconda che si voglia mettere
più o meno in risalto la grana del legno. Due mani di colore, a tempere, acrilico o olio, dovrebbero essere
sufficienti ad ottenere una buona copertura. Tra una mano e l’altra è sempre bene levigare con lana d’acciaio. Al
termine di questa coloritura è consigliabile applicare una o due mani leggere di vernice trasparente, o proteggere
con cera o olio (vedi FINITURE). Questo tipo di coloritura può essere invecchiata in maniera molto gradevole
scartavetrando leggermente le zone più esposte all’usura, così da portare a vista, con parsimonia, il colore del
legno.
Per ottenere una superficie colorata completamente liscia (che definirò, sebbene impropriamente, laccatura) si
lavora sopra un’imprimitura più consistente, in stucco bianco steso in uno spesso strato coprente sopra al legno.
Qui bisogna lavorare con colore fluido, in parecchie mani intervallate da levigatura con lana d’acciaio (e mai con
carta vetrata, neppure le più fini). La laccatura deve sempre essere protetta da più mani di vernice (vedi
FINITURE).
Laddove si debbano accostare diversi colori, come tra opera viva e opera morta, o in scafi dal disegno multicolore
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(navi da guerra, navi con falsi portelli dipinti ecc…), la linea di demarcazione può essere protetta con nastro
adesivo da mascheratura. Bisogna però sempre verificare che il collante non sia troppo forte, perché rischia
altrimenti di danneggiare il colore o l’imprimitura cui è applicato. E’ buona norma ‘scaricare’ parte del collante
attaccando e staccando il nastro due o tre volte dalla superficie del tavolo da lavoro, o dal muro. In ogni caso, una
tracciatura precisa e una mano ferma sono sempre la miglior tecnica.
Coloriture ‘ad effetto’ si possono utilizzare per dare allo scafo un aria intensamente vissuta e scrostata, una tecnica
che ben si adatta alle imbarcazioni più piccole (barche da pesca, scialuppe ecc…), se la scala lo consente. Una
soluzione è di applicare una prima mano di colore, non troppo spessa, scartavetrarla in tutti i punti di maggior
usura fino a portare a vista il legno sottostante (chiaramente non stuccato), applicare una seconda mano di colore
più o meno contrastante, e scartavetrarla a sua volta per portare in vista parte del colore originale e il legno. Dati i
lunghi tempi d’asciugatura dell’olio, che tra l’altro penetra più profondamente nel legno, per questo effetto è più
indicato l’acrilico.
E’ importante usare iniziativa e fantasia nell’uso dei colori, e non fermarsi mai davanti a un dubbio, ma
sperimentare sempre anche le soluzioni apparentemente più improbabili, magari su tavolette, avanzi di legno, o
piccoli oggetti d’uso quotidiano. Per esempio quello che è un grosso difetto della tempera, la sua tendenza a
screpolarsi se stesa in grossi spessori può essere enfatizzato e sfruttato per realizzare effetti di vernici o
incrostazioni crepate dal tempo e dal sole, stendendola piuttosto spessa e asciugandola con il phon caldo.
Se volete che il colore dello scafo, qualunque esso sia, abbia una particolare qualità di profondità e vivezza
applicatelo in numerosi strati semitrasparenti di tonalità leggermente diversa. Attendete sempre che ciascuna mano
di colore sia asciutta prima di passare alla successiva. E’ un effetto che si può ottenere un po’ con tutti i colori, ma
che si presta soprattutto ai colori a olio e alle vernici (vedi FINITURA DELLO SCAFO).
Tutti i tipi di colori possono essere utilizzati, con effetti variabili, per l’antica tecnica della pittura a cera fredda.
Questa consiste nell’incorporare colori a olio o ad acqua in una soluzione di cera d’api e trementina, conferendo al
colore una particolare consistenza cremosa, semitrasparente, e, ad asciugatura avvenuta, un aspetto vellutato o
lucido, e una notevole resistenza. La pittura a cera fredda consente di unificare coloritura e finitura dello scafo, ma
anche di ottenere ineguagliabili effetti di legno vissuto, mischiando e sovrapponendo toni diversi di bianco e di
grigio. Sopra un fondo chiaro e assorbente (Ducotone © o tempera) si ottengono bellissimi effetti di colore
invecchiato, sovrapponendo tonalità leggere e contrastanti, brune e azzurre, per esempio. La cera, penetrando nel
fondo gli conferisce grande resistenza all’umidità, una certa durezza e una lucentezza morbida e naturale. Per
quanto riguarda la preparazione, l’uso e il trattamento delle cere si veda il capitolo FINITURA DELLO SCAFO.
Per mischiare la cera in pasta (addizionata cioè di trementina) ai colori ad acqua, è sufficiente mesticarla
perfettamente con la spatola. Alcuni colori acrilici danno però un composto ‘difficile’ che diventa presto gommoso
e duro se lasciato all’aria. Per rendere la cera miscibile nell’acqua, si sciolgono sul fuoco 10 g di cera d’api, in
100 g di acqua, 100 g di glicerina, e poche gocce d’ammoniaca, da unire al composto dopo lo scioglimento della
cera. La pittura a cera fredda fu molto amata dagli antichi, che ne sperimentarono innumerevoli versioni. Una di
queste fu l’encausto degli antichi greci e romani, che Leonardo tentò di riscoprire.
Un altro effetto che comprende l’uso della cera è la graffiatura di colori ad acqua come gli acrilici. Questi colori
non aderiscono alla cera, e preparando il fondo strofinando in certi punti una comune candela si otterranno poi
delle zone prive di colore. E’ un ottima alternativa alla carta vetrata se si vuole dare un aspetto consunto a una
superficie senza intaccare il legno.
La coloritura degli scafi non comprende solo il trattamento del legno ma anche quello, per esempio, dell’eventuale
rivestimento metallico dell’opera viva.
Il rivestimento in piastre di rame che anticamente proteggeva l’opera viva delle navi dall’attacco delle teredini, può
essere imitato con lastrine di rame o alluminio sottile, con o senza teste di chiodo punzonate sui bordi (o
all’interno, a seconda del modello e del periodo). Volendo lasciare il rame al naturale, così che possa invecchiare
col tempo e assumere la sua naturale patina di ossido bisogna accertarsi di non aver lasciato assolutamente alcuna
traccia di colla sulle piastrine, perché in tal caso quei punti non ossiderebbero affatto e l’effetto sarebbe
disdicevole. Se si vuole che il rame mantenga il colore rosso lucido è sufficiente proteggerlo con una mano o due
di vernice trasparente. Una soluzione intermedia può essere quella di spalmare sulle piastrine del colore a olio
bruno con uno straccetto, in modo da attenuare un poco il colore e la lucentezza del metallo prima di verniciarlo.
Per ottenere immediatamente un rame dall’effetto convincentemente vissuto e corroso, o per mascherare il colore
delle piastrine di alluminio, si può dipingere completamente l’opera viva. Per un buon effetto, resistente e
profondo, occorrono diversi passaggi e vari colori: prima di tutto si stenderà sul metallo una mano di antiruggine al
minio, che oltre a proteggere il metallo costituisce una buona base su cui far aderire i colori successivi (mentre il
metallo nudo non è abbastanza assorbente). Sopra questo va una mano (o due) di colore verderame, composto da
una base di Ducotone © bianco, più acrilico cyan e verde smeraldo. In alternativa si può usare la stessa tonalità a
tempera, ma non in acrilico puro, che sarebbe troppo impermeabile. Asciugata questa base vi si stende una o più
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mani di colore ad olio bruno, con uno straccio strettamente appallottolato, così che il colore si posi solo sulle zone
più accessibili, ma restino evidenti zone di verde puro. Questa mano d’olio può impiegare diversi giorni ad
asciugare, ed è importante che sia perfettamente asciutta prima di passare ad una eventuale seconda mano (se si
desidera una tonalità più scura)o alla verniciatura con flatting trasparente, preferibilmente satinato. Per un effetto
ancora più profondo si può aggiungere una mano di cera mordenzata, lucidata o no. Al di sopra della vernice (e
dell’eventuale cera scura) si applicheranno poi tocchi di cera color rame e oro rosso, da lucidare leggermente. Così
trattato il rame assume un colore profondissimo, quasi cangiante, che mette ben in risalto le linee dello scafo e ben
si sposa con uno stile modellistico fotografico, attento alla ricerca dell’effetto realistico.
Se l’opera viva è solo verniciata, come negli scafi più moderni vi si possono dipingere incrostazioni e graffi,
utilizzando un pennello a setole dure per battere il colore (vedi FINITURA DEGLI SCAFI, battitura) su un fondo
un po’ scivoloso, come l’acrilico, e una spugna naturale dai pori fitti per creare ombre grigiastre frastagliate.
Di seguito darò alcune antiche ricette per la preparazione dei principali tipi di colore che ho citato nel corso di
questo capitolo.
La tempera comune si prepara mescolando i colori con colla di coniglio o di pesce, e diluendoli con acqua.
Queste colle vengono vendute a scaglie o in granuli, e si stemperano in acqua calda, a bagnomaria, senza mai far
bollire, dopo una notte di riposo in acqua fredda, in proporzione di 1 parte di colla per 10 parti d’acqua. E’
importante che la colla resti tiepida mentre vi si mischiano i pigmenti, altrimenti diventerà gelatinosa e inservibile.
Un fornellino a spirito o elettrico sul tavolo di lavoro sarà molto utile. La colla di coniglio è utile anche come base
per la doratura a foglia.
La tempera a gomma o guazzo si prepara con gomma arabica o gomma dragante (o adragante), che si
estraggono rispettivamente da alcune specie di acacie e dall’arbusto Astragalus tragacanta. Esse vengono vendute
in granuli e si sciolgono in acqua.
La tempera al rosso d’uovo era molto usata nel Rinascimento e nel Medioevo, ed era preferita alla tempera a
colla. Si ottiene sbattendo un rosso d’uovo in 25 grammi d’acqua, e miscelando questa emulsione con pigmenti
macinati finissimi e bagnati con quel po’ d’acqua da renderli una pasta densa. Oppure si prepari un amalgama di:
un rosso d’uovo, 30 g di gomma arabica, due terzi di un bicchiere d’acqua, un cucchiaio d’alcool etilico o aceto
bianco per la conservazione, e con questa si mestichino i pigmenti.
La tempera a cera consiste in tempera all’uovo addizionata di cera d’api, che si rende miscibile all’acqua con
l’aggiunta di poca ammoniaca. Questa tecnica, usata da molti maestri medievali permette risultati di grande finezza
pittorica e di grande resistenza: pitture medievali resistite per secoli su muri umidi e perciò ritenute affreschi sono
risultate invece realizzate con tempere a cera.
L’acquerello si compone di colori macinati finissimi, disciolti in acqua addizionata di piccole quantità di gomma
arabica ed eventualmente miele, zucchero o glicerina, sempre con parsimonia, per rallentare l’asciugatura, alcool
per accelerarla, cera per aumentare la resistenza. L’acquerello va sempre protetto dall’umidità e dalla luce con
vernice o cera, o anche, sul legno, con olio di lino.
I colori ad olio sono pigmenti mescolati con solo olio di lino, o di papavero, o di noce. L’olio di lino è di gran
lunga il più usato, e il più facile da reperire. Anche la trementina può essere utilizzata per diluire i colori ad olio, e
ne accelera l’essiccazione, ma usando solo olio di lino si ottiene una superficie più resistente. Anche se il colore ad
olio è di per se molto resistente è sempre bene coprirlo con una o più mani di vernice, in quanto colla e altri colori
aderiranno difficilmente sulla sua superficie. In extremis, per aggiungere dettagli ad acrilico, tempera o acquerello
su un fondo a olio si può sgrassare la superficie di quest’ultimo con essenza di petrolio, o mescolare un po’ di
sapone nel colore ad acqua.
FINITURA DELLO SCAFO
"La funzione protettiva del rivestimento è probabilmente la più importante, ma non certo l’unica. La verniciatura
trasparente influisce in modo determinante sull’aspetto finale dell’oggetto ( e sulla sua maneggevolezza): può
ammorbidire e intensificare i colori, invecchiare la superficie, conferire una lucentezza simile alla lacca e
creare motivi decorativi molto vivaci."
Jocasta Innes, "Tecniche di decorazione"
La finitura dello scafo dipende sia dalla sua precedente imprimitura e colorazione sia dall’effetto che se ne vuole
ottenere. Inoltre bisogna sempre considerare la durevolezza della finitura, la sua resistenza all’umidità, e la sua
capacità di proteggere il legno sottostante, cosa questa indispensabile, e fondamentale. Infatti, anche laddove non si
voglia in alcun modo alterare l’aspetto del legno con stucchi o colori è tuttavia sempre necessario proteggerlo dagli
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agenti esterni.
Alcuni legni tropicali, come il teak, contengono naturalmente un’alta percentuale d’olio che li protegge
dall’umidità e dai parassiti, ma per i legni più comunemente usati una protezione sarà sempre necessaria. Se poi il
legno è stato dipinto anche il materiale pittorico beneficerà della protezione offerta dalla finitura.
In generale i materiali adatti alla finitura del legno appartengono a tre gruppi principali: oli, cere, vernici.
Ognuna di queste categorie comprende un gran numero di prodotti, con caratteristiche diverse. Soprattutto le
vernici si sono oggigiorno moltiplicate e differenziate a dismisura, e non è possibile darne un quadro completo:
tuttavia non è necessario smarrirsi nel dedalo dei prodotti in commercio. Vi è una ristretta rosa di materiali che vi
saranno veramente utili, e anche se non deve esserci limite alla sperimentazione tutto il resto può venire con il
tempo, provando le cose volta per volta quando la curiosità lo vuole. Inoltre trovo che spesso sia meglio affidarsi a
tecniche e materiali semplici e sperimentati, magari antichi, testati nel corso dei secoli, piuttosto che affidarsi
ciecamente all’ultimo grido della tecnica.
Gli oli più adatti al trattamento del legno sono quelli di origine vegetale, più affini alle sostanze naturalmente
presenti nel legno. Il più diffuso e usato, anche nell’antichità è l’olio di lino, diluito con trementina, ma non
bisogna disdegnare, soprattutto per le fasi iniziali della finitura, quando si vuole che l’olio penetri a fondo nella
fibra del legno, l’olio di papavero. Altro ottimo olio, forse il migliore, è l’olio di teak, che si può acquistare presso
qualunque buona rivendita di mobili da giardino.
Gli oli rendono il legno idrorepellente e lo proteggono parzialmente dai parassiti, accentuano il colore naturale e la
sua venatura, e a lungo andare tendono a conferire una tonalità ambrata e calda. Non rendono il legno molto lucido,
come la cera spazzolata o la vernice ma gli danno invece un aspetto naturale. Lo svantaggio nell’olio sta nel fatto
che non respinge la polvere, ma anzi tende ad attirarla. Ripulire una nave finita solo ad olio richiede parecchio
lavoro con pennello, trementina, e infine una nuova oliatura. Se si è disposti ad affrontare questo fastidio, o se la
nave sarà protetta da una teca di vetro, o ancora se si apprezza l’aspetto vetusto che la polvere conferisce al
modello, allora l’olio è un ottima soluzione.
Come finitura l’olio ha lo difetto di respingere la colla vinilica, che è a base d’acqua. Volendo quindi oliare lo
scafo bisognerà attendere di avere finito tutti i lavori ad esso connesso: se parte delle sovrastrutture o del sartiame
andranno fissate allo scafo sarà bene rimandare l’oliatura fino al completamento di questi lavori.
L’olio si presta anche a rifinire legno colorato, purché non si siano usati colori acrilici, che sono troppo
impermeabili. Andrà bene sui colori a olio, naturalmente, ma soprattutto da effetti sorprendentemente gradevoli su
tempere e idropitture, cui conferisce un aspetto satinato e morbido, addolcendone i colori e riscaldandoli. Inoltre
l’olio li rende idrorepellenti e resistenti. In caso di ripensamenti è possibile applicare sull’olio asciutto qualunque
vernice poliuretanica.
La cera presenta lo stesso problema dell’olio in termini di repellenza alla colla, ma rappresenta comunque
un’ottima finitura. Parlando di cera non si intendono i prodotti spray venduti nei supermercati per la pulizia dei
mobili (utili anche per spolverare un modello, ma non certo per rifinirlo) ma la cera d’api diluita con trementina
venduta in barattoli nei negozi di articoli per belle arti e restauro, ormai reperibili anche in molti centri per
bricolage. La cera viene venduta in moltissime varianti: trasparente (può presentarsi allora biancastra o gialla),
mordenzata, in varie tonalità, dorata, argentata ecc… La cera trasparente può essere poi tinta con aniline colorate,
con colori a olio o persino con gli acrilici, per un effetto più velato e irregolare. Non bisogna nemmeno escludere la
possibilità di prepararsi in casa la propria cera, scaldando le scaglie di cera a bagnomaria e aggiungendovi
trementina in ragione di una parte di trementina per tre di cera.
La cera è in assoluto l’ultima sostanza da applicare al legno in una serie di mani successive: infatti sulla cera
nessuna sostanza avrà una presa soddisfacente, nemmeno la vernice o i colori a olio. Se si mischia la cera nei colori
durante la coloritura dello scafo la finitura sarà costituita dalla stessa cera o da un’ultima mano di cera trasparente o
mordenzata.
La cera si può applicare con un straccio di flanella, con lana d’acciaio extra fine o con un pennello di setola, a
seconda del supporto. Non bisognerebbe mai esagerare nella quantità, in quanto l’eccesso di cera ostacola
l’asciugatura e la lucidatura. E’ possibile però preparare il legno con applicazioni di olio di lino diluito, per
ottenere una protezione più profonda del legno. Una volta asciugata (cioè quando tutti i solventi sono evaporati) si
procede alla lucidatura. Innanzi tutto con una spazzola morbida si rimuovono gli eccessi di cera accumulati negli
angoli e nei recessi, si lascia riposare ancora un po’ e poi con uno straccio morbido, pulitissimo e asciutto si
strofina la superficie finché non è più appiccicosa, e diventa lucida. La lucentezza della cera non assomiglia a
quella di alcuna vernice: è morbida e setosa, e conferisce al legno una patina naturale e antica. Lo stesso vale se si
applica la cera al di sopra di una superficie colorata. Occorre però prestare molta attenzione in questo caso, al fatto
che la trementina può sciogliere alcuni tipi di colore, come per esempio gli oli. Prima di cerare questi colori è bene
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proteggerli con una o due mani di gommalacca o di vernice molto diluita. La cera dà ottimi risultati sulle tempere e
sulle idropitture, pura, o mescolata all’olio. Pura è ottima anche sugli acrilici. Può anche essere stesa al di sopra di
molte vernici, per aggiungere una patina più morbida.
La cera mordenzata, sia che la si acquisti già colorata o che la si faccia aggiungendovi del mordente, scurisce il
legno come farebbe un mordente, sommando così in una operazione sola coloritura e finitura. Inoltre può dare una
gradevole patina invecchiata sopra colori e vernici, ma in questo caso, soprattutto su colori chiari, è bene schiarire
le cere mordenzate che si trovano in commercio mischiandole con cera trasparente, per non avere un effetto troppo
marcato, o preparare la pasta colorando a piacere della cera trasparente.
Sugli scafi più lisci, senza portelli o strutture sporgenti è possibile applicare la cera pura a secco, senza solventi:
con un panetto (o una candela) di pura cera d’api, intiepidita per un poco sopra un termosifone, si sfrega la
superficie fino a ricoprirla per intero di una patina biancastra che poi si lucida energicamente. Il risultato è
un’inceratura più spessa di quella ottenuta coi solventi, ma non altrettanto profonda: la si può anche sovrapporre a
un’inceratura precedente applicata a pennello.
Vi sono in commercio cere metallizzate, usate per dorature e argentature, che sebbene si usino per colorare
pertengono tecnicamente al campo delle finiture, dovendo essere applicate sempre come ultimo strato.
Il principale difetto della cera è che non potendola stendere se non a lavoro finito (altrimenti renderebbe
difficoltoso l’incollaggio dei pezzi), non è sempre facile lucidarla. Se la cera non è perfettamente lucidata facilita,
come l’olio, l’adesione della polvere al legno. E’ dunque una buona finitura per gli scafi lisci, meno buona per scafi
molto lavorati con intagli, portelli, e grossi incintoni, e ancora meno per il ponte e le sovrastrutture.
Le vernici rappresentano la categoria più variegata nel campo delle finiture, e mi limiterò a citare pochi prodotti
particolarmente utili e versatili, con i quali si può ottenere una notevole gamma di effetti.
La principale discriminante tra le vernici, come tra i colori, è il tipo di solvente con cui di diluiscono. Avremo
dunque le vernici ad acqua, le vernici poliuretaniche od oleosintetiche, che si diluiscono con olio di lino o
acquaragia, le vernici alla nitro ecc. Mi limiterò a considerare le vernici ad acqua, e le vernici poliuretaniche.
Le vernici ad acqua sono perlopiù inodori, atossiche e di rapida asciugatura e quindi gradevoli da usare in casa, ma
non sono particolarmente resistenti. Ben si sposano alle tempere e soprattutto agli acrilici. Molti produttori di
colori acrilici producono anche una notevole gamma di vernici apposite per questi colori, con caratteristiche
diverse, lucide o opache, più o meno resistenti, ecc… Esistono anche vernici da esterno con filtri UVA,
particolarmente indicate anche per gli acquerelli, che sono molto sensibili alla luce. Molto versatili sono i protettivi
per legno all’acqua, sostanzialmente affini agli acrilici. Alcuni hanno una magnifica resa satinata o opaca
difficilmente ottenibile con qualsiasi altro tipo di vernice, e possono essere usati sia sul legno nudo che colorato.
Presenti sul mercato anche in tonalità bionde o ambrate, questi protettivi consentono morbidissimi giochi di
velature trasparenti e satinate sugli acrilici in tonalità chiare. Bianchi morbidissimi possono essere ottenuti
sovrapponendo velature di acrilico bianco e grigio, e una lieve finitura con un protettivo biondo ad acqua, satinato.
Indicate per il modellismo sono anche le vernici poliuretaniche. Sono le classiche ‘vernici per barca’, o ‘vernici
trasparenti per legno’ in vendita nei centri di bricolage. La varietà tra questi prodotti è molto ampia, sia nelle tinte
che nell’effetto finale. Vi sono vernici trasparenti e vernici mordenzate, vernici lucide e satinate, vernici da esterno
o da interno ecc. In generale, ai fini del modellismo statico, non ha grande importanza che la vernice sia da interno
o da esterno, dal momento che solitamente i modelli statici non sono esposti alle intemperie. Tuttavia le vernici da
esterno offrono sempre il maggior grado di protezione da muffe, parassiti e umidità. Le vernici satinate hanno una
lucentezza più morbida di quelle lucide, ma in generale tutte le vernici trasparente possono essere lavorate in modo
da ottenere sia superfici lucide che opache. Nessuna vernice offre un effetto finale veramente lucido o veramente
opaco senza una lavorazione accurata, ma ovviamente vernici satinate permettono di realizzare un miglior effetto
opaco che non quelle lucide, e viceversa.
Le vernici poliuretaniche hanno come caratteristica principale la forte presenza d’olio, il che le rende
particolarmente adatte alla finitura del legno, ma non sempre altrettanto adatte a coprire superfici colorate. Esse
infatti tendono, come l’olio, a ingiallire rapidamente invecchiando, un effetto molto gradevole su colori scuri e
caldi, e laddove in generale si voglia incoraggiare una morbida patina antica, ma calamitoso se si vogliono invece
ottenere colori chiari, freddi e puri, soprattutto bianchi e azzurri pallidi. Vi sono anche vernici mordenzate, cioè di
tonalità scura, brunastra, usate in genere, come i mordenti, per scurire i legni più chiari. Il colore di queste vernici
permette di invecchiare molto velocemente, durante la finitura, anche gli scafi colorati, amalgamando le diverse
tinte e creando effetti molto armoniosi. In questo caso è importante lavorare la vernice molto accuratamente, per
non lasciare segni di pennellata. Se la vernice è molto scura e volete dare più mani valutate la possibilità di dare
solo una o due mani di vernice colorata per poi proseguire con vernice trasparente, per non eccedere con il colore.
In generale per verniciare il legno nudo è bene iniziare con una o due mani di vernice piuttosto diluita, in modo da
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farla penetrare più profondamente nel legno, per poi proseguire con mani più consistenti, sempre aspettando la
perfetta asciugatura della mano precedente e levigando con lana d’acciaio molto fine.
Per ottenere una superficie molto liscia e lucida è meglio usare vernice ben diluita in molte mani, tutte levigate
tranne l’ultima. Per un effetto lucido ma molto morbido si può coprire l’ultima mano con un po’ di cera e poi
lucidare con un panno. E’ importante fare prima una prova, perché la trementina contenuta nelle cere in pasta può
sciogliere alcune vernici. Per una superficie opaca è meglio usare una vernice satinata, ma questa da sola non
consente una copertura totalmente opaca (a parte alcune vernici acriliche, inutili però su uno scafo colorato ad
olio). Per un effetto migliore si può ricorrere alla battitura, una tecnica antica molto usata dagli ebanisti del
passato. La battitura si effettua con pennelli piatti e larghi. Esistono appositi pennelli professionali in pelo di tasso
per la battitura, che sono però piuttosto costosi. Con questi pennelli è possibile ottenere una superficie
perfettamente liscia, senza alcun segno di pennellata, grazie alla conformazione delle setole, sdoppiate in punta in
una sorta di bandierina, che permette un effetto molto morbido. La battitura si può però anche eseguire con pennelli
da stencil non troppo duri, per esempio in pelo di bue o di vitello, che lasciano una leggera trama puntinata, molto
bella su modelli dall’aria ‘invecchiata’. La battitura si esegue sull’ultima mano di vernice, picchiettandola
verticalmente con il pennello prima che sia asciutta. Se la vernice è ancora molto fresca tenderà a spianarsi
nuovamente. Se si desidera solo cancellare i segni delle pennellate si può lasciare che si distenda, altrimenti si
insiste fino a che l’effetto puntinato permane. E’ importante che i pennelli siano perfettamente asciutti e puliti, e
bisogna scaricare la vernice in eccesso, di tanto in tanto, su uno straccio asciutto e pulito.
La verniciatura non deve essere intesa solo come una protezione del lavoro artistico sottostante. Una verniciatura
particolare può cambiare totalmente l’effetto di una colorazione. Per ottenere colori particolarmente profondi e
vibranti, simili per effetto alle lacche antiche, si può coprire il colore di base, a olio o acrilico, con numerose mani
successive di vernice trasparente lievemente tinte con variazioni di tonalità dello stesso colore. Per esempio si
ottengono azzurri molto trasparenti e luminosi sovrapponendo velature trasparenti di vernice colorata di blu,
turchese, ecc. E’ importante che l’effetto sia sempre leggero e trasparente. La stessa tecnica permette di
sdrammatizzare colori molto scuri, nero compreso, se li si copre con mani di vernice tinta di bruno, antracite, blu.
Le vernici si tingono usando colori con una base simile: vernici ad acqua con acrilici, poliuretaniche con olio.
Un effetto molto realistico per invecchiare una superficie colorata e verniciata è la graffiatura. Per questa tecnica
occorre uno strato di vernice abbastanza consistente, composto di diverse mani. A vernice asciutta si passa la
superficie con una carta vetrata di grana medio grossa, senza esagerare, creando una trama fitta di graffi. Dopo aver
spolverato con uno straccio asciutto si ‘sporca’ la vernice con colore ad olio scuro, magari usando anche varie
tonalità, grigi, bruni, ecc. Asciugato l’olio si ripulisce il lavoro con lo straccio strettamente appallottolato e appena
umido di acquaragia, in modo da lasciare tracce scure nei graffi. Una volta asciutto, si protegge con una mano
finale, leggera, di vernice. Per un effetto più marcato si possono usare idropitture scure (non acrilici) al posto
dell’olio, e poi, una volta asciutto il colore ripulire con uno straccio bagnato.
Tra gli effetti invecchiati, può trovare utile applicazione la tecnica decorativa definita craquelé, consistente nel
creare un’imitazione convincente delle crepe che percorrono una vecchia vernice esposta per molto tempo alle
intemperie. Va detto che difficilmente una finitura di questo tipo può accordarsi con una riproduzione in piccola
scala, ma vale la pena di considerarla per zone limitate, o in associazione ad altre tecniche, che ne attenuino
l’effetto. Vi sono svariati modi di ottenere la superficie cosparsa di crepe tipica di questo stile. In commercio
esistono svariati prodotti appositamente studiati, che sfruttano vari principi chimici. Alcune vernici screpolanti si
interpongono tra due mani diverse di colore acrilico, in tinte contrastanti per dare risalto alle crepe. Altre si
sovrappongono al colore, e le crepe vengono messe in risalto con una leggera patina di colore a olio bruno. Un
sistema molto usato è quello di sovrapporre due strati di vernici diverse, uno di vernice a olio, seguita da uno di
vernice ad acqua, stesa prima che la mano di vernice ad olio sia asciugata del tutto. La vernice ad acqua asciuga
prima della sottostante ad olio, e così facendo si ritira e crepa. L’effetto si può ottenere anche con comuni vernici
per legno con base diversa. Un’altra versione casalinga della doppia vernice screpolante è la gomma arabica, che
sovrapposta al flatting, determina questo stesso effetto. La gomma arabica, come la gommalacca si acquista in
scaglie nei colorifici più forniti di materiali per belle arti. Si mescola all’acqua finché ha raggiunto la consistenza
del miele, e si spennella sul flatting ancora leggermente umido (quando sembra asciutto in superficie ma è ancora
tenero sotto). L’ampiezza delle crepe varia a seconda del grado d’essiccazione raggiunto dal flatting al di sotto
della gomma. Più questo è umido più le crepe saranno ampie. Anche l’umidità ambientale e la temperatura sono
fattori determinanti: più il clima è caldo e secco più evidenti saranno le screpolature. Esse si possono quindi
facilmente forzare con un asciugacapelli. Nel modellismo è però meglio ricercare una trama di screpolature minute
e fitte, piuttosto che grandi. Tutti i prodotti chimici venduti in kit per questo tipo di effetto sono corredati di
esaurienti istruzioni, ma è sempre bene tentare qualche prova su materiale secondario prima di metter mano allo
scafo. Infine un effetto totalmente naturale e già citato è quello ottenibile dai colori a tempera stesi in forte
spessore: come già detto essi tendono a screpolarsi, e l’effetto può essere accentuato con l’asciugacapelli. In tutti i
casi le screpolature devono essere evidenziate con una patina di colore contrastante al fondo. I colori a olio sono i
più indicati per questo passaggio finale. Vanno stesi con uno straccetto sulla vernice perfettamente asciutta,
sfregando leggermente finché il colore resta depositato solo nelle crepe. Seccato anche il colore a olio è bene
proteggere il tutto con vernice, o gommalacca.
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DECORAZIONI DELLO SCAFO
Non voglio in questo capitolo soffermarmi sulla realizzazione delle decorazioni navali, ma solo sulla loro
coloritura e finitura. Tuttavia dobbiamo prendere in considerazione la varietà di materiali impiegati nella creazione
dei minuti intagli decorativi che ornavano le serpe, la poppa, e talvolta l’intero scafo delle navi del passato. Infatti
benché il materiale principalmente usato dal modellista tradizionale sia il legno, non è del tutto insolito avere
decorazioni metalliche (ottone) o addirittura di materiale plastico. Nell’ultima caso va chiarito subito che è quasi
impossibile ottenere una buona adesione di qualsivoglia tinta o colore su un materiale impermeabile come la
plastica. Se le decorazioni si trovano in una posizione riparata dove difficilmente subiranno urti, o contatti
accidentali con le mani, gli utensili, e il piano di lavoro del modellista la plastica può essere dipinta con smalti
sintetici, previa leggera carteggiatura, in qualsiasi altro caso, tuttavia, è bene sostituire le decorazioni con altre,
autocostruite, in legno o pasta di legno. Per pasta di legno intendo stucchi a base di polvere di legno, colla e acqua,
privi di solventi, e abbastanza consistenti da essere modellati come creta. Una volta seccati questi stucchi si
trattano in maniera del tutto analoga al legno massiccio.
Le decorazioni in ottone possono essere lasciate al naturale, se si apprezza il colore dorato del metallo, tenendo
presente che esso tenderà a scurirsi col tempo. Se si vuole mantenere l’effetto lucente dell’ottone nuovo è bene
laccarlo con vernice trasparente e lucida, dopo averlo pulito accuratamente e averlo schiarito al suo tono più
luminoso con un batuffolo di cotone imbevuto di anticalcare. In caso contrario lo si lascia ossidare naturalmente
del tempo, ma verificando che non sia minimamente sporco di colla, che lascerebbe chiazze chiare sul fondo
ossidato.
Spesso le decorazioni navali, si pensi per esempio alle polene dei clipper, o delle grandi navi da guerra erano
parzialmente colorate, con dettagli dorati. Per riprodurre fedelmente questa combinazione cromatica si può
sfruttare il colore metallico dell’ottone per le parti dorate, e dipingere le zone circostanti. Qualunque tipo di colore
si adoperi per dipingere il metallo è bene fargli precedere uno strato di antiruggine opaco, che aumenterà
notevolmente l’aderenza del colore. Su questo fondo si può usare qualsiasi colore, dall’acrilico, all’olio, allo
smalto, facendo poi seguire una mano di vernice adatta. Date le piccole dimensioni di questi particolare consiglio
l’uso di pennelli tondi di martora, misure 0, 1 e 2, che andranno tenuti scrupolosamente puliti e in ordine.
Qualunque sia la tecnica utilizzata, una velatura scura, trasparente, che si depositi solo negli incavi delle sculture, e
una leggera lumeggiatura a secco, data con un pennellino di setola asciutto e poco colore, chiaro, solo sulle
sporgenze, renderanno gli intagli più profondi e caratterizzanti. Questa tecnica semplicissima, velatura scura più
lumeggiatura in chiaro, è utile su tutte le superfici caratterizzate da minuti dettagli sporgenti e incavati.
Più difficile, in un certo senso è la creazione di decorazioni esclusivamente dipinte. Ma se non ci si lascia
scoraggiare dal disegno, e dalle piccole dimensioni ci si accorge che non presentano alcunché di insormontabile.
Le decorazioni geometriche tipiche delle grandi navi del 5 – 600 si possono risolvere molto semplicemente, non
presentando nessuna difficoltà particolare. Un gioco di mascheratura può aiutare se non si sente di avere mano
abbastanza ferma. Si avrà cura di utilizzare gli stessi colori usati per il fondo, e di non eccedere nella vivezza delle
tinte, per non appesantire troppo l’effetto. Un modo per armonizzare tutti i colori è di mescolare in tutti una parte di
uno stessa tinta neutra e spenta, come grigio medio o terra di Siena bruciata, o ancora coprirli con una finitura scura
che viri tutti i colori e li amalgami tra loro. Considerate che queste decorazioni, esposte come erano alle più severe
intemperie, e non certo realizzate con vernici paragonabili alle nostre, dovevano presto perdere molto del loro
smalto. Considerate dunque la possibilità di invecchiarle leggermente con una delle tecniche proposte per gli scafi.
Decorazioni di tipo figurativo, come quelle tipiche del naviglio minore italiano, richiedono un minimo di abilità
pittorica. Infatti se, da una parte, la piccola scala della riproduzione modellistica consente di semplificare un poco i
motivi, dall’altra essa stessa impone una grande precisione nel tratto. Sebbene i disegni possano essere riprodotti
con una quantità di modi, e ricalcati sullo scafo con carta grafitata, non c’è alcuna tecnica per semplificare la parte
pittorica del lavoro. Pennelli minutissimi e pazienza sono l’unico aiuto. Se lo scafo è molto scuro meglio preparare
un fondo chiaro ai colori, riempiendo di bianco la sagoma dei motivi, o, per un effetto più morbido, di un grigio
chiaro. Se lo scafo è dipinto a olio si proseguirà con gli oli, preventivando lunghi tempi di asciugatura, se invece si
sono usati colori ad acqua questa base chiara dovrà essere preferibilmente di Ducotone © in modo da poter poi
lavorare con velature trasparenti, ad acquerello o acrilico. Gli acrilici possono essere usati sia in velature trasparenti
che in strati coprenti, e sono quindi più semplici da usare, in quanto permettono di correggere qualsiasi errore. Gli
acquerelli sono più difficili, in quanto trasparenti, ma hanno una resa di incomparabile luminosità e morbidezza.
Negli acquerelli non esiste il bianco: il bianco è quello della base, e i colori chiari vengono scontornati da quelli
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scuri mentre si dipinge con questi. Nulla vieta di mescolare le due tecniche, e di provare addirittura strade
alternative, come pennarelli o pastelli acquerellabili. Abbiate cura di proteggere gli acquerelli con una vernice
acrilica a filtro UVA, e provate sempre su campioni a parte che la vernice scelta non sciolga i colori delle
decorazioni.
Un’altra possibilità è quella di avere decorazioni in legno o pasta di legno da dorare. La verniciatura con smalto
dorato non presenta difficoltà e non mi ci soffermerò. Vorrei invece considerare la doratura a foglia. Questa è forse
la più nobile tra le varie forme di doratura, e nella scala di un modello statico non presenta grosse difficoltà. Nella
doratura a foglia tradizionale il supporto veniva preparato con uno strato di bolo d’Armenia rosso, un’argilla
finissima, che, spennellata sul legno da dorare gli conferiva una superficie compatta e liscia. La piccola scala delle
decorazioni modellistiche non consente una preparazione del genere, poiché lo spessore del bolo sarebbe eccessivo
rispetto a quello degli intagli. Meglio dunque lisciare il legno montando una spazzola morbida sul trapano, e
prepararlo con una mano di gommalacca. La foglia d’oro può essere d’oro vero o finto. La prima è più bella,
essendo più chiara e morbida. La seconda è troppo lucente, ma è più semplice da usare essendo più spessa, e
decisamente più economica. La scelta è del tutto personale. In ogni caso per far aderire la foglia al supporto si usa
una particolare vernice detta missione. Vi sono altre tecniche di doratura, ma questa mi sembra la più pratica per un
modello. La missione si stende a pennello con precisione sulla zona da dorare, badando a non sbordare dal
perimetro. Considerate che è la missione a dare forma alla doratura: l’oro aderisce dove trova la vernice, e non
aderisce sul legno nudo. La missione deve asciugare quasi del tutto, fino a che ‘scricchiola’ passandoci il dito. A
questo punto si posa un pezzetto di foglia sulla zona da dorare, con un pennellino di bue, mai con le dita, e si
spennella delicatamente per farla aderire alle forme dell’intaglio. Il pennello rimuove automaticamente le porzioni
di foglia che sbordano dal perimetro verniciato. Si ripete l’operazione fino a coprire tutto l’intaglio, sovrapponendo
leggermente le porzioni di foglia, e posando piccoli frammenti laddove sia rimasta una piccola lacuna, quindi si
lascia riposare il tutto una notte. Mentre la foglia d’oro è praticamente inalterabile, e può essere verniciata con
qualunque prodotto, la foglia in oro finto può ossidare ed è meglio affidarsi a un prodotto apposito. Tutti i materiali
per la doratura possono essere acquistati in un negozio per belle arti, compreso il coltello apposito per tagliarla. Per
dare maggiore profondità alla doratura si può velarla con tonalità diverse di cere da restauro, una velatura liquida,
allungata con trementina o olio di lino, di oro rosso, e poi, una volta asciugata questa, una lumeggiatura con la
tonalità d’oro più chiara e luminosa (questo accorgimento è anche utile su una finta doratura, dipinta a smalto).
Piccoli dettagli colorati si possono dipingere al di sopra della verniciatura (prima della cera), con colori acrilici. La
doratura a foglia, in queste proporzioni non è particolarmente difficoltosa, ma non esitate mai a fare qualche prova,
soprattutto sui tempi di asciugatura della missione. Infatti una missione troppo umida fa scivolare la foglia, che
tende a frammentarsi, se invece è troppo secca non offre appiglio all’oro, che non aderisce.
PONTE E SOVRASTRUTTURE
Ponti, sovrastrutture a alberatura, offrono al modellista problematiche pittoriche abbastanza diverse rispetto allo
scafo, e per diverse ragioni. Queste parti della nave sono infatti, in ogni senso, meno esposte di quanto non sia lo
scafo. Mentre questo viene toccato continuamente durante tutta la lavorazione del modello, e anche una volta che il
modello sia finito verrà afferrato per lo scafo ogni volta che lo si sposta per qualche ragione, il ponte e le
sovrastrutture, protetti dall’intrico del sartiame non verranno più toccati, e anche durante i lavori non vengono
maneggiati più di tanto. Questo fa sì che si possa usare anche colori e finiture meno resistenti di quelli necessari
allo scafo. Tuttavia, è sempre meglio coordinare l’effetto pittorico dello scafo e delle sovrastrutture.
Un’altra diversità è che se lo scafo può essere dipinto in svariati modi, il ponte sarà sempre a vista, con una rosa
relativamente ristretta di effetti possibili, limitati anche dalla necessità di dover incollare sul legno un gran numero
di dettagli, il che preclude, per esempio, l’uso della cera, se non in modelli molto semplici, in cui il ponte può
essere incerato alla fine del lavoro.
Infine, mentre lo scafo presenta in genere una lunga superficie continua e liscia da dipingere i dettagli del ponte e
dell’alberatura offrono meno libertà di movimento, in ogni senso.
Cominciamo a considerare il ponte della nave. Presupponendo che il ponte sia realizzato in piccoli listelli accostati
tra loro, come il ponte di una nave vera, lo si può intonare allo stile dello scafo scegliendo un effetto analogo. Se
infatti lo scafo è realizzato con una finitura pulita e formale, come un legno verniciato, lucido e a vista, è inutile
ricercare per il ponte un effetto realistico, meglio verniciarlo nello stesso stile, usando eventualmente un mordente
più o meno contrastante. Uno scafo oliato o incerato si accosta bene a un ponte oliato, avendo cura di stendere
l’olio solo dopo aver terminato le sovrastrutture, poiché l’olio ostacola l’adesione della colla.
Se si ricerca invece un effetto realistico, fotografico, si dovrà tener conto di molti fattori, quali per esempio il legno
che si vuole imitare, l’età della nave, persino il periodo dell’anno in cui la si vuole rappresentare. Una nave
all’inizio della stagione di navigazione, appena uscita dal porto sarà sempre più splendente che una in mare da
molte settimane. Il sole e il sale hanno quasi sempre un effetto sbiancante sul legno del ponte, e a meno che questo
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non fosse appena oliato, questa sfumatura grigio argento sarà la più realistica. Se lavorate con un legno chiaro
come l’acero sarà sufficiente stendere sul legno una velatura di acquerello grigio, non troppo freddo, che potrà
essere finito a olio o vernice opaca. Legni più scuri come il noce, richiedono invece una finitura più coprente. Non
si usino colori a olio, che respingono la colla, ma tempere o acrilici. La miglior soluzione è mescolare dell’acrilico
bianco in un protettivo trasparente ad acqua, spennellarlo sul legno e poi asportare l’eccesso con uno straccio, così
da lasciarlo depositato solo nella venatura e nelle fessure del legno, lasciandone intravedere la trama e il colore.
Oppure si usi tempera bianca, pura, e la si lasci asciugare sul legno, per poi asportarla con carta vetrata, fino al vivo
del legno, ottenendo un effetto similare. Anche l’anilina bianca può andare bene, per dare un effetto un po’ più
marcato e uniforme.
Per le sovrastrutture vale quanto detto in generale per gli scafi, con la sola differenza che non si è così vincolati a
usare finiture resistenti all’usura. Anche l’imprimitura è una necessità limitata, data la piccola dimensione dei
particolari, che difficilmente vengono levigati a fondo. In genere è sufficiente far precedere alla pittura una o due
mani di colore neutro dello stesso tipo, e levigarlo appena per eliminare la fibrosità del legno. Gli effetti più
morbidi si ottengono con colori ad acqua e velature, rifiniti con olio di lino o protettivi ad acqua satinati o opachi.
La dimensioni minute in genere precludono la realizzazione di effetti complessi, ma non si rinunci, per un effetto
profondo e vero, a velature scure, e lumeggiature chiare per dare risalto ai dettagli.
Molti dettagli che sulla nave erano metallici vengono, nel modello, riprodotti in legno. Li si può colorare ad
acrilico in una tonalità scura e lumeggiare con tocchi di cere metallizzate.
Alcune parti dell’alberatura delle navi più moderne, realizzate originariamente in metallo, che anche in un modello
sono ricche di piccoli dettagli metallici, occhielli e guide d’inferitura, bandelle e trozze, supporti per le aste di
coltellaccio e quant’altro, in cui lo spessore di un colore steso a pennello rovinerebbe l’effetto del minuzioso lavoro
di costruzione, riescono meglio se verniciati a spruzzo nel colore più adeguato, e poi patinati, lievemente, con una
velatura liquidissima più chiara o più scura, e leggerissime lumeggiature, in un colore compatibile con quello
spruzzato.
VELE, SARTIAME E BANDIERE
La preparazione delle vele e del sartiame si limita generalmente alla loro tintura. Fanno eccezioni alcune
imbarcazioni, soprattutto mediterranee, che presentavano vele vivacemente decorate, e le bandiere.
La tintura del sartiame riguarda per lo più la manovra dormiente, ma anche parte della corrente. I cavi della
manovra dormiente erano infatti preparati in maniera piuttosto complessa e la loro superficie era protetta da lunghe
strisce di stoffa incatramata, che conferiva loro un colore scuro. La tintura nera può essere preparata con inchiostro
di china, acqua e colla vinilica. La colla serve a eliminare la fibrosità superficiale dei fili di canapa solitamente
usati dai modellisti, che oltre ad essere antiestetica tende anche ad attirare la polvere. La tintura si distribuisce
passando il filo in una pezzuola intrisa nel nero, e così facendo le fibre vengono distese e incollate al cavo stesso,
mentre il colore è meno piatto che se il filo fosse tinto per immersione.
Anche i cavi più chiari necessitano un trattamento con colla e acqua per eliminare le fibre.
Le vele, anche in un modello formale, non dipinto, non dovranno mai essere bianco puro, poiché nell’originale
erano sempre in tele grezze, ben diverse dal moderno cotone sbiancato. Un bagno in un catino di te nero più o
meno carico è sufficiente a conferire al cotone una tinta calda e convincente. Si immerge la tela nel te bollente e la
si lascia immersa fino a che l’acqua si raffredda. Se si sta invelando un modello molto formale, con scafo in legno a
vista lucidato meglio tenere una tintura chiara, e filtrare l’infuso prima di versarlo sulla tela. Altrimenti è bene
caricare il colore preparando il tè ben carico, del colore del caffè, quasi. Volendo delle vele macchiate e vissute si
lascino le foglie in sospensione nella tintura per tutto il tempo. Quando si toglie la tela dal te esse vi aderiscono, e
vi lasciano piccole tracce nell’asciugare. A tela asciutta cadranno da sole. Niente vieta, a vele tagliate di intervenire
con schizzi di colore ad acquerello o di tinture naturali, come te forte, caffè, e quant’altro.
Eventuali decorazioni pittoriche sulla vela si possono realizzare con colori specifici per stoffa, che risultano
indelebili dopo una stiratura, e si prestano a vari effetti. Anche gli acrilici sono adatti a dipingere sulla stoffa, ma
tendono a conferirle una certa rigidità. Poiché le vele, come gli scafi erano esposte a intemperie e luce intensa i
pigmenti naturali un tempo usati per le decorazioni tendevano a sbiadire, quindi è meglio, per un effetto realistico,
usare colori tenui e un po’ irregolari, non troppo uniformi, effetto d'altronde naturale nel dipingere a pennello con
colori da stoffa. Fate alcune prove a parte per impratichirvi nel dosare colore e acqua, così da raggiungere un
effetto trasparente senza però che il colore spanda. Tenendo uno strato di carta assorbente sotto la tela questo
spiacevole inconveniente diverrà più improbabile.
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Per le bandiere si usa la seta più sottile, e colori acrilici, o per stoffa. Siccome la bandiera non deve assumere la
forma morbida e panciuta tipica delle vele, la rigidità che può conferirle l’acrilico non crea problemi particolari.
Inoltre l’acrilico, come la colla, tende a ‘legare’ i fili della stoffa che così non si sfilaccia. Le bandiere si dipingono
prima di ritagliarle, con colori non troppo diluiti, coprenti, e pennelli finissimi. Si fissa la tela senza deformare la
trama e l’ordito su un pezzo di compensato, e si dipinge badando a non far sbavare le tinte, poi, una volta asciutta,
si gira e si dipinge il retro, soprattutto se il modello non è invelato, e la bandiera è visibile su entrambe le facce.
Non mi stancherò mai di attirare l’attenzione del modellista sull’opportunità di usare, su modelli molto pittorici,
colori spenti e sporchi.
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