Federica Capoferri 44 D`E GESTI ANTIQUI UNA CHIMERA: I POEMI

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Federica Capoferri 44 D`E GESTI ANTIQUI UNA CHIMERA: I POEMI
F e d e r i c a Capoferri
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D'E G E S T I A N T I Q U I U N A C H I M E R A :
I POEMI CA VALLERESCHI DI P I E T R O A R E T I N O
S
epolta nel fitto sottobosco delle continuazioni e delle e m u l a z i o n i
c i n q u e c e n t e s c h e d e l l ' O r l a n d o Furioso, la p r o d u z i o n e epica di
Pietro A r e t i n o ha scontato con il plurisecolare oblio i criteri di
eccellenza, p a r a d i g m a t i c i t à e canonicità c h e p r e s i e d o n o a n o d i n a m e n t e
alla storiografìa letteraria. Decurtati da interventi censori, t r a s m e s s i
sotto mentite spoglie d o p o la m e s s a all'Indice ( 1 5 5 8 ) dell'intera o p e r a
aretiniana e letti fin dai più disponibili interpreti c o m e stanco esercizio
di rimaneggiamento di episodi b o i a r d e s c h i ed ariosteschi (Larivaille,
Pietro Aretino 8 9 - 9 6 ; 2 8 0 - 8 5 ) , gli esperimenti epici dell'Aretino
c o m i n c i a n o a riscuotere u n a più solidale attenzione soltanto negli ultimi
anni, allettando criticamente p r o p r i o sul versante delle loro inibizioni ed
a p o r i e . R e c e n t i s s i m o , p o i , il risarcimento ad u s u r a di D a n i l o R o m e i ,
b e n e m e r i t o curatore di u n ' i m p o n e n t e edizione critica dei Poemi
cavallereschi aretiniani ed illuminato suggeritore di u n a ipotesi di
lettura d e n s a di implicazioni testuali e contestuali:
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Tra i primi, se non il primo, lettori novecenteschi della Marfìsa e de Le
lagrime d'Angelica, Paul Larivaille declina la provocazione dei due
rovesciamenti parodici dell'Orlandino e dell'Astolfeida. L'Orlandino ha invece
stimolato l'attenzione di un più antico interprete aretiniano, Alessandro Luzio,
autore di un articolo, "L'Orlandino di Pietro Aretino", Giornale di Filologia
Romanza VI, 1-2, (1880), 68-97, forse all'origine di un effimero revival
dell'Aretino epico, restituito dai pressoché coevi C. Simiani, "L'Orlandino di
Pietro Aretino", in Bozzetti critici, Milano: Natale Battezzati Editore, 1880,
7-15), e A. Virgili, "Angelica di Pietro Aretino", Fanfulla della domenica IV, 2
(1882), 15.
Penso ai due articoli proposti nell'ambito del convegno italo-americano per il
cinquecentenario (1992) della nascita dell'Aretino da Riccardo Bruscagli e da
Antonio Franceschetti, per i quali cfr. Bibliografia.
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I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino
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Non quattro, ma un solo poema di cavalleria si provò a comporre il più
spudorato dei continuatori dell'Ariosto. Era un poema che per cause
genetiche e per ragioni contingenti non riusciva a crescere in un
organismo sano ed armonico; anzi dirompeva - per una sorta di
superfetazione letteraria - in membri abnormi e bizzarri, organismi
incompiuti e tuttavia protervi, fino a sviluppare neoplasie maligne,
metastasi negative, copie in controparte, che uccisero - com'è naturale
- l'organismo d'origine. (9)
A v v i a t o nel 1527, il confronto dell'Aretino c o n la tradizione
cavalleresca p r o c e d e con aritmìe inopinate ed i m b a r a z z a n t i p e r la
p r o v e r b i a l e facilità di scrittura dell'autore , lasciando intravvedere
dietro il gioco di rilanci e di autodafé u n o spettro di scrittura b e n più
tenace e lungimirante di q u a n t o n o n lasciasse s u p p o r r e l'originario
movente
pratico
dell'operazione.
Calcolo
politico,
strategia
c o m m e r c i a l e e s p e r i m e n t a l i s m o poligrafo - fattori p r i m a r i nell'intera
opera aretiniana - c e d o n o p r o g r e s s i v a m e n t e il p a s s o ad u n a v i s c h i o s a
interrogazione dal di dentro delle strutture retorico-stilistiche del g e n e r e
epico, assediate da un'esplorazione a tutto c a m p o , in continua t e n s i o n e
tra i d u e estremi del s u b l i m e e del grottesco. F a l l i m e n t a r e sul fronte
dell'emulazione di scrittura, la p r o p o s t a epica dell'Aretino si r i c a n d i d a
trionfalmente su quello dell'interpellazione "a c a l d o " , in anni ed in
ambienti decisivi per la c a n o n i z z a z i o n e del Furioso (Javitch 2 8 - 3 1 ) , del
g e n e r e epico.
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N u c l e o originario delle sperimentazioni e p i c h e aretiniane, la
Marfisa ha un'origine strategicamente e n c o m i a s t i c a , m a t u r a n d o c o m e
c o n t r a p p u n t o m a n t o v a n o ai d u e Orlandi ferraresi, e m a s s i m e al
Furioso, concreto referente fin dalla elezione di u n a p r o t a g o n i s t a in
g r a d o di veicolare u n a genelogia alternativa e p p e r ò s a l d a m e n t e
intrecciata a quella estense (Bruscagli 2 4 7 ) . C o n c e p i t a in u n a fase di
sviluppo del r o m a n z o cavalleresco italiano siglata dal p a s s a g g i o
dall'anonimato alla " g a r a n z i a d ' a u t o r e " ( B e e r 2 0 ) , ma al di q u a del
d e c i s i v o d i s c r i m e segnato dalla terza e d i z i o n e del Furioso ( 1 5 3 2 ) , la
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3
Proprio la nota velocità di produzione dell'Aretino lusinga le speranze del
marchese Federico Gonzaga, originario mentore e dedicatario della Marfisa,
sulla repentina realizzazione del poema: "Et veramente gli vedo fare miracoli,
et in un mese ha composto tante cose, et versi et prose, che in X anni non le
metteriano insieme tutti li ingegni d'Italia" (Luzio 61, Lettera a F. Guicciardini
del 23 gennaio 1527).
Il personaggio di Marfisa si precisa nel ruolo di sorella gemella di Ruggero capostipite in entrambi i poemi ferraresi della genealogia estense - nella
continuazione dell 'Innamorato proposta da Niccolò degli Agostini.
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Federica Capoferri
Marfisa cresce negli interstizi di un i m b a r a z z a n t e g i o c o di ricatti e
controricatti tra l'Aretino e il m a r c h e s e F e d e r i c o G o n z a g a ( L u z i o
6 1 - 1 0 5 ) ch'è test piuttosto efficace di un r e t r o s c e n a c o r t i g i a n o
p a r a l l e l a m e n t e stigmatizzato dall'Ariosto con la c e l e b e r r i m a i m p r e s a
" P R O B O N O M A L U M " . S e n o n c h è l a Marfisa c o n s u m a p r o p r i o
l'ultima illusione cortigiana dell'Aretino, alle soglie del s o l e n n e rifiuto
della " C o r t e in e t e r n o " e della fatale elezione di V e n e z i a "a p e r p e t u o
t a b e r n a c o l o " ( L u z i o 36): fatto che r e s p i n g e l'accidentata c o n t r a t t a z i o n e
c o n i l m a r c h e s e G o n z a g a , n e m m e n o nella preistoria del p o e m a , m a
nella storia di un p o e m a fantasma di circa q u a t t r o m i l a o t t a v e in g r a n
parte distrutte dall'autore - a volergli dar credito - p r i m a d'una qualsiasi
verifica p u b b l i c a . Alla storia della Marfisa " r e a l e " a p p a r t i e n e la
v e r s i o n e p u b b l i c a t a all'altezza del 1 5 3 2 (dietro lo s c h e r m o d e l l ' a m i c o e
protetto L o r e n z o Venier, abilissimo nel dilatare ad oltranza il topos
editoriale della p u b b l i c a z i o n e n o n autorizzata m a " d a gli u o m i n i
aspettata c o m e aspettano gli angeli la c o m p a g n i a delle a n i m e b e n n a t e " ,
Poemi cavallereschi 3 1 9 ) e d e d i c a t a ad A l f o n s o d ' A v a l o s , m a r c h e s e del
Vasto:
5
Reale Alfonso, ch'ora immortalmente
l'almo trofeo del fortunato Augusto
spiegato al sol del gran diadema ardente
del sacrosanto uccel felice e giusto,
potess'io dir di voi ciò che Ί cuor sente,
di voi che aprite a Marte il calle angusto,
ch'ai suon farei d'e vostri gesti santi
le stille fisse andar, restar l'erranti. (Marfisa 1, 6)
P a g a t o il tributo alla p o t e n z a di t u r n o c o n la m e t a f o r a i m p e r i a l e del
" s a c r o s a n t o u c c e l felice e g i u s t o " 6 , l'attraversamento della r e t o r i c a
5
L'impervia situazione delle tradizioni dei poemi cavallereschi aretiniani è
restituita con massima precisione filologica da Romei, al quale rimando per
puntuali approfondimenti. Quanto alla configurazione dei quattro poemi qui
presi in esame, va fin da ora tenuto presente che si tratta di quattro opere
incompiute, arrestandosi al terzo canto la Marfisa (i canti constano
rispettivamente di 108, 109 e 117 ottave), al secondo Le lagrime d'Angelica
(103 le ottave del primo canto, 78 quelle del secondo), all'ottava 6 del secondo
canto (50 le ottave del primo) l'Orlandino, al terzo canto (42, 40 e 39 ottave)
l'Astolfeida. Mi servo integralmente dell'edizione, l'unica completa, dei Poemi
cavallereschi di Romei.
6
Per un inquadramento delle mutevoli posizioni politiche dell'Aretino cfr.
Giuseppe Galasso, "Aretino nel suo contesto storico", Pietro Aretino nel
cinquecentenario della nascita, Roma: Salerno Editrice, 1992, t. I., pp. 297-33.
I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
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adulatoria c u l m i n a in u n a e n u n c i a z i o n e della causa scribendi ("Per così
alta c a g i o n la p e n n a m i a . . . " 1, 9) già insidiata da un sottotesto
iperbolico ed e t e r o d o s s o :
Dovrebbe il mondo quasi a fida stella,
l'ostie sacrare al vostro nome pio
a guisa de l'antica età novella,
che, bramando offerir gli incensi a Dio,
adorò il sol, poi che luce più bella
non vide in cielo; e ciò proprio ho fatt'io,
che, non vedendo altro ben fra noi,
l'anima inchino solamente a voi. (I, 9)
L'amplificazione
del
motivo
encomiastico
prelude
ad
una
d i v i n i z z a z i o n e del terreno che p o c o ha a c h e fare c o n la s t i m a aretiniana
del m a r c h e s e del V a s t o , m a m o l t o c o n u n m e c c a n i s m o d i
interscambiabilità di sacro e p r o f a n o , n o n c h é di m i t o l o g i c o e cristiano,
piuttosto centrale alla Marfisa. C h e dietro la p à t i n a e m u l a t o r i a la
riscrittura aretiniana n o n p o t e s s e n o n n a s c o n d e r e insidie e tranelli (in
p r i m o l u o g o , s'intende, p e r l'autore stesso) è fatto restituito fin
dall'ottava incipitaria, a m b i g u a m e n t e dislocata tra la ripresa testuale
dell'esordio ariostesco e un i m p r o b a b i l e p r o g r a m m a di sobrietà stilistica
e di reticenza tematica:
7
D'arme e d'amor veraci fizioni
vengo a cantar con semplice parole,
tacendo come in ciel nascano i tuoni,
gli error di Cinzia e Ί faticar del Sole,
perchè Ί secreto de le gran cagioni
de l'alme cose a noi celar si suole
e stassi in maestà della natura:
7
Sui rapporti tutt'altro che trasparenti tra l'Aretino e il marchese del Vasto cfr.
Augusto Gentili, "Tiziano e Aretino tra politica e religione", in Pietro Aretino
nel cinquecentenario della nascita, cit., t. I, pp. 275-96. L'articolo di Gentili
può sollevare alcune perplessità sulla datazione della princeps (senza
indicazione di data e di luogo), se è vero che ancora nel 1534 l'Aretino fa del
marchese del Vasto un bersaglio satirico del suo Pronostico. Ma la coerenza
non è virtù aretiniana (del resto, assai eloquente è lo spudorato riciclaggio
dell'originaria dedica al marchese Gonzaga in I, 9) e può ben essere che il
successo riportato dal d'Avalos nel sedare l'ammutinamento delle truppe in
Ungheria (episodio, tra l'altro, a lungo ritenuto oggetto della Allocuzione di
Alfonso d'Avalos (1541) del Tiziano, tra le più strette e fruttuose amicizie
contratte dall'Aretino a Venezia) abbia contribuito a rialzarne la dubbia fama
marziale.
Federica Capoferri
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ella il fece, ella il sa, ella n'ha cura. (I, 1)
Proiettato sul mito naturalistico dell'anticlassicismo c i n q u e c e n t e s c o ,
l'ossimoro "veraci f i z i o n i " dispiega un'intenzione solo in parte
collimante con la topica cavalleresca (subito rilanciata d a l l ' o p p o s i z i o n e
tra i "gesti a n t i q u i " e la v e r g o g n a della "presente e t a d e " della terza
ottava e dal garante r i m a n d o a "l'istorie di T u r p i n o " nella quarta),
d i s e g n a n d o un sospetto di ingestibilità della tradizione epica che,
cresciuto sul rovescio di u n a inventio esagerata e d e b o r d a n t e , e s p l o d e r à
nell'incredibile scetticismo dell'Orlandino e dell'Astolfeida.
Allo stadio della Marfisa, il p r o g r a m m a t i c o " g r a d o z e r o " della
scrittura epica si esaurisce nella s u b o r d i n a z i o n e dello scenario
all'elemento a n t r o p o l o g i c o , con u n ' o p z i o n e d e n u n c i a t a fin nelle
m o d a l i t à d'aggancio all'ultimo canto del Furioso, p u n t o di p a r t e n z a del
setting del p o e m a aretiniano. R i p e r c o r r e n d o le battute c o n c l u s i v e del
Furioso,
l'Aretino
ne
cristallizza
i
suggerimenti
iconografici,
distendendoli su s e q u e n z e d'ottave renitenti, m a l g r a d o il c o n t r a p p u n t o
di trovate scenografiche e coreografiche, all'uscita n a r r a t i v a :
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D'elmo lo sgrava il gran signor d'Anglante
e l'immortal campion di Montalbano;
Marfisa, Ch'a i trionfi nel sembiante,
si trassi a contemplar l'empio pagano;
la dolce innamorata Bradamante
bascia al suo dio la vincitrice mano,
avendo ancora, benché fosse ardita,
dal suo bel viso ogni beltà smarrita.
E se ben ella come il suo signore
non combattè con Rodomonte fero,
tutti quei crudi colpi ebbe nel cuore
ch'avuti per lo dosso avea Ruggiero:
mentr'ei guerra mortal fece di fuore,
ella dentro contese col pensiero
e l'avea quasi posta a l'ore estreme
il desio caldo e la gelata speme. (I, 13-14)
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Cfr. I , 1 1 : "Rotto è il forte silenzio che s'impone/ per real legge al suon de
l'aureo corno/ al bel numero immenso di persone/ ch' al teatro di Marte
ondeggia intorno/ quando al sangue et a l'oro si prepone/ l'onor da questo e quel
di ferro adorno;/ porta il grido Ruggier sopra le stelle,/ sol 'Ruggier' suona in
queste parti e in quelle".
I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino
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La "fioritura" del corrispondente luogo del Furioso ("...però c h e a
B r a d a m a n t e gli occhi torse,/ e turbar v i d e il bel viso sereno./ Ella al
cader di lui rimase in forse,/ e fu la vita sua per venir m e n o " X L V I ,
125) i m p o n e u n a m e m o r i a testuale del p r e c e d e n t e ariostesco,
funzionando c o m e episodio manieristico di " i m i t a z i o n e seria" assai
lontano dai presupposti astutamente deraglianti del p r i m o c a n t o del
Furioso nei confronti dell'Innamorato. Ma che il fulcro dell'operazione
aretiniana si stia dislocando oltre la d i p e n d e n z a dal solo m o d e l l o
ariostesco è fatto d'immediato a c c e r t a m e n t o : di là dal b a r o c c h i s s i m o
trionfo di R u g g i e r o e dalla descrizione del g r a n d i o s o b a n d o " p e r o n o r a r
le n o z z e di R u g g i e r i " (I, 4 1 ) , la scintilla delle accensioni epiche della
Marfisa si rivela s e m p r e più s c o p e r t a m e n t e il " s u p e r b o R o d a m o n t e " ,
veicolo p r i m o di una contaminatio n o n peregrina tra il Furioso e
l'
Innamorato .
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R a c c o g l i e n d o lo spunto icastico dell'epilogo del Furioso ("Alle
squallide ripe d'Acheronte,/ sciolta dal c o r p o più freddo che giaccio,/
b e s t e m m i a n d o fuggì l'alma sdegnosa,/ c h e fu sì altera al m o n d o e sì
o r g o g l i o s a " X L V I , 140), l'Aretino s c o m m e t t e sulla c o n t i n u a z i o n e
d e l l ' e p o s , glissando sulla funzione c o n c l u s i v a e classicisticamente
orientata del duello finale di R u g g i e r o e R o d o m o n t e (Javitch 4 1 - 4 7 ) :
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Laddove Boiardo si serviva prudentemente dello schermo ecfrastico e
leggendario per ritrarre il trionfo di Alessandro ("In somma ogni sua guerra ivi
è dipinta/ con gran ricchezza e bella a riguardare./ Possa che fu la terra da lui
vinta,/ a duo grifon nel cel si fa portare/ col scudo in braccio e con la spada
cinta", Orlando innamorato, II, 1, 28), l'Aretino punta senza mezze misure
sull'apoteosi, primo segnale di una permeabilità tra la produzione epica e le
contemporanee prove di scrittura religiosa: "Sente Ruggier, mentre gran gloria
il mena/ quasi in carro superbo e trionfale,/ di sì divin piacer l'anima piena/
ch'in se stesso egli oblia tutto il mortale;/ la propria lode udir vera e serena/
spiegare e aprir gli fa le piume e l'ale/ e d'ineffabil gioia acceso in zelo/ senza il
carco terreno ascese in cielo", Marfisa, I, 31).
Impossibile ed aleatorio stabilire quanto gli episodi aggiunti alla terza
edizione del Furioso abbiano inciso sugli assestamenti della Marfisa all'altezza
della prima stampa. Ci prova Paul Larivaille (Pietro Aretino 94-95), che proprio
alla nuova configurazione del poema ariostesco (soprattutto in relazione allo
spostamento delle vicende nell'Europa orientale implicato nell'elezione di
Ruggiero a re dei Bulgari) attribuisce l'interruzione e l'autodafé della Marfisa.
Preziosa la collocazione della Marfisa e de Le lagrime dAngelica a ridosso
dei due differenti "finali" del Furioso suggerita da Bruscagli, attento
all'insistenza dell'Aretino su "due punti della favola diversamente riottosi alla
chiusura epica verso la quale l'Ariosto visibilmente conduce via via la sua "gran
tela": lo sparire di Angelica e Medoro, in una posa inelegante, sul "sabbione" di
Terragona, che contraddice da sè la definitività di quell'happy ending e lascia il
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F e d e r i c a Capoferri
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L'anima del tremendo Rodamonte,
che pur dianzi Ruggier dal corpo sciolse,
ardita giunse al fiume d'Acheronte,
nè trapassar su la sua conca volse,
anzi senza cercar varco nè ponte
per lo livido umore il passo volse,
sempre il cielo e l'inferno bestemmiando,
e salvati e perduti minacciando.
Caron, che Ί spirto furibondo vide
l'acque passar fuor del costume eterno,
incontra vienli e lo minaccia e stride
tal che fa rimbombar tutto l'Averno.
Quell'anima bizarra il sguarda e ride
e disse: - Se i dimon del crudo inferno
sono come sei tu, superbo mostro,
per certo oggi sarò principe vostro. (I, 46-47)
Sull'onda c a p a n e a dell'"io son quel ch'era al v i v e r al m o r i r e " ( I , 4 8 ) ,
v e r s o - c h i a v e dell'intero e p i s o d i o , l'Aretino inscena u n r o v e s c i a m e n t o
infernale dell'Innamorato e del Furioso, i n d i s t i n t a m e n t e coinvolti nella
r i p r o p o s i z i o n e - s o p p r e s s e nell'aldilà le p r o s p e t t i v e s p a z i o - t e m p o r a l i
terrene - dei p e r s o n a g g i di A g r i c a n e , A g r a m a n t e , Truffaldino, G r a d a s s o
e M a n d r i c a r d o , tutti coalizzati contro l'indomabile R o d a m o n t e su un
r o b o a n t e sfondo t a r t a r e o :
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L'immobil terra, ch'ode il ciel che freme
e sente il centro ch'aspro suon rimbomba,
non sa che farsi e sbigottita teme
l'eccelso albergo e la tartarea tomba;
di giù fanla tremar le voci estreme
lettore quasi bisognoso di un risarcimento e di una compensazione, in attesa di
quel "miglior plettro" non a caso auspicato dall'autore stesso; la vittoria di
Ruggero, adibita a finale fregio classicistico del poema da un Ariosto ribelle, in
questo caso, alle più generali aspettative di un pubblico già allertato dal Boiardo
in direzione di una storia ben diversa" (251-52).
Si ricordi la spavalda sfida del Rodamonte appena coniato dal Boiardo: "Poi
che battuta avrò la terra, ancor nel paradiso io vo' far guerra" (II, I, 64) e poco
oltre: "In celo e ne l'inferno il re Agramante/ seguirò sempre, ο passarogli
inante" (II, I, 65). La narrazione aretiniana delle vicende ultraterrene del re di
Sarza (che nell'oscillazione tra i due nomi di Rodamonte e Rodomonte ribadisce
la duplice fonte) ha una trasmissione indipendente ed anonima - l'Opera nova
del superbo Rodamonte - fin dai primi anni del terzo decennio del Cinquecento.
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I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
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e di sù Ί fuoco ch'alta nube piomba,
tal ch'en dubbio confuso pensa il mondo
se Ί fin suo è ne l'alto ο nel profondo.
Sol del gran re di Sarza l'ombra forte,
dal corpo altier fieramente espedita,
che (pur che ci pensasse) da la Morte
per forza si faria render la vita,
di nulla teme e per vie dritte e torte
col pensier rio già la vittoria addita:
vuoi regnar qual Plutone e con voce alta
sul ponte de l'inferno ardita salta . (I, 60-61)
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L ' o v v i a s o v r i m p r e s s i o n e iconografica e lessicale dell'Inferno
d a n t e s c o v i e n e distorta da un g i g a n t i s m o (e piuttosto inevitabile è il
r i m a n d o ai giganti di Giulio R o m a n o ) a s s e c o n d a t o da tutto un
a p p a r a t o di a n n o m i n a z i o n i , allitterazioni, p a r a n o m a s i e , c h i a s m i e,
p r e v e d i b i l m e n t e , o s s i m o r i ed adynata, da valutare a n c h e c o m e
c o m p e n s a z i o n e s o n o r a all'affievolimento della m a r c a " o r a l e " dei
modelli:
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Ecco i folgori scender dal pol alto,
d'orror focoso e orribil foco armati
(mugghiono i tuoni, quei prendendo il salto),
e i nuvoli disfarsi, arsi e spezzati;
crolla il furor tutto il terrestre smalto.
Son gli infernali dei sì spaventati
che Ί padre lor dice tremante e fioco:
- Qual foco è quel che Ί mio spegner vuol foco? (I, 58)
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Evidente il riecheggiamento delle atletiche e già piuttosto esagerate prove di
Rodomonte durante l'assedio di Parigi nel Furioso: "il re di Sarza (come avesse
un'ala/ per ciascun de' suoi membri) levò il pondo/ di sì gran corpo e con
tant'arme indosso,/ e netto si lanciò di là dal fosso" ( XIV, 129).
Nonché ai "giganti più esagerati e grotteschi" di Giulio Romano, Romei
associa i "supereoi" della Marfisa ai "grandiosi pupazzi di Pellegrino Tibaldi"
(31). Ma i rapporti dell'opera aretiniana con la pittura coeva sono tutt'altro che
monodirezionali, moltiplicandosi e contraddicendosi con il moltiplicarsi e il
contraddirsi dei percorsi di scrittura del Nostro. Idealmente può funzionare
l'assai sghemba triangolazione Michelangelo - Giulio Romano - Tiziano,
corrispondente alle tre aree (Roma-Mantova-Venezia) di gestazione e
maturazione della più proficua fase artistica dello scrittore. Per un
approfondimento in questa direzione, con ulteriori punti di fuga su Arcimboldo
e Tintoretto, cfr. Larivaille, Pietro Aretino 247-56 e passim.
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F e d e r i c a Capoferri
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Preso l'abbrivio del s u b l i m e , l'Aretino finisce col ritrovarsi su un
terreno piuttosto rischioso, c h é , tra impossibilia e mirabilia, e m p i furori
ed infrenabili ardori, n o n soltanto le distanze tra cielo ed inferno, ma
a n c h e tra cielo e cielo finiscono p e r saltare:
Quando il gran Dio sentì giunger là suso
l'orribil suon di strani accenti rei,
ne la maestà sua restò confuso,
sè restringendo agli altri sommi dei.
D'ira santa infiammato guarda giuso,
ove lo spirto aver crede i trofei
ed è già là con l'alto pensier dentro
de l'ardente, gelato e tristo centro.
Dio mira e vede le tartaree genti
corse a furor su l'infelici mura,
et aciò che Ί ministro d'e tormenti
non tenti inpresa fuor d'ogni natura
e 'n mano avendo duo folgori ardenti,
per far al rio fratel danno e paura
gli aventa irato e l'uno e l'altro telo
accennò d'abruciar questo e quel cielo. (I, 57 bis e ter)
La c o n t a m i n a z i o n e tra il D i o irato della cristianità e il G i o v e
fulminans della m i t o l o g i a p a g a n a (toccherà al T a s s o far rientrare in p i ù
autorizzati confini il g r a n d i o s o scontro tra forze divine e forze infernali)
s e g n a il p e r i c o l o s o apice - e se ne a c c o r g e r a n n o sensibili a n t e n n e
c e n s o r i e - di un p r o c e s s o di dilatazione "artificiata" del dettaglio, ch'è
p o r t a t o n o n s e c o n d a r i o della " g r a m m a t i c a v i s i v a " p r o m o s s a dalla
s t a m p a e p r e c o c e m e n t e assimilata dall'Aretino ( G u a r d i a n i 1014). Partito
da u n a sorta di letteralizzazione del finale del Furioso e r e c u p e r a t a certa
virulenza
dell'inventio
dell'Innamorato , l'Aretino si s c o n t r a c o n
l'impossibilità di
far funzionare
appunto visivamente
la sua
15
16
Le due ottave vengono reintegrate da Romei con la numerazione bis e ter e
con l'espediente grafico del corsivo su un esemplare probabilmente censurato
proprio per gli incauti equivoci teologici dell'Aretino.
Di notevole rilievo il recupero, mantenuto attivo anche nei poemi successivi,
del Boiardo, in tempi di crescente ernarginazione e di massici interventi
"cosmetici" sull'Innamorato (Beer 142). L'emendamento del poema boiardesco,
d'altra parte, ha tentato - non senza implicazioni ferocemente antibernesche l'Aretino persuaso dall'"eroica bellezza" dell'Innamorato ma insoddisfatto del
suo essere "tessuta trivialmente ed esplicata con le parole de la antichità
plebeia" (in Bruscagli 245).
15
16
I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
53
t r a s p o s i z i o n e infernale: private del f o n d a m e n t a l e e l e m e n t o c o r p o r e o
(non p e r nulla c o n t i n u a m e n t e e v o c a t o in absentia), le a v v e n t u r e
ultraterrene di R o d o m o n t e s'arenano in concettosi s t r a t a g e m m i di
rilancio:
Ei, ch'ardea di rabbiosa ira e di sete,
senz'altro dir ne l'onda ria gittossi.
Come il nero gustò liquor di Lete
d'esser estinto e far guerra scordossi,
tal che, carco d'oblio, con voci quete
per via solinga ond'ei partì tornossi;
tornò dove l'antica profezia
del re di Caramanta s'adempia. (I, 103)
17
Il grottesco insidia il s u b l i m e all'altezza del " m e r a v i g l i o s o " : è u n o dei
n o n i n d e g n i risultati i m p l i c i t a m e n t e esegetici ed autoesegetici di un
esercizio di scrittura che va o r m a i g e t t a n d o p o n t i tra l'"imitazione s e r i a "
e la " p a r o d i a seria" ( g e n e t t i a n a m e n t e , tra forgerie e transposition ).
La c o m m i s t i o n e di Innamorato e Furioso p r o d u c e un d o p p i o
p e r c o r s o imitativo: di c o n t i n u a z i o n e s p a v a l d a m e n t e letterale di nuclei
tematici ο di fugaci prolessi r i m a s t e s e n z a s e g u i t o 1 9 n e i d u e m o d e l l i
p r i m a r i e di d u p l i c a z i o n e e s p o n e n z i a l e , più ο m e n o deviata, di alcuni
loro episodi-chiave. Su quest'ultima linea d'azione si s n o d a il t r a p i a n t o
dello s c h e m a del consiglio di A g r a m a n t e dell 'Innamorato sull'episodio
d i A s p r o m o n t e , apice del g i g a n t i s m o aretiniano. P r e c e d u t o d a u n a
ottava t u r g i d a di sonorità o n o m a t o p e i c h e - correlative di " u n terribil
valor che v o l e e p o t è , / n o n p e n s a t o dal stil c h e se c o n f o n d e " - il n u o v o
consiglio di Biserta cresce su quello b o i a r d e s c o , a l t e r n a n d o la ripresa
testuale ("trenta d u e teste ornate di c o r o n e / a la m a e s t à sua tributo
18
17
Attorno al "meraviglioso" si snoderà buona parte delle discussioni sul poema
epico della seconda metà del Cinquecento. Fin dai primi anni venti del secolo,
del resto, l'influente Mario Equicola esprimeva forti riserve sulle "fictioni
impossibili" dei poemi epici coevi, con implicita censura anche delle più
esagerate invenzioni ariostesche (Beer 208-09).
Fondamentali per ogni discorso sulla parodia, queste ed altre categorie
vengono elaborate in Gérard Genette, Palimpsestes. La littérature au second
degré, Paris: Seuil, 1982, pp. 33-37.
Sintomatico l'inveramento nella Marfisa della profezia del re di Garamanta
("E Rodamonte con sua gran possanza/ diverrà pasto de' corbi de Franza",
Orlando innamorato, II, 1, 60) che con gusto macabro-surrealistico porta
l'ombra del re di Sarza a combattere con "lo stuol d'e corvi in color ner dipinto"
(I, 106) che assedia "il suo corpo miserabilmente/ senza sepolcro, pien
d'oltraggio e scorno" (I, 104).
18
19
F e d e r i c a Capoferri
54
20
d a n n o " ) a d u n a distorsione " p u n t u a l e " del m o d e l l o c u l m i n a n t e nella
d e s c r i z i o n e della sala istoriata del p a l a z z o di A s p r o m o n t e :
Di parlare in parlar, di cosa in cosa,
voltarsi a contemplar la loggia altera
che in sè tene opra sì meravigliosa
ch'a prova è l'arte assai del ver più vera.
Nel primo quadro è la torre famosa
del gran Nembrotte e la vil turba v'era
ch'atende a l'edifizio e ognun s'adopra
perch'a onta di Dio si compia l'opra.
Nel secondo è l'istoria d'e giganti,
orridi figli a l'universa Terra:
dico lo stuol d'e crudei frati erranti
che Ί ciel prender tentar con nuova guerra.
Guardano insuso in sì fieri sembianti
che ciascun che gli mira il volto atterra,
però ch'ha 'l solo e pellegrino ingegno
posta un'altra natura nel disegno.
Nel spazio ultimo è finto il crudo inferno,
corso da l'uno e l'altro semideo
con lor gloria e disnore e duolo interno
del tristo imperator del centro reo.
Veggonsi vivi dentro al fuoco eterno
quei che con l'arme, e non col suon d'Orfeo,
domar le Furie e portar fieramente
l'anima e Ί corpo a la città dolente. (II, 61-63)
21
" P r o p o s i t o di strabiliare il lettore con l'ostentata g r a n d i o s i t à della
s c e n a " (Franceschetti 1040), c e r t a m e n t e ; m a v o r r e b b e dire i g n o r a r e
l'accertata abilità p a r o d i c a dell'Aretino e s c l u d e r e a l m e n o il s o s p e t t o di
u n a increspatura ironica, n o n foss'altro che p e r gli effetti a n a m o r f i c i
dell'ostentato c i t a z i o n i s m o . N o n p e r nulla, p r o p r i o q u a n d o s i c o m i n c i a
22
Trasparente la ripresa di Orlando innamorato, II, 1, 18: "Fece Agramante a
consiglio chiamare / trentaduo re, che egli ha in obidïenzia".
La descrizione va letta, naturalmente, in controcanto alla sala istoriata con le
gesta di Alessandro del palazzo bisertiano di Agramante (Orlando Innamorato,
II, I, 21-30), anche a valutare quanto dell'"oltra misura" boiardesca sia alle
origini della dismisura aretiniana.
Escludendo ogni "intento di far ridere ο sorridere il lettore per l'assurdità di
quanto sta succedendo ο di quanto si sta dicendo" (1040), Franceschetti
rimanda piuttosto ad un effetto di "meraviglia" anticipatore di "un troppo
20
21
22
I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino
55_
a sospettare nelle pitture sacrileghe e pornografiche della p r i m a giornata
del Ragionamento un irresistibile pendant agli affreschi del p a l a z z o di
A s p r o m o n t e , il gesto emulativo si lascia tentare, con abile preterizione,
dalla strategia tipicamente aretiniana del " c a m e o " a u t o p r o m o z i o n a l e :
La bontà di Salastro ognuno adora
perch'a l'ira del re dispenna i vanni,
nè trapassa già mai punto nè ora
che non salvi qualcun posto in affanno.
Se non che biasmo sè lodando fora,
direi: tale vivea col gran Giovanni
un ch'amo e tengo in cuor quasi me stesso;
ma sè proprio lodar non è concesso. (II, 8 7 )
23
P r o s e g u i m e n t o inedito e r a d d o p p i a m e n t o del n o t o s'intrecciano in
un altro episodio d'appoggio al "riattraversarnento del Furioso v e r s o
l ' I n n a m o r a t o " (Bruscagli 258) della Marfisa: la riapparizione di
A n g e l i c a , questa volta in c o m p a g n i a di M e d o r o , nel terzo canto del
p o e m a , " n u o v a m e n t e dal proprio auttor a g g i u n t o " (Poemi cavallereschi
120) ai d u e precedenti nei dintorni del 1535. Trasposti su u n a tessitura
petrarchista gli effetti dell'"Invido A m o r " (III, 1) sperimentati dagli
amanti di A n g e l i c a ed a c c e n n a t o il m o t i v o del "vii fante" (III, 2 ) ,
24
famoso e troppo a lungo frainteso verso di Giambattista Marino" (ib.). Ma, a
parte l'eloquente esplosione di riso dei vari re di fronte alle paradossali e
blasfeme strategie suggerite da Dorione per conquistare il cielo (II, 73-75),
vanno sempre tenuti sullo sfondo i mirabili esercizi parodici dell'Aretino
commediografo ed autore dei Ragionamenti. Dell'assoluta serietà della Marfisa
(e de Le lagrime d'Angelica) è convinto anche Larivaille (Pietro Aretino 91-94),
attento interprete dei procedimenti parodici di altre opere aretiniane (e
fondamentale anche per un inquadramento della produzione epica dell'Aretino
nel capitolo dell'imitazione rinascimentale è il suo "La 'grande différence entre
les imitateurs et les voleurs': à propos de la parodie des amours de Didon et
d'Enée dans les Ragionamenti de l'Arétin" [cfr. Bibliografia]). Più incline alla
lettura ironica è Bruscagli, che scrive di un "assemblaggio straniato di 'pezzi'
fin troppo famosi, tutt'altro che evocati nelle pieghe di un'arte allusiva ma, al
contrario, ironicamente 'citati' nella loro emblematicità" (260-61).
23
Il "gran Giovanni" è Giovanni dalle Bande Nere, al seguito del quale
l'Aretino ripara dopo la violenta rottura con la corte romana. Sul legame
d'amicizia e di stima che unisce l'Aretino a Giovanni de' Medici (morto nel
1526) cfr. Larivaille, Pietro Aretino 81-86.
Mentre il binomio gelosia-sdegno di Marfisa III, 1 e III, 3 può ancora
rimandare, malgrado una notevole diffrazione semantica nel secondo termine,
all'allegoria della lotta di Rinaldo contro il mostro della Gelosia e dell'incontro
liberatore con lo Sdegno (Orlando Furioso XLII, 46-54), la pazzia di Orlando si
24
F e d e r i c a Capoferri
56_
l'Aretino ritenta la strepitosa scena b o i a r d e s c a ( " m a n o v a c o s a c h e e b b e
ad apparire/ fe' lui con gli altri i n s i e m e sbigotire". Orlando Innamorato,
I, I, 2 0 ) :
Ma un nuovo raggio ch'in la sala viene
d'alma beltà ch'ingombra ogn'altra vista
pon fine al tutto e qui pascier sua vista.
Angelica è costei, ch'a veder viene
per fama la gran festa e 'n prima vista
angelo in gli occhi di ciascun appare;
col bel Medor che da lei viene appare. (III, 19)
Sul v e r s a n t e della m i m e t i z z a z i o n e , p r o p r i o all'altezza della replica, la
m e m o r i a dell'Innamorato v i e n e annullata nel suo r a d d o p p i a m e n t o (e la
r i m a e q u i v o c a è spia stilistica piuttosto trasparente) a t t r a v e r s o la
d e s c r i z i o n e degli effetti prodotti dalla bellezza effeminata, d e c i s a m e n t e
m a n i e r i s t a se n o n già b a r o c c a ("un n u o v o G a n i m e d e , un altro A d o n e / è
M e d o r , ch'arde in lui l'un l'altro s e s s o " (III, 2 8 ) , del c o m p a g n o di
A n g e l i c a sulle d a m e della corte carolingia:
Non meno in tanto amor sprona e martella
l'angelica beltà, ma vie più assai
scorge in la festa ogni donna e donzella,
che volti han sempre al bel Medor i rai.
Se ben tra le più belle ella è più bella,
pensa s'amor Medor movesse mai
d'una nuova beltà ch'in Francia scorga,
ο meno ο più di lei, ch'Amor gli porga. (III, 2 7 ) .
25
stempera in una sentenza generale: "Invido Amor.../ onde il libero arbitrio a
l'uom si svelle" (III, 1). È degno d'interesse che anche in seguito il tema della
follia di Orlando venga affrontato con estrema cautela dall'Aretino: "Ma
Orlando, che dal ciel reso gli fu/ per man d'Astolfo il senno e d'amor sepolto,/ di
quanto arse per lei non mai più/ di lei gli calse, anzi libero e sciolto,/ da ch'ei
l'ha vista, nè più sù nè giù/ ver lei si move nè a guardarla è volto" (III, 23).
La trovata viene perfezionata ed impreziosita ne Le lagrime d'Angelica, dove
alla vista del solo ritratto di Medoro precipitano successivamente "Alda, che in
altro foco unqua non arse/ di quel ch'accese a lei pudico amore" (II, 19),
Bradamante, che arrossendo "mostrò fore/ che la nuova bellezza tocco le have /
l'alma de cui Ruggier serba la chiave" (ib.) e - con buona intuizione - la
vergine guerriera Marfisa: "con l'anima un sospir Marfisa crea/ che l'aere e Ί
silenzio in uno ha rotto,/ ond'ogniun parla. Carlo sorridea/ (qual uom per lunga
esperienzia dotto)/ de l'incauto sospir nato et estinto/ mercè del vivo e bel
giovin depinto" (II, 20).
25
I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
57
C o n l'intervento dell'invisibile M a l a g i g i , la distorsione dell'archetipo
b o i a r d e s c o p r o v v e d e a saturare i n o n attuati p r o p o s i t i ariosteschi di
p u n i z i o n e della s u p e r b a A n g e l i c a ( L e o 7 - 1 1 )
con un grottesco
c o n t r a p p a s s o . A b i l e a m m i n i s t r a t r i c e delle p r o p r i e grazie e, fino
all'incontro c o n M e d o r o , e l u s i v o o g g e t t o del d e s i d e r i o m a s c h i l e , nella
Marfisa A n g e l i c a v i e n e i m p i e t o s a m e n t e e s p o s t a agli s g u a r d i della corte
carolingia da u n o spirito a b b a s t a n z a scaltro da p r o v v e d e r e " a c c i ò l'anel
nè in m a n nè in b o c c a p i g l i " (III, 4 2 ) :
26
Lei chiama in van soccorso e in aer sembra
una più bella vergin ratta in Dio.
Medor lei guarda e nel guardar si smembra,
nè può aitarla e duolsi al mondo e a Dio.
Già quasi ognun le belle ascose membra
tra i drappi scierne e ognun supplica a Dio,
nè v'è chi vede ο scorga ο chi comprenda
che la beltà del mondo vilipenda. (III, 43)
Beffarda allusione a sacre a s s u n z i o n i ( a n c h e in corto circuito c o n i
coevi
componimenti
religiosi
aretiniani ),
voyeurisme
ed
a m m i c c a m e n t o p o t e n z i a t o al sistema d a n t e s c o di m e s s a in r i m a del
divino ( " C r i s t o " c h e r i m a solo con se stesso, n o t o r i a m e n t e ) p r e p a r a n o il
terreno ad u n ' e s a g e r a z i o n e a s c e n d e n t e u g u a l e e contraria alla
m i r a b o l a n t e discesa agli Inferi del s e c o n d o canto. Ma gli sviluppi
m e l o d r a m m a t i c i e favolosi dell'avventura aerea di A n g e l i c a c o n d a n n a t a a m o r t e c o n s o m m o g a u d i o dello s d e g n a t o M e d o r o m a
impossibilitata a m o r i r e p e r l'indesiderata ed i n e v i t a b i l m e n t e c o m i c a
a z i o n e dei v e n t i - s o n o già tutti orientati v e r s o l'altro p o e m a " s e r i o " ,
Le lagrime d'Angelica, p u b b l i c a t o tra i d u e e s t r e m i del 1536 e del 1 5 3 8 .
27
28
E ariostesco è il flash-back che prepara la scena: "Dico, se vi ricorda, signor,
quando/ salvò Ruggier lei da l'orribil mostro/ de l'orca e quando Sacripante e
Orlando/ lor valore al ben d'essa ognun ha mostro,/ poi mandò di sue grazie
ognuno in bando,/ avuto il voler suo, come anch'ai nostro/ tempo assai donne
fan, qual, poi che prendono/ da l'uomo piacer, discortesia gli rendono" (III, 33).
Per una lettura ricca di impliciti suggerimenti in questa direzione cfr. Mario
Scotti, "Gli scritti religiosi", Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita,
cit., t. 1.
Apice parossistico della danza aerea di Angelica (conclusasi con una sorta di
finale assunzione) è la contrapposizione tra la donna disperatamente sospesa nel
vuoto e Medoro di sotto anelante "ch'ella in terra schianti" (III, 107), ormai
persuaso dell'infedeltà della donna nientedimeno che con lo spirito evocato da
Malgigi.
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27
28
F e d e r i c a Capoferri
58
Profilato fin dalla p r i m a ottava nel p r o p o s i t o di c a n t a r e le p e n e
29
d ' a m o r e d'Angelica di fronte ad un indifferente M e d o r o , il l e g a m e a
d o p p i o n o d o tra la Marfisa e i d u e canti dell'Angelica v i e n e c o n s o l i d a t o
dalla r i p r o p o s i z i o n e di versi, intere ottave, situazioni e s c h e m i narrativi.
Offerta d i l a z i o n a t a nel t e m p o d i u n m e d e s i m o p o e m a , p r o d o t t o ancipite
di u n o stesso p r o g e t t o i n c a p a c e di configurarsi o r g a n i c a m e n t e ο ipotesi
di lavoro c o n d o t t a su versanti diversi, la Marfisa e Le lagrime
d'Angelica si f r o n t e g g i a n o s e c o n d o d i n a m i c h e tutt'altro c h e u n i v o c h e .
S o v r a p p o s i z i o n i e diffrazioni s'alternano nel r a p p o r t o m u t u a l m e n t e
intessuto dai d u e p o e m i , riaffermando u n a " c o a z i o n e a r i p e t e r e "
(Bruscagli 2 6 3 ) c h e si c o m p l i c a nella mise en abîme autoreferenziale,
c o m e se ai d u e archetipi b o i a r d e s c o ed ariostesco si fosse a g g i u n t o un
ideale archetipo a r e t i n i a n o .
30
Il p r o c e s s o - p a r a d o s s a l m e n t e destrutturante - d'amplificazione di
alcuni luoghi obbligati del p o e m a e p i c o si c o m p l e t a ne Le lagrime
d'Angelica
con
la
trasformazione,
quasi
transcodificazione,
dell'elemento erotico da m e c c a n i s m o allegorico-narrativo a m o v e n t e
m e l o d i c o , t e m a p e r u n a raccolta d i madrigali:
Non di rosa pallor nè di viola
che sole ο pioggia affliga in loro stelo,
non pallidezza di leggiadra e sola
vergine pastorella che il bel velo
ο tronco ο sterpe fuggendo le invola,
veduto il serpe, quanto avanza il cielo,
29
Cfr. I, 1: "Io vorrei dir la donna ch'ebbe il vanto/ di leggiadra et angelica
bellezza,/ la qual l'amato ben sospirò tanto/ che depose la gioia e l'alterezza, et
imparato a pianger con quel pianto/ che ad altri insegnò già la sua durezza:/
Medor, pur chiama in suon languido e fioco,/ che non l'ascolta e 'l suo mal
prende a gioco". Di fatto, l'unico "castigo" inflitto ad Angelica si ha nella
chiusa della Marfisa. Fondamentale tener presente sullo sfondo il celebre esame
di Ulrich Leo sui continuatori dell'invito ariostesco a continuare le vicende di
Angelica e Medoro (Orlando Furioso XXX, 16: "Quanto, Signore, ad Angelica
accada/ dopo ch'uscì di man del pazzo a tempo;/ e come a ritornare in sua
contrada/ trovasse e buon naviglio e miglior tempo,/ e de l'India a Medor desse
lo scettro,/ forse altri canterà con miglior plettro"). Leo ipotizza la diretta
cessione da parte dell'Aretino dell'idea, effettivamente molto aretiniana, della
prostituzione punitiva, di contrappasso, all'Angelica Innamorata (1550) di
Vincenzo Brusantini (30-37).
30
In questa direzione si può leggere il riattraversamento fisico e mnemonico dei
luoghi e degli episodi legati all'assedio di Albracca nell'Innamorato, con
Angelica in veste di puntuale guida e relatrice per l'incuriosito Medoro (I,
69-80).
I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
59
non languido color di fior reciso
rassembla quel de l'angelico viso. (I, 85)
Il registro idillico e il linguaggio petrarchista frenati nella Marfisa
da un correttivo ironico di m a r c a a r i o s t e s c a trionfano nelle soavi
descrizioni di A n g e l i c a e M e d o r o de Le lagrime d'Angelica, d i r o t t a n d o
v e r s o un i m p i a n t o narrativo solo con l'apparizione di S a c r i p a n t e , il
fedele ed infelice a m a n t e cui già s'intitolava la c a n d i d a t u r a al " m i g l i o r
p l e t r o " di L o d o v i c o D o l c e ( L e o 12), strenuo difensore dell'Ariosto e
i n t i m o d e l l ' A r e t i n o . Introdotto sulla falsariga dell'incontro di O r l a n d o
con Origlile nell'Innamorato e s o s p e s o in funzione di p o t e n z i a l e
destinatario d i u n ' e n i g m a t i c a a v v e n t u r a rimasta s e n z a s e g u i t o ,
S a c r i p a n t e r i c o m p a r e ne Le lagrime d'Angelica c o m e interlocutore di
u n a p r o s t r a t i s s i m a donzella, "sì m e s t a e sì trafitta,/ d'affanni carca sì, sì
da duol cinta,/ che tanti sospir crea, tanti ne gitta" (I, 6 4 ) :
31
32
33
Ma varco ormai a quella donna, a quella
che ne la passion mesta e tremante
comparse oscura, quasi vile ancella,
nel conspetto real di Sacripante;
la qual dopo i saluti gli favella:
- Ο cavalier, per quel ch'io veggio, errante
e pien di guai e colmo anco de doglia,
dolore è il mio, sia il tuo che duol si voglia. (II, 21)
N o n al cavaliere errante, ma all'amante " c o l m o a n c o di d o g l i a " e
p e r s u a s o degli effetti catartici dell'ascolto del " m a l d'altrui" (II, 2 3 ) ,
l ' a n o n i m a d o n n a - contro le a p p a r e n z e "di re figliuola e m o g l i e r e e
Cfr., anche per la tecnica dell'entralacement, Marfisa II, 23: "Ma le bellezze,
a l'altrui morte pronte,/ per cui sospira il ponente e 'l levante,/ m'avean quasi di
mente tolto il ponte/ ove ascese pur dianzi Sacripante".
Il Sacripante di Lodovico Dolce viene pubblicato nel 1536 ma la
composizione risale al 1520. Il Dolce, autore di un fortunato Commento al
Furioso (pubblicato nel 1542) e di una Apologia del 'Furioso" (1535) è tra le
figure-chiave di quel "group of Venetian publishers and their editors"
precocemente intento alla legittimazione del poema ariostesco (Javitch 31).
Marfisa II, 43: "La real donna al verde tronco avea/ le treccie d'or lucente
avinte in guisa/ ch'arte nè forza scior non le potea". Da cfr. con Orlando
innamorato I, XXIX, 52: "Sulla ripa del fiume, ad un bel pino/ stava una dama
per le chiome impesa". La nota al passo dell'Innamorato informa che una
donzella appesa ad un albero per i capelli si trova nel Lancillotto del Lago.
Nella Marfisa, l'episodio - salvo un fuggevole recupero in II, 108 - non ha
seguito.
31
32
33
Federica Capoferri
60
sorella" (II, 24) - narra u n a storia di inscalfibile d e d i z i o n e a m o r o s a ,
ripagata con luttuosi inganni ed a b o m i n e v o l i crudeltà. A t t r a v e r s a t o
lievemente dal ricordo dell'Olimpia a b b a n d o n a t a da B i r e n o nel
F u r i o s o e p o s s e n t e m e n t e da quello del B o c c a c c i o più tragico e sadico
(tra la IV Giornata e la novella di Griselda conclusiva del Decameron),
il racconto riprende i mortali supplizî prospettati in astratto ad A n g e l i c a
nel terzo libro della Marfisa, ed ora c o n c r e t a m e n t e inflitti dal c r u d e l e
marito alla t r o p p o i n n a m o r a t a m o g l i e . Sacrificati - dietro m e n d a c i
p r o m e s s e di p a c e e p a r e n t e l a - la famiglia e il r e g n o al feroce
c o n s o r t e , la d o n n a , oltrettutto sul p u n t o di partorire, v i e n e dal
m e d e s i m o c o n d a n n a t a a m o r t e per p u r o odio. Tutti i tentativi
d'esecuzione v e n g o n o agiograficamente inficiati da eventi m i r a c o l o s i : il
cespuglio di spine si ritira; la c o r d a si spezza; il v e l e n o risulta
inefficace; il coltello v i e n e fermato da A m o r e all'altezza del ritratto
dell'amato carnefice; le d e e m a r i n e evitano l ' a n n e g a m e n t o , u n a
t r e m e n d a p i o g g i a s p e g n e il r o g o ; la spada del boia colpisce di piatto; il
leone ha pietà della g i o v a n e età della d o n n a ; d o l o r e e l a g r i m e
i m p e d i s c o n o la m o r t e per fame; le frecce scagliate dai s e m p r e più
pietosi sodali del rio m a r i t o v e n g o n o dirottate dal v e n t o . Infine, c o m e
nella Marfisa, l'espediente della torre " c h e col ciel c o n t e n d e a d'altezza
q u a s i " (Le lagrime d'Angelica II, 61):
34
35
I panni d'or, gonfi da i venti, fanno
al mortal cader mio vivo sostegno,
tal che senza disconcio e senza affanno,
quasi ch'io fosse di penne, giù vegno.
Questo ultimo miracol d'ogni danno
mi ristorò, perchè il mio sposo degno
in tal compassione a un tratto cade
che pianse di stupore e di pietade. (II, 62)
L'happy ending è n e g a t o dalle p r e m e s s e stesse del r a c c o n t o ( n o n c h é
dalla difficoltà di far rientrare senza i dovuti contrappesi l'eccesso di un
Tanto il ricordo di Olimpia (Furioso IX, 19-94; X, 1-34; XI, 54-83), quanto
quello più massiccio di Marganorre (Furioso XXXVII, 38-122) nell'ultima
parte della Marfisa depongono a favore di una - forse fatale - interferenza della
terza edizione del poema ariostesco nella stesura delle parti "conclusive" dei
due poemi aretiniani.
Lagrime dAngelica II, 37: "Il mio nodo arse e uccisemi il fratello/ su gli
occhi al padre, e la madre infelice/ dinanzi al figlio, e passò d'un coltello/ in
grembo a me, semplice traditrice,/ chi l'esser diemmi; e dopo il caso fello/ e
seco mi mena, e non mel contradice/ vederlo io molle del mio sangue giusto,/
che tutto potè Amor spietato e ingiusto".
34
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I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
61
exemplum tanto n e g a t i v o ) : g u a r d a n d o , c o n " l u c i " o r m a i " m e s t a m e n t e
p i e " (II, 66) la d o n n a , il ritrovato sposo c o m i n c i a a s p e r i m e n t a r e ad u n o
ad u n o , interiormente ma con concreti effetti esteriori, tutti i t o r m e n t i
inflitti alla narratrice, finché, giunto al p e n s i e r o della torre, schianta di
dolore, m o r e n d o tra le sue braccia ("e gli fur q u e s t e braccia, ahi sorte
dura!,/ gioia, duol, vita, m o r t e e s e p o l t u r a " II, 7 5 ) . S e n o n c h è , la c h i a v e
di lettura dell'episodio offerta dall'Aretino nelle battute " c o n c l u s i v e " del
p o e m a rilancia e c o n f o n d e i rapporti di c o l p a e d'espiazione,
s c o n v o l g e n d o n e gli equilibri didattico-allegorici:
Io so ben che il suo fin, d'amanti essempio,
gran giustizia è d'Amor, ma dovea io
patir per lui perchè Ί suo cor fece empio
natura no, anzi il peccato mio;
ma il ciel mi face (per cui di duol m'empio)
de l'error più di lui pagare il fio;
e che sia Ί vero, ei gì del mondo fora
sola una volta et io vi vado ogn'ora. (I, 77)
La p r o v o c a z i o n e resta sospesa, b l o c c a t a da un m i s t e r i o s o e terribile
" r u m o r c h e direste, ο c a d e il mondo,/ ο il c e n t r o ha fin sotto il terrestre
p o n d o " (II, 78), sul quale si c h i u d e - c o n u n a insaturata p r o m e s s a di
seguito - il p o e m a . Ma u n a v e r s i o n e c o m p i u t a m e n t e e s f r o n t a t a m e n t e
" d i d a t t i c a " dell'episodio l'Aretino già l'aveva offerta nella s e c o n d a
giornata del Dialogo , inserendola tra gli a m m a e s t r a m e n t i della N a n n a
" a P i p p a sua [sul]le poltronerie degli u o m i n i i n v e r s o d e l e d o n n e "
( R a g i o n a m e n t o 3 1 5 ) . A n t i c i p a n d o c o n " s i n g o l a r e ed astuto battage
pubblicitario" ( R o m e i 30) il r a c c o n t o de Le lagrime d'Angelica, il
Dialogo s'arresta s a g a c e m e n t e sul climax:
36
NANNA:...La torre toccava quasi il cielo coi merli; e non era niuno dei
manigoldi che l'avevano a tra giuso, che gli bastassi l'animo di mirar la
gente, la quale con le ciglia tese aspettava il volo che suo malgrado
doveva far colei che, in migliore stato, tutta si racapricciava guardando
ogni poco di profondità. Il sole che a quella otta luceva in tutta
bellezza, per non vederla rovinare si nascose fra le nugole; ed ella datasi
a piagnere, fece con gli occhi un Tevere e uno Arno. Ma non piagneva
per la paura de lo avere a fiaccarsi e a rompersi cadenso: ella si
vergognava di riscontrare lo spirito di suo padre ne l'altro mondo; e già
36
Accolgo, perchè più probabile, la sequenza cronologica delle due opere
proposta da Romei, anche se la tipica strategia aretiniana dei rilanci deformati
di un medesimo materiale non escluderebbe a priori il rapporto inverso.
Pressoché contemporanea, comunque, è la genesi dei due testi.
F e d e r i c a Capoferri
62_
le pareva che, in presenzia de l'anima de la madre, le dicessi: Ό Cielo!
ο Abisso! ecco colei che mi spogliò quella carne con la quale la vestii'.
PIPPA: Io son commossa.
NANNA: Non ti sbigottire anco. Ella sentendosi sospingere da mano
crudele, alzò la voce dicendo: Ό voi che rimanete doppome, scusatimi
con chi è e con chi sarà, che io errai più d'ogni altra per amare più
d'ognuna...' (Ragionamento 402-03)
37
Interrotto dallo s v e n i m e n t o della P i p p a , "la q u a l e " - i m p o r t a n t e
dettaglio m e t a n a r r a t i v o - " v e n n e m e n o ne lo scagliarla giù de la torre
c o n le p a r o l e " ( 4 0 3 ) , il r a c c o n t o ha di fatto esaurito la s u a f u n z i o n e
strutturale, l a d d o v e sulla c o n c l u s i o n e " n a r r a t i v a " del c o r r i s p o n d e n t e
e p i s o d i o sfuma p a r a d o s s a l m e n t e ogni illusione d'epilogo de Le lagrime
d'Angelica .
38
A n o n sfumare, nel g i o c o o r m a i v e r t i g i n o s o di incastri, travasi,
repliche e scollamenti, è la c h i m e r a del p o e m a e p i c o , r i p r o p o s t a su q u e l
v e r s a n t e a u t o p a r o d i c o che s'andava p r o d i t o r i a m e n t e infiltrando nella
c h i u s a de Le lagrime d'Angelica:
Per colpa tua, cronichista ignorante,
nulla tenensis, vescovo Turpino,
dietro carotte ci caccia il Morgante
et il Boiardo e Ί Furioso divino;
per le ciacchere tue e fole tante
fa dir Marfisa al gran Pietro Aretino,
vangelista e profeta, e tal bugia
che un monsignor se ne vergogneria. (Orlandino I, 3)
A n n e s s i o n e trionfale ed i m p e r t i n e n t e al c a n o n e ( s t r a t e g i c a m e n t e
allargato al Morgante p u l c i a n o 3 9 ) della Marfisa e, a s s i e m e , p a l i n o d i a di
quella m e d e s i m a e s p e r i e n z a e di un'intera tradizione:
37
A questo stadio la confluenza con Le lagrime dAngelica è quasi totale: "Voi,
che dopo di me sete rimasi,/ con chi viene scusatemi, ch'errai/ d'ogni altra più,
che più d'ogni altra amai" (II, 61).
Ed è a questo punto che Romei colloca la "morte" dei due primi poemi:
"L'Angelica, crescendo sulla Marfisa, l'uccise: proprio la storia della 'novella
contata in punta di pantufole', prodotto di recupero di un episodio del terzo
libro della Marfisa, ne segnava l'uscita dal ciclo produttivo. Nè il nuovo pollone
seppe mettere radici: fuori di qualche estro episodico, gli mancava la sostanza
(e la costanza - di scrittura e d'impegno) che richiede un poema di vaste
proporzioni" (30-31).
Ma nella terza riproposizione del motivo si torna alla triade: "State di grazia,
trium virium, cheti, Boiardi, Ariosti et Aretini" (II, 5).
38
39
I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
63
Questo è la verità! Non dice fola,
come ser Pulci, il Conte e l'Ariosto,
il mio sol Aretin, che pel ciel vola
con quel lume che Ί sol da mezzo agosto;
e Turpin se ne mente per la gola,
e ve lo voglio far veder tantosto.
State adunque ad udir, ο spensierati,
i ladri gesti de i guerrier pregiati. (I, 9)
D e l e g a t o p r e t e s t u o s a m e n t e a d u n a v o c e alternativa c h e p r e l u d e a l
r e c u p e r o dell'antico d o p p i o di P a s q u i n o nell'Astolfeida, il p r o p o s i t o di
svelare " l e m e n z o g n e de l'armi e de gli a m o r i " (I, 1) sostiene lo
s m a n t e l l a m e n t o dei luoghi topici e delle strutture p o r t a n t i del g e n e r e
40
e p i c o , r i a t t i v a n d o il più strepitoso e d o n i s m o v e r b a l e aretiniano.
All'incrocio tra la linea " c o m i c o - p o p o l a r e s c a " a v v i a t a dal P u l c i e il di là
da v e n i r e p o e m a e r o i c o m i c o , l ' O r l a n d i n o affonda le sue radici nella
v e n a più irriverente e contestatrice dell'opera aretiniana, r e c u p e r a n d o n e
tutta la disponibilità all'espressionismo ludico ed allo s t r a v o l g i m e n t o di
intere m i t o l o g i e letterarie:
41
- Chi sei tu? - disse Cardo. - Astolfo sono,
arma virum qui cano, in terra a piei,
bontà de un mio cavai non troppo bono
e de un error che con la lancia fei.
Non cavar fuor la spada, che perdono,
signor, ti chiedo: miserere mei! Rise Cardo di Astolfo e disse: - Parmi
che torni al signor tuo pedon senza armi - . (II, 6)
N e l l ' o t t a v a c o n c l u s i v a dell'Orlandino ( i n c o m p i u t o soltanto in un'ottica
strutturale
canonica,
che
in
quel
"pedon
senza
armi"
c'è
Paradigmatica la beffarda invocazione, dopo debita pars destruens ("Ma a chi
farò io la invocazione/ prima ch'io metta i paladini in ballo?/ Cupido è un
furfantin, Marte un poltrone,/ uno asinaccio il pegaseo cavallo" (I, 10), ad un
non meglio identificato Vincenzo Gambarino, concretissimo Apollo del cantore
dell'Orlandino: "Se mi dai, Vincenzo almo, un baso solo/ almeno in capo della
settimana,/ a staffetta mene vo da polo a polo/ e la Fama serà poi la mia alfana./
Coronami, pulcherrimo figliuolo,/ di carcioffi, de urtica e di borana,/ che,
venendo da te cotali onori,/ edere torneran, mirti et alori" (I, 13).
Si ripropongono per l'Orlandino i soliti problemi di datazioni, complicata dal
suo camuffamento anonimo ne Le valorose prove degli arcibravi paladini
diffuso nella seconda metà del Cinquecento (la l edizione conosciuta è del
1568) e nei primi del Seicento (Poemi cavallereschi 367-69).
40
41
a
F e d e r i c a Capoferri
64
l'incontrovertibile sigillo di u n a fine. A n c h e e p o c a l e ) il g i o c o s'è o r m a i
fatto a u t a r c h i c o : il rinvio alla p a r o d i a virgiliana nella Cortigiana
( 1 5 3 4 ) , c o m p l e t a n d o tutta u n a serie di inside jokes a u t o c e l e b r a t i v i ,
s p o d e s t a i referenti intertestuali, a n n u l l a n d o le ragioni stesse
d e l l ' o p e r a z i o n e parodica.
E, c o m e la Marfisa c h i u d e n d o s i sul
p e r s o n a g g i o d'Angelica d a v a la stura al s e c o n d o p o e m a " s e r i o " , così
l ' O r l a n d i n o arrestandosi su Astolfo si proietta v e r s o l'altro f a n t a s m a
" c o m i c o " del p o e m a e p i c o , l'Astolfeida, c o n s e g n a t a ai n u m i tutelari di
P a s q u i n o e M a r f o r i o , " a n t i c h i r o m a n i e amatori del v e r o " :
42
Il martello ch'i' ho di voi dua, poi ch'io cangiai un fiume al mare e
Roma con Venezia, vuol ch'io v'indrizzi la vita d'Astolfo e de gli altri
paladini, detta da me l'Astolfeida. Io la mando a voi perchè nascesti
innanzi a' paladini, i quali son terra da ceci già 700 anni circa. Voi soli
avete visto e cognosciuto chi è visso e morto, chi vive ora e chi viverà
poi. Voi soli siate e sarete, vivete e viverete fino al dì del giudizio, e in
un tempo siate antichi e moderni. Voi soli siate amanti del vero e nimici
de le menzogne. Voi soli vorreste morire per il vero, ma il vero vi tien
vivi perchè siate il paragon de' bugiardi. Chi è caparbio e ostinato
abbaglia in ciò che fa, escetto ch'in dire il vero (Poemi cavallereschi
239).
A c h i u s u r a del circolo, l'Aretino si ricandida a " c e n s o r del m o n d o
altero/ et de la Verità n u n c i o et p r o p h e t à " (in L u z i o 13), c o m p l e t a n d o la
d i s s o c i a z i o n e da "tante m e n z o g n e in stil a l t i e r o " (Orlandino I, 2 ) . S o l o
c h e , m e n t r e YOrlandino r o v e s c i a v a b u r l e s c a m e n t e "le e r o i c h e p a z z i e , li
eroichi u m o r i , / le traditore i m p r e s e , il ladro v a n t o " (I, 1) dei p a l a d i n i
p e r rivelare u n a frode letteraria "di c h e il m o n d o c o g l i o n si i n n e b r i a
t a n t o " (ib.), sotto l'egida attualizzante di P a s q u i n o il p r o c e s s o di
s v e l a m e n t o demistificatorio - e lo p r e a n n u n c i a lo s t u p e f a c e n t e
r o v e s c i a m e n t o invernale del topos e p i c o p r i m a v e r i l e - nell'Astolfeida
è g l o b a l e , a n t r o p o l o g i c o . A g g a n c i a t a a l l e g o r i c a m e n t e la riscrittura de la
43
Vistosi il rinvio a La puttana errante (poema parodico con non pochi punti di
contatto con questo Aretino) del protetto e quasi alter-ego Venier (I, 8) e alla
"Zaffetta" (I, 41), personaggio mutuato dalla vita reale (la cortigiana Angela
Greco, assoggettata al barbaro "trentuno", strupro collettivo a fini punitivi) ed
immortalato a più riprese dall'opera aretiniana e dalla coeva produzine
erotico-pornografica.
Cfr. 1, 32: "Era dopo Ί Natale et Ogni Santi/ la terra ignuda e spolti gli
arborselli;/ la fame e Ί freddo, nimici ai furfanti,/ li avea ridotti a le stalle, a'
tinelli;/ spidocchiavansi al sole i più galanti;/ stansi i ricconi a mangiar fegatelli
/ presso al buon fuoco, e chi Ί vin dolce beve/ e' incaca il vento, la pioggia e la
neve".
42
43
I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o
65
"qualità e' i c o s t u m i de' p a l a d i n i " alle costanti di un m o n d o c h e "fu
quasi s e m p r e ad un m o d o " ( 2 4 3 ) , l'Astolfeida s o v r a p p o n e alla p a r o d i a
letteraria la m e s s a in scena di un m o n d o p i e n o di " b r a v a c c i a p a r o l e "
(ib.), a z z e c c a n d o l'innesto p r o p r i o all'altezza della più c h i a s s o s a
diseroicizzazione:
L'Arcifanfan, riposto il corno a la bocca,
grida: - Fuor, fuore, ο paladin da frappe! Berlinghieri berlinga e dice: - Or fiocca - .
Il cui d'Astolfo facea lappe lappe.
Carlo vede che fuor nessuno sbocca,
empie le brache e 'nsanguina le chiappe
d'altro che d'acqua lanfa e belzuino.
44
I salmi e letanie dicea Turpino. (I, 37)
Va da sè c h e il teatrino aretiniano del V e r o c o m p e n s a ed a s s i e m e
sancisce un'incompatibilità con la tradizione cavalleresca p r e n n u n c i a t a
in sordina fin dai sibillini avvii della Marfisa:
Gentil Cupido, inculto orrido Marte,
per le saette d'or, per l'asta fera,
aggradi a voi che le mie nuove carte
crein d'e gesti antiqui una chimera
e 'n virtù vostra sien col sole sparte
u' tosto aggiorna e dove tardi assera
l'altrui opre mendaci e la bontade
per far vergogna a la presente etade. (I, 3)
A p e r t o a p l u r i m e possibilità c o m b i n a t o r i e , il confronto dei Poemi
cavallereschi con il g e n e r e epico frana sotto il p e s o delle sue stesse
45
44
Evidente il ricordo della trovata boiardesca: "De altro che rose avea le brache
piene" (Orlando Innamorato I, XIV, 55), con la ben studiata sovrapposizione
del vilissimo e mendace re Truffaldino a Carlo Magno.
I giochi d'associazione e di contrasto tra i quattro frammenti epici è
naturalmente aperto a più possibilità combinatorie (e le stesse incertezze di
cronologia impediscono percorsi troppo univoci), con più ο meno forti
diffrazioni nei risultati interpretativi. Del resto, sintomatica della reversibilità
dei rapporti infra- ed intertestuali dei Poemi cavallereschi è la curiosa
divaricazione tra la convinzione di Bruscagli che nei due frammenti comici,
"ben più che nella Marfisa ο nelle Lacrime d'Angelica, la suggestione potente
dell'Innamorato diviene esclusiva, eclissando senza residui la memoria del
Furioso" (265) e l'impiego di Franceschetti dei medesimi frammenti per
dimostrare la centralità dell'Ariosto nell'Aretino scrittore del genere
cavalleresco (una centralità non incrinata, bensì ribadita dai frequentissimi
45
Federica Capoferri
66
tentazioni iperboliche: la castrazione del grottesco gigante A r c i f a n f a n o
(Astolfeida III, 1-5) è la fin troppo facile metafora o, e p i c a m e n t e ,
allegoria tragicomica di u n a rinuncia finale.
FEDERICA CAPOFERRI
C o l u m b i a University,
N e w York, N e w York
OPERE CITATE
Aretino, Pietro. Dialogo. Ragionamento, a cura di Paolo Procaccioli, Milano:
Garzanti, 1984.
. Poemi cavallereschi, a cura di Danilo Romei, Roma: Salerno Editrice,
1995.
Ariosto, Ludovico. Orlando furioso, a cura di Lanfranco Caretti, Torino:
Einaudi, 1992, 2 ed.
Beer, Marina. Romanzi di cavalleria: il "Furioso" e il romanzo italiano del
primo Cinquecento, Roma: Bulzoni, 1987.
Boiardo, Matteo Maria. Orlando innamorato, a cura di Riccardo Bruscagli,
Torino: Einaudi, 1995.
Bruscagli, Riccardo. "L'Aretino e la tradizione cavalleresca", in Pietro Aretino
nel
cinquecentenario
della
nascita.
Atti
del
Convegno
Roma-Viterbo-Arezzo (28 settembre - 1 ottobre 1992), Toronto (23-24
ottobre 1992), Los Angeles (27-29 ottobre 1992), a cura di Michael Lettieri
- Salvatore Bancheri - Roberto Buranello, Roma: Salerno Editrice, 1995, t.
l , p p . 245-73.
Franceschetti, Antonio. "Aretino e la tradizione cavalleresca", in Pietro Aretino
nel cinquecentenario della nascita, t. 2, cit., pp. 1027-52.
Guardiani, Francesco. "Aretino e Rabelais figure aurorali della modernità", in
Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita, t. 2, cit., pp. 1009-25,
Javitch, Daniel. Proclaiming a Classic: The Canonization of "Orlando
Furioso", Princeton: Princeton University Press, 1991.
Larivaille, Paul. Pietro Aretino fra Rinascimento e Manierismo, Roma:
Bulzoni, 1980.
a
richiami al Boiardo e all'Innamorato...proprio perchè quei richiami assumono
un valore di dialogo, a volte anche di dialogo polemico, con il modello ideale,
di alternativa offerta nell'ambito di strutture che non devono essere sempre le
stesse, sempre monocordi e inalterate)" (1048-1049). Personalmente, è chiaro,
ritengo che del "trium virium" di "Boiardi, Ariosti et Aretini", a questo stadio,
al Nostro interessi soprattutto l'ultimo nome.
I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino
67
. "La 'grande différence entre les imitateurs et les voleurs': à propos de
la parodie des amours de Didon et d'Enée dans les Ragionamenti de
l'Arétin", in AA.VV. Réécritures I. Commentaires, parodies, variations
dans la littérature italienne de la Renaissance, Paris: Université de la
Sorbonne Nouvelle, 1983, pp. 41-119.
Leo, Ulrich. Angelica ed i "migliori plettri". Appunti allo stile della
Controriforma. Scriften und Vorträge des Petrarca-Instituts Köln, Krefeld:
Scherpe Verlag, Vol. 4, 1953.
Luzio, Alessandro. Pietro Aretino nei suoi primi anni a Venezia e la corte dei
Gonzaga, Bologna: Forni, 1981 (ristampa anagrafica dell'edizione Torino:
Loescher, 1888).
Romei, Danilo. "Storia di Marfisa (e degli altri poemi impossibili)",
Introduzione ai Poemi cavallereschi di Pietro Aretino, op. cit., pp. 9-32.