Federica Capoferri 44 D`E GESTI ANTIQUI UNA CHIMERA: I POEMI
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Federica Capoferri 44 D`E GESTI ANTIQUI UNA CHIMERA: I POEMI
F e d e r i c a Capoferri 44 D'E G E S T I A N T I Q U I U N A C H I M E R A : I POEMI CA VALLERESCHI DI P I E T R O A R E T I N O S epolta nel fitto sottobosco delle continuazioni e delle e m u l a z i o n i c i n q u e c e n t e s c h e d e l l ' O r l a n d o Furioso, la p r o d u z i o n e epica di Pietro A r e t i n o ha scontato con il plurisecolare oblio i criteri di eccellenza, p a r a d i g m a t i c i t à e canonicità c h e p r e s i e d o n o a n o d i n a m e n t e alla storiografìa letteraria. Decurtati da interventi censori, t r a s m e s s i sotto mentite spoglie d o p o la m e s s a all'Indice ( 1 5 5 8 ) dell'intera o p e r a aretiniana e letti fin dai più disponibili interpreti c o m e stanco esercizio di rimaneggiamento di episodi b o i a r d e s c h i ed ariosteschi (Larivaille, Pietro Aretino 8 9 - 9 6 ; 2 8 0 - 8 5 ) , gli esperimenti epici dell'Aretino c o m i n c i a n o a riscuotere u n a più solidale attenzione soltanto negli ultimi anni, allettando criticamente p r o p r i o sul versante delle loro inibizioni ed a p o r i e . R e c e n t i s s i m o , p o i , il risarcimento ad u s u r a di D a n i l o R o m e i , b e n e m e r i t o curatore di u n ' i m p o n e n t e edizione critica dei Poemi cavallereschi aretiniani ed illuminato suggeritore di u n a ipotesi di lettura d e n s a di implicazioni testuali e contestuali: 1 2 Tra i primi, se non il primo, lettori novecenteschi della Marfìsa e de Le lagrime d'Angelica, Paul Larivaille declina la provocazione dei due rovesciamenti parodici dell'Orlandino e dell'Astolfeida. L'Orlandino ha invece stimolato l'attenzione di un più antico interprete aretiniano, Alessandro Luzio, autore di un articolo, "L'Orlandino di Pietro Aretino", Giornale di Filologia Romanza VI, 1-2, (1880), 68-97, forse all'origine di un effimero revival dell'Aretino epico, restituito dai pressoché coevi C. Simiani, "L'Orlandino di Pietro Aretino", in Bozzetti critici, Milano: Natale Battezzati Editore, 1880, 7-15), e A. Virgili, "Angelica di Pietro Aretino", Fanfulla della domenica IV, 2 (1882), 15. Penso ai due articoli proposti nell'ambito del convegno italo-americano per il cinquecentenario (1992) della nascita dell'Aretino da Riccardo Bruscagli e da Antonio Franceschetti, per i quali cfr. Bibliografia. 1 2 I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino 45 Non quattro, ma un solo poema di cavalleria si provò a comporre il più spudorato dei continuatori dell'Ariosto. Era un poema che per cause genetiche e per ragioni contingenti non riusciva a crescere in un organismo sano ed armonico; anzi dirompeva - per una sorta di superfetazione letteraria - in membri abnormi e bizzarri, organismi incompiuti e tuttavia protervi, fino a sviluppare neoplasie maligne, metastasi negative, copie in controparte, che uccisero - com'è naturale - l'organismo d'origine. (9) A v v i a t o nel 1527, il confronto dell'Aretino c o n la tradizione cavalleresca p r o c e d e con aritmìe inopinate ed i m b a r a z z a n t i p e r la p r o v e r b i a l e facilità di scrittura dell'autore , lasciando intravvedere dietro il gioco di rilanci e di autodafé u n o spettro di scrittura b e n più tenace e lungimirante di q u a n t o n o n lasciasse s u p p o r r e l'originario movente pratico dell'operazione. Calcolo politico, strategia c o m m e r c i a l e e s p e r i m e n t a l i s m o poligrafo - fattori p r i m a r i nell'intera opera aretiniana - c e d o n o p r o g r e s s i v a m e n t e il p a s s o ad u n a v i s c h i o s a interrogazione dal di dentro delle strutture retorico-stilistiche del g e n e r e epico, assediate da un'esplorazione a tutto c a m p o , in continua t e n s i o n e tra i d u e estremi del s u b l i m e e del grottesco. F a l l i m e n t a r e sul fronte dell'emulazione di scrittura, la p r o p o s t a epica dell'Aretino si r i c a n d i d a trionfalmente su quello dell'interpellazione "a c a l d o " , in anni ed in ambienti decisivi per la c a n o n i z z a z i o n e del Furioso (Javitch 2 8 - 3 1 ) , del g e n e r e epico. 3 N u c l e o originario delle sperimentazioni e p i c h e aretiniane, la Marfisa ha un'origine strategicamente e n c o m i a s t i c a , m a t u r a n d o c o m e c o n t r a p p u n t o m a n t o v a n o ai d u e Orlandi ferraresi, e m a s s i m e al Furioso, concreto referente fin dalla elezione di u n a p r o t a g o n i s t a in g r a d o di veicolare u n a genelogia alternativa e p p e r ò s a l d a m e n t e intrecciata a quella estense (Bruscagli 2 4 7 ) . C o n c e p i t a in u n a fase di sviluppo del r o m a n z o cavalleresco italiano siglata dal p a s s a g g i o dall'anonimato alla " g a r a n z i a d ' a u t o r e " ( B e e r 2 0 ) , ma al di q u a del d e c i s i v o d i s c r i m e segnato dalla terza e d i z i o n e del Furioso ( 1 5 3 2 ) , la 4 3 Proprio la nota velocità di produzione dell'Aretino lusinga le speranze del marchese Federico Gonzaga, originario mentore e dedicatario della Marfisa, sulla repentina realizzazione del poema: "Et veramente gli vedo fare miracoli, et in un mese ha composto tante cose, et versi et prose, che in X anni non le metteriano insieme tutti li ingegni d'Italia" (Luzio 61, Lettera a F. Guicciardini del 23 gennaio 1527). Il personaggio di Marfisa si precisa nel ruolo di sorella gemella di Ruggero capostipite in entrambi i poemi ferraresi della genealogia estense - nella continuazione dell 'Innamorato proposta da Niccolò degli Agostini. 4 46 Federica Capoferri Marfisa cresce negli interstizi di un i m b a r a z z a n t e g i o c o di ricatti e controricatti tra l'Aretino e il m a r c h e s e F e d e r i c o G o n z a g a ( L u z i o 6 1 - 1 0 5 ) ch'è test piuttosto efficace di un r e t r o s c e n a c o r t i g i a n o p a r a l l e l a m e n t e stigmatizzato dall'Ariosto con la c e l e b e r r i m a i m p r e s a " P R O B O N O M A L U M " . S e n o n c h è l a Marfisa c o n s u m a p r o p r i o l'ultima illusione cortigiana dell'Aretino, alle soglie del s o l e n n e rifiuto della " C o r t e in e t e r n o " e della fatale elezione di V e n e z i a "a p e r p e t u o t a b e r n a c o l o " ( L u z i o 36): fatto che r e s p i n g e l'accidentata c o n t r a t t a z i o n e c o n i l m a r c h e s e G o n z a g a , n e m m e n o nella preistoria del p o e m a , m a nella storia di un p o e m a fantasma di circa q u a t t r o m i l a o t t a v e in g r a n parte distrutte dall'autore - a volergli dar credito - p r i m a d'una qualsiasi verifica p u b b l i c a . Alla storia della Marfisa " r e a l e " a p p a r t i e n e la v e r s i o n e p u b b l i c a t a all'altezza del 1 5 3 2 (dietro lo s c h e r m o d e l l ' a m i c o e protetto L o r e n z o Venier, abilissimo nel dilatare ad oltranza il topos editoriale della p u b b l i c a z i o n e n o n autorizzata m a " d a gli u o m i n i aspettata c o m e aspettano gli angeli la c o m p a g n i a delle a n i m e b e n n a t e " , Poemi cavallereschi 3 1 9 ) e d e d i c a t a ad A l f o n s o d ' A v a l o s , m a r c h e s e del Vasto: 5 Reale Alfonso, ch'ora immortalmente l'almo trofeo del fortunato Augusto spiegato al sol del gran diadema ardente del sacrosanto uccel felice e giusto, potess'io dir di voi ciò che Ί cuor sente, di voi che aprite a Marte il calle angusto, ch'ai suon farei d'e vostri gesti santi le stille fisse andar, restar l'erranti. (Marfisa 1, 6) P a g a t o il tributo alla p o t e n z a di t u r n o c o n la m e t a f o r a i m p e r i a l e del " s a c r o s a n t o u c c e l felice e g i u s t o " 6 , l'attraversamento della r e t o r i c a 5 L'impervia situazione delle tradizioni dei poemi cavallereschi aretiniani è restituita con massima precisione filologica da Romei, al quale rimando per puntuali approfondimenti. Quanto alla configurazione dei quattro poemi qui presi in esame, va fin da ora tenuto presente che si tratta di quattro opere incompiute, arrestandosi al terzo canto la Marfisa (i canti constano rispettivamente di 108, 109 e 117 ottave), al secondo Le lagrime d'Angelica (103 le ottave del primo canto, 78 quelle del secondo), all'ottava 6 del secondo canto (50 le ottave del primo) l'Orlandino, al terzo canto (42, 40 e 39 ottave) l'Astolfeida. Mi servo integralmente dell'edizione, l'unica completa, dei Poemi cavallereschi di Romei. 6 Per un inquadramento delle mutevoli posizioni politiche dell'Aretino cfr. Giuseppe Galasso, "Aretino nel suo contesto storico", Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita, Roma: Salerno Editrice, 1992, t. I., pp. 297-33. I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 47 adulatoria c u l m i n a in u n a e n u n c i a z i o n e della causa scribendi ("Per così alta c a g i o n la p e n n a m i a . . . " 1, 9) già insidiata da un sottotesto iperbolico ed e t e r o d o s s o : Dovrebbe il mondo quasi a fida stella, l'ostie sacrare al vostro nome pio a guisa de l'antica età novella, che, bramando offerir gli incensi a Dio, adorò il sol, poi che luce più bella non vide in cielo; e ciò proprio ho fatt'io, che, non vedendo altro ben fra noi, l'anima inchino solamente a voi. (I, 9) L'amplificazione del motivo encomiastico prelude ad una d i v i n i z z a z i o n e del terreno che p o c o ha a c h e fare c o n la s t i m a aretiniana del m a r c h e s e del V a s t o , m a m o l t o c o n u n m e c c a n i s m o d i interscambiabilità di sacro e p r o f a n o , n o n c h é di m i t o l o g i c o e cristiano, piuttosto centrale alla Marfisa. C h e dietro la p à t i n a e m u l a t o r i a la riscrittura aretiniana n o n p o t e s s e n o n n a s c o n d e r e insidie e tranelli (in p r i m o l u o g o , s'intende, p e r l'autore stesso) è fatto restituito fin dall'ottava incipitaria, a m b i g u a m e n t e dislocata tra la ripresa testuale dell'esordio ariostesco e un i m p r o b a b i l e p r o g r a m m a di sobrietà stilistica e di reticenza tematica: 7 D'arme e d'amor veraci fizioni vengo a cantar con semplice parole, tacendo come in ciel nascano i tuoni, gli error di Cinzia e Ί faticar del Sole, perchè Ί secreto de le gran cagioni de l'alme cose a noi celar si suole e stassi in maestà della natura: 7 Sui rapporti tutt'altro che trasparenti tra l'Aretino e il marchese del Vasto cfr. Augusto Gentili, "Tiziano e Aretino tra politica e religione", in Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita, cit., t. I, pp. 275-96. L'articolo di Gentili può sollevare alcune perplessità sulla datazione della princeps (senza indicazione di data e di luogo), se è vero che ancora nel 1534 l'Aretino fa del marchese del Vasto un bersaglio satirico del suo Pronostico. Ma la coerenza non è virtù aretiniana (del resto, assai eloquente è lo spudorato riciclaggio dell'originaria dedica al marchese Gonzaga in I, 9) e può ben essere che il successo riportato dal d'Avalos nel sedare l'ammutinamento delle truppe in Ungheria (episodio, tra l'altro, a lungo ritenuto oggetto della Allocuzione di Alfonso d'Avalos (1541) del Tiziano, tra le più strette e fruttuose amicizie contratte dall'Aretino a Venezia) abbia contribuito a rialzarne la dubbia fama marziale. Federica Capoferri 48 ella il fece, ella il sa, ella n'ha cura. (I, 1) Proiettato sul mito naturalistico dell'anticlassicismo c i n q u e c e n t e s c o , l'ossimoro "veraci f i z i o n i " dispiega un'intenzione solo in parte collimante con la topica cavalleresca (subito rilanciata d a l l ' o p p o s i z i o n e tra i "gesti a n t i q u i " e la v e r g o g n a della "presente e t a d e " della terza ottava e dal garante r i m a n d o a "l'istorie di T u r p i n o " nella quarta), d i s e g n a n d o un sospetto di ingestibilità della tradizione epica che, cresciuto sul rovescio di u n a inventio esagerata e d e b o r d a n t e , e s p l o d e r à nell'incredibile scetticismo dell'Orlandino e dell'Astolfeida. Allo stadio della Marfisa, il p r o g r a m m a t i c o " g r a d o z e r o " della scrittura epica si esaurisce nella s u b o r d i n a z i o n e dello scenario all'elemento a n t r o p o l o g i c o , con u n ' o p z i o n e d e n u n c i a t a fin nelle m o d a l i t à d'aggancio all'ultimo canto del Furioso, p u n t o di p a r t e n z a del setting del p o e m a aretiniano. R i p e r c o r r e n d o le battute c o n c l u s i v e del Furioso, l'Aretino ne cristallizza i suggerimenti iconografici, distendendoli su s e q u e n z e d'ottave renitenti, m a l g r a d o il c o n t r a p p u n t o di trovate scenografiche e coreografiche, all'uscita n a r r a t i v a : 8 D'elmo lo sgrava il gran signor d'Anglante e l'immortal campion di Montalbano; Marfisa, Ch'a i trionfi nel sembiante, si trassi a contemplar l'empio pagano; la dolce innamorata Bradamante bascia al suo dio la vincitrice mano, avendo ancora, benché fosse ardita, dal suo bel viso ogni beltà smarrita. E se ben ella come il suo signore non combattè con Rodomonte fero, tutti quei crudi colpi ebbe nel cuore ch'avuti per lo dosso avea Ruggiero: mentr'ei guerra mortal fece di fuore, ella dentro contese col pensiero e l'avea quasi posta a l'ore estreme il desio caldo e la gelata speme. (I, 13-14) 8 Cfr. I , 1 1 : "Rotto è il forte silenzio che s'impone/ per real legge al suon de l'aureo corno/ al bel numero immenso di persone/ ch' al teatro di Marte ondeggia intorno/ quando al sangue et a l'oro si prepone/ l'onor da questo e quel di ferro adorno;/ porta il grido Ruggier sopra le stelle,/ sol 'Ruggier' suona in queste parti e in quelle". I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino 49_ La "fioritura" del corrispondente luogo del Furioso ("...però c h e a B r a d a m a n t e gli occhi torse,/ e turbar v i d e il bel viso sereno./ Ella al cader di lui rimase in forse,/ e fu la vita sua per venir m e n o " X L V I , 125) i m p o n e u n a m e m o r i a testuale del p r e c e d e n t e ariostesco, funzionando c o m e episodio manieristico di " i m i t a z i o n e seria" assai lontano dai presupposti astutamente deraglianti del p r i m o c a n t o del Furioso nei confronti dell'Innamorato. Ma che il fulcro dell'operazione aretiniana si stia dislocando oltre la d i p e n d e n z a dal solo m o d e l l o ariostesco è fatto d'immediato a c c e r t a m e n t o : di là dal b a r o c c h i s s i m o trionfo di R u g g i e r o e dalla descrizione del g r a n d i o s o b a n d o " p e r o n o r a r le n o z z e di R u g g i e r i " (I, 4 1 ) , la scintilla delle accensioni epiche della Marfisa si rivela s e m p r e più s c o p e r t a m e n t e il " s u p e r b o R o d a m o n t e " , veicolo p r i m o di una contaminatio n o n peregrina tra il Furioso e l' Innamorato . 9 10 R a c c o g l i e n d o lo spunto icastico dell'epilogo del Furioso ("Alle squallide ripe d'Acheronte,/ sciolta dal c o r p o più freddo che giaccio,/ b e s t e m m i a n d o fuggì l'alma sdegnosa,/ c h e fu sì altera al m o n d o e sì o r g o g l i o s a " X L V I , 140), l'Aretino s c o m m e t t e sulla c o n t i n u a z i o n e d e l l ' e p o s , glissando sulla funzione c o n c l u s i v a e classicisticamente orientata del duello finale di R u g g i e r o e R o d o m o n t e (Javitch 4 1 - 4 7 ) : 11 9 Laddove Boiardo si serviva prudentemente dello schermo ecfrastico e leggendario per ritrarre il trionfo di Alessandro ("In somma ogni sua guerra ivi è dipinta/ con gran ricchezza e bella a riguardare./ Possa che fu la terra da lui vinta,/ a duo grifon nel cel si fa portare/ col scudo in braccio e con la spada cinta", Orlando innamorato, II, 1, 28), l'Aretino punta senza mezze misure sull'apoteosi, primo segnale di una permeabilità tra la produzione epica e le contemporanee prove di scrittura religiosa: "Sente Ruggier, mentre gran gloria il mena/ quasi in carro superbo e trionfale,/ di sì divin piacer l'anima piena/ ch'in se stesso egli oblia tutto il mortale;/ la propria lode udir vera e serena/ spiegare e aprir gli fa le piume e l'ale/ e d'ineffabil gioia acceso in zelo/ senza il carco terreno ascese in cielo", Marfisa, I, 31). Impossibile ed aleatorio stabilire quanto gli episodi aggiunti alla terza edizione del Furioso abbiano inciso sugli assestamenti della Marfisa all'altezza della prima stampa. Ci prova Paul Larivaille (Pietro Aretino 94-95), che proprio alla nuova configurazione del poema ariostesco (soprattutto in relazione allo spostamento delle vicende nell'Europa orientale implicato nell'elezione di Ruggiero a re dei Bulgari) attribuisce l'interruzione e l'autodafé della Marfisa. Preziosa la collocazione della Marfisa e de Le lagrime dAngelica a ridosso dei due differenti "finali" del Furioso suggerita da Bruscagli, attento all'insistenza dell'Aretino su "due punti della favola diversamente riottosi alla chiusura epica verso la quale l'Ariosto visibilmente conduce via via la sua "gran tela": lo sparire di Angelica e Medoro, in una posa inelegante, sul "sabbione" di Terragona, che contraddice da sè la definitività di quell'happy ending e lascia il 10 11 F e d e r i c a Capoferri 50 L'anima del tremendo Rodamonte, che pur dianzi Ruggier dal corpo sciolse, ardita giunse al fiume d'Acheronte, nè trapassar su la sua conca volse, anzi senza cercar varco nè ponte per lo livido umore il passo volse, sempre il cielo e l'inferno bestemmiando, e salvati e perduti minacciando. Caron, che Ί spirto furibondo vide l'acque passar fuor del costume eterno, incontra vienli e lo minaccia e stride tal che fa rimbombar tutto l'Averno. Quell'anima bizarra il sguarda e ride e disse: - Se i dimon del crudo inferno sono come sei tu, superbo mostro, per certo oggi sarò principe vostro. (I, 46-47) Sull'onda c a p a n e a dell'"io son quel ch'era al v i v e r al m o r i r e " ( I , 4 8 ) , v e r s o - c h i a v e dell'intero e p i s o d i o , l'Aretino inscena u n r o v e s c i a m e n t o infernale dell'Innamorato e del Furioso, i n d i s t i n t a m e n t e coinvolti nella r i p r o p o s i z i o n e - s o p p r e s s e nell'aldilà le p r o s p e t t i v e s p a z i o - t e m p o r a l i terrene - dei p e r s o n a g g i di A g r i c a n e , A g r a m a n t e , Truffaldino, G r a d a s s o e M a n d r i c a r d o , tutti coalizzati contro l'indomabile R o d a m o n t e su un r o b o a n t e sfondo t a r t a r e o : 12 L'immobil terra, ch'ode il ciel che freme e sente il centro ch'aspro suon rimbomba, non sa che farsi e sbigottita teme l'eccelso albergo e la tartarea tomba; di giù fanla tremar le voci estreme lettore quasi bisognoso di un risarcimento e di una compensazione, in attesa di quel "miglior plettro" non a caso auspicato dall'autore stesso; la vittoria di Ruggero, adibita a finale fregio classicistico del poema da un Ariosto ribelle, in questo caso, alle più generali aspettative di un pubblico già allertato dal Boiardo in direzione di una storia ben diversa" (251-52). Si ricordi la spavalda sfida del Rodamonte appena coniato dal Boiardo: "Poi che battuta avrò la terra, ancor nel paradiso io vo' far guerra" (II, I, 64) e poco oltre: "In celo e ne l'inferno il re Agramante/ seguirò sempre, ο passarogli inante" (II, I, 65). La narrazione aretiniana delle vicende ultraterrene del re di Sarza (che nell'oscillazione tra i due nomi di Rodamonte e Rodomonte ribadisce la duplice fonte) ha una trasmissione indipendente ed anonima - l'Opera nova del superbo Rodamonte - fin dai primi anni del terzo decennio del Cinquecento. 12 I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 51 e di sù Ί fuoco ch'alta nube piomba, tal ch'en dubbio confuso pensa il mondo se Ί fin suo è ne l'alto ο nel profondo. Sol del gran re di Sarza l'ombra forte, dal corpo altier fieramente espedita, che (pur che ci pensasse) da la Morte per forza si faria render la vita, di nulla teme e per vie dritte e torte col pensier rio già la vittoria addita: vuoi regnar qual Plutone e con voce alta sul ponte de l'inferno ardita salta . (I, 60-61) 13 L ' o v v i a s o v r i m p r e s s i o n e iconografica e lessicale dell'Inferno d a n t e s c o v i e n e distorta da un g i g a n t i s m o (e piuttosto inevitabile è il r i m a n d o ai giganti di Giulio R o m a n o ) a s s e c o n d a t o da tutto un a p p a r a t o di a n n o m i n a z i o n i , allitterazioni, p a r a n o m a s i e , c h i a s m i e, p r e v e d i b i l m e n t e , o s s i m o r i ed adynata, da valutare a n c h e c o m e c o m p e n s a z i o n e s o n o r a all'affievolimento della m a r c a " o r a l e " dei modelli: 1 4 Ecco i folgori scender dal pol alto, d'orror focoso e orribil foco armati (mugghiono i tuoni, quei prendendo il salto), e i nuvoli disfarsi, arsi e spezzati; crolla il furor tutto il terrestre smalto. Son gli infernali dei sì spaventati che Ί padre lor dice tremante e fioco: - Qual foco è quel che Ί mio spegner vuol foco? (I, 58) 13 Evidente il riecheggiamento delle atletiche e già piuttosto esagerate prove di Rodomonte durante l'assedio di Parigi nel Furioso: "il re di Sarza (come avesse un'ala/ per ciascun de' suoi membri) levò il pondo/ di sì gran corpo e con tant'arme indosso,/ e netto si lanciò di là dal fosso" ( XIV, 129). Nonché ai "giganti più esagerati e grotteschi" di Giulio Romano, Romei associa i "supereoi" della Marfisa ai "grandiosi pupazzi di Pellegrino Tibaldi" (31). Ma i rapporti dell'opera aretiniana con la pittura coeva sono tutt'altro che monodirezionali, moltiplicandosi e contraddicendosi con il moltiplicarsi e il contraddirsi dei percorsi di scrittura del Nostro. Idealmente può funzionare l'assai sghemba triangolazione Michelangelo - Giulio Romano - Tiziano, corrispondente alle tre aree (Roma-Mantova-Venezia) di gestazione e maturazione della più proficua fase artistica dello scrittore. Per un approfondimento in questa direzione, con ulteriori punti di fuga su Arcimboldo e Tintoretto, cfr. Larivaille, Pietro Aretino 247-56 e passim. 14 F e d e r i c a Capoferri 52 Preso l'abbrivio del s u b l i m e , l'Aretino finisce col ritrovarsi su un terreno piuttosto rischioso, c h é , tra impossibilia e mirabilia, e m p i furori ed infrenabili ardori, n o n soltanto le distanze tra cielo ed inferno, ma a n c h e tra cielo e cielo finiscono p e r saltare: Quando il gran Dio sentì giunger là suso l'orribil suon di strani accenti rei, ne la maestà sua restò confuso, sè restringendo agli altri sommi dei. D'ira santa infiammato guarda giuso, ove lo spirto aver crede i trofei ed è già là con l'alto pensier dentro de l'ardente, gelato e tristo centro. Dio mira e vede le tartaree genti corse a furor su l'infelici mura, et aciò che Ί ministro d'e tormenti non tenti inpresa fuor d'ogni natura e 'n mano avendo duo folgori ardenti, per far al rio fratel danno e paura gli aventa irato e l'uno e l'altro telo accennò d'abruciar questo e quel cielo. (I, 57 bis e ter) La c o n t a m i n a z i o n e tra il D i o irato della cristianità e il G i o v e fulminans della m i t o l o g i a p a g a n a (toccherà al T a s s o far rientrare in p i ù autorizzati confini il g r a n d i o s o scontro tra forze divine e forze infernali) s e g n a il p e r i c o l o s o apice - e se ne a c c o r g e r a n n o sensibili a n t e n n e c e n s o r i e - di un p r o c e s s o di dilatazione "artificiata" del dettaglio, ch'è p o r t a t o n o n s e c o n d a r i o della " g r a m m a t i c a v i s i v a " p r o m o s s a dalla s t a m p a e p r e c o c e m e n t e assimilata dall'Aretino ( G u a r d i a n i 1014). Partito da u n a sorta di letteralizzazione del finale del Furioso e r e c u p e r a t a certa virulenza dell'inventio dell'Innamorato , l'Aretino si s c o n t r a c o n l'impossibilità di far funzionare appunto visivamente la sua 15 16 Le due ottave vengono reintegrate da Romei con la numerazione bis e ter e con l'espediente grafico del corsivo su un esemplare probabilmente censurato proprio per gli incauti equivoci teologici dell'Aretino. Di notevole rilievo il recupero, mantenuto attivo anche nei poemi successivi, del Boiardo, in tempi di crescente ernarginazione e di massici interventi "cosmetici" sull'Innamorato (Beer 142). L'emendamento del poema boiardesco, d'altra parte, ha tentato - non senza implicazioni ferocemente antibernesche l'Aretino persuaso dall'"eroica bellezza" dell'Innamorato ma insoddisfatto del suo essere "tessuta trivialmente ed esplicata con le parole de la antichità plebeia" (in Bruscagli 245). 15 16 I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 53 t r a s p o s i z i o n e infernale: private del f o n d a m e n t a l e e l e m e n t o c o r p o r e o (non p e r nulla c o n t i n u a m e n t e e v o c a t o in absentia), le a v v e n t u r e ultraterrene di R o d o m o n t e s'arenano in concettosi s t r a t a g e m m i di rilancio: Ei, ch'ardea di rabbiosa ira e di sete, senz'altro dir ne l'onda ria gittossi. Come il nero gustò liquor di Lete d'esser estinto e far guerra scordossi, tal che, carco d'oblio, con voci quete per via solinga ond'ei partì tornossi; tornò dove l'antica profezia del re di Caramanta s'adempia. (I, 103) 17 Il grottesco insidia il s u b l i m e all'altezza del " m e r a v i g l i o s o " : è u n o dei n o n i n d e g n i risultati i m p l i c i t a m e n t e esegetici ed autoesegetici di un esercizio di scrittura che va o r m a i g e t t a n d o p o n t i tra l'"imitazione s e r i a " e la " p a r o d i a seria" ( g e n e t t i a n a m e n t e , tra forgerie e transposition ). La c o m m i s t i o n e di Innamorato e Furioso p r o d u c e un d o p p i o p e r c o r s o imitativo: di c o n t i n u a z i o n e s p a v a l d a m e n t e letterale di nuclei tematici ο di fugaci prolessi r i m a s t e s e n z a s e g u i t o 1 9 n e i d u e m o d e l l i p r i m a r i e di d u p l i c a z i o n e e s p o n e n z i a l e , più ο m e n o deviata, di alcuni loro episodi-chiave. Su quest'ultima linea d'azione si s n o d a il t r a p i a n t o dello s c h e m a del consiglio di A g r a m a n t e dell 'Innamorato sull'episodio d i A s p r o m o n t e , apice del g i g a n t i s m o aretiniano. P r e c e d u t o d a u n a ottava t u r g i d a di sonorità o n o m a t o p e i c h e - correlative di " u n terribil valor che v o l e e p o t è , / n o n p e n s a t o dal stil c h e se c o n f o n d e " - il n u o v o consiglio di Biserta cresce su quello b o i a r d e s c o , a l t e r n a n d o la ripresa testuale ("trenta d u e teste ornate di c o r o n e / a la m a e s t à sua tributo 18 17 Attorno al "meraviglioso" si snoderà buona parte delle discussioni sul poema epico della seconda metà del Cinquecento. Fin dai primi anni venti del secolo, del resto, l'influente Mario Equicola esprimeva forti riserve sulle "fictioni impossibili" dei poemi epici coevi, con implicita censura anche delle più esagerate invenzioni ariostesche (Beer 208-09). Fondamentali per ogni discorso sulla parodia, queste ed altre categorie vengono elaborate in Gérard Genette, Palimpsestes. La littérature au second degré, Paris: Seuil, 1982, pp. 33-37. Sintomatico l'inveramento nella Marfisa della profezia del re di Garamanta ("E Rodamonte con sua gran possanza/ diverrà pasto de' corbi de Franza", Orlando innamorato, II, 1, 60) che con gusto macabro-surrealistico porta l'ombra del re di Sarza a combattere con "lo stuol d'e corvi in color ner dipinto" (I, 106) che assedia "il suo corpo miserabilmente/ senza sepolcro, pien d'oltraggio e scorno" (I, 104). 18 19 F e d e r i c a Capoferri 54 20 d a n n o " ) a d u n a distorsione " p u n t u a l e " del m o d e l l o c u l m i n a n t e nella d e s c r i z i o n e della sala istoriata del p a l a z z o di A s p r o m o n t e : Di parlare in parlar, di cosa in cosa, voltarsi a contemplar la loggia altera che in sè tene opra sì meravigliosa ch'a prova è l'arte assai del ver più vera. Nel primo quadro è la torre famosa del gran Nembrotte e la vil turba v'era ch'atende a l'edifizio e ognun s'adopra perch'a onta di Dio si compia l'opra. Nel secondo è l'istoria d'e giganti, orridi figli a l'universa Terra: dico lo stuol d'e crudei frati erranti che Ί ciel prender tentar con nuova guerra. Guardano insuso in sì fieri sembianti che ciascun che gli mira il volto atterra, però ch'ha 'l solo e pellegrino ingegno posta un'altra natura nel disegno. Nel spazio ultimo è finto il crudo inferno, corso da l'uno e l'altro semideo con lor gloria e disnore e duolo interno del tristo imperator del centro reo. Veggonsi vivi dentro al fuoco eterno quei che con l'arme, e non col suon d'Orfeo, domar le Furie e portar fieramente l'anima e Ί corpo a la città dolente. (II, 61-63) 21 " P r o p o s i t o di strabiliare il lettore con l'ostentata g r a n d i o s i t à della s c e n a " (Franceschetti 1040), c e r t a m e n t e ; m a v o r r e b b e dire i g n o r a r e l'accertata abilità p a r o d i c a dell'Aretino e s c l u d e r e a l m e n o il s o s p e t t o di u n a increspatura ironica, n o n foss'altro che p e r gli effetti a n a m o r f i c i dell'ostentato c i t a z i o n i s m o . N o n p e r nulla, p r o p r i o q u a n d o s i c o m i n c i a 22 Trasparente la ripresa di Orlando innamorato, II, 1, 18: "Fece Agramante a consiglio chiamare / trentaduo re, che egli ha in obidïenzia". La descrizione va letta, naturalmente, in controcanto alla sala istoriata con le gesta di Alessandro del palazzo bisertiano di Agramante (Orlando Innamorato, II, I, 21-30), anche a valutare quanto dell'"oltra misura" boiardesca sia alle origini della dismisura aretiniana. Escludendo ogni "intento di far ridere ο sorridere il lettore per l'assurdità di quanto sta succedendo ο di quanto si sta dicendo" (1040), Franceschetti rimanda piuttosto ad un effetto di "meraviglia" anticipatore di "un troppo 20 21 22 I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino 55_ a sospettare nelle pitture sacrileghe e pornografiche della p r i m a giornata del Ragionamento un irresistibile pendant agli affreschi del p a l a z z o di A s p r o m o n t e , il gesto emulativo si lascia tentare, con abile preterizione, dalla strategia tipicamente aretiniana del " c a m e o " a u t o p r o m o z i o n a l e : La bontà di Salastro ognuno adora perch'a l'ira del re dispenna i vanni, nè trapassa già mai punto nè ora che non salvi qualcun posto in affanno. Se non che biasmo sè lodando fora, direi: tale vivea col gran Giovanni un ch'amo e tengo in cuor quasi me stesso; ma sè proprio lodar non è concesso. (II, 8 7 ) 23 P r o s e g u i m e n t o inedito e r a d d o p p i a m e n t o del n o t o s'intrecciano in un altro episodio d'appoggio al "riattraversarnento del Furioso v e r s o l ' I n n a m o r a t o " (Bruscagli 258) della Marfisa: la riapparizione di A n g e l i c a , questa volta in c o m p a g n i a di M e d o r o , nel terzo canto del p o e m a , " n u o v a m e n t e dal proprio auttor a g g i u n t o " (Poemi cavallereschi 120) ai d u e precedenti nei dintorni del 1535. Trasposti su u n a tessitura petrarchista gli effetti dell'"Invido A m o r " (III, 1) sperimentati dagli amanti di A n g e l i c a ed a c c e n n a t o il m o t i v o del "vii fante" (III, 2 ) , 24 famoso e troppo a lungo frainteso verso di Giambattista Marino" (ib.). Ma, a parte l'eloquente esplosione di riso dei vari re di fronte alle paradossali e blasfeme strategie suggerite da Dorione per conquistare il cielo (II, 73-75), vanno sempre tenuti sullo sfondo i mirabili esercizi parodici dell'Aretino commediografo ed autore dei Ragionamenti. Dell'assoluta serietà della Marfisa (e de Le lagrime d'Angelica) è convinto anche Larivaille (Pietro Aretino 91-94), attento interprete dei procedimenti parodici di altre opere aretiniane (e fondamentale anche per un inquadramento della produzione epica dell'Aretino nel capitolo dell'imitazione rinascimentale è il suo "La 'grande différence entre les imitateurs et les voleurs': à propos de la parodie des amours de Didon et d'Enée dans les Ragionamenti de l'Arétin" [cfr. Bibliografia]). Più incline alla lettura ironica è Bruscagli, che scrive di un "assemblaggio straniato di 'pezzi' fin troppo famosi, tutt'altro che evocati nelle pieghe di un'arte allusiva ma, al contrario, ironicamente 'citati' nella loro emblematicità" (260-61). 23 Il "gran Giovanni" è Giovanni dalle Bande Nere, al seguito del quale l'Aretino ripara dopo la violenta rottura con la corte romana. Sul legame d'amicizia e di stima che unisce l'Aretino a Giovanni de' Medici (morto nel 1526) cfr. Larivaille, Pietro Aretino 81-86. Mentre il binomio gelosia-sdegno di Marfisa III, 1 e III, 3 può ancora rimandare, malgrado una notevole diffrazione semantica nel secondo termine, all'allegoria della lotta di Rinaldo contro il mostro della Gelosia e dell'incontro liberatore con lo Sdegno (Orlando Furioso XLII, 46-54), la pazzia di Orlando si 24 F e d e r i c a Capoferri 56_ l'Aretino ritenta la strepitosa scena b o i a r d e s c a ( " m a n o v a c o s a c h e e b b e ad apparire/ fe' lui con gli altri i n s i e m e sbigotire". Orlando Innamorato, I, I, 2 0 ) : Ma un nuovo raggio ch'in la sala viene d'alma beltà ch'ingombra ogn'altra vista pon fine al tutto e qui pascier sua vista. Angelica è costei, ch'a veder viene per fama la gran festa e 'n prima vista angelo in gli occhi di ciascun appare; col bel Medor che da lei viene appare. (III, 19) Sul v e r s a n t e della m i m e t i z z a z i o n e , p r o p r i o all'altezza della replica, la m e m o r i a dell'Innamorato v i e n e annullata nel suo r a d d o p p i a m e n t o (e la r i m a e q u i v o c a è spia stilistica piuttosto trasparente) a t t r a v e r s o la d e s c r i z i o n e degli effetti prodotti dalla bellezza effeminata, d e c i s a m e n t e m a n i e r i s t a se n o n già b a r o c c a ("un n u o v o G a n i m e d e , un altro A d o n e / è M e d o r , ch'arde in lui l'un l'altro s e s s o " (III, 2 8 ) , del c o m p a g n o di A n g e l i c a sulle d a m e della corte carolingia: Non meno in tanto amor sprona e martella l'angelica beltà, ma vie più assai scorge in la festa ogni donna e donzella, che volti han sempre al bel Medor i rai. Se ben tra le più belle ella è più bella, pensa s'amor Medor movesse mai d'una nuova beltà ch'in Francia scorga, ο meno ο più di lei, ch'Amor gli porga. (III, 2 7 ) . 25 stempera in una sentenza generale: "Invido Amor.../ onde il libero arbitrio a l'uom si svelle" (III, 1). È degno d'interesse che anche in seguito il tema della follia di Orlando venga affrontato con estrema cautela dall'Aretino: "Ma Orlando, che dal ciel reso gli fu/ per man d'Astolfo il senno e d'amor sepolto,/ di quanto arse per lei non mai più/ di lei gli calse, anzi libero e sciolto,/ da ch'ei l'ha vista, nè più sù nè giù/ ver lei si move nè a guardarla è volto" (III, 23). La trovata viene perfezionata ed impreziosita ne Le lagrime d'Angelica, dove alla vista del solo ritratto di Medoro precipitano successivamente "Alda, che in altro foco unqua non arse/ di quel ch'accese a lei pudico amore" (II, 19), Bradamante, che arrossendo "mostrò fore/ che la nuova bellezza tocco le have / l'alma de cui Ruggier serba la chiave" (ib.) e - con buona intuizione - la vergine guerriera Marfisa: "con l'anima un sospir Marfisa crea/ che l'aere e Ί silenzio in uno ha rotto,/ ond'ogniun parla. Carlo sorridea/ (qual uom per lunga esperienzia dotto)/ de l'incauto sospir nato et estinto/ mercè del vivo e bel giovin depinto" (II, 20). 25 I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 57 C o n l'intervento dell'invisibile M a l a g i g i , la distorsione dell'archetipo b o i a r d e s c o p r o v v e d e a saturare i n o n attuati p r o p o s i t i ariosteschi di p u n i z i o n e della s u p e r b a A n g e l i c a ( L e o 7 - 1 1 ) con un grottesco c o n t r a p p a s s o . A b i l e a m m i n i s t r a t r i c e delle p r o p r i e grazie e, fino all'incontro c o n M e d o r o , e l u s i v o o g g e t t o del d e s i d e r i o m a s c h i l e , nella Marfisa A n g e l i c a v i e n e i m p i e t o s a m e n t e e s p o s t a agli s g u a r d i della corte carolingia da u n o spirito a b b a s t a n z a scaltro da p r o v v e d e r e " a c c i ò l'anel nè in m a n nè in b o c c a p i g l i " (III, 4 2 ) : 26 Lei chiama in van soccorso e in aer sembra una più bella vergin ratta in Dio. Medor lei guarda e nel guardar si smembra, nè può aitarla e duolsi al mondo e a Dio. Già quasi ognun le belle ascose membra tra i drappi scierne e ognun supplica a Dio, nè v'è chi vede ο scorga ο chi comprenda che la beltà del mondo vilipenda. (III, 43) Beffarda allusione a sacre a s s u n z i o n i ( a n c h e in corto circuito c o n i coevi componimenti religiosi aretiniani ), voyeurisme ed a m m i c c a m e n t o p o t e n z i a t o al sistema d a n t e s c o di m e s s a in r i m a del divino ( " C r i s t o " c h e r i m a solo con se stesso, n o t o r i a m e n t e ) p r e p a r a n o il terreno ad u n ' e s a g e r a z i o n e a s c e n d e n t e u g u a l e e contraria alla m i r a b o l a n t e discesa agli Inferi del s e c o n d o canto. Ma gli sviluppi m e l o d r a m m a t i c i e favolosi dell'avventura aerea di A n g e l i c a c o n d a n n a t a a m o r t e c o n s o m m o g a u d i o dello s d e g n a t o M e d o r o m a impossibilitata a m o r i r e p e r l'indesiderata ed i n e v i t a b i l m e n t e c o m i c a a z i o n e dei v e n t i - s o n o già tutti orientati v e r s o l'altro p o e m a " s e r i o " , Le lagrime d'Angelica, p u b b l i c a t o tra i d u e e s t r e m i del 1536 e del 1 5 3 8 . 27 28 E ariostesco è il flash-back che prepara la scena: "Dico, se vi ricorda, signor, quando/ salvò Ruggier lei da l'orribil mostro/ de l'orca e quando Sacripante e Orlando/ lor valore al ben d'essa ognun ha mostro,/ poi mandò di sue grazie ognuno in bando,/ avuto il voler suo, come anch'ai nostro/ tempo assai donne fan, qual, poi che prendono/ da l'uomo piacer, discortesia gli rendono" (III, 33). Per una lettura ricca di impliciti suggerimenti in questa direzione cfr. Mario Scotti, "Gli scritti religiosi", Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita, cit., t. 1. Apice parossistico della danza aerea di Angelica (conclusasi con una sorta di finale assunzione) è la contrapposizione tra la donna disperatamente sospesa nel vuoto e Medoro di sotto anelante "ch'ella in terra schianti" (III, 107), ormai persuaso dell'infedeltà della donna nientedimeno che con lo spirito evocato da Malgigi. 26 27 28 F e d e r i c a Capoferri 58 Profilato fin dalla p r i m a ottava nel p r o p o s i t o di c a n t a r e le p e n e 29 d ' a m o r e d'Angelica di fronte ad un indifferente M e d o r o , il l e g a m e a d o p p i o n o d o tra la Marfisa e i d u e canti dell'Angelica v i e n e c o n s o l i d a t o dalla r i p r o p o s i z i o n e di versi, intere ottave, situazioni e s c h e m i narrativi. Offerta d i l a z i o n a t a nel t e m p o d i u n m e d e s i m o p o e m a , p r o d o t t o ancipite di u n o stesso p r o g e t t o i n c a p a c e di configurarsi o r g a n i c a m e n t e ο ipotesi di lavoro c o n d o t t a su versanti diversi, la Marfisa e Le lagrime d'Angelica si f r o n t e g g i a n o s e c o n d o d i n a m i c h e tutt'altro c h e u n i v o c h e . S o v r a p p o s i z i o n i e diffrazioni s'alternano nel r a p p o r t o m u t u a l m e n t e intessuto dai d u e p o e m i , riaffermando u n a " c o a z i o n e a r i p e t e r e " (Bruscagli 2 6 3 ) c h e si c o m p l i c a nella mise en abîme autoreferenziale, c o m e se ai d u e archetipi b o i a r d e s c o ed ariostesco si fosse a g g i u n t o un ideale archetipo a r e t i n i a n o . 30 Il p r o c e s s o - p a r a d o s s a l m e n t e destrutturante - d'amplificazione di alcuni luoghi obbligati del p o e m a e p i c o si c o m p l e t a ne Le lagrime d'Angelica con la trasformazione, quasi transcodificazione, dell'elemento erotico da m e c c a n i s m o allegorico-narrativo a m o v e n t e m e l o d i c o , t e m a p e r u n a raccolta d i madrigali: Non di rosa pallor nè di viola che sole ο pioggia affliga in loro stelo, non pallidezza di leggiadra e sola vergine pastorella che il bel velo ο tronco ο sterpe fuggendo le invola, veduto il serpe, quanto avanza il cielo, 29 Cfr. I, 1: "Io vorrei dir la donna ch'ebbe il vanto/ di leggiadra et angelica bellezza,/ la qual l'amato ben sospirò tanto/ che depose la gioia e l'alterezza, et imparato a pianger con quel pianto/ che ad altri insegnò già la sua durezza:/ Medor, pur chiama in suon languido e fioco,/ che non l'ascolta e 'l suo mal prende a gioco". Di fatto, l'unico "castigo" inflitto ad Angelica si ha nella chiusa della Marfisa. Fondamentale tener presente sullo sfondo il celebre esame di Ulrich Leo sui continuatori dell'invito ariostesco a continuare le vicende di Angelica e Medoro (Orlando Furioso XXX, 16: "Quanto, Signore, ad Angelica accada/ dopo ch'uscì di man del pazzo a tempo;/ e come a ritornare in sua contrada/ trovasse e buon naviglio e miglior tempo,/ e de l'India a Medor desse lo scettro,/ forse altri canterà con miglior plettro"). Leo ipotizza la diretta cessione da parte dell'Aretino dell'idea, effettivamente molto aretiniana, della prostituzione punitiva, di contrappasso, all'Angelica Innamorata (1550) di Vincenzo Brusantini (30-37). 30 In questa direzione si può leggere il riattraversamento fisico e mnemonico dei luoghi e degli episodi legati all'assedio di Albracca nell'Innamorato, con Angelica in veste di puntuale guida e relatrice per l'incuriosito Medoro (I, 69-80). I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 59 non languido color di fior reciso rassembla quel de l'angelico viso. (I, 85) Il registro idillico e il linguaggio petrarchista frenati nella Marfisa da un correttivo ironico di m a r c a a r i o s t e s c a trionfano nelle soavi descrizioni di A n g e l i c a e M e d o r o de Le lagrime d'Angelica, d i r o t t a n d o v e r s o un i m p i a n t o narrativo solo con l'apparizione di S a c r i p a n t e , il fedele ed infelice a m a n t e cui già s'intitolava la c a n d i d a t u r a al " m i g l i o r p l e t r o " di L o d o v i c o D o l c e ( L e o 12), strenuo difensore dell'Ariosto e i n t i m o d e l l ' A r e t i n o . Introdotto sulla falsariga dell'incontro di O r l a n d o con Origlile nell'Innamorato e s o s p e s o in funzione di p o t e n z i a l e destinatario d i u n ' e n i g m a t i c a a v v e n t u r a rimasta s e n z a s e g u i t o , S a c r i p a n t e r i c o m p a r e ne Le lagrime d'Angelica c o m e interlocutore di u n a p r o s t r a t i s s i m a donzella, "sì m e s t a e sì trafitta,/ d'affanni carca sì, sì da duol cinta,/ che tanti sospir crea, tanti ne gitta" (I, 6 4 ) : 31 32 33 Ma varco ormai a quella donna, a quella che ne la passion mesta e tremante comparse oscura, quasi vile ancella, nel conspetto real di Sacripante; la qual dopo i saluti gli favella: - Ο cavalier, per quel ch'io veggio, errante e pien di guai e colmo anco de doglia, dolore è il mio, sia il tuo che duol si voglia. (II, 21) N o n al cavaliere errante, ma all'amante " c o l m o a n c o di d o g l i a " e p e r s u a s o degli effetti catartici dell'ascolto del " m a l d'altrui" (II, 2 3 ) , l ' a n o n i m a d o n n a - contro le a p p a r e n z e "di re figliuola e m o g l i e r e e Cfr., anche per la tecnica dell'entralacement, Marfisa II, 23: "Ma le bellezze, a l'altrui morte pronte,/ per cui sospira il ponente e 'l levante,/ m'avean quasi di mente tolto il ponte/ ove ascese pur dianzi Sacripante". Il Sacripante di Lodovico Dolce viene pubblicato nel 1536 ma la composizione risale al 1520. Il Dolce, autore di un fortunato Commento al Furioso (pubblicato nel 1542) e di una Apologia del 'Furioso" (1535) è tra le figure-chiave di quel "group of Venetian publishers and their editors" precocemente intento alla legittimazione del poema ariostesco (Javitch 31). Marfisa II, 43: "La real donna al verde tronco avea/ le treccie d'or lucente avinte in guisa/ ch'arte nè forza scior non le potea". Da cfr. con Orlando innamorato I, XXIX, 52: "Sulla ripa del fiume, ad un bel pino/ stava una dama per le chiome impesa". La nota al passo dell'Innamorato informa che una donzella appesa ad un albero per i capelli si trova nel Lancillotto del Lago. Nella Marfisa, l'episodio - salvo un fuggevole recupero in II, 108 - non ha seguito. 31 32 33 Federica Capoferri 60 sorella" (II, 24) - narra u n a storia di inscalfibile d e d i z i o n e a m o r o s a , ripagata con luttuosi inganni ed a b o m i n e v o l i crudeltà. A t t r a v e r s a t o lievemente dal ricordo dell'Olimpia a b b a n d o n a t a da B i r e n o nel F u r i o s o e p o s s e n t e m e n t e da quello del B o c c a c c i o più tragico e sadico (tra la IV Giornata e la novella di Griselda conclusiva del Decameron), il racconto riprende i mortali supplizî prospettati in astratto ad A n g e l i c a nel terzo libro della Marfisa, ed ora c o n c r e t a m e n t e inflitti dal c r u d e l e marito alla t r o p p o i n n a m o r a t a m o g l i e . Sacrificati - dietro m e n d a c i p r o m e s s e di p a c e e p a r e n t e l a - la famiglia e il r e g n o al feroce c o n s o r t e , la d o n n a , oltrettutto sul p u n t o di partorire, v i e n e dal m e d e s i m o c o n d a n n a t a a m o r t e per p u r o odio. Tutti i tentativi d'esecuzione v e n g o n o agiograficamente inficiati da eventi m i r a c o l o s i : il cespuglio di spine si ritira; la c o r d a si spezza; il v e l e n o risulta inefficace; il coltello v i e n e fermato da A m o r e all'altezza del ritratto dell'amato carnefice; le d e e m a r i n e evitano l ' a n n e g a m e n t o , u n a t r e m e n d a p i o g g i a s p e g n e il r o g o ; la spada del boia colpisce di piatto; il leone ha pietà della g i o v a n e età della d o n n a ; d o l o r e e l a g r i m e i m p e d i s c o n o la m o r t e per fame; le frecce scagliate dai s e m p r e più pietosi sodali del rio m a r i t o v e n g o n o dirottate dal v e n t o . Infine, c o m e nella Marfisa, l'espediente della torre " c h e col ciel c o n t e n d e a d'altezza q u a s i " (Le lagrime d'Angelica II, 61): 34 35 I panni d'or, gonfi da i venti, fanno al mortal cader mio vivo sostegno, tal che senza disconcio e senza affanno, quasi ch'io fosse di penne, giù vegno. Questo ultimo miracol d'ogni danno mi ristorò, perchè il mio sposo degno in tal compassione a un tratto cade che pianse di stupore e di pietade. (II, 62) L'happy ending è n e g a t o dalle p r e m e s s e stesse del r a c c o n t o ( n o n c h é dalla difficoltà di far rientrare senza i dovuti contrappesi l'eccesso di un Tanto il ricordo di Olimpia (Furioso IX, 19-94; X, 1-34; XI, 54-83), quanto quello più massiccio di Marganorre (Furioso XXXVII, 38-122) nell'ultima parte della Marfisa depongono a favore di una - forse fatale - interferenza della terza edizione del poema ariostesco nella stesura delle parti "conclusive" dei due poemi aretiniani. Lagrime dAngelica II, 37: "Il mio nodo arse e uccisemi il fratello/ su gli occhi al padre, e la madre infelice/ dinanzi al figlio, e passò d'un coltello/ in grembo a me, semplice traditrice,/ chi l'esser diemmi; e dopo il caso fello/ e seco mi mena, e non mel contradice/ vederlo io molle del mio sangue giusto,/ che tutto potè Amor spietato e ingiusto". 34 35 I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 61 exemplum tanto n e g a t i v o ) : g u a r d a n d o , c o n " l u c i " o r m a i " m e s t a m e n t e p i e " (II, 66) la d o n n a , il ritrovato sposo c o m i n c i a a s p e r i m e n t a r e ad u n o ad u n o , interiormente ma con concreti effetti esteriori, tutti i t o r m e n t i inflitti alla narratrice, finché, giunto al p e n s i e r o della torre, schianta di dolore, m o r e n d o tra le sue braccia ("e gli fur q u e s t e braccia, ahi sorte dura!,/ gioia, duol, vita, m o r t e e s e p o l t u r a " II, 7 5 ) . S e n o n c h è , la c h i a v e di lettura dell'episodio offerta dall'Aretino nelle battute " c o n c l u s i v e " del p o e m a rilancia e c o n f o n d e i rapporti di c o l p a e d'espiazione, s c o n v o l g e n d o n e gli equilibri didattico-allegorici: Io so ben che il suo fin, d'amanti essempio, gran giustizia è d'Amor, ma dovea io patir per lui perchè Ί suo cor fece empio natura no, anzi il peccato mio; ma il ciel mi face (per cui di duol m'empio) de l'error più di lui pagare il fio; e che sia Ί vero, ei gì del mondo fora sola una volta et io vi vado ogn'ora. (I, 77) La p r o v o c a z i o n e resta sospesa, b l o c c a t a da un m i s t e r i o s o e terribile " r u m o r c h e direste, ο c a d e il mondo,/ ο il c e n t r o ha fin sotto il terrestre p o n d o " (II, 78), sul quale si c h i u d e - c o n u n a insaturata p r o m e s s a di seguito - il p o e m a . Ma u n a v e r s i o n e c o m p i u t a m e n t e e s f r o n t a t a m e n t e " d i d a t t i c a " dell'episodio l'Aretino già l'aveva offerta nella s e c o n d a giornata del Dialogo , inserendola tra gli a m m a e s t r a m e n t i della N a n n a " a P i p p a sua [sul]le poltronerie degli u o m i n i i n v e r s o d e l e d o n n e " ( R a g i o n a m e n t o 3 1 5 ) . A n t i c i p a n d o c o n " s i n g o l a r e ed astuto battage pubblicitario" ( R o m e i 30) il r a c c o n t o de Le lagrime d'Angelica, il Dialogo s'arresta s a g a c e m e n t e sul climax: 36 NANNA:...La torre toccava quasi il cielo coi merli; e non era niuno dei manigoldi che l'avevano a tra giuso, che gli bastassi l'animo di mirar la gente, la quale con le ciglia tese aspettava il volo che suo malgrado doveva far colei che, in migliore stato, tutta si racapricciava guardando ogni poco di profondità. Il sole che a quella otta luceva in tutta bellezza, per non vederla rovinare si nascose fra le nugole; ed ella datasi a piagnere, fece con gli occhi un Tevere e uno Arno. Ma non piagneva per la paura de lo avere a fiaccarsi e a rompersi cadenso: ella si vergognava di riscontrare lo spirito di suo padre ne l'altro mondo; e già 36 Accolgo, perchè più probabile, la sequenza cronologica delle due opere proposta da Romei, anche se la tipica strategia aretiniana dei rilanci deformati di un medesimo materiale non escluderebbe a priori il rapporto inverso. Pressoché contemporanea, comunque, è la genesi dei due testi. F e d e r i c a Capoferri 62_ le pareva che, in presenzia de l'anima de la madre, le dicessi: Ό Cielo! ο Abisso! ecco colei che mi spogliò quella carne con la quale la vestii'. PIPPA: Io son commossa. NANNA: Non ti sbigottire anco. Ella sentendosi sospingere da mano crudele, alzò la voce dicendo: Ό voi che rimanete doppome, scusatimi con chi è e con chi sarà, che io errai più d'ogni altra per amare più d'ognuna...' (Ragionamento 402-03) 37 Interrotto dallo s v e n i m e n t o della P i p p a , "la q u a l e " - i m p o r t a n t e dettaglio m e t a n a r r a t i v o - " v e n n e m e n o ne lo scagliarla giù de la torre c o n le p a r o l e " ( 4 0 3 ) , il r a c c o n t o ha di fatto esaurito la s u a f u n z i o n e strutturale, l a d d o v e sulla c o n c l u s i o n e " n a r r a t i v a " del c o r r i s p o n d e n t e e p i s o d i o sfuma p a r a d o s s a l m e n t e ogni illusione d'epilogo de Le lagrime d'Angelica . 38 A n o n sfumare, nel g i o c o o r m a i v e r t i g i n o s o di incastri, travasi, repliche e scollamenti, è la c h i m e r a del p o e m a e p i c o , r i p r o p o s t a su q u e l v e r s a n t e a u t o p a r o d i c o che s'andava p r o d i t o r i a m e n t e infiltrando nella c h i u s a de Le lagrime d'Angelica: Per colpa tua, cronichista ignorante, nulla tenensis, vescovo Turpino, dietro carotte ci caccia il Morgante et il Boiardo e Ί Furioso divino; per le ciacchere tue e fole tante fa dir Marfisa al gran Pietro Aretino, vangelista e profeta, e tal bugia che un monsignor se ne vergogneria. (Orlandino I, 3) A n n e s s i o n e trionfale ed i m p e r t i n e n t e al c a n o n e ( s t r a t e g i c a m e n t e allargato al Morgante p u l c i a n o 3 9 ) della Marfisa e, a s s i e m e , p a l i n o d i a di quella m e d e s i m a e s p e r i e n z a e di un'intera tradizione: 37 A questo stadio la confluenza con Le lagrime dAngelica è quasi totale: "Voi, che dopo di me sete rimasi,/ con chi viene scusatemi, ch'errai/ d'ogni altra più, che più d'ogni altra amai" (II, 61). Ed è a questo punto che Romei colloca la "morte" dei due primi poemi: "L'Angelica, crescendo sulla Marfisa, l'uccise: proprio la storia della 'novella contata in punta di pantufole', prodotto di recupero di un episodio del terzo libro della Marfisa, ne segnava l'uscita dal ciclo produttivo. Nè il nuovo pollone seppe mettere radici: fuori di qualche estro episodico, gli mancava la sostanza (e la costanza - di scrittura e d'impegno) che richiede un poema di vaste proporzioni" (30-31). Ma nella terza riproposizione del motivo si torna alla triade: "State di grazia, trium virium, cheti, Boiardi, Ariosti et Aretini" (II, 5). 38 39 I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 63 Questo è la verità! Non dice fola, come ser Pulci, il Conte e l'Ariosto, il mio sol Aretin, che pel ciel vola con quel lume che Ί sol da mezzo agosto; e Turpin se ne mente per la gola, e ve lo voglio far veder tantosto. State adunque ad udir, ο spensierati, i ladri gesti de i guerrier pregiati. (I, 9) D e l e g a t o p r e t e s t u o s a m e n t e a d u n a v o c e alternativa c h e p r e l u d e a l r e c u p e r o dell'antico d o p p i o di P a s q u i n o nell'Astolfeida, il p r o p o s i t o di svelare " l e m e n z o g n e de l'armi e de gli a m o r i " (I, 1) sostiene lo s m a n t e l l a m e n t o dei luoghi topici e delle strutture p o r t a n t i del g e n e r e 40 e p i c o , r i a t t i v a n d o il più strepitoso e d o n i s m o v e r b a l e aretiniano. All'incrocio tra la linea " c o m i c o - p o p o l a r e s c a " a v v i a t a dal P u l c i e il di là da v e n i r e p o e m a e r o i c o m i c o , l ' O r l a n d i n o affonda le sue radici nella v e n a più irriverente e contestatrice dell'opera aretiniana, r e c u p e r a n d o n e tutta la disponibilità all'espressionismo ludico ed allo s t r a v o l g i m e n t o di intere m i t o l o g i e letterarie: 41 - Chi sei tu? - disse Cardo. - Astolfo sono, arma virum qui cano, in terra a piei, bontà de un mio cavai non troppo bono e de un error che con la lancia fei. Non cavar fuor la spada, che perdono, signor, ti chiedo: miserere mei! Rise Cardo di Astolfo e disse: - Parmi che torni al signor tuo pedon senza armi - . (II, 6) N e l l ' o t t a v a c o n c l u s i v a dell'Orlandino ( i n c o m p i u t o soltanto in un'ottica strutturale canonica, che in quel "pedon senza armi" c'è Paradigmatica la beffarda invocazione, dopo debita pars destruens ("Ma a chi farò io la invocazione/ prima ch'io metta i paladini in ballo?/ Cupido è un furfantin, Marte un poltrone,/ uno asinaccio il pegaseo cavallo" (I, 10), ad un non meglio identificato Vincenzo Gambarino, concretissimo Apollo del cantore dell'Orlandino: "Se mi dai, Vincenzo almo, un baso solo/ almeno in capo della settimana,/ a staffetta mene vo da polo a polo/ e la Fama serà poi la mia alfana./ Coronami, pulcherrimo figliuolo,/ di carcioffi, de urtica e di borana,/ che, venendo da te cotali onori,/ edere torneran, mirti et alori" (I, 13). Si ripropongono per l'Orlandino i soliti problemi di datazioni, complicata dal suo camuffamento anonimo ne Le valorose prove degli arcibravi paladini diffuso nella seconda metà del Cinquecento (la l edizione conosciuta è del 1568) e nei primi del Seicento (Poemi cavallereschi 367-69). 40 41 a F e d e r i c a Capoferri 64 l'incontrovertibile sigillo di u n a fine. A n c h e e p o c a l e ) il g i o c o s'è o r m a i fatto a u t a r c h i c o : il rinvio alla p a r o d i a virgiliana nella Cortigiana ( 1 5 3 4 ) , c o m p l e t a n d o tutta u n a serie di inside jokes a u t o c e l e b r a t i v i , s p o d e s t a i referenti intertestuali, a n n u l l a n d o le ragioni stesse d e l l ' o p e r a z i o n e parodica. E, c o m e la Marfisa c h i u d e n d o s i sul p e r s o n a g g i o d'Angelica d a v a la stura al s e c o n d o p o e m a " s e r i o " , così l ' O r l a n d i n o arrestandosi su Astolfo si proietta v e r s o l'altro f a n t a s m a " c o m i c o " del p o e m a e p i c o , l'Astolfeida, c o n s e g n a t a ai n u m i tutelari di P a s q u i n o e M a r f o r i o , " a n t i c h i r o m a n i e amatori del v e r o " : 42 Il martello ch'i' ho di voi dua, poi ch'io cangiai un fiume al mare e Roma con Venezia, vuol ch'io v'indrizzi la vita d'Astolfo e de gli altri paladini, detta da me l'Astolfeida. Io la mando a voi perchè nascesti innanzi a' paladini, i quali son terra da ceci già 700 anni circa. Voi soli avete visto e cognosciuto chi è visso e morto, chi vive ora e chi viverà poi. Voi soli siate e sarete, vivete e viverete fino al dì del giudizio, e in un tempo siate antichi e moderni. Voi soli siate amanti del vero e nimici de le menzogne. Voi soli vorreste morire per il vero, ma il vero vi tien vivi perchè siate il paragon de' bugiardi. Chi è caparbio e ostinato abbaglia in ciò che fa, escetto ch'in dire il vero (Poemi cavallereschi 239). A c h i u s u r a del circolo, l'Aretino si ricandida a " c e n s o r del m o n d o altero/ et de la Verità n u n c i o et p r o p h e t à " (in L u z i o 13), c o m p l e t a n d o la d i s s o c i a z i o n e da "tante m e n z o g n e in stil a l t i e r o " (Orlandino I, 2 ) . S o l o c h e , m e n t r e YOrlandino r o v e s c i a v a b u r l e s c a m e n t e "le e r o i c h e p a z z i e , li eroichi u m o r i , / le traditore i m p r e s e , il ladro v a n t o " (I, 1) dei p a l a d i n i p e r rivelare u n a frode letteraria "di c h e il m o n d o c o g l i o n si i n n e b r i a t a n t o " (ib.), sotto l'egida attualizzante di P a s q u i n o il p r o c e s s o di s v e l a m e n t o demistificatorio - e lo p r e a n n u n c i a lo s t u p e f a c e n t e r o v e s c i a m e n t o invernale del topos e p i c o p r i m a v e r i l e - nell'Astolfeida è g l o b a l e , a n t r o p o l o g i c o . A g g a n c i a t a a l l e g o r i c a m e n t e la riscrittura de la 43 Vistosi il rinvio a La puttana errante (poema parodico con non pochi punti di contatto con questo Aretino) del protetto e quasi alter-ego Venier (I, 8) e alla "Zaffetta" (I, 41), personaggio mutuato dalla vita reale (la cortigiana Angela Greco, assoggettata al barbaro "trentuno", strupro collettivo a fini punitivi) ed immortalato a più riprese dall'opera aretiniana e dalla coeva produzine erotico-pornografica. Cfr. 1, 32: "Era dopo Ί Natale et Ogni Santi/ la terra ignuda e spolti gli arborselli;/ la fame e Ί freddo, nimici ai furfanti,/ li avea ridotti a le stalle, a' tinelli;/ spidocchiavansi al sole i più galanti;/ stansi i ricconi a mangiar fegatelli / presso al buon fuoco, e chi Ί vin dolce beve/ e' incaca il vento, la pioggia e la neve". 42 43 I Poemi cavallereschi di Pietro A r e t i n o 65 "qualità e' i c o s t u m i de' p a l a d i n i " alle costanti di un m o n d o c h e "fu quasi s e m p r e ad un m o d o " ( 2 4 3 ) , l'Astolfeida s o v r a p p o n e alla p a r o d i a letteraria la m e s s a in scena di un m o n d o p i e n o di " b r a v a c c i a p a r o l e " (ib.), a z z e c c a n d o l'innesto p r o p r i o all'altezza della più c h i a s s o s a diseroicizzazione: L'Arcifanfan, riposto il corno a la bocca, grida: - Fuor, fuore, ο paladin da frappe! Berlinghieri berlinga e dice: - Or fiocca - . Il cui d'Astolfo facea lappe lappe. Carlo vede che fuor nessuno sbocca, empie le brache e 'nsanguina le chiappe d'altro che d'acqua lanfa e belzuino. 44 I salmi e letanie dicea Turpino. (I, 37) Va da sè c h e il teatrino aretiniano del V e r o c o m p e n s a ed a s s i e m e sancisce un'incompatibilità con la tradizione cavalleresca p r e n n u n c i a t a in sordina fin dai sibillini avvii della Marfisa: Gentil Cupido, inculto orrido Marte, per le saette d'or, per l'asta fera, aggradi a voi che le mie nuove carte crein d'e gesti antiqui una chimera e 'n virtù vostra sien col sole sparte u' tosto aggiorna e dove tardi assera l'altrui opre mendaci e la bontade per far vergogna a la presente etade. (I, 3) A p e r t o a p l u r i m e possibilità c o m b i n a t o r i e , il confronto dei Poemi cavallereschi con il g e n e r e epico frana sotto il p e s o delle sue stesse 45 44 Evidente il ricordo della trovata boiardesca: "De altro che rose avea le brache piene" (Orlando Innamorato I, XIV, 55), con la ben studiata sovrapposizione del vilissimo e mendace re Truffaldino a Carlo Magno. I giochi d'associazione e di contrasto tra i quattro frammenti epici è naturalmente aperto a più possibilità combinatorie (e le stesse incertezze di cronologia impediscono percorsi troppo univoci), con più ο meno forti diffrazioni nei risultati interpretativi. Del resto, sintomatica della reversibilità dei rapporti infra- ed intertestuali dei Poemi cavallereschi è la curiosa divaricazione tra la convinzione di Bruscagli che nei due frammenti comici, "ben più che nella Marfisa ο nelle Lacrime d'Angelica, la suggestione potente dell'Innamorato diviene esclusiva, eclissando senza residui la memoria del Furioso" (265) e l'impiego di Franceschetti dei medesimi frammenti per dimostrare la centralità dell'Ariosto nell'Aretino scrittore del genere cavalleresco (una centralità non incrinata, bensì ribadita dai frequentissimi 45 Federica Capoferri 66 tentazioni iperboliche: la castrazione del grottesco gigante A r c i f a n f a n o (Astolfeida III, 1-5) è la fin troppo facile metafora o, e p i c a m e n t e , allegoria tragicomica di u n a rinuncia finale. FEDERICA CAPOFERRI C o l u m b i a University, N e w York, N e w York OPERE CITATE Aretino, Pietro. Dialogo. Ragionamento, a cura di Paolo Procaccioli, Milano: Garzanti, 1984. . Poemi cavallereschi, a cura di Danilo Romei, Roma: Salerno Editrice, 1995. Ariosto, Ludovico. Orlando furioso, a cura di Lanfranco Caretti, Torino: Einaudi, 1992, 2 ed. Beer, Marina. Romanzi di cavalleria: il "Furioso" e il romanzo italiano del primo Cinquecento, Roma: Bulzoni, 1987. Boiardo, Matteo Maria. Orlando innamorato, a cura di Riccardo Bruscagli, Torino: Einaudi, 1995. Bruscagli, Riccardo. "L'Aretino e la tradizione cavalleresca", in Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita. Atti del Convegno Roma-Viterbo-Arezzo (28 settembre - 1 ottobre 1992), Toronto (23-24 ottobre 1992), Los Angeles (27-29 ottobre 1992), a cura di Michael Lettieri - Salvatore Bancheri - Roberto Buranello, Roma: Salerno Editrice, 1995, t. l , p p . 245-73. Franceschetti, Antonio. "Aretino e la tradizione cavalleresca", in Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita, t. 2, cit., pp. 1027-52. Guardiani, Francesco. "Aretino e Rabelais figure aurorali della modernità", in Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita, t. 2, cit., pp. 1009-25, Javitch, Daniel. Proclaiming a Classic: The Canonization of "Orlando Furioso", Princeton: Princeton University Press, 1991. Larivaille, Paul. Pietro Aretino fra Rinascimento e Manierismo, Roma: Bulzoni, 1980. a richiami al Boiardo e all'Innamorato...proprio perchè quei richiami assumono un valore di dialogo, a volte anche di dialogo polemico, con il modello ideale, di alternativa offerta nell'ambito di strutture che non devono essere sempre le stesse, sempre monocordi e inalterate)" (1048-1049). Personalmente, è chiaro, ritengo che del "trium virium" di "Boiardi, Ariosti et Aretini", a questo stadio, al Nostro interessi soprattutto l'ultimo nome. I Poemi cavallereschi di Pietro Aretino 67 . "La 'grande différence entre les imitateurs et les voleurs': à propos de la parodie des amours de Didon et d'Enée dans les Ragionamenti de l'Arétin", in AA.VV. Réécritures I. Commentaires, parodies, variations dans la littérature italienne de la Renaissance, Paris: Université de la Sorbonne Nouvelle, 1983, pp. 41-119. Leo, Ulrich. Angelica ed i "migliori plettri". Appunti allo stile della Controriforma. Scriften und Vorträge des Petrarca-Instituts Köln, Krefeld: Scherpe Verlag, Vol. 4, 1953. Luzio, Alessandro. Pietro Aretino nei suoi primi anni a Venezia e la corte dei Gonzaga, Bologna: Forni, 1981 (ristampa anagrafica dell'edizione Torino: Loescher, 1888). Romei, Danilo. "Storia di Marfisa (e degli altri poemi impossibili)", Introduzione ai Poemi cavallereschi di Pietro Aretino, op. cit., pp. 9-32.