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Raccontare Pablo Neruda
Poesia e politica in un capolavoro
/ 14.11.2016
di Fabio Fumagalli
**** Neruda di Pablo Larrain, con Luis Gnecco, Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Mercedes
Moran (Cile 2015)
Con quattro film di grande qualità nell’arco di tre anni (No, El club, Neruda e Jackie) Pablo Larrain è
ormai uno dei più importanti oltre che prolifici cineasti contemporanei. Girata poco prima di Jackie,
questa pseudo-biografia del celebre poeta e politico cileno rappresenta il suo primo capolavoro.
Perché pseudo-biografia? Perché questa definizione riassume da sola l’incredibile originalità del
film, che ha poco a che fare con i tanti biopic in circolazione. Il film è il risultato di una sorta di work
in progress sulla traccia di fatti reali destinati a essere progressivamente elaborati. Un itinerario
fisico effettivamente vissuto da una figura che conserva un carisma inestinguibile in Cile. Il tragitto
si fa però sempre più interiore: inventato, certo, ma infinitamente più prezioso, oltre che
coinvolgente.
Il film si concentra sui pochi mesi dell’esistenza di un grande della letteratura e della politica dedito
alla sopravvivenza della democrazia nel proprio Paese. Nel Cile del 1948 il governo di Videla
condanna il comunismo alla clandestinità e ordina l’arresto del poeta, dopo averlo destituito dalla
carica di senatore. D’intesa con il partito, Neruda rinuncia al mito della propria presenza tutelare fra
i manifestanti delle strade di Santiago e sceglie l’esilio: attraverso le Ande raggiungerà Parigi.
Ma il film è interessante soprattutto per la sceneggiatura geniale, che permette alla regia, al
montaggio e alle musiche di Pablo Larrain di abbandonarsi a continue, splendide invenzioni, in una
dimensione sempre più fantastica. Già la descrizione del Neruda iniziale, letteralmente incarnato da
uno straordinario Luis Gnecco, è lungi dall’essere agiografica. C’è la grande nobiltà dei versi
declamati che si contrappone allo scrittore, descritto in modo giocoso, a volte irrispettoso: un
libertino dal fisico sfatto, frequentatore di bordelli, commediante impenitente.
Poi, la svolta: la voce narrante infatti appartiene all’altro «eroe» del film, Oscar Peluchonneau,
l’ispettore di polizia che dà la caccia a Neruda. Personaggio impossibile più che spregevole (che
Gael Garcia Bernal interpreta alla meraviglia), in preda a una crescente identificazione con l’illustre
preda. La presunta vittima e il carnefice si confondono in una fascinazione che da poliziesca si fa
farsesca, e infine estetica. Trasfigurata nella luce delle Ande, la presenza abbagliante dello sfondo
confonde definitivamente la realtà della storia con il sogno dell’utopia. In un gioco sempre più
astratto l’arte di filmare di Larrain si avvicina in modo memorabile all’immaginario squisitamente
letterario del futuro premio Nobel.