Robot, la caduta si è fermata
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Robot, la caduta si è fermata
ECONOMIA ITALIANA PAGINA 20 — Venerdì 16 Aprile 2004 - N. 105 IL SOLE-24 ORE CONGIUNTURA 1 Dopo due anni di emorragia nel primo trimestre 2004 ordini in lieve crescita (+0,1%) In Confindustria il Premio per l’innovazione Mariotti (Ucimu): «Servono incentivi fiscali» - Si rafforza l’export verso Russia, Cina, Usa e Turchia «Atenei e imprese dialogo più forte» MILANO 1 «Stagnazione». Al- ROMA 1 «È un’iniziativa che punta a Robot, la caduta si è fermata C + fredo Mariotti, direttore generale di Ucimu Sistemi per produrre, non ha paura a pronunciare la seconda parola più temuta dagli imprenditori. «Siamo in una fase di stagnazione — spiega — Per rendersene conto è sufficiente fare il punto sugli ordini e guardare dove eravamo un anno fa e dove siamo ora: la differenza è soltanto dello 0,1 per cento». Il primo rapporto trimestrale del 2004 sull’industria delle macchine utensili fotografa un Paese in attesa di una ripresa che, per ora, tarda a manifestarsi. Alle spalle ci sono due anni da dimenticare, il 2001 e il 2003, in cui gli ordini sono precipitati rispettivamente del 20,8% e del 11,9 per cento. Di fronte la speranza che le economie mondiali, e quelle europee e italiana in particolare, tornino a marciare. L’impercettibile progresso tendenziale del primo trimestre 2004 è frutto di un incremento dell’export, cresciuto dello 0,9%, e di un mercato interno che ha visto gli ordini calare dell’1,8 per cento. In base ai dati Istat, a rilanciare le vendite di macchine utensili sono in particolare i mercati russo (+33,3%), cinese (+32,1%), statunitense (+30,8%) e turco (+26,3%). «È grazie alla performance di questi Paesi che resto ottimista sul futuro — spiega Mariotti —. Sarei preoccupato se non ci fossero mercati dinamici. E lo sarei ancora di più se ci fossero e i nostri imprenditori non riuscissero a conquistar- L'andamento degli ordini Prezzi costanti (base 2000 = 100) 140 INTERNI ESTERI 120 TOTALE 100 80 60 40 20 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Fonte: Centro Studi Ucimu li. Invece, da questi dati, vedo che restiamo competitivi. Significa che quando vedremo la luce fuori dal tunnel saremo pronti a ripartire». La produzione italiana di MILANO 1 Aletti merchant, la merchant bank del gruppo Banca popolare di Verona e Novara, è entrata nel capitale del gruppo Riello Sistemi con una quota poco inferiore al 20% e un investimento di 10 milioni di euro. L’operazione, effettuata tramite un aumento di capitale (non nominale) di 25 milioni di euro, di cui 15 sottoscritti dalla famiglia Riello (finora unico azionista), è stata realizzata in vista della quotazione in Borsa, prevista per la fine macchine utensili, robot e sistemi di automazione ha registrato nel 2003 una diminuzione dell’8%, attestandosi a 4.028 milioni di euro. Un calo dipeso dall’andamento complessiva- mente negativo delle esportazioni (-5,1%) e, in misura maggiore, delle consegne sul mercato interno (-10,3%). Le previsioni per il 2004 indicano una produzione in lieve crescita rispetto al 2003 (+0,5%), grazie soprattutto al recupero delle esportazioni, che dovrebbero registrare un incremento del 5,1%, mentre rimarrà ancora debole la domanda del mercato domestico (-5,5% rispetto al 2003). Per approfittare di questi piccoli miglioramenti, sostiene Mariotti, è necessario che alle aziende giungano degli incentivi, anche psicologici. «A livello politico basterebbero tre mosse per mettere gli imprenditori del nostro settore in grado di ripartire. Innanzitutto — spiega — andrebbe data la possibilità di ammortizzare al primo anno gli investimenti in meccanica avanzata: i costi che ricadrebbero sullo Stato per la traslazione d’imposta sarebbero coperti dal maggiore gettito di Iva e Irpeg. I vantaggi sarebbero evidenti: i macchinari nuovi permetterebbe alle aziende italiane di produrre meglio e a costi più com- Aletti Bank affianca Riello, nel 2006 l’ingresso in Borsa del 2006. Il nuovo capitale sociale del gruppo composto da Riello sistemi, Mandelli sistemi, Burkhardt+Weber fertigungssysteme e Riello Shanghai production systems è di 14 milioni di euro. «Per ora non è previsto il coinvolgimento di Aletti negli organi amministrativi — ha spiegato Andrea Riello, presidente e amministratore delegato del gruppo — anche se ho chiesto un rappresentante del nuovo azionista per aumentare il livello di qualità della corporate governance». Il gruppo Riello ha chiuso l’esercizio 2003-2004 con 90 milioni di euro di ricavi conso- lidati. «È difficile pensare che per finanziare una tale crescita un’azienda sia in grado di originare cash flow sufficiente — ha aggiunto Riello. — L’arrivo del nuovo socio finanziario ci aiuterà in questo senso, oltre che prepararci a quelle che saranno in futuro le esigenze del mercato in termini di trasparen- petitivi, mentre quelli vecchi andrebbero a rimpolpare le riserve sempre più scarse di materiale ferroso». Un altro punto su cui Mariotti chiede un intervento al Governo riguarda i fondi destinati alla ricerca e all’innovazione. «Per ora la distinzione tra queste due voci è solo teorica. Speriamo che già dalla prossima finanziaria le cifre allocate ai due settori siano tenute separate in modo che la ricerca non assorba tutti i fondi e l’accesso alle risorse divenga più rapido. Terzo, auspichiamo che i valori di incremento scaturiti dalle fusioni divengano fiscalmente neutri. Questo perché c’è bisogno di aziende più grandi. Una necessità che si deve scontrare con le resistenze degli imprenditori e gli oneri tributari che rendono le operazioni ancora più difficile da digerire». MARCO MASCIAGA M + ne con Innosense è stato istituito un creare sinergie tra il mondo delle im- riconoscimento speciale, il Social Inprese e quello dell’università, per col- novation Award, per sostenere l’avvio mare il gap tra queste due realtà che di imprese innovative con contenuto dialogano poco». Così Anna Maria socialmente rilevanti. Artoni, presidente dei Giovani di ConL’importanza del premio, hanno sotfindustria, ha presentato l’edizione tolineato i relatori, va oltre i riconosci2004 del Premio nazionale per l’inno- menti che saranno assegnali: «È un vazione, che si svolgerà a Torino, a dicembre, e premierà le idee imprenditoriali più innovative di studenti e ricercatori universitari. Si tratta di una sorta di "coppa dei campioni": infatti è una competizione tra i progetti d’impresa ad alto contenuto di innovazione che hanno già vinto i concorsi di business plan competition organizzati dalle otto università partecipanti (Politecnico di Torino, Università di Bologna, Udine, Padova, Perugia, Trieste, Federico II di Napoli, Politecnico di Milano). Un numero che potrebbe ampliarsi: altre Anna Maria Artoni quattro università, infatti, si stanno organizzando (tra queste Roma e una del Mezzogiorno). Alla conferenza stampa di presentazione, che si è svolta ieri in Confindustria, hanno partecipato oltre alla Artoni il presidente del Comitato promotore del premio, Vincenzo Pozzolo, il presidente del modo per cambiare la cultura e il lingruppo giovani imprenditori di Tori- guaggio di due mondi che comunicano, Maurizio Cassano, il professor Fa- no ancora poco», hanno detto sia la biani, in rappresentanza della Confe- Artoni che Pozzolo. «È indispensabile renza dei Rettori. La competizione si che Torino diventi un centro di svilupconcluderà con la nomina di tre vinci- po di nuova impresa e i giovani hantori: i premi sono 60mila euro, 30mila no la voglia di entrare sul mercato e 20mila riepsttivamente ai primo, se- con idee nuove», ha detto Cassano, condo e terzo classificato e saranno mentre Fabiani ha rimarcato la necesmessi a disposizione dalla Compagnia sità che imprese ed università impariSan Paolo di Torino e dalla Fiat. Il no a dialogare, sollecitando le univerpremio è alla seconda edizione (alla sità ad essere disponibili allo scamprima avevano partecipato cinque ate- bio di esperienze. nei). E c’è una novità: in collaborazioN.P. Artoni: puntiamo a creare sinergie tra i due mondi za». La meta, conferma il presidente del gruppo, è la Borsa ma, spiega, «quella con Aletti è un’operazioni di accompagnamento. Lo scopo è di fare impresa e crescere in vista di un’espansione futura, cogliendo le opportunità provenienti dall’esterno». Di per sé, ha concluso Riello, «la crescita non è un obiettivo del gruppo, ma uno strumento indispensabile per rimanere competitivi nel mercato globale». MA.MAS. Terranova (Gea): «Nuove regole sulle alleanze» Sfida della flessibilità per il private equity MILANO 1 Esiste una specie di amore-odio tra le aziende di famiglia e il private equity. Le relazioni risultano in genere molto complesse, forse anche perché si tratta appunto di un «matrimonio di interesse», come dice Luigi Terranova, il partner responsabile di finanza aziendale in Gea, che in questa intervista parla anche di nuove «regole del gioco» per spianare la strada alle alleanze. In un mercato europeo del private equity in contrazione, l’Italia sembra muoversi in controtendenza. Come mai? Due i motivi di fondo. Da una parte i fondi operano in un contesto più complesso: tanti operatori sul mercato, risorse finanziarie in eccesso e forte concentrazione sui potenziali investimenti, grandi o medi, dove la competizione è elevata. Dall’altra le aziende familiari non trovano sempre adeguato sostegno finanziario dalle banche o non risultano pronte ad entrare in Borsa, ma potranno esserlo in futuro. La convergenza tra gli interessi c’è, ma i rapporti tra private equity e aziende familiari sono frenati da vincoli, diffidenze e paletti. Se esistono le condizioni per la partnership, che cosa devono fare le aziende familiari per rendersi più visibili e appetibili? Nella relazione con il private equity vanno affrontati alcuni passaggi cruciali. L’impresa familiare deve introdurre una governance adeguata che veda la partecipazione di consiglieri indipendenti e, inoltre, va separato nettamente il patrimonio della famiglia da quello aziendale evitando ogni "confusione". Un altro passaggio importante è quello di orientare la gestione dell’azienda alla massima trasparenza. Libri aperti, reporting chiaro, spirito di collaborazione e condivisione con l’investitore. La relazione non può essere fondata sulle stesse caratteristiche di un classico rapporto banca-impresa. ne o di accettare di cedere con l’investitore il controllo dell’azienda. Quali sono gli atteggiamenti nei confronti delle aziende familiari che gli investitori devono modificare? Al private equity serve un atteggiamento più flessibile, anche per dare un contributo diretto alla gestione aziendale. Deve capire quando è meglio lasciar vivere lo spirito imprenditoriale e quando invece è opportuno intervenire per riallineare il comportamento dell’impresa rispetto agli obiettivi comuni di creazione di valore. Inoltre il private equity non può limitarsi all’investimento finanziario, ma deve contribuire al cambiamento culturale dell’impresa, dal management al processo di pianificazione, fino alla crescita per acquisizioni. Perché le imprese sostengono che, appena firmato il fissato bollato del passaggio azionario, i fondi pensano già a come vendere? In effetti l’investitore deve orientare il suo investimento su un lasso temporale più esteso superiore ai tradizionali 3-4 anni. Il private equity può diventare il partner della famiglia imprenditoriale con un ruolo strategico per lo sviluppo delle imprese. Se la relazione è ben costruita, e se gli obiettivi di business sono specificati, anche l’investimento di minoranza può fornire forti ritorni all’investitore. «L’impresa familiare deve introdurre una governance adeguata» Perché per l’imprenditore la clausola di uscita del private equity è spesso la condizione più delicata da digerire? Nei casi di partecipazioni di minoranza nel capitale dell’azienda, la famiglia deve lasciare ampia alternativa di "way out" all’investitore, definendo in anticipo le regole di uscita per minimizzare i rischi di conflitto. Il private equity raccoglie risorse di investitori istituzionali che ricercano rendimenti elevati, non certo il sostegno dell’impresa fine a se stesso. L’investitore di minoranza vorrebbe effettuare il collocamento in Borsa dell’azienda; se questa opzione non è disponibile, la famiglia deve mettere in conto l’eventualità di riacquistare la partecipazio- F.V. Marchi storici / L’azienda dolciaria di Siena B + Corsa a due per la Sapori FIRENZE 1 Una perdita di 16 milioni su un fatturato che nel 2003 non ha raggiunto i 40, e il peso di 30 milioni d’indebitamento hanno messo in ginocchio il marchio Sapori. E così, a distanza di sei anni dall’ultimo riassetto azionario, la storica azienda senese, famosa per il panforte e i ricciarelli, prova di nuovo a voltare pagina. «L’assemblea della Irps, Industrie riunite del panforte di Siena, titolare del marchio Sapori, nel prendere atto da un lato dell’erosione del patrimonio della società e dall’altro dell’esistenza di trattative avanzate per la ricapitalizzazione, e di iniziative che possono garantire il proseguimento dell’attività aziendale e la valorizzazione dei suoi importanti asset — annuncia una nota — ha deliberato di nominare liquidatore l’attuale amministratore delegato, Giancarlo Errico, dandogli mandato di proseguire le trattative per arrivare in tempi rapidi a una loro positiva conclusione». Gli attuali soci, Mediobanca (attraverso Fi- dia) con il 30% e la società di diritto olandese Chocolate Groder (privati e fondi d’investimento) con il 70%, sono dunque pronti a farsi da parte, dando via libera a l’ingresso di altri partner. I pretendenti, come spiega il comunicato, non mancherebbero e i nomi circolati nelle ultime settimane sono più di uno, a cominciare da quello di un altro senese doc: Alessandro Nannini, ex pilota di Formula Uno e imprenditore del settore alimentare. La cordata più accreditata è però composta da Angelo Colussi e Banca Monte dei Paschi, che interverrebbe attraverso la controllata Mps Merchant. Colussi, 350 milioni di fatturato nel 2003, è uno dei leader del settore e conquistando Sapori punterebbe a consolidare la posizione di mercato nel comparto dei prodotti da forno. I diretti interessati non confermano e non smentiscono, ma la trattativa potrebbe imboccare la dirittura d’arrivo già nei prossimi giorni. C.PER. Y +