Xylella fastidiosa, adesso basta!
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Xylella fastidiosa, adesso basta!
direttore LUIGI CARICATO - [email protected] società > italia Xylella fastidiosa, adesso basta! Non se ne può più. Ci scrive Antonio Barletta, dell’azienda agricola “PurOstuni”, lamentando l’eccesso di comunicazione intorno a una questione diventata ormai puro folclore. Si passa dagli ambientalisti pronti a difendere gli olivi, salvo poi permettere lo scempio del fotovoltaico in ogni dove in nome dell’energia green, a politici in cerca di affannosa visibilità, fino alle associazioni di categoria che profetizzano soluzioni, ma dimenticano di essere loro stesse artefici dell’incuria nelle aree in cui il batterio si è manifestato OO M L’affaire “Xylella fastidiosa” occupa quotidianamente titoli di stampa locale e nazionale disquisendo nei minimi dettagli su untori dell’ultima ora e guerre batteriologiche. Una strategia dell’attenzione che continua a soffocare i tanti sforzi e le quotidiane attenzioni che i buoni olivicoltori pugliesi hanno da sempre messo in campo per raccontare la qualità della produzione olivicola “made in Puglia” e la costante custodia degli olivi monumentali. Nel tacco d’Italia, prima regione olivicola nazionale e simbolo per eccellenza del prodotto capostipite della dieta mediterranea, i “veri” produttori di olio si trovano oggi a combattere non tanto la problematica Co.Di.R.O. (Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo), quanto tutta la carovana folkloristica che intorno al problema si è creata. Si passa dai tutori dell’ambiente “senza se e senza ma” pronti a difendere gli olivi, salvo poi permettere lo scempio del fotovoltaico in ogni dove in nome dell’energia green, a politici in cerca affannosa visibilità per l’imminente elezione del consiglio regionale, passando come sempre da associazioni di categoria sul piede di guerra che profetizzano soluzioni, dimenticando di aver aiutato l’incuria delle aree dove la Xylella si è manifestata, proprio grazie agli aiuti UE che hanno ricevuto i tanti olivicoltori che sapevano di avere degli olivi solo dagli estratti conto bancari quando riscuotevano gli aiuti. E poi, che dire di tutti i saltimbanchi pronti a occupare la prima linea in TV e manifestazioni, nel nome dell’olivo e dell’olio, in cerca della migliore inquadratura e poco avvezzi alla valorizzazione di un territorio che vive quotidianamente di olivicoltura. Troppi agricoltori in questa terra hanno bisogno di verità e giustizia, hanno il bisogno di raccontare la loro storia e le loro fatiche per realizzare e promuovere un olio di qualità che in pochi mesi viene spazzato via dal solito vortice mediatico buono a sfornare scoop e inchieste, ma poco utile a chi deve ogni giorno portare avanti la propria azienda. Tutti parlano di tutela degli olivi, patrimonio paesaggistico, economico, turistico e culturale d’inestimabile bellezza, dimenticando che il vero custode è l’olivicoltore che da millenni ha stabilito una sinergia costante tra uomo e natura, così da donare ancora oggi lo splendore di queste piante a quanti ne parlano (spesso a sproposito). In tutto questo caos, noi olivicoltori ci sentiamo pugnalati alle spalle, offesi e abbandonati dai nostri stessi “colleghi” che per anni hanno volutamente abbandonato gli oliveti nel nome del Dio denaro e della becera produzione di olio lampante di nessun valore e senza cura degli olivi. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni che avevano il dovere di vigilare sull’importazione di piante da tutte le parti del mondo che arrivano in Europa senza alcun controllo fitosanitario, vedi i casi del Punteruolo Rosso delle Palme e dell’Aleurocanto di qualche anno fa. Un grande calderone di chiacchiere e immagini negative che da mesi continuano a ricadere sull’olio di Puglia, mentre con tante fatiche gli onesti olivicoltori che non si sono ingrassati con aiuti UE e falsi escamotage per raggranellare soldi pubblici, oggi si trovano a contatto con un consumatore che crede di contrarre chissà quale patologia se consuma il nostro olio o soggiorna in Puglia per le vacanze. Siamo davvero all’assurdo! E poi, come spesso accade, tra esposti e denunce fioccano anche le inchieste per capire l’eventuale natura “dolosa” del batterio, anche se negli ultimi trent’anni sarebbe forse stato più utile indagare sulle modalità di concessione degli aiuti UE agli olivicoltori “trascurati”, alle domande di aiuto fatte dalle associazioni di categoria per conto di questi olivicoltori e, allo stesso tempo, alla questa sì “dolosa” mancanza di controllo di chi con le “buone pratiche” tutelava il proprio conto corrente e non gli uliveti. Troppo facile, ora, per lor Signori promuovere incontri, sviluppare progetti, organizzare manifestazioni, quando da troppo tempo i “numeri” dell’olio sono stati utili solo a riempire le casse di fantomatici agricoltori ed enti vari. Sento di interpretare il sentimento autentico degli olivicoltori che amano e curano l’olivo, che guardano alla produzione e commercializzazione dell’olio di qualità come strada maestra per la promozione del comparto e del territorio, nonostante l’intera filiera olivicola non riesce a dialogare sinergicamente e aspetta da più di vent’anni un Piano Olivicolo Nazionale. È notizia di pochi giorni fa un’intervista di un produttore olivicolo del nord barese, il conte Onofrio Spagnoletti Zeuli, che lamenta il danno d’immagine che i “veri” olivicoltori stanno subendo per colpa di quanti per anni non hanno neppure messo in atto le più banali pratiche agricole. In qualità di olivicoltore da tre generazioni, mi sento di sottoscrivere le parole del conte Spagnoletti Zeuli, condividendo un pensiero comune che risulta poco popolare ma che nasconde amare verità che si fa finta di non vedere. Gli olivicoltori pugliesi onesti vanno avanti, non mollano, come hanno sempre fatto e come continueranno a fare, nonostante tutta la mediocrità che li circonda. Antonio Barletta Azienda agricola “PurOstuni” OO M - 11-05-2015 - Tutti i diritti riservati COMMENTI Per poter commentare l'articolo è necessaria la registrazione. Se sei già registrato devi effettuare l'accesso. Giuseppe Vergari 09:35 | 02 settembre 2015 concordo pienamente con il sig. Barletta su tutto quello che dice. Non sono un olivicoltore di professione ma mi occupo di olivo da molti anni e mi hanno insegnato ad amare l'olivo in tutti i suoi aspetti. In molte occasioni ho denunciato il fatto che il primo male dell'olivicoltura del sud salento è l'incuria e l'abbandono complici gli aiuti comunitari dati a questi pseudo olivicoltori. In particolare ciò che maggiormente ha aiutato all'abbandono degli oliveti salentini sono state le pratiche fatte a random di biologico dove ogni proprietario si è sentito di adottare la pratica applicando l'abbandono degli oliveti. Concordo quando dici che i primi artefici di questa situazione sono proprio le associazioni di categoria le quali molte molte hanno spinto verso queste pratiche senza avere le giuste competenze nel gestire queste situazioni. Ci sarebbe molto altro da dire ma sopratutto c'è tanto da fare per cercare di salvare questo patrimonio unico al mondo, ma come spesso succede in Italia nell'emergenza si vede solo la possibilità di fare businness. Osservatorio sul mondo dell'olio da olive e delle realtà affini "Olio Officina Magazine" è una testata registrata presso il Tribunale di Milano, n. 326 del 18 ottobre 2013 Direttore responsabile: Luigi Caricato Direzione e redazione: Via Francesco Brioschi, 86 - 20141 Milano Tutti i diritti sono riservati - Disclaimer - Privacy Realizzato da Aerostato - Newsletter inviate con MailCom