Xylella fastidiosa, adesso basta!

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Xylella fastidiosa, adesso basta!
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Xylella fastidiosa, adesso basta!
Non se ne può più. Ci scrive Antonio Barletta, dell’azienda agricola “PurOstuni”, lamentando l’eccesso di comunicazione
intorno a una questione diventata ormai puro folclore. Si passa dagli ambientalisti pronti a difendere gli olivi, salvo poi
permettere lo scempio del fotovoltaico in ogni dove in nome dell’energia green, a politici in cerca di affannosa visibilità,
fino alle associazioni di categoria che profetizzano soluzioni, ma dimenticano di essere loro stesse artefici dell’incuria
nelle aree in cui il batterio si è manifestato
OO M
L’affaire “Xylella fastidiosa” occupa quotidianamente titoli di stampa locale e nazionale disquisendo nei minimi dettagli su
untori dell’ultima ora e guerre batteriologiche.
Una strategia dell’attenzione che continua a soffocare i tanti sforzi e le quotidiane attenzioni che i buoni olivicoltori pugliesi
hanno da sempre messo in campo per raccontare la qualità della produzione olivicola “made in Puglia” e la costante
custodia degli olivi monumentali.
Nel tacco d’Italia, prima regione olivicola nazionale e simbolo per eccellenza del prodotto capostipite della dieta
mediterranea, i “veri” produttori di olio si trovano oggi a combattere non tanto la problematica Co.Di.R.O. (Complesso del
Disseccamento Rapido dell’Olivo), quanto tutta la carovana folkloristica che intorno al problema si è creata. Si passa dai
tutori dell’ambiente “senza se e senza ma” pronti a difendere gli olivi, salvo poi permettere lo scempio del fotovoltaico in
ogni dove in nome dell’energia green, a politici in cerca affannosa visibilità per l’imminente elezione del consiglio
regionale, passando come sempre da associazioni di categoria sul piede di guerra che profetizzano soluzioni,
dimenticando di aver aiutato l’incuria delle aree dove la Xylella si è manifestata, proprio grazie agli aiuti UE che hanno
ricevuto i tanti olivicoltori che sapevano di avere degli olivi solo dagli estratti conto bancari quando riscuotevano gli aiuti.
E poi, che dire di tutti i saltimbanchi pronti a occupare la prima linea in TV e manifestazioni, nel nome dell’olivo e dell’olio,
in cerca della migliore inquadratura e poco avvezzi alla valorizzazione di un territorio che vive quotidianamente di
olivicoltura.
Troppi agricoltori in questa terra hanno bisogno di verità e giustizia, hanno il bisogno di raccontare la loro storia e le loro
fatiche per realizzare e promuovere un olio di qualità che in pochi mesi viene spazzato via dal solito vortice mediatico
buono a sfornare scoop e inchieste, ma poco utile a chi deve ogni giorno portare avanti la propria azienda.
Tutti parlano di tutela degli olivi, patrimonio paesaggistico, economico, turistico e culturale d’inestimabile bellezza,
dimenticando che il vero custode è l’olivicoltore che da millenni ha stabilito una sinergia costante tra uomo e natura, così
da donare ancora oggi lo splendore di queste piante a quanti ne parlano (spesso a sproposito).
In tutto questo caos, noi olivicoltori ci sentiamo pugnalati alle spalle, offesi e abbandonati dai nostri stessi “colleghi” che
per anni hanno volutamente abbandonato gli oliveti nel nome del Dio denaro e della becera produzione di olio lampante di
nessun valore e senza cura degli olivi.
Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni che avevano il dovere di vigilare sull’importazione di piante da tutte le parti del
mondo che arrivano in Europa senza alcun controllo fitosanitario, vedi i casi del Punteruolo Rosso delle Palme e
dell’Aleurocanto di qualche anno fa.
Un grande calderone di chiacchiere e immagini negative che da mesi continuano a ricadere sull’olio di Puglia, mentre con
tante fatiche gli onesti olivicoltori che non si sono ingrassati con aiuti UE e falsi escamotage per raggranellare soldi
pubblici, oggi si trovano a contatto con un consumatore che crede di contrarre chissà quale patologia se consuma il
nostro olio o soggiorna in Puglia per le vacanze. Siamo davvero all’assurdo!
E poi, come spesso accade, tra esposti e denunce fioccano anche le inchieste per capire l’eventuale natura “dolosa” del
batterio, anche se negli ultimi trent’anni sarebbe forse stato più utile indagare sulle modalità di concessione degli aiuti UE
agli olivicoltori “trascurati”, alle domande di aiuto fatte dalle associazioni di categoria per conto di questi olivicoltori e, allo
stesso tempo, alla questa sì “dolosa” mancanza di controllo di chi con le “buone pratiche” tutelava il proprio conto corrente
e non gli uliveti.
Troppo facile, ora, per lor Signori promuovere incontri, sviluppare progetti, organizzare manifestazioni, quando da troppo
tempo i “numeri” dell’olio sono stati utili solo a riempire le casse di fantomatici agricoltori ed enti vari.
Sento di interpretare il sentimento autentico degli olivicoltori che amano e curano l’olivo, che guardano alla produzione e
commercializzazione dell’olio di qualità come strada maestra per la promozione del comparto e del territorio, nonostante
l’intera filiera olivicola non riesce a dialogare sinergicamente e aspetta da più di vent’anni un Piano Olivicolo Nazionale.
È notizia di pochi giorni fa un’intervista di un produttore olivicolo del nord barese, il conte Onofrio Spagnoletti Zeuli, che
lamenta il danno d’immagine che i “veri” olivicoltori stanno subendo per colpa di quanti per anni non hanno neppure
messo in atto le più banali pratiche agricole.
In qualità di olivicoltore da tre generazioni, mi sento di sottoscrivere le parole del conte Spagnoletti Zeuli, condividendo un
pensiero comune che risulta poco popolare ma che nasconde amare verità che si fa finta di non vedere.
Gli olivicoltori pugliesi onesti vanno avanti, non mollano, come hanno sempre fatto e come continueranno a fare,
nonostante tutta la mediocrità che li circonda.
Antonio Barletta
Azienda agricola “PurOstuni”
OO M - 11-05-2015 - Tutti i diritti riservati
COMMENTI
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Giuseppe Vergari
09:35 | 02 settembre 2015
concordo pienamente con il sig. Barletta su tutto quello che dice. Non sono un olivicoltore di professione ma mi occupo di
olivo da molti anni e mi hanno insegnato ad amare l'olivo in tutti i suoi aspetti. In molte occasioni ho denunciato il fatto che
il primo male dell'olivicoltura del sud salento è l'incuria e l'abbandono complici gli aiuti comunitari dati a questi pseudo
olivicoltori. In particolare ciò che maggiormente ha aiutato all'abbandono degli oliveti salentini sono state le pratiche fatte
a random di biologico dove ogni proprietario si è sentito di adottare la pratica applicando l'abbandono degli oliveti.
Concordo quando dici che i primi artefici di questa situazione sono proprio le associazioni di categoria le quali molte molte
hanno spinto verso queste pratiche senza avere le giuste competenze nel gestire queste situazioni. Ci sarebbe molto altro
da dire ma sopratutto c'è tanto da fare per cercare di salvare questo patrimonio unico al mondo, ma come spesso
succede in Italia nell'emergenza si vede solo la possibilità di fare businness.
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