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Malacrianza, quando non si diventa adulti
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Februray 27, 2012
Vincitore del Premio Calvino 2011 un romanzo-non romanzo che è un pugno nello stomaco
Non si fa, non si deve, non sta bene. Con tutti i bambini che
muoiono di fame, che fai, lasci la creanza? Ma la minestra ormai
si è raffreddata e a te non va più. E allora di corsa un bel Padre
Nostro, così ti penti e preghi pure per tutti quei bambini là. Le
crianze del narcotraffico invece stanno dall’altra parte del
mondo, quelli non vanno a scuola e nessuno gli dice di mangiare,
sono (mala)crianze alte un metro e poco più che dormono con la
pistola carica sotto al cuscino. Finiranno in un ammucchiacreanze
più schifoso del bidone della spazzatura. Sono ragazzi di strada,
loro. Ma con quegli altri si smezzano il destino infame. E se lo
smezzano pure con quelli che a tredici anni si ritrovano già una
figlia di tre mesi e due denti d’oro in bocca. Morti di stenti. Bimbi
nei bimbi. O con chi usa quattro punti cardinali per orientarsi
nell’indigenza e svoltare la giornata, o con chi finisce in manicomio
perché a queste condizioni non ci vuole proprio stare. Ogni tanto
cercano l’angelo custode e magari lo ringraziano per averla fatta
franca ancora una volta.
Malacrianza è maleducato, indisciplinato, sguaiato, come le
azioni e i pensieri di cui si fa spietato testimone. Rubare a sette
anni e farlo da sempre che neanche tu ricordi quando hai iniziato, giocare al pistolero in uno
squadrone di morte laggiù in Brasile, prostituirti come una cagna ferita, vivere nelle fogne e
mangiarsi un gatto per cena. Un popolo invisibile nel profondo Sud che è tutti i Sud del
mondo.
Mastica e sputa. Dentifricio alla fragola, gomme ciancicate e raccolte da terra, sigarette troppo
presto, caccole e dita nel naso, abusi che puzzano di vino nel cartone, pipì nelle mutande.
Disubbidienza e malavita. Un abbandono talmente profondo che la febbre sale a quarantatrè. La
morte che non te ne accorgi neanche, tanto che differenza c’è?
Giovanni Greco percorre lo strazio incastrando storie brutte, sporche e cattive intrecciate
col piglio del cubista. Un coro di voci sovrapposte, tenerissime e disperate, un groviglio
nudo di nervi scoperti, ferite urlanti. Una galleria distubante di volti senza nome, di brandelli di
anima e corpo doloranti che non trovano pace e ricomposizione. La lingua mozzata che tieni
sottospirito. Zac, un taglio netto e via. Un viaggio attraverso le parole, quelle condivise e
quelle che invece ci vorrebbe un traduttore. Malacrianza è ciò che resta, lo scarto più infimo,
l’ultimo boccone di un divario incolmabile. Le braccia che non ti hanno mai stretto. Non è
l’universo candido dell’infanzia, ma il bianco sporco di un hotel a due stelle, delle lenzuola
ingiallite, di un dente schizzato via nel parapiglia della violenza. È la mala education (più dei
grandi che dei piccoli, in verità).
Un esordio che è insieme riflessione ed
esperimento linguistico, racconto febbrile e
appassionato, straniante e senza freni. Bocca e
occhi sempre aperti. E poi l’immaginario
impenetrabile dei grandi (quei saputoni), la terra
straniera dell’imperativo, dell’interrogazione
costante, che imbriglia la fantasia, il desiderio di
libera-azione. Il mondo adulto è l’altare d’elezione
della negazione e del divieto. Adulti con il complotto
della buonacreanza (la stessa per cui tocca lavarsi
tutti i giorni sennò poi puzzi), col loro linguaggio
brutale, insensato. Parlano parole di luoghi comuni,
svuotate, storpiate. Un codice frainteso,
cantilenante, ossessivo, come le litanie stanche della religione che ingessano la mente. E il
desiderio di riscatto, la schiettezza, i piccoli gesti di solidarietà, la voglia di sognare si fanno
impertinenti, resistenti, chiedono aria nel mare delle prescrizioni adulte, da ingollare come
antibiotici due volte al dì.
È un’infanzia inghiottita dalle viscere quella di Greco, nascosta nel sottosuolo, umiliata, tradita,
venduta al miglior offerente, che non spera nel paradiso, conosce il purgatoio, ma finirà
sicuramente tra le fiamme dell’inferno. Un bel fuoco caldo caldo, per scordarsi di tutto. Ma di che
poi, che la memoria gliel’hanno rubata? Malacrianza è un docuromanzo che affonda nell’incubo, la
cura Ludovico, che ridestando dal torpore come una cascata di acqua gelata, obbliga a non
abbassare lo sguardo e attraversa l’orrore a gamba tesa, senza un briciolo di clemenza e
consolazione, costringendo al carico su di sè di una piccola creanza di responsabilità.
Spontaneo, colloquiale, selvatico, incurante del problema formale nei rapidissimi
andirivieni dalla prima alla terza persona. Diretto e imbarazzante. Qui ed ora. Dappertutto.
Malacrianza
Autore: Giovanni Greco
Casa editrice: Nutrimenti Editore
Pagine: 266
Prezzo: 18,00 €