gran cafe` chantant - Teatro Pubblico Campano

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gran cafe` chantant - Teatro Pubblico Campano
GRAN CAFE' CHANTANT
di Tato Russo
con Tato Russo
regia Tato Russo
produzione T.T.R.
Siamo ai primi del 900, nel cuore della belle epoque. Molti teatri di
prosa chiudono perché la moda dell’epoca li rende ormai deserti.
Qualcuno per seguirla viene trasformato in ritrovo di numeri ben più
allegrotti. Due coppie di artisti ormai alla fame sono costretti, loro
detentori dell’antica arte della tragedia, a riciclarsi come vedette di
café chantant. Una serie infinita di traversie e di avventure tutte da
ridere li accompagna in quello che vuole soprattutto essere l’affresco
d’un epoca edonistica e culturalmente in grande decadenza. Tato
Russo riscrive e trasforma la commedia di Scarpetta in un vaudeville,
che è un tourbillon di trovate e di caratteri, e intorno al classico
divertentissimo intreccio scarpettiano ci propone l’analisi critica di un
periodo storico che, pur durando lo spazio di una meteora, fu denso di
significati culturali e civili, che chiudeva un secolo, l’Ottocento, e ne
proponeva un altro: quello dell’opera moderna. Un mitico quindicennio
che,pur proponendosi come un’epoca di splendori, portava in se un
periodo di miseria e decadenza. Nel 1900 i teatri di prosa chiudevano
per lasciare spazio al Café Chantant. Questa nuova forma di
spettacolo metteva in crisi quello tradizionale come accadrà qualche
decennio più tardi con l’avvento del cinema e oggi con l’avvento dei
one man show da cabaret. I luoghi teatrali si trasformavano.
Chiudevano molti " teatri storici", altri per sopravvivere erano costretti
a modificare il repertorio. La vicenda dura un giorno, ma Tato Russo
dilata lo spazio temporale di questa giornata, riferendola all’intero
periodo di quel quindicennio, dalla nascita, allo splendore, alla miseria
del café chantant: un lungo giorno in cui cambia la moda, il gusto, la
maniera di pensare della gente. E se l’azione parte dalla crisi del
teatro di prosa determinata dall’aggressione del café chantant,
termina nella fine quest’ultimo a sua volta stroncato dall’avvento del
cinema. Intorno ai quattro protagonisti della storia si muove una
miriade di personaggi, che vagano tra tipi macchiette. Tato Russo ha
impostato la commedia su questa folleggiante contrapposizione di stili
recitativi e di drammaturgia. Da una parte il linguaggio di commedia
che sarà di Eduardo, dall’altra quello da farsa che è tipico di
Scarpetta. Da una parte un Felice, personaggio nel vero senso della
parola; dall’altra il mondo delle caricature, dei trucchi, delle
esagerazioni. Tato Russo ripropone cosi uno Scarpetta diverso, più
vicino ai classici nelle linee di una direzione personale di fare teatro,
laddove ogni intuizione critica non si propone mai come fine a se
stessa ma sottostà invece ad un piano organico di messa in scena, in
cui ogni elemento concorre in giusta proporzione con tutti gli altri. Uno
spettacolo ricco di trovate, di colori, di contenuti. Un vero fuoco di fila
affidato alla grande bravura di tutti gli interpreti con alla testa
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