7 Analisi del settore macchine agricole

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7 Analisi del settore macchine agricole
dalla Commissione europea
Analisi del settore macchine agricole
N
il valore minimo della produzione del
settore si è avuto nel 1993, con valori appena superiori al 70% dell’anno
base 1990, mentre per l’insieme dell’industria meccanica il calo è stato
di poco più del 10%. Un po’ migliore è
stata la dinamica del valore aggiunto a prezzi costanti, dove però l’insieme dell’industria meccanica ha avuto un’impennata che non ha riscontro per le macchine agricole. In pratica, i dati della Commissione europea sembrano attenuare i lati negativi delle analisi congiunturali enunciate negli anni scorsi dall’Unacoma,
ponendo la situazione in un contesto
più generale.
La radiografia comunitaria si conclude con la constatazione di un sensibilissimo miglioramento della bilancia
commerciale del settore, che vede
l’Europa in attivo con il resto del mondo per 3,1 miliardi di euro, pari alla differenza tra un incremento dell’export
del 15,9% e una diminuzione degli acquisti europei nei Paesi terzi del 12%.
Ciò ha permesso di raggiungere un
tasso di autosufficienza del settore
del 274%; come dire che le vendite sono state quasi il triplo delle importazioni. Germania, Francia e Italia hanno avuto ciascuna un attivo commerciale di oltre 150 milioni di euro annui,
in pratica quasi 1 miliardo di lire al
giorno. Queste cifre non comprendono gli scambi intracomunitari. Gli Stati Uniti da soli hanno coperto oltre la
metà delle importazioni comunitarie,
ma nel 2000 si era arrivati al 56% in
costante progresso dal 48% del 1990.
In senso opposto, un quarto dell’export comunitario, dell’ordine di 5 miliardi di euro, è andato negli Usa. Gli
altri grossi clienti, circa il 5% ciascuno,
sono stati Svizzera, Austria, Canada e
Norvegia. Altre quote importanti dell’export europeo hanno riguardato
Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca,
il che fa pensare che dal 2005, la struttura statistica degli scambi sarà
profondamente modificata; la debolezza del dollaro da qualche mese a
questa parte e la ripresa delle economie asiatiche, in particolare quella cinese, avranno anch’esse un loro ruolo
nell’evoluzione a medio termine delle
vendite del settore.
Corrado Sellaroli
MAD • 1 • Febbraio 2004
onostante l’andamento
non brillante del sistema
agricolo europeo negli ultimi anni (o forse proprio per
questo) il settore delle macchine agricole ha fatto registrare un andamento
nettamente positivo, quanto meno in
relazione alla media degli altri grandi
comparti di produzione di macchine e
attrezzature industriali. La Commissione europea ha appena pubblicato il
suo consueto panorama annuale – relativo, per gran parte delle rilevazioni,
al 2002 – della dinamica dei singoli
settori produttivi, dal quale risulta che
nell’ultimo decennio il valore della
produzione di macchine agricole è aumentato da 14,8 a 18,8 miliardi euro,
generando nelle ultime annate 5,8 miliardi di euro annuali di valore aggiunto, pari al 4,3% del totale del comparto
delle macchine industriali, e al 4,4%
della relativa occupazione. Tale risultato è stato ottenuto, in termini di valore, anche grazie al fatto che i prezzi
praticati sono saliti del 10,6% nell’ultimo quinquennio per trattori e altre
macchine agricole, più della media
generale dell’industria meccanica; ciò
potrebbe essere attribuito – quanto
meno per le macchine diverse dai trattori – a un miglioramento qualitativo
superiore a quello di settori produttivi
più «maturi». Nei singoli Paesi comunitari il peso del settore è molto differente e non sembra legato all’importanza relativa dell’agricoltura locale; il
Paese più impegnato è la Danimarca,
dove l’1% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera proviene dalla
produzione di macchine agricole. Austria con lo 0,8%, l’Italia e la Finlandia
con lo 0,7. Chiudono la graduatoria
Grecia e Irlanda, con soltanto lo 0,1%,
mentre la media europea è dello 0,5, e
Germania, Francia e Svezia sono alla
pari con lo 0,4%. In un decennio gli occupati nel settore sono scesi in Europa da 150.000 a 116.000, un calo proporzionalmente molto inferiore a quello dell’industria automobilistica.
Il costo complessivo della manodopera à salito da 3,8 solamente a poco
meno di 4 miliardi di euro, e nel frattempo la produttività per addetto è
salita da 31.500 a quasi 50.000 euro,
grazie soprattutto all’andamento degli anni più recenti. A prezzi costanti,
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