REAZIONI AVVERSE Gli allergeni: dall`etichettatura al sanzionatorio

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REAZIONI AVVERSE Gli allergeni: dall`etichettatura al sanzionatorio
REAZIONI AVVERSE
Gli allergeni: dall’etichettatura al sanzionatorio per
la sicurezza alimentare
Cosimo Nicola Pagliarone*
Costantina Capozzo**
Fondamentale importanza assume, nella trattazione che segue, l’art.18 comma 4° del Reg. CE
178/2002,dove si chiarisce che «Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della
Comunità o che probabilmente lo saranno, devono essere adeguatamente etichettati o identificati
per agevolare la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i
requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche».
Il quarto comma si rifà, quindi, ai criteri previsti dalle specifiche disposizioni in materia di
etichettatura, che dovranno essere applicati al fine di consentire la rintracciabilità.
L’etichettatura diviene un mezzo per tutelare il diritto dei consumatori all’informazione come
sancito dalla Comunità Europea all’art. 153 del Trattato di Roma/57, che dispone che: «Al fine di
promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello di protezione dei consumatori, la
Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori
nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la
salvaguardia dei propri interessi».
Ruolo principale in questa situazione devono averlo tutte le Autorità predisposte al controllo
ufficiale come evidenziato nel Reg. CE 882/04 nel quale è sancito che i controlli ufficiali sono
«intesi a verificare la conformità alle normative volte a prevenire,eliminare o ridurre a livelli
accettabili i rischi per gli esseri umani» e «garantire pratiche commerciali leali» e «tutelare gli
interessi dei consumatori, comprese l’etichettatura dei mangimi e degli alimenti e altre forme di
informazione dei consumatori».
In tal modo si era voluto riconoscere a favore del consumatore un diritto ad una corretta
informazione pari a quello della sicurezza del prodotto alimentare, corretta informazione che è
indispensabile soprattutto per proteggere le fasce più deboli della popolazione come i soggetti
allergici o intolleranti.
REAZIONI AVVERSE AI CIBI
Secondo una classificazione del 2001 dell’E.E.A.C.I. tutte le reazioni avverse, di natura non
tossica, ad un alimento dovrebbero essere considerate delle reazioni di ipersensibilità.
Qualora si riesca a dimostrare una patogenesi immunologica della reazione si può parlare di
allergia alimentare. A seconda del meccanismo patogenetico coinvolto si possono distinguere un
allergia alimentare IgE mediata ed una allergia alimentare non IgE mediata.
Se non è possibile dimostrare il coinvolgimento del sistema immunitario occorre utilizzare
l’espressione “reazione da ipersensibilità non allergica”. Questo gruppo di reazioni agli alimenti
comprende attualmente quelle che in passato venivano chiamate intolleranze alimentari.

ALLERGIA ALIMENTARE: è una patologia legata ad una reazione eccessiva e anomala
del sistema immunitario nei confronti di particolari proteine presenti negli alimenti, dette allergeni,
considerate estranee dall’organismo, e può comprendere reazioni IgE mediate e non IgE mediate.
Infatti, nelle allergie IgE mediate viene coinvolto il sistema immunitario con la formazione di
anticorpi specifici (IgE) attraverso la “via classica” delle allergie. Alla prima ingestione di alimento
(ne bastano pochi grammi), nelle persone sensibili, si ha la formazione di anticorpi; con la
successiva esposizione allo stesso allergene, si libera una sostanza, l’istamina, che è responsabile
della sintomatologia che presentano le persone allergiche. Si può avere prurito, vomito, nausea,
crampi, diarrea. Nei casi gravi si arriva ad avere uno shock anafilattico con difficoltà respiratorie,
perdita di coscienza dell’individuo e morte. I sintomi di un’allergia alimentare si manifestano entro
pochi minuti dall’assunzione dell’alimento. I maggiori allergeni li troviamo nel latte, nelle uova, nei
crostacei, nel pesce, nella soia, nella frutta a guscio come arachidi e noci, nel sesamo, sedano e
senape. Per cui l’unico modo per i soggetti allergici per non andare incontro alla sintomatologia
allergica, è quella di escludere completamente dalla loro dieta gli alimenti coinvolti.
Le allergie non IgE mediate o anche dette comunemente intolleranze alimentari sono causate,
secondo la classificazione di Gell e Coombs, da reazioni immunitarie dovute a:
a) Anticorpi diversi dalle IgE ( IgG, IgA, IgM);
b) Immunocomplessi che possono depositarsi in qualsiasi organo provocando lesioni e quindi
una sintomatologia correlata;
c) Immunità cellulo-mediata con reazioni di ipersensibilità ritardata e attivazione di linfociti T.
Tra il 2005 e il 2007 numerosi ricercatori , fra cui Hugh Sampson, misero in evidenza come
le intolleranze fossero dovute ad uno stimolo continuo dell’allergene sulle cellule intestinali per 2-3
giorni consecutivi, infatti oggi esse vengono definite allergie alimentari ritardate e gli effetti sono di
tipo immunologico come quelli dovuti alle IgE. Il loro
meccanismo d’azione prevede il
superamento di un “livello soglia” cioè l’organismo riconosce l’allergene e lo tiene sotto controllo,
cercando di limitarne i danni, i sintomi si manifestano solo se l’introduzione dell’alimento
allergenico prosegue fino ad oltrepassare le possibilità di controllo dell’individuo.
Tra queste reazioni di ipersensibilità al cibo di tipo non IgE mediato vi è il Morbo Celiaco,
che colpisce soggetti geneticamente predisposti ed è una patologia di tipo autoimmune. Nella
celiachia l’introduzione di alimenti come frumento, orzo, segale, avena, contenenti un allergene
(gliadina), determina una risposta immunitaria di tipo cellulo-mediata a livello della mucosa
intestinale con reclutamento dei linfociti T e quindi un aumento dei linfociti CD4+ intraepiteliali,
con produzione di anticorpi IgA e IgG, che sono in grado di cross-reagire con componenti della
parete intestinale; avremo quindi iperplasia delle cripte e atrofia dei villi intestinali. La celiachia,
inoltre, è da distinguere dalla intolleranza al glutine non celiaca (Gluten Sensitivy) che è
l’espressione di una infiammazione da cibo dovuta al contatto con il glutine e che si sviluppa in
soggetti che hanno perso o non sviluppato la tolleranza al glutine.
 INTOLLERANZE ALIMENTARI O IPERSENSIBILITA’ ALIMENTARI
NON
ALLERGICHE: sono dovute solitamente all’accumulo di specifiche sostanze dannose
all’organismo, e i meccanismi in grado di provocarle possono essere di natura enzimatica, di tipo
farmacologico o rimanere sconosciuti (idiosincrasici).
Situazioni d’intolleranza possono verificarsi a seguito di una carenza enzimatica, come nel
caso dell’intolleranza al lattosio.
Le intolleranze farmacologiche sono quelle causate dalla presenza di ammine vasoattive
nell’alimento, alcune delle quali manifestano attività farmacologica (istamina, tiretamina…).
Possono, anche, essere dovute alla presenza di specifici additivi nell’alimento (es. solfiti nel vino), i
quali possono stimolare la liberazione di istamina da parte dei mastociti.
Le intolleranze indefinite sono reazioni in cui le cause non sono ben note (reazioni
idiosincrasiche), tra esse sono comprese tutte quelle forme in cui eliminando completamente un
cibo dall’alimentazione, si verifica il miglioramento di un sintomo. Il meccanismo d’azione è
sconosciuto, probabilmente sono legate ad una maggiore suscettibilità in individui predisposti verso
additivi come solfiti, nitrati, nitriti, glutammato monosodico e coloranti.
ETICHETTATURA
L’etichetta è la carta di identità di un prodotto, essa si avvale di immagini, marchi, colori,
messaggi per richiamare l’attenzione e l’acquisto da parte dei consumatori.
L’etichettatura degli alimenti deve: fornire una corretta informazione sulle caratteristiche di
un prodotto; non deve trarre in inganno il consumatore su proprietà e caratteristiche che il prodotto
non ha; promuovere la libera circolazioni dei prodotti alimentari sui mercati comunitari e nazionali
nel
rispetto della correttezza delle operazioni commerciali; promuovere commercialmente il
prodotto (funzione di marketing).
NORMATIVA SULL’ETICHETTATURA
La storia dell’etichettatura a livello europeo inizia nel 1978, con l’emanazione di una
direttiva, oggi abrogata, la 79/112/CEE, tale Direttiva fu recepita in Italia prima con il DPR n.322
del 18 maggio 1982 e successivamente con il Decreto Legislativo 109 del 27 gennaio 1992.
Questo Decreto, successivamente modificato dal D. Lgs. 68/2000 e dal D. Lgs. 181/2003,
regolamenta l’etichettatura del prodotto alimentare, la sua presentazione e la relativa pubblicità. La
normativa sull’etichettatura ha subito ulteriori modifiche con la pubblicazione del Decreto Legge
del 31 gennaio 2007 n.7 (il così detto Decreto Bersani -art.4 data di scadenza,tmc ), convertito in
Legge n. 40 del 2 Aprile 2007, con la finalità di rendere più comprensibili le etichette.

DECRETO LEGISLATIVO 109/1992
All’art.1 viene riportata la definizione di etichettatura e cioè « l’insieme di tutte le menzioni,
delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si
riferiscono ad un prodotto alimentare» e che possono essere applicate sulle confezioni o sui
documenti accompagnatori degli alimenti.
E’ importante ai fini dell’etichettatura distinguere tra prodotti alimentari (pre)confezionati,
preicartati, incartati e sfusi, perché cambiano le indicazioni obbligatorie richieste.
All’art. 2 viene trattata la pubblicità ingannevole sui prodotti e sull’etichetta
All’art. 3 del D. Lgs. 109/92 si tratta
dell’Etichettatura dei prodotti (pre)confezionati o
(pre)imballati e sono riportate le indicazioni obbligatorie da riportare in etichetta per i prodotti
alimentari preconfezionati e cioè: la denominazione di vendita; l’elenco degli ingredienti secondo il
peso percentuale decrescente; la quantità netta o la quantità nominale per i prodotti preconfezionati
in quantità unitarie costanti; il termine minimo di conservazione o la data di scadenza per i prodotti
molto deperibili (devono figurare in un campo visivo di facile individuazione da parte del
consumatore); il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del
confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea; la sede dello
stabilimento di produzione o di confezionamento; il titolo alcolimetrico volumico effettivo per le
bevande aventi un contenuto alcolico superiore a 1,2% in volume; una dicitura che identifica il lotto
di appartenenza del prodotto; le modalità di conservazione e utilizzazione; il luogo di origine o di
provenienza del prodotto; la quantità di taluni ingredienti o di categorie di ingredienti.
All’art.4 del D. Lgs. 109/92 viene esplicitata cosa è la denominazione di vendita e cioè essa è
il nome dell’alimento consacrato da usi e consuetudini.
All’art 5. viene riportata la definizione di ingrediente: le etichette alimentari devono riportare
l’elenco di tutti gli ingredienti con il loro nome specifico in ordine di peso percentuale decrescente
al momento della loro utilizzazione e preceduto dalla dicitura “Ingredienti” o “Ingr.” .
Viene ribadito che gli ingredienti indicati nell’Allegato 2 Sezione III del presente D. Lgs.
109/1992 (“Allergeni alimentari”) (ad esclusione di quelli temporaneamente sospesi e riportati in
Sezione IV dello stesso allegato) devono essere indicati nell’elenco degli ingredienti, se non
figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito.
All’art.8 si parla di ingrediente caratterizzante evidenziato (QUID Quantitative Ingredient
Declaration) cioè l’etichetta deve riportare la quantità di un ingrediente se esso viene evidenziato
nella denominazione di vendita oppure in etichetta tramite immagini o frasi.
Etichettatura dei prodotti preincartati o sfusi
Nel caso di questi prodotti è obbligatorio fornire al consumatore tutte le indicazioni circa: la
denominazione di vendita; l’elenco degli ingredienti, salvo i casi in cui il prodotto ne è esente
(vini, birra e distillati; prodotti costituiti da un solo ingrediente; ortofrutticoli freschi; le acque; gli
aceti; il latte fermentato, creme di latte fermentato, formaggio e burro); le modalità di
conservazione per i prodotti alimentari rapidamente deperibili; la data di scadenza per le paste
fresche e le paste fresche con ripieno; il titolo alcolometrico volumico per le bevande contenenti
alcool in quantità superiori a 1,2 % in volume; la percentuale di glassatura (tara) per i prodotti
congelati glassati. Queste informazioni devono essere presenti sul prodotto o sui banchi di
vendita, munendo l’alimento di un apposito cartello, il “cartello unico degli ingredienti”, tenuto
ben in vista o tenendo a disposizione dei consumatori il così detto “libro degli ingredienti o
registro a libro” in prossimità dei banchi di esposizione dei prodotti.(GDO)
NORMATIVA ALLERGENI
Per una maggior tutela dei consumatori non bastava più la Direttiva 2000/13/CE, cosidetta
”Direttiva Etichettatura” recepita in Italia,dopo il D.Lgs 68/2000, con il D.Lgs181/2003(entrambi a
modifica ed integrazione al D.Lgs109/1992), in quanto in essa vi erano alcune deroghe
sull’indicazione in etichetta degli ingredienti, cioè il Legislatore consentiva che per un ingrediente
composto (es. crema pasticcera) era possibile non indicare in etichetta i singoli ingredienti
costituenti lo stesso i.c., quando esso ingrediente composto costituiva meno del 25% (percentuale
obbligatoriamente segnata vicino all’ingrediente composto in etichetta) del prodotto finale (così
detta “regola del 25%”). Questo metteva a rischio la salute dei soggetti sensibili che dovevano
capire da loro se in un ingrediente composto indicato in etichetta era presente la sostanza a cui loro
erano allergici o intolleranti. Per questo il Legislatore ha rivisto la normativa ed emanato la
Direttiva 2003/89/CE, la così detta “Direttiva Allergeni” recepita in Italia col D.Lgs114/2006 nella
quale è stato redatto un elenco di sostanze aventi un potenziale allergenico accertato
scientificamente. Ogni sostanza che appartenga all'elenco dei potenziali allergeni o sia da questi
derivata, ove impiegata nella preparazione dei prodotti alimentari e residuata nel prodotto finito
dovrà venire indicata obbligatoriamente in etichetta con il nome specifico dell'allergene. Gli
allergeni da dichiarare in etichetta sono: Cereali contenenti glutine (grano, orzo, segale, avena,
kamut, farro o loro ceppi ibridati come es. tritordeum) e prodotti derivati; Crostacei e prodotti
derivati; Uova e prodotti derivati; Arachidi e prodotti derivati; Soia e prodotti derivati; Latte e
prodotti derivati (compreso il lattosio); Frutta a guscio e prodotti derivati; Sedano e prodotti
derivati; Pesci e prodotti derivati; Senape e prodotti derivati; Semi di sesamo e prodotti derivati;
Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10ml/lt espressi come SO2.
Secondo le nuove regole si potrà evitare di specificare la composizione degli ingredienti
composti solo se
sono «ingredienti composti definiti nelle legislazione comunitaria vigente»,
purché rappresentino «meno del 2% del prodotto finito (così detta “regola del 2%”)» e «ingredienti
composti costituiti da un miscuglio di spezie e/o erbe che costituiscono meno del 2% del prodotto
finito, ad eccezione degli additivi».
NB.(Qualche produttore può abbassare i propri costi di
produzione usando ,sempre in quantità sotto il 2% del peso del prodotto finale,carni varie –cavallo
ecc.-non dichiarandole in etichetta,secondo norma!!.) Per gli ingredienti elencati nelle sezioni III e
IV, Allegato I° al D.Lgs114/2006 è stato introdotto l’obbligo di segnalarne la presenza inserendoli
sempre nella lista degli ingredienti a prescindere anche dalla regola del 2%.
Se, invece, l’allergene o una sostanza da esso derivata, non è presente nella denominazione di
vendita, essa dovrà essere dichiarata in etichetta tra gli ingredienti o indicando “contiene …” o “può
contenere …”. La presenza di allergeni negli alimenti deve essere presa in considerazione
dall’OSA, anche a causa di contaminazioni crociate , quindi un alimento che non contiene allergeni
potrebbe potenzialmente contenerlo se viene lavorato in uno stabilimento che li contiene, è per
questo che molti produttori
si tutelano indicando in etichetta “Può contenere tracce di...” o
“prodotto in un impianto che impiega...”
Successivamente con la Direttiva 2006/142/CE recepita in Italia con il D. Lgs. 178/2007, fu
modificato l’allegato III bis della Direttiva Etichettatura infatti sono state aggiunti altri alimenti che
possono determinare effetti indesiderati e cioè: Lupino e prodotti da esso derivati; Molluschi e
prodotti da essi derivati
La Legge “Comunitaria 2008”- Legge n.88 del 7 Luglio 2009 ha nuovamente aggiornato
l’elenco degli ingredienti che debbono essere obbligatoriamente segnalati ai consumatori.
Con il recente Regolamento UE 1169/2011,di cui si tratterà in un prossimo lavoro, il
Legislatore comunitario ha ridisciplinato il quadro normativo riguardante l’etichettatura dei prodotti
alimentari. Questa normativa sarà applicabile dal 13.12.2014 e contiene delle disposizioni in
materia di etichettatura degli allergeni (art.21). L’elencazione degli allergeni rimane invariata
rispetto al passato, ma dovranno essere indicati anche per gli alimenti non imballati. In particolare,
l’indicazione di qualsiasi ingrediente o coadiuvante o derivato da una sostanza o un prodotto che
provochi allergie o intolleranze dovrà figurare nell’elenco degli ingredienti con un riferimento
chiaro alla denominazione della sostanza o del prodotto allergizzante, inoltre la denominazione
della sostanza o del prodotto allergizzante dovrà essere evidenziata attraverso un tipo di carattere
chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati, per esempio per dimensioni, stile o colore di
sfondo. In mancanza di un elenco degli ingredienti, bisogna indicare il termine “contiene” seguito
dalla denominazione della sostanza allergenica. Non si ammette più la dizione che nel laboratorio si
lavorano anche altre sostanze allergiche con la possibilità che possano contaminare il prodotto
alimentare in questione.
CONSIDERAZIONI SULLA GESTIONE DEL PERICOLO ALLERGENI ALIMENTARI
Le imprese sono chiamate a gestire il pericolo allergeni visto che la presenza di un ingrediente
potenzialmente allergenico, che va dichiarato obbligatoriamente in etichetta, potrebbe avere un
effetto negativo sul consumatore. L’OSA avrà il problema di valutare la quantità di allergeni
presenti nel proprio prodotto, in quanto gli allergeni possono essere presenti negli alimenti a livelli
molto bassi perché residuati da processi tecnologici o per contaminazioni involontarie (cross
contamination) durante la produzione, ma comunque potenzialmente pericolosi.
Quindi ogni OSA dovrebbe mettere in atto alcuni accorgimenti:

Descrizione delle caratteristiche che devono avere gli ingredienti di un prodotto finito in un
apposito documento (manuale HACCP, schede prodotto, capitolati di fornitura …);

Identificare i pericoli fra i quali anche quello da allergeni, eseguire la valutazione del rischio
di contaminazione da allergeni e mettere in atto delle misure di controllo;

Acquisire informazioni dettagliate dai fornitori, unitamente alla loro qualifica, e facendo
produrre loro dei questionari o delle schede da compilare nelle quali dichiarano, sotto la
propria responsabilità, l’assenza o la presenza di un dato allergene in una materia prima o
ingrediente venduto.

VALUTAZIONE RISCHIO ALLERGENI
a) Identificazione pericoli: Il primo problema si pone quando il pericolo allergene in un
alimento, che non dovrebbe contenerne, deriva da contaminazioni crociate che avvengono nello
stesso stabilimento dove ad es. si lavorano alimenti che invece ne contengono. Quindi sta all’OSA
considerare tale evenienza nell’ambito delle procedure di autocontrollo aziendale, secondo il
metodo HACCP. Dovrebbe richiedere al proprio fornitore un’analisi delle materie prime fornitagli
per comprendere meglio la loro composizione (qualifica dei fornitori).
b) Caratterizzazione pericolo: il passo successivo sarà quello di capire quale sia il limite di
accettabilità di un determinato allergene, sotto il quale la sua presenza non presenta pericolo per il
consumatore, cioè bisogna stabilire un valore soglia che possa rappresentare un limite di sicurezza
per la popolazione dei soggetti allergici.
c) Valutazione dell’esposizione al pericolo: bisogna tener conto delle diverse fonti di
esposizione e della quantità di allergeni presenti nei diversi alimenti. Le fonti possono essere o
alimenti nei quali essi si trovano perché utilizzati nella preparazione (quindi li conosciamo), o sono
presenti negli alimenti che in realtà non dovrebbero contenerli (allergeni “nascosti” o “nulli”) per
contaminazioni crociate.
d) Categorizzazione del rischio: per la categorizzazione del rischio vengono utilizzati diversi
metodi, tra i quali il più utilizzato è quello probabilistico.

GESTIONE RISCHIO ALLERGENI
L’OSA deve mettere in atto tutte quelle misure atte a tenere sotto controllo gli allergeni, in
primis, attraverso le così dette GMP (Good Manifacturing Practice) o Buone Pratiche di
Fabbricazione e successivamente tramite un approccio sistematico basato sul sistema HACCP
(Hazard Analysis and Critical Control Point), con lo scopo di individuare i punti critici di controllo
della produzione e predisporre procedure in grado di mantenere sotto controllo questi punti in
modo da eliminare o almeno ridurre al minimo i possibili rischi come disposto nel Reg. CE
852/2004 e nel Reg. CE 853/2004. Questo approccio secondo i principi dell’HACCP è di vitale
importanza per evitare le cause della presenza involontaria di allergeni in un prodotto alimentare.
Altro aspetto importante da considerare è la formazione ed informazione del personale. Infatti
i lavoratori devono essere a conoscenza delle buone pratiche di lavoro da osservare, al fine di
evitare contaminazioni crociate con allergeni.
Bisognerebbe anche gestire il rischio allergeni negli esercizi di vendita e somministrazione
dei prodotti alimentari nei quali sono importanti tre aspetti: la comunicazione; la formazione del
personale; le informazioni sugli ingredienti che compongono un alimento.

COMUNICAZIONE RISCHIO ALLERGENI
L’operatore dovrebbe comunicare al cliente la presenza di allergeni in alimenti tramite
apposite note sul menù o tramite avvisi posti nei locali di somministrazione. Anche il cliente
dovrebbe informare l’operatore della sua condizione di allergico per richiedere allo stesso
preparazioni esenti da allergeni. Quindi è importante la formazione del personale a contatto diretto
o indiretto con gli alimenti, il quale deve essere informato dei rischi a cui vanno incontro le persone
allergiche se ingeriscono cibo contenente un allergene.
CONTROLLI E REGIME SANZIONATORIO
Il Ministero della Salute ha affidato a degli Organi specializzati l’attività di controllo ufficiale,
che ha come fine la verifica della conformità dei prodotti alimentari e delle bevande alle
disposizioni dirette a prevenire i rischi per la salute pubblica, a proteggere gli interessi dei
consumatori e ad assicurare la lealtà delle transazioni.
Il Ministero della Salute affida il compito di tali attività agli Assessorati alla Sanità di ogni
Regione, che coordinano queste attività, affidando il controllo sulle attività di produzione,
commercio e somministrazione degli alimenti e delle bevande alle Aziende Sanitarie Locali.
Le ASL, vengono affiancate nel loro lavoro di controllo da altri organi di vigilanza:
Ispettorato Centrale per il Controllo della Qualità dei Prodotti agroalimentari (ICQ), del Ministero
delle Politiche agricole, Alimentari e Forestali (questo è il vecchio Ispettorato Repressioni Frodi);
Nuclei Antisofisticazione e Sanità (NAS) dei Carabinieri (Nuclei Carabinieri Tutela salute);
Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA); Polizia Municipale (Annonaria); Nucleo
antifrode Carabinieri (NAC).
Le principali fonti normative del regime sanzionatorio sono, oltre al D. Lgs. 109/92,
D. Lgs. 68/2000 e D. Lgs. 181/2003, anche il D. Lgs. 146/2007 (Codice del Consumo), gli articoli
515 (Frode nell’esercizio del commercio - aliud pro alio) e 517 (Vendita di prodotti industriali con
segni mendaci), 516 (vendita di alimenti non genuini per genuini) del Codice Penale e gli articoli
1218 e 2043 (Risarcimento per fatto illecito) del Codice Civile .
In Tabella sono riassunte le sanzioni del D. Lgs. 109/92
Importo
sanzione
Da euro 600
Riferimenti al D.Lgs. 109/92(art.18)
Fattispecie
modif.e integr.D.Lgs 68/2000(art.8)
e D.Lgs181/2003(art.16)
Irregolarità nei contenuti delle dichiarazioni
Artt. 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 15,
a euro 3.500
riportate in etichetta per una o più delle
Favor rei
indicazioni previste ed errori di natura formale
16 e 17
€ 1166
Da euro
1600 a euro
9.500
Favor rei
Irregolarità nelle informazioni di maggiore rilievo
che devono essere contenute nelle etichette (es.
data di scadenza, denomin.divendita o assenza di
una o più delle indicazioni obbligatorie
Artt. 3, 10-bis, 14
Mancanza di etichettatura
€ 3166
Da euro
3.500 a euro
Violazione dei principi dell’etichettatura ,
18.000
informazioni false ingannevoli al consumatore,
Favor rei
infrazioni in materia di messaggi.
Art.2
€ 6000
In caso di mancanza (totale assenza!!) di etichettatura non viene “tracciato” l’alimento e
quindi viene a mancare la possibilità da parte dell’OSA di fornire, all’uopo, informazioni sulla
tracciabilità dell’alimento(alimento non tracciato) e quindi diventa impossibile la rintracciabilità del
prodotto come espresso dall’art. 18 comma 1° e 4° del Reg. CE 178/2002. Il sanzionatorio in caso
di violazione dell’art. 18 è espresso all’art. 2 del D. Lgs. 190/2006, avremo una sanzione di tipo
amministrativa pecuniaria da euro settecentocinquanta a euro quattromilacinquecento, quindi la
sanzione ingiunta sarà (doppio del minimo edittale o un terzo del massimo edittale) di euro
millecinquecento (PMR=favor rei).
Però gli organi ufficiali di controllo potrebbero trovarsi nel caso di posta in commercio di
alimenti già scaduti secondo data di scadenza perentoria. In questo caso si sarebbe tentati di
applicare oltre all’art.18 del D. Lgs. 109/92,modif.ed integr. Dall’art.8 c.2° D.Lgs68/2000 e art.16
c.2° D.Lgs181/2003, anche la sanzione penale da C.P., ma in effetti il reato non esiste, in quanto
sembra arbitrario ritenere che un alimento scaduto, sia necessariamente anche un prodotto in stato
di alterazione ( art. 444 C.P.: nocività = attitudine concreta a determinare un danno).
Se, invece, viene falsificata la data di scadenza o qualsiasi altra indicazione in etichetta ci
troviamo di fronte al reato di frode nell’esercizio del commercio che è previsto dall’art. 515 del
Codice Penale. (Aliud pro alio)
L’alimento in vendita, se alterato in qualche suo costituente la composizione intrinseca o
estrinseca cioè inerente all’etichettatura, alla sua presentazione,al pakaging, integrerebbe oltre
all’illecito dell’art. 515 del Codice Penale, anche il reato previsto dall’art. 5 della Legge 283/62”in
stato di alterazione o comunque nocivo” punito con l’arresto fino ad un anno o l’ammenda che può
arrivare anche a 46 mila euro. In tal caso ci troveremo di fronte ad un concorso formale di norme in
quanto queste due norme tutelano oggettività giuridica diversa: la prima tutela la buona fede del
consumatore e l’altra la salute pubblica essendo quindi entrambe entrambe applicabili.
* già Direttore Struttura Complessa SIAN ASL TA
** Veterinaria L.P. specialista in ispezione alimenti di O.A.