Rapporto finale - Fondazione Lombardia per l`Ambiente

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Rapporto finale - Fondazione Lombardia per l`Ambiente
DIPARTIMENTO DI
SCIENZE DELL'AMBIENTE
E DEL TERRITORIO
R APPORTO SCIENTIFICO FINALE
“Impatto ambientale dei processi di termodistruzione di rifiuti:
attività biologica e meccanismi di formazione/distruzione
di PoliCloroDibenzo-p-Diossine e PoliCloroDibenzoFurani”
Responsabile scientifico: prof. Demetrio Pitea
Responsabile linea di ricerca n° 1: dott. Marina Lasagni
Responsabile linea di ricerca n° 2: dott. Laura Bonati
Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e del Territorio
Piazza della Scienza, 1 - 20126 Milano
Tel. 02 64474317 / 02 26603252
Fax 02 70638129
e-mail [email protected], [email protected], [email protected]
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
SOMMARIO
ARTICOLAZIONE
Il progetto di ricerca “IMPATTO AMBIENTALE DEI PROCESSI DI TERMODISTRUZIONE DI RIFIUTI: ATTIVITÀ
BIOLOGICA E MECCANISMI DI FORMAZIONE/DISTRUZIONE DI POLICLORODIBENZO-P-DIOSSINE E
POLICLORODIBENZOFURANI”, del quale è responsabile scientifico il prof. Demetrio Pitea, è articolato
in 2 linee di ricerca.
Il gruppo di ricerca che ha operato nell’ambito della linea di ricerca n° 1, “Studio delle reazioni di
composti presenti sulle fly ash e caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori” ha come
responsabile la dr.ssa Marina Lasagni e comprende la dr.ssa Elena Collina, il dr. Massimo Tettamanti
e il tecnico, sign. Massimo Ferri. Parte della ricerca è stata svolta in collaborazione con il prof.
Francesco Cariati dell’Università di Milano.
Il gruppo di ricerca che ha operato nell’ambito della linea di ricerca n° 2, “Progettazione di
complessi a trasferimento di carica tra policlorodibenzo-p-diossine e molecole recettoriali
sintetiche e loro caratterizzazione mediante tecniche spettroscopiche e metodi computazionali”
ha come responsabile la dr.ssa Laura Bonati e comprende la dr.ssa Mercedes Procopio e la dr.ssa
Elena Fraschini. Parte della ricerca è stata svolta in collaborazione con l’Istituto di Ricerche di
Biologia Molecolare P. Angeletti (IRBM) di Pomezia.
In ambedue i casi, hanno collaborato alla ricerca laureandi e borsisti CNR.
RISULTATI
Linea di ricerca n° 1. Gli obiettivi prefissati per l’attività di questa ricerca sono
(i) studio della cinetica di desorbimento/ossidazione dei composti organici presenti nelle fly ash da
impianti di termodistruzione di rifiuti solidi urbani ai fini dell’individuazione dei meccanismi delle
reazioni di formazione/distruzione dei microinquinanti organoclorurati;
(ii) individuazione delle proprietà strutturali e morfologiche che determinano l’attività catalitica delle
fly ash.
Per quanto riguarda il primo obiettivo, lo studio cinetico della degradazione termica del carbonio
organico presente sulle fly ash è stato condotto, in batch, in funzione della temperatura, su fly ash di
diversa origine e di diverso contenuto iniziale di carbonio organico. Sono state ricavate le costanti
cinetiche e calcolati i parametri di attivazione e termodinamici. È stato dimostrato che la reazione
globale prevalente è l’ossidazione del carbonio organico a CO2 e che la reazione globale è somma di
due reazioni che coinvolgono lo stesso reagente e lo stesso prodotto; di conseguenza, il meccanismo
delle due reazioni deve essere differente. È stato proposto uno schema cinetico generale in base al
quale la conversione ad anidride carbonica del carbone nativo presente nelle fly ash è il risultato di
due processi che avvengono simultaneamente sulla superficie delle fly ash: (a) chemisorbimento
dissociativo dell’ossigeno, seguito dalla gasificazione non catalizzata di complessi ossigenati
intermedi; (b) trasferimento di ossigeno da un ossido metallico a un sito attivo libero del carbone che
porta a una gasificazione catalizzata. Il meccanismo globale dipende quindi dalle interazioni tra il
carbone nativo e la superficie delle fly ash.
Lo studio dei fenomeni di desorbimento termico dei composti organici presenti nelle fly ash è stato
effettuato, mediante cinetiche in flusso di gas, sulla miscela modello dibenzofurano-silice, DF-SiO2.
Lo studio è stato condotto in funzione della metodologia di preparazione della miscela, della
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granulometria della silice, della concentrazione iniziale del reagente, della temperatura di reazione,
dell’atmosfera di reazione e della portata volumetrica del gas. I risultati indicano che, nell’intervallo
di temperatura studiato, lo stadio determinante è il processo di desorbimento del DF dalla superficie
del supporto, che avviene sotto controllo chimico.
Lo studio in flusso è stato successivamente esteso al processo di gasificazione del carbone, condotto
in diverse condizioni di temperatura e di portata di gas, su miscele modello costituite da carbone
attivo supportato su gel di silice.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo, lo studio FT-IR/TGA e RAMAN delle fly ash ha fornito
importanti informazioni sulle proprietà morfologiche e sul comportamento termico del carbone delle
fly ash. È stato così possibile avere conferme indipendenti di alcune ipotesi avanzate sulla base del
comportamento cinetico. Le fly ash sono state caratterizzate con diverse tecniche analitiche,
fornendo informazioni utili allo sviluppo delle ipotesi di meccanismo.
Linea di ricerca n°2. L’obiettivo iniziale di questa ricerca era la verifica dell’ipotesi, avanzata per via
teorica, del ruolo delle interazioni che potrebbero rendere possibile il processo di trasferimento di
carica nel processo di binding tra PoliCloroDibenzo-p-Diossine, PCDD, e siti attivi del recettore Ah.
Successivamente, grazie alle conoscenze acquisite nella prima fase della ricerca e alle informazioni
apparse nella letteratura scientifica internazionale, è stato perseguito anche l’obiettivo (inizialmente
non previsto e successivamente concordato con i Responsabili della FLA) di sviluppo di un modello
della struttura tridimensionale del dominio di binding al legante del recettore Ah.
Nella prima fase di attività, sono state sviluppate procedure computazionali e tecniche sperimentali
per la modellizzazione di complessi a trasferimento di carica. In particolare, a partire dai dati della
sperimentazione condotta sul sistema modello Paraquat-1,4 Dimetossibenzene mediante
spettroscopia UV-VIS e NMR, sono state sviluppate, e successivamente implementate in un codice
di calcolo, due metodologie per il calcolo della costante di associazione di complessi a trasferimento
di carica. La prima utilizza una procedura di minimi quadrati non lineari; la seconda, basata sugli
algoritmi genetici, è risultata più adatta per questo tipo di problemi. Questa seconda procedura offre
anche il vantaggio di essere immediatamente trasferibile ad altre applicazioni in quanto non dipende
da parametri specifici relativi alla tecnica utilizzata.
È stato inoltre messo a punto un metodo di calcolo in grado di fornire valori affidabili dell’affinità
elettronica (EA), proprietà molecolare che, insieme al potenziale di ionizzazione, consente di
prevedere la stabilità relativa dei complessi a trasferimento di carica. Le verifiche effettuate su una
serie di molecole modello indicano che la metodologia sviluppata è in grado di fornire previsioni
accurate dei valori di EA, non solo per le PCDD, ma anche per altri sistemi aromatici che presentano
anioni metastabili.
Per il perseguimento del secondo obiettivo, sulla base delle strutture cristallografiche di alcune
proteine della famiglia PAS, che si sono rese disponibili nel corso del progetto, è stato sviluppato un
modello della struttura tridimensionale del dominio di binding al legante del recettore Ah ed è stata
avanzata una ipotesi sui possibili siti di interazione con le PCDD. Il modello è stato sviluppato
mediante l’utilizzo di metodologie per la predizione della struttura terziaria delle proteine. In
particolare, sono state utilizzate: tecniche di ricerca di similarità nelle sequenze; algoritmi di
predizione delle strutture secondarie; metodi di modellistica di strutture proteiche. Il modello
ottenuto apre la possibilità di indagare in modo diretto il meccanismo di interazione tra PCDD e
recettore Ah a livello molecolare.
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Lasciando a chi di competenza la valutazione sulla qualità dei risultati ottenuti, si può affermare che
sono stati ottenuti tutti i risultati indicati nella proposta originaria o concordati nel corso dello
svolgimento del progetto. In particolare:
∗ Sul piano metodologico: sono state sviluppate procedure e tecniche sperimentali, metodologie di
trattamento dei dati sperimentali, procedure computazionali e tecniche sperimentali per la
modellizzazione del binding.
∗ Sul piano meccanicistico: sono stati portati nuovi contributi alla comprensione dei meccanismi
di interazione substrato-matrice e dei meccanismi di formazione/distruzione di microinquinanti;
alla conoscenza della struttura e della morfologia delle fly ash e alla comprensione del
meccanismo di binding delle PCDD.
∗ Sul piano modellistico: sono stati sviluppati modelli cinetici e un modello della struttura
tridimensionale del dominio di binding del recettore Ah.
Come riportato nell’elenco che segue, questi risultati sono stati oggetto di lavori a stampa già
pubblicati o inviati per la pubblicazione o in corso di stesura e presentati a Convegni internazionali e
nazionali, anche come invited lecture.
1. P. Fermo, F. Cariati, A. Pozzi, F. Demartin, M. Tettamanti, E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, O.
Puglisi, U. Russo, “ The Analytical Characterization and Speciation of a Municipal Solid Waste
Incinerator Fly Ash: Methods and Preliminary Results”, Fresenius’s Journal of Analytical
Science, 365, 666-673 (1999)
2. E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, M. Tettamanti, "Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal
Degradation. Mechanism of Native Carbon Gasification” Organohalogen Compounds, 41, 7
(1999)
3. M. Lasagni, E. Collina, M. Tettamanti, D. Pitea, “Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal
Degradation. 1. Empirical Rate Equations for Native Carbon Gasification”, Environ. Sci.
Technol, 34, 130-136 (2000)
4. E. Collina, M. Lasagni, M. Tettamanti, D. Pitea, “Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal
Degradation. 2. Mechanism of Native Carbon Gasification”, Environ. Sci. Technol., 34, 137-142
(2000)
5. P. Fermo, F. Cariati, A. Pozzi, M. Tettamanti, E. Collina, D. Pitea "The analytical
characterization of municipal solid waste incinerator fly ash: Part II", in stampa su Fresenius’s
Journal of Analytical Science.
6. P. Fermo, F. Cariati, S. Bruni, A. Pozzi, M. Lasagni, M. Tettamanti, E. Collina, D. Pitea, "The
Characterization of Native Carbon in Fly Ash", inviato per la pubblicazione.
7. E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, L. Forni, "Kinetic in flow of model mixture dibenzofuran-silica
gel", in corso di stesura.
8. M. Lasagni, E. Collina, M. Tettamanti, D. Pitea, “Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal
Degradation. Empirical Rate Equation for the Native Carbon Gasification”, XXIX Congresso
Nazionale di Chimica Fisica, 5-9 ottobre 1998, Taormina (CT), invited lecture.
9. D. Pitea, E. Collina, M. Lasagni, M. Tettamanti, "Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal
Degradation. Mechanism of Native Carbon Gasification", The Sixth International Congress on
Toxic Combustion Byproducts 37-30.6.1999, Karlsruhe, Germany, invited lecture.
10. E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, M. Tettamanti, "Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal
Degradation. Mechanism of Native Carbon Gasification” DIOXIN '99, 19th International
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Symposium on Halogenated Environmental Organic Pollutants and POPs, Venice, Italy, 1217.9.1999, invited lecture.
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11. Bonati L., Donghi S., Fraschini E., Pitea D., “Metodi per il calcolo dell’affinità elettronica di
composti aromatici clorurati”, XXIX Congresso Nazionale di Chimica Fisica, Taormina, 59/10/1998.
12. Bonati L., Fraschini E., Procopio M., Pitea D., “Ligand Electronic Properties in Modelling the
PCDD/Ah-Receptor Binding Process”, WATOC ‘99, 5th World Congress of Theoretically
Oriented Chemists, London, U.K., 1-6.8.1999.
13. Procopio M., Lahm A., Tramontano A., Bonati L., Pitea D., “Homology modeling of the AhR
ligand binding domain”, DIOXIN '99, 19th International Symposium on Halogenated
Environmental Organic Pollutants and POPs, Venice, Italy, 12-17.9.1999, invited lecture.
14. Procopio M., Lahm A., Tramontano A., Bonati L., Pitea D., “Homology modeling of the AhR
ligand binding domain”, Organohalogen Compounds, 42, 405 (1999).
15. Procopio M., Bonati L., Fraschini E., Pitea D., Virzi E., Ambrosetti R., Catalano D., Quici S.,
Manfredi A., “Determination of the Association Constant of a Charge-Transfer Complex
between Paraquat and 1,4-Dimethoxybenzene Using UV-Vis and NMR Techniques”, Physical
Chemistry Chemical Physics, inviato per la pubblicazione.
16. Procopio M., Lahm A., Tramontano A., Bonati L., Pitea D., “A Model for Recognition of
PCDDs by the Aryl Hydrocarbon Receptor”, J. Mol. Biol., inviato per la pubblicazione.
SVILUPPI FUTURI E TRASFERIBILITÀ
Infine, una parte non trascurabile di questi risultati è potenzialmente trasferibile, nel breve-medio
termine, ad applicazioni industriali e/o ad attività di ricerca su problematiche analoghe. In particolare,
possono essere utilizzati, direttamente oppure dopo opportuno completamento della
sperimentazione, eventualmente estesa alla scala di impianto pilota:
∗ I risultati sulla cinetica e sul meccanismo delle reazioni di desorbimento termico dei composti
organici e di gasificazione del carbone nativo presenti nelle fly ash, ai fini dell’ottimizzazione dei
processi di inertizzazione termica delle fly ash e delle scorie, anche dal punto di vista dell’impatto
ambientale e della sostenibilità dei processi, e dell’individuazione delle temperature ottimali da
mantenere nelle zone fredde degli impianti di termodistruzione dei rifiuti solidi urbani.
∗ La tecnica di misura del Carbonio Organico Totale residuo direttamente sulle scorie e sulle fly
ash, come sistema di controllo, praticamente on-line, dell’efficienza della combustione e
dell’impatto ambientale dei residui solidi del processo.
∗ L’individuazione dei metalli potenziali catalizzatori delle reazioni di gasificazione del carbone e,
probabilmente, delle reazioni di formazione dei microinquinanti organoclorurati, per eventuali
interventi nella separazione dei materiali che li contengono, a monte dell’alimentazione degli
impianti.
∗ La metodologia per il calcolo della costante di associazione di complessi a trasferimento di carica
basata sugli algoritmi genetici, trasferibile ad altre applicazioni in quanto non dipende da
parametri specifici relativi alla tecnica utilizzata.
∗ Le metodologie sviluppate per definire un modello della struttura tridimensionale del dominio di
binding di un potenziale recettore, per l’estensione ad altri sistemi dello studio, sperimentale e
teorico, dei meccanismi di interazione legante-recettore,
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Indice
Linea di ricerca n° 1:
“Studio delle reazioni di composti presenti sulle fly ash e
caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori”
1 INTRODUZIONE E RISULTATI PRECEDENTI
2 OBIETTIVI DELLA RICERCA
3 ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI
3.1 Tema 1-A: studio sistematico della cinetica delle principali reazioni attive nel processo
su scala industriale
3.1.1 Fase 1-A1
3.1.1.1 Risultati sperimentali e loro elaborazione
3.1.1.2 Analisi della letteratura
3.1.1.3 Discussione e conclusioni
3.1.2 Fase 1-A2
3.1.2.1 Miscele dibenzofurano-silice
3.1.2.2 Miscele carbone attivo-silice
3.2 Tema 1-B: caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori
3.2.1 Analisi FT-IR/TGA
3.2.2 Analisi RAMAN
3.2.3 Caratterizzazione analitica delle fly ash
3.2.3.1 Tecniche utilizzate
3.2.3.2 Trattamenti di preparazione del campione
3.2.3.3 Risultati dell’analisi delle fly ash tal quali
3.2.3.4 Risultati dell’analisi delle frazioni di fly ash
4 BIBLIOGRAFIA
Linea di ricerca n° 2:
“Progettazione di complessi a trasferimento di carica tra policlorodibenzo-p-diossine
e molecole recettoriali sintetiche e loro caratterizzazione
mediante tecniche spettroscopiche e metodi computazionali”
1. INTRODUZIONE E RISULTATI PRECEDENTI
2. OBIETTIVI DELLA RICERCA
3. ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI
3.1 Tema 2-A: progettazione di complessi a trasferimento di carica tra PCDD o molecole
affini e molecole recettoriali modello e loro caratterizzazione mediante spettroscopie UVVIS e NMR
3.2 Tema 2-B: calcolo, mediante i metodi della meccanica quantistica, di proprietà
molecolari rilevanti ai fini della formazione dei complessi a trasferimento di carica:
potenziali di ionizzazione e affinità elettroniche
3.3 Tema 2-C: sviluppo di un modello teorico della struttura tridimensionale del dominio di
binding al legante del recettore Ah e individuazione dei possibili siti di interazione delle
PCDD
3.3.1 Predizione della struttura del recettore Ah
3.3.2 Modello del riconoscimento molecolare delle PCDD da parte del recettore Ah
4. BIBLIOGRAFIA
Rapporto scientifico finale
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Linea di ricerca n° 1:
“Studio delle reazioni di composti presenti sulle fly ash
e caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori”
1 INTRODUZIONE E RISULTATI PRECEDENTI
Gli studi effettuati negli ultimi anni indicano che, anche in presenza di una combustione ottimale, i
fumi, i reflui liquidi e i rifiuti solidi campionati nelle cosiddette “zone fredde” degli impianti di
termodistruzione di rifiuti solidi urbani contengono concentrazioni significative di microinquinanti
organici, tra i quali le PoliCloroDibenzo-p-Diossine, PCDD, e i PoliCloroDibenzoFurani, PCDF
(Cruciani, 1990, 1991; Pitea, 1989, 1990, 1991; Yamamoto, 1990).
La situazione attuale è il risultato dell’impegno che i ricercatori, i progettisti e i costruttori di
impianti di termodistruzione hanno profuso per la soluzione del problema, prioritario negli anni ‘80
e nei primi anni ‘90, del disegno ottimale delle camere di combustione e di post-combustione degli
impianti di termodistruzione (Takeshita, 1989; Tejima, 1990). Questi studi hanno portato allo
sviluppo di importanti innovazioni tecnologiche e, quindi, alla costruzione di impianti che, se ben
gestiti, consentono oggi di ottenere fumi di combustione che non contengono microinquinanti
organoclorurati ovvero possono contenerli in concentrazioni inferiori rispetto a quelle rilevabili con
i più avanzati metodi di analisi oggi disponibili.
Di conseguenza, nella seconda parte degli anni ‘90, il centro dell’attenzione è stato spostato sulla
presenza dei microinquinanti organoclorurati negli effluenti dalle “zone fredde” degli impianti. Il
problema è stato affrontato con due diverse “filosofie”.
La “filosofia” prevalente, anche per ragioni di mercato e di tempi di attuazione, può essere definita
come “tecnologica”: la produzione di reflui liquidi è stata drasticamente ridotta, grazie allo sviluppo
di nuove tecnologie; il problema della depurazione dei fumi, la cui portata non può essere ridotta in
modo significativo per la natura stessa del processo, è stato affrontato in parte con interventi a valle,
introducendo un numero sempre maggiore di unità di depurazione nella linea trattamento fumi
(secondo i vecchi criteri di gestione dei problemi di inquinamento), e in parte con innovazioni
tecnologiche, che hanno interessato in particolare i sistemi di abbattimento del particolato e
dell’acido cloridrico; il problema dei reflui solidi è stato sostanzialmente ignorato (Boos 1991;
Carlson, 1989; Clements, 1989; Dickson, 1992; Fängmark, 1993, 1994).
La seconda “filosofia”, che è quella oggi recepita anche nelle nuove linee guida della Comunità
Europea per la gestione dei problemi ambientali, tende a privilegiare la valutazione complessiva dei
processi, con particolare attenzione al bilancio di materia ed energia e alla riduzione della
produzione di rifiuti e sottoprodotti del processo. Questi nuovi criteri di valutazione della tecnologia
ottimale di trattamento stanno conducendo a un profondo riesame del concetto di Best Practicable
Environmental Option (BPEO). Questa seconda filosofia ha ricevuto minor attenzione perché la sua
attuazione pratica richiede tempi più lunghi: si tratta infatti di studiare le reazioni attive nel processo
di raffreddamento dei fumi per capirne i meccanismi e proporre interventi utili per prevenire la
formazione di composti potenzialmente tossici. È chiaro che questa politica “innovativa”, che nel
breve periodo può portare soltanto alla formulazione di soluzioni parziali, è certamente vincente sul
medio-lungo periodo perché conduce a una trattazione unitaria delle tre tipologie di reflui e riduce
drasticamente sia l’impatto ambientale del processo che i costi di investimento e di gestione
(Addink, 1995a-d, 1996; Altwicker, 1990a-b, 1993a-b, 1996a-b; Cains, 1997; Gullet, 1992).
L’attività di ricerca condotta nel nostro Laboratorio si muove nell’ambito di questa seconda linea
(Collina, 1993, 1994, 1995; Lasagni, 1990, 1991, 1993a-b, 1994, 1996).
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Lo studio delle reazioni attive nel processo di raffreddamento è un problema di grande complessità.
Innanzitutto, non è possibile studiare le reazioni direttamente sugli impianti a scala reale per i
seguenti motivi: (i) essendo molto difficile, se non impossibile, il controllo delle reazioni sul
versante dei “reagenti”, è possibile operare solo sul versante dei “prodotti”, che sono molto
diversificati per tipologia e concentrazione; (ii) l’accessibilità al campionamento nei punti di
maggiore interesse è generalmente scarsa; (iii) l’operazione di campionamento delle significative
quantità richieste dalle metodologie di analisi porta alla formazione di “artefatti” perché sono
richiesti tempi di campionamento molto lunghi (6-8 ore): in questo arco temporale, non solo non è
possibile “bloccare” le reazioni (quenching) ma, anzi, il letto di materiale solido che si forma sul
filtro della sonda di campionamento agisce da catalizzatore, eventualmente anche di reazioni
diverse da quelle che si verificano nell’impianto (Bagnati, 1990); (iv) i tempi e i costi sono molto
elevati.
Gli studi su scala pilota industriale, che sarebbero quelli ideali per la trasferibilità dei risultati, non
sono attualmente fattibili perché comportano elevati costi di investimento e di gestione. Di
conseguenza, data la scarsità di risorse per il finanziamento di attività di R&S, questi progetti di
ricerca non vengono attualmente finanziati da agenzie pubbliche o private.
L’unica possibilità per lo sviluppo di attività di R&S utili ai fini dell’acquisizione di conoscenze
potenzialmente trasferibili alla scala reale è quindi l’utilizzo della scala di laboratorio.
Gli studi reperibili nella letteratura internazionale (Hinton, 1991; Huang, 1996; Luijik, 1994;
Milligan, 1993a-b, 1995; Stieglitz, 1989a-b, 1990a-b, 1991, 1993) e quelli precedentemente
condotti presso il nostro Laboratorio (Collina, 1993, 1994, 1995; Lasagni, 1990, 1991, 1993a-b,
1994, 1996) hanno dimostrato che le reazioni nelle “zone fredde” dell’impianto sono causate e/o
fortemente indirizzate dalle interazioni tra i composti presenti nel particolato contenuto nei fumi (e,
in particolare, nella frazione più leggera comunemente indicata come fly ash) e la superficie dello
stesso particolato (Tettamanti, 1997).
Per questo motivo, la nostra attività di ricerca è oggi concentrata sullo studio delle reazioni che
avvengono sulle fly ash e delle caratteristiche chimico-fisiche del “catalizzatore”, che è costituito
dalle fly ash stesse.
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2 OBIETTIVI DELLA RICERCA
La formazione di microinquinanti organoclorurati sembra abbia luogo dopo le zone di combustione,
nelle cosiddette “zone fredde”. Sono stati ipotizzati due principali meccanismi di reazione sulla
superficie delle fly ash: (i) formazione da precursori, per esempio da molecole come policlorobenzeni
e policlorofenoli; (ii) sintesi de novo, partendo da molecole non clorurate più o meno complesse,
incluso il carbonio particolato, e da una fonte di cloro, costituita dal cloro stesso, da cloruri inorganici
o da acido cloridrico. In entrambi i casi, le fly ash agiscono da catalizzatori ed è necessaria la presenza
dell’ossigeno.
Non essendo possibile dimostrare per via diretta se vi sia una effettiva “produzione” di tracce di
specie chimiche complesse dopo la combustione e, in caso positivo, a partire da quali precursori, solo
l’individuazione dei meccanismi di formazione e distruzione dei microinquinanti organoclorurati può
fornire gli strumenti per la comprensione del fenomeno.
Uno studio completo volto alla comprensione dei meccanismi di formazione di PCDD/PCDF
dovrebbe includere sia le reazioni pirolitiche e radicaliche in fase gassosa ad alta temperatura, che
avvengono nella camera di combustione, sia le reazioni in fase eterogenea catalizzate da fly ash, che
avvengono nello scambiatore di calore e nei sistemi di filtrazione a temperature relativamente basse.
A seconda delle condizioni operative (tipo di carica, turbolenza, contenuto di ossigeno, temperatura)
nelle camere di combustione e, di conseguenza, nelle rimanenti parti dell’impianto, le PCDD/PCDF
possono essere degradate, in parte o completamente. Le concentrazioni di PCDD/PCDF osservate
nelle varie parti dell’impianto rappresentano quindi il bilancio tra reazioni di formazione e reazioni di
distruzione. Calcoli teorici (Shaub, 1983) hanno condotto all’ipotesi che, alle alte temperature della
zona di fiamma, la reazione di distruzione predomini rispetto alla reazione di formazione.
L’obiettivo della ricerca è duplice: (i) studio della cinetica e individuazione dei meccanismi delle
reazioni di formazione/distruzione dei microinquinanti organoclorurati; (ii) individuazione delle
proprietà strutturali e morfologiche che determinano l’attività catalitica delle fly ash.
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3 ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI
3.1 Tema 1-A: studio sistematico della cinetica delle principali reazioni attive nel processo su
scala industriale.
Gli studi precedenti in batch (Lasagni, 1996), effettuati su fly ash grezze prelevate dall’elettrofiltro
di impianti di termodistruzione di rifiuti solidi urbani in Italia e in Danimarca e su sistemi modello
(carbone attivo e silice, dibenzofurano e silice), hanno permesso di formulare una ipotesi di
meccanismo di reazione. La validazione di questo modello ha richiesto l’effettuazione di prove
supplementari e la verifica di alcuni parametri. Queste prove sono state effettuate sia su fly ash
grezze sia sui sistemi modello.
Lo studio è stato condotto in batch e in flusso (Fase 1-A1 e 1-A2).
3.1.1 Fase 1-A1
3.1.1.1 Risultati sperimentali e loro elaborazione.
Scopo di questa parte del lavoro è lo studio della cinetica e del meccanismo della degradazione
termica dei composti organici presenti su fly ash prelevate da elettrofiltri di inceneritori di RSU.
I campioni analizzati sono fly ash provenienti da elettrofiltri di inceneritori diversi e sono
denominati:
FA1
TOC0 = 2030 ppm
Reno Nord (Danimarca)
FA2a
TOC0 = 2165 ppm
Reno Syd (Danimarca)
FA2b
TOC0 = 7820 ppm
Reno Syd (Danimarca)
FA3
TOC0 = 2030 ppm
Milano (Italia)
Il TOC0 è il contenuto iniziale di carbonio organico.
Per valutare l’effetto dell’omogeneizzazione, una quota di FA3 è stata utilizzata tal quale (FA30);
per valutare l’influenza dei composti organici presenti sulle fly ash, una quota di FA3 è stata estratta
con solvente organico e successivamente essiccata (FA3E).
I campioni, prima dello studio cinetico, sono stati omogeneizzati. Il trattamento termico è stato
condotto in discontinuo ponendo un crogiolo di ceramica, contenente il campione, in una muffola
chiusa di volume interno 9 L; la temperatura era determinata a ±5°C; l'ossigeno era presente in grande
eccesso. Per ciascun campione in esame, sono state condotte prove preliminari per determinare
l'intervallo di temperatura utile per lo studio cinetico. L’intervallo di temperatura investigato è
compreso tra 200°C e 600°C; i tempi di reazione sono compresi tra 5 a 1440 min. A ogni tempo
cinetico, è stato determinato il contenuto residuo di TOC (Lasagni, 1997).
Inizialmente, è stata effettuata l'analisi dei prodotti di reazione delle fly ash in funzione della
temperatura (Tab. 1A-1.1). Questa analisi ha messo in evidenza che, alle temperature più alte
(500°C), l'unico prodotto di reazione è la CO2 mentre, alle temperature più basse (250°C-350°C), la
CO2 rimane il prodotto principale anche se si osservano tracce di composti organici (clorobenzeni,
con grado di clorurazione da 2 a 6, alcani e cloroalcani). È da rilevare una notevole variabilità dei
composti organici tra le varie fly ash. Per verificare se i composti rilevati siano desorbiti o
sintetizzati durante la reazione è stata effettuata l'analisi dei prodotti di desorbimento in flusso di
azoto (Tab. 1A-1.1). È stato osservato che all'aumentare della temperatura aumenta il numero dei
composti organici desorbiti; la loro tipologia dipende dalla temperatura e dalle caratteristiche dei
diversi campioni di fly ash.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 4
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Per tutte le prove, il bilancio di massa indica che il contributo al valore di TOC dei composti organici
che desorbono è comunque sempre minore o uguale al 5% del TOC. Il contributo dei composti
organici che desorbono risulta, di conseguenza, poco importante nello studio cinetico di abbattimento
del TOC su campioni di fly ash. D'altra parte, il desorbimento è un fenomeno sempre presente che
può variare in funzione del campione in esame e della temperatura. Questo comportamento deve
essere quindi tenuto presente nei processi industriali di inertizzazione termica delle fly ash.
In Tab. 1A-1.2 sono riportati, a titolo di esempio, i dati cinetici per le FA3. I dati cinetici sono stati
interpretati con una somma di due esponenziali:
TOC = Ei exp (-ki t) + Ej exp (-kj t)
ovvero, sono presenti due reazioni Ri ed Rj che hanno lo stesso reagente e lo stesso prodotto di
reazione. Al tempo t = 0, Ei + Ej = TOC0; ki e kj sono le costanti di velocità per le due reazioni, Ri e
Rj. Convenzionalmente, la costante di velocità più alta è indicata con kj. In Tab. 1A-1.3 sono riportati,
a titolo di esempio, i valori delle costanti di velocità e i fattori pre-esponenziali per le FA3, FA30 e
FA3E. È da notare la variazione di Ei ed Ej al variare della temperatura. I risultati cinetici per le altre
fly ash sono analoghi.
Per valutare i limiti della procedura di deconvoluzione e il significato fisico dei 4 parametri è stato
effettuato uno studio cinetico su miscele modello: DF-BPh-SiO2 e DF-BPh-C-SiO2. Sono stati scelti il
DF e BPh perché sono i capostipiti di PCDF e PCB e hanno costanti di velocità kDF e kBPh molto
simili, caratteristica utile per individuare i limiti di sensibilità della procedura di calcolo. Il carbone
attivo è stato scelto perché simula il carbonio nativo presente sulle fly ash; la miscela DF-BPh-C-SiO2
è un modello per il sistema a più composti delle fly ash.
I risultati dei calcoli indicano che i fattori pre-esponenziali, Ei e Ej, per la miscela DF-BPh-SiO2
coincidono con le concentrazioni iniziali di DF e BPh; ki e kj sono le costanti di velocità per la
reazione di desorbimento di DF e BPh, rispettivamente:
TOC = TOC 0DF exp( − k DF t ) + TOC 0BPh exp( − k BPh t )
Per la miscela DF-BPh-C-SiO2, Ei = 906 ± 131 coincide con il TOC 0C (920 ppm) e Ej = 982 ± 121
ppm coincide con TOC 0DF + TOC 0BPh (950 ppm) ; ki e kj sono le costanti di velocità della reazione di
ossidazione del carbonio a CO2 (kC) e della reazione di desorbimento di DF e BPh (kj = kDF + kBPh). A
ciascun tempo t, il TOC è uguale a TOC 0C + (TOC 0DF + TOC 0BPh ) .
È da notare che, per le miscele modello, i valori di Ei ed Ej non dipendono dalla temperatura.
I limiti evidenziati nella procedura di deconvoluzione sono: impossibilità di distinguere costanti di
velocità molto simili (DF-BPh-SiO2); difficoltà nella determinazione contemporanea di costanti di
velocità molto piccole o molto grandi (valori delle costanti di velocità per DF-BPh-C-SiO2 a basse e
alte temperature).
Per tutti i campioni di fly ash, in Tab. 1A-1.4 sono riportati i valori dei parametri di attivazione, dei
parametri termodinamici e il valore di ∆G≠ calcolato per T = 723 K.
Per tutti i campioni, sono state valutate le differenze statistiche tra i valori calcolati di lnA e di Ea. Per
quanto riguarda lnA, l'ipotesi nulla H0 (ipotesi che postula un'assenza di differenza con un livello di
confidenza del 95%) è da rifiutare per tutti i campioni.
Le reazioni Ri e Rj hanno lo stesso prodotto principale di reazione (CO2), con l'eccezione del
campione FA2b; i valori di Ea non sono significativamente differenti ma le costanti di velocità sono
differenti. Questo comportamento può essere spiegato ipotizzando che: a) i reagenti di Ri e Rj siano
diversi e i valori di Ea siano casualmente simili; b) il reagente “organico” è lo stesso, ma è accessibile
all’ossidante in maniera diversa.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 5
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Dall’analisi delle costanti di velocità, dai parametri di attivazione e termodinamici è possibile, inoltre,
osservare che, per tutte le fly ash, il rate-determining step è un processo di tipo diffusionale
caratterizzato da Ea < 50 kJ mol-1; i ∆S¹ molto negativi indicano uno stato di transizione più compatto
e rigido dei reagenti; il termine entropico contribuisce per il 75% nel determinare ∆G¹: quindi, le
variazioni strutturali sono molto importanti, più che le trasformazioni chimiche.
In conclusione, l’evidenza sperimentale mostra l’esistenza di due reazioni concorrenti Ri e Rj;
entrambe le reazioni sono riconducibili all’ossidazione di C a CO2. Il carbonio per la reazione non
proviene dai composti adsorbiti ma la sorgente di carbonio è il carbone nativo presente sulle fly ash da
inceneritori di RSU.
Tab. 1A-1.1 - Prodotti di reazione a diverse temperature (il TOC(t=3h) e la CO2 sono espresse come
% del TOC iniziale).
Campione
FA1
FA1
FA1
FA2a
FA2a
FA2b
FA2b
FA3
FA3
FA1
FA1(a)
FA1
FA2b
FA2b
FA3
FA3
(a)
(b)
Aria/N2
Aria
Aria
Aria
Aria
Aria
Aria
Aria
Aria
Aria
N2
N2
N2
N2
N2
N2
N2
T (°C)
250
325
500
250
500
250
500
350
500
150
200
200
200
500
200
500
TOC0 (ppm)
2230
2230
2230
2165
2165
7820
7820
3525
3525
2230
2230
2230
7820
7820
3525
3525
TOC(t=3h)
71
69
6
82
24
28
25
72
12
100
99
90
96
91
96
89
CO2
15
10
94
12
71
70
78
28
90
6
4
6
Resa (%)
86(b)
79(b)
100
94
95
98(b)
103
100(b)
102
100
99(b)
96(b)
96(b)
95(b)
96(b)
95
Trattamento termico per 30 min.
Tracce di composti organici
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 6
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
1A-1.2 - Trattamento termico di FA3: valori di TOC (ppm) a tempi differenti.
T (°C)
t (min)
0
5
10
15
30
60
90
120
180
240
360
480
600
1440
250
275
300
350
3525 3525 3525 3525
3475
2995
2075
1800
3500 2775 2610 1735
3280
3175
3095
3180
2725
2770
2540
2545
2205
2045
2080
1965
1815
1760
400
450
3525
2390
2040
1845
1495
1105
3525 3525
1535 810
1235 425
1055 345
795 205
690 150
620 155
545 130
510 135
510 110
445
2040 1440 1020
1270 960
1770 1215 865
1770 1160 855
1635 1070 720
1475
760
1465 960 700
550
395
395
Tab. 1A-1.3 - Valori dei parametri per le fly ash FA3, FA30 e FA3E (0.93 < R 2 <0.99)
T (°C)
FA3
275
300
350
400
450
550
FA30
300
400
500
FA3E
300
350
400
450
500
Ei ± σ
ki ± σ
Ej ± σ
kj ± σ
2014 ± 109
1716 ± 100
1388 ± 152
1062 ± 100
704 ± 88
304 ± 50
(10 ± 6) 10-5
(1.2 ± 0.7) 10-4
(3 ± 2) 10-4
(4 ± 2) 10-4
(8 ± 4) 10-4
(6 ± 2) 10-3
1498 ± 123
1816 ± 127
2312 ± 236
2327 ± 158
2776 ± 161
3219 ± 70
(10 ± 2) 10-3
(1.2 ± 0.2) 10-2
(5 ± 1) 10-2
(8 ± 2) 10-2
(2.0 ± 0.3) 10-1
(3.6 ± 0.3) 10-1
1970 ± 266
1330 ± 124
844 ± 194
(2 ± 1) 10-4
(5 ± 2) 10-4
(3 ± 2) 10-3
1478 ± 325
2020 ± 188
2566 ± 248
(1.0 ± 0.5) 10-2
(9 ± 2) 10-2
(2.6 ± 0.9) 10-1
1672 ± 327
1534 ± 78
991 ± 60
1088 ± 103
518 ± 53
(1 ± 1) 10-4
(4 ± 1) 10-4
(4 ± 1) 10-4
(1.1 ± 0.4) 10-3
(2.4 ± 0.6) 10-3
1142 ± 282
1422 ± 129
1807 ± 103
1716 ± 151
2342 ± 79
(7 ± 4) 10-3
(6 ± 1) 10-2
(8 ± 1) 10-2
(1.2 ± 0.3) 10-1
(2.4 ± 0.2) 10-1
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 7
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1A-1.4 - Parametri di attivazione e parametri termodinamici. I valori di ∆G≠ sono calcolati per T = 723 K.
Ri
FA1
FA2a
FA2b
FA3
FA30
FA3E
ln (A/min )
Ea (kJ mol-1)
R2
-(1±1)
31±8
0.804
-(1±1)
33±7
0.732
4±2
73±12
0.927
2±1
53±7
0.936
2±2
52±10
0.965
2±1
52±8
0.932
∆S≠ (kJ K-1 mol-1)
∆H≠ (kJ mol-1)
R2
∆G≠ (kJ mol-1)
Rj
-(0.30±0.01)
25±8
0.729
245±8
FA1
-(0.31±0.01)
27±7
0.663
248±7
FA2a
-(0.26±0.02)
67±12
0.915
253±12
FA2b
-(0.28±0.01)
48±7
0.924
247±7
FA3
-(0.28±0.01)
47±10
0.958
247±10
FA30
-(0.28±0.01)
47±8
0.918
248±8
FA3E
ln (A/min -1)
Ea (kJ mol-1)
R2
-(2.1±0.2)
10±1
0.943
4.6±0.9
41±5
0.900
-1.1±0.7
17±4
0.852
6.8±0.8
52±4
0.976
8±1
60±6
0.991
8±2
59±12
0.884
∆S≠ (kJ K-1 mol-1)
∆H≠ (kJ mol-1)
R2
∆G≠ (kJ mol-1)
-(0.311±0.002)
5±1
0.754
229±1
-(0.26±0.01)
35±5
0.880
220±5
-(0.30±0.01)
11±4
0.717
231±4
-(0.237±0.007)
47±4
0.969
218±4
-(0.226±0.009)
55±6
0.989
218±6
-(0.23±0.02)
54±12
0.861
218±12
-1
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 8
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
È probabile che la chiave per l’interpretazione del meccanismo risieda nella dipendenza dalla
temperatura osservata per i fattori pre-esponenziali.
L’obiettivo successivo del lavoro è stato quello di combinare le informazioni ricavate dalla letteratura
con le nostre evidenze sperimentali per avanzare un'ipotesi di meccanismo di reazione da validare con
i dati sperimentali.
3.1.1.2 Analisi della letteratura
È noto dalla letteratura (Ismail, 1989) che per la reazione di gasificazione del carbone,
nell'intervallo di temperatura compreso tra 450°-850°C, sono presenti tre regimi di reazione: tra
450-550°C (Zona I; energia di attivazione di circa 200 kJ mol-1), la velocità di reazione globale è
controllata dalla reattività chimica intrinseca del carbonio; tra 550 e 650°C (Zona II; energia di
attivazione di circa 90 kJ mol-1), la velocità di reazione è controllata sia dalla chimica superficiale
sia dal trasporto di massa interno (diffusione tra i pori); tra 650 e 850°C (Zona III; energia di
attivazione di circa 10 kJ mol-1), il fattore di controllo è normalmente il trasporto di massa esterno.
Per quanto riguarda le fly ash, è stato proposto (Milligan, 1996) che i vincoli dovuti al trasferimento
di massa esterno non siano importanti nelle condizioni sperimentali che simulano la postcombustione. Inoltre, i valori delle aree superficiali dei diversi campioni di fly ash sono
generalmente molto bassi, dell'ordine di 1-10 m2 g-1. Questi valori indicano che non è presente una
struttura porosa significativa e che quindi le limitazioni dovute al trasferimento di massa interno
sono trascurabili.
La gasificazione del carbone è dunque il risultato di due processi consecutivi o una loro
combinazione. Uno dei due processi possibili è l'attacco diretto dell'ossigeno sui siti attivi liberi del
carbone che ha come conseguenza la gasificazione immediata del carbone (Ismail, 1989). I siti attivi
sul carbone possono essere gli atomi insaturi di carbonio con uno o due orbitali sp2 liberi localizzati
sul bordo dei fogli grafitici o altri difetti strutturali, mentre gli atomi di carbonio all'interno del
piano grafitico (atomi di carbonio saturi) sono per la maggior parte inattivi (Ismail, 1989). In questo
caso, la reattività è determinata dalla disponibilità dei siti attivi del carbone e cioè dalle
caratteristiche strutturali e topologiche del carbonio, ovvero dal tipo di carbonio, dalle dimensioni
cristalline, dalla porosità, dalle imperfezioni cristalline e dalle proprietà superficiali (Essenhigh,
1981).
Un secondo processo può prevedere una combinazione di reazioni elementari:
(i) Adsorbimento dell'ossigeno gassoso e diffusione superficiale. L'ossigeno molecolare viene
chemisorbito dissociativamente sui siti attivi del carbone (adsorbimento non catalitico) o su siti
metallici (adsorbimento catalitico) (Huang, 1997). Le equazioni ipotizzate per il chemisorbimento
dissociativo del O2 sono:
C + ½ O2 → C(O)
(1)
Me + ½ O2 → MeO
(2a)
dove C è un sito libero nella struttura del carbone; C(O) un complesso superficiale; Me un sito
metallico e MeO un ossido metallico. Successivo allo step 2a, l'ossigeno adsorbito può migrare dal
sito metallico al sito del carbonio:
MeO + C → Me + C(O)
(2b)
Durante il processo di gasificazione a bassa temperatura una grossa quantità di complessi ossigenati
può essere sintetizzata sulla superficie del carbonio. In letteratura, viene riportato (Ismail, 1989) che
a 200°C circa la metà di O2 consumato durante il processo di gasificazione si trasforma in CO e
CO2 gassoso e l'altra metà chemisorbe sulla superficie del carbonio sottoforma di complessi
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 9
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
ossigenati stabili. Il ricoprimento superficiale di questi complessi aumenta all'aumentare della
combustione e raggiunge il 100% al 75% di combustione (Su, 1985).
(ii) Gasificazione del carbone. Le reazione di gasificazione dei complessi ossigenati intermedi può
essere così schematizzata:
C(O) → CO
(3a)
C(O) + ½ O2 → CO2
(3b)
C(O) + MeO → CO2 + Me
(4)
Le equazioni (3a) e (3b) rappresentano il desorbimento ossidativo dei complessi superficiali come
prodotti gassosi; nell'equazione (3b) le sorgenti di ossigeno possono essere differenti: ad esempio,
C(O) + C(O) = CO2 + C. L'equazione (4) rappresenta l'ossidazione superficiale di carboniocomplessi ossigenati a CO2 dovuta all'ossigeno proveniente da un sito metallico.
Probabilmente, in funzione della temperatura qualche composto aromatico di piccola dimensione
può essere formato durante il processo globale; le successive reazioni possono portare alla
formazione di PCDD/PCDF (Huang, 1997).
3.1.1.3 Discussione e conclusioni
Tenendo presente che la diminuzione di TOC in funzione del tempo e della temperatura è il risultato
di due processi simultanei, per rappresentare il processo globale è stato ipotizzato il seguente
schema di reazione:
k1
C + ½ O2
C(O)
(5)
k-1
k2
CO2
(6)
C + O2
k3
C(O) + ½ O2
CO2
(7)
Assumendo che la reazione (5) sia il chemisorbimento dissociativo dell'ossigeno, la reazione
inversa, k-1, è nulla. Le reazioni 5-7 possono essere catalizzate o non catalizzate.
L'equazione (6), come step non catalizzato, rappresenta l'attacco diretto dell'ossigeno sui siti attivi
del carbone, mentre le equazioni (5) e (7) descrivono il chemisorbimento dell'ossigeno con la
formazione di complessi ossigenati superficiali e il loro successivo desorbimento come CO2. La
formazione di CO non viene considerata perché nelle nostre condizioni sperimentali CO è
eventualmente presente in concentrazioni molto basse (CO/CO2 < 0.05; Lasagni, 2000).
Se consideriamo uno step catalizzato, l'ossido di metallo, MeO, media il trasferimento dell'ossigeno
al carbonio. MeO può essere presente o si può formare in accordo con l'equazione (2a). In questo
caso l'equazione (5) diventa l'equazione (2b), l'equazione (7) diventa la (4) e l'equazione (6)
potrebbe essere, per esempio, una combinazione di reazioni del tipo
C + MeO
CO + ½ O2
lenta
veloce
CO + Me
(8a)
CO2
(8b)
In accordo con il meccanismo proposto, le equazioni cinetiche per C e C(O) sono espresse dalle
equazioni (9) e (10).
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 10
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
d[C]/dt = - k10 [C][O2]n1 - k 20 [C][O2]n2
(9)
d[C(O)]/dt = k10 [C][O2]n1 - k 30 [C(O)][O2]n3
(10)
In accordo con i risultati sperimentali presentati in precedenza, viene fatta l'ipotesi che le reazioni di
ossidazione siano del primo ordine rispetto al carbone nativo C o ai complessi ossigenati C(O);
inoltre poiché il rapporto tra le concentrazioni di ossigeno e carbonio è come minimo uguale a 20, le
concentrazioni di ossigeno nelle equazioni (9) e (10) si possono ritenere costanti. Le equazioni (9) e
(10) diventano:
d[C]/dt = - (k1 + k2) [C]
(9a)
d[C(O)]/dt = k1 [C] - k3 [C(O)]
(10a)
dove ki = k 0i [O2]ni.
Il sistema di equazioni differenziali viene risolto analiticamente con le seguenti condizioni al
contorno
[C(O)] = 0 a t=0
[C]0, i.e. [C] a t=0, è uguale alla concentrazione iniziale di carbonio, TOC0.
Quindi la scomparsa di TOC nel tempo viene espressa tramite:
(k 2 − k 3 )
k1
TOC [C] + [C(O) ]
exp[−(k1 + k 2 )t ]
exp(−k 3t ) +
=
=
0
(k1 + k 2 − k 3 )
[C]0
(k1 + k 2 − k 3 )
TOC
(11)
Il modello contiene tre parametri k1, k2, e k3 e, analogamente all'equazione empirica, è la somma di
due esponenziali. I fattori pre-esponenziali sono combinazioni di costanti cinetiche e dipendono
dalla temperatura così come Ei e Ej.
I dati sperimentali per le fly ash sono stati fittati con l'equazione (11) mediante una procedura di
stima non lineare (tabelle da 1A-1.5 a 1A-1.8). I parametri di attivazione e termodinamici sono
riportati nelle tabelle 1A-1.9 e 1A-1.10.
Tab. 1A-1.5 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA1.
T (°C)
225
275
375
400
500
600
k1 ± σ
(8 ± 6) 10-3
(1.3 ± 0.3) 10-2
(4.8 ± 0.5) 10-3
(3 ± 2) 10-3
(2.6 ± 0.8) 10-3
(3.7 ± 1.4) 10-3
Rapporto scientifico finale
k2 ± σ
(1.4 ± 0.5) 10-3
(2.9 ± 0.5) 10-3
(1.38 ± 0.05) 10-2
(2.0 ± 0.1) 10-2
(2.4 ± 0.1) 10-2
(2.8 ± 0.2) 10-2
k3 ± σ
(1.0 ± 0.5) 10-4
4.5 ± 0.4) 10-4
(7 ± 1) 10-4
(3 ± 2) 10-3
(2 ± 1) 10-3
(3 ± 1) 10-3
R2
0.990
0.991
0.998
0.997
0.998
0.997
Linea 1 - 11
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1A-1.6 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA2a.
T (°C)
200
250
275
325
350
400
450
475
550
600
k1 ± σ
(1 ± 1) 10-2
(5 ± 5) 10-3
(7 ± 3) 10-3
(6 ± 2) 10-3
(1.1 ± 0.3) 10-2
(1.9 ± 0.7) 10-2
(2.4 ± 0.8) 10-2
(3.9 ± 0.6) 10-2
(6.0 ± 0.8) 10-2
(2 ± 1) 10-1
k2 ± σ
(3 ± 3) 10-4
(1.1 ± 0.5) 10-3
(2.6 ± 0.7) 10-3
(9 ± 1) 10-3
(1.6 ± 0.3) 10-2
(3.4 ± 0.7) 10-2
(7 ± 1) 10-2
(1.2 ± 0.1) 10-1
(2.5 ± 0.2) 10-1
(7 ± 4) 10-1
k3 ± σ
(5 ± 3) 10-5
(1.1 ± 0.8) 10-4
(3.2 ± 0.6) 10-4
(4 ± 1) 10-4
(4 ± 1) 10-4
(7 ± 3) 10-4
(4 ± 2) 10-4
(3 ± 1) 10-4
(2 ± 1) 10-3
(1.1 ± 0.2) 10-2
R2
0.678
0.953
0.991
0.988
0.982
0.972
0.972
0.991
0.998
0.999
Tab. 1A-1.7 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA2b.
T (°C)
350
400
450
500
600
k1 ± σ
(1.0 ± 0.2) 10-2
(6.4 ± 0.7) 10-3
(7 ± 1) 10-3
(6 ± 3) 10-3
(8 ± 5) 10-3
k2 ± σ
(3.9 ± 0.4) 10-3
(4.6 ± 0.3) 10-3
(1.09 ± 0.08) 10-2
(1.4 ± 0.2) 10-2
(2.1 ± 0.3) 10-2
k3 ± σ
(1.1 ± 0.2) 10-4
(1.0 ± 0.2) 10-4
(3.4 ± 0.8) 10-4
(1.3 ± 0.8) 10-3
(4 ± 2) 10-3
R2
0.994
0.997
0.995
0.978
0.988
Tab. 1A-1.8 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA3, FA30 e
FA3E
T (°C)
FA3
275
300
350
400
450
550
FA30
300
400
500
FA3E
300
350
400
450
500
k1 ± σ
k2 ± σ
k3 ± σ
R2
(6 ± 2) 10-3
(6 ± 1) 10-3
(1.7 ± 0.6) 10-2
(2.7 ± 0.6) 10-2
(4 ± 1) 10-2
(3.0 ± 0.6) 10-2
(4.3 ± 0.7) 10-3
(6.4 ± 0.8) 10-3
(2.7 ± 0.6) 10-2
(6.1 ± 0.8) 10-2
(1.6 ± 0.2) 10-3
(3.3 ± 0.2) 10-1
(1.0 ± 0.7) 10-4
(1.2 ± 0.7) 10-4
(3 ± 2) 10-4
(5 ± 2) 10-4
(8 ± 5) 10-4
(6 ± 2) 10-3
0.986
0.991
0.950
0.975
0.978
0.998
(6 ± 3) 10-3
(4 ± 1) 10-2
(7 ± 3) 10-2
(4 ± 1 10-3
(6 ± 1) 10-2
(2.0 ± 0.5 10-1
(2 ± 2) 10-4
(5 ± 2) 10-4
(3 ± 2) 10-3
0.931
0.965
0.973
(5 ± 3) 10-3
(3.0 ± 0.7) 10-2
(3.0 ± 0.5) 10-2
(5 ± 1) 10-2
(4.3 ± 0.7) 10-2
(3.2 ± 0.9) 10-3
(2.7 ± 0.5) 10-2
(5.6 ± 0.6) 10-2
(8 ± 1) 10-2
(2.0 ± 0.1) 10-1
(1 ± 1) 10-4
(3 ± 1) 10-4
(4 ± 1) 10-4
(1.1 ± 0.4) 10-3
(2.5 ± 0.6) 10-3
0.966
0.967
0.982
0.970
0.994
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 12
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1A-1.9 - Parametri di attivazione (equazione di Arrhenius) per le reazioni elementari
ln (A/min)
k1
k2
k3
1.1 ± 0.9
0.92
-(1 ± 1)
0.80
8.3 ± 0.3
1.00
-(1 ± 1)
0.76
0.8 ± 0.8
0.94
4±2
0.92
2.6 ±0.7
0.95
9.1 ±0.5
0.99
0.4 ±0.5
0.98
4±2
0.96
10 ±1
0.99
3±2
0.74
9±2
0.94
k1
Ea
(kJ mol -1)
k2
k3
FA1
R
2
31 ± 5
31 ± 8
65 ± 1
34 ± 7
33 ± 5
73 ± 12
35 ± 4
66 ± 3
44 ± 3
2 ±2
0.97
45 ± 9
71 ± 7
52 ± 9
1±1
0.93
39 ±13
71 ± 10
50 ± 8
FA2a
R
2
1±1
0.74
27 ± 6
FA2b
R
2
FA3E
R
2
FA30
R
2
FA3E
R
2
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 13
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1A-1.10 - Parametri termodinamici (equazione di Eyring) per le reazioni elementari.
k1
- ∆ S≠
(kJ K -1mol-1)
k2
k3
0.285 ± 0.008
0.30 ±0.01
0.87
0.73
∆ H≠
(kJ mol -1)
k2
k3
26 ±5
26 ±8
60 ±1
29 ±7
27 ±5
67 ±12
30 ±4
61 ±3
39 ±3
227 ±4
86.7
219 ±3
72.1
249 ±3
84.4
40 ±10
65 ±8
47 ±9
225 ±10
82.3
220 ±8
70.3
247 ±9
81.0
33 ±13
65 ±10
44 ±8
226 ±13 221 ±10
85.4
70.3
248 ±8
82.2
k1
k1
∆ G≠ a 723 K
(kJ mol -1
k2
k3
232 ±5
88.9
246 ±8
89.5
222 ±1
73.2
248 ±7
88.2
FA1
%DS
R2
FA2a
0.284 ±0.009 0.225 ±0.002
%DS
R2
FA2b
0.66
%DS
R2
0.30 ±0.01
0.99
0.70
0.288 ±0.007
0.26 ±0.08
0.92
0.91
22 ±5
227 ±6
90.5
236 ±5 253 ±12
88.4
73.7
FA3E
0.272 ±0.006 0.218 ±0.005 0.291 ±0.004
%DS
R2
FA30
%DS
R2
0.93
0.99
0.98
0.26 ±0.02
0.21 ±0.01
0.28 ±0.01
0.95
0.99
0.96
0.27 ±0.02
0.21 ±0.02
0.28 ±0.01
0.68
0.93
0.91
FA3E
%DS
R2
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 14
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
A titolo di esempio, la figura 1A-1.1 mostra l'accordo tra dati sperimentali e curva calcolata e la
variazione nel tempo delle concentrazioni di C e C(O) a due temperature. La dipendenza dal tempo
e dalla temperatura della concentrazione dell'intermedio C(O) è riportata in figura 1A-1.2.
È interessante notare che la formazione diretta di CO2 (figura 1A-1.1) richiede da 3 a 6 ore a
seconda della temperatura. Inoltre la formazione di C(O) è praticamente completa dopo 8 ore a
250°C mentre sono necessarie circa 3 ore per raggiungere la concentrazione massima (figura 1A1.2). Il tempo di 3 ore è indipendente dalla temperatura, mentre la concentrazione massima
raggiunta dipende dalla temperatura.
Per tempi lunghi e temperature basse, il contenuto di TOC residuo è interamente dovuto alla
concentrazione dei complessi; il ricoprimento superficiale raggiunge il 100% del carbonio residuo
per una combustione al 2%. Alle temperature più elevate, il TOC residuo è il risultato di un bilancio
tra formazione e ossidazione dei complessi C(O). Infine, l'ossidazione dei C(O) a 600°C è
praticamente completa dopo 24 ore. La conclusione principale è che l'ossidazione dei complessi
ossigenati è il rate-determining step di tutto il processo.
Per inserire il meccanismo proposto in un contesto più generale che possa spiegare anche il
comportamento delle miscele modello, consideriamo il sistema modello C-SiO2. In questo caso, la
gasificazione del carbone non è catalizzata e segue una cinetica del primo ordine. Il grafico di
Arrhenius mostra un andamento spezzato suggerendo che il meccanismo dell'interazione carbonioossigeno è diverso per temperature superiori o inferiori a 375°C.
L'adsorbimento di O2 sul carbone (equazione (5)), è un processo molto lento a basse temperature
(Essenhigh, 1981); quindi, per la gasificazione del carbone attivo nell'intervallo di temperature
325-375°C sembra ragionevole supporre k1 « k2. Con questa approssimazione, l'equazione (11)
diventa:
TOC
= exp(− k 2t )
TOC 0
(11a)
In questo intervallo di temperatura, la velocità di reazione è controllata dalla reattività intrinseca del
carbone e il processo prevalente è l'attacco diretto di O2 sui siti attivi liberi, che porta a una
gasificazione immediata (equazione (6)). Questo processo è caratterizzato da valori di ∆G≠ (circa
285 kJ mol-1 a 723 K) determinati essenzialmente da un ∆H≠ di 250 kJ mol-1, mentre, il contributo
di ∆S≠ è quasi nullo. Inoltre, questo valore di entalpia di attivazione è paragonabile a quello ottenuto
per la gasificazione del Saran char nell'intervallo di temperatura tra 450-550°C (Zona I): lo
spostamento a temperature più basse è dovuto alla diversa origine del carbone (Huang, 1997).
L'intervallo ottimale per il chemisorbimento dissociativo dell'ossigeno molecolare sulla superficie
del carbone (equazione (5)) è tra 400 e 500°C (Huang, 1997): quindi, per il sistema modello C-SiO2
nell'intervallo 375-600°C, sembra ragionevole introdurre nell'equazione (11) l'approssimazione k1 »
k2:
TOC
= exp(− k 3t )
TOC 0
(11b)
ovvero il rate-determining step è la diffusione superficiale dell'ossigeno adsorbito che ossida i
complessi ossigenati. Nell'intervallo di temperatura 375-600°C, il ∆G≠ di 240 kJ mol-1 (a 723 K) è
determinato principalmente (89%) da valori di ∆S≠ molto negativi (- 0.295 kJ mol-1 K-1); il valore di
-1
-1
≠
∆H (27 kJ mol ) è compreso nell'intervallo di energie di attivazione 20 - 50 kJ mol , tipico per il
chemisorbimento di O2 sul carbone (Essenhigh, 1981).
In entrambi i casi si ottiene un'equazione del primo ordine, in accordo con i risultati sperimentali
(Lasagni, 1996); considerazioni sia termodinamiche che cinetiche indicano che, nell'intervallo 375600°C, il processo è sotto controllo diffusionale.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 15
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
La reattività del carbone nella miscela DF-BPh-C-SiO2 è in ottimo accordo con la reattività del
carbone nella miscela C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C.
Il confronto dei parametri di attivazione e termodinamici calcolati per i sistemi reali (tabelle 1A-1.9
e 1A-1.10) e quelli determinati per le miscele modello permette di ricavare ulteriori informazioni
sul meccanismo di reazione.
In accordo con l'equazione (11a), i parametri per C-SiO2 nell'intervallo 325-375°C devono essere
confrontati con quelli relativi a k2. Per FA2a e FA3 (comprese FA30 e FA3E), ∆H ≠2 † (60–65 kJ
mol-1) sono significativamente superiori mentre ∆S ≠2 (- 0.2 kJ K-1 mol-1) e ∆G ≠2 (220 kJ mol-1)
sono significativamente inferiori rispetto ai valori corrispondenti per FA1 e FA2b (rispettivamente,
25 kJ mol-1, - 0.3 kJ K-1 mol-1 e 235 kJ mol-1); inoltre, i contributi di ∆S ≠2 a ∆G ≠2 sono del 70% per
FA2a e FA3 e del 90% per FA1 e FA2b. In ogni caso, il comportamento del carbone nativo è
completamente differente rispetto a quello del carbone attivo nell'intervallo 325-375°C. Secondo la
teoria dello stato di transizione, l'energia libera di attivazione di una reazione che diventa catalizzata
decresce grazie a una stabilizzazione energetica: ∆G ≠2 = 220-235 kJ mol-1 e ∆H ≠2 = 25–65 kJ mol-1
devono essere confrontati con i corrispondenti valori per la reazione del sistema C-SiO2 (285 kJ
mol-1 and 250 kJ mol-1). Inoltre, lo stato di transizione più ordinato richiesto da una reazione
catalizzata porta a una entropia di attivazione più negativa (- 0.2 o - 0.3 kJ K-1mol-1) rispetto alla
reazione non catalizzata (0 kJ K-1mol-1 circa). Quindi, la gasificazione diretta del carbone nativo
(equazione 6) è una reazione catalizzata che, in accordo con il meccanismo proposto, può risultare,
ad esempio, dalle (8a) e (8b).
In accordo con l'equazione (11b), i parametri per C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C devono essere
confrontati con quelli relativi alle reazioni nelle equazioni (5) e (7). Per FA1 e FA2b, l'energia di
attivazione per il chemisorbimento di ossigeno (equazione (5)) è vicina a zero o negativa e piccola;
al contrario, per FA2a e FA3 è richiesta un'energia di attivazione. Per queste fly ash, ∆S 1≠ ( – 0.28
kJ K-1mol-1 circa), ∆H 1≠ (30 kJ mol-1 circa) e ∆G 1≠ (227 kJ mol-1) non sono significativamente
differenti, con un contributo di ∆S 1≠ a ∆G 1≠ del 90% circa.
Le differenze nel comportamento tra i diversi campioni di fly ash possono essere spiegate
ricordando che le fly ash sono una matrice estremamente eterogenea. Inoltre, differenze tra le
strutture di carbone nativo possono a loro volta portare a differenze tra le strutture dei complessi
C(O) formati in seguito al chemisorbimento. In effetti, l'evidenza sperimentale indica che i calori di
adsorbimento per diversi siti superficiali differiscono per due o più ordini di grandezza (Ismail,
1989). Considerando la superficie di enegia potenziale che descrive il chemisorbimento (Thomas,
1967), l'energia di attivazione dipende dall'altezza del punto di intersezione (figura 1A-1.3) tra la
curva P (curva di energia potenziale dell'adsorbimento fisico di ossigeno molecolare) e la curva C
(chemisorbimento di ossigeno atomico sulla superficie delle fly ash). L'altezza del punto di
intersezione è determinata dalla forma delle curve di energia potenziale, ovvero dalle proprietà
superficiali. Per esempio, siti differenti presentano valori differenti per i livelli di energia P, C e M
così come diverse pendenze della curva C. È possibile che il punto di intersezione cada al di sotto
del livello zero di energia; in questo caso, il chemisorbimento di ossigeno sui siti attivi non è un
processo attivato. Quindi il basso valore di Ea1 per FA1 e FA2b può essere il risultato sia di uno
step catalizzato sia di un meccanismo più complesso che coinvolge un certo numero di stadi
elementari.
Per quanto riguarda l'ossidazione dei complessi C(O) (equazione (7)), i parametri di attivazione e
†
I pedici 1, 2, e 3 indicano le proprietà relative alle costanti cinetiche k1, k2, and k3 ovvero alle reazioni nelle
equazioni 5, 6, e 7.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 16
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
TOC (ppm)
termodinamici calcolati dai valori di k3 non sono significativamente differenti per tutte le fly ash a
eccezione di FA2b; il valore medio di ∆G ≠3 è 248 kJ mol-1, con un contributo di ∆S≠ dello 85%
(∆S ≠3 = - 0.29 kJ K-1mol-1 e ∆H ≠3 = 37 kJ mol-1). Questi valori sono praticamente coincidenti con
quelli determinati per il sistema C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C e quelli relativi al carbone attivo
nella miscela DF-BPh-C-SiO2 (240 e 242 kJ mol-1; - 0.285 e - 0.29 kJ K-1 mol-1; 27 e 35 kJ mol-1,
rispettivamente). Inoltre il rapporto tra kc (la costante cinetica per C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C)
e ki (la costante cinetica per il carbone nella miscela DF-BPh-C-SiO2) o k3 sono simili. Quindi
sembra ragionevole concludere che la reazione chimica descritta dall'equazione (7) è la stessa per i
sistemi modello e per le fly ash e, quindi, avviene con lo stesso meccanismo non catalizzato.
Concludendo, i risultati indicano che la conversione di carbone nativo nelle fly ash a CO2 è il
risultato di due processi che avvengono simultaneamente sulla superficie delle fly ash: il
chemisorbimento dissociativo di ossigeno seguito dalla gasificazione non catalizzata dei complessi
intermedi (equazioni 5 e 7) e il trasferimento di ossigeno da un ossido metallico a un sito attivo
libero del carbone che porta a una gasificazione catalizzata. Poiché il valore di ∆G ≠2 si abbassa,
sulle fly ash le due reazioni diventano simultanee; il meccanismo globale dipende quindi dalle
interazioni tra il carbone nativo e la superficie delle fly ash.
8000
6000
4000
T = 250°C
TOC exp
C
C(O)
TOC calc
2000
0
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
t (min)
TOC (ppm)
8000
6000
4000
T = 600°C
TOCexp
C
C(O)
TOCcalc
2000
0
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
t (min)
Figura 1A-1.1 - Valori sperimentali e calcolati di TOC in funzione del tempo di C e C(O) a 250 e
600°C per FA2b
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 17
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
C(O) (ppmC)
8000
7000
250°C
6000
300°C
350°C
5000
4000
400°C
3000
450°C
2000
1000
500°C
600°C
0
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
t (min)
Figura 1A-1.2 - Dipendenza della concentrazione di C(O) in funzione del tempo e della
temperatura.
C
∆ Potential energy
2S + 2O
E a adsorption
2 S + O2
P
E a desorption
Heat of
desorption
of O 2 on S
Heat of
adsorption
of O on S
M
E2 S-O
Distance from surface to adsorbed species
(reaction coordinate)
Figura 1A-1.3 - Profilo dell' energia potenziale per l'adsorbimento di ossigeno.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 18
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
3.1.2 Fase 1-A2
Scopo di questa parte del lavoro è lo studio del comportamento cinetico di miscele modello
dibenzofurano (DF)-silice (SiO2) e carbone attivo (C)-SiO2 in flusso di gas, al variare di alcuni
parametri sperimentali.
3.1.2.1 Miscele dibenzofurano-silice
Per quanto riguarda la miscela DF-SiO2, i parametri presi in considerazione sono:
1. Metodologia di preparazione della miscela: impregnazione e miscelamento meccanico.
2. Granulometria della silice: 230-400 e 36-60 mesh.
3. Concentrazione iniziale di reagente: 100-2000 ppm di carbonio organico totale.
4. Temperatura di reazione: 65-175°C.
5. Atmosfera di reazione: aria e azoto.
6. Portata volumetrica: 25, 100 e 175 ml/min.
Metodologia sperimentale. I campioni di DF-SiO2 con elevata concentrazione di reagente (TOC >
800 ppm) sono stati preparati per miscelamento meccanico, pesando una quantità nota del composto
puro e miscelandola, in una centrifuga a sfere, con 20 g di silice; la centrifuga a sfere è munita di
una coppa di acciaio del volume di 50 ml, all’interno della quale erano poste cinque biglie di agata,
tre di diametro pari a 10 mm e due di diametro pari a 20 mm; la velocità di rotazione era di
80 giri/min, con un tempo di operazione di 30 minuti.
I campioni a bassa concentrazione di reagente (TOC ≅ 100 ppm) sono stati preparati sia con
miscelamento meccanico sia per impregnazione. È stata preparata inizialmente una miscela a
2000 ppm di DF, miscelando 46.4 mg di DF con 20 g di silice; successivamente, 1 g di miscela a
2000 ppm è stato miscelato meccanicamente con 19 g di silice, per ottenere una miscela omogenea a
100 ppm. I campioni preparati per impregnazione sono stati ottenuti miscelando in un pallone 25 g di
silice e 0.0025 g di DF con 20 mL di n-pentano. La miscela è stata sottoposta a mescolamento
meccanico per un’ora; il solvente è stato quindi allontanato mediante evaporatore rotante,
immergendo il pallone in un bagno ad acqua riscaldato alla temperatura di 45°C; successivamente,
ripristinata la pressione atmosferica, il residuo è stato lasciato sotto rotazione per quattro ore.
Per le prove cinetiche in flusso è stato utilizzato un impianto pilota composto da un forno orizzontale,
un reattore tubolare di quarzo di diametro 5 mm, un’unità di controllo/lettura dei flussi e due
gorgogliatori. I tempi di reazione erano compresi tra 15 minuti e 30 ore. Il reattore veniva caricato con
0.9 g di miscela, ottenendo un riempimento di 60 mm di altezza circa, in modo da operare in assenza
di cammini preferenziali. L’unico prodotto era il DF desorbito dalla miscela, che veniva trasportato
dal flusso di gas ed era assorbito nei gorgogliatori contenenti cicloesano. Per le miscele con bassa
concentrazione di DF (100 ppm), sia il DF presente nei gorgogliatori, DFdes, che quello rimasto sulla
miscela dopo estrazione con cicloesano per 90 minuti, DFest sono stati quantificati mediante GC-MSD
Per le miscele con alta concentrazione di DF (800-2000 ppm), la quantificazione del reagente
residuo, DFest, è stata effettuata come contenuto di TOC direttamente sulla miscela di reazione.
Cinetiche. Per tutte le serie di prove, le variazioni di DFdes e di DFest in funzione del tempo mostrano
un andamento cinetico del primo ordine. Mediante regressione univariata sono state calcolate le
costanti kR, costante di velocità relativa alla scomparsa del reagente, e kP, costante di velocità relativa
alla formazione del prodotto. I parametri cinetici ottenuti dallo studio della formazione del prodotto,
kP, e della scomparsa del reagente, kR, sono praticamente coincidenti. Per alcune prove condotte alle
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 19
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
temperature più basse su miscele a bassa concentrazione di DF, non è stato però possibile
determinare la costante kR, poiché l’eventuale variazione di DFest nell’intervallo di tempi studiato
risultava dello stesso ordine di grandezza dell’errore sperimentale nell’estrazione e dei limiti di
rilevabilità del metodo analitico e non era quindi quantificabile. Questo fatto è coerente con il
valore estremamente basso di kp, dell’ordine di 10-5-10-6, determinato per le stesse prove.
Sulla miscela preparata per miscelamento meccanico sono stati determinati solo i valori di kP.
Per questi motivi, nella discussione verranno commentati solo i valori di kP.
I valori calcolati delle costanti cinetiche, kP e kR, sono stati elaborati secondo le equazioni di
Arrhenius ed Eyring per ottenere i parametri di attivazione e termodinamici. Per tutte le serie di prove,
il grafico di Arrhenius ha un andamento lineare.
Risultati e conclusioni. I risultati ottenuti nelle prove effettuate in condizioni sperimentali
differenti sono stati confrontati mediante test statistici (al 95% di confidenza) effettuati sia sui valori
delle costanti cinetiche determinate alla medesima temperatura che sui valori dei parametri
energetici e termodinamici.
I parametri energetici e termodinamici calcolati dai valori di kP non sono significativamente
differenti tra loro (Tab. 1A-2.1), indicando che la modalità di preparazione della miscela non
influenza il comportamento cinetico. Per quanto riguarda l’effetto dell’ambiente di reazione, si
ottengono risultati equivalenti in atmosfera di azoto e di aria. Le costanti cinetiche ottenute in due
prove condotte a 130°C non sono risultate significativamente differenti (kP = 1.13 ± 0.06 in azoto e
kP = 1.2 ± 0.2 in aria).
I risultati ottenuti nelle prove in funzione della portata di azoto, con SiO 2 a 230-400 mesh, condotte
a 130 e 175°C (Tab. 1A-2.2), mostrano che, in ambedue i casi, le costanti cinetiche aumentano in
modo lineare all’aumentare della portata. I parametri della retta:
kP = a + bQ
dove Q è la portata di azoto in mL/min, insieme ai coefficienti di determinazione, sono riportati in
Tab. 1A-2.2. Anche con SiO 2 a 35-65 mesh (particelle più grandi) si osserva un comportamento
analogo (Tab. 1A-2.4). Anche se si dispone di due soli punti sperimentali, i valori dei parametri
della retta sono molto simili a quelli per la SiO 2 a 250-400 mesh sia a 130°C (a = -0.39 10-3; b =3.4
10-5) sia a 175°C (a = 8.3 10-3; b = 11 10-5).
È stata condotta una serie di prove su una miscela a 2000 ppm, aumentando la quantità di miscela
introdotta nel reattore in modo proporzionale alla portata, in modo da mantenere costante il tempo
di contatto. I risultati ottenuti a partire da 1.575 g di miscela a 2000 ppm, e operando con una
portata di 175 mL/min, sono stati confrontati con quelli ottenuti da 0.9 g della stessa miscela, con
una portata di 100 mL/min: le costanti cinetiche e i parametri energetici e di attivazione non
risultano significativamente diversi (Tab. 1A-2.3). Poiché il meccanismo della reazione non dipende
dalla portata, sembra possibile escludere che la reazione sia sotto controllo diffusionale esterno.
Per valutare l’influenza delle caratteristiche del supporto, sono state condotte delle prove con due
tipi di silice differenti per granulometria, volume specifico dei pori, grade e lotto di appartenenza, e
aventi uguale area superficiale e diametro dei pori.
A parità di portata, le costanti cinetiche per la SiO2 a 230-400 mesh (particelle più piccole) risultano
mediamente doppie rispetto a quelle per la SiO 2 a 35-65 mesh (con un’eccezione) (Tab. 1A-2.4). I
parametri di attivazione e termodinamici (Tab. 1A-2.4) indicano che, all’aumentare della portata,
l’entalpia di attivazione diminuisce e l’entropia di attivazione diventa più negativa.
In generale, i valori delle energie di attivazione calcolati nelle diverse condizioni sperimentali (Tab.
1A-2.1, 1A-2.3 e 1A-2.4) sembrano abbastanza elevati da permettere di escludere che lo stadio
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 20
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
determinante sia il regime diffusionale esterno, caratterizzato da valori di Ea significativamente
minori.
I parametri di attivazione e termodinamici sono stati confrontati con quelli ottenuti nella
sperimentazione in batch (Ea =100 kJ/mol nell’intervallo 50-75°C; Ea =25 kJ/mol nell’intervallo 75200°C). Come evidenziato in Fig. 1A-2.1, le energie di attivazione calcolate per le prove in flusso
risultano confrontabili con quella ottenuta nello studio condotto in batch nell’intervallo di
temperatura più basso (50-75°C). Per questo intervallo di temperatura era stato ipotizzato uno stadio
determinante dovuto al processo di desorbimento del DF dalla superficie del supporto.
L’insieme dei risultati ottenuti ha quindi permesso di identificare lo stadio determinante della
reazione in flusso: la dipendenza delle costanti di velocità dalla portata e dalle caratteristiche del
supporto e i valori dei parametri di attivazione e termodinamici ottenuti in tutte le prove sembrano
indicare che, nell’intervallo di temperatura considerato (65-175°C), lo stadio determinante sia il
processo di desorbimento del DF dalla superficie del supporto.
Nelle prove in flusso, il desorbimento avviene sempre sotto controllo chimico. Nelle prove in batch,
il processo ha un doppio controllo: chimico alle temperature più basse, diffusionale alle temperature
più alte.
Nelle prove in flusso scompare quindi la dipendenza della costante di velocità dalla
controdiffusione del DF desorbito attraverso gli spazi interstiziali del supporto.
Tab. 1A-2.1 - Prove effettuate con due modalità di preparazione della miscela (TOC0 100 ppm, 230400 mesh, 100 mL/min N2.
10-3 kP (min-1)
T (°C)
Impregnazione
Meccanica
65
0.0059 ± 0.0005
80
0.016 ± 0.004
100
0.06 ± 0.01
115
0.57 ± 0.03
130
1.13 ± 0.06
0.60 ± 0.05
150
5.8 ± 0.6
170
3.4 ± 0.3
175
12 ± 1
Ea (kJ/mol)
∆H≠ (kJ/mol)
∆S≠ (kJ/mol K)
∆G≠ (kJ/mol) a 75°C
90 ± 4
86 ± 5
-(0.12 ± 0.01)
129 ± 7
79 ± 4
76 ± 4
-(0.16 ± 0.01)
130 ± 6
Tab. 1A-2.2 - Prove effettuate al variare della portata (TOC0 100 ppm, 230-400 mesh).
Q (mL/min N2)
130°C
175°C
-3
-1
10 kP (min )
25
0.98 ± 0.07
5.6 ± 0.4
100
1.13 ± 0.06
12 ± 1
175
5.4 ± 0.7
19.9 ± 0.3
a
b
R2
Rapporto scientifico finale
-(0.4 ± 2) 10-3
(3 ± 2) 10-5
0.777
(3.0 ± 0.6) 10-3
(9.5 ± 0.6) 10-5
0.997
Linea 1 - 21
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1A-2.3 - Prove in flusso di N2 con tempo di residenza costante (TOC0=2000 ppm, 230-400
mesh).
T (°C)
80
115
130
175
0.9 g, 100 mL/min
10-3 kR (min-1)
0.16 ± 0.01
2.1 ± 0.3
4.7 ± 0.5
56 ± 6
1.575 g, 175 mL/min
0.14 ± 0.02
2.5 ± 0.3
6.1 ± 0.3
66 ± 9
Ea (kJ/mol)
∆H≠ (kJ/mol)
∆S≠ (kJ/mol K)
∆G≠ (kJ/mol) a 75°C
80 ± 3
80 ± 1
-(0.132 ± 0.003)
124 ± 2
78.7 ± 0.6
82 ± 4
-(0.121 ± 0.009)
123 ± 5
Tab. 1A-2.4 - Prove effettuate in flusso di N2 con due tipi di silice a granulometria differente
(TOC0=100 ppm).
T (°C)
65
115
130
150
175
230-400 mesh
25 mL/min
10-3 kP (min-1)
100 mL/min
0.98 ± 0.07
0.0059 ± 0.0005
0.57 ± 0.03
1.13 ± 0.06
5.8 ± 0.6
12 ± 1
5.6 ± 0.4
Ea (kJ/mol)
∆H≠ (kJ/mol)
∆S≠ (kJ/mol
K)
∆G≠ (kJ/mol)*
* Valori calcolati a 75°C
Rapporto scientifico finale
35-60 mesh
25 mL/min
100 mL/min
0.22 ± 0.03
0.46 ± 0.03
0.94 ± 0.07
3.0 ± 0.1
11 ± 1
19 ± 2
90 ± 4
86 ± 5
-(0.12 ± 0.01)
96 ± 9
93 ± 9
-(0.11 ± 0.02)
70 ± 8
67 ± 8
-(0.17 ± 0.02)
129 ± 7
132 ± 12
124 ± 11
Linea 1 - 22
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 1A-2.1 - Confronto con i risultati ottenuti in batch.
TOC0 (ppm)
100
100
2000
2000
100
100
preparazione
impregnazione
meccanica
meccanica
meccanica
impregnazione
impregnazione
mesh
230-400
230-400
230-400
230-400
35-60
35-60
mL/min N2
100
100
100
175
25
100
2000
meccanica
230-400
batch
230
130
60 °C
0
-1
ln (k/min )
-2
-4
-6
-8
-10
-12
-14
0.002
0.0025
0.003
-1
1/T (K )
3.1.2.2 Miscele carbone attivo-silice
A partire dallo studio in flusso, descritto nei paragrafi precedenti, è stato messo a punto un impianto
pilota su scala di laboratorio per lo studio dei processi di combustione in flusso. Questo studio
comporta la determinazione quantitativa della CO2 e dei prodotti di combustione incompleta.
La prima fase del lavoro ha comportato l’assemblaggio dei componenti, il collaudo dell’impianto, la
scelta delle migliori condizioni sperimentali e la messa a punto dell'analisi su una miscela modello
carbone attivo-gel di silice.
Apparato sperimentale. Il dispositivo sperimentale con il quale sono state condotte le prove è
schematizzato in figura 1A-2.2.
L’impianto è costituito da:
Flussimetri. Il flusso di gas viene misurato mediante tre misuratori/regolatori di flusso (MKS Flow
Meter/Controller mod. 2259C), uno per ciascun tipo di gas (azoto, ossigeno, aria). Questi
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 23
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
flussimetri sono connessi a un modulo elettronico di controllo (MKS Multi Gas Controller mod.
647b).
Fornetto. Il forno (Heraeus, serie RO), è una camera termostatica nella quale è inserito un tubo di
refrattario che agisce da supporto per il reattore e costituisce un’ulteriore protezione contro le
perdite di calore. Il forno è equipaggiato con due termocoppie (NiCr-Ni) inserite in un tubo di
protezione posto in prossimità dell’elemento riscaldante. Il tempo richiesto per equilibrare il forno
alla temperatura massima di 1100°C è di circa 40 minuti.
Unità di controllo della temperatura. L’unità di controllo della temperatura (Heraeus, Thermicon
P) è connessa al forno e permette il controllo elettronico della temperatura e di impostare
programmate di temperatura con più rampe. La differenza di temperatura tra l’interno del forno e la
temperatura impostata è di circa 6-7°C.
Reattore di quarzo. Il reattore, dal diametro interno di 5 mm, è inserito nel forno in guide refrattarie.
Gascromatografo. Il gascromatografo utilizzato è il modello 5890 serie II della Hewlett Packard.
Per la registrazione e l’integrazione dei cromatogrammi, è stato utilizzato un integratore (Hewlett
Pakard 3396 serie III) opportunamente programmato.
La temperatura del detector è stata impostata a 200°C. Come gas di trasporto viene utilizzato elio
extrapuro (SIAD).
Colonne. Sono stati utilizzati due tipi di colonne, una Porapak Q (183 cm x 1/8”; 80-100 Mesh) e
una Molecular Sieve (122 cm x 1/8”; 45-60 Mesh).
Regolazione delle valvole. È stato utilizzato un sistema a tre valvole e due colonne montate in serie,
il cui schema è riportato in Fig. 1A-2.3.
La prima valvola (valvola 1) è una valvola campionatrice rotativa che permette di riempire con il
campione un tubo calibrato chiamato “loop”. La seconda (valvola 2), se posta nella posizione OFF,
porta il flusso all’esterno del gascromatografo, senza che questo passi attraverso le colonne. La
valvola posta nella posizione ON, ruota facendo passare il flusso da analizzare all’interno della
prima colonna (Porapak Q). La terza (valvola 3) può invece inviare alternativamente il campione
gassoso nella seconda colonna (Molecular Sieve), se posta in posizione OFF, o direttamente al
rivelatore se posta nella posizione ON.
L’uso delle tre valvole pneumatiche ha permesso di eseguire l’analisi nel seguente modo.
La valvola 1 viene sempre tenuta in posizione OFF. La valvola 2, inizialmente in OFF, consente di
campionare il flusso gassoso all’interno del loop (che ha un volume di 1 cm3); successivamente,
passa dalla posizione OFF alla posizione ON, permettendo così al gas di trasporto di inviare il
campione nella prima colonna. Nella colonna Porapak Q viene trattenuta la CO2, mentre i gas con
peso molecolare minore (CO, N2 e O2) vengono intrappolate nella seconda colonna convertendo la
valvola 3 dalla posizione OFF alla posizione ON. Contemporaneamente, la CO2 viene eluita e
trasportata al rivelatore.
Si noti che, se la valvola 3 viene convertita nella posizione ON troppo tardi, la CO non viene
intrappolata e viene eluita insieme alla CO2. Se invece questa valvola viene tenuta nella posizione
OFF troppo a lungo, anche la CO2 passa attraverso la seconda colonna, saturandola.
Dopo aver atteso il tempo necessario affinché questa eluizione possa considerarsi completa, si
riporta la valvola 3 nella posizione OFF, permettendo così l’eluizione della CO, dell’N2 e dell’O2.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 24
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Di seguito sono riassunti i tempi di apertura e chiusura delle valvole (espressi in minuti e centesimi
di minuto).
Valvola
Valvola 1
Valvola 2
Valvola 2
Valvola 3
Valvola 3
Posizione della
valvola
OFF
OFF
ON
ON
OFF
Tempo (min)
0.00
0.00
0.10
1.30
3.00
Detectors . Per rilevare la quantità di CO e CO2 formatasi durante il processo di combustione viene
utilizzato un detector a conducibilità termica o TCD. La minima quantità rilevabile è di circa 10-9
ng.
L’analisi qualitativa delle soluzioni contenenti gli eventuali composti organici, assorbiti in solvente
organico, viene effettuata utilizzando un gascromatografo (5890 della Hewlett Packard)
interfacciato con un quadrupolo (5970 MSD della Hewlett Packard).
Figura 1A-2.2 - Schema dell’impianto
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 25
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Figura 1A-2.3 - a) Schema generale del sistema a tre valvole.
Figura 1A-2.3 - b) Schema relativo all’apertura e chiusura delle valvole.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 26
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Prove preliminari. Lo studio del processo di gasificazione è stato condotto in diverse condizioni di
temperatura e di flusso su miscele modello costituite da carbonio attivo supportato su gel di silice.
Sono state utilizzati i seguenti materiali:
Gel di silice, grade 9385, diametro dei pori 60Å, area superficiale 465 m2/g, volume dei pori 1.65
cm3, 230-400 Mesh ASTM, Merck (ALDRICH).
Carbone attivo, puro, Darco G60, 100 Mesh (ALDRICH).
Le miscele (4000 ppm di carbonio) sono state preparate per miscelamento meccanico. Per effetto
della macinazione, il gel di silice subisce delle modifiche fisiche: rimangono costanti il diametro dei
pori (60 Å) e l’area superficiale (464 m2/g), aumenta il volume dei pori (2.41 cm 3/g, probabilmente,
anche le Mesh).
METODOLOGIA SPERIMENTALE. Sono state preparate due miscele modello carbone attivo - gel di
silice, seguendo la procedura descritta precedentemente. In ciascuna prova, il reattore, (∅=5 mm),
era caricato con 0.9 g di miscela, ottenendo un riempimento cilindrico di circa 60 mm di altezza.
Queste dimensioni dovrebbero permettere di operare in assenza di cammini preferenziali. Per
bloccare le particelle all’interno del tubo di reazione, era posta della lana di quarzo alle due
estremità del riempimento.
È da notare che sia il flussimetro sia il gascromatografo richiedono un tempo di circa quaranta
minuti per la stabilizzazione.
Per eseguire le prove sperimentali, si è operato nel modo seguente:
1) Il reattore, caricato con la miscela, viene posto all’interno del fornetto che si trova alla
temperatura prestabilita. La temperatura all’interno del reattore, misurata con una termocoppia, era
di circa 15-16°C più bassa rispetto alla temperatura impostata.
2) Si fa passare il flusso all’interno del reattore: questo istante viene considerato come tempo di
inizio cinetica (tempo zero).
3) Si attende un tempo variabile da 3 a 5 minuti in modo da consentire al reattore di quarzo di
raggiungere la temperatura impostata; si preme quindi lo START del gascromatografo, dando il via
all’analisi.
4) Ciascun campione del gas di combustione, prelevato dal loop, richiede un tempo d’analisi di 7
min: questo è il tempo necessario per l’eluizione di CO2, CO, N2 e O2 secondo l’impostazione delle
valvole descritta precedentemente.
Tra un campionamento (con relativo tempo di analisi) e quello successivo si attendono trenta
secondi; ciascun campionamento corrisponde a un punto sperimentale.
5) Si assume che una cinetica sia conclusa quando non si osserva più un valore significativo
dell’area dei picchi di CO2 e CO.
PROVE DI RIPRODUCIBILITÀ. Uno dei problemi che si è presentato durante lo svolgimento delle
prime prove sperimentali era la bassa riproducibilità dei risultati: pur conducendo le prove nelle
stesse condizioni sperimentali, si ottenevano valori non riproducibili. L’attenzione è stata quindi
focalizzata sui possibili fattori che possono influenzare la riproducibilità delle prove.
La conclusione è che la non riproducibilità dei valori sperimentali è probabilmente legata ai
seguenti fattori:
- contaminazione dovuta al CO e alla CO2 presenti nell’aria
- grado di compattazione della miscela contenuta nel reattore.
La prima fonte di errore è stata eliminata introducendo una fase di spurgo del tubo di reazione con
un flusso costante di azoto pari a 50 mL/min.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 27
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Prima dell’inizio di ciascuna cinetica, il reattore di quarzo viene collegato al flussimetro e si lascia
fluire l’azoto per 15 minuti. Questa operazione viene condotta a temperatura ambiente. Passati 15
minuti, si apre la valvola a destra del reattore e lo si pone nel fornetto già termostatato: durante
questa operazione, l’azoto continua a fluire all’interno del tubo in modo da evitare che l’aria venga
a contatto con la miscela. A questo punto si sostituisce il flusso di azoto con il flusso del gas di
reazione, operando la conversione del canale dal pannello di controllo del flussimetro.
Riassumendo, le fasi essenziali per lo spurgo del tubo, sono:
1) Si fa passare il flusso di azoto a 50 mL/min per circa 15 minuti all’interno del reattore che si
trova a temperatura ambiente.
2) Si introduce il reattore nel fornetto senza interrompere il flusso.
3) Si inserisce il flusso d’azoto con il flusso del gas di reazione operando la conversione del canale
dal pannello di controllo del flussimetro.
Per valutare un possibile procedimento alternativo a quello sopra descritto, il flusso di azoto viene
alimentato all’interno del reattore termostatato. Tuttavia, in alcune prove preliminari, è stata
osservata la formazione di picchi della CO2; si è concluso che l’ossigeno dell’aria intrappolato
all’interno del reattore reagisce con il carbone della miscela che non si trova a temperatura ambiente
con conseguente diminuzione del TOC del campione solido ancor prima che abbia inizio l’analisi.
Di conseguenza si è preferito utilizzare il primo metodo.
Per quanto riguarda la seconda possibile fonte di errore, tanto più è compatta la miscela contenuta
all’interno del reattore, tanto maggiore è la resistenza offerta al passaggio del flusso. Di
conseguenza, una minor quantità di gas giunge al rivelatore del detector e i valori di area di CO2 e
di CO risultano più bassi. Per ridurre questo errore, è necessario non compattare la miscela e non
comprimere eccessivamente la lana di quarzo.
PROVE PER LA DETERMINAZIONE DI COMPOSTI ORGANICI. È stata valutata l'eventuale presenza di
composti organici nel gas di reazione.
In nessun caso è stata osservata la presenza di alcun picco significativo. Si può concludere che la
combustione della miscela non provoca la formazione quantità significative di composti organici; le
condizioni adottate non consentono l’analisi di composti in tracce.
PROVE CINETICHE PRELIMINARI. Per ottimizzare i parametri operativi, è stata condotta una serie di
prove preliminari nella quale è stata mantenuta costante la concentrazione della miscela e sono stati
variati i seguenti parametri:
1. Atmosfera di reazione (azoto, aria, ossigeno, miscela N2-O2 in difetto di ossigeno rispetto
all’aria).
2. Flusso (50 mL/min e 100 mL/min).
3. Temperatura (da 350°C a 650°C).
1a. Prove in flusso d’azoto
Una prima serie di prove è stata condotta in flusso d’azoto.
L’azoto è il più comune diluente presente in un sistema di combustione; se non si raggiungono
temperature eccessivamente elevate, l’azoto non partecipa alla reazione.
In effetti, in una serie di prove nelle quali è stato variato il flusso (50 e 100 mL/min) e la
temperatura (350°C, 450°C e 600°C), non è stata osservata la formazione di alcun picco
significativo.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 28
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
1b. Prove in flusso di aria
Inizialmente, in prove condotte a temperatura ambiente, si è verificato, mediante analisi
gascromatografica, che l’aria sintetica utilizzata non contenesse quantità rilevabili di CO2 e di CO.
Sono state successivamente condotte alcune prove alla temperatura di 350°C: durante i primi minuti
di analisi sono stati osservati picchi significativi di CO2 mentre non è stato rilevato alcun picco
relativo al CO. Ponendo in ordinate il valore dell’area della CO2 calcolata dall’integratore e in
ascisse il tempo, è stato osservato un andamento decrescente nel tempo.
Per verificare che la formazione di CO2 fosse effettivamente dovuta alla combustione della miscela,
è stata effettuata una cinetica di 8 ore utilizzando un flusso di 50 mL/min. Al termine della prova, è
stato misurato il TOC della miscela rilevando una diminuzione di circa 1000 ppm rispetto al TOC
iniziale (resa del 35% circa).
Si è giunti alla conclusione che, a questa temperatura, il processo di combustione è molto lento;
probabilmente, le quantità istantanee che giungono al detector durante lo svolgimento della cinetica
sono così piccole da non essere rilevate dallo strumento.
Sono state quindi effettuate prove cinetiche alla temperatura di 450°: è stato osservato sia il picco
relativo alla CO2, sia il picco relativo al CO. La cinetica è stata condotta per 8 ore. Anche in questo
caso, alla fine della reazione è stato misurato il TOC della miscela residua, rilevando una
diminuzione di circa 2000 ppm (resa del 70% circa).
1c. Prove in flusso di ossigeno puro
Queste prove sono state condotte per acquisire dati preliminari sull’andamento di reattività in
presenza di ossigeno puro. La serie di prove cinetiche in flusso di ossigeno è stata effettuata alla
temperatura di 550°C con un flusso di 50 mL/min e di 100 mL/min.
In queste condizioni, i valori delle aree di CO2 e CO aumentano sensibilmente in confronto a quelli
delle prove condotte nelle stesse condizioni sperimentali ma in flusso d’aria. Inoltre, è stato
osservata anche una diminuzione del tempo necessario per il completamento della reazione.
1d. Prove in flusso di una miscela N 2-O2 con difetto d’ossigeno rispetto all’aria
Per consolidare i risultati ottenuti dalle prove in flusso di aria e di ossigeno, sono state condotte
prove in atmosfera di N2-O2, in difetto di ossigeno rispetto all’aria. Anche in questo caso, sono state
utilizzati i due flussi di 50 e 100 mL/min. Con il primo flusso, la minima quantità d’ossigeno
misurabile con il flussimetro era di 2 mL/min; nel secondo caso, era di 4 mL/min. Le cinetiche sono
state condotte a 550°C.
Rispetto alle prove eseguite in aria è stato osservato un raddoppio del tempo necessario per il
completamento della reazione e una sensibile diminuzione del valore dell’area della CO2.
2.
Variazione della portata
I valori dell’area della CO2 ottenuti nelle prove con flusso totale di 50 mL/min sono risultati pari a
circa il doppio dei valori calcolati con un flusso totale di 100 mL/min.
Prove cinetiche preliminari sulla miscela C-SIO2.
RETTA DI TARATURA. Per convertire l’area del segnale gascromatografico in concentrazione
(espressa in ppmV), è stato necessario costruire due rette di taratura, una per la CO2 e una per il CO.
Nelle prove preliminari è stato osservato che i valori di area della CO2 variano da zero a circa
150000, mentre quelli del CO da zero a circa 10000. Per coprire questi intervalli, sono stati
utilizzati due miscele standard composte da CO e CO2 diluiti in azoto:
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 29
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
miscela 1
(ppm)
miscela 2
(ppm)
CO2
1970
8006
CO
520
4050
Le miscele gassose utilizzate sono state ottenute da ciascuna delle due miscele standard per ulteriore
diluizione con azoto. In tutti casi è stato utilizzato un flusso di 100 mL/min.
Le equazioni ottenute per la miscela 1 sono:
A(CO2) = (16.12 ± 0.79) [CO2] + (1152 ± 851)
R2=0.986
A(CO) = (14.15 ± 0.35) [CO] - (11.94 ± 100.65)
R2=0.996
Per la miscela 2, sono:
A(CO2) = (20.17 ± 1.27) [CO2] - (4526 ± 6151)
R2=0.984
A(CO) = (17.16 ± 1.05) [CO] - (1989 ± 2573)
R2=0.985
Sulla base di questi risultati, è stato possibile costruire un’unica retta per la CO2, utilizzando i valori
ottenuti per le due miscele; la retta ottenuta è:
160000
140000
Area CO 2
120000
100000
80000
60000
40000
20000
0
0
2000
4000
6000
8000
ppmV CO2
A(CO2) = (18.80 ± 0.19) [CO2] - (688 ± 609)
R2=0.999
Si osservi che per tutte le rette l’intercetta non è significativamente diversa da zero.
Di conseguenza, per i calcoli successivi sono state utilizzate le equazioni:
A(CO2) = (18.80 ± 0.19) [CO2], per CO2 e
A(CO) = (14.15 ± 0.35) [CO] per CO date le concentrazioni.
È stata studiata l’influenza del flusso e della temperatura sul processo di ossidazione del carbone
presente nella miscela modello carbone attivo-gel di silice.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 30
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Le prove sono state condotte con tre diversi flussi d’aria (50, 75 e 100 mL/min) e a tre diverse
temperature (500, 525 e 550°C): per ciascuna prova cinetica sono state costruite le curve di
formazione di CO e CO2, ponendo in ascisse il tempo (espresso in minuti) e in ordinate le aree dei
picchi gascromatografici calcolate dall’integratore.
Di seguito, sono riportate, a titolo di esempio, le “curve di formazione” della CO2 e del CO per le
prove 550°C e con un flusso di 100 mL/min.
120000
100000
Prova 1
Prova 2
Area CO2
80000
Prova 3
60000
40000
20000
0
0
10
20
30
40
50
60
70
t (min)
7000
6000
Prova 1
Prova 2
5000
Area CO
Prova 3
4000
3000
2000
1000
0
0
10
20
30
40
50
60
70
t (min)
FORMAZIONE DELLA CO2. Nelle prove condotte a 550°C e a 525°C si osserva una buona
riproducibilità dei punti sperimentali; la riproducibilità peggiora a 500°C, soprattutto con il flusso di
100 mL/min. È probabile che la reazione di combustione a questa temperatura sia lenta e che,
quindi, le quantità istantanee di CO2 e CO siano molto piccole: questo comporta una maggiore
variabilità dei dati sperimentali.
Un aumento di flusso determina una diminuzione delle aree della CO2 e quindi un “abbassamento”
del massimo delle “curve di formazione”. Il tempo necessario per il completamento della reazione
invece non cambia, e sembra quindi essere indipendente dal flusso.
L’abbassamento delle curve all’aumentare del flusso è legato alla variazione del “tempo di
contatto”. Infatti, il monossido di carbonio dovrebbe formarsi sulla superficie del carbone quando
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 31
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
questo entra in contatto con l’ossigeno. Successivamente, il monossido di carbonio potrebbe
collidere con altre molecole di O2, dando luogo alla CO2; la formazione del CO potrebbe essere
quindi legata al tempo di contatto tra il carbone e l’ossigeno. Aumentando il flusso, il tempo di
contatto diminuisce e si ottiene una minor quantità di CO2.
Alle temperature di 525°C e 550°C, i valori massimi di area nelle curve ottenute con i tre diversi
flussi cadono approssimativamente in corrispondenza dello stesso tempo. Questo indica che
l’aumento di flusso “abbassa” la curva di formazione di CO2 e CO ma lascia inalterato il tempo
relativo al valore massimo. Questa osservazione non può essere fatta per le prove a 500°C, data la
loro bassa riproducibilità.
A 550°C, il valore massimo si osserva dopo circa 10 minuti, mentre a 525°C, dopo circa 20 minuti:
un aumento di temperatura sposta il valore massimo dell’area verso tempi più brevi.
Si può concludere che il tempo necessario per il completamento della reazione è influenzato dalla
temperatura e non dal flusso; all’aumentare della temperatura, il tempo necessario per il
completamento della reazione diventa minore.
FORMAZIONE DI CO. Il valore dell’area di CO è sempre molto più piccolo rispetto a quello della
CO2 calcolato al tempo corrispondente. Inoltre, in tutte le condizioni sperimentali utilizzate, il
tempo necessario perché termini la reazione di formazione di CO è generalmente più breve rispetto
al tempo per la CO2. La riproducibilità della misura, e quindi l’andamento generale delle curve
sperimentali, sono peggiori rispetto alle curve della CO2: la causa è da ricercarsi nel fatto che i
valori istantanei di CO sono molto piccoli e, quindi, la loro misura è soggetta ad un errore
maggiore. Anche in questo caso, un aumento di temperatura a parità di flusso si traduce in un
aumento dei valori assoluti di CO e in una diminuzione del tempo necessario per il completamento
della reazione.
L’effetto della variazione del flusso non è invece molto chiaro perché le curve non sono molto
riproducibili; tuttavia, sembra confermata la tendenza osservata per la CO2.
BILANCIO DI MASSA: CALCOLO DELLE AREE SOTTESE DALLE CURVE DI FORMAZIONE DEI PRODOTTI.
Per calcolare la quantità di CO2 e CO che si forma durante ciascuna cinetica, è stato necessario
eseguire una serie di passaggi.
Sulla base dell’ipotesi che l’area sottesa dalle curve di formazione sia rappresentativa della quantità
totale di CO2 e di CO che si forma durante la cinetica, è stata ricercata l’equazione di una curva che
interpolasse bene i dati sperimentali, in modo da poterne poi calcolare l’integrale.
Dopo una serie di tentativi è stata scelta la seguente equazione:
A = (at2 + bt) exp (-ct)
con
(1A-2.1)
a, b, c = costanti
A = area della CO2 o del CO
t = tempo (min)
I valori delle aree di CO2 e CO sono state trasformati in valori di concentrazione (in ppmV)
utilizzando le relative rette di taratura. Dal valore del flusso, è possibile calcolare sia il volume di
aria cumulato ai vari tempi, durante l’intero processo cinetico, sia il volume di aria fluito tra una
analisi e quella successiva.
I valori sperimentali di CO2 e CO convertiti in termini di concentrazione, sono interpolati con la
funzione di equazione 1A-2.1:
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 32
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
[CO2] = (at2 + bt) exp(-ct)
[CO] = (at2 + bt) exp(-ct)
Combinando queste equazioni con la legge dei gas perfetti, si calcolano le µmol di CO2 e CO
formatesi a ciascun tempo t:
[(at 2 + bt) ⋅ exp( − ct)] ⋅ P ⋅ V
mmol(CO2 ) t =
R⋅T
2
[(at + bt) ⋅ exp( −ct )] ⋅ P ⋅ V
mmol(CO) t =
R⋅T
dove V è il volume di CO2, calcolato come prodotto tra il flusso reale (rispettivamente 0.050, 0.075
e 0.100 L/min) e l’intervallo di tempo fissato, per comodità, in 1 min (V = 0.050, 0.075 e 0.100 L);
P è la pressione atmosferica (P = 1atm); T è la temperatura del gas misurata in uscita dal
gascromatografo (T = 300 K); R è la costante universale dei gas (R = 0.082 atm L mol-1 K-1).
L'integrale delle µmoli che si sono formate, esteso a tutto il tempo necessario per il completamento
della reazione, fornisce il valore totale di µmoli di CO2.
Dal valore del TOC0 della miscela si ricava che le µmol di carbonio inizialmente presenti in 0.9 g di
miscela sono 223 ± 1.5 µmoli.
Nelle tabelle dalla 1A-2.5 alla 1A-2.8 sono riportate le quantità in µmoli di CO2 e CO per tutte le
prove e il bilancio di massa finale.
Tab. 1A-2.5 - Valori della quantità di CO2 (µmoli) formata nelle diverse prove.
T (°C)
Flusso (mL/min)
50
75
100
Rapporto scientifico finale
500
525
550
182.2
189.6
192.4
183.0
150.6
166.9
135.3
92.8
158.5
142.6
195.6
193.7
200.1
179.1
185.2
177.1
154.5
150.7
148.6
191.2
227.6
199.3
219.0
204.0
208.1
205.9
224.2
222.1
Linea 1 - 33
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1A-2.6 - Valori della quantità di CO (µmoli) formata nelle diverse prove.
T (°C)
Flusso (mL/min)
50
75
100
500
525
550
17.1
20.0
18.2
15.5
24.0
24.8
19.7
21.0
22.9
23.4
16
16.3
16.7
18.5
20.5
19
19.3
19.0
19.7
9.2
10.4
9.7
17.0
19.5
17.4
16.2
14.8
13.6
Tab. 1A-2.7 - Somma delle quantità di CO2 e CO (µmol) per le diverse prove cinetiche. La
concentrazione iniziale C iniz. =223 ± 1.5 µmol.
T (°C)
Flusso (ml/min)
50
75
100
500
525
550
199.3
209.6
210.6
198.5
174.6
191.7
155.0
113.8
181.4
166.0
211.6
210.0
216.8
197.6
205.7
196.1
173.8
169.7
168.3
200.4
238.0
209.0
236.0
223.5
225.5
222.1
239.0
235.7
Tab. 1A-2.8 - Bilancio di massa per le diverse prove cinetiche, espresso come resa percentuale
media della reazione; per ciascun valore, è riportata la relativa deviazione standard.
T (°C)
Flusso (mL/min)
50
75
100
Rapporto scientifico finale
500
525
550
96.60 ± 3.75
84.42 ± 5.52
69.00 ± 12.95
95.43 ± 0.06
89.60 ± 0.13
76.50 ± 1.25
96.77 ± 1.80
102.39 ± 0.20
104.02 ± 0.34
Linea 1 - 34
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Metodo per la conversione delle aree della CO 2 in valori di TOC. Infine, per confrontare i dati
ottenuti in flusso con quelli in batch, i valori sperimentali della concentrazione dei prodotti sono
stati convertiti in valori di scomparsa di reagente, in termini di TOC.
L’area sottesa dalla curva A(t) (per 0 < t < ∞), (ATOT), è proporzionale alla quantità totale di CO2
formata nella reazione che, a sua volta, è proporzionale al TOC0 della miscela. Sussiste la relazione
TOC0 ÷ ATOT =
∞
∫ Adt
0
dove t = ∞ è, in pratica, il tempo al quale non si osserva più formazione di CO2 e CO.
In modo analogo, per un qualsiasi tempo t, posto
At =
∞
∫ Adt
0
dove At è l’area cumulata (proporzionale alla CO2 formata) al tempo t, sussiste la relazione
TOCt ÷ ATOT - At
dove TOCt è il TOC della miscela al tempo t.
Si ricava quindi la relazione:
ATOT : (ATOT - At) = TOC0 : TOCt
si può quindi scrivere:
TOCt =
A TOT − A t
⋅ TOC 0
A TOT
I dati così ottenuti sono stati fittati con la funzione utilizzata per i sistemi in batch.
Per poter validare il meccanismo proposto in batch e per poter ottenere informazioni utili alla
trasferibilità su un impianto reale, verrà effettuata una sperimentazione in flusso utilizzando
campioni di fly ash.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 35
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
3.2 Tema 1-B: caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori
Obiettivo di questa parte del lavoro di ricerca è la caratterizzazione delle fly ash come potenziali
catalizzatori delle reazioni di formazione e distruzione dei composti organici, anche attraverso la
determinazione della speciazione degli elementi presenti.
Gli studi condotti si possono suddividere in 3 serie di prove:
1. Studio delle principali reazioni di degradazione termica del carbonio presente su fly ash mediante
accoppiamento FTIR-TGA (Spettroscopia Infrarossa in Trasformata di Fourier - Analisi
Termogravimetrica).
2. Caratterizzazione Raman della morfologia del carbone presente su fly ash e delle differenti
tipologie di carbone utilizzate negli studi cinetici.
3. Caratterizzazione analitica delle fly ash.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con il prof. F. Cariati, Dipartimento di Chimica
Generale, Inorganica e Metallorganica dell’Università degli Studi di Milano.
3.2.1 Analisi FT-IR/TGA
Per effettuare questa serie di prove e per poter usufruire in futuro di un utile strumento di
investigazione di processi termici, è stato messo a punto un sistema accoppiato FTIR/TGA.
Gli spettri infrarossi sono acquisiti in maniera automatica, utilizzando il programma Internal Analysis:
programmando un tempo totale di misura e un intervallo di tempo tra le successive serie di accumuli, è
possibile acquisire in maniera continua un numero elevato di spettri.
Le prove possono essere condotte nel dominio del tempo o delle frequenze: i) scegliendo una
determinata frequenza è possibile ottenere la curva di evoluzione nel tempo della specie gassosa che
ha il massimo di assorbimento a quella frequenza; ii) scegliendo un determinato tempo o una
determinata temperatura è possibile monitorare le specie gassose che si formano.
Le analisi FTIR-TGA sono state condotte in aria, nell’intervallo di temperatura 20°-700°C, su uno dei
campioni di fly ash (FA3 in Fase 1-A1), su 3 frazioni di diversa granulometria del campione FA3 e su
diverse miscele modello.
Le frazioni del campione FA3 sono state ottenute in seguito a separazione dimensionale mediante un
filtro a impatto. In Fig. 1B-1.1 sono riportati i range dimensionali caratteristici di ciascuna frazione. Il
frazionamento è stato effettuato perché, come è noto, le particelle submicrometriche caratterizzate da
un’elevata mobilità atmosferica tendono a depositarsi principalmente negli alveoli polmonari, dove
possono esplicare un'azione altamente tossica a seconda dei composti depositati sulla loro superficie.
Le miscele modello sono state preparate utilizzando come supporti silice e fly ash trattate
termicamente (a 650°C per 3 ore) e, come reagenti, carbone attivo e carbone nativo (le scaglie di
carbone più volatili presenti sulla superficie delle fly ash).
Nelle Fig. 1B-1.2a-g sono riportate le curve di evoluzione della CO2 nel tempo sviluppata dai
campioni analizzati (con la corrispondenti curve di deconvoluzione); le curve sono state ottenute
monitorando la frequenza di 2361 cm -1 a cui la CO2 ha un picco di assorbimento.
A conferma dei risultati ottenuti nello studio cinetico (Fase 1-A1) e nelle prove DSC (Tettamanti,
1997), nella curva di evoluzione della CO2 da fly ash grezze e nella corrispondente curva ottenuta
tramite deconvoluzione (Fig. 1B-1.2a) si osservano due massimi corrispondenti a due processi distinti
che hanno luogo durante la decomposizione ossidativa del carbone presente sulle fly ash.
Le curve di evoluzione della CO2 per le frazioni a diversa granulometria mostrano un andamento
leggermente differente e sono caratterizzate da un picco con una spalla piuttosto evidente. Le curve di
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 36
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
deconvoluzione (Fig. 1B-1.2b) mostrano un ritardo temporale del massimo di evoluzione della CO2 al
diminuire delle dimensioni delle fly ash (la numerazione delle frazioni corrisponde a quelle della Fig.
1B-1.1), a parità di condizioni sperimentali le reazioni di ossidazione del carbone diventano più lente
al diminuire delle dimensioni delle particelle.
Il processo di ossidazione del carbone attivo e del carbone nativo su silice avviene in un unico step
(Fig. 1B-1.2c-d), confermando i risultati ottenuti in un precedente studio cinetico (Collina, 1995). Le
curve di evoluzione degli stessi reagenti su fly ash trattate termicamente mostrano invece un picco
allargato che, sottoposto a deconvoluzione, da luogo a due massimi (Fig. 1B-1.2e-f). Entrambi i
processi ossidativi sono quindi fortemente influenzati dalla matrice.
Per valutare se esiste una relazione tra la reattività e la concentrazione dei metalli, sono stati effettuati
studi termici su campioni costituiti da silice (supporto) e carbone attivo (reagente) e uno dei seguenti
composti: CuSO4 (con Cu al 10%), CuO (con Cu al 10%) e CuCl2 (con Cu al 5 e al 10%,
rispettivamente).
Mentre l’aggiunta del solfato o dell’ossido di rame non influenza in alcun modo il processo ossidativo
(un solo picco, curve non riportate), l’andamento della curva di evoluzione della CO2 in presenza di
CuCl2 è invece nettamente diverso: si osserva la presenza di due reazioni distinte (Fig. 1B-1.2g).
3.2.2 Analisi RAMAN
Dall’insieme delle informazioni ricavate dalla letteratura, emerge che la reattività del carbone nella
reazione di ossidazione è fortemente dipendente dalle caratteristiche strutturali.
Dalla letteratura (Dillon, 1984; Tuinstra, 1970) sono noti gli spettri RAMAN delle differenti forme
cristalline del carbone. Mentre lo spettro RAMAN del diamante mostra un’unica banda a 1332 cm -1,
lo spettro di un cristallo singolo di grafite presenta anche una banda a 1580 o 1575 cm -1 (detta linea
G). La grafite policristallina mostra un’ulteriore banda a 1355 cm -1 (detta linea D).
In pratica, le linee G e D sono le più usate per caratterizzare le differenti morfologie del carbone. Il
rapporto tra le intensità I(G)/I(D) diminuisce passando dalla grafite al carbon black (Tuinstra,
1970). La banda D nel carbone vetroso diviene più affilata e intensa all’aumentare della temperatura
del trattamento termico (Tuinstra, 1970).
Le analisi mediante spettroscopia RAMAN sono state eseguite: su particelle di carbone, individuate
all’interno delle fly ash grazie al microscopio, su una scaglia di carbone nativo, sul carbone attivo.
Gli spettri sono stati confrontati con gli spettri RAMAN ottenuti analizzando alcuni standard di
riferimento (diamante, grafite, grafite pirolitica, antracite e carbone amorfo). Tutti gli spettri sono
riportati in Fig. 1B-1.3.
È possibile osservare che lo spettro relativo al carbone della fly ash, quello del carbone nativo e
quello del carbone attivo mostrano lo stesso andamento.
In particolare, lo spettro delle fly ash è caratterizzato da una banda D (1355 cm -1) relativamente più
intensa. Questo risultato può essere giustificato sulla base del fatto che l’intensità di questa banda
aumenta all’aumentare della temperatura alla quale è stato trattato il materiale e le fly ash,
all’interno della camera di combustione, sono state portate a una temperatura di 900-1000°C.
La scaglia di carbone nativo, essendo più leggera e volatile, ha probabilmente raggiunto una
temperatura inferiore.
La morfologia del carbone attivo, molto simile a quella del carbone nativo, conferma la possibilità di
utilizzare tale composto come reagente nelle miscele modello.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 37
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Sistema respiratorio
Preimpactor
< 9.0
Frazione 1
6.0 - 9.0
Faringe
Trachea e
Bronchi primari
Bronchi secondari
Bronchi terminali
Alveoli
Alveoli
Alveoli
Frazione 2
4.6 - 6.0
Frazione 3
3.3 - 4.6
Frazione 4
2.15 - 3.3
Frazione 5
1.08 - 2.15
Frazione 6
0.70 - 1.08
Frazione 7
0.41 - 0.70
Frazione 8
0 - 0.41
Fig. 1B-1.1 - Range dimensionali caratteristici di ciascuna frazione di fly ash.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 38
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
a) fly ash grezze
b) frazioni (solo curva di
deconvoluzione)
e) fly ash trattate termicamente e
carbone attivo
c) silice e carbone attivo
f) fly ash trattate termicamente
e scaglie di carbone nativo
g) silice e carbone attivo (A);
silice, carbone attivo e CuCl2
al 10% (B); e al 5% (C) (solo
deconvoluzione).
Fig. 1B-1.2 - Analisi TGA/FT-IR: curve di evoluzione della CO2 (A) e curve di deconvoluzione (B).
Rapporto scientifico finale
d) silice e scaglie di
carbone nativo
Linea 1 - 39
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fly ash
Scaglia carbone nativo
Carbone attivo
Carbone amorfo
Antracite
Grafite pirolitica
Grafite
Diamanate
Fig. 1B-1.3 - Spettri Raman dei campioni analizzati e degli standard.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 40
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
3.2.3 Caratterizzazione analitica delle fly ash
3.2.3.1 Tecniche utilizzate.
Fluorescenza di raggi X in riflessione totale (TXRF)
Le analisi sono state effettuate con uno strumento ATOMIKA modello Extra II A. L'analizzatore
consiste in una camera a doppia riflessione con un tubo a raggi X di W e Mo. Il supporto per il
campione è costituito da una lastra di quarzo. Il detector è un rivelatore multicanale a Si (Li), 168
eV di risoluzione a 5.9 KeV racchiuso in un Dewar contenente 15 l di N2. Tutto il sistema è
interfacciato con un PC con 4 MB di RAM e coprocessore matematico. Le caratteristiche
strumentali non consentono di analizzare elementi più leggeri del P.
Plasma ad accoppiamento induttivo per spettroscopia atomica di emissione (ICP-AES)
È stato utilizzato uno strumento ICP JOBIN YVON serie JY24 della ISA Instruments, con
nebulizzatore concentrico.
Spettroscopia di assorbimento atomico elettrotermica (ETAAS)
È stato utilizzato uno strumento PERKIN ELMER modello 4000 AAS equipaggiato con una
fornace PERKIN ELMER modello HGA 500.
Spettroscopia di assorbimento atomico con fiamma (FAAS).
È stato utilizzato uno strumento PERKIN ELMER Atomic Absorption Spectrometer modello 3100
che opera sia in assorbimento che in emissione e utilizza un fotomoltiplicatore come detector. Lo
strumento è stato utilizzato per determinare la concentrazione di Na, K e Ca nelle soluzioni. Il Na é
stato analizzato in emissione a λ = 589 nm. Il K e il Ca sono stati analizzati in assorbimento, usando
rispettivamente una lampada Perkin Elmer a catodo cavo di Ca (λ = 852.1 nm) e una lampada
Cathodeon LTD a catodo cavo di K (λ = 766.5).
Per la costruzione della retta di taratura sono state utilizzate soluzioni standard a concentrazione
nota.
Cromatografia ionica (IC).
I cromatogrammi sono stati ottenuti mediante uno strumento PERKIN ELMER Binary LC Pump
250 dotato di colonna a scambio anionico (l = 150 mm, ∅ = 4.6 mm) della ALLTECH HC. La
colonna è impaccata con polistirene-divinilbenzene e i gruppi funzionali con i quali avviene lo
scambio anionico sono ammine quaternarie. È stato utilizzato un rivelatore a conducibilità
(ALLTECH, modello 350). Come eluente è stata utilizzata una soluzione di bicarbonato (2.8 mM) e
carbonato (2.2 mM). Il detector è dotato di un sistema di soppressione del segnale dei carbonati
(ALLTECH modello 335 Suppressor Module) che consente di rilevare la concentrazione degli altri
anioni. L’identificazione degli anioni presenti è stata ottenuta tramite il confronto con i tempi di
ritenzione degli anioni presenti in uno standard a concentrazione nota (ALLTECH Anion Mixture A).
L’analisi quantitativa è stata effettuata attraverso il confronto tra le aree dei picchi presenti nel
cromatogramma del campione e le aree dei picchi fornite dallo standard.
Analisi termogravimetrica (TGA)
È stato utilizzato uno strumento PERKIN ELMER THERMOGRAVIMETRIC ANALYSER modello
TGA7 interfacciato con un PERKIN ELMER Thermal Analysis Controller TAC7/DX collegato a un
computer. Le prove sono state condotte su 10 mg di campione, nell’intervallo di temperatura tra 50
e 1350 °C, in corrente di N2 e di O2, alla velocità di 10°C/min.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 41
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Diffrazione di raggi X di polveri (XRPD)
Le analisi sono state effettuate con un difrattometro a polveri modello RIGAKU DI-MAX.
Spettroscopia fotoelettronica (ESCA)
È stato utilizzato uno strumento KRATOS ES300 che lavora a 15 KV × 20 mA di eccitazione con
MgKα a 1253.6 eV. La pressione in camera di analisi è dell’ordine di 10-9 torr. La calibrazione in
energia è stata effettuata rispetto alla riga C 1s idrocarburica presa a 285.0 eV.
Microscopia elettronica a scansione (SEM) e Fluorescenza di raggi X a dispersione di energia
(EDX)
È stato utilizzato uno strumento HITACHI S 2400 con microsonda EDX della KEVEX modello
Quantun con rivelatore tipo window less, costituito da un cristallo di Si drogato con Li. I campioni
sono stati dorati con un metallizzatore Polaron SC 502 Sputter Coater della FISONS. Le analisi
sono state effettuate utilizzando un voltaggio di accelerazione di 25 KV.
Spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR) e Micro spettroscopia infrarossa in
trasformata di Fourier (MICRO FT-IR).
Spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR). È stato utilizzato uno strumento BIO
RAD modello ESC integrato con un SPC 3200 della BIO RAD. Gli spettri sono stati raccolti nella
regione spettrale tra 4000 e 400 cm -1 disperdendo il campione in una matrice di KBr. L’analisi
qualitativa dei silicati è stata effettuata per confronto con i valori delle frequenze riportate in
letteratura (Gadsden, 1975).
Micro spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (MICRO FT-IR). È stato utilizzato uno
strumento JASCO modello micro FT-IR 100 Microsampling FTIR Spectrometer integrato con un
elaboratore della Jasco modello WS-IR 100 con detector tipo MCT. Gli spettri sono stati registrati
nella regione spettrale compresa tra 4000 e 700 cm -1 utilizzando una cella di diamante della CIC
Photonic inc.
MICRO Raman
Gli spettri sono stati registrati mediante uno spettrofotometro JASCO TRS-300 interfacciato con un
microscopio ottico. Come sorgente è stata utilizzata la riga a 747 nm di colore rosso di un laser a
Kripton (Laser Coherent). Lo spettrometro è dotato di un rivelatore multicanale (OSMA = Optical
Spectrometric Multichannel Analyser) costituito da una rete di 512 fotodiodi.
3.2.3.2 Trattamenti di preparazione del campione.
ü
ü
ü
Trattamento termico
Il trattamento termico delle fly ash native è stato condotto in una muffola chiusa (Heraeus,
M110), volume interno 9 L, con ossigeno presente in grande eccesso, per 3 h a 650°C ±
5°C.
Lisciviazione con H2O
Differenti quantità di fly ash (5 e 10 g) sono state sospese in 200 mL di H2O e trattate su
piastra riscaldante per 1 ora a 80°C sotto agitazione. Entrambe le prove sono state ripetute
con gli stessi rapporti ma a 25°C.
Lisciviazione con HCl a pH 3
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 42
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
1 g di residuo ottenuto dopo lisciviazione della fly ash con H2O è stato trattato, sotto
agitazione per 1 ora, con 20 mL di una soluzione di HCl a pH 3.
ü
ü
ü
ü
Trattamento con HCl e H2O2.
A 2 g di fly ash posti in pallone di Kjeldahl sono stati aggiunti a più riprese 30 mL di HCl
concentrato e 20 mL di H2O2. L’attacco è stato condotto scaldando con cautela. Sono state
ottenute una soluzione di colore giallo verde e un residuo insolubile. Dopo filtrazione, la
soluzione è stata portata a volume in un matraccio da 100 mL; il residuo è stato sottoposto
a fusione alcalina.
Fusione alcalina
È stata effettuata per determinare la percentuale di Si nelle fly ash. Al residuo ottenuto
dopo attacco con HCl e H2O2 è stata aggiunta una quantità di Na2CO3 anidro pari a 6 volte
il suo peso. I due solidi sono stati mescolati intimamente e posti in un crogiuolo di Pt. Il
crogiuolo è stato quindi scaldato su lampada Tecu sino a totale fusione della miscela. Il
liquido di fusione, che contiene il silicato in forma decomponibile dagli acidi, è stato
trattato con HCl fino a cessazione dello sviluppo di CO2. La soluzione è stata quindi
filtrata; il residuo, portato a secco, è stato calcinato in un crogiuolo di Pt per ottenere SiO 2.
La quantità di Si è stata determinata pesando il residuo. Per verificare l’affidabilità del
metodo, l’analisi è stata condotta anche su uno standard EURONORM-ZRM n° 777-1
contenente Si in concentrazione nota.
Trattamento con HF e HNO3
Per dissolvere completamente la fly ash, 100 mg sono stati sottoposti ad attacco in forno a
microonde con 3 mL di HF e 3 mL di HNO3. Per l’attacco è stato utilizzato un apposito
contenitore in TFM e HTC che consente di raggiungere temperature dell’ordine di 300 °C
e di ottenere una completa mineralizzazione in assenza di residui carboniosi. Programma di
riscaldamento utilizzato: 300 W per 5 min, 0 W per 2 min, 400 W per 5 min, 0W per 3
min, 600 W per 5 min, 0 W per 3 min, 800 W per 3 min, 0 W per 3 min, 800 W per 3 min,
0 W per 5 min.
Lisciviazione sequenziale
Circa 100 mg di fly ash sono stati sottoposti a un attacco sequenziale in forno a microonde
(con lo stesso programma precedentemente descritto). Il campione è stato inizialmente
trattato con 5 ml di H2O MQ e sottoposto a riscaldamento. Il campione è stato filtrato su
filtri di policarbonato (dimensione dei pori 0,4 µm); la soluzione è stata raccolta per le
analisi. Il residuo e il filtro sono stati trattati con 5 ml di HNO3. Dopo filtrazione, la nuova
soluzione è stata raccolta per le analisi, mentre il residuo e il filtro sono stati trattati con 3
mL di HF e 2 mL di HNO3. La soluzione, nella quale non erano più presenti residui, è stata
trattata con alcuni mL di HClO 4 in crogiuolo di Pt su fiamma Bunsen, per volatilizzare
l’eccesso di HF.
3.2.3.3 Risultati dell’analisi delle fly ash tal quali.
In Tab. 1B-1.1 vengono riportate le concentrazioni degli elementi presenti nelle fly ash provenienti
dall’elettrofiltro di un impianto di termodistruzione di rifiuti solidi urbani.
È importante notare che i dati della prima e seconda colonna, ottenuti rispettivamente tramite analisi
TXRF e analisi ICP-OES della soluzione ottenuta dal trattamento di digestione acida, risultano in
buon accordo. Le concentrazioni degli anioni, calcolate tramite cromatografia ionica, sono riportate
in Tab. 1B-1.2.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 43
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
I componenti principali (>10000 µg/g) sono: Cl, Si, S, Ca, Na, Al, K, Zn, P, Pb e Mg. Componenti
minori (1000-10000 µg/g) sono: Fe, Ti, Sn, Cu, Ba e Sb. Cr, Cd, Mn, Sr, Rb, Ag, Zr, Ni, Se, Mo,
Tl, Th e U sono presenti in concentrazione minore di 1000 µg/g. La concentrazione di Si,
determinata per fusione alcalina, è di 167000 µg/g.
Tab. 1B-1.1 - Composizione totale delle fly ash (µg/g): (a) soluzione ottenuta dopo lisciviazione
con H2O; (b) soluzione ottenuta dalla lisciviazione del residuo ottunuto dopo il primo
trattamento con HCl a pH=3; (c) determinata tramite AES; (d) determinata tramite
ETAAS; (e) non analizzata con ICP/OES ; (f) non analizzata con TXRF
Elemento
TXRF
ICP/OES o AES o ETAAS
Total Digestion
Ca
132 000 ± 6 000A
(c),f
Na
Al f
K (c)
67 000 ± 2 200
Zn
28 500 ± 1 200
Pe
19 000 ± 3 000
(d)
Pb
10 500 ± 500
Mg f
Fe
9 900 ± 300
Ti
7 900 ± 400
Sn
2 300 ± 80
Cu
1 200 ± 50
Ba
1 100 ± 110
Sb
1 100 ± 30
Cr
820 ± 50
Cd
350 ± 12
Mn
345 ± 25
Sr
260 ± 10
Rb
255 ± 10
Ag
189 ± 7
Zr
78 ± 5
Ni
53 ± 10
Se
30 ± 7
Mo
19 ± 3
Tl
<40
Th
<25
U
<20
A
Media ± deviazione standard
Rapporto scientifico finale
143 000 ± 1 800A
119 000 ± 550
81 000 ± 800
72 000± 680
23 000 ± 300
8 600 ± 40
10 000 ± 70
8 800 ± 59
6 100 ± 23
3 400 ± 100
1 400 ± 18
1 000 ± 50
920 ± 12
800 ± 6
381 ± 4
308.0 ± 2.8
200 ± 2
190.0 ± 0.6
161.0 ± 0.3
70.0 ± 0.1
80.0 ± 0.4
-
First step leaching (a) Second step leaching(b)
28 000 ± 380
71 000 ± 330
58 000 ± 500
4.00 ± 0.06
3.00 ± 0.02
9.00 ± 0.41
8.00 ± 0.04
37.00 ± 0.40
-
29970 ± 370
11900 ± 40
13570 ± 100
13.00 ± 0.15
17.0± 0.1
127.00 ± 0.89
1.00± 0.01
2.00± 0.03
21.00 ± 0.98
26.00 ± 0.14
43.00 ± 0.45
-
Linea 1 - 44
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1B-1.2 - Concentrazione di anioni nelle fly ash (µg/g): (a) soluzione ottenuta dopo
lisciviazione con H2O; (b) soluzione ottenuta dopo trattamento con HCl concentrato
e H2O2; (c) non analizzato.
Anione
ClSO42NO3ClO3A
H2O (a)
168 500 ± 650A
68 100 ± 200
1 200 ± 30
HCl + H2O2 (b)
-(c)
165 200 ± 600
1 700 ± 20
2 600 ± 80
Media ± deviazione standard
È stato osservato che Na e K sono presenti principalmente come cloruri. La concentrazione di cloro
è infatti sufficiente per garantire la formazione dei corrispondenti cloruri. I test di solubilità condotti
con un rapporto acqua/fly ash di 40/1 mostrano una perdita in peso costante del 36% circa. Questo
valore non cambia se la temperatura viene aumentata a 80°C. La perdita in peso è dovuta alla
solubilizzazione di NaCl, KCl e CaSO4. Una ulteriore perdita in peso del 15% si osserva dopo un
successivo trattamento con HCl a pH = 3. L'analisi quantitativa di entrambe le soluzioni è riportata
in Tab. 1B-1.1. Queste analisi permettono di determinare le caratteristiche della soluzione acquosa
ottenuta in seguito al trattamento acquoso di spegnimento delle ceneri all’uscita dell'impianto di
termodistruzione. I risultati sono stati confrontati con le concentrazioni limite imposte dalla legge
n°152 del 11 maggio 1999 che dispone sulla tutela delle acque dall'inquinamento. Il confronto
indica che, nel refluo acquoso che proviene dal processo di spegnimento, le concentrazioni di
cloruri e solfati superano significativamente i limiti di legge.
Le analisi XRPD delle fly ash permettono l’identificazione di solo poche fasi cristalline a causa
della complessità della matrice e dalle numerose sovrapposizioni dei picchi.
Per identificare un maggior numero di fasi cristalline, soprattutto riguardo ai silicati che
rappresentano i componenti principali delle fly ash, anche i residui dei trattamenti di lisciviazione
con acqua e con HCl sono stati analizzati tramite XRPD. I risultati sono riportati in Tab. 1B-1.3.
Tab. 1B-1.3 - Analisi XRPD delle fly ash
Minerale
Alite
Silvite
Anidrite
Gesso
Calcite
Ghelenite
Gismondine
Ettringite
Singenite
Ematite
Rutile
Rapporto scientifico finale
Formula
NaCl
KCl
CaSO4
CaSO4· 0.15H2O
CaSO4· 2H2O
CaCO3
2CaO· Al2O3· SiO2
CaO· Al2O3· 2SiO2· 4H2O
6CaO· Al2O3· 3SO3 · 32H2O
K2Ca(SO4)2· H2O
Fe2O3
TiO2
Linea 1 - 45
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1B-1.4 - Analisi XPS delle fly ash
Elemento
Na
Zn
Ca
K
C
O
Cl
S
Si
Al
Pb
Tipo di
Fotoelettrone
2s
3p
3p
3p
1s
1s
2p
2 p3/2, 2p1/2
2p3/2, 2p1/2
2s
4f7/2
KE(eV)
1173
1148
1213
1220
952
705
1038
1068
1135
1118
1098
BE(eV)
64
89
24
17
285
532
199
169
102
119
139
Nella Fig. 1B-1.4(a) è riportato il diffrattometro del campione tal quale. È possibile identificare la
presenza di bassanite, anidrite e gesso. In Fig. 1B-1.4(b) è riportato il diffrattogramma del campione
lisciviato con acqua. In questo caso si osserva la presenza di ghelenite, gesso, anidrite, calcite e
singenite. Nel diffrattometro del residuo del trattamento con HCl e H2O2, è possibile osservare
(Fig.1-B.4(c)) la presenza di ghelenite, gismondine e ettringite.
Data la quantità delle sovrapposizione dei picchi e alla complessità dei diffrattometri, alcune altre
fasi cristalline come muscovite [KAl3Si3O10(OH)2], leucite [KAlSi2O6], nefelite [KNa3Al4Si4O16],
illite [(H3O2K)4Al8(Si2Al)16O40(OH)8],anortite [CaAl2Si2O8], quarzo [SiO 2], adularia [KAlSi3O8],
caliofilite [KAlSiO4], alite [Ca3SiO5], belite [Ca2SiO4] e maiorite [MgFe2(SiO4)3] sono stati
identificati con minore confidenza. E' importante notare che, come riportato più avanti, molte delle
fasi cristalline osservate nei diffrattogrammi sono state confermate dagli spettri FT-IR.
In Fig. 1B-1.5 e 1-B.6 sono riportati gli spettri XPS delle fly ash tal quali e del residuo dopo
lisciviazione con acqua, rispettivamente. I corrispondenti valori (eV) delle energie di legame (BE)
sono riportati in Tab. 1B-1.4. L'assegnazione è stata effettuata, in accordo con i dati riportati in
letteratura, confrontando gli spettri risulta evidente che il trattamento con acqua elimina i cloruri di
sodio e potassio e alcuni solfati. Il trattamento con HCl e H2O2 solubilizza tutti i composti
inorganici con l’eccezione dei silicati e allumino silicati.
Lo spettro Mössbauer, registrato a temperatura ambiente, delle fly ash relativamente al nucleo 57Fe
non presenta alcun segnale. Al contrario, quello del residuo dopo trattamento con acqua, mostra
deboli segnali (Fig. 1B-1.7). Le linee dovute all'interazione magnetica iperfine non sono state
identificate nemmeno alle basse temperature. Tuttavia l’allargamento della riga potrebbe indicare
che le transizioni magnetiche avvengono a temperature ancora più basse. Inoltre, i parametri sono
tipici dell’ematite (Murad, 1987): RT, δ = 0.29, ∆EQ = 0.73, Γ = 0.70; 80 K , δ = 0.39, ∆EQ = 0.80,
Γ = 0.98.
Le analisi SEM/EDX forniscono informazioni utili riguardo alla morfologia e alla composizione
chimica delle fly ash. È stata trovata una gran quantità di particelle grezze sferiche (Fig. 1B-1.8)
nell’intervallo da 2 a 100 µm. Gli spettri di emissione di raggi X di queste particelle evidenziano la
presenza di Al, Si, Ca e di quantità minori di K. Le superfici delle particelle risultano ricoperte da
aggregati policristallinici di dimensioni variabili da 500 a 1000 nm (Fig. 1B-1.9).
Dato che negli spettri EDX di alcune particelle sono stati osservati solo i segnali del Na e del Cl
oppure del K e del Cl o ancora del Ca e del S, è stato ipotizzato che queste particelle siano
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 46
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
composte da NaCl, KCl e CaSO4, rispettivamente. Altre particelle presentano solamente i segnali di
Fe o Ti suggerendo la presenza di Fe2O3 e TiO2, rispettivamente.
Lo spettro ESR delle fly ash tal quali mostra un debole segnale a g = 4.3 e un segnale molto
allargato a g = 2. Dai dati in letteratura, la risonanza a g = 4.3 è quasi certamente attribuibile alla
struttura high-spin del fe3+ in struttura ottaedrica distorta e/o tetraedrica con simmetria C av (Castner,
1960). La risonanza allargata (≅ 2500 G) può essere dovuta alla transizione connessa con lo
scambio del multipletto risultante dall'accoppiamento degli ioni adiacenti con S = 5/2 caratteristici
del ferro (III) contenente ossidi.
Gli spettri IR nel range 4000-400 cm-1 sono stati registrati con pastiglie KBr del campione. In Fig.
1B-1.10 sono riportati gli spettri IR delle fly ash tal quali e delle fly ash trattate termicamente a
differenti temperature. La zona di maggior interesse è quella che va da 1600 a 400 cm-1.
In questo intervallo si osservano le vibrazioni di stretching e di bending degli anioni carbonato
(≅1440 cm-1 e 870 cm-1, rispettivamente), degli anioni solfato (1150-1100 e 650-600 cm-1) e dei
silicati (1020-920 e 400 cm-1).
In Fig. 1B-1.10 si osserva che, mentre lo spettro delle fly ash tal quali non permette di identificare
nessuna specie, le fly ash trattate a 500°C presentano chiaramente le bande dell’anidrite (1156,
1117, 675, 616 e 597 cm-1). La presenza dell’anidrite può essere dovuta alla deidratazione della
bassanite e/o del gesso.
Lo spettro delle ceneri trattate a 650°C mostra chiaramente le bande della ghelenite (980, 922, 880,
860, 815 e 485 cm-1) e della singenite (1193, 1135, 1125, 1098, 665 e 485 cm-1).
Confrontando gli spettri è possibile notare che i segnali della ghelenite e della singenite erano
presenti anche in quello delle fly ash tal quali. Questo risultato conferma le ipotesi derivanti
dall’analisi XRPD. Le identificazioni delle 3 specie, anidrite, ghelenite e singenite, sono state
realizzate confrontando gli spettri ottenuti con quelli di standard di riferimento (Gadsen, 1975).
Per meglio identificare i differenti composti presenti nelle fly ash, sono state effettuate delle analisi
tramite FT-IR. Gli spettri ottenuti hanno permesso di identificare la presenza di singenite, bassanite
e cabasite. In Fig. 1B-1.11 viene riportato uno spettro che mostra la presenza di singenite e cabasute
(1029 cm-1). In un altro caso è stato identificata la presenza di bassanite (1153 cm-1) e calcite
(≅1440 cm-1 e 872 cm-1). In Fig. 1B-1.12 è riportato uno spettro nel quale la cabasite è presente
insieme a composti organici (2926 e 2851 cm -1).
È interessante notare che, usando un magnete permanente, alcune piccole particelle rossastre
possono essere separate dal campione. Lo spettro micro Raman rivela che queste particelle sono
composte da Fe2O3 (Fig. 1B-1.13).
3.2.3.4 Risultati dell’analisi delle frazioni di fly ash.
In Tab. 1B-1.5 vengono riportate le concentrazioni degli anioni, determinate tramite cromatografia,
presenti nelle 7 frazioni. Mentre i cloruri e i nitrati sono stati determinati nelle soluzioni ottenute
dopo trattamento acquoso, i solfati sono stati determinati analizzando la soluzione proveniente dal
trattamento acido.
Si può osservare che il contenuto di cloruri risulta elevato nelle prime 5 frazioni mentre è
estremamente basso nelle frazioni 6 e 7.
Il contenuto di nitrati è basso nelle ultime tre frazioni crescendo dalla 5 alla 7. Quantità comparabili
di solfati sono presenti nelle prime 6 frazioni mentre una concentrazione minore è stata trovata nella
settima.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 47
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
I risultati delle analisi compiute nelle prime 5 frazioni tramite ICP-OES, AES (per determinare le
concentrazioni di Na e K) e ETAAS (per determinare le piccole concentrazioni di Pb e Cd non
misurabili tramite ICP-OES) sono riportati in Tab. 1B-1.6.
Le frazioni 6 e 7 non sono state analizzate a causa dell’accumulo troppo basso di campione
nell’impactor (< 30 mg). Queste ultime frazioni risultano costituite principalmente da composti
organici.
La concentrazione di alcuni elementi varia considerevolmente andando dalla prima alla quinta
frazione. Le prime 2 frazioni presentano un’alta concentrazione di Ti, Fe, Mg, Mn e una più bassa
di Pb; la quarta e la quinta sono caratterizzate da un’alta concentrazione di Cu, Sn e Sb.
In generale, si osserva che, andando dalla prima alla quinta frazione, mentre le concentrazioni di
Ca, Zn, Fe, Ba, Cr, Sr e Zr rimangono costanti, quelle di Na, K, Pb, Cu, Sn e Cd aumentano e quelle
di Mg, Ti e Mn diminuiscono.
Tab. 1B-1.5 - Concentrazioni degli anioni nelle 7 frazioni (µg/g)
Anione
Cl −
NO3−
SO4=
Concentrazione (µg/g) a / frazioni
1°
2°
3°
4°
5°
6°
7°
110 000
94 000
100 000
140 000
82 000
47 000
33 000
±
200
-
±
180
-
±
180
-
±
230
-
±
160
2 900
±
150
7 700
±
130
8 000
43 000
55 000
±
20
58 000
±
50
41 000
±
45
12 000
±
100
±
130
±
150
±
100
±
50
50 000
44 000
±
±
120
110
A
Media ± deviazione standard
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 48
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1B-1.6 – Composizione delle prime 5 frazioni (µg/g) determinate tramite ICP-OES, AAS e
ETAAS
Concentrazione (µ
µ g/g) a / frazioni
Elemento
1°
2°
Ca
124 000 ± 5 700 138 000 ± 6 400
Na
50 000 ± 240
101 000 ± 450
K
84 000 ± 2 800
122 000 ± 4 000
Zn
23 000 ± 900
31 000 ± 1 200
Pb
20 700 ± 1 100
30 000 ± 1 700
Mg
6 700 ± 50
4 900 ± 35
Fe
6 700 ± 200
6 300 ± 180
Ti
5 500 ± 18
4 100 ± 12
Sn
2 200 ± 65
2 900 ± 75
Cu
1 600 ± 22
2 600 ± 38
Sb
1410 ± 16
1750 ± 18
Ba
810 ± 35
800 ± 29
Cr
400 ± 3
540 ± 5
Cd
270 ± 2
520 ± 5
Mn
217 ± 1
206.0 ± 0.8
Sr
166.0 ± 0.3
158.0 ± 0.3
Zr
203.0 ± 1.2
149.0 ± 0.9
A
Media ± deviazione standard
3°
4°
5° e
105 000 ± 4 900
144 000 ± 760
179 000 ± 5 800
29 000 ± 1 100
39 500 ± 1 900
3 200 ± 28
5 600 ± 140
3 200 ± 9
4 000 ± 140
2 900 ± 42
2080 ± 15
750 ± 27
440 ± 3
450 ± 3
199.0 ± 0.7
140.0 ± 0.2
132.0 ± 0.9
66 000 ± 3 000
128 000 ± 500
116 000 ± 3 900
23 000 ± 850
35 000 ± 1 800
2 400 ± 16
5 500 ± 145
1 800 ± 5
5 100 ± 160
3 800 ± 60
1980 ± 17
680 ± 25
440 ± 4
340 ± 3
183.0 ± 0.7
118.0 ± 0.2
98.0 ± 0.7
129 000 ± 5 800
281 000 ± 1 200
248 000 ± 8200
18 000 ± 700
57 200 ± 2 300
1 700 ± 12
5 400 ± 130
1 900 ± 4
5 300 ± 180
3 100 ± 45
2250 ± 20
910 ± 40
420 ± 3
960.0 ± 1.1
170.0 ± 0.8
165.0 ± 0.4
221 ± 1
Gli spettri FT-IR sono riportati in Fig. 1B-1.14.
Sulla base dei dati riportati in letteratura (Gadsen, 1975) la banda A è stata assegnata al bending IR
attivo di NH4+, la banda N allo stretching IR attivo di NO3-, le bande C1 e C2 alle vibrazioni IR
attive di stretching e bending di CO32- rispettivamente. Analogamente la banda S1 è stata assegnata
alle vibrazioni IR attive di stretching del solfato di calcio o zinco e la banda S2 a quelle dei solfati di
ammonio, piombo, rame o ferro. Le bande Si (i = 3, 4, 5, 6, 7) sono state assegnate alle vibrazioni
IR attive di bending dell’anione solfato. La banda SI è stata assegnata a una delle vibrazioni IR
attive di stretching silicio-ossigeno dei silicati e allumino-silicati.
Questi spettri mostrano chiaramente che, passando dalla prima alla settima frazione: (1) diminuisce
la concentrazione dei silicati (banda SI); (2) cambia la natura dei solfati (bande S) in accordo con le
variazioni degli elementi osservate precedentemente; (3) varia la concentrazione dei carbonati
(bande C1 e C2); (4) è possibile osservare la presenza di ammonio dalla quarta alla settima frazione,
inizialmente come nitrati (bande A e N) e successivamente come solfati (bande A, S2 e S5).
Importanti informazioni sulla natura dei solfati possono essere ottenute osservando il
comportamento delle intensità delle bande S in Fig. 1B-1.14.
Andando dalla prima alla settima frazione l’intensità della banda S1 diminuisce.
In accordo con la letteratura (Gadsen, 1975), la banda S1 può essere assegnata ai solfati di calcio o
zinco. Dato che un simile comportamento si osserva anche per le intensità delle bande S1, S4 e S7,
queste tre bande sono state assegnate alla bassanite, CaSO4*0.5H2O. Le intensità delle bande S3 e S6
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 49
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
hanno un comportamento simile a quello della banda S1 e i valori delle frequenze di queste due
bande corrispondono a quelli dell’anidrite, CaSO4.
Per queste ragioni le bande S1, S3 e S6 sono state assegnate all’anidrite.
Negli spettri IR della sesta e settima frazione si osserva la presenza della banda S5 che presenta un
comportamento simile a quello della banda A. Di conseguenza, il solfato di ammonio è sicuramente
presente in queste frazioni.
Il nitrato di ammonio (bande A e N) è presente nella quinta e sesta frazione e probabilmente anche
nella settima.
Nel caso più favorevole, presentato in Fig. 1B-1.15, l’utilizzo della tecnica SEM ha permesso di
localizzare in un campione un’area chimicamente omogenea larga abbastanza (circa 250 µm x 250
µm) per registrare lo spettro FT-IR e per caratterizzare in maniera definitiva la presenza del solfato
di ammonio.
Nella maggior parte dei casi non è stato possibile trovare un’area chimicamente omogenea
abbastanza grande da caratterizzare un unico composto. In questi casi sono stati ottenuti spettri IR
di miscele di composti (Fig. 1B-1.16-19) che sono stati confrontati con quelli di composti standard.
In alcuni casi estremi (aree omogenee molto piccole), in funzione del campione e del raggio degli
elettroni, sono stati rilevati miscele di composti o composti singoli (Fig. 1B-1.18-19). In questi casi
alcune delle aree omogenee risultavano talmente piccole che non è stato possibile ottenere uno
spettro EDX di un singolo composto anche focalizzando il raggio di elettroni.
Grazie all’acquisizione di una serie di spettri EDX di singole particelle, è stato possibile identificare
la presenza di alcuni ossidi che non erano identificabili tramite micro FT-IR dato che le frequenze
di vibrazione di questi composti si trovano in una regione non accessibile dalla nostra
strumentazione.
Sulla base degli spettri IR e SEM/EDX è stato possibile ottenere i dati riportati in Tab. 1B-1.7.
Oltre a ossidi e solfati inorganici, è stata osservata la presenza di carbonato di calcio, alcuni solfati
(CaSO4, CaSO4*0.5H2O, CaSO4*2H2O, ZnSO4*7H2O, CuSO4*5H2O, PbSO4, K2SO4, (NH4)2SO4),
nitrato di ammonio, fosfato acido di calcio, alcuni cloruri (NaCl, KCl, CaCl2) e SiO2, TiO2, Fe2O3,
ZnO, CuO.
Oltre ai silicati e allumino-silicati sono stati identificati: andalusite [Al2SiO5], sodalite
[Na4Al3Si3O12(Cl)], ghelenite [Ca2Al2SiO7], cabasite, gismondite [Ca2Al2Si2O8*4H2O], muscovite
[KAl3Si3O10(OH)2], anortite [Ca2Al2Si2O8], clorite [(Mg, Fe, Al)6(OH)8(SiAl)4O10] e talco
[Mg3(Si4O10)(OH)2].
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 50
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 1B-1.7 – Composti identificati tramite FT-IR , micro FT-IR e SEM/EDX.
(andalusite = Al2SiO5, sodalite = Na4Al3Si12Cl, ghelenite = 2CaO.Al2O3.SiO2,
gismondine = CaAl2Si2O8.4H2O, muscovite = KAl3Si3O10(OH)12,
anortite = CaO.Al2O3.2SiO2, illite = (H3O,K)4Al8(Si,Al)16O40(OH)8,
clorite = (Mg,Al)6(Si,Al)4O10(OH)8, talco = Mg3Si4O10(OH)2).
Frazioni
1°
CaSO4⋅ 0.5H2O
CaSO4
CaSO4⋅2H2O
ZnSO4⋅7H2O
CaCO3
NaCl
KCl
CaCl2
SiO 2
andalusite
sodalite
ghelenite
gismondine
muscovite
anortite
illite
clorite
talco
TiO2
Fe2O3
ZnO
CuO
2°
3°
CaSO4⋅ 0.5H2O CaSO4⋅ 0.5H2O
CaSO4
CaSO4
CaSO4⋅2H2O
ZnSO4⋅7H2O
ZnSO4⋅7H2O
CaCO3
CaCO3
CaHPO4
NaCl
NaCl
KCl
KCl
SiO 2
SiO 2
andalusite
sodalite
sodalite
ghelenite
ghelenite
gismondine
gismondine
muscovite
muscovite
anortite
illite
illite
clorite
talco
talco
TiO2
Fe2O3
ZnO
CuO
4°
5°
CaSO4⋅ 0.5H2O
CaSO4
CuSO4⋅5H2O
PbSO4
K2SO4
(NH4)2SO4
NH4NO3
CaCO3
NaCl
KCl
SiO 2
ghelenite
gismondine
muscovite
illite
clorite
talco
TiO2
Fe2O3
ZnO
CuO
CuSO4⋅5H2O
PbSO4
K2SO4
(NH4)2SO4
NH4NO3
CaCO3
NaCl
KCl
SiO2
muscovite
illite
clorite
talco
Fe2O3
ZnO
-
6°
7°
(NH4)2SO4 (NH4)2SO4
Na2SO4
NH4NO3
NH4NO3
CaCO3
CaCO3
SiO 2
muscovite
clorite
talco
ZnO
-
Concludendo questa parte di caratterizzazione è possibile sottolineare che tecniche analitiche come
ICP, AAS, TXRF e XPS forniscono utili informazioni per determinare la composizione del
campione e di interpretare le trasformazioni indotte dai trattamenti acquosi e acidi. La tecnica SEMEDX, oltre a fornire informazioni riguardo alla morfologia del campione, permettono di identificare
alcuni ossidi di metalli che difficilmente sarebbero identificabili con altre tecniche. L’effetto
Mössbauer e la spettroscopia Raman permettono di riconoscere la presenza dell’ematite. Inoltre si
può notare che l’XRPD e la spettroscopia FT-IR sono risultate le tecniche più utili e hanno
permesso l’identificazione di un’ampia serie di composti inorganici (alite, silvite, anidrite,
bassanite, gesso, singenite, ettringite e calcite) e silicati (ghelenite, gismondite e cabasite).
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 51
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
La spettroscopia FT-IR si è dimostrata particolarmente utile nella versione Micro FT-IR utilizzando
una cella di diamante come supporto del campione.
Un campione di fly ash, suddiviso in 7 frazioni sulla base delle dimensioni delle particelle, è stato
analizzato tramite spettroscopia micro FT-IR e le tecniche SEM-EDX, ICP-OES, EAS, ETAAS e
IC.
Lavorando sulla stessa micro area del campione, la tecnica SEM-EDX ha permesso di caratterizzare
la composizione mentre lo spettro FT-IR ha permesso di caratterizzare il campione dal punto di
vista molecolare.
Le analisi hanno permesso di caratterizzare silicati, allumino-silicati, sali e ossidi di metalli.
In particolare è stato osservato che, passando dalla prima ala settima frazione diminuisce la
concentrazione dei silicati e varia la composizione dei solfati. Le ultime due frazioni mostrano una
elevata concentrazione di composti organici insieme a solfato e nitrato di ammonio.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 52
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 1B-1.4 – Rifrattometri XRPD delle fly
ash: (a) tal quali; (b) trattate con acqua; (c)
trattate con HCl e H2O2. Fasi cristalline
identificate: S = CaSO4 0.15 H2O, G = gesso,
A = anidride, K = KCl, N=NaCl,
Sy=singenite, Ge=ghelenite e E=ettringite
Fig. 1B-1.6 – Spettro XPS (250-500 eV) delle
fly ash: (a) tal quali; (b) trattate con acqua; (c)
trattate con HCl e H2O2
Rapporto scientifico finale
Fig. 1B-1.5 – Spettro XPS (0-250 eV) delle
fly ash: (a) tal quali; (b) trattate con acqua; (c)
trattate con HCl e H2O2.
Fig. 1B-1.7 – Spettri Mössbauer
(a) temperatura ambiente; (b) 80 K.
Linea 1 - 53
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 1B-1.8 - Micrografia SEM di una delle
grosse particelle sferiche delle fly ash.
Fig. 1B-1.9 - Micrografia SEM degli
aggregati policristallini (500-1000 nm) delle
fly ash
Fig. 1B-1.10 – Spettri FT-IR delle fly ash: (a)
tal quali; (b) trattate a 500°C; (c) trattate a
600°C
Fig. 1B-1.11 – Spettro FT-IR registrato su una
piccola area (circa 100 µm2): (a) spettro IR di
un campione di cabasite di riferimento; (b)
spettro IR di un campione di singenite di
riferimento; (c) spettro IR delle fly ash
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 54
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 1B-1.12 –Spettro micro FT-IR registrato
su una piccola area (circa 100 µm2): (a)
spettro IR di un campione di cabasite di
riferimento; (b) spettro IR delle fly ash
Fig. 1B-1.13 – Spettro micro Raman di una
particella rossastra delle fly ash: (a) tal quali;
(b) campione di Fe2O3 di riferimento
Fig. 1B-1.14 – Spettro FT-IR delle 7 frazioni.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 55
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 1B-1.15 – A sinistra: spettri micro FT-IR e EDX registrati su una piccola area (circa 100 µm x
100 µm) della settima frazione (a) e spettro micro FT-IR di (NH4)2SO4 (b). A destra: spettro EDX
che mostra la presenza di (NH4)2SO4.
Fig. 1B-1.16 – A sinistra: spettri micro FT-IR e EDX registrati su una piccola area (circa 100 µm x
100 µm) della prima frazione (a); spettro micro FT-IR di gismondite (b); andalusite (c);
ZnSO4 7H2O (d); CaSO4 2H2O (e); CaCO3 (f). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di una
miscela di andalusite e gismondite.
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 56
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 1B-1.17 –A sinistra, spettro micro FT-IR e EDX registrato su una piccola area (circa 100 µm x
100 µm) della prima frazione lavata con acqua MQ (a); spettro micro FT-IR di K2 SO4 (b); anortite
(c); muscovite (d); il lite (e); CaCO3 (f). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di anortite
(a); muscovite (b); illite (c).
Fig. 1B-1.18 –A sinistra, spettro micro FT-IR e EDX registrato su una piccola area (circa 100 µm x
100 µm) della terza frazione trattata con HCl a pH = 3 (a); spettro micro FT-IR di sodalite (b); talco
(c); CaCO3 (d). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di sodalite e CaCO3 (a) e una miscela
di talco, CaCO3 e TiO2 (b).
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 57
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 1B-1.19 –A sinistra, spettro micro FT-IR e EDX registrato su una piccola area (circa 100 µm x
100 µm) della quarta frazione (a); spettro micro FT-IR di anidrite (b); CuSO4 5H2O (c); ghelenite
(d) e gismondite (e). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di una miscela di CuSO4 5H2O,
ghelenite e gismondite (a) e di ghelenite (b).
Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 58
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
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Rapporto scientifico finale
Linea 1 - 62
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Linea di ricerca n° 2
“Progettazione di complessi a trasferimento di carica tra policlorodibenzo-p-diossine e molecole
recettoriali sintetiche e loro caratterizzazione mediante tecniche spettroscopiche e metodi
computazionali”
1. INTRODUZIONE E RISULTATI PRECEDENTI
I diversi isomeri delle policlorodibenzo-p-diossine (PCDD) manifestano livelli di attività biologica e
tossicità diversi. Gli studi sul meccanismo di attività biologica (Goldstein, 1989) hanno individuato,
come evento determinante per l’attività delle PCDD, il binding al recettore Ah, un recettore presente
nel citoplasma in grado di associarsi anche agli Idrocarburi Policiclici Aromatici (PAH). Questo
recettore è inizialmente presente nel cytosol come complesso multimerico formato da diverse
proteine, tra le quali la proteina hsp90, necessaria per mantenere il recettore in forma attiva (Enan,
1996). A seguito del binding con il legante, queste proteine vengono rilasciate e si forma un
complesso eterodimerico tra il recettore e la proteina ARNT (Aryl-hydrocarbon nuclear translocator),
responsabile del trasporto del complesso recettore-legante nel nucleo (Safe, 1994). Il riconoscimento
specifico delle sequenze XRE (Xenobiotic Responsive Elements) del DNA da parte del dimero
Ah/ARNT induce infine la trascrizione di geni responsabili dell’induzione di attività enzimatiche,
che in genere coinvolgono il metabolismo di sostanze esogene. L’effetto biologico più studiato è
l’induzione di monossigenasi, enzimi che catalizzano l’idrossilazione di sostanze lipofile; ad esempio,
l’induzione di una particolare forma, spettroscopicamente distinta, di citocromo P-450 media
l’idrossilazione di idrocarburi policiclici aromatici.
L’affinità di binding per il recettore Ah, misurata dalla costante di dissociazione del complesso tra
legante e recettore, è una misura indiretta dell’attività biologica delle PCDD. L’insieme più completo,
attualmente disponibile in letteratura, di valori di affinità di binding provenienti da misure omogenee
e comprendente PCDD con tutti i possibili gradi di clorurazione è costituito da un gruppo di
quattordici molecole (Mason, 1986). Tenuto conto dei costi e delle difficoltà di allestimento di
laboratori con sistemi di sicurezza adeguati alla sintesi, alla manipolazione e allo smaltimento di
queste sostanze, assume particolare importanza la formulazione di modelli teorici che razionalizzino i
dati esistenti e consentano la programmazione di esperimenti mirati alla loro validazione.
Finchè non sono state disponibili informazioni sulla struttura tridimensionale della cavità di binding
del recettore, la conoscenza dettagliata della struttura e delle proprietà delle PCDD ha costituito
l’unico strumento per la comprensione del processo di binding. Le informazioni molecolari, infatti,
sono state utilizzate per affrontare il problema mediante lo studio delle relazioni tra attività biologica e
struttura molecolare (Structure-Activity Relationships, SAR) (Kubinyi, 1993). Nel caso delle PCDD,
le proprietà più significative sono quelle derivate dalla distribuzione elettronica, perché
particolarmente sensibili al numero e alla posizione dei sostituenti. Queste proprietà sono calcolabili,
nell’ambito dei metodi della meccanica quantistica, a partire dalla funzione densità elettronica.
Il potenziale elettrostatico molecolare (MEP) è tra le proprietà più utilizzate nell’ambito di questo tipo
di modellistica molecolare (Politzer, 1981; Naray-Szabo, 1995; Murray, 1996). Il calcolo del MEP
consente di individuare le zone dello spazio intorno alla molecola nelle quali è favorito
l’avvicinamento di specie elettrofile. L’attività di ricerca condotta precedentemente (Bonati, 1993,
1994, 1995) ha messo in evidenza che le caratteristiche elettrostatiche tipiche che distinguono le
PCDD attive da quelle poco attive sono essenzialmente di due tipi: (i) presenza di una zona estesa di
valori positivi su tutta la molecola, indicativa della possibilità di interazioni favorevoli con reagenti
elettron-ricchi; (ii) presenza di almeno una estesa zona di valori negativi ai lati della molecola, che è
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Linea 2 - 1
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
indicativa della possibilità di interazioni favorevoli con reagenti elettron-poveri. Questi studi hanno
consentito la formulazione di relazioni quantitative tra descrittori derivati dal potenziale elettrostatico
molecolare delle PCDD e l’affinità di binding con il recettore Ah e hanno dimostrato l’importanza
delle interazioni di tipo elettrostatico, efficaci per grandi distanze intermolecolari, nel processo di
binding.
A distanze legante-recettore più vicine a quelle di equilibrio risultano invece prevalenti le interazioni
di polarizzazione e dispersione. Come indice dell’importanza di questo tipo di interazioni nel processo
di binding delle PCDD, è stata utilizzata (Fraschini, 1996) la polarizzabilità molecolare, una proprietà
che descrive la deformazione della distribuzione elettronica per effetto di un campo elettrico
(Hinchliffe, 1985). Complessivamente, le caratteristiche elettroniche finora esaminate indicano una
elevata polarizzazione della densità elettronica lungo l’asse molecolare principale, che potrebbe
conferire alle PCDD attive proprietà di accettori in complessi a trasferimento di carica con siti del
recettore elettron-donatori.
2. OBIETTIVI DELLA RICERCA
Nell’ambito di questa linea di ricerca, ci si è inizialmente proposti di verificare l’ipotesi, avanzata per
via teorica, del ruolo delle interazioni che comportano il trasferimento di carica nel processo di
binding tra PCDD e siti attivi del recettore Ah.
Poiché i recettori naturali sono molecole molto complesse, i processi di riconoscimento,
trasformazione e trasporto del legante possono, in genere, essere modellizzati mediante molecole più
piccole, sinteticamente accessibili. È noto che lo studio delle interazioni “host-guest” in sistemi nei
quali le molecole “host” siano state preparate per la complessazione selettiva di molecole “guest” è
particolarmente utile per la comprensione dei fattori che controllano le interazioni recettore-substrato
nei sistemi biologici (Balzani, 1991). Pertanto la modellizzazione dell’interazione tra PCDD e
recettore Ah è stata condotta mediante la progettazione di complessi a trasferimento di carica tra
PCDD, o molecole affini, e molecole recettoriali modello. Questi sistemi sono stati caratterizzati, dal
punto di vista sperimentale, mediante tecniche spettroscopiche e, da quello teorico, mediante il
calcolo di proprietà molecolari rilevanti ai fini dell’interazione.
Sulla base delle nuove conoscenze che si sono rese disponibili in letteratura sulla struttura
cristallografica di alcune proteine che, come il recettore Ah, appartengono alla famiglia PAS (PerARNT-Sim), è stato inoltre possibile estendere gli obiettivi della ricerca alla modellizzazione della
struttura terziaria del dominio legante del recettore Ah mediante l’utilizzo di metodologie basate
sulla ricerca di omologia con proteine a struttura nota. L’individuazione dei residui aminoacidici
appartenenti a tale dominio e direttamente interagenti con le PCDD consentiranno di indagare in
modo diretto il meccanismo di interazione tra PCDD e recettore Ah a livello molecolare.
3. ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI
3.1 Tema 2-A: progettazione di complessi a trasferimento di carica tra PCDD o molecole affini
e molecole recettoriali modello e loro caratterizzazione mediante spettroscopie UV-VIS e
NMR.
Sulla base dell’ipotesi avanzata per via teorica, che le PCDD attive abbiano proprietà di elettronaccettori in complessi a trasferimento di carica con siti del recettore elettron-donatori, la
sperimentazione è stata condotta utilizzando molecole recettoriali modello con caratteristiche di
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Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
elettron-donatori. La scelta di queste molecole è stata effettuata sulla base delle conoscenze allora
disponibili sulle caratteristiche strutturali del recettore Ah (Burbach, 1992; Whitelaw,1993) che
indicavano la presenza, nel dominio legante per le PCDD, di aminoacidi aromatici elettron-ricchi,
quali il triptofano (Trp) e la tirosina (Tyr). Per evitare problemi sperimentali dovuti alle interazioni
tra specie cariche in soluzione, sono state scelte molecole neutre, che sono subunità di questi
aminoacidi: il 3-metil-indolo per il Trp e il p-cresolo per la Tyr. Per quanto riguarda gli accettori,
sono stati utilizzati alcuni idrocarburi policiclici aromatici: dibenz[a,h]antracene,
dibenz[a,c]antracene, benz[a]antracene e benz[a]pirene. Queste molecole competono con le PCDD
nel binding al recettore Ah (Poland, 1976) e sono in grado di formare complessi a trasferimento di
carica; per esempio, sono stati caratterizzati come accettori in complessi CT con le basi del DNA
(Sharifian, 1985). Tra questi donatori ed accettori sono state selezionate alcune molecole per la
sperimentazione.
Ai fini della caratterizzazione dei complessi a trasferimento di carica (Charge Transfer, CT), risulta
molto proficuo l’utilizzo di tecniche spettroscopiche, quali la spettroscopia UV-VIS e la Risonanza
Magnetica Nucleare.
In generale, lo spettro UV-VIS di un complesso CT (Balzani, 1991; Foster, 1969) presenta ancora le
bande dei singoli componenti (più o meno modificate) insieme a una nuova banda di assorbimento
risultante dalla transizione a trasferimento di carica, che corrisponde a un trasferimento elettronico dal
donore all’accettore. Nel caso dell’interazione tra un forte elettron-donatore e un forte elettronaccettore, la banda appare a una lunghezza d’onda considerevolmente maggiore rispetto
all’assorbimento dei singoli componenti. In caso di deboli interazioni CT, la banda può essere coperta
da assorbimenti più forti dovuti a stati localmente eccitati del donore e/o dell’accettore. Dall’analisi
dello spettro è possibile calcolare il coefficiente di estinzione molare e la costante di associazione del
complesso.
La Risonanza Magnetica Nucleare, NMR, fornisce evidenze qualitative e quantitative della
formazione dei complessi (Foster, 1969). Ha però il limite di non distinguere i complessi a
trasferimento di carica dai complessi dovuti, per esempio, a forze dipolo-dipolo indotto o a legami
d’idrogeno; pertanto questa tecnica può essere utilizzata, dopo accurate verifiche sperimentali, solo
come strumento complementare nella caratterizzazione dei complessi CT. Anche da queste misure è
possibile calcolare il valore della costante di associazione del complesso, utilizzando metodi analoghi
a quelli della spettroscopia ultravioletta.
Poiché le interazioni intermolecolari coinvolte nell’associazione tra molecole esogene e il loro target
biologico sono generalmente molto deboli, l’ottenimento del valore della costante di associazione del
complesso dalle misure spettroscopiche presenta notevoli difficoltà. È quindi importante sviluppare
metodologie per il trattamento dei dati sperimentali che consentano di ottenere valori affidabili di
questa proprietà. A tale scopo, era stata precedentemente sviluppata e implementata in un codice di
calcolo, in collaborazione con l’”Istituto di Chimica Quantistica ed Energetica Molecolare” del CNR,
una metodologia per il trattamento dei dati spettroscopici che utilizza una procedura di minimi
quadrati non lineari (Procopio, inviato (a)). Il programma minimizza lo scarto tra valori
sperimentali e calcolati, variando la costante di associazione del complesso e i parametri
caratteristici di ciascuna tecnica (il coefficiente di estinzione molare, per l’UV-Vis, e il chemical
shift, per l’NMR) relativi allo spettro del complesso. Tuttavia, le soluzioni ottenute con questo
metodo per la coppia modello Paraquat - 1,4-Dimetossibenzene erano risultate instabili. Per
problemi complessi, nei quali la funzione da minimizzare è non lineare e a molte variabili, i metodi
stocastici sono spesso l’unica strategia utilizzabile; tra questi, stanno assumendo particolare rilievo
le strategie evolutive (Evolution Strategies, ES) che, rispetto ai tradizionali algoritmi genetici, sono
significativamente più veloci e più adatte a trovare il minimo globale di una funzione a molti
minimi (Price, 1997).
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Linea 2 - 3
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Nella prima fase della ricerca, è stato elaborato e implementato un codice di calcolo che effettua la
ricerca del minimo globale attraverso l’utilizzo di una particolare ES, chiamata Differential Evolution
(DE). La funzione obiettivo viene espressa in termini di “funzione costo”; l’algoritmo, guidato dal
“costo”, trasforma una popolazione iniziale di vettori generati casualmente in un vettore soluzione,
attraverso cicli ripetuti di mutazione, ricombinazione e selezione. Questo tipo di algoritmo, oltre a
essere il più adatto per questo tipo di problemi, è immediatamente trasferibile a qualunque tipo di
applicazione, in quanto è indipendente da parametri specifici relativi alla tecnica utilizzata. Le
soluzioni ottenute per la coppia modello Paraquat - 1,4-Dimetossibenzene sono risultate molto
soddisfacenti (Procopio, inviato (a)). L’accordo tra lo spettro UV-Vis del complesso determinato
sperimentalmente e quello ricostruito dai parametri calcolati con l’algoritmo DE è mostrato nella
seguente Figura:
0.8
0.7
0.6
A
0.5
Abs_calc
0.4
Abs_exp
0.3
0.2
0.1
0
390
420
450
480
λ
510
540
570
600
Fig. 2-A.1 Spettro UV-Vis del complesso CT Paraquat-1,4-Dimetossibenzene sperimentale e
ricostruito dai parametri calcolati con l’algoritmo DE
È stata inoltre avviata la caratterizzazione dei complessi a trasferimento di carica tra PCDD o
molecole affini e molecole recettoriali modello. La sperimentazione effettuata ha comportato prove
UV-Vis con la coppia Dibenz[a,c]antracene – 3-Metilindolo:
Dibenz[a,c]antracene
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Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
CH3
N
H
3-Metilindolo
Sono state eseguite misure UV-Vis utilizzando eptano come solvente; le concentrazioni utilizzate
sono riportate nella Tab. 2-A.1:
Tab. 2-A.1 - Concentrazione iniziale dell’accettore Dibenz[a,c]antracene e del donore
3-Metilindolo in eptano.
n° prova
1
2
3
4
5
Concentrazioni (M)
3-Metilindolo Dibenz[a,c]antracene
2.4E-05
6.3E-06
3.7E-05
1.5E-05
7.5E-05
5.9E-06
2.4E-04
6.3E-05
5.4E-02
8.7E-04
In queste condizioni non è stata evidenziata la formazione di una nuova banda attribuibile al
trasferimento di carica. Per stabilizzare lo stato eccitato del complesso e, quindi, abbassare l’energia
richiesta per il charge transfer, sono stati utilizzati solventi più polari quali etanolo e
dimetilsolfossido. Anche con questi solventi non è stata osservata una nuova banda; è stato anche
registrato l’andamento degli spettri nel tempo, senza però rilevare differenze significative.
Nella prima fase delle prove in etanolo, sottraendo la somma degli spettri dei reagenti puri dallo
spettro della soluzione del complesso è stato osservato un picco. Per verificare se questo picco
corrispondesse realmente alla formazione di un complesso CT, sono stati registrati spettri UV-Vis di
soluzioni nelle quali uno dei due reagenti era mantenuto a concentrazione costante. I risultati sono
riportati nella parte inferiore della Tab. 2-A.2; ciascuna concentrazione di 3-Metilindolo è stata
“incrociata” con tutte le concentrazioni di Dibenz[a,c]antracene. I risultati indicano che l’assorbanza
di questo picco non varia in maniera significativa al variare della concentrazione dei reagenti e,
pertanto, non è interpretabile come banda CT.
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Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 2-A.2 - Concentrazione iniziale dell’accettore Dibenz[a,c]antracene e del donore
3-Metilindolo in etanolo.
n° prova
6
7
8
9
10
11
12-15
16-19
20-23
24-27
28-31
Concentrazioni (M)
3-Metilindolo Dibenz[a,c]antracene
3.4E-06
3.2E-06
5.0E-04
3.2E-06
5.0E-04
5.0E-04
1.9E-01
5.0E-04
7.5E-01
5.0E-04
8.6E-01
5.0E-04
6.6E-01
2.8E-04
1.3E-01
0.7E-04
6.6E-02
2.8E-05
2.6E-02
1.4E-05
2.1E-03
Le concentrazioni utilizzate per il 3-Metilindolo e per il Dibenz[a,c]antracene in dimetilsolfossido
sono riportate in Tab. 2-A.3.
Tab. 2-A.3 - Concentrazione iniziale dell’accettore Dibenz[a,c]antracene e del donore
3-Metilindolo in dimetilsolfossido.
N° prova
32
33
34
35
Concentrazioni (M)
3-Metilindolo
Dibenz[a,c]antracene
1.8E-02
3.0E-03
6.6E-01
4.6E-04
9.3E-01
3.0E-03
9.6E-01
6.7E-03
Sono state eseguite quindi prove a diverse temperature utilizzando come solvente l’etanolo: gli spettri
di una soluzione ottenuta mescolando una soluzione satura di Dibenz[a,c]antracene e una soluzione
contenente una concentrazione di 0.096 M di 3-Metilindolo sono stati registrati a + 20° C, +10° C, 0°
C, -5° C, -10° C; ancora, in nessun caso si evidenzia la comparsa di una nuova banda CT.
Questi risultati hanno due possibili interpretazioni: (i) la banda CT potrebbe essere nascosta dalle
bande dei reagenti, e questo significa che non siamo nelle condizioni “ideali” per la rivelazione,
ovvero con questa coppia e con questa tecnica non si può evidenziare la formazione del chargetransfer; (ii) il complesso CT tra queste due molecole non si forma affatto, e questo potrebbe essere
dovuto al fatto che il triptofano non è direttamente coinvolto nel binding, oppure che il modello 1:1
Rapporto scientifico finale
Linea 2 - 6
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
tra un legante e un aminoacido è troppo semplificato per modellare un’interazione recettore-legante
che potrebbe essere molto più complessa.
Sulla base dei risultati ottenuti in questa fase della sperimentazione è emersa la necessità di una
progettazione più mirata del modello sperimentale, che richiede un ampliamento delle conoscenze
sulla cavità di binding del recettore Ah al fine di individuare gli aminoacidi direttamente interagenti
con le PCDD.
3.2 Tema 2-B: calcolo, mediante i metodi della meccanica quantistica, di proprietà molecolari
rilevanti ai fini della formazione dei complessi a trasferimento di carica: potenziali di
ionizzazione e affinità elettroniche.
La relazione teorica esistente tra l’energia della banda di trasferimento di carica, ottenuta mediante
spettroscopia UV, il potenziale di ionizzazione (IP) del donore e l’affinità elettronica (EA)
dell’accettore (Balzani, 1991) consente di prevedere, utilizzando i valori di IP ed EA calcolati con i
metodi della meccanica quantistica, l’ordine relativo dell’energia della banda CT all’interno di una
serie di complessi tra una PCDD e diversi donatori ovvero tra diverse PCDD e un donatore.
Un’analisi preliminare ha indicato che i valori delle EA e dei IP delle PCDD sono fortemente
dipendenti dal metodo computazionale adottato; i problemi maggiori si sono presentati nel calcolo
delle EA. Nella prima fase della ricerca è stato quindi messo a punto un metodo di calcolo in grado
di fornire valori affidabili delle EA delle PCDD.
In generale, il calcolo ab initio della EA richiede un trattamento adeguato della correlazione
elettronica e l’utilizzo di basis set estesi, che includano funzioni diffuse. Inoltre, i radicali anioni di
alcune PCDD sono risultati anioni “temporanei” o “metastabili”, ossia sistemi instabili rispetto a
fenomeni di electron detachment. Il calcolo di energie accurate per anioni di questo tipo rappresenta
una notevole sfida per i tradizionali metodi ab initio (Simons, 1987); particolare attenzione deve
essere rivolta allo sviluppo e alla ottimizzazione di basis set adeguati per questo tipo di sistemi.
I risultati ottenuti su sistemi modello indicano che l’utilizzo di funzionali DFT che includono gli
effetti di correlazione elettronica, in particolare del funzionale B3LYP, e di un basis set sviluppato
ad hoc, ottenuto ottimizzando gli esponenti delle funzioni diffuse rispetto a valori sperimentali di
EA, porta a valori affidabili di EA per molecole con anioni metastabili. Nel basis set sviluppato, le
regioni di core e di valenza sono descritte a livello 6-311G(d,p); a queste funzioni sono state
aggiunte le funzioni diffuse del basis set 6-311++G(d,p) su tutti gli atomi eccetto quelli di carbonio,
e una shell di funzioni diffuse di tipo sp, centrata sugli anelli aromatici. L’ottimizzazione degli
esponenti delle funzioni diffuse per gli anelli aromatici è stata inizialmente condotta (Bonati, 1997)
utilizzando il clorobenzene (sistema con un anione altamente metastabile) e il 2-cloroantracene
(sistema con un anione stabile), per i quali sono disponibili i valori sperimentali delle EA in fase
gassosa.
A ulteriore conferma della affidabilità del metodo di calcolo proposto per le EA, è stato inoltre
effettuato (Bonati, 1998, 1999) uno studio sistematico di questa proprietà su un insieme di composti
aromatici le cui strutture sono subunità dello scheletro molecolare delle PCDD: benzene,
clorobenzene, anisolo, difeniletere, Dibenzo-p-Diossina. Come valori di riferimento sono stati
utilizzati i valori sperimentali di EA in fase gassosa ottenuti tramite spettroscopia di trasmissione
elettronica (Electron Transmission Spectroscopy, ETS), misurati, nei casi in cui non erano reperibili
in letteratura, presso l’Istituto Chimico “G. Ciamician” dell’Università di Bologna.
I valori di EA ottenuti, riportati in Tab. 2-B.1, mostrano un ottimo accordo con i dati sperimentali.
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Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Tab. 2-B.1 - Valori calcolati e valori sperimentali di EA.
Valori di EA (eV)
Calcolati
sperimentali
Benzene
-0.94
-1.12
Clorobenzene
-0.76
-0.75
Anisolo
-0.89
-1.13
Difeniletere
-0.75
-0.72
Dibenzo-p-diossina
-0.73
-0.68
Sulla base della ricerca condotta è quindi possibile concludere che la metodologia sviluppata è in
grado di fornire previsioni accurate dei valori assoluti di EA per i sistemi che presentano anioni
metastabili.
Le fasi successive della ricerca avrebbero comportato il calcolo dei valori di IP ed EA per le
molecole elettron-donatrici e accettrici coinvolte nei complessi CT modello e la ricerca di
correlazioni con le energie delle bande CT ottenute sperimentalmente. A seguito dei risultati
insoddisfacenti ottenuti nella sperimentazione sui primi complessi modello analizzati (vedi Tema 2A), questi calcoli sono stati rinviati, privilegiando l’attività relativa alla individuazione dei residui
aminoacidici presenti nella cavità di binding del recettore Ah e coinvolti nel binding alle PCDD
(Tema 2-C).
3.3 Tema 2-C: sviluppo di un modello teorico della struttura tridimensionale del dominio di
binding al legante del recettore Ah e individuazione dei possibili siti di interazione delle
PCDD.
Fino ad ora erano disponibili nella letteratura internazionale poche informazioni sulle caratteristiche
strutturali del recettore Ah. Era noto che sia il recettore Ah che la proteina ARNT appartengono alla
famiglia di proteine PAS (Per-ARNT-Sim) (Hahn, 1998) e che nel recettore Ah sono presenti due
domini PAS (PAS-A e PAS-B), ciascuno di circa 110 aminoacidi, separati da una sequenza di circa
50 aminoacidi. Per una specie di topo, il dominio coinvolto nel binding al legante è stato
individuato tra gli aminoacidi 230 e 397, una regione che comprende il dominio PAS-B (Fukunaga,
1995).
Successivamente, la struttura della proteina PYP (photoactive yellow protein) determinata per
diffrazione di raggi X (Pellequer, 1998) è stata proposta come prototipo strutturale della famiglia
PAS. Solo recentemente è stata determinata la struttura cristallografica di altri due domini PAS: il
potassium channel umano HERG (Cabral, 1998) e il dominio di binding per l’eme del sensore
dell’ossigeno FixL (Gong, 1998).
Sulla base di queste conoscenze è stato possibile generare un modello per il dominio di binding al
legante (ligand binding domain, LBD) del recettore Ah del topo (mouse Ah receptor, mAhR). Il
modello è stato sviluppato (Procopio 1999a, 1999b, inviato (b)) in collaborazione con l’Istituto di
Ricerca di Biologia Molecolare P. Angeletti (IRBM) di Pomezia, utilizzando metodologie per la
predizione di struttura delle proteine.
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3.3.1 Predizione della struttura del recettore Ah
L’applicazione di una tecnica per la ricerca di omologia tra sequenze proteiche (PSIBLAST:
Altschul, 1997) ha rivelato numerose omologie tra il dominio di binding al legante del mAhR e
molte altre proteine PAS. Tra queste sono presenti le tre proteine per le quali sono note le strutture
dei domini PAS: PYP, HERG e FixL. In Fig. 1 è riportata una rappresentazione schematica di
queste strutture.
Nonostante il basso livello di identità di sequenza, la sovrapposizione delle tre strutture (Fig. 1d)
rivela una elevata conservazione degli elementi strutturali caratteristici: un β-sheet costituito da
cinque strands antiparalleli, con ai due lati α-eliche.
Nonostante tutti e tre i domini appartengano a proteine coinvolte in processi di trasmissione del
segnale, che si ritiene avvengano mediante interazioni proteina-proteina, esse hanno sviluppato
meccanismi abbastanza diversi per svolgere questa funzione. Mentre in HERG il dominio PAS non
lega alcun legante (Cabral, 1998), sia il dominio PAS di FixL che la proteina PYP sono attivate da
leganti: in FixL il binding dell’ossigeno all’eme controlla l’attività di un dominio istidina-chinasi
(Gong, 1998); in PYP, a seguito del legame con il cromoforo p-idrossicinnamolo, avviene un
cambiamento conformazionale locale (Pellequer, 1998).
La maggiore differenza conformazionale di FixL risiede nel cosiddetto helical connector, ossia
nella lunga elica centrale, che risulta spostata di circa 7 Å rispetto alla posizione che assume negli
altri due domini (Fig 1d), consentendo così l’alloggiamento del gruppo eme (Gong, 1998). Mentre il
core idrofobico dei tre domini è ben consevato, due residui nascosti di FixL differiscono
significativamente in dimensioni rispetto agli equivalenti residui in PYP e HERG, ancora favorendo
il binding all’eme.
Sia la struttura di FixL che quella di PYP sono note sia nello stato inattivo che in quello attivo per la
trasmissione del segnale. Nel caso di PYP, i cambiamenti conformazionali avvengono vicino al
cromoforo p-idrossicinnamolo e sono trasmessi alla superficie della proteina soprattutto attraverso il
cromoforo e il residuo Arg52 (Pellequer, 1998). In FixL, si ritiene che i gruppi propionato dell’eme
trasmettano il segnale della transizione di spin traducendo l’aumento di planarità dell’anello
porfirinico in un cambiamento conformazionale nella regione della proteina che segue l’helical
connector (Gong, 1998). Le regioni coinvolte nella trasmissione del segnale sono quindi collocate,
sia in PYP che in FixL, alle due estremità dell’elica centrale; questo sottolinea l’importanza di
questa regione e dei loops ad essa adiacenti come elementi strutturali critici per l’azione regolatrice
del dominio PAS (Pellequer, 1999).
In assenza di una buona omologia di sequenza con i template, la predizione della struttura
secondaria può avere un ruolo determinante non solo nel riconoscere e distinguere i possibili
template strutturali, ma anche nel refinire l’allineamento.
Per questo passaggio è stato utilizzato l’algoritmo di predizione disponibile on-line attraverso il
JPRED Web-server (Cuff, 1998). In Fig. 2 è riportato il consensus ottenuto per i residui 230-397 del
LBD del mAhR e le strutture secondarie identificate ai raggi X per i tre template. L’accordo tra le
strutture secondarie predette e osservate è soddisfacente.
Per ottenere l’allineamento finale, riportato nella Fig. 2, tra la sequenza da modellare e i possibili
template strutturali sono state utilizzate tutte le informazioni disponibili nel modo più consistente
possibile: (i) l’allineamento basato sulla similarità di sequenza; (ii) la struttura secondaria predetta
per il LBD di mAhR; (iii) la struttura secondaria osservata di FixL, HERG e PYP; (iv)
l’allineamento strutturale delle proteine cristallizzate e le corrispondenti strutture secondarie
predette.
Data la differenza nella risposta alle PCDD del recettore Ah nelle diverse specie, la conservazione
di alcuni residui nel LBD del recettore Ah del topo in recettori di altre specie potrebbe indicare
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Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
residui chiave essenziali per il binding. In aggiunta al LBD di Ah del topo e ai template strutturali
FixL, PYP ed HERG, nel processo di allineamento sono state quindi incluse anche le seguenti
sequenze di AhR: il recettore Ah umano, con affinità per la 2,3,7,8-TCDD sei volte inferiore ad Ah
del topo (Ema, 1994); l’ortologo AhR-1 di Caenorahabditis Elegans (AhR-1 C.E.), che non lega le
PCDD (Powell-Coffman, 1998); AhR α e β della trota arcobaleno che legano la TCDD (Abnet,
1999); AhR del Microgadus Tomcod, che è attivato dalla TCDD (Roy, 1997). Per confronto, nella
Fig. 2 sono mostrate anche alcune sequenze della proteina ARNT.
A causa del basso livello di conservazione della sequenza aminoacidica, la relazione tra la sequenza
target e i possibili template è stata stabilita manualmente. Gli allineamenti di sequenza multipli e la
struttura secondaria predetta dei recettori Ah sono stati allineati con gli allineamenti multipli (e le
associate strutture secondarie predette) generate per i template. Durante questo processo è stata
ottimizzata la conservazione sia degli elementi di struttura secondari, sia del carattere aminoacidico
(idrofilicità/idrofobicità). Tutti gli allineamenti sono stati effettuati utilizzando il programma di
visualizzazione interattiva SEAVIEW (Galtier, 1996).
A causa della più stretta omologia funzionale (interazione non covalente con un legante) è stato
scelto FixL come template di partenza per il modelling. Questa decisione è stata supportata anche
dall’osservazione che, rispetto a HERG e PYP, in FixL l’helical connector è più lontano dal β-sheet
(Fig 1) per permettere l’accomodamento dell’eme, una situazione che si suppone sia presente in
modo simile anche in AhR.
La sequenza del mAhR corrispondente ai residui 275-380 è stata quindi inscritta sul template
strutturale FixL in accordo all’allineamento in Fig 2, e successivamente sono state effettuate le
necessarie delezioni e modellate le inserzioni, a partire dal database di frammenti implementato nel
software INSIGHTII (Molecular Simulation Inc., 1998). Le catene laterali dei residui sostituiti sono
state ottimizzate con il software SCWRL (Dunbrack, 1993, Bower, 1997), la geometria del modello
risultante è stata regolarizzata con WHAT IF (Vriend, 1990) e poi analizzata senza ulteriori
modificazioni. Il modello ottenuto (Procopio 1999a, 1999b, inviato (b)) è riportato nella Fig. 3a.
3.3.2 Modello del riconoscimento molecolare delle PCDD da parte del recettore Ah
Come risulta evidente dalla Fig 3, la più notevole differenza conformazionale tra il modello del
mAhR e il template FixL è la posizione relativa dell’helical connector che è spostato più vicino al
β-sheet, riducendo la grandezza dell’entrata della cavità di binding. Questa posizione, intermedia tra
quella osservata in HERG e in FixL è ben correlata con il ruolo funzionale del core idrofobico delle
tre proteine: mentre HERG non presenta attività di binding, AhR modellato lega le PCDD e FixL
deve accomodare il cofattore eme, notevolmente più largo.
Una valutazione dei residui di mAhR in posizioni corrispondenti a quelle importanti per il binding
dell’eme in FixL supporta la validità del modello ottenuto. Per facilitare il confronto, nelle Fig. 3c e
3d sono riportate le cavità di binding di mAhR e FixL; la prima è ottenuta dal modello di mAhR,
inserendo la 2,3,7,8-TCDD con il piano molecolare in una posizione simile a quella del piano
dell’eme in FixL.
Le Glicine 224 e 251 nel core idrofobico di FixL corrispondono alla Leu 347 e alla Ala 375 in AhR;
in AhR si riduce quindi l’ampiezza della cavità, in accordo con i dati di mutagenesi sito-specifica
che identificano il residuo Ala 375 come critico per l’attività di binding del legante (Abnet, 1999). È
interessante notare che esiste una buona correlazione tra le dimensioni della catena laterale in questa
posizione e le dimensioni del legante: mentre quest’ultimo decresce passando da FixL ad AhR e poi
a HERG, la corrispondente catena laterale cresce in dimensioni (dalla Gly 251 alla Ala 375 fino alla
Leu 127). Inoltre, anche AhR umano e AhR-1 di C.E., entrambi con una ridotta affinità per le
PCDD, hanno una catena laterale di dimensioni maggiori in questa posizione (Val e Ala,
rispettivamente), che ingombra maggiormente la cavità.
Rapporto scientifico finale
Linea 2 - 10
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Il residuo che coordina lo ione Fe nell’eme di FixL, His 200, è sostituito dalla Cys 327 in tutti i
recettori Ah escluso AhR-1 C.E., dove è presente una Ala. Il gruppo SH nella cisteina potrebbe
comunque mantenere il ruolo dell’istidina permettendo interazioni elettrostatiche favorevoli con una
regione elettron-povera sul legante.
All’entrata della cavità di FixL, la Arg 220 che lega un gruppo propionato dell’eme è sostituita da
una Thr in tutte gli AhR, eccetto AhR umano e AhR-1 C.E. che hanno una isoleucina e una leucina,
rispettivamente. Mentre il gruppo metilico CG2 della Thr può mediare le interazioni idrofobiche
con il legante, sia la isoleucina che la leucina bloccherebbero parzialmente l’entrata e ridurrebbero
l’affinità.
Nessuno di questi residui presenti nelle diverse proteine Ah è conservato nella proteina omologa
ARNT (Fig 2) che non presenta attività di binding.
Informazioni addizionali sul meccanismo di binding PCDD-AhR possono essere dedotte
analizzando il meccanismo proposto per la traduzione del segnale in FixL. In questo caso, la His (o
Arg) in posizione 214 è stata proposta come il residuo chiave (Pellequer, 1999). Il gruppo eme,
diventando più planare, spingerebbe via questo residuo inducendo un cambiamento
conformazionale. Il secondo residuo importante in questo meccanismo è la Arg 206; la
conformazione della catena laterale di questo residuo influenzerebbe quella della Asp 212, che
determina il grande cambiamento conformazionale di FixL nel passaggio da forma non legata a
forma legata (Pellequer, 1999).
È interessante notare che la Arg 206 e la Thr 210 di FixL sono conservate nel mAhR (Arg 333 e Thr
337) e che l’Asp 212 è sostituito da un aminoacido simile, il Glu 339. Questi tre residui sono
conservati in tutti i recettori Ah e non sono presenti in altre proteine PAS analizzate. Quindi, per
analogia con il meccanismo di FixL, è concepibile che, una volta legata la PCDD, l’Arg 333 in
mAhR venga coinvolta nell’interazione con gli atomi di cloro del legante e rompa il legame di
idrogeno con il Glu 339, inducendone un cambiamento conformazionale.
Complessivamente, i residui che potrebbero mediare interazioni chiave nel complesso PCDD-AhR
sono: la Ala 375, le cui dimensioni influenzano l’accomodamento del legante; la Cys 327 che può
interagire con la regione elettrofila centrale delle TCDD (Bonati, 1994, 1995); la Thr 343 che
potrebbe stabilizzare il complesso attraverso interazioni idrofobiche; la Arg 333, all’entrata della
cavità, che potrebbe guidare la TCDD verso il proprio sito di binding attraverso una interazione
elettrostatica a lungo raggio e, interagendo con gli atomi di cloro della TCDD, potrebbe promuovere
un meccanismo di traduzione del segnale simile a FixL, attraverso la Glu 339.
Nella Fig. 3c sono evidenziati altri tre residui: la Arg 282, la Phe 345 e la Gln 377. Mentre la Arg
282, sostituita dalla Gln in alcuni recettori Ah e orientata verso il sito clorurato della TCDD,
potrebbe contribuire al binding attraverso interazioni elettrostatiche o legami idrogeno, la Phe 345
potrebbe essere coinvolta in una interazione aromatico-aromatico con la TCDD. La Gln 377,
caratteristica di tutti i recettori e non presente in altre proteine PAS, potrebbe formare legami ad
idrogeno con atomi di cloro nella posizione ipotizzata per la TCDD nella cavità.
Il modello ottenuto (Procopio 1999a, 1999b, inviato (b)) riesce a combinare diverse informazioni
sperimentali e teoriche in modo consistente e conferma una forte conservazione nel meccanismo di
trasmissione del segnale all’interno della famiglia PAS. Pertanto riteniamo che tale modello sia
sufficientemente accurato per fornire una plausibile ipotesi per il riconoscimento delle PCDD da
parte del recettore Ah.
L’ipotesi avanzata potrà essere verificata successivamente, dal punto di vista sperimentale,
mediante prove di mutagenesi sito-specifica dei residui proposti per l’interazione AhR-PCDD e, dal
punto di vista teorico, mediante calcoli dell’energia di interazione legante-recettore che permettano
di definire più accuratamente la posizione del legante nella cavità.
Rapporto scientifico finale
Linea 2 - 11
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 2C-1 Rappresentazione schematica della proteina PYP (b) e dei domini PAS di HERG (a) e
FixL (c) ottenuta con il software RIBBONS. Sovrapposizione delle tre strutture (d) ottenuta con il
software INSIGHII
Rapporto scientifico finale
Linea 2 - 12
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
280
AhR LBD mouse
AhR trout α
AhR human
AhR-1 C.E.
AhR tomcod
AhR trout β
ARNT human
ARNT rat
ARNT mouse
290
R T K T I
G C D A K G Q L I
310
L G Y T E V E L C T R G
A S E D M I L K T K H Q L D G A L V S M D Q K V Y E M L E I
R T K T I
D E T D L P M P L
S G Y Q F I
E G I
F T F V D H R C V A T V G Y Q P Q E L L G K
N I
V E F C
D M S N I
E G I
F T F V D H R C V A T V G Y Q P Q E L L G K
N I
V E F C
I
D I
L E F C
E F I S R H N I
D M S G M E F L S R H N S D G I
E EE
E E
L A F G A I Q L D G D
G I
I
EE
T G R D P K Q V I G K N F F K D V A P C T
Y C N D G F C E L C G Y S R A E V M Q R P C
340
L H C A E S H I
R M I
T C D F L
E E
330
H A A D I
E
V N I L M
E E
A N A R V E N C A V I
320
G Y Q P Q D L L G K
E E
L Q Y N A A E G D I
EE
E EE EE E
S V I
E EEE
Q L F S T A A E R L F G WS E L E A I G Q N
EE
G N I
E E EE EE
S R K F I I
T F V D P R C I
E E E E
E E EE EE
HERG
HERG X-ray
K T G E
350
360
S G M T V F R L L A K H S R WR W V Q S N A R L I
H A A D M M F C A D N H V R M I
K T G E
S G L T T F R L L Q K T G C WV W V Q A N A R L V
H A A D M L Y C A E S H I
R M I
K T G E
S GM I
H V E D A V C M A E A H K E A I
K N G S
S GL L V Y R L V T K T R R T Y F V Q S S C R M F
V F R L L T K N N R WT W V Q S N A R L L
H A A D M M Y C A D N H L R M I
K T G E
S G L T V F R L L S K S S G WV W V Q A N A K L V
H A A D M M Y C A D N H V R M I
K T G E
S G L T T F R L L Q K T G C WV W V Q A N A R L V
H P E D Q Q L L R D S F Q Q V V K L K G
Q V L S V M F R F R S K N Q E WL W M R T S S F T F
H P E D Q Q L L R D S F Q Q V V K K G Q
V L S V M F R F R A K N R E WL W M R T S S F T F
H P E D Q S H L R E S F Q Q V V K K G Q
V L S V M Y R F R T K N R E WL L I
AhR LBD JPRED E
S R Y R T T S D P H I
FixL X-ray
I
N L N T M F E Y T F D Y
E EEE EEE E
H G P C T Q R R A A A Q I
A Q A L L G A
HERG X-ray
E E R K V E I
370
380
I
G R P D F I
I
A R Q R A L L N S E G E E H L R Q R K M E L P
G R P D Y I
I
V T Q R P L T D E E G T E H L R K R N T K L P
Y K N
S K P E S I
G L T H R L L N E V E G T M L L E K R
Y K G
G R P D F I
I
Y K G
G R P D F I
I
A R Q R A L L N S E G E E H L R Q R K M E L P
Q N P Y S D E I E Y I
I
C T N T
F I
C T N T N V K N S
C T N T N V K Q L
FixL X-ray
EE
PYP
L S G D
V D V V P V
EE E E E EE E EE E
S T L K
A R Q R A L V N A E G E E H L R Q R R L Q L P
Q N P Y S D E I E Y V I
Q S G
EE E E EE E EE
390
Y K G
AhR LBD JPRED E
EE E E E EE E EE E
A T Q R P L T D E E G R E H L Q K R S T S L P
Y K N
Q N P Y S D E M S I
G E M
Q M T P T K V K V H M K K A
A F Y R K D G S C F L C L
EEE EEE E E
G R P D Y I
EE E
G I G R I V T G K R R D G T T F P M H L S I
E EEE E E
D S P E F Y G K F K E G V A S G
Y R N
R T S S F T F
EE E E E
P E P D R S R H D S Y I
PYP
PYP X-ray
FixL
Y N L V
S G Y Q F I
F F Q T K H K L D F T P M G V D A R G K V V L G Y S E M E L C M R G
PYP
PYP X-ray
AhR LBD mouse
AhR trout α
AhR human
AhR-1 C.E.
AhR tomcod
AhR trout β
ARNT human
ARNT rat
ARNT mouse
S G Y Q F I
V C Q P T E F I S R H N I
I P D A M I V I D G H
HERG
S G Y Q F I
G C D A K G R I V L G Y T E A E L C T R G
R A K T L I F Q T K H Q L D F T P M G I D N R G K V V L G Y S E L E L C M R G
FixL
FixL X-ray
FixL
S G Y Q F I
F F Q T K H K L D F T P M G V D A R G K V V L G Y S E M E L C M R G
R T K N F I F R T K H K L D F T P I
AhR LBD JPRED
AhR LBD mouse
AhR trout α
AhR human
AhR-1 C.E.
AhR tomcod
AhR trout β
ARNT human
ARNT rat
ARNT mouse
300
R T K N F I F R T K H K L D F T P I
E E E E E EE
G E P Y F T G F V R D L T E H Q Q T Q A R L Q E L Q
EE E E E E EE EE
.
S Y W V F V K R V
Fig. 2C-2 Allineamento delle sequenze e delle strutture secondarie predette per alcuni recettori Ah
con i tre template, corredati dall’informazione strutturale derivata dalla Protein Data Bank
(FixL: 1bv6.pdb; PYP: 2phy.pdb; HERG: 1byw.pdb). Eliche e β-strands sono rappresentati in
bianco e nero. La convenzione adottata per la colorazione degli amino-acidi è la seguente:
rosso: acidi; blu: basici; violetto: polari; giallo: Cys; marrone: aromatici; verde: idrofobici;
arancione: con gruppi ossidrilici; verdastro: Met; grigio: Pro; bianco:Gly.
Rapporto scientifico finale
Linea 2 - 13
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
Fig. 2C-3 Modello del dominio legante di mAhR (a); dominio PAS di FixL (b); modello proposto
per il binding di AhR alle PCDD (c) e, per confronto, posizione del legante nella cavità di binding
di FixL (d).
Rapporto scientifico finale
Linea 2 - 14
Impatto ambientale termodistruzione rifiuti
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