Poesie di Gisella Torrisi da Dialogo assente
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Poesie di Gisella Torrisi da Dialogo assente
L’odore di Campare Che m'importa di dormire? La fame è fame. Con i grandi occhi vedo tornarmi rotti rotte rotta bambina con i piedi di gambe, e basta! Del fantasma che nella strada mal asfaltata scalzi hanno inseguito perduto e inventato Luce. Lacerandosi fino a scoprire i tendini. Ingoiavo tremando nel sonno da sveglia ogni particolare abbandonato come me per essere o assomigliarmi cercandomi. Al bello, al certo, al giusto chiudevo la porta. Via da me quel riflesso di forma, via sicurezza! Non cavalcavo l'onda ma le mie piccole mani si aggrappavano alla sabbia in quell'intimo rito e sembra che l'onda sfiori ancora lieve il dorso, e lì, e qui in questa piccola percezione insomma! esplode in fiamme il sole nel petto che logora. E' un mezzogiorno notturno, l'una è l'ora. Col vento l'altra me vola, potature segrete per non accettare questo odore di campare fiori papiro da campo già pronti da scrivere fuggo in altro, altri. Fuggo l'eterno con esso via da tutto via; maledette voi siate: parole. Dimora dentro con l’aria d’inverno lei ad ogni sospiro della mia esistenza. Ho otto anni e la primavera in me caduta è su questa dondola in cui d’io scelleratamente dimentico e strappo via fiori-odori coprendomene del suono di violini che sale da dentro le leve scoperte e le mani più fredde. Gli occhi carnefici sulla mia muta vita girano in vortici indifferenti fra i capelli non notando la deformità al mio volto. Disagio mescolato col sangue, agli sguardi gelidi non importa la pulsazione avrà stanotte il tuo cuore sacerdote miscredente e né a quale frequenza cardiaca smetterà di battere. Loro non ci saranno a guardarti vivere loro dimenticheranno di guardarti morire. Che importa della vita, del prendere forma umana? Consacriamo ora la spiritualità per inchiodarla al nostro grembo sterile che cerca di suicidarsi. Il legno battuto dal chiodo, la carne trafitta è dolore, è piacere. Smuove così le nostre voci che prima sembravano solo echi, e ora son nuove. Gli sguardi gelidi non mi spogliano, ma io acqua e loro basse temperature m'immobilizzano dentro le loro cervella, e vedranno così una qualche scultura. L'indifferenza è l'apatia, la noia è sintomo di squilibrio, abituarsi è perdere la condizione precedente in ricordo, la mia memoria è così sventrata dal giudizio degli sguardi. A proposito degli sguardi gelidi Ti senti anche tu come un feto abortito che aspetta di nascere o sparire? L'odore dell'amore è solo sporco sesso composto da liquidi seminali e sudore. Trombare, trombare, svuotare i coglioni: questo è tuo padre, o quello che fu. Colmare, colmare, colmare le insoddisfazioni: questa è tua madre, o quella che fu. Televisori, culi, tette e teste calde intercambiabili. Se hai paura spegni la luce e dormi e piangi solo il buio ti farà dormire e non pensare se ti masturbi poi proverai commozione lo sai: i dolori saranno la tua purificazione. Mordi, mordi, mordi le braccia, staccale via se diventano pesanti. Mordi, mordi, mordi le braccia, staccale via e metti le ali, dormi e piangi! Sull'altalena si perde la testa, ma almeno la nausea scende via con le lacrime la piangi tutta e poi ancora aspetti o vorresti morire? Mamma non torna o forse è già morta appena non ricordo continua a piangermi sulla schiena. Se sei nervoso e non sai perché banalmente chiama il tuo problema con un nome proprio: è colpa degli amici se tuo figlio si bucava. Dormi e piangi Bozze di una rivoluzione III I non credi sono sempre più forti della notte nevralgica nell’assenza di Erri che pensa: eroismo o fame difficile scelta fra le tante maschere quale dei Meli indosserai tu poeta? Per il capodanno che non tarda e plastiche delle vallette ti attizzano ma cambiati la gonna che è corta tu donna e zitta che questo tempo, medioevo affaccendato, potrebbe condannarti perché sei strega sei e cominci a morire anche tu nell’83 impigliato fra indagini di chi prende non solo il culo ho prurito ovunque giuro. I non credi sono quelli forti e anche i sinonimi come esempio si prega: politica-corruzione tanta oppure Signor giudice-polizia poca se serve arriva a stupro compiuto e dunque donna principio di genesi zitta non sto e la gonna non la cambio anzi levo le mutande che mi irritano la voragine che ti giuro che è poesia. Bozza di una rivoluzione II T’importa di colorare un interno cielo? Intero, di stelle che ti cadono addosso che provammo a fermare al nostro posto con saliva di nessun peso sulla coscienza saliva buona sputata contro le ingiustizie libera è l’unità, a volte in segreto: credo. Coltivo sul davanzale la pazienza, strade che percorro con suole di rabbia, soffoco mentre tu muori e cadi e cadi e continui a cadere mentre trendy attivisti ti dicono di lotte, di notti in prevendite, cognomi scritti in maiuscolo prima del nome. Ovunque è l’incoscienza che salvare il pianeta è solo il nuovo libero tempo da occupare noi, da togliere le ovaie mentre nei mari i figli sono a galla e piangere senza doverci più pensare di quella guerra che non volete sapere. Stato padrone! Stato italiano! Stato eri e non sei mai nato, nella tarantella del cuore non possiedi forma e noi che siamo il triangolo non vogliamo ricatti, e mai più ingiurie, la mafia sei tu! E non ti spogliare nelle commemorazioni. Ricordi tuo padre? Che sul muro parlava di nazione, piccola porzione per un popolo diviso che mangia solo se ha la bocca aperta per soddisfare il fallo che ci ha sottomessi. Dimenticami per strada e fallo per sette o più volte, io non sono fratello, io muoio. Da “Dialogo assente” di Gisella Torrisi