La Seconda Sofistica È un fenomeno imponente

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La Seconda Sofistica È un fenomeno imponente
La Seconda Sofistica
È un fenomeno imponente, perfettamente bilingue (la scelta del latino piuttosto che del
greco dipende esclusivamente dalle propensioni personali dell’autore), che coinvolge il
mondo greco e latino tra il I e il IV secolo d.C. (con qualche estrema propaggine nel VI).
Il secolo di massima fioritura della Seconda Sofistica è tuttavia il II.
Il termine "Seconda Sofistica" è attestato per la prima volta in Filòstrato II (Vite dei
Sofisti: cfr. sotto).
Il richiamo alla prima e più grande Sofistica (V secolo a.C.) è in parte fuorviante: in effetti
la seconda Sofistica non ha assolutamente la portata filosofica della prima, ed anzi ha
carattere quasi esclusivamente retorico. Gli interessi filosofici, se ci sono, sono
marginali o puramente convenzionali. In altre parole il movimento si ispira quasi
esclusivamente alla figura di GORGIA, passando attraverso la mediazione di Isocrate e
del Perìpato.
Il bersaglio polemico è senz'altro Platone e la sua stroncatura della retorica (cfr. ad
esempio il Fedro) in favore della dialettica.
Nella antica rivalità fra le due scuole di Platone e di Isocrate, compresenti in Atene nel IV
secolo, si prende posizione a favore di quest'ultimo. Questo perché la filosofia sta
attraversando un periodo di forte crisi ed ha in qualche modo esaurito la sua funzione
storica: si scopre - o per meglio dire si riscopre - la maggiore utilità pratica della parola
per fini immediati: gli effetti psicagògici della parola, già studiati e messi in pratica da
Gorgia, vengono impiegati per far leva su di un pubblico avido di novità sbalorditive e
virtuosistiche. Nel clima alquanto irrazionalistico che pervade il II secolo d.C. è inevitabile
che la ricerca dell'“effetto”, della suggestione emotivamente coinvolgente, della
stravaganza snobistica, prevalga sulla tensione speculativa che caratterizza la ricerca
filosofica.
I rètori della Seconda Sofistica ottengono un successo di pubblico enorme ed acquistano
una fama internazionale paragonabile a quella delle odierne “stars” di Hollywood.
Nasce con loro la figura del brillante conferenziere, che è costretto a viaggiare per
esibirsi nelle “piazze” di tutto il mondo civilizzato; uomo di mondo ed abile intrattenitore,
egli avvince l'uditorio più colto con orazioni perfettamente confezionate e le platee più
popolari con improvvisazioni su temi disparati, per lo più futili. I due maggiori esempi in
tal senso sono Apuleio (cfr. i Florida) in lingua latina e Luciano in lingua greca. La parola
d'ordine è “saper parlare di qualsiasi cosa” (il che presuppone un’indifferenza quasi
programmatica per i contenuti).
Si tratta in sostanza della estrema degenerazione della retorica epidittica: tale
degenerazione suole essere chiamata erìstica.
Del resto, ciascuno dei tre tipi di retorica praticati nell'antichità classica ha subìto
un'evoluzione (o per meglio dire un’involuzione) di questo segno nel corso del I secolo a.C.
e del I secolo d.C.; si pensi ad esempio alla raccolta di Controversiae e Suasoriae di
Seneca il Vecchio ed alla querelle circa la "decadenza dell'eloquenza" su cui tanto
s'interrogano gli intellettuali romani del primo periodo imperiale. La risposta è data con
estrema lucidità da Tacito (se, come pare, è suo il Dialogus de oratoribus): l'eloquenza egli dice - è figlia della libertà politica, è nata per esprimere contenuti ideologici forti,
come quelli della res publica romana (o della democrazia ateniese del V-IV secolo). Mutata
con l’impero la situazione politica, essa non può che trasformarsi in futile esercitazione
fine a se stessa (meleéth), riducendosi, per così dire, ad oratoria virtuale.
Semplificando e generalizzando, si può affermare che i tre tipi di retorica “classici” si
trasformino come segue:
Oratoria politica (Demostene) → suasoria
(simulazione di esortazione a qualche personaggio,
affinché faccia o non faccia qualcosa).
Oratoria giudiziaria (Lisia)
→ controversia
(simulazione di difesa, e successivamente di accusa, di
qualche personaggio).
Oratoria epidittica (Isocrate) → erìstica
(discorso di dimostrazione di una qualche tesi, più o
meno paradossale).
Rispetto all’annosa questione della retorica "asiana" o "atticista", i rètori greci della
Seconda Sofistica si pongono in una prospettiva ibrida:
• essi sono fondamentalmente atticisti per quanto riguarda la scelta del lessico,
esemplato sui grandi modelli attici (Lisia, Senofonte, Platone...);
• sono invece, in buona parte, asiani, per quanto concerne lo stile ad effetto, teso a
sbalordire il pubblico.
L'atticismo, comunque, è assolutamente predominante nelle teorie linguistiche.
Quanto ai rètori latini, essi abbandonano decisamente tanto l'esasperato modernismo
senecano quanto il classicismo quintilianeo e si ispirano per le loro scelte lessicali al
periodo pre-ciceroniano: predomina quindi un vistoso arcaismo, il cui rappresentante più
significativo è senz'altro Frontone, il maestro di Marc'Aurelio.
Gli esponenti della Seconda Sofistica in lingua greca
a. I retori del I-II secolo d.C.
DIONE DI PRUSA (detto Cocceiano e soprannominato Crisòstomo): Prusa (Bitinia), 40 d.C. - dopo
il 114 d.C.
Retore e filosofo stoico-cinico. Di indirizzo atticista.
Opere sofistico-letterarie: Troiani
Orazioni (famosa la LII, sui 3 Filottète)
Opere filosofico-morali: Orazioni parenetiche dirette a varie città
4 orazioni Sul regno
Olimpico (Fidia parla della divinità)
Euboico (descrive la vita umile e sana di un cacciatore,
inaugurando in qualche modo il “mito del buon
selvaggio”)
Opere etnografiche:
Sui Geti (perduto).
Favorino di Arelate (= Arles): Arles, 85 d.C. - dopo il 143 d.C.
Retore ed erudito, discepolo di Dione di Prusa.
Opere erudite:
Storia varia in 24 ll.
Opere filosofiche: Memorabili in 5 ll.
Discorsi pirroniani in 10 ll.
Sull’esilio
Opere sofistiche: Encomio della febbre quartana
Encomio di Tersìte
Ai Corinzi
Sulla Fortuna
b. I retori del II-III secolo d.C.
LUCIANO DI SAMÒSATA è di gran lunga il più importante; per lui si veda l’apposita scheda.
Massimo di Tiro: fine II d.C.
Retore e filosofo platonico-peripatetico-stoico. Celebre demonòlogo.
Opere filosofico-retoriche: 41 orazioni.
Erode Attico: Maratona, 101 d.C. - 177 d.C.
Discepolo di Favorino, console a Roma, maestro di Marc’Aurelio e Lucio Vero
(come Frontone), fondò una celebre scuola di retorica ad Atene. Fu un atticista fra
i più rigorosi ed è ricordato come un grande mecenate.
Unica opera pervenutaci: l’orazione Intorno allo Stato.
ELIO ARISTÌDE: Adriani (Misia), 129 d.C. - 189 d.C.
Neurolabile, superstizioso, misticheggiante, è una delle personalità più complesse e
caratteristiche del II secolo d.C.
La sua vita fu segnata da una grave malattia nervosa, durata ben 16 anni, dalla
quale - a suo dire - egli guarì per un “miracolo” del dio Asclepio.
Fu soprattutto retore. Di indirizzo antiplatonico, si ispira ad Isocrate.
Pur essendo un atticista, si esprime in uno stile molto sofisticato, quasi involuto.
Di lui ci sono pervenuti 55 scritti. Tra questi sono da ricordare:
Opere di argomento storico: Panatenaico (storia di Atene)
Opere retoriche:
Difesa dei Quattro (contro il Gorgia platonico)
Sulla retorica (contro le tesi platoniche; segue l’indirizzo di
Isocrate)
Opere di attualità:
Monodia per Smirne (sul terremoto che distrusse Smirne, di
cui in quest’opera Elio chiese - ed ottenne - la ricostruzione)
Encomio di Roma (esalta l’opera pacificatrice di Roma)
Opere autobiografiche: Discorsi sacri, 6 in totale, che rievocano la storia della sua
malattia e della sua miracolosa guarigione.
Claudio Eliano: Preneste, 170-235 d.C.
Fu il solo esponente della Seconda Sofistica a non viaggiare mai. Venne
soprannominato Melòglwssov (= “lingua di miele”).
Retore ed erudito, di vaga ispirazione stoica.
Opere erudite:
Sulla natura degli animali in 17 ll. (dimostra una scarsissima
esperienza diretta degli animali, ai quali attribuisce vizi e
virtù, secondo i principi dell’etica stoica)
Storia varia in 14 ll. (tratta di storia e mitologia).
Epistolografia fittizia: Lettere dalla campagna (su storie d’amore). Si tratta di un
genere in gran voga in quel periodo.
I FILÒSTRATI: nelle fonti antiche (cfr. il lessico di Suda) c’è grande confusione su questi retori,
tutti fra di loro omonimi. I commentatori antichi parlano di 3 Filòstrati, ma i filologi
moderni, date le enormi incongruenze cronologiche, sono arrivati a distinguerne 4:
Filòstrato I: avrebbe insegnato retorica ad Atene sotto i Flavi (I sec. d.C.) e secondo
le fonti sarebbe il padre di Filòstrato II, vissuto tra il II e il III sec. d.C.,
il che è evidentemente impossibile. Avrebbe scritto anche tragedie.
FILÒSTRATO II: 160-249 d.C. È di gran lunga il più importante.
Insegnò retorica ad Atene; a Roma entrò a far parte del circolo misticoesoterico di Giulia Domna, la moglie siriana di Settimio Severo. In
questo circolo si venerava la figura del celebre santone Apollonio di
Tiana. Quando la donna cadde in disgrazia e morì, tornò ad Atene.
Opere: Vita di Apollonio di Tiana, il famoso taumaturgo del I sec.
d.C.
Vite dei Sofisti, sulla prima e seconda Sofistica; è qui che,
come s’è detto, compare per la prima volta il termine
“Seconda Sofistica”
Eroico, sulla fede negli eroi divinizzati
Ginnastico, sullo sport
Immagini (Eikònes) in 2 ll., descrizione di 64 quadri visti a
Napoli
73 Lettere (per lo più fittizie, di soggetto amoroso).
Filòstrato III: nato verso il 190, secondo le fonti sarebbe il pronipote nonché genero
di Filòstrato II (sic!).
Opere: Ad Aspasio di Ravenna, sullo stile epistolare.
Filòstrato IV: vissuto verso la metà del III sec. d.C., sarebbe il nipote di Filòstrato
II.
Opere: 17 Immagini (Eikònes, imitazione di quelle del nonno).
Gli esponenti della Seconda Sofistica in lingua latina
Tre sono i grandi rappresentanti della Seconda Sofistica in lingua latina, e precisamente:
APULEIO:
Madaura (Numidia), 125 d.C. - Cartagine, verso il 170 d.C.
Per la sua complessa figura di pensatore e letterato si veda la storia letteraria.
In questa sede ci si limiterà a ricordare che nella sua vasta produzione si trovano
anche scritti che testimoniano la sua appartenenza alla Seconda Sofistica, della quale
egli era uno degli esponenti di maggiore spicco: si tratta di 23 stralci di conferenzeda
lui tenute, che vanno sotto il nome di Flòrida.
FRONTONE: Cirta (Numidia), 100 d.C. - Roma, 170 d.C.
Maestro di Marc’Aurelio e del suo fratellastro Lucio Vero, è il massimo
rappresentante dello stile arcaizzante in Roma. S’intende con questo termine uno
stile che, scavalcando il principale punto di riferimento dello stile classicista, ovvero
Cicerone, si rifà (soprattutto nelle scelte lessicali) a modelli precedenti, soprattutto
Catone il Censore ed Ennio.
Di Frontone sopravvive un ricco ed interessantissimo EPISTOLARIO, scoperto in un
palinsesto dal cardinale Angelo Mai; esso contiene lettere indirizzate ad Antonino Pio,
Marc’Aurelio e Lucio Vero (con le relative risposte), dalle quali traspare l’intensissimo
rapporto affettivo che legava Frontone ai suoi discepoli (enorme fu la sofferenza di
Frontone per il “tradimento” di Marc’Aurelio allorché questi, diciottenne, rinnegò la
retorica per la filosofia) ed il clima di generale filantropia (anche eccessiva ed a tratti
svenevole) che regnava alla corte di Antonino Pio.
L’epistolario contiene anche qualche componimento occasionale e qualche
esercitazione retorica (le Laudes fumi ac pulveris).
AULO GELLIO: 130 d.C. - ?
Ebbe interessi eruditi e miscellanei; il suo stile è meno arcaizzante di quello di
Frontone.
L’opera per cui è celebre sono le Noctes Atticae, raccolta di scritti miscellanei sui più
disparati argomenti, che risulta dalla trascrizione e dalla rielaborazione di appunti da
lui presi durante le lunghe conversazioni notturne con alcuni suoi maestri (fra cui
diversi esponenti della Seconda Sofistica) ed amici eruditi in occasione di un suo
soggiorno ad Atene (di qui il titolo dell’opera).