L`intervista/Riccardo CrespiRiccardo cuor di fantasia

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L`intervista/Riccardo CrespiRiccardo cuor di fantasia
20 marzo 2014 delle ore 07:08
L’intervista/Riccardo Crespi
Riccardo cuor di fantasia
Continuiamo i nostri incontri con galleristi che sperimentano nuovi format. Stavolta tocca a
Riccardo Crespi, considerato ancora un “giovane gallerista” milanese. Non tanto per l’età sua e
della galleria, ma per la vivacità delle proposte, che spesso sconfinano da criteri commerciali. Un
anno fa ha fondato lo Studio Crespi, con cui ha formalizzato un lavoro, già presente da anni, di
extragalleria. Ci racconta tutto in questa intervista [di greta scarpa]
Prima di parlare dello Studio Crespi, vorrei mi
raccontassi la situazione attuale della Galleria
Riccardo Crespi: che posizionamento ha al
momento? Chi sono gli artisti che hai sostenuto
nella loro partecipazione significativa alla
scena contemporanea, e come? ‹‹La galleria è
nata nel 2006 dopo anni di ricerca. Penso di
poter dire con onestà che sia una della gallerie,
non solo in Italia, che ha avuto più successo dal
punto di vista dello scouting. Ha da sempre
cercato di proporre le prime mostre di artisti
ancora sconosciuti. Ha aperto con la prima
personale, in una galleria privata, di Lisi Raskin
artista che oggi ha al suo attivo quattro biennali
(Istanbul, Atene, Singapore e Momentum), una
mostra al Ps1 e in numerosi altri musei e
istituzioni. Ancora: abbiamo realizzato la prima
mostra in Italia di Ragnar Kjartnasson e lo
stesso vale per la maggior parte degli artisti
esposti e rappresentati. Per fare un esempio, alla
Biennale, nel padiglione di Gioni, sono stati
invitati quattro artisti esposti in galleria e altri
due in quello italiano curato da Pietromarchi.
Negli ultimi tempi, pur continuando un’attività
di ricerca, propongo artisti più affermati che
sono cresciuti come Gal Weinstein (prossima
mostra in galleria) o Zineb Sedira (mostra di
fine anno) che lavora con Kamel Menour ed è
già molto conosciuta nel panorama internazionale.
O Roee Rosen che esporremo dopo la pause
estiva. Seguiamo inoltre Emma Ciceri e
Eugenia Vanni, entrambe giovani artiste
Italiane che riteniamo molto promettenti. Come
ci posizioniamo? Indubbiamente vicini a un
mondo più sofisticato di cui fanno parte gallerie
storiche come Kaufman Repetto, Marconi, De
Carlo, pur avendo artisti mediamente più
giovani››.
Studio Crespi è un’attività nuova, nasce circa
un anno fa, di cosa si occupa esattamente?
‹‹Studio Crespi si occupa di due macro aree, la
prima tratta il mercato secondario come fanno
la maggior parte delle gallerie. Abbiamo però
pensato di separare le attività da tutti i punti di
vista, per ottimizzare il risultato e anche per non
confondere con il programma di galleria, che
riguarda solo gli artisti rappresentati. La
seconda area si occupa di progetti legati all’arte
che nascono da proposte generate dal nostro
interesse e poi sponsorizzate o per soddisfare le
attività di aziende che vogliano accostare il loro
nome e la loro attività all’arte e alla cultura
contemporanea››.
Studio Crespi ha realizzato diversi progetti, che
vanno da ambiti più curatoriali, come Map
Project, a editoriali, come Il Posto delle Fragole,
approdando anche alle aziende. Quanto è
importante per te portare l’arte fuori dalle mura
della galleria? ‹‹Molto, e questo vale anche per
la promozione degli artisti. Nel caso dei progetti
dello Studio però sono totalmente separati dal
programma di galleria. Esistono ovviamente
molti punti di contatto sia come network sia
come competenze, ma non sono e non vogliono
essere mischiati. Le attività finora promosse
sono nate più dalla volontà di produrre dei
progetti che ritenevo intellettualmente interessanti.
Il Posto delle Fragole, che è stato un programma
tv, nasce dall’esperienza delle studio visit, che
consente di conoscere gli artisti e il loro lavoro
attraverso il dialogo con l’artista e la fruizione
delle opere nei luoghi dove vengono prodotte e
pensate. Questo resta un punto di vista
privilegiato per conoscere gli artisti e il loro
lavoro e anche un modo straordinario di essere
all’interno del dibattito culturale quando si va
in luoghi nuovi o per avere una prospettiva
diversa da cui osservare la propria città. Si tratta
quindi di interviste ad artisti (Kounellis,
Pietroiusti, Paci, Cariello, Pistoletto, Migliora,
Serse, Morganti) nei loro studi, in cui spiegano
origini e significato delle loro opere e di una
descrizione dei luoghi per loro speciali fino
appunto al "Posto delle Fragole”. Mi sembra
interessante trasferire quest’esperienza al
pubblico televisivo e grazie ad Illy caffè e a Sky
Arte siamo riusciti a realizzare alcune puntate
che credo raccontino molto bene il lavoro degli
artisti e regalano suggestioni e una visione del
tutto inedita delle città. Map Project è stato
l’altro macro progetto realizzato, l’idea era di
estendere il dibattito artistico ad altre
competenze coinvolgendo scienziati, antropologi,
filosofi, curatori, critici letterari per scegliere
un tema di cui fosse interessante parlare. Il tema
scelto è stato "voglio soltanto essere amato”,
frase di Patrick Bateman protagonista di
"American Phsyco” di Bret Easton Ellis. Il
secondo passo è stata la selezione degli artisti
da parte dei curatori (due per uno) e degli
scrittori da parte di editori e Scuola Holden. Il
resto lo hanno fatto gli artisti, gli scrittori
insieme a numerosi contributi da Giulio
Giorello, Francesca Pasini da Adam Budak e
altri. Gli output sono stati il sito dove tutto era
visibile, dal voto alle conversazioni, e la
raccolta di tutto il materiale; una mostra al Maga
di Gallarate poi spostata all’ ex3 di Firenze in
cui c’erano le opere realizzate dagli artisti, oltre
allo sviluppo curatoriale di Gabi Scardi, e dove
si leggevano i racconti appositamente scritti
dagli scrittori selezionati sul tema. Un tabloid
ha raccolto una selezione di tutto questo
processo stampato in 30mila copie, infine la
maggior parte delle opere sono state donate a
Convivio. Dimenticavo di ringraziare Sangemini
che ha reso tutto questo possibile››.
Studio Crespi ha realizzato altri progetti? ‹‹Sì,
Video Night e Performance Night, due momenti
di raccolta di performance e di video di grande
qualità a cui hanno partecipato per esempio
Ragnar Kjartansson e Roee Rosen. Ultimamente
l’intento è quello di approcciarci agli sponsor
con un profilo più da agenzia, ovvero cercando
di comprendere quali sono i fini che si vogliono
perseguire e cerchiamo di sviluppare una
proposta che soddisfi questi criteri, senza però
snaturare la nostra vocazione, sviluppando
progetti di alto valore artistico e culturale››.
Forse l’idea dell’arte contemporanea al servizio
della comunicazione aziendale non è delle più
romantiche. Secondo te può aiutare la sua
comprensione da parte di un pubblico non solo
di settore? ‹‹Questa risposta è molto complessa
perché tocca vari punti e necessiterebbe di un
preambolo che racconti com'è l'intero sistema
dell'arte e come si evolve, ma se una volta c'era
una committenza che coincideva con la critica,
oggi ci sono tre soggetti connessi ma scollegati
che io chiamo le 3C: critica, consenso e
committenza, che agiscono indipendentemente
e con parametri e motivazioni diverse. Tuttavia
sono legate a doppio filo. Se partiamo in modo
assiomatico dal fatto che l'arte esiste e che si
afferma grazie al denaro, dobbiamo anche
presupporre che dobbiamo toglierci dei falsi
romanticismi ed interagire con coloro, istituti,
aziende e banche che sono gli attori principali
nel sistema dell'arte. È anche pratico muovere
le energie utilizzate per comunicare da parte
delle aziende e istituzioni di qualsiasi tipo, per
fare progetti qualitativi e di sostegno all'arte e
alla cultura. A ben guardare negli ultimi anni le
perle del sistema arte nascono in prevalenza da
iniziative private e di solito collegate a marchi
o istituzioni. Gli esempi più illustri sono dati
dalle fondazioni Prada e Trussardi, Enel
contemporanea, la fondazione Cariplo, Unicredit.
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Exibart.com
È un dato che la cultura tende a strizzare l'occhio
al consenso e per arrivare a tutti si abbassi come
ha fatto la musica pop con un totale scollamento
tra quella di qualità e quella usa e getta per le
masse. L'arte ha ancora un patrimonio di critica
che deve preservare, pur coinvolgendo
un'utenza più vasta possibile››.
Il tuo obiettivo quindi è dare un servizio alle
imprese che possa durare nel tempo e che sia di
qualità a livello artistico e culturale? ‹‹Sì, il
meccanismo dello studio è quello di un'agenzia
che si occupa di arte e cultura contemporanea.
Ritengo che quando l''imprenditoria si rivolge
all'arte, tranne pochi esempi per lo più capital
intensive, lo fa con bassissima qualità e solo in
modo divulgativo. Studio Crespi può
organizzare un evento, ma più che altro studia
dei format che siano tv o curatoriali. Comunque
l'idea è quella di fare dei prodotti di qualità che
abbiano tre principi fondanti : una forte identità,
di modo che i progetti possano anche essere
ripetuti, che siano credibili, e riconosciuti dalla
critica. Sono convinto che questo alla lunga
generi un eco mediatico molto vasto e
duraturo››.
Il mese scorso hai inaugurato "Variazioni”, una
mostra-evento coordinata da Studio Crespi
presso lo spazio culturale Careof, in
collaborazione con NABA e Move Hotel.
Artisti che intervengono in tecnica pittorica su
un tema dato, restituendo ognuno la propria
versione, variazione. Come è nata questa
triplice partnership? ‹‹Dall’esigenza di Emma
Ciceri e Adrian Paci di dare spazio a un gruppo
di studenti particolarmente brillante della
NABA, e dall’altra parte dalla volontà di Move
hotel di interagire con il mondo dell’arte. In
questo caso la sensibilità dell’imprenditore è
stata il vero motore dell’operazione, che ha
voluto dare seguito a questa esigenza offrendo
la possibilità di esporre a Careof e poi negli
spazi del Move hotel a Mogliano Veneto. Il
nome "Variazioni” nasce dal concetto che delle
tematiche apparentemente restrittive e la
medesima tecnica per tutti (la pittura) lascino
comunque spazio a delle variazioni in cui si
possono scorgere differenze sul sentire, oltre
che offrire un’anteprima su dei talenti del
futuro. A Careof c’è rimasto solo tre giorni, ma
poi è stato visibile per un mese a Move. La
triangolazione nasce dalla scuola dove studiano
gli artisti, Careof luogo d’arte giovane che offre
lo spazio, e Move che ha reso il tutto possibile.
Un piccolo evento, ma un modo interessante
modo di far interagire l’imprenditoria con
l’accademia, uno spazio deputato all’arte e
giovani artisti che, in questo momento storico
dopo gli studi, si trovano ad avere pochissime
occasioni espositive e di confronto››.
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20 marzo 2014