Rassegna Stampa del 03/03/2010
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AESVI Rassegna Stampa del 03/03/2010 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE AESVI Il capitolo non contiene articoli VIDEOGIOCHI 03/03/2010 Il Sole 24 Ore World bank in formato videogioco 4 03/03/2010 Il Manifesto - Nazionale Se Alice schiva il matrimonio 5 03/03/2010 La Gazzetta dello Sport - NAZIONALE Heavy Rain Quel videogioco sembra un film 8 03/03/2010 Donna Moderna Analisi di un gioco: The Sims 9 02/03/2010 Corriere.it 11:01 Palestra virtuale, riabilitazione reale 10 02/03/2010 Di Piu TV giocare con la tv 11 VIDEOGIOCHI 6 articoli 03/03/2010 Il Sole 24 Ore Pag. 10 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ISTITUZIONI ONLINE World bank in formato videogioco Chi lo dice che la Banca mondiale e le altre istituzioni finanziarie sono fatte di grigi burocrati? Solo nell'ultima settimana il presidente Bob Zoellick è apparso in conferenza stampa con Shakira (certo, non è hot come l'ultimo video della cantante colombiana con Rafa Nadal) per perorare la cusa dei bambini latinoamericani e la World Bank ha lanciato un videogame, "Evoke" (www.urgentevoke.com), nientemeno che un «corso intensivo per cambiare il mondo». Si gioca online per superare dieci sfide in dieci settimane, da oggi fino al 12 maggio, e, insieme agli altri partecipanti, si creano network per affrontare i problemi con cui si confrontano i giovani dei paesi poveri soprattutto in Africa, dalla miseria alla fame, dalle malattie ai cambiamenti climatici. Nel filone recente dei videogame "seri" Evoke mette in palio per i vincitori che arriveranno alle soluzioni più innovative un periodo di training alla World Bank. L'idea è di avvicinare i giovani alla realtà dei poveri del mondo. La logica di Grand Theft Auto alla rovescia. (a. me.) VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 4 03/03/2010 Il Manifesto Pag. 12 ED. NAZIONALE La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Se Alice schiva il matrimonio Nelle sale italiane, «Alice in Wonderland» di Tim Burton. Non più una bambina imbranata alle prese con personaggi un po' matti, ma una ragazza che, rincorrendo il coniglio bianco, esplora altri mondi, rifiutandosi di crescere e di sposarsi. Una produzione Disney che combina animazione e riprese dal vero, girata in bidimensione e poi «gonfiata» digitalmente in 3D, su uno sfondo gotico-horror Giulia D'Agnolo Vallan NEW YORK NEW YORK «Non ho mai trovato una versione di Alice, che funzionasse o mi piacesse particolarmente. Alla fine, era sempre la storia di una bambina un po' imbranata, alle prese con un gruppo di fuori di testa. E non è che la versione disneyana fosse la migliore in assoluto. Quindi non mi sentivo sotto pressione per eguagliare o superare un modello». Tim Burton fa suo l'amatissimo e adattatissimo classico di Lewis Carroll (oltre alle svariate versioni cinematografiche, anche una canzone dei Jefferson Airplane, una produzione Bbc con musiche di Ravi Shankar, almeno un porno, una recente serie tv in cui Alice insegna arti marziali e un videogame in cui finisce in manicomio), in una produzione Disney che combina animazione e riprese dal vero, girata in bidimensione e poi «gonfiata» digitalmente in 3D. Su sceneggiatura di Linda Woolverton (scrittrice per bambini e habitué della scuderia Disney per cui ha firmato le sceneggiature di Beauty and the Beast e The Lion King ), Alice in Wonderland linearizza quasi completamente il caleidoscopico rompicapo carrolliano in un plot avventuroso più simile a Narnia che al cartoon disneyno del 1951, diretto da Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson. Secondo gli studiosi di Disney, Walt non aveva mai amato tantissimo la sua Alice - troppo seriosa, impettita, con tutti quei britannici «Oh Dear!» e i fiumi di lacrime. Protofemminista nell'opprimente Inghilterra vittoriana, fervente appassionata d'avventura e posseduta da grande spirito d'indipendenza, l'Alice di Woolverton e Burton è, in un certo senso, più simile alle recenti ed emancipate eroine Disney (la sceneggiatrice ha collaborato anche al copione di Mulan). La vediamo per la prima volta bambina, bionda, pallidissima, gli occhi cerchiati (molto Tim Burton) a causa di strani incubi notturni, popolati di bruchi blu e conigli bianchi. «Papà, mi sta dando di volta il cervello?», chiede. «Sei completamente matta. Non ci sono dubbi», risponde lui. E poi le svela un segreto: le persone migliori sono sempre pazze. Cut e sono passati tredici anni. Alice (Mia Wasiskovska) arriva in carrozza davanti a un imponente castello dove -più o meno a sua insaputa - è stata organizzata una festa di fidanzamento, la sua. Mancato il papà, la mamma ha venduto l'impresa a un ex socio del marito ed è ansiosa di piazzare l'irrequieta Alice tra le braccia di quell'agiata famiglia. Il futuro consorte ha l'attrattiva di un pollo spennato, la disponibilità di una vecchia zitella e molti problemi di digestione. Di fronte a centinaia di ospiti impettiti, dal gazebo dove stanno per annunciare le nozze imminenti, Alice scatta all'inseguimento di un provvidenziale coniglio bianco... E finisce giù giù, nell'interminabile buco, schivando (insieme al pubblico) piatti, arredi e affini. Il pianeta (s)conosciuto dove atterra, non e però la Wonderland raffigurata nelle classiche incisioni su legno del vittoriano John Tenniel, né quella magnificamente lisergica immaginata dai nine old men di Walt Disney, bensì una «Underland» brulla e desolata dalla tirannia della Regina rossa - Helena Bonham Carter in versione macrocefala che si circonda di mostri umani alla Todd Browning. Passando da una palette di grigi, panne, terre e colori pastello, ai rossi violenti degli interni del palazzo reale, regolarmente annaffiati del sangue delle vittime di sua maestà (il fossato che circonda il castello è pieno di teste gallegianti), Burton ritrova per un attimo il gusto del gotico americano e dell'horror. Le altre punte di colore estremo nel film arrivano con il cappellaio matto, ultima delle struggenti invenzioni che Johnny Depp ha messo a punto per il regista. Chioma rosso fuoco e occhi verde abbagliante (dice Depp a causa del mercurio che i capellai usavano a quel tempo e che li rendeva anche folli), il suo è un Mad Hatter venato di tragedia - e non privo di un tocco romantico. La sua presenza inassimilabile, sempre off, ancor più toccante in VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 5 03/03/2010 Il Manifesto Pag. 12 ED. NAZIONALE La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato un mondo che è quasi completamente Cgi. È per lui e Bonham Carter - gli amanti sanguinari di Sweeney Todd - che batte, ancora una volta, il cuore di Tim Burton. Sfuggita almeno momentaneamente alle grinfie del promesso sposo, Alice non sembra comunque entusiasta di questa Underland. Soprattutto non le piace l'idea che tutti facciano finta di averla conosciuta molto tempo prima e che, secondo le illustrazioni di una una vecchia pergamena, starebbe a lei, armata di una spada magica, metter fine alla tirannia della regina rossa in un duello contro un drago (il serpentesco Jabberwocky di Through the Looking Glass and What Alice Found There). «Non sarò mai il vostro guerriero. È contro la mia indole», dice Alice, molto risoluta, alla Regina bianca (Anne Hathaway) che sogna di riprendersi il trono dalla morsa della sorella. Ma eccola lì, foderata di un'armatura come Giovanna d'Arco, in testa alla truppe bianche nella sterminata scacchiera su cui si conduce la battaglia finale. Crescere non significa dover riunciare a se stessi e ai propri sogni, anche se poi si rischia di rimanere senza marito o dover andare a cercare la felicità in Cina. Questo il messaggio del film di Tim Burton, che ha la progressione narrativa «logica» di un videogame. La logica, anzi la violenta determinazione di sovvertirla - sia con il linguaggio che con le immagini - era la scommessa esplosiva di Carroll. Questo Alice in Wonderland è un po' meno ambizioso ed eversivo di così. NEW YORK «Non ho mai trovato una versione di Alice, che funzionasse o mi piacesse particolarmente. Alla fine, era sempre la storia di una bambina un po' imbranata, alle prese con un gruppo di fuori di testa. E non è che la versione disneyana fosse la migliore in assoluto. Quindi non mi sentivo sotto pressione per eguagliare o superare un modello». Tim Burton fa suo l'amatissimo e adattatissimo classico di Lewis Carroll (oltre alle svariate versioni cinematografiche, anche una canzone dei Jefferson Airplane, una produzione Bbc con musiche di Ravi Shankar, almeno un porno, una recente serie tv in cui Alice insegna arti marziali e un videogame in cui finisce in manicomio), in una produzione Disney che combina animazione e riprese dal vero, girata in bidimensione e poi «gonfiata» digitalmente in 3D. Su sceneggiatura di Linda Woolverton (scrittrice per bambini e habitué della scuderia Disney per cui ha firmato le sceneggiature di Beauty and the Beast e The Lion King ), Alice in Wonderland linearizza quasi completamente il caleidoscopico rompicapo carrolliano in un plot avventuroso più simile a Narnia che al cartoon disneyno del 1951, diretto da Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson. Secondo gli studiosi di Disney, Walt non aveva mai amato tantissimo la sua Alice - troppo seriosa, impettita, con tutti quei britannici «Oh Dear!» e i fiumi di lacrime. Protofemminista nell'opprimente Inghilterra vittoriana, fervente appassionata d'avventura e posseduta da grande spirito d'indipendenza, l'Alice di Woolverton e Burton è, in un certo senso, più simile alle recenti ed emancipate eroine Disney (la sceneggiatrice ha collaborato anche al copione di Mulan). La vediamo per la prima volta bambina, bionda, pallidissima, gli occhi cerchiati (molto Tim Burton) a causa di strani incubi notturni, popolati di bruchi blu e conigli bianchi. «Papà, mi sta dando di volta il cervello?», chiede. «Sei completamente matta. Non ci sono dubbi», risponde lui. E poi le svela un segreto: le persone migliori sono sempre pazze. Cut e sono passati tredici anni. Alice (Mia Wasiskovska) arriva in carrozza davanti a un imponente castello dove -più o meno a sua insaputa - è stata organizzata una festa di fidanzamento, la sua. Mancato il papà, la mamma ha venduto l'impresa a un ex socio del marito ed è ansiosa di piazzare l'irrequieta Alice tra le braccia di quell'agiata famiglia. Il futuro consorte ha l'attrattiva di un pollo spennato, la disponibilità di una vecchia zitella e molti problemi di digestione. Di fronte a centinaia di ospiti impettiti, dal gazebo dove stanno per annunciare le nozze imminenti, Alice scatta all'inseguimento di un provvidenziale coniglio bianco... E finisce giù giù, nell'interminabile buco, schivando (insieme al pubblico) piatti, arredi e affini. Il pianeta (s)conosciuto dove atterra, non e però la Wonderland raffigurata nelle classiche incisioni su legno del vittoriano John Tenniel, né quella magnificamente lisergica immaginata dai nine old men di Walt Disney, bensì una «Underland» brulla e desolata dalla tirannia della Regina rossa - Helena Bonham Carter in versione VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 6 03/03/2010 Il Manifesto Pag. 12 ED. NAZIONALE La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato macrocefala che si circonda di mostri umani alla Todd Browning. Passando da una palette di grigi, panne, terre e colori pastello, ai rossi violenti degli interni del palazzo reale, regolarmente annaffiati del sangue delle vittime di sua maestà (il fossato che circonda il castello è pieno di teste gallegianti), Burton ritrova per un attimo il gusto del gotico americano e dell'horror. Le altre punte di colore estremo nel film arrivano con il cappellaio matto, ultima delle struggenti invenzioni che Johnny Depp ha messo a punto per il regista. Chioma rosso fuoco e occhi verde abbagliante (dice Depp a causa del mercurio che i capellai usavano a quel tempo e che li rendeva anche folli), il suo è un Mad Hatter venato di tragedia - e non privo di un tocco romantico. La sua presenza inassimilabile, sempre off, ancor più toccante in un mondo che è quasi completamente Cgi. È per lui e Bonham Carter - gli amanti sanguinari di Sweeney Todd - che batte, ancora una volta, il cuore di Tim Burton. Sfuggita almeno momentaneamente alle grinfie del promesso sposo, Alice non sembra comunque entusiasta di questa Underland. Soprattutto non le piace l'idea che tutti facciano finta di averla conosciuta molto tempo prima e che, secondo le illustrazioni di una una vecchia pergamena, starebbe a lei, armata di una spada magica, metter fine alla tirannia della regina rossa in un duello contro un drago (il serpentesco Jabberwocky di Through the Looking Glass and What Alice Found There). «Non sarò mai il vostro guerriero. È contro la mia indole», dice Alice, molto risoluta, alla Regina bianca (Anne Hathaway) che sogna di riprendersi il trono dalla morsa della sorella. Ma eccola lì, foderata di un'armatura come Giovanna d'Arco, in testa alla truppe bianche nella sterminata scacchiera su cui si conduce la battaglia finale. Crescere non significa dover riunciare a se stessi e ai propri sogni, anche se poi si rischia di rimanere senza marito o dover andare a cercare la felicità in Cina. Questo il messaggio del film di Tim Burton, che ha la progressione narrativa «logica» di un videogame. La logica, anzi la violenta determinazione di sovvertirla - sia con il linguaggio che con le immagini - era la scommessa esplosiva di Carroll. Questo Alice in Wonderland è un po' meno ambizioso ed eversivo di così. Foto: JOHNNY DEPP, HELENA BONHAM CARTER, MIA WASIKOWSKA IN «ALICE». SOTTO, ANNA HATHAWAY VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 7 03/03/2010 La Gazzetta dello Sport Pag. 37 ED. NAZIONALE La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA RIVOLUZIONE PRODOTTO IN ESCLUSIVA PER PLAYSTATION 3, I SUOI DATI DI VENDITA CONTRIBUIRANNO A RICAVARE L'IDENTIKIT DEL GIOCATORE DEL 2010 Heavy Rain Quel videogioco sembra un film È un noir angosciante come «Seven» e ingegnoso come «Saw», ma così innovativo da non ammettere confronti: può piacere anche a chi non ha mai acceso una console PAOLO CONDO' d Partita quasi da zero quindici anni fa, l'industria dei videogiochi ha festeggiato da poco il sorpasso nei confronti di musica e cinema, e il conseguente primato nell'intrattenimento, per diffusione e fatturato. Le crescite impetuose implicano però nuovi obblighi di creatività, perché un mercato così allargato non si sazia di sole simulazioni belliche o calcistiche. L'attesissimo Heavy Rain, esclusiva PlayStation3 uscita mercoledì scorso, è una risposta in questo senso: un gioco molto innovativo - assomiglia soltanto a Fahrenheit, titolo di culto per PS2 degli stessi sviluppatori, i francesi di Quantic Dream -, rigidamente riservato a un pubblico adulto e deciso passo avanti sulla strada del film interattivo. Esperienza Anche se la meccanica di gioco è molto videogame, con i tasti da pigiare in fretta nell'ordine indicato sullo schermo, l'esperienza complessiva è cinematografica, se non addirittura letteraria. Heavy Rain è un'opera splendida che apre un nuovo filone, e il suo dato di vendite contribuirà all'identikit del videogiocatore del 2010. Perché il successo non è scontato: troppo diverso dai canoni tradizionali per piacere a tutti, questo titolo può lasciare freddi i vecchi smanettoni e ammaliare gente che non avrebbe mai pensato di accendere una console. La storia Heavy rain è un noir d'atmosfera, angosciante come Seven e ingegnoso come Saw. Un padre ha quattro giorni di tempo per salvare il figlio, rapito da un serial killer di ragazzini che lo costringe a prove sempre più terribili in cambio di indicazioni a puzzle sul luogo in cui il bimbo è prigioniero. Una fotografa, un detective privato e un federale iper-tecnologico sono gli altri personaggi giocabili, e i quattro incrociano le loro ricerche in molti modi. Cento finali Lo sviluppo della storia è appassionante: l'abbiamo finita in una dozzina di ore, faticando a staccarcene, ma la «nostra» conclusione è soltanto una delle molte possibili. La struttura ad albero della trama fa sì che in ogni capitolo ci siano delle scelte da fare, e gli avvenimenti si sviluppino in maniera sensibilmente diversa a seconda dell'opzione privilegiata. Possono perfino morire alcuni protagonisti - a noi ne hanno fatti secchi due su quattro - e la storia giunge comunque a dama. Pare che i finali montati siano cento. E dunque siamo appena all'inizio. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 8 03/03/2010 Donna Moderna Pag. 305 N.10 - 10 MARZO 2010 - IL BAMBINO La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Analisi di un gioco: The Sims Isabella Fava Alzi la mano chi non ha mai sognato di vivere una vita parallela. Di inventarsi modella, chirurgo, astronauta. La fortuna del videogioco The Sims , che compie 10 anni e, grazie a continue e diverse versioni,è record di vendite di tutti i tempi, sta proprio nel fatto che consente a ognuno di interagire con personaggi inventati, come in un secondo mondo. I grandi impazziscono, e anche i piccoli, fra i 10 e i 12 anni, si divertono. « The Sims è uno dei migliori titoli in circolazione per i bambini» dice Matteo Bittanti,ricercatore all'università di Stanford,California,e direttore insieme a Gianni Canova della collana Ludologica edita da Unicopli. «È come un sofisticato gioco delle bambole. Solo che qui le bambole sono semisenzienti,si relazionano tra di loro,sono individui virtuali.E insegnano ai bambini che l'uomo è un animale sociale». Controindicazioni? «Come altri videogiochi non è una babysitter: necessita della supervisione di un adulto, che spieghi alcuni aspetti complessi. E che ne limiti l'utilizzo», raccomanda Matteo Bittanti, ricercatore. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 9 02/03/2010 11:01 Corriere.it Sito Web Palestra virtuale, riabilitazione reale La fitness simulata migliora equilibrio e postura. Prime positive esperienze con una malattia reumatica MILANO - Per anni e anni chi voleva tenersi in forma non ha avuto molte alternative: una corsetta, qualche bracciata in piscina, la partitella a tennis o a calcio. Poi è arrivata Jane Fonda. Con lei inizia l' era dell' aerobica da farsi a casa, armati di videocassette che, a ritmo di musica, suggeriscono le «mosse» da fare. Con qualche raggiustamento - suggestioni orientali, commistioni con attività da combattimento, in acqua o con piccoli attrezzi - l' aerobica viene adottata nei centri fitness. Ma non tutti vogliono, o possono, frequentare i vari corsi (l' abbandono dopo i primi tre mesi si avvicina al 40%) ed ecco che, e siamo all' oggi, i nastri in VHS vengono sostituiti dai videogiochi. Videogiochi che con una balance board «intelligente» (una pedana che trasmette vari parametri, sulla quale muoversi in funzione del gioco scelto, o delle indicazioni del trainer virtuale) e un joystick (un comando che permette di interagire con il programma scelto) garantirebbero il raggiungimento della perfetta forma fisica, ancora una volta nel salotto delle nostre abitazioni. L'ANALISI - Ma quanto c' è di vero nello slogan con cui vengono venduti questi prodotti: la tua «palestra in casa»? Uno studio condotto da Cake, un ramo della multimilionaria compagnia giapponese che produce i più celebri dei videogiochi virtuali, precisa che l' attività motoria prevista non è abbastanza intensa per contribuire significativamente alla quantità giornaliera di esercizio fisico necessaria per stare in salute. Conclusioni: soldi sprecati? Per niente. Lo dimostra il progetto di ricerca, avviato dal ministero dell' Istruzione, dell' Università e della Ricerca, «Messa a punto di nuove metodologie per la Tele-Riabilitazione Neuromotoria», i cui protagonisti operativi sono il Dipartimento di bioingegneria e tecnologie biomediche e gli Istituti scientifici di Cassano delle Murge (Bari) e Telese Terme (Benevento) della Fondazione Maugeri. IL PROGRAMMA - «Con il diminuire delle risorse economiche, l'aumento dell' età media e una conseguente maggior richiesta di prestazioni riabilitative - spiega Nicola Pappone, primario dell' Unità operativa di Riabilitazione reumatologica e ortopedica dell' Istituto di Telese, nonché coordinatore del progetto - la sfida che ci siamo posti era capire quanto una tecnologia semplice ed economica, come quella delle attività motorie inserite nei videogiochi wireless, potesse integrarsi nei percorsi riabilitativi. Fino a sostituire, almeno in alcune fasi, sia a casa sia in ospedale, il fisioterapista». «Significativi risultati dell' applicazione di questi dispositivi - utilizzati, per esempio, per simulare gare di sci o partite di golf - si sono visti già nel primo gruppo di dieci pazienti con spondilite anchilosante, una malattia reumatica cronica, abbastanza comune e invalidante, che si manifesta in età ancora lavorativa - prosegue Pappone -. E proprio il fatto che la malattia colpisca persone relativamente giovani ci ha dato pazienti ideali su cui testare queste nuove forme di riabilitazione che richiedono, almeno in questa fase, soggetti con un minimo di cultura informatica. Dopo essere stati sottoposti ad un programma che prevedeva ogni giorno, per 3-4 settimane, esercizi di rieducazione posturale e respiratoria e una serie di attività sportive individualizzate (eseguiti con videogiochi normalmente in commercio), tutti i pazienti (monitorati all' inizio e alla fine del trattamento in regime di ricovero) hanno mostrato un miglioramento della capacità di controllo dell' equilibrio, della coordinazione e della postura, sia in condizioni statiche che dinamiche. Questo è il primo passo. Il nostro obiettivo è quello di "allenare" con questa tecnologia i pazienti anche nelle loro abitazioni. Pensiamo soprattutto ad anziani e disabili che sarebbero così aiutati a superare i limiti spaziali e temporali cui sono costretti dalle loro condizioni». VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 10 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Videogiochi 02/03/2010 Di Piu TV Pag. 72 N.9 - 9 MARZO 2010 Ecco le novità che presto compreremo • // gioco della settimana • Le classifiche dei videogiochi più popolari andra divo I TITOLI DA NON PERDERE Guitar Hero Van Halen Ci sono le canzoni del celebre gruppo hard rock americano dei Van Halen in questa edi-• zione del famoso gioco musicale: quarantasette brani tutti da suonare. Per Nintendo Wii, Ps3, XBox360. Calling Un gioco ad alta tensione di ambientazione horror, singolarmente coinvolgente: si ricevono telefonate, si scappa da una stanza chiusa, si sfugge ad apparizioni dall'oltretomba. Solo per Wii. Battlefield Bad Company 2 Uno sparatutto ambientato in una guerra moderna: tra combattimenti violentissimi, si tutto il mondo che circonda il giocatore si può distruggere. Per XBox360, Pc, Ps3. BlazBlue Calamity Trigger Sembra un gioco degli anni Novanta questo picchiaduro dalla grafica simile ai fumetti: ma ha la velocità e la ricchezza dei videogames più m o d e r n i . Per XBox360 ePs3. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010 11 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato giocare con la tv