Rassegna Stampa del 03/03/2010

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Rassegna Stampa del 03/03/2010
AESVI
Rassegna Stampa del 03/03/2010
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INDICE
AESVI
Il capitolo non contiene articoli
VIDEOGIOCHI
03/03/2010 Il Sole 24 Ore
World bank in formato videogioco
4
03/03/2010 Il Manifesto - Nazionale
Se Alice schiva il matrimonio
5
03/03/2010 La Gazzetta dello Sport - NAZIONALE
Heavy Rain Quel videogioco sembra un film
8
03/03/2010 Donna Moderna
Analisi di un gioco: The Sims
9
02/03/2010 Corriere.it 11:01
Palestra virtuale, riabilitazione reale
10
02/03/2010 Di Piu TV
giocare con la tv
11
VIDEOGIOCHI
6 articoli
03/03/2010
Il Sole 24 Ore
Pag. 10
La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ISTITUZIONI ONLINE
World bank in formato videogioco
Chi lo dice che la Banca mondiale e le altre istituzioni finanziarie sono fatte di grigi burocrati? Solo nell'ultima
settimana il presidente Bob Zoellick è apparso in conferenza stampa con Shakira (certo, non è hot come
l'ultimo video della cantante colombiana con Rafa Nadal) per perorare la cusa dei bambini latinoamericani e
la World Bank ha lanciato un videogame, "Evoke" (www.urgentevoke.com), nientemeno che un «corso
intensivo per cambiare il mondo». Si gioca online per superare dieci sfide in dieci settimane, da oggi fino al
12 maggio, e, insieme agli altri partecipanti, si creano network per affrontare i problemi con cui si confrontano
i giovani dei paesi poveri soprattutto in Africa, dalla miseria alla fame, dalle malattie ai cambiamenti climatici.
Nel filone recente dei videogame "seri" Evoke mette in palio per i vincitori che arriveranno alle soluzioni più
innovative un periodo di training alla World Bank. L'idea è di avvicinare i giovani alla realtà dei poveri del
mondo. La logica di Grand Theft Auto alla rovescia.
(a. me.)
VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010
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03/03/2010
Il Manifesto
Pag. 12
ED. NAZIONALE
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Se Alice schiva il matrimonio
Nelle sale italiane, «Alice in Wonderland» di Tim Burton. Non più una bambina imbranata alle prese con
personaggi un po' matti, ma una ragazza che, rincorrendo il coniglio bianco, esplora altri mondi, rifiutandosi di
crescere e di sposarsi. Una produzione Disney che combina animazione e riprese dal vero, girata in
bidimensione e poi «gonfiata» digitalmente in 3D, su uno sfondo gotico-horror
Giulia D'Agnolo Vallan NEW YORK
NEW YORK
«Non ho mai trovato una versione di Alice, che funzionasse o mi piacesse particolarmente. Alla fine, era
sempre la storia di una bambina un po' imbranata, alle prese con un gruppo di fuori di testa. E non è che la
versione disneyana fosse la migliore in assoluto. Quindi non mi sentivo sotto pressione per eguagliare o
superare un modello».
Tim Burton fa suo l'amatissimo e adattatissimo classico di Lewis Carroll (oltre alle svariate versioni
cinematografiche, anche una canzone dei Jefferson Airplane, una produzione Bbc con musiche di Ravi
Shankar, almeno un porno, una recente serie tv in cui Alice insegna arti marziali e un videogame in cui finisce
in manicomio), in una produzione Disney che combina animazione e riprese dal vero, girata in bidimensione e
poi «gonfiata» digitalmente in 3D.
Su sceneggiatura di Linda Woolverton (scrittrice per bambini e habitué della scuderia Disney per cui ha
firmato le sceneggiature di Beauty and the Beast e The Lion King ), Alice in Wonderland linearizza quasi
completamente il caleidoscopico rompicapo carrolliano in un plot avventuroso più simile a Narnia che al
cartoon disneyno del 1951, diretto da Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson.
Secondo gli studiosi di Disney, Walt non aveva mai amato tantissimo la sua Alice - troppo seriosa, impettita,
con tutti quei britannici «Oh Dear!» e i fiumi di lacrime. Protofemminista nell'opprimente Inghilterra vittoriana,
fervente appassionata d'avventura e posseduta da grande spirito d'indipendenza, l'Alice di Woolverton e
Burton è, in un certo senso, più simile alle recenti ed emancipate eroine Disney (la sceneggiatrice ha
collaborato anche al copione di Mulan). La vediamo per la prima volta bambina, bionda, pallidissima, gli occhi
cerchiati (molto Tim Burton) a causa di strani incubi notturni, popolati di bruchi blu e conigli bianchi. «Papà, mi
sta dando di volta il cervello?», chiede. «Sei completamente matta. Non ci sono dubbi», risponde lui. E poi le
svela un segreto: le persone migliori sono sempre pazze.
Cut e sono passati tredici anni. Alice (Mia Wasiskovska) arriva in carrozza davanti a un imponente castello
dove -più o meno a sua insaputa - è stata organizzata una festa di fidanzamento, la sua. Mancato il papà, la
mamma ha venduto l'impresa a un ex socio del marito ed è ansiosa di piazzare l'irrequieta Alice tra le braccia
di quell'agiata famiglia. Il futuro consorte ha l'attrattiva di un pollo spennato, la disponibilità di una vecchia
zitella e molti problemi di digestione. Di fronte a centinaia di ospiti impettiti, dal gazebo dove stanno per
annunciare le nozze imminenti, Alice scatta all'inseguimento di un provvidenziale coniglio bianco... E finisce
giù giù, nell'interminabile buco, schivando (insieme al pubblico) piatti, arredi e affini. Il pianeta (s)conosciuto
dove atterra, non e però la Wonderland raffigurata nelle classiche incisioni su legno del vittoriano John
Tenniel, né quella magnificamente lisergica immaginata dai nine old men di Walt Disney, bensì una
«Underland» brulla e desolata dalla tirannia della Regina rossa - Helena Bonham Carter in versione
macrocefala che si circonda di mostri umani alla Todd Browning.
Passando da una palette di grigi, panne, terre e colori pastello, ai rossi violenti degli interni del palazzo reale,
regolarmente annaffiati del sangue delle vittime di sua maestà (il fossato che circonda il castello è pieno di
teste gallegianti), Burton ritrova per un attimo il gusto del gotico americano e dell'horror. Le altre punte di
colore estremo nel film arrivano con il cappellaio matto, ultima delle struggenti invenzioni che Johnny Depp
ha messo a punto per il regista. Chioma rosso fuoco e occhi verde abbagliante (dice Depp a causa del
mercurio che i capellai usavano a quel tempo e che li rendeva anche folli), il suo è un Mad Hatter venato di
tragedia - e non privo di un tocco romantico. La sua presenza inassimilabile, sempre off, ancor più toccante in
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Il Manifesto
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ED. NAZIONALE
La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
un mondo che è quasi completamente Cgi. È per lui e Bonham Carter - gli amanti sanguinari di Sweeney
Todd - che batte, ancora una volta, il cuore di Tim Burton.
Sfuggita almeno momentaneamente alle grinfie del promesso sposo, Alice non sembra comunque entusiasta
di questa Underland. Soprattutto non le piace l'idea che tutti facciano finta di averla conosciuta molto tempo
prima e che, secondo le illustrazioni di una una vecchia pergamena, starebbe a lei, armata di una spada
magica, metter fine alla tirannia della regina rossa in un duello contro un drago (il serpentesco Jabberwocky
di Through the Looking Glass and What Alice Found There). «Non sarò mai il vostro guerriero. È contro la
mia indole», dice Alice, molto risoluta, alla Regina bianca (Anne Hathaway) che sogna di riprendersi il trono
dalla morsa della sorella. Ma eccola lì, foderata di un'armatura come Giovanna d'Arco, in testa alla truppe
bianche nella sterminata scacchiera su cui si conduce la battaglia finale.
Crescere non significa dover riunciare a se stessi e ai propri sogni, anche se poi si rischia di rimanere senza
marito o dover andare a cercare la felicità in Cina. Questo il messaggio del film di Tim Burton, che ha la
progressione narrativa «logica» di un videogame. La logica, anzi la violenta determinazione di sovvertirla - sia
con il linguaggio che con le immagini - era la scommessa esplosiva di Carroll. Questo Alice in Wonderland è
un po' meno ambizioso ed eversivo di così.
NEW YORK
«Non ho mai trovato una versione di Alice, che funzionasse o mi piacesse particolarmente. Alla fine, era
sempre la storia di una bambina un po' imbranata, alle prese con un gruppo di fuori di testa. E non è che la
versione disneyana fosse la migliore in assoluto. Quindi non mi sentivo sotto pressione per eguagliare o
superare un modello».
Tim Burton fa suo l'amatissimo e adattatissimo classico di Lewis Carroll (oltre alle svariate versioni
cinematografiche, anche una canzone dei Jefferson Airplane, una produzione Bbc con musiche di Ravi
Shankar, almeno un porno, una recente serie tv in cui Alice insegna arti marziali e un videogame in cui finisce
in manicomio), in una produzione Disney che combina animazione e riprese dal vero, girata in bidimensione e
poi «gonfiata» digitalmente in 3D.
Su sceneggiatura di Linda Woolverton (scrittrice per bambini e habitué della scuderia Disney per cui ha
firmato le sceneggiature di Beauty and the Beast e The Lion King ), Alice in Wonderland linearizza quasi
completamente il caleidoscopico rompicapo carrolliano in un plot avventuroso più simile a Narnia che al
cartoon disneyno del 1951, diretto da Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson.
Secondo gli studiosi di Disney, Walt non aveva mai amato tantissimo la sua Alice - troppo seriosa, impettita,
con tutti quei britannici «Oh Dear!» e i fiumi di lacrime. Protofemminista nell'opprimente Inghilterra vittoriana,
fervente appassionata d'avventura e posseduta da grande spirito d'indipendenza, l'Alice di Woolverton e
Burton è, in un certo senso, più simile alle recenti ed emancipate eroine Disney (la sceneggiatrice ha
collaborato anche al copione di Mulan). La vediamo per la prima volta bambina, bionda, pallidissima, gli occhi
cerchiati (molto Tim Burton) a causa di strani incubi notturni, popolati di bruchi blu e conigli bianchi. «Papà, mi
sta dando di volta il cervello?», chiede. «Sei completamente matta. Non ci sono dubbi», risponde lui. E poi le
svela un segreto: le persone migliori sono sempre pazze.
Cut e sono passati tredici anni. Alice (Mia Wasiskovska) arriva in carrozza davanti a un imponente castello
dove -più o meno a sua insaputa - è stata organizzata una festa di fidanzamento, la sua. Mancato il papà, la
mamma ha venduto l'impresa a un ex socio del marito ed è ansiosa di piazzare l'irrequieta Alice tra le braccia
di quell'agiata famiglia. Il futuro consorte ha l'attrattiva di un pollo spennato, la disponibilità di una vecchia
zitella e molti problemi di digestione. Di fronte a centinaia di ospiti impettiti, dal gazebo dove stanno per
annunciare le nozze imminenti, Alice scatta all'inseguimento di un provvidenziale coniglio bianco... E finisce
giù giù, nell'interminabile buco, schivando (insieme al pubblico) piatti, arredi e affini. Il pianeta (s)conosciuto
dove atterra, non e però la Wonderland raffigurata nelle classiche incisioni su legno del vittoriano John
Tenniel, né quella magnificamente lisergica immaginata dai nine old men di Walt Disney, bensì una
«Underland» brulla e desolata dalla tirannia della Regina rossa - Helena Bonham Carter in versione
VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010
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03/03/2010
Il Manifesto
Pag. 12
ED. NAZIONALE
La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
macrocefala che si circonda di mostri umani alla Todd Browning.
Passando da una palette di grigi, panne, terre e colori pastello, ai rossi violenti degli interni del palazzo reale,
regolarmente annaffiati del sangue delle vittime di sua maestà (il fossato che circonda il castello è pieno di
teste gallegianti), Burton ritrova per un attimo il gusto del gotico americano e dell'horror. Le altre punte di
colore estremo nel film arrivano con il cappellaio matto, ultima delle struggenti invenzioni che Johnny Depp
ha messo a punto per il regista. Chioma rosso fuoco e occhi verde abbagliante (dice Depp a causa del
mercurio che i capellai usavano a quel tempo e che li rendeva anche folli), il suo è un Mad Hatter venato di
tragedia - e non privo di un tocco romantico. La sua presenza inassimilabile, sempre off, ancor più toccante in
un mondo che è quasi completamente Cgi. È per lui e Bonham Carter - gli amanti sanguinari di Sweeney
Todd - che batte, ancora una volta, il cuore di Tim Burton.
Sfuggita almeno momentaneamente alle grinfie del promesso sposo, Alice non sembra comunque entusiasta
di questa Underland. Soprattutto non le piace l'idea che tutti facciano finta di averla conosciuta molto tempo
prima e che, secondo le illustrazioni di una una vecchia pergamena, starebbe a lei, armata di una spada
magica, metter fine alla tirannia della regina rossa in un duello contro un drago (il serpentesco Jabberwocky
di Through the Looking Glass and What Alice Found There). «Non sarò mai il vostro guerriero. È contro la
mia indole», dice Alice, molto risoluta, alla Regina bianca (Anne Hathaway) che sogna di riprendersi il trono
dalla morsa della sorella. Ma eccola lì, foderata di un'armatura come Giovanna d'Arco, in testa alla truppe
bianche nella sterminata scacchiera su cui si conduce la battaglia finale.
Crescere non significa dover riunciare a se stessi e ai propri sogni, anche se poi si rischia di rimanere senza
marito o dover andare a cercare la felicità in Cina. Questo il messaggio del film di Tim Burton, che ha la
progressione narrativa «logica» di un videogame. La logica, anzi la violenta determinazione di sovvertirla - sia
con il linguaggio che con le immagini - era la scommessa esplosiva di Carroll. Questo Alice in Wonderland è
un po' meno ambizioso ed eversivo di così.
Foto: JOHNNY DEPP, HELENA BONHAM CARTER, MIA WASIKOWSKA IN «ALICE». SOTTO, ANNA
HATHAWAY
VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010
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03/03/2010
La Gazzetta dello Sport
Pag. 37
ED. NAZIONALE
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LA RIVOLUZIONE PRODOTTO IN ESCLUSIVA PER PLAYSTATION 3, I SUOI DATI DI VENDITA
CONTRIBUIRANNO A RICAVARE L'IDENTIKIT DEL GIOCATORE DEL 2010
Heavy Rain Quel videogioco sembra un film
È un noir angosciante come «Seven» e ingegnoso come «Saw», ma così innovativo da non ammettere
confronti: può piacere anche a chi non ha mai acceso una console
PAOLO CONDO'
d
Partita quasi da zero quindici anni fa, l'industria dei videogiochi ha festeggiato da poco il sorpasso nei
confronti di musica e cinema, e il conseguente primato nell'intrattenimento, per diffusione e fatturato. Le
crescite impetuose implicano però nuovi obblighi di creatività, perché un mercato così allargato non si sazia
di sole simulazioni belliche o calcistiche. L'attesissimo Heavy Rain, esclusiva PlayStation3 uscita mercoledì
scorso, è una risposta in questo senso: un gioco molto innovativo - assomiglia soltanto a Fahrenheit, titolo di
culto per PS2 degli stessi sviluppatori, i francesi di Quantic Dream -, rigidamente riservato a un pubblico
adulto e deciso passo avanti sulla strada del film interattivo.
Esperienza Anche se la meccanica di gioco è molto videogame, con i tasti da pigiare in fretta nell'ordine
indicato sullo schermo, l'esperienza complessiva è cinematografica, se non addirittura letteraria. Heavy Rain
è un'opera splendida che apre un nuovo filone, e il suo dato di vendite contribuirà all'identikit del
videogiocatore del 2010. Perché il successo non è scontato: troppo diverso dai canoni tradizionali per piacere
a tutti, questo titolo può lasciare freddi i vecchi smanettoni e ammaliare gente che non avrebbe mai pensato
di accendere una console.
La storia Heavy rain è un noir d'atmosfera, angosciante come Seven e ingegnoso come Saw. Un padre ha
quattro giorni di tempo per salvare il figlio, rapito da un serial killer di ragazzini che lo costringe a prove
sempre più terribili in cambio di indicazioni a puzzle sul luogo in cui il bimbo è prigioniero. Una fotografa, un
detective privato e un federale iper-tecnologico sono gli altri personaggi giocabili, e i quattro incrociano le loro
ricerche in molti modi.
Cento finali Lo sviluppo della storia è appassionante: l'abbiamo finita in una dozzina di ore, faticando a
staccarcene, ma la «nostra» conclusione è soltanto una delle molte possibili. La struttura ad albero della
trama fa sì che in ogni capitolo ci siano delle scelte da fare, e gli avvenimenti si sviluppino in maniera
sensibilmente diversa a seconda dell'opzione privilegiata. Possono perfino morire alcuni protagonisti - a noi
ne hanno fatti secchi due su quattro - e la storia giunge comunque a dama. Pare che i finali montati siano
cento. E dunque siamo appena all'inizio.
VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010
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03/03/2010
Donna Moderna
Pag. 305
N.10 - 10 MARZO 2010 - IL BAMBINO
La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Analisi di un gioco: The Sims
Isabella Fava
Alzi la mano chi non ha mai sognato di vivere una vita parallela. Di inventarsi modella, chirurgo, astronauta.
La fortuna del videogioco The Sims , che compie 10 anni e, grazie a continue e diverse versioni,è record di
vendite di tutti i tempi, sta proprio nel fatto che consente a ognuno di interagire con personaggi inventati,
come in un secondo mondo. I grandi impazziscono, e anche i piccoli, fra i 10 e i 12 anni, si divertono. « The
Sims è uno dei migliori titoli in circolazione per i bambini» dice Matteo Bittanti,ricercatore all'università di
Stanford,California,e direttore insieme a Gianni Canova della collana Ludologica edita da Unicopli. «È come
un sofisticato gioco delle bambole. Solo che qui le bambole sono semisenzienti,si relazionano tra di loro,sono
individui virtuali.E insegnano ai bambini che l'uomo è un animale sociale». Controindicazioni? «Come altri
videogiochi non è una babysitter: necessita della supervisione di un adulto, che spieghi alcuni aspetti
complessi. E che ne limiti l'utilizzo», raccomanda Matteo Bittanti, ricercatore.
VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010
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02/03/2010
11:01
Corriere.it
Sito Web
Palestra virtuale, riabilitazione reale
La fitness simulata migliora equilibrio e postura. Prime positive esperienze con una malattia reumatica
MILANO - Per anni e anni chi voleva tenersi in forma non ha avuto molte alternative: una corsetta, qualche
bracciata in piscina, la partitella a tennis o a calcio. Poi è arrivata Jane Fonda. Con lei inizia l' era dell'
aerobica da farsi a casa, armati di videocassette che, a ritmo di musica, suggeriscono le «mosse» da fare.
Con qualche raggiustamento - suggestioni orientali, commistioni con attività da combattimento, in acqua o
con piccoli attrezzi - l' aerobica viene adottata nei centri fitness. Ma non tutti vogliono, o possono, frequentare
i vari corsi (l' abbandono dopo i primi tre mesi si avvicina al 40%) ed ecco che, e siamo all' oggi, i nastri in
VHS vengono sostituiti dai videogiochi. Videogiochi che con una balance board «intelligente» (una pedana
che trasmette vari parametri, sulla quale muoversi in funzione del gioco scelto, o delle indicazioni del trainer
virtuale) e un joystick (un comando che permette di interagire con il programma scelto) garantirebbero il
raggiungimento della perfetta forma fisica, ancora una volta nel salotto delle nostre abitazioni.
L'ANALISI - Ma quanto c' è di vero nello slogan con cui vengono venduti questi prodotti: la tua «palestra in
casa»? Uno studio condotto da Cake, un ramo della multimilionaria compagnia giapponese che produce i più
celebri dei videogiochi virtuali, precisa che l' attività motoria prevista non è abbastanza intensa per contribuire
significativamente alla quantità giornaliera di esercizio fisico necessaria per stare in salute. Conclusioni: soldi
sprecati? Per niente. Lo dimostra il progetto di ricerca, avviato dal ministero dell' Istruzione, dell' Università e
della Ricerca, «Messa a punto di nuove metodologie per la Tele-Riabilitazione Neuromotoria», i cui
protagonisti operativi sono il Dipartimento di bioingegneria e tecnologie biomediche e gli Istituti scientifici di
Cassano delle Murge (Bari) e Telese Terme (Benevento) della Fondazione Maugeri.
IL PROGRAMMA - «Con il diminuire delle risorse economiche, l'aumento dell' età media e una conseguente
maggior richiesta di prestazioni riabilitative - spiega Nicola Pappone, primario dell' Unità operativa di
Riabilitazione reumatologica e ortopedica dell' Istituto di Telese, nonché coordinatore del progetto - la sfida
che ci siamo posti era capire quanto una tecnologia semplice ed economica, come quella delle attività
motorie inserite nei videogiochi wireless, potesse integrarsi nei percorsi riabilitativi. Fino a sostituire, almeno
in alcune fasi, sia a casa sia in ospedale, il fisioterapista». «Significativi risultati dell' applicazione di questi
dispositivi - utilizzati, per esempio, per simulare gare di sci o partite di golf - si sono visti già nel primo gruppo
di dieci pazienti con spondilite anchilosante, una malattia reumatica cronica, abbastanza comune e
invalidante, che si manifesta in età ancora lavorativa - prosegue Pappone -. E proprio il fatto che la malattia
colpisca persone relativamente giovani ci ha dato pazienti ideali su cui testare queste nuove forme di
riabilitazione che richiedono, almeno in questa fase, soggetti con un minimo di cultura informatica. Dopo
essere stati sottoposti ad un programma che prevedeva ogni giorno, per 3-4 settimane, esercizi di
rieducazione posturale e respiratoria e una serie di attività sportive individualizzate (eseguiti con videogiochi
normalmente in commercio), tutti i pazienti (monitorati all' inizio e alla fine del trattamento in regime di
ricovero) hanno mostrato un miglioramento della capacità di controllo dell' equilibrio, della coordinazione e
della postura, sia in condizioni statiche che dinamiche. Questo è il primo passo. Il nostro obiettivo è quello di
"allenare" con questa tecnologia i pazienti anche nelle loro abitazioni. Pensiamo soprattutto ad anziani e
disabili che sarebbero così aiutati a superare i limiti spaziali e temporali cui sono costretti dalle loro
condizioni».
VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Videogiochi
02/03/2010
Di Piu TV
Pag. 72
N.9 - 9 MARZO 2010
Ecco le novità che presto compreremo • // gioco della settimana • Le classifiche dei videogiochi più popolari
andra divo
I TITOLI DA NON PERDERE Guitar Hero Van Halen Ci sono le canzoni del celebre gruppo hard rock
americano dei Van Halen in questa edi-• zione del famoso gioco musicale: quarantasette brani tutti da
suonare. Per Nintendo Wii, Ps3, XBox360. Calling Un gioco ad alta tensione di ambientazione horror,
singolarmente coinvolgente: si ricevono telefonate, si scappa da una stanza chiusa, si sfugge ad apparizioni
dall'oltretomba. Solo per Wii. Battlefield Bad Company 2 Uno sparatutto ambientato in una guerra moderna:
tra combattimenti violentissimi, si tutto il mondo che circonda il giocatore si può distruggere. Per XBox360,
Pc, Ps3. BlazBlue Calamity Trigger Sembra un gioco degli anni Novanta questo picchiaduro dalla grafica
simile ai fumetti: ma ha la velocità e la ricchezza dei videogames più m o d e r n i . Per XBox360 ePs3.
VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 03/03/2010
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
giocare con la tv