paolo amori

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paolo amori
Atti Convegno UNIDI in Expodental: “Promuovere la salute comunicando il dentale ”- Milano 11.10.2003
Dott. PAOLO AMORI
(Presidente ANDI)
Purtroppo noi scontiamo, in Italia, il fatto che l’odontoiatria come branca autonoma rispetto alla
medicina si sia affermata solo in anni recenti, e nel passato l’odontoiatria è stata sempre vista come
la Cenerentola della medicina. Tutto ciò doveva cambiare, e finalmente sta cambiando; oserei dire:
oggi è cambiato. Io sono solito rivendicare l’orgoglio di essere un dentista, e lo rivendico perché
oggi, nei consessi scientifici internazionali, gli odontoiatri italiani non sono più terreno di conquista
degli stranieri, ma sono chiamati sui circuiti scientifici internazionali a fare vedere quello che siamo
riusciti a produrre di buono nel nostro paese come livelli di qualità. Per cui, sono convinto che
quello che rimane da fare all’odontoiatria italiana è una volta per tutte rivendicare di aver raggiunto
la maturità piena, e ritessere con il mondo medico, diverso dall’odontoiatria, un rapporto di
correttezza, di complementarietà, facendo capire a questi colleghi medici che noi siamo degli
specialisti e non dei "cava denti", mi si passi il termine, e proprio su questa base anche risolvere
una serie di problemi che ancora ci portiamo dietro, e che sono legati ad alcune confusioni anche
nell’esercizio pratico professionale della nostra specialità. Perché purtroppo l’abusivismo che esiste
in Italia non è solo quello di chi non ha nessuna formazione in ambito medico - odontoiatrico, ma è
anche di chi ha una formazione sanitaria in altra branca e poi mette le mani laddove non ha
competenza specifica. Penso che qualche nemico me lo sono fatto con questa affermazione! I
dopolavoristi, i dopolavoristi!
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Tornando però sul problema della Tavola Rotonda, cioè la comunicazione, sono d’accordo con
quello che dicevano poi i colleghi, soprattutto il dottor Giulio Del Mastro: un dentista, un
odontoiatra che ha la sua professione avviata è per forza uno che sa comunicare bene col paziente,
perché altrimenti non avrebbe pazienti. Non vorrei insistere troppo su questo concetto, né andare
sulla problematica di comunicazione col paziente, perché sono convinto che proprio perché siamo
una professione matura questa comunicazione, per quanto perfettibile come tutte le cose che si
basano su evidenza scientifica, perché anche la scienza della comunicazione è una scienza, è
comunque a un livello che non è poi così malaccio; perché?
Perché proprio una quindicina di giorni fa a Roma, il CENSIS ha presentato i dati di una rilevazione
nazionale che ha preso lo spunto da un’indagine fatta prima in regione Lombardia, che cambia un
po’ quella che era l’opinione corrente della percezione che il pubblico ha del dentista. Perché è
uscito fuori che il 95 per cento degli intervistati, ed è un campione nazionale, dice che è soddisfatto
del proprio dentista e che ha un buon rapporto col proprio dentista; e l’85-87% aggiunge che è
anche convinto di avere speso il giusto per ottenere le prestazioni; poi c’è un’altra percentuale,
piuttosto elevata ma non mi ricordo la cifra, vi chiedo scusa, che dice anche che è contento del
livello di informazione che ha avuto dal dentista perché ha partecipato alle decisioni terapeutiche.
Questo dato è un po’ a macchia di leopardo sul territorio nazionale, ha delle prevalenze in alcune
aree geografiche, in altre un po’ meno, siamo un paese complesso, bisogna in qualche area
evidentemente lavorare ancora parecchio sia su noi stessi e sia sui pazienti. Ma veniamo appunto al
lavoro sui pazienti, perché in quanto presidente di un’associazione di categoria, il mio compito
penso sia quello di richiamare l’attenzione non tanto sulla comunicazione individuale, odontoiatrapaziente, quanto sulla comunicazione globale di categoria rispetto al paziente, rispetto ai cittadini
in generale e rispetto al comparto. Allora, io credo che la prima cosa da mettere in chiaro è chi
comunica cosa a chi, perché se non si chiarisce questa sorta di triangolo rischiamo di creare degli
incidenti di percorso, rischiamo di creare della confusione o di fare della cattiva comunicazione
come, secondo me, è avvenuto ad esempio lunedì sulla pagina del SOLE 24 ORE perché si è data
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un’immagine non positiva del dentista in un contesto che peraltro era estremamente ben calibrato,
laddove si allude al fatto che i dentisti sarebbero, come al solito, dei grandi evasori fiscali. E questo
non corrisponde alla realtà dei fatti, è comunque negativo per l’immagine della categoria. Allora,
nell’ambito di questo triangolo comunicativo, chi comunica che cosa a chi, uso adesso un
linguaggio un po’ inusuale perché parlo di mercato e non più di pazienti, come invece siamo soliti
esprimerci noi, che siamo dei professionisti della salute. Nell’ambito di un approccio di mercato al
problema, noi abbiamo un mercato che si compone da un lato dai compratori delle prestazioni e
dall'altro dai professionisti. Questi ultimi sono a loro volta componente del mercato dei fornitori
dei prodotti di consumo, dei beni strumentali o dei manufatti che i professionisti usano per le loro
terapie e per le riabilitazioni. Concetto su cui io non mi stancherò mai di insistere, perché il
manufatto protesico, l’apparecchiatura ortodontica non sono un qualcosa che noi andiamo a
commercializzare rispetto al paziente, sono degli strumenti di terapia che noi usiamo a vantaggio
del paziente in un complesso rapporto che prevede un piano di cure che si avvale di questi
dispositivi medici individuali. Allora, detto ciò, mi sembra che da questa impostazione discendano,
con chiarezza, alcuni corollari fondamentali: la comunicazione rispetto al paziente, intesa come
soggettività del rapporto medico - paziente, nonché come comunicazione globale di categoria,
dobbiamo farla noi professionisti perché abbiamo la cultura necessaria e soprattutto la possibilità di
instaurare dei feedback relazionali che servono a dare al paziente gli strumenti di crescita per
confrontarsi con noi, e noi con loro proprio in un rapporto dialettico, che è quello che noi vogliamo,
perché noi lavoriamo, è vero, oggi, con una complessità organizzativo- gestionale paragonabile per
certi versi con quella propria di un’azienda, ma siamo comunque e sempre dei professionisti. Il dott.
Giulio Del Mastro prima ricordava che una parte dei nostri costi sono spese che, nelle attività
commerciali, non esistono in quanto "spese morte", che servono, però, a mantenere la dignità nostra
di professionisti, e soprattutto a tutelare l’interesse primario del nostro paziente, che è la salute. Non
a caso siamo una professione regolamentata e protetta.
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Occorre anche definire che a nostra volta, come ricordava il dott. Francesco Schiariti, siamo oggetto
di comunicazione ed è la comunicazione di quella parte della filiera produttiva del dentale che è a
monte della nostra prestazione. È vero che c’è un po’ di ingorgo di comunicazione qui, però penso
che se ognuno fa correttamente il proprio lavoro, si può arrivare a mettere in piedi un sistema di
comunicazione interno che serva, in primo luogo, a razionalizzare il messaggio informativo che
viene a noi professionisti, anche per dare dei segnali di regolamentazione etica, etica del mercato.
Può servire per compattare le varie figure professionali che operano in questo mercato, e può servire
a noi per arricchire il messaggio comunicativo che noi a nostra volta diamo al cittadino, utente,
paziente, consumatore, chiamiamolo come vogliamo secondo l’ottica con cui approcciamo lo stesso
problema.
In questo schema, mi si perdoni, c’è un altro problema che ha posto prima il dott. Giulio Del
Mastro: il rapporto con i mass media. Io credo che oggi questo rapporto sia abbastanza buono e
corretto, perché vedo che il lavoro di comunicazione che tutti stiamo ormai facendo da qualche
anno, sia pure ancora insufficiente, ha portato a spiegare noi stessi all’esterno e vedo che da parte
dei media oggi c’è un’attenzione maggiore ai problemi dell’odontoiatria e c’è una maggiore
comprensione di chi siamo, perché un altro dei punti fondamentali è che fino a pochi anni fa non si
capiva a livello di opinione pubblica e anche di mass media, e anche di classe politica, chi fa che in
odontoiatria. Non era inusuale sentire parlare in talk show televisivi di atto terapeutico in
odontoiatria e veniva citata impropriamente la figura professionale che fa quell’atto terapeutico, con
confusione di denominazione tra odontoiatra e odontotecnico, facendo un torto non solo e non tanto
a noi, ma anche a quella figura professionale che ha una sua competenza specifica. Oggi queste cose
per fortuna accadono con meno frequenza: significa che qualche piccolo risultato l’abbiamo
raggiunto perché siamo riusciti a spiegare il comparto. Allora chiudo dicendo questo: sicuramente la
strada da percorrere è ancora tanta, sicuramente su questa strada occorre che tutte le varie figure
professionali e le varie associazioni del settore lavorino in sinergia, perché l’obiettivo primario, a
mio avviso, è quello proprio di spiegare all’esterno chi siamo e che cosa facciamo in modo da
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difendere la dignità professionale che abbiamo conquistato sul campo e fare capire che oggi, in
Italia, l’odontoiatra è un professionista, che l’odontotecnico è, mi si passi il termine, anche lui un
professionista ma con una formazione diversa, e differente campo di applicazione, che l’igienista
dentale è una professionista con le sue specificità e i suoi campi d’azione, e così via in un concetto
di comparto dove siano chiari e definiti i compiti, dove ognuno rivendichi l’orgoglio di svolgere il
proprio ruolo, il tutto ovviamente sempre nell’interesse del paziente che è il fine per cui noi
abbiamo deciso di esercitare l’odontoiatria. Grazie.
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