La sopraffazione della democrazia dei partiti attraverso la

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La sopraffazione della democrazia dei partiti attraverso la
„Va bene?! Die deutsch-italienischen Beziehungen auf dem Prüfstand“
Fachkonferenz 01.-02.12.2011 in Berlin
La sopraffazione della democrazia dei partiti attraverso la democrazia dei
media – sette tesi
di Frank Decker
1.
La decomposizione dei milieu, la scomparsa di ideologie opposte, che un tempo offrivano
un’identificazione così come le crescenti aspettative e sfide verso il governo hanno cambiato in
modo durevole le condizioni della competizione fra partiti. I partiti oggi devono cercare di
conquistare un elettorato capace di schierarsi più spesso da parti diverse; un elettorato che non si
sente più legato a certezze ideologiche o sociologiche. Dal punto di vista del fruitore questo
sviluppo può essere benvenuto, tuttavia esso significa anche che i votanti vadano effettivamente a
votare. Essi possono però possono veramente esprimere un voto solo se gli offerenti mettono a
disposizione alternative chiare.
2.
Esiste dissenso, se i partiti oggi siano ancora in grado di poterlo fare. Gli uni mettono in
rilievo il fatto, che il campo d’azione della politica nazionale oggi sia ridotto e che ciò costringe i
partiti a porsi gli stessi obiettivi e ad offrire le stesse soluzioni, se essi vogliono avvalersi sulla
concorrenza. Gli altri invece sono dell’opinione che un’alternativa all’attuale capitalismo sia
possibile. Entrambi le posizioni non centrano il bersaglio. Tanto ridotte sono le possibilità della
politica di sfuggire ai vincoli posti dall’economia globalizzata, tante rimangono le opzioni
alternative per creare una società votata al benessere, socialmente giusta e ecologicamente capace
di futuro.
3.
Sebbene non manchino potenziali temi capaci di creare uno scontro politico, essi sono
sempre meno visibile nell’arco della competizione fra i partiti. Innanzitutto le differenze fra i
partiti sono da ricercarsi meno sul piano dei concetti di base e molto più su quello delle tecniche
di risolvere i problemi. I loro dettagli sono spesso però così complicati, che la loro
rappresentazione può risultare incomprensibile all’elettorato oppure sembrare noiosa. In secondo
luogo i conflitti politici si consumano soprattutto all’interno dei partiti stessi, nei quali forze
contrarie e propense al cambiamento sono opposte l’una all’altra.
4.
La risposta dei partiti ad entrambi i problemi consiste in una comunicazione verso
l’elettorato più volta alla personalizzazione e alla messa in scena della politica. La competizione
politica viene „depoliticizzata“; al posto di contenuti complessi ci sono politiche d’immagine,
azioni simboliche e una retorica, che si spoglia della partiticità facendo del popolo il punto di
riferimento centrale. Le tentazioni poste da questa strategia si possono immaginare. Qui inizia il
regno della seduzione, nel quale si fanno promesse che non possono essere mantenute, si simula
una capacità di agire che in verità si è perduta da tempo oppure ci si esercita nell’influire sugli
stati d’animo del popolo. Tanto meno i successori dei partiti popolari si distinguono nel sistema di
valori e nelle posizioni politiche, tanto più essi tendono a creare e a gonfiare distinzioni artificiali.
5.
Il cambiamento della forma di competizione fra partiti ha come conseguenza, che la
rappresentazione pubblica delle decisioni viene separata progressivamente dai contenuti e dal
modo in cui ci si è arrivati. Più complessi e inafferrabili diventano i processi decisionali reali per
il pubblico, più prevale nell’elettorato un bisogno di facile comprensibilità e di trasparenza.
Volgendosi al populismo gli attori politici cercano di soddisfare questo bisogno. In caso
favorevole esso crea fiducia negli elettori. In caso sfavorevole esso può sfociare nel favoritismo
oppure creare aspettative, che poi vengono deluse.
6.
In modo determinante questo cambiamento viene portato avanti dai media, che sviluppano
un’affinità naturale a un modo populistico di mettere in scena la politica. Sintomatico è lo
spostamento del dibattito pubblico dalle istituzioni politiche a formati mediatici: parlamenti e
congressi di partito vengono sostituiti dai talkshows, capaci di rappresentare le controverse
politiche in modo spettacolare e che allo stesso tempo hanno preso un ruolo importante
„Va bene?! Die deutsch-italienischen Beziehungen auf dem Prüfstand“
Fachkonferenz 01.-02.12.2011 in Berlin
nell’agenda-setting. Se ciò basti per parlare di una „colonizzazione della politica attraverso i
media“ (Thomas Meyer), si lasci in sospeso. Sicuramente nella democrazia della competizione
entrambi le parti hanno bisogno l’una dell’altra. Il fatto che i media in questa simbiosi spesso
abbiano il coltello dalla parte del manico è dovuto al fatto, che essi coltivano un atteggiamento di
avversione verso la classe politica. I giornalisti fanno un doppio gioco, per certi versi cinico.
Attraverso la loro tendenza alla personalizzazione e drammatizzazione della politica da una parte
promuovo in modo forte la spirale delle aspettative e rafforzano quel mito dell’onnipotenza della
politica, che essa stessa crede di dover generare di fronte all’elettorato. Dall’altra parte essi
mettono politici e partiti alla berlina, quando le aspettative non vengono da essi soddisfatte oppure
risultano essere irrealizzabili.
7.
Il cambiamento dell’immagine della democrazia dei partiti porta in un altro senso a
conseguenze populistiche. I partiti non hanno assistito passivamente alla loro perdita d’influenza,
ma hanno cercato di compensarlo attraverso un rafforzamento della loro posizione nello Stato. A
livello della legittimazione ciò nasconde un difficile dilemma, in quanto l’accettazione della
democrazia dei partiti così dipende completamente dai servizi concessi dalla politica. Se questi
rimangono al di sotto delle aspettative dei cittadini, diminuisce anche la loro disponibilità di
accettare i privilegi del potere come male necessario. Di fronte a ciò non può stupire, che la critica
allo „Stato occupato dai partiti“ è diventato un tema di preferenza dei nuovi partiti anti-partito.
Panel 3 – Contributo di Frank Decker
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