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TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2013 - N° 16 - EURO 6,00
www.academy-of.eu
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ARTISTA DI COPERTINA: GIOVANNI ALBANESE. ALL’ACCADEMIA DI NAPOLI IL
CONVEGNO SUI PATRIMONI DA SALVARE. LA 55 ESIMA BIENNALE DI VENEZIA.
IL GALLERISTA PAOLO TONIN DI TORINO. FIORENZO ALFIERI, PRESIDENTE
DELL’ACCADEMIA ALBERTINA, L’ACCADEMIA DI MACERATA E molto altro.
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TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2012 - N° 12 - EURO 6,00
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EMILIO TADINI - ECOLE NATIONALE SUPERIÉURE DES BEAUX-ARTS DI PARIGI NUOVI DIRETTORI: A BRERA FRANCO MARROCCO, A BARI BEPPE SYLOS LABINI,
A CATANZARO ANNA RUSSO, A CARRARA LUCILLA MELONI - P.N.A. ACCADEMIA
ALBERTINA DI TORINO - DOCUMENTA, KASSEL - NUOVA IMMAGINE NAPOLETANA - GERARDO LO RUSSO - PAOLA PEZZI - L’ABITAZIONE DELL’ARCHITETTO
ARBORE - ALBERTO GARUTTI AL PAC - RECENSIONI E TANTO ALTRO ANCORA.
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TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2013 - N° 15 - EURO 6,00
TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2012 - N° 14 - EURO 6,00
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GINO MAROTTA RACCONTATO DA LAURA CHERUBINI - IL COLLEGE OF ART DI
PARIGI - INTERVISTA AL GALLERISTA GIORGIO MARCONI - NICOLA SALVATORE
FRA COMO E MARRAKECH - LA FONDAZIONE BISAZZA A VICENZA - CANTIERE
MILANO EXPO DI COSMO LAERA - NICOLA MARIA MARTINO A TORINO - UN GIOVANE TALENTO: PASQUALE GADALETA - RECENSIONI E TANTO ALTRO ANCORA.
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ACCADEMIE: U.D.K. DI BERLINO, ACCADEMIA DI BOLOGNA, ACCADEMIA DI CATANIA,
ACCADEMIA DI TORINO ARTISTI: EMILIO NOTTE, VINCENZO FERRARI, PAOLA DI BELLO,
ANNA ROMANELLO, PAOLA FONTICOLI. C.r.a.b: DERRICK DE KERCKHOVE.
LUOGHI D’ARTE: FONDAZIONE MUSEO PINO PASCALI. RECENSIONI, LIBRI, MOSTRE.
Sommario ragionato
di Elisabetta Longari
L’arte, l’Europa, l’Italia, la crisi, parole che sono tutte
facilmente collegabili. Inutile piangere sul latte versato,
sugli investimenti miopi e sulle sistematiche rimozioni. La
cultura ha senso, anzi, è l’unica cosa che continua ad
avere senso in questa girandola di affari e denaro che
connota d’instabilità la nostra epoca.
Il direttore Gaetano Grillo affronta latamente l’argomento,
anche se dal nostro specifico osservatorio, nel redazionale
significativamente intitolato “Ripartire dall’Accademia”.
Questo numero della rivista dà inoltre notevole spazio al
Convegno che si è tenuto a Napoli e che aveva proprio
per oggetto il Patrimonio delle Accademie e specialmente
il ruolo che queste potrebbero ricoprire nella società
italiana e nella formazione di cittadini a tutto tondo.
Ne parlano diversi partecipanti tra cui Giovanna Cassese.
La copertina è dedicata a Giovanni Albanese, artista
versatile e regista cinematografico, intervistato da
Gaetano Grillo,
mentre la sottoscritta si è applicata a restituire una serie
di flash dalla 55 esima edizione della Biennale di Venezia
che non stento a definire la migliore che abbia sin qui
avuto modo di visitare.
Interessanti le interviste pubblicate su questo numero
16 di Academy, conversazioni con il gallerista Paolo
Tonin di Torino e con Fiorenzo Alfieri, nuovo Presidente
dell’Accademia Albertina di Torino; parla inoltre
Paola Taddei, nuova direttrice dell’Accademia di
Macerata.
Nella rubrica i luoghi dell’arte presentiamo il Parco
della Scultura di Antonio Paradiso a Matera.
Il docente su cui abbiamo concentrato la nostra
attenzione è il poetico Marco Pellizzola, titolare
di Decoraziioone prima all’Accademia Albertina
di Torino e oggi a Brera, l’ex studente oggetto di
segnalazione è Alessandro Gioiello, talentuoso
giovane che per un certo periodo ha fatto anche
parte della nostra redazione; perciò desideriamo
ancora una volta ringraziarlo dell’energia dedicata
ad Academy of Fine Arts.
* Mentre stiamo impaginando il numero
ci raggiunge la triste notizia della morte
di Paolo Rosa, artista, collega, amico e
persona di grande spessore umano e ricca
di immaginario poetico. Ci ripromettiamo di
ricordarlo nel prossimo numero attraverso
gli occhi dei suoi più stretti compagni di
viaggio. Ciao Paolo, ci mancherai molto.
ACADEMY OF FINE ARTS
Iscritta al Tribunale di Trani
n.3/09
Rivista fondata da Gaetano Grillo
NUMERO 16, anno 2013
SEDE
Viale Stelvio, 66
20159 Milano
tel. 02 392 9149654
fax 02 6072609
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DIRETTORE RESPONSABILE
Gaetano Grillo
DIRETTORE EDITORIALE
Gaetano Grillo
[email protected]
*Tutte le collaborazioni si intendono a titolo gratuito
SOMMARIO
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02 Redazionale di Gaetano Grillo
04 Speciale: Giovanna Cassese e il convegno di Napoli sui patrimoni da salvare
18 Artista di copertina: Giovanni Albanese
24 La Cinquantacinquesima Biennale di Venezia
28 Parlano i galleristi italiani: Paolo Tonin, Torino
32 Nuovi Presidenti: Fiorenzo Alfieri, Accademia Albertina, Torino
VICE- DIRETTORE EDITORIALE
Elisabetta Longari
[email protected]
34 Paola Taddei e l’Accademia di Macerata
REDAZIONE
Gaetano Grillo
Elisabetta Longari
Melissa Provezza
Giuliana Storino
40 Luoghi d’arte: Antonio Paradiso e il Parco Scultura “La Palomba” a Matera
37 Docenti: Marco Pellizzola
45 Giovani talenti: Alessandro Gioiello
48 Recensioni
UFF. GRAFICO
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EDITRICE
L’IMMAGINE SRL
Via Lucarelli 62/H
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In copertina: Giovanni Albanese
Eclissi, 2010
L’UNICA RIVISTA PERIODICA RIVOLTA ALLE ACCADEMIE DI BELLE ARTI, AI DOCENTI, AGLI STUDENTI E A TUTTI GLI OPERATORI DEL SETTORE.
Foto Ranuccio Bastoni
di Gaetano Grillo
art
rip
ire
dall’ACCADEMIA
redazionale
La Scuola di Atene, cartone di Raffaello, che si trova alla Pinacoteca
Ambrosiana di Milano, si presta a metafora efficace di quel sentimento che sento si sta diffondendo, ancora timidamente ma da più parti,
negli ultimi tempi:
Il riscatto delle Accademie come luoghi qualificati e centrali per
la formazione e la produzione culturale e artistica nazionale.
Siamo sempre più stanchi di subire la logica del mercato come unico parametro di valore, quasi come se ci fossimo arresi alla nostra
capacità di generare cultura, arte e valori più alti di ciò che passa
esclusivamente dalla bilancia del profitto e delle strategie della comunicazione.
Da molti anni abbiamo accettato, talvolta nostro malgrado, di suffrgare l’idea che il vero giudice del valore delle cose non sia l’uomo
ma l’antichissima legge del rapporto fra offerta e domanda. In questo
modo abbiamo accettato come verità superiore la dimensione commerciale e mercificatrice dell’arte, in antitesi ai princìpi delle avnguardie del secolo scorso.
Abbiamo visto artisti contemporanei quotati con cifre da capogiro,
opere costosissime che altro non sono se non dei simulacri, degli
oggetti vuoti, estetici, ai quali il sistema internazionale dell’arte contemporanea attribuisce ritualmente una mistificazione senza limiti
nell’ormai dilagante orgia del conformismo.
Ci eravamo quasi convinti che la verità fosse quella, quando all’improvviso abbiamo iniziato a sentire un crescente sentimento di stanchezza verso quelle realtà nelle quali vediamo annidarsi i batteri di
quel degrado civile e culturale diffuso nel nostro paese particolarmente, ma più in generale in tutto l’occidente.
Inizia a prendere il sopravvento un desiderio di reagire, di spogliare il
re per vedere se denudato riesce a conservare il suo carisma. Iniziamo a riprendere fiducia nelle nostre qualità, iniziamo a pensare che
per troppo tempo ci siamo assentati consegnando il potere a persone
che non sono straordinariamente meglio di noi, ma è altrettanto vero
che quella resa o quella assenza, spesso ha coinciso con un rassegnato disimpegno.
Noi artisti-docenti che abbiamo dedicato tanto tempo, tante energie
e tanta dedizione alla nostra funzione formativa nelle accademie, oltre alle nostre professioni; noi che abbiamo creduto ostinatamente
anche nel ruolo maièutico, noi che abbiamo vissuto fra i giovani sentendo con loro e insieme a loro il mutamento delle istanze sociali e
culturali nel fluire generazionale, noi oggi torniamo a credere di essere una risorsa sana e proprio per questo, alternativa.
Alcuni preferivano non far sapere del loro impegno anche come docenti, pensavano che fosse screditante. Poci, pochissimi, hanno invece esaltato questa dimensione ponendola al centro del loro profilo
biografico in quanto “progetto artistico” in assoluta coerenza con la
ricerca e la professione. Mi piace citare alcuni casi dell’Accademia
dove io insegno, Brera; mi piace pensare ad Alik Cavaliere negli anni
‘70, a Luciano Fabro negli anni ‘80, ad Alberto Garutti negli anni ‘90
ecc.
Purtroppo negli ultimi tempi sono stati fatti danni notevoli ed è stata
quasi distrutta la parte buona, forse ottima, del sistema accademico
italiano, dando spazio a demagogiche soluzioni delle quali oggi finalmente qualcuno inizia a prenderne consapevolezza.
Un artista che insegna non è, come si è creduto per molto tempo,
un artista che insegna per ripiego, perchè non ha avuto successo
professionale. Certo ci sono casi di questo genere, anche diversi,
ma questo non può screditare una categoria che ha creduto nella
formazione artistica.
Cominciamo a dire invece che un artista che insegna, tanto per cominciare è un artista colto (conosco artisti e critici di successo che
parlano come analfabeti), capace di dialettica, di trasferire i saperi,
spesso anche con quella passione che fa’ la differenza.
In accademia il sapere coincide generalmente con il saper fare e
questo, per tanto tempo è stato ritenuto addirittura un limite, mutuando e stravolgendo la lezione duchampiana, fraintendendola grossolanamente.
Nel processo progettuale dell’arte contemporanea si sono delegati molti saperi agli artigiani equivocando la sensibilità artistica con
quella artigianale, tant’è che spesso l’oggetto artistico, pur essendo
impeccabile dal punto di vista formale ed estetico non è toccante
dal punto di vista espressivo, resta distante, comprensibile razional-
mente ma freddo. E’ come se avessimo sacrificato quella dimensione
diretta che ha quasi sempre dotato l’opera d’arte di calore, di sensibilità. di unicità. L’opera si è avvicinata sempre più all’oggetto e al
simulacro, passa dalla testa ma raramente ci emoziona.
In questa rincorsa al machismo contemporaneo, in questo tempo in
cui, per essere degli artisti importanti è necessario produrre opere
gigantesche che richiedono investimenti milionari, in questo affannarsi ad essere sempre più artisti-imprenditori e comunicatori, abbiamo
perso la semplicità del gesto diretto. Non vediamo più la freschezza
meravigliosa di un disegno a mano libera, non troviamo più il piacere
di esprimerci direttamente, istantaneamente; tutto è calcolo, strategia.
Io penso che abbiamo perso qualcosa abiurando alla dimensione
empatica dell’opera e consegnandola esclusivamente alla speculazione teorica. Le grandi mostre, quelle importanti, sono generalmente allestite in spazi enormi con forti concessioni alla spettacolarità;
come può competere una piccola opera con gigantesche sculture,
installazioni enormi, allestimenti tecnologici sofisticati; sarebbe come
leggere una poesia in una rumorosa discoteca.
Le ACCADEMIE, sono rimaste per molto tempo fuori dal sistema dell’arte contemporanea e dal mercato, questo è stato causato
spesso dalla mediocrità di tanti docenti e dall’arretratezza delle loro
posizioni, ma oggi curiosamente, avvertendo la stanchezza verso il
mercato e i valori del mercato, tornando a guardare con nuovo interesse al valore specifico delle cose, alla cultura, al sapere e al saper
fare, all’impegno, torniamo a pensare alle ACCADEMIE come luoghi
centrali e nevralgici per la formazione e per la produzione artistica.
Un artista che insegna in accademia è meno autoreferenziale, è
meno vanesio e meno star di altri colleghi che fondano sul culto della
loro personalità la propria carriera; è più allenato a percepire le pulsioni dei giovani, più sensibile ad avvertire le istanze generazionali, è
sicuramente più colto di coloro che intendono la cultura come la sola
protesi del proprio sè.
Il nostro Paese, ma vorrei dire il mondo intero, può uscire da questo
degrado culturale a 360 gradi, ricollocando al centro del progetto la
cultura e la formazione.
Per tanto tempo i politici si sono “preoccupati” dell’occupazione abbandonando la formazione, si sono “preoccupati” dell’economia e
hanno trascurato la filosofia. Come può una civiltà fondarsi su ragioni
materiali senza avere un disegno ideale?
E’ ora dunque di tornare in Accademia come metafora del ritorno alla
cultura in contrapposizione al dilagare dell’ignoranza, della rozzezza
e della superficialità dominanti. E’ ora di abbandonare la finanza drogata e di tornare alla sana economia, è ora di guardare alle cose con
occhi nuovi, è ora di distinguere i valori, è ora di uscire allo scoperto
per rifondare le ragioni e i parametri di valutazione delle cose.
Se cè una cosa che riconosco al mio illustre omonimo è proprio la
capacità di dire senza esitazioni che il sistema al quale avevamo
delegato l’amministrazione del nostro paese è completamente screditato poichè è crollato drasticamente l’assunto sul quale si era sclerotizzato. Non ci sentiamo rappresentati più da alcuno, non vediamo
leaders di statura mondiale, non crediamo negli eroi, non abbiamo
pastori spirituali, ma cominciamo a percepire con sempre maggiore
chiarezza il bisogno di uscire dalla palude rimettendoci in gioco.
In questo numero di Academy ho riservato ampio spazio al convegno che si è tenuto ultimamente all’Accademia di Napoli, fortemente
voluto da Giovanna Cassese e magistralmente organizzato. In quella circostanza ho colto chiaramente che siamo ad una svolta, era
evidente la voglia di riscatto delle ACCADEMIE, dei docenti e delle
persone di cultura.
Ripartire dai patrimoni è come ripartire dalla nostra storia e dalla nostra memoria ma per proiettarci nel futuro.
Con la nostra edizione online di Academy stiamo creando un network credo utile per la veicolazione delle nostre risorse culturali e
per compattare il nostro piccolo sistema ancora, purtoppo ammalato
d’individualismo.
Da Napoli è partito un segnale chiaro al quale mi auguro Milano e
altre città d’Italia diano immediatamente seguito facendo lievitare
quell’energia che altrimenti rischierebbe d’implodere.
Questo numero di Academy esce all’inizio dell’anno accademico e in
concomitanza con il P.N.A. (un’iniziativa che merita di essere difesa
in quanto occasione annuale di confronto ma che andrebbe assolutamente riformata) a Bari, iniziamo questo anno accademico con uno
scatto d’orgoglio, rimbocchiamoci le maniche e RIPARTIAMO!
redazionale
Accademia di Belle Arti di Napoli
GIOVANNA CASSESE
PATRIMONI da SVELARE per le ARTI del FUTURO
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Ci vuole il coraggio di uscire definitivamente dall’ombra. Il coraggio di fare
azioni culturali forti. Gli interventi al convegno dei docenti delle Accademie
hanno dimostrato non solo la qualità, ma anche la grande capacità di trovare nuovi paradigmi di lettura del reale e della storia, di proporre modelli
culturali più aggiornati e fondati sull’interazione delle competenze.
speciale convegno a napoli
Intervista a cura di Gaetano Grillo
Il Convegno “Patrimoni da Salvare per le Arti del Futuro”
si è appena concluso incassando un successo strepitoso
e segnando una svolta nella storia del sistema delle accademie di belle arti in Italia.
Tutti all’unanimità hanno espresso grande apprezzamento per la tua iniziativa, per l’ostinazione con la quale hai
voluto ed ottenuto questo convegno ma anche per l’eccellente organizzazione, ora che sono passate le ore convulse dei tre giorni e tutte quelle che li hanno preceduti,
vuoi commentare l’evento?
Sono davvero felice perché si è dimostrata l’alta qualità delle
accademie, del grande patrimonio umano, non solo l’importanza dei beni architettonici, artistici, librari, archivistici, ma anche e soprattutto la qualità dei docenti e quella degli studenti.
Lungi dall’essere istituzioni in crisi o “morte” come appaiono
oggi molte istituzioni culturali nel panorama nazionale, le accademie sanno rimettersi in gioco e in discussione ed attraggono tanti giovani, essendo anche un forte luogo di richiamo
anche per gli studenti internazionali.
Abituati ad una crisi perenne, i docenti delle Accademie sanno
dimostrare più che altrove la capacità di rimettersi in gioco. Il
convegno è stato un momento importante per capire quanto sia necessario fare rete. In realtà ogni accademia ha da
sempre un rapporto privilegiato con il suo territorio, è un riconosciuto e riconoscibile “luogo del contemporaneo”. Ma non
basta, a volte ci si è fermati ad una realtà locale o autoreferenziale: oggi c’è bisogno di fare sistema.
Ci vuole il coraggio di uscire definitivamente dall’ombra. Il coraggio di fare azioni culturali forti. Gli interventi al convegno dei
docenti delle Accademie hanno dimostrato non solo la qualità, ma anche la grande capacità di trovare nuovi paradigmi di
lettura del reale e della storia, di proporre modelli culturali più
aggiornati e fondati sull’interazione delle competenze. Sono
felice e grata anche perché ho avuto la grande collaborazione
del Direttore Generale Giorgio Bruno Civello che ha creduto
fino in fondo nel progetto tanto da creare un tavolo tecnico ad
hoc, l’appoggio incondizionato della Conferenza dei Direttori e
patrocini prestigiosi a cominciare dall’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, per continuare con il Mibac, il Mae
l’Unesco, l’Icom etc. Anche la presenza e la testimonianza di
adesione al convegno del Capo di gabinetto Luigi Fiorentino,
del Sottosegretario con delega AFAM Gian Luca Galletti del
MIUR, insieme ai rappresentanti del MAE UNESCo, ICOM, di
Silvia Costa del Parlamento Europeo e relatrice della misura
di intervento 2014 – 2020 “Europa Creativa” o di Nando Dalla
Chiesa sono stai altamente simbolici e significativi.
L’articolo 9 della Costituzione, a cui fai espressamente
riferimento, recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il
paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Tu sei giustamente partita da questa piccola, grande,
“certezza” della nostra identità nazionale per attivare con
questa iniziativa un’inversione di tendenza rispetto all’oblio che stiamo vivendo da troppo tempo, a causa della
miopia della nostra classe politica. Ripartire dal patrimonio è come ripartire dalla memoria, è il primo passo per
avviare un processo di rinnovamento che trova la ragione
Per troppo tempo l’antitesi avanguardia/accademia, particolarmente sottolineata dai futuristi, ha ingenerato l’allontanamento della formazione artistica dal mondo dell’arte;
le accademie e particolarmente i professori delle accademie sono stati accusati di essere dei conservatori o dei
reazionari. Le accademie in quanto scuole e i professori
in quanto maestri che trasmettono i saperi, non possono prescindere appunto dalla trasmissione della cultura,
della storia e della sapienza tecnica; tutte cose spesso
ignorate e combattute dalle avanguardie che come tali,
per provocare un cambiamento radicale, devono abbattere i valori consolidati e acquisiti dalla tradizione. Se l’artista è un intellettuale (ut pictura poësis) capace di incidere
nel sistema del pensiero con la sua opera, deve essere
portatore della tradizione e quindi del consenso oppure
deve essere un innovatore? Oggi abbiamo più bisogno di
rinnovamento o di tradizione?
Abbiamo bisogno di entrambi! I saperi devono essere tràditi
per essere tradìti! La storia e la storia dell’arte sono sempre
contemporanee! Abbiamo bisogno sicuramente di innovazione, fondata sulle competenze, sulla cultura sulla consapevolezza, sulla centralità del progetto.
A distanza di 90 anni dal Regio Decreto Gentile e a distanza di 14 anni dalla legge di riforma 508/99, te la senti
di tracciare delle riflessioni su quanto di buono e di sbagliato c’è stato nei due modi di pensare alla formazione
artistica nazionale?
Credo sia un discorso di grande complessità. La legge Gentile
partiva da un fondamento idealista che separava ”arte” da “artigianato”, da design. Io sono per la posizione di Gropius: “abbattiamo l’arrogante barriera tra artista e artigiano”! Un grande
danno fu anche la separazione di Architettura dall’Accademia
negli anni ’30.
Oggi si devono ricucire delle maglie. La prima è quella con
gli ISIA. E il convegno lo ha dimostrato: basti pensare agli
interventi di Furlanis e Pansera per comprendere quanto sia
labile il confine tra arte e design. Una grandissima perdita attuale - gravissima- è stata la chiusura degli Istituti d’Arte!!! Un
know-how incredibile, una cultura dei luoghi eccezionale con
patrimoni eccezionali!
L’Italia purtroppo continua a sbagliare… La Riforma del 508/99
è nata già con delle aporie, le più vistose erano il ruolo ad
esaurimento dei docenti e il costo zero! E’ stata comunqueanche a dispetto del fatto che non si sia mai conclusa - una
grande chance per cambiare il volto delle Accademie. Oggi
si rischia davvero se non si agisce tempestivamente! E’ un
momento di estrema delicatezza, siamo sul ciglio, sull’orlo di
un baratro.
Le Accademie sono università a tutti gli effetti e bisogna avere
gli strumenti per una didattica di eccellenza: prima di tutto fondi per la ricerca, immissione delle Accademie nei programmi di
ricerca nazionali e internazionali, apertura dei dottorati di ricerca, network tra le accademie per portare avanti ricerche mirate, fondi per la produzione artistica – che è ricerca per eccellenza! – anno sabatico, valorizzazione reale dei docenti delle
accademie, armonizzazione degli organici, piani di sviluppo e
programmazione, politiche serie di comunicazione per far conoscere la qualità dell’alta formazione artistica e per promuovere i migliori. Immissione di nuove figure professionali per la
salvaguardia dei patrimoni e per il funzionamento di moderni
atelier. Non possiamo solo piangerci addosso, bisogna agire
con tempestività, ripeto, perché il sistema è a rischio paralisi.
Oggi le accademie sono luoghi di formazione fondati sulla centralità della didattica laboratoriale, concetto che
io sostituirei con il vecchio termine di atelier, didattica
fondata sulla certezza che si debba imparare attraverso
l’esperienza del fare in una integrazione dei saperi teorici attraverso quelli fattuali. L’arte contemporanea ha
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speciale convegno a napoli
del suo stesso affermarsi nel solco profondo della tradizione per proiettarsi verso l’innovazione. A quale innovazione stai pensando?
Si questa è la mia premessa: un grande futuro alle spalle.
Penso che bisogna davvero puntare sulla cultura e sulla formazione. Sulla formazione pubblica e di altissima qualità in
ambito artistico è necessario puntare se si vuole incidere davvero sul panorama dell’arte contemporanea.
E’ un fattore importantissimo quello della formazione. Si pensi
all’eccellenza nei secoli di alcune botteghe e poi delle accademie italiane dal ‘700 in poi… Si deve poter credere nella
trasmissibilità dei saperi artistici. Purtroppo l’Italia non punta
sull’educazione artistica in generale. E’ il colmo, ma è uno dei
paesi più arretrati in tal senso: basti pensare ai programmi
scolastici e alla quasi sparizione della storia dell’arte… Il rilancio della competitività europea non può avvenire senza investire nella cultura e nella creatività, e credo che le Accademie
giochino un ruolo chiave anche per una migliore qualità della
vita.
speciale convegno a napoli
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spesso delegato i saperi legati al fare ad altri soggetti
con competenze esclusivamente tecniche e manuali, arrogandosi sostanzialmente il solo valore concettuale e
intellettuale dell’opera d’arte, facendo della lezione duchampiana una sorta di verità assoluta. In questa cornice come possono tornare ad avvicinarsi alla ricerca
artistica le accademie se professano un processualità
molto diversa?
Io credo che anche per una scelta assolutamente ed estremisticamente concettuale sia necessaria una cultura e specificamente una cultura artistica, il che significa anche filosofica, estetica, storico-artistica letteraria musicale etc. e non
solo e certo sulle tecniche. Il problema non sono le tecniche,
ma il sapere artistico nella sua complessità. I saperi devono
essere tràditi per essere tradìti. Una maggiore consapevolezza tra l’altro nell’arte contemporanea assicurerebbe anche maggiore durabilità alle opere! Sai è un mio tema preferito quello delle problematiche di conservazione dell’arte
contemporanea… Penso che anche le discipline “ teoriche”
in accademia sono atelier di conoscenza– l’ho scritto – e il
convegno lo ha dimostrato alla grande.
Quando sostieni che le nostre istituzioni possono oggi
tornare ad essere generatrici di nuovi orizzonti di senso, a quali contenuti pensi e soprattutto a quali modalità
didattiche? Per tanti anni le accademie sono state chiuse in se stesse, arroccate nell’errata difesa di steccati
che le hanno isolate sempre più sino al punto che ancora oggi persistono incrostazioni di autoreferenzialità
obsolete che rallentano il rinnovamento del sistema. In
questo convegno è emerso un dato inconfutabilmente
riconosciuto da tutti: la necessità di “fare sistema” per
avviare una nuova stagione di riscatto della nostra centralità come una delle priorità dell’imminente futuro nel-
la politica nazionale. Come si può attivare questa
nuova coscienza nazionale e con quali strumenti?
Credo che dobbiamo puntare su grandi progetti culturali, sulla ricerca, dobbiamo aprire un confronto serrato. Per essere più pragmatica, penso che i prossimi
due tre anni ci dovrebbero vedere impegnati tutti su
due o tre progetti grandi culturali: il volume che ha
accompagnato il convegno per me era fondamentale che uscisse in contemporanea poiché dobbiamo
mostrare quello che sicuramente già sappiamo fare,
dobbiamo attivare percorsi e corto circuiti virtuosi,
dobbiamo mettere in campo best practice! C’è ancora
tanto, tantissimo da fare… i pregiudizi sono davvero
duri a morire e anche la vicenda delle Scuole di Restauro dimostra che se le Accademie lavorano seriamente a pieno titolo si possono formare restauratori
abilitati alla professione!
Questo Convegno a Napoli chiede di essere tenuto in vita generando nuove energie possibili moltiplicando le occasioni di dibattito sia all’interno
del nostro sistema, sia di confronto con l’esterno
e con l’estero. Cosa possiamo fare nei prossimi
mesi?
Subito pubblichiamo gli atti, attiviamo la rete! Non ci
perdiamo. C’è bisogno di coordinamento e confronto!
Dobbiamo crederci!
Secondo te c’è ancora spazio per apportare delle
modifiche alla riforma dopo la lunga esperienza di
questi anni? Sarebbe giusto farlo oppure rimandarlo ad un altro percorso legislativo?
Questo è un discorso lungo e complesso! Dobbiamo
smetterla di farci la guerra tra di noi, spesso i primi
nemici siamo noi stessi. Non abbiamo bisogno di polemiche sterili o di bacchettatori! Il diritto alla ricerca,
lo status dei docenti e la loro dignità, l’apertura dei
dottorati sono tra le prime priorità e non c’è tempo da
perdere.
Permettimi una domanda faziosa: Cosa pensi della nostra rivista Academy of Fine Arts e della sua
edizione online?
E’ una grande opportunità di conoscenza e dibattito.
La tua straripante energia è una risorsa per tutti
noi e non ti lasceremo riposare, sei pronta a nuove sfide? Cosa ti piacerebbe fare dal primo novembre 2013?
Io sono davvero orgogliosa di essere stata il Direttore
di una grande Accademia che ha dimostrato di saper
fare squadra! A Napoli in questi anni abbiamo lavorato
tanto e in tanti! Vorrei poter continuare a lavorare per
le Accademie e per il futuro dell’arte e dell’alta formazione artistica portando avanti progetti per fare rete e
per rafforzare il sistema.
speciale convegno a napoli
Benchè possa apparire presuntuoso o utopistico, è possibile immaginare che una politica di riscatto del sistema artistico nazionale, dalla tutela
del patrimonio alla ricerca fino alla produzione e
a nuovi paradigmi dell’arte possa partire proprio
dalle nostre accademie?
Io ne sono convinta! Credo che nel terzo millennio vadano modificati i parametri, credo vada ripensato anche il museo e il rapporto con il museo… l’ho scritto!
Un luogo come l’accademia è unico per la contaminazione dei saperi ed è generatore di senso!
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testimonianze:
Silvia Costa
speciale convegno a napoli
Deputata al Parlamento Europeo
Trovo straordinaria l’iniziativa, finalmente tre giorni in cui s’incontrano
le Accademie Statali italiane e le 5 più importanti fra quelle riconosciute legalmente prendono la parola, raccontano il loro patrimonio
ma anche i loro progetti e la propria storia così come raccontano della didattica e dell’innovazione compiuta negli ultimi anni sia a livello
artistico che tecnico.
Finalmente stanno ritrovando una centralità nel quadro nazionale e
protagoniste anche in Europa. Ho cercato di dire con forza come il
programma sulla ricerca, quello sulla mobilità internazionale di docenti e studenti e l’importantissimo programma di una apertura necessaria al digitale sono altrettante risorse ma anche opportunità che
devono confluire nella capacità di fare progetti a livello europeo.
Sarebbe molto importante se nascesse proprio qui da Napoli la decisione di creare un network europeo delle accademie.
E’ vero che esiste già un network delle università ma credo che sia
necessario che le accademie ne abbiano uno proprio per salvaguardare quella loro storica specificità ed anche per distinguere e valorizzare il loro patrimonio e i propri processi formativi artistici e tecnici.
Il network delle accademie potrebbe essere il cuore, il motore di una
nuova stagione.
Giorgio Bruno Civello
Direttore Generale AFAM
Io sono veramente entusiasta di questo convegno che per la prima
volta che ci troviamo tutti concordi con lo spirito di valorizzare i nostri patrimoni, emerge però anche la qualità del nostro corpo docente, abbiamo avuto interventi di altissimo livello, soprattutto da parte
degli storici dell’arte che dimostrano quanto sia importante la storia
dell’arte e quanto essa venga insegnata nelle accademie in modo
più completo di quanto a volte viene fatto nelle università. E’ emersa
la necessità di realizzare un network ed è una cosa che dobbiamo
realizzare con priorità per avviare un confronto e allo stesso tempo
una comunicazione fra le accademie con un processo di cooperazione nazionale. In tutti questi anni ho avuto spesso la sensazione che
ogni accademia fosse malinconicamente isolata in se stessa ed ora
è giunto il momento di “fare sistema” e aprirsi al confronto non solo
interno ma anche internazionale.
Abbiamo avuto questo intervento splendido di Silvia Costa che ha
dimostrato quanto possa essere importante collegarsi alla realtà
europea e dobbiamo assolutamente avviare una strategia in questo
senso.
Sergio Sciarelli
Presidente dell’Accademia di Napoli
Il Convegno sui patrimoni artistici delle Accademie di Belle Arti ha
pienamente risposto alla duplice finalità di operare una ricognizione puntuale e sistematica delle ricchezze artistiche possedute dalle
Accademie italiane e, allo stesso tempo, di dibattere con grande approfondimento molte delle principali tematiche relative all’attività di
queste prestigiose Istituzioni.
L’incontro di Presidenti e Direttori, operanti nell’intero Paese, ha peraltro rappresentato un’eccellente occasione per migliorare la conoscenza e per rinsaldare i rapporti, già intensi e fruttuosi, tra i vertici
di tutte le Accademie di Belle Arti. Napoli, prescelta come sede del
Convegno, è orgogliosa di avere ospitato i rappresentati di tante autorevoli Università del “fare” e del “sapere” in un contesto di elevata
qualificazione culturale.
Il successo del Convegno, arricchito dalla presenza di molti illustri
relatori e dalla partecipazione di autorità del mondo universitario e
dei beni culturali, va a merito della professoressa Giovanna Cassese,
direttore dell’Accademia napoletana, e del suo qualificato staff di collaboratori, veri artefici dell’organizzazione e della piena riuscita di un
evento così importante nella storia e nella opportuna valorizzazione
delle nostre Istituzioni artistiche.
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speciale convegno a napoli
speciale convegno a napoli
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Giuseppe Furlanis
Paola Poggi
Presidente Accademia di Danza, Roma
Segretario Nazionale C.G.I.L. AFAM
Affrontare il tema dei patrimoni nel mondo della formazione non significa pensare ad un patrimonio fermo e polveroso ma ad una ricchezza utile a costruire sapèri che può diventare opportunità di sviluppo
per il futuro.
Vuol dire anche riflettere su una sorta di bisogno della bellezza che
per il nostro Paese può essere fondamentale se riusciamo a connetterla ad una dimensione etica e probabilmente ci potrebbe portare
a farci uscire da questo declino culturale che è anche alla base di
quello economico.
E’ fondamentale partire al più presto con una nuova sfida di cui io
spesso ho già parlato, quella di creare un network delle accademie
per permetterle di essere forti e presenti in una dimensione che è
sempre più globale per l’economia e per la cultura. Dobbiamo superare ancora la tendenza delle singole istituzioni ad essere autoreferenziali, troppo impegnate a voler valorizzare le loro specificità
addirittura fra dipartimenti e fra docenti e docenti.
Questo indebolisce il sistema che invece ha bisogno di costruire elementi di relazione per riportare una qualità complessiva. Oggi si parla
tanto di complessità ma la complessità richiede la specializzazione
e quest’ultima provoca a sua volta la frammentazione; allora solo se
abbiamo la capacità di connettere le reti dei sapèri possiamo davvero svilupparli.
Questa è un’iniziativa che io ho sponsorizzato con convinzione e se
si è realizzata è grazie ad una direttrice come Giovanna Cassese che
è una forza della natura.
Un piccolo merito di questa operazione va riconosciuto anche al sindacato nel senso che abbiamo fatto un accordo con l’amministrazione e i soldi che erano stati assegnati alla formazione dell’AFAM per il
2012, una cifra di circa settantamila euro, fossero assegnati a Napoli
per realizzare questo convegno sui patrimoni, tema che la direttrice
Cassese ha più volte sollecitato con energia.
Aver rinunciato a una piccola parte di contrattazione per individuare una priorità credo che sia una cosa ottima di cui mi assumo la
responsabilità. ll convegno sta aggregando sinergie e sta’ facendo
emergere come protagonisti molti relatori.
Queste istituzioni erano spesso sull’Aventino a criticare il resto del
mondo e con la riforma stanno difendendo ciò che non è ancora compiuto senza invece individuare e metabolizzare l’indifferibile responsabilità di cambiare ciò che non va’ e che ormai dopo dieci anni siete
in grado di individuare.
Va riconosciuto alle accademie di aver realizzato una riforma a costo
zero, vi siete attrezzati, vi siete documentati, avete talvolta scardinato
delle certezze e avete fatto assolutamente degli sforzi esemplari che
nessuno però vi sta riconoscendo.
La C.G.I.L ha messo come pregiudiziale il tema della ricerca anche
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Aurora Spinosa
Curatrice della galleria regionale d’Arte Moderna
dell’Accademia di Napoli
Io vengo dall’università ma riconosco che la storia dell’arte come viene insegnata nelle accademie è molto meglio di come viene fatto
all’università perché i giovani capiscono l’arte attraverso i processi
che portano all’opera, l’esperienza del fare senz’altro induce ad una
comprensione più completa e approfondita.
Io credo molto nell’arte pubblica in cui l’artista è regista di una situazione globale che coinvolge la gente. Oggi l’arte può veramente
modificare il mondo; non so se può salvarlo ma sicuramente aiuta a
migliorarlo.
Salvatore Carruba
Presidente dell’Accademia di Brera
L’iniziativa è sicuramente molto importante anche perché è stata organizzata con grande capacità di aggregazione, di fare sistema, di
fare rete. Io ho raccomandato al direttore generale ma anche alla
direttrice Cassese e al nostro stesso direttore di Brera, Marrocco, che
questa iniziativa non resti isolata e che si sappiano individuare delle
opportunità per fare dei passi avanti su questo tema del patrimonio.
Mi ha fatto piacere rilevare che esiste una collaborazione fra l’Accademia e il Comune di Napoli; quando io sono stato Assessore alla
Cultura del Comune di Milano, con l’Accademia di Brera non ebbi
alcun rapporto e non certo per mio rifiuto ma perché non c’era interlocuzione. Il punto nodale che oggi è emerso è se considerare queste raccolte come dei musei oppure degli strumenti di conoscenza e
formazione.
I musei si stanno abituando molto a lavorare in rete anche per avere
dei servizi comuni, pensare a sviluppare delle opportunità e questo
è fondamentale in un’epoca dalle risorse sempre più scarse; è molto
importante collaborare e come ha già fatto oggi Sivia Costa, vanno richiamate in qualche misura le accademie a lavorare insieme
su progetti nazionali ma anche transnazionali anche per riuscire ad
accedere a finanziamenti europei. L’obiettivo è quello di fare sistema
in rete, questo tempo ci impone un nuovo modo di lavorare ma apre
al contempo nuove prospettive, sta a noi coglierle.
speciale convegno a napoli
quando è passato il d.p.r. 212 perché la ricerca è la vostra peculiarità. Ho sentito parlare molto di produzione artistica e di prodotto per
conto terzi; ebbene si tratta di due cose diverse perché la produzione artistica è strettamente correlata alla didattica mentre quella per
conto terzi è legata al mercato e qui il passaggio è molto delicato e
pericoloso. Io credo nel sistema pubblico, dobbiamo aprire certo le
porte ma anche essere trasparenti.
Giuseppe Verdi sosteneva che guardare all’antico porta al progresso
ed io ribadisco la necessità di tutelare i patrimoni e la memoria storica
delle accademie ma anche la necessità di trovare in essi le ragioni
del rinnovamento.
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Mauro Mazzali
speciale convegno a napoli
Direttore dell’Accademia di Bologna
Per chi ritiene che le Accademie di Belle Arti siano superflue al sistema contemporaneo dell’arte rispondiamo
con l’aforisma di Oscar Wilde: “toglietemi tutto fuorché il
superfluo!”.
Il convegno di Napoli sui nostri patrimoni dovrebbe rappresentare un appuntamento almeno quinquennale per
porre l’attenzione sulla produzione contemporanea delle nostre Accademie che purtroppo, non avendo spazi
idonei e risorse finanziarie ed investimenti ad hoc, non
riescono ad essere visibili come meritano.
In realtà, il rinnovamento delle nostre Scuole deve essere sempre molto attento alle esigenze dei giovani che
sono culturalmente avanzati nella dimensione creativa
contemporanea che non vede più solo «le arti maggiori»
protagoniste dell›offerta formativa ma tutta la complessitá della creatività visiva, compresi cinema, animazione,
moda,video, fumetto e il design nelle sue aggettivazioni
sempre in rinnovamento. Le potenzialità delle nostre accademie sono notevoli e però dobbiamo essere messi in
condizione di avere meno rigidità burocratiche, più autonomia compresa la possibilità di scelta del corpo docente col sistema universitario e conseguente allineamento
del trattamento economico. Sarebbe importante che «la
politica» credesse nel nostro sistema e pensasse seriamente che l›Alta Formazione Artistica é un investimento
per il futuro del Paese.
Guido Curto
Direttore della Pinacoteca Albertina, Torino
Riflettendo su questo convegno, organizzato in modo
veramente straordinario, viene da porsi una domanda:
Servono davvero questi patrimoni ai fini della didattica
o sono qualcosa a cui tengono soltanto gli storici dell’arte? Talvolta quasi obblighiamo gli allievi a frequentare le
Lia De Venere
Critico d’Arte e docente all’Accademia di Bari
L’iniziativa è veramente utile per rivalutare il
patrimonio delle accademie, di quelle storiche
soprattutto ma anche per quelle giovani che
sono chiamate oggi a costituire il nuovo patrimonio.
Ho sentito l’intervento del rappresentante del
Ministero degli Esteri ma devo dire che all’estero gli Istituti Italiani di Cultura non sono un
buon esempio di valorizzazione della cultura
italiana nel mondo e il Ministero dovrebbe rivedere questa politica per far sì che all’estero
vada una realtà artistica più consona alla re-
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speciale convegno a napoli
pinacoteche, a guardare i gessi, a studiare i
dipinti, a frequentare gli archivi. Passeggiando per Napoli hai senti che è una città antica,
magari anche un po’ sgangherata, ti comunica questa grande fascinazione e ti stimola un
senso di creatività.
Forse è questo un modello di didattica che noi
in Italia, paese d’eccellenza per tutto quanto
riguarda il patrimonio storico e archeologico,
dobbiamo recuperare quando facciamo l’alta
formazione artistica che ci distingue dai colleges inglesi e americani, dove non c’è un modello storicistico.
Far diventare questa riflessione sul modello
del passato una possibilità di revisione del
nostro impianto didattico può costituire la differenza sostanziale con tutte le altre accademie del mondo che sono quasi tutte allineate
sul modello antistoricista, analitico, asettico,
dove il passato non conta, dove conta solo
l’attualità e l’up to date a qualsiasi costo con
quel gusto post-duchampiano dal quale non
si riesce ancora ad uscirne.
Forse meglio sarebbe essere figli di Tiziano
ma anche di Rosso Fiorentino o di Pontormo, figli di una cultura della densità che ci fa
tornare a capire il valore della pittura e della
scultura piuttosto che continuare a parlare di
un’arte post-situazionista, pseudo-relazionale
e che non ha più un valore intrinseco ma si
inscrive in ambiti pseudo-sociali che poi per
contraddizione è asservita la mercato.
Siamo in un tempo dove contano solo i numeri e non più la qualità e la poesia. Credo comunque che in questo momento per le accademie sia fondamentale entrare in rete e fare
sistema e proprio da questo convegno si può
partire per tenere alta l’asticella del dibattito
e della comunicazione; rivediamoci subito al
PNA di Bari, a Palermo, a Venezia, rafforzando il più possibile la capacità di essere tutti
connessi ad un comune progetto culturale.
Le accademie italiane possono essere un’eccellenza mondiale e questo è dimostrato
dall’altissimo tasso d’internazionalizzazione
dei nostri studenti; abbiamo la percezione del
valore delle cose, che parte da lontano ma si
proietta in avanti con nuova originalità di vedute.
Difendiamo gli artisti italiani, non continuiamo
con la nostra esterofilia internazionalista che
è assolutamente provinciale. Siamo a Napoli,
la città dello storicismo crociano che deve essere rivalutato, pensiero su cui in Italia abbiamo fondato una forte identità e che dovremmo rilanciare.
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speciale convegno a napoli
altà e comunque soprattutto di qualità. Gli artisti sono sempre molto
generosi e spesso chiediamo a loro di colmare delle lacune che creano proprio le istituzioni. Un plauso dunque a questo convegno con
l’auspicio che ne seguano subito altri.
Beppe Sylos Labini
Direttore dell’Accademia di Bari
Un’iniziativa interessante, finalmente tutte le accademie unite per la
valorizzazione del patrimonio ma anche le accademie più giovani che
non avendo un patrimonio storico cercano altre vie come l’acquisizione di opere d’arte contemporanea.
Io come direttore da soli sei o sette mesi, sto cercando di ottenere
dagli artisti pugliesi ma anche da coloro che hanno insegnato all’Accademia di Bari, il massimo aiuto per costituire una collezione di qualità e credo che questo lavoro dovrebbero farlo tutte le accademie.
Fra qualche mese ospiteremo a Bari il Premio Nazionale delle Arti e
posso dire che da quel momento in poi Bari si presenterà con nuovo
slancio.
La nostra accademia, pur essendo una delle tre in Puglia è quella
del capoluogo, una città grande come Bari, con un buon retroterra
culturale, una città che insieme a Napoli e Palermo costituisce uno
dei tre poli metropolitani del sud Italia. Sarebbe utile se la nostra
accademia avesse una collezione d’arte anche legata al territorio ma
di grande qualità.
Lucilla Meloni
Direttore dell’Accademia di Carrara.
Questa iniziativa è molto importante anche perché arriva in un momento cruciale poiché a conclusione della riforma; è necessario riflettere su tutti i beni che noi possediamo e perché questo patrimonio
storico possa diventare anche stimolo alla ricerca e alla produzione
anche nella prospettiva dell’attività dei nostri nuovi corsi di restauro.
I ministeri dell’Istruzione e dei Beni Culturali devono collaborare perché entrambi coinvolti in questa nostra recente apertura alla formazione di studenti che lavoreranno al restauro, alla tutela, all’archiviazione e alla valorizzazione dei patrimoni che non sono solo quelli
storici ma anche quelli dell’arte contemporanea.
Sono molto contenta che questo convegno sia partito da Napoli, da
un’accademia importante e del sud.
Noi abbiamo iniziato già da anni a Carrara a restaurare la nostra
gipsoteca e a valorizzare la scultura che è una nostra specificità ma
è importante allo stesso modo anche il contemporaneo.
Piero Di Terlizzi
Direttore dell’Accademia di Foggia.
Questa iniziativa così fortemente voluta da Giovanna Cassese che è
una forza della natura, ma anche condivisa da tutti i direttori, segna
una svolta perché per la prima volta tutte le istituzioni sono in rete ed
in misura diversa forniscono un loro contributo.
Inizialmente ero preoccupato dal confronto che l’accademia che io
rappresento potesse avere con la grande Accademia di Napoli e le
altre grandi italiane invece devo dire che nel nostro piccolo stiamo
apportando comunque un contributo prezioso.
In occasione del quarantennale, due anni fa, abbiamo iniziato a costituire una collezione del contemporaneo dell’Accademia di Foggia.
Eravamo inizialmente orientati verso un comodato d’uso ma poi abbiamo virato verso una forma di acquisizione definitiva sia delle opere degli autori viventi, sia di quelle che ci vengono donate dagli eredi
di quegli autori che sono ormai scomparsi.
Ribadisco la necessità di continuare con questi confronti e di costruire sempre più relazioni in rete in modo da fare sistema, come molti
hanno ribadito, in questo convegno, c’è bisogno di avere un network
e di lavorare insieme imparando a “fare sistema”; questa rivista è già
per tutti noi uno strumento di comunicazione molto utile.
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Antonio Bisaccia
Antonio Passa
Direttore dell’Accademia di Sassari.
Ex Direttore dell’Accademia di Roma e Ispettore
membro dell’A.N.V.U.R.
Anna Russo
Direttore dell’Accademia di Catanzaro.
Sono molto lieta di questa esperienza che ci da modo di incontrarci
su un territorio che non è autoreferenziale ma di apertura verso un
bene comune come il patrimonio. Sono entusiasta anche per il fatto
che si è dato modo alle giovani accademie di partecipare con dignità
al confronto.
La nostra accademia ha già iniziato a costituire un patrimonio, la mia
attenzione è stata rivolta a privilegiare la ricostruzione del racconto di
quanti hanno insegnato a Catanzaro apportando un contributo con la
loro opera, una sorta di filo rosso che ricostruisca una memoria storica ma anche voglio prestare molta attenzione all’arte contemporanea
e per questo motivo sto chiedendo a vari autori italiani di donarci una
loro opera perché Catanzaro possa recepire le istanze più interessanti del momento, opere di attualità che saranno poi il patrimonio
storico del futuro.
L’iniziativa è stupefante, anzi devo dire che per me che sono cresciuto in questa accademia che è sempre una grande e bella accademia,
è particolarmente gradita. L’iniziativa era necessaria perché i nostri
grandi patrimoni, da quelli storici a quelli contemporanei non sono
ancora conosciuti e invece devono trovare molta attenzione all’interno del sistema made in Italy. L’Accademia di Napoli ha formato e
sfornato grandi artisti e deve essere rivalutata, deve tronare al centro
dell’attenzione nel sistema dell’arte italiano e internazionale. Qui accanto a me c’è un artista importante come Armando De Stefano che
è stato anche un mio professore, testimone della ricchezza e della
fertilità della cultura artistica italiana. La formazione artistica italiana
e la qualità scientifica dei modi dell’insegnamento costituiscono una
tipicità preziosa che ci rende orgogliosi.
A Giovanna Cassese va’ riconosciuto il grande impegno che ha profuso per realizzare questo stupendo convegno al quale mi auguro
succedano altre iniziative di medesimo spessore.
Armando De Stefano
Pittore ed ex docente all’Accademia di Napoli.
Questa iniziativa è molto importante perché giunge in un momento
in cui l’identità delle accademie è molto dubbia, le ragioni dell’avanguardia hanno stravolto la tradizione e stanno portando i giovani verso soluzioni non condivisibili. Bisogna smetterla con quest’arte che
giustifica un paio di scarpe vecchie e un materasso sporco; è tutto
troppo facile e gli studenti non imparano più alcun mestiere. Noi dobbiamo recuperare la professionalità e dobbiamo insegnare ai giovani
i segreti classici della pittura, segreti che nessuno conosce più ma
che torneranno con tutta la loro forza.
speciale convegno a napoli
L’Accademia di Belle Arti di Sassari, essendo stata fondata soltanto
nel 1989 e quindi la più giovane di tutto il sistema e non avendo, per
questo motivo, una tradizione ed un patrimonio storico, non può che
dedicarsi alle nuove tecnologie nel mondo della produzione artistica.
Questo è l’impulso che io sto cercando di dare cercando di compensare in questo modo la lacuna, se così possiamo dire, della
tradizione. Dobbiamo ancora fare i conti con una certa difficoltà di
comprensione dei linguaggi tecnologici attraverso i quali si può molto
efficacemente operare nel contemporaneo. Questo convegno rimarca la necessità di un maggiore dialogo fra le istituzioni che devono
sempre più confrontarsi con strategie di sistema per un loro maggiore
rafforzamento e rivalutazione anche rispetto all’università.
Antonio Siciliano
Pittore ed ex docente all’Accademia di Napoli.
Se questi incontri fossero continui sarebbe una cosa straordinaria perché abbiamo bisogno di discutere e confrontarci su
argomenti comuni che costituiscono per noi la ragione stessa
delle nostre vite.
Noi siamo orgogliosissimi della collezione di opere della nostra accademia in cui ci siamo formati anche guardando e studiando le opere del passato.
Rocco Lazzaro
Direttore dell’Accademia di Catanzaro.
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Io credo che questo evento fosse assolutamente necessario,
ci mancava una riflessione sui nostri patrimoni, non solo quelli
storici ma anche su quelli che testimoniano quanto è avvenuto
dal sessantotto in poi.
La mia accademia è giovane, è nata nel millenovecentosessantasette ed ha già un ricco patrimonio che deve essere conosciuto e per questo motivo stiamo programmando di tenere
l’accademia aperta alle visite per tutto il periodo estivo.
In questo convegno vedo che si stanno mettendo a fuoco le
reali consistenze delle varie accademie delle quali dobbiamo
andare orgogliosi. Io che provengo dalla formazione architettonica devo dire che la formazione accademica è straordinaria
anche per quel calore umano che viene trasmesso insieme
alle nozioni culturali.
Le accademie riescono a coniugare la conoscenza con la cultura del fare formando individui con un particolare equilibrio
simbiotico.
Non è un ringraziamento retorico alla professoressa Cassese,
che con testardaggine ha realizzato tutto questo, ma con vero
e autentico apprezzamento trovo che iniziative come questa
vadano programmate spesso senza interrompere la continuità
del dialogo.
Maurizio Mauro
speciale convegno a napoli
Presidente dell’Accademia di Catanzaro.
Io sono in questo ambiente da solo un anno circa e devo dire
che non conoscevo questa realtà ma una delle prime funzioni
che ho voluto in qualità di presidente è stata proprio la valorizzazione dei nostri patrimoni che spesso, da noi a Reggio
Calabria, sono dispersi nei vari magazzini.
Non esisteva neanche un archivio dal quale partire per riordinare il tutto. I temi di questo convegno li ho sentito miei e sono
la ragione convinta di questa mia presenza a Napoli.
Noi a Reggio abbiamo vinto di recente un bando del P.O.R.
Calabria sull’arte contemporanea, è molto importante, siamo
insieme all’università, al conservatorio e con una o.n.l.u.s. coniugando istituzioni pubbliche e privato per sviluppare l’arte
contemporanea in Calabria.
Sono sette cantieri nella provincia, in tutta l’area grecanica
con una installazione di Velasco Vitali che sarà una cosa straordinaria. Credo fermamente che tutto ciò che si fa intorno
all’arte possa portare un beneficio al territorio.
Gioia Mori
Docente all’Accademia di L’Aquila.
Convegno organizzato benissimo in tutte le sue sfaccettature, interventi interessantissimi, assolutamente necessari per
mettere a frutto non soltanto il patrimonio artistico ma anche
quello culturale e antropologico.
Bisogna scrivere la storia anche recente delle nostre accademie raccogliendo le testimonianze di coloro che ci passano,
questa ragione tutti gli artisti che insegnano nelle accademie
dovrebbero avere l’obbligo di lasciare un’opera. L’iniziativa è
In questo momento, con la presentazione dei nostri patrimoni
si comincia a dare risalto alle nostre accademie.
Ho sentito qualcuno che tentava di affermare che le accademie dovrebbero fornire una formazione esclusivamente in
relazione alle tecniche; credo di distanziarmi esageratamente
da questa affermazione; le accademie sono enti di formazione
tendenti a produrre intellettuali nel settore dell’arte; se poi fra
costoro, di volta in volta possono affermarsi dei talenti, che ben
vengano ma il nostro compito è quello di formare competenze
nella pluralità di linguaggi che possano trovare sbocchi professionali prestigiosi.
Il nostro lavoro contribuisce fortemente a motivare la necessità
che il nostro paese ponga al centro gli investimenti sul patrimonio, sulla ricerca e sulla produzione artistica considerando sia
i nostri giacimenti sia la nostra creatività e intelligenza del fare.
Nicola Maria Martino
Direttore Commissario dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
meritevole soprattutto perché costituisce un momento di partenza e non
è conclusivo; mi auguro che si succedano con continuità altre iniziative di
questo genere.
Direttore dell’Accademia di Catania.
Come commentare se non in senso estremamente positivo l’organizzazione di un evento di questa portata in un momento in cui la contingenza
politica, economica e culturale del nostro paese ci mette duramente alla
prova; contingenze che offenderebbero la produzione culturale e di conseguenza le nostre istituzioni che hanno una matrice così lontana per le quali
le strade sembravano precludersi.
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speciale convegno a napoli
Virgilio Piccari
Ho partecipato con vivo interesse al Convegno di Napoli sui
patrimoni delle Accademie di Belle Arti, convegno organizzato
con grande professionalità grazie anche alla competenza della
Professoressa Cassese, convegno da lei fortemente voluto e
che mancava alle nostre Istituzioni.
Sorpresa, ma non per gli addetti ai lavori e o per le persone più
anziane, come nel mio caso, che ha visto quanta ricchezza,
quanta storia, quanta cultura viene dalle Accademie di Belle
Arti, custodi di un sapere e di discipline patrimonio di questa
nazione.
Tante volte o più volte la classe politica ha negligentemente
sottovalutato l’arte e la cultura, l’arte del fare, del dipingere e
dello scolpire come se fossero hobbys o momentanei voli creativi dati da follia o chissà che. Nossignori!
L’arte nasce da disciplina, da apprendimento costante, da dedizione, da sensibilità, da amore, da studio continuo e da aggiornamento.
Il catalogo testimonia tutto questo, anche se nelle storie recenti
di ogni Istituto, a volte, chi le ha compilate, volutamente o inconsciamente, ha tralasciato di citare nomi eccellenti che hanno insegnato in queste Istituzioni.
Uno per tutti il grande e indimenticabile Sante Monachesi a
Roma, mio maestro e maestro di centinaia di studenti italiani,
siriani, egiziani, francesi, greci, iraniani, etc. etc. che venivano
a studiare solo per lui.
Tanti altri sono non citati, perchè?
Ma la gioventù è bella e può dimenticare!
Grazie Napoli, grazie Professoressa Cassese e grazie Dottor
Civello, nostro Direttore Generale dell’AFAM.
GIOVANNI ALBANESE
Macchine eloquenti e l’uovo di Colombo
Di Achille Bonito Oliva
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“Una vita difficile” 2012 installazione dimensione ambiente. ferro,carrozzino e lampadine a fiamma.
ducendo uno styling di mode e modelli pronti alla
duplicazione fulminea. La vetrina dell’arte presenta
campioni linguistici in offerta a nuove generazioni
come scintillanti primizie.
Ecco gli artieri della comunicazione sostituirsi agli
artisti, produttori del conforme sostituirsi agli artefici
degli smottamenti linguistici. L’imitazione della cosa
garantisce familiare circolazione ed assunzione del
prodotto. Tanto più forte allora sia l’identità del modello! Si crea così un circolo automatico di traino
tra modello e circuito dove entrambi determinano
audience. Un esempio chiaro è il lavoro di Giovanni Albanese che sviluppa un rapporto originale tra
arte, pubblicità e simulazione.
L’arte assume dalla pubblicità la disinibizione delle
fonti di prelievo dei propri modelli linguistici e un
metodo di lavoro collettivo molto vicino alla catena di montaggio della produzione cinematografica.
Una sorta di Truman Show recinta l’immaginario
collettivo, artista e pubblico, creazione e contemplazione in diretta, sorvegliati assiepati sul set internazionale del sistema dell’arte. Tutto diventa big
e terrific, elaborazione di uno sforzo a sviluppare un
diretto rapporto di comunicazione col grande pubblico di massa: la quantità e qualità.
“40 giorni” 2012. 40 chiavi del carcere di Rebibbia. Cm 69x69x4.
Macchine eloquenti e l’uovo di Colombo
Una spada di Damocle è sospesa su tutta la storia dell’arte occidentale
dall’anno 1474: quando, cioè, Piero della Francesca terminò di dipingere
la pala d’altare per il duca Federico da Montefeltro, ora custodita nella
Pinacoteca di Brera a Milano.
Un uovo, frutto dell’unione di Giove con Leda, resta sospeso sul capo
della Vergine con il Bambino Gesù sulle ginocchia. Simbolo chiuso di
perfezione e misura aurea dello spazio. La geometria euclidea, nei suoi
canoni di proporzione, armonia e simmetria, garantisce perenne immobilità all’uovo, forma di equilibrio dell’arte nei suoi rapporti con il mondo.
Solo l’arte può esibire la sospensione di quell’involucro ovoidale, protettore di ogni origine della vita, simbolo visibile di perfezione formale.
Capace di innalzare di piano l’oggetto quotidiano e tenere sospeso l’uovo
per molti secoli sulla testa dell’umanità.
Nel 1492 Cristoforo Colombo lo ha staccato dalle alte sfere dell’iconografia artistica e riportato sul piano gravitazionale di un tavolo da pranzo:
famoso l’uso fatto utilizzandone circolarità e peso interno per dimostrare
la circumnavigabilità della terra davanti alla corte di Spagna.
Ora nel nuovo secolo alcuni artisti hanno sviluppato una sensibilità pellicolare, adoperato la misura aurea dell’uovo ma soltanto per la sua esterna levigata possibilità formale. L’uovo vuoto è l’affermazione dell’ultima
generazione artistica all’inizio del terzo millennio: in un’epoca dominata dalla
spettacolare vetrina telematica ne assume il guscio (vuoto), emblema di
costretta leggerezza nel frammento quotidiano che ci circonda.
La telematica alimenta la circolazione del medesimo (il guscio), intro-
L’artista pugliese è capace di utilizzare all’interno la
tecnologia con un atteggiamento ludico-ironico mai
di identificazione per cui non è un artista dell’arte
neo-oggettistica che tende ad evidenziare in maniera minimalista la forma ordinata dell’oggetto. Le
sue opere tendono invece a portare questi oggetti
nello spazio animato della rappresentazione, a far
superare al loro anonimato la soglia del linguaggio
e a spostarli in quello che io chiamo set cinematografico o teatro di posa, proprio per la capacità del
cinema, della televisione e del teatro di sviluppare
comunicazione nella società di massa.
Giovanni Albanese, attraverso questa capacità di
animazione, sottrae l’oggetto inanimato a quella
metafisica impedita in cui molta neo-oggettistica
di oggi cade sistematicamente come attraverso un
inciampo, che eleva a protagonista assoluto e feticcio isolato da ogni contatto l’objet trouvé.
Qui non ci sono oggetti trovati ma oggetti selezionati. Ogni opera è una famiglia di oggetti che sono
parenti tra loro. Ogni opera, infatti, ha elementi che
dialogano all’interno, come in uno spazio familiare
dove non sviluppano conflitto tra loro.
Se da Warhol e Koons Albanese ha ereditato l’idea
dell’arte come pubblicità della forma, dai macroscopici impacchettamenti di Christo ha assunto la
strategia di una performativa e tautologica dimensione. L’arte pesca i suoi abiti da un “guardarobato” iconografico di cui gli artefici attuali smagnetiz-
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l’artista di copertina
La perfezione è garantita dalla posizione aerea dell’oggetto sospeso,
protetto dall’impostazione concettuale dell’opera ed assistita dal rigore
prospettico dello spazio. L’uovo esibisce una forma scorrevole e nello
stesso tempo riservata, impenetrabile allo sguardo e garantita dall’interno sospetto di una sostanza racchiudente i principi della vita e della conoscenza.
Macchine eloquenti quelle di Giovanni Albanese,
organizzate su un programma circolare a cui il pubblico può accedere ma rimanendo sulla soglia. Albanese utilizza la protesi tecnologica senza illudere
lo spettatore, senza promettergli l’Eden della falsa
interattività che oggi molta arte promette. La sua
rappresentazione nasce proprio dalla capacità di
umanizzare il set, il teatro di posa, rimanendo in un
ambito che non è mai spazio di intrattenimento ma
che sviluppa invece riflessione e conoscenza.
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“Colonna” 2011. Ferro e lampadine a fiamma. Cm 293x62. .
zano (forse giustamente) il diritto d’autore. Prevale l’efficacia
dell’assemblaggio, l’istantaneità della comunicazione, una
superarte frutto di un plusvalore, mediatico e inevitabile. Da
qui l’amplificazione d’uso di protesi tecnologiche, capaci di dilatare e spostare l’effetto iconografico dell’opera verso l’effetto
cinema. Sembra quasi scomparire l’artefice dell’opera, annegare nel mare magnum della comunicazione globale.
Come scriveva Baudelaire «Tutto l’universo visibile è solo un
magazzino di immagini e di segni a cui l’immaginazione dà un
posto e un valore relativi; una specie di pascolo che l’immaginazione deve digerire e trasformare».
Riusciranno i nostri eroi, artisti giovani e meno giovani nel terzo millennio, nel loro compito, non solo di degustare e documentare, ma di digerire e trasformare? Perché anche l’occhio
vuole la sua arte. Ancora.
L’arte, dunque, per meglio esplorare le zone di esistenza entro cui si muove la società di massa, ma non per documentare semplicemente l’esistente, piuttosto per intravedere oltre,
come suggeriva Paul Valéry nei Cattivi pensieri: «II pittore non
deve dipingere quello che si vede ma quello che si vedrà».
Le piccole utopie sono il frutto di una strategia dell›artista che
prende atto dell›impossibile controllo della storia attraverso il
proprio processo creativo e sceglie una tattica di socializzazione dell’opera. Tale socializzazione nasce da una scelta di temi
riguardanti la comunità degli spettatori o problematiche che
investono l’intera opinione pubblica: la difesa della natura ad
un uso più quotidiano dell’arte.
ceva Picasso. La materia è sempre il linguaggio; ciò permette
all›opera di essere nello stesso tempo lampante e impalpabile. Come scriveva Borges nella Metamorfosi della tartaruga: «L›arte vuole sempre irrealtà visibili». Questo costituisce
l›effetto speciale di un dispositivo linguistico fondato sulla certezza della forma, l›unica capace di far seguire ad ogni distruzione la creazione. Come aveva già intuito Marcel Proust nei
Guermantes, «II mondo non è stato creato una volta ma tutte
le volte che è sopravvenuto un artista originale». Tale originalità costituisce la perenne speranza dell›arte, anche di questa
oltre il 2000, che non vuole portare altri prodotti effimeri nella
vetrinizzazione del mondo, piuttosto incuneare nel panorama
iconografico, stabilizzato dalla storia, nuove irruzioni formali
che destabilizzino ogni certezza ed introducano positive inquietudini di conoscenza.
Al contrario del terrorismo, frutto di un nichilismo totale che
tutto distrugge (carnefice e vittima), perverso olocausto di
un›ideologia divenuta puramente performativa, frutto di un’onnipotenza senza territorio, operante in una sorta di cyberspazio che non ammette confini, l›arte punta sul mondo senza
minacciarlo. Piuttosto si consolida come una pratica a futura
memoria capace di rappresentare la dura insolvenza del reale, la sua resistente negatività. Da qui il disagio dell›arte e il
necessario dolore degli artisti portati continuamente al confronto. Se, come afferma Gombrowicz, «la realtà è ciò che resiste, e perciò crea dolore», proprio per questo, nel suo spirito
di resistenza, l›arte esiste e resiste: l›arte è reale.
Achille Bonito Oliva
Sembra così prevalere l’ipotesi di un’umanità senza peso gravitazionale che riduce l’ingombro del mondo oggettivo e favorisce la virtualità di quello interiore. Comunque ancora un
universo di fantasia, «Un›arte puntata sul mondo», come di-
23
“Bolide” 2010. Ferro e lampadine a fiamma. Cm 31x69x15.
l’artista di copertina
Noi abbiamo entrambi
origini pugliesi, cosa c’è
del genius loci pugliese
e/o mediterraneo nel tuo
lavoro d’artista?
Certamente la luce. A tale
proposito sto realizzando un
documentario sulle incredibili
luminarie di Scorrano in
Salento, dal titolo “Maestri di
luce” che uscirà nel 2014.
C’è qualcosa che non ti
piace del sistema dell’arte
contemporanea? Cosa?
Non amo molto la mondanità
legata al mio lavoro, ma sono
anche consapevole che è un
momento indispensabile per
un’artista.
Come dovrebbe essere
un’Accademia di Belle Arti
nel prossimo futuro?
Dovrebbe uscire dal limbo
in cui è adesso per essere
finalmente Università a tutti
gli effetti.
24
l’artista di copertina
“Gabbiadorata” 2012. 432 chiavi in ottone del carcere di Rebibbia (tre elementi 212x111 cm cad.)Courtesy Anna Marra.
Chi è Giovanni Albanese?
Chi è Giovanni Albanese?
Credo di essere una persona molto attenta alle
sollecitazioni esterne, ascolto tutto e tutti e poi
tiro le somme a modo mio. Mi ritrovo molto in
un verso di Ungaretti - “… non ho che superbia
e bontà e mi sento esiliato in mezzo agli uomini,
però per essi sto in pena”. A.B.O. invece mi ha
definito come “portatore di un cinismo attivo.
Insomma sono un ossimoro che respira e
cammina.
Dicci di più! Fai un tuo autoritratto.
Claudio Abate mi fece una foto bellissima ormai
molti anni fa, un bianco e nero strepitoso, io
e Pippo di Disney che ci guardiamo divertiti:
Quello è il mio vero autoritratto!
Come sei arrivato al cinema e cos’è per te?
Al cinema sono arrivato quasi senza
A cura di Gaetano Grillo
accorgermene. La mia voglia di
comunicare con mezzi diversi mi ha
portato a lavorare con il mezzo più
popolare che conosco: il cinema appunto.
Però non è stato facile, mettere su un film
è un’operazione lunga e complicata.
Il cinema mi ha dato il senso del
collettivo: è l’ultimo esempio di bottega
rinascimentale, dove diversi talenti
concorrono alla realizzazione dell’opera
finale. E poi, tutto finisce su una tela
bianca.
Quale è la tua dimensione di docente
all’Accademia di Roma?
Mi considero un professionista che porta
in aula la propria esperienza, il proprio
lavoro “esterno”. Un tempo in accademia
si faceva così.
Hai da poco esposto da
Anna Marra a Roma e stai
preparando la prossima
mostra
da
Ermanno
Tedeschi a Torino per fine
ottobre e a Tel Aviv nel
2014, cosa presenterai?
Da Anna Marra a Roma ho
presentato tutti pezzi inediti,
sculture luminose ma anche
lavori non di luce.
Da Ermanno Tedeschi a
Torino porterò una nuova
idea: una produzione di
opere
luminose
molto
giocose. Nella sua galleria
di Tel Aviv invece, esporrò
nel 2014 e anche lì sarà una
bella sfida.
Stai pensando ad un
prossimo film?
Certo. Sarà una commedia
amara,
una
storia
d’integrazione
razziale
vissuta al contrario. Un po’
come la storia degli artisti in
Italia.
LIONELLO CERRI
presenta una coproduzione
LUMIÈRE & CO. e RAI CINEMA
Foto PIERO MARSILI LIBELLI
Vincenzo
Salemme
Concept
Giuseppe
Battiston
Donatella
Finocchiaro
Senza
artené
parte
Operai,
artisti,
disoccupati e
squattrinati
e
Hassani
Shapi
Giulio
Beranek
Sonia
Bergamasco
Paolo
Sassanelli
un film di
Giovanni
Albanese
LIONELLO CERRI presenta
una coproduzione LUMIÈRE & CO. e RAI CINEMA SENZA ARTE NÉ PARTE un film di GIOVANNI ALBANESE
con VINCENZO SALEMME GIUSEPPE BATTISTON DONATELLA FINOCCHIARO
e HASSANI SHAPI GIULIO BERANEK SONIA BERGAMASCO PAOLO SASSANELLI ERNESTO MAHIEUX
NINNI BRUSCHETTA MARIOLINA DE FANO soggetto GIOVANNI ALBANESE ERMINIO PEROCCO
sceneggiatura FABIO BONIFACCI GIOVANNI ALBANESE story editor ANNAMARIA MORELLI
direttore della fotografia RAMIRO CIVITA (ADF) montaggio CARLOTTA CRISTIANI musica MAURO PAGANI
suono ALESSANDRO BIANCHI scenografia SABRINA BALESTRA costumi GRAZIA MATERIA
aiuto regia SAVERIO DI BIAGIO organizzatore generale MASSIMO DI ROCCO LUIGI NAPOLEONE
una coproduzione LUMIÈRE & CO. e RAI CINEMA
prodotto da LIONELLO CERRI regia di GIOVANNI ALBANESE
FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DGC ITALIA
IN COLLABORAZIONE CON APULIA FILM COMMISSION
APULIA FILM COMMISSION
La Puglia è tutta da girare.
Puglia, scenes to explore.
www.01Distribution.it
Locandina del film: Senza arte nè parte
25
* Le foto delle opere sono di Simon D’Exèa.
* Per le opere, courtesy Anna Marra Contemporanea, Roma
foto di Claudio Abate
GIOVANNI ALBANESE
Artista multimediale e Regista, docente all’Accademia di Belle Arti di Roma.
Nel 2002 gli è stato assegnato il “Premio Pino Pascali per l’Arte
Contemporanea”. Nel 2003 è uscito nelle sale il suo film “A.A.A.Achille” con
cui ha vinto il Giffoni Film Festival. Tra le sue mostre principali ricordiamo le
personali al MACRO di Roma nel 2001, al Palazzo Pino Pascali di Polignano
a Mare (2002), da Ferran Cano a Barcelona e Palma de Mallorca (1991)
e alla Galleria d’Arte Moderna, Bologna “ Spazio Aperto”(1998). Inoltre
la “XII Quadriennale Nazionale d’Arte”(1996), “ Melting Pop” a Palazzo
delle Papesse a Siena,(2003) “Art Medail” La Lonja, Palma de Mallorca,
(1996)“Italian Contemporary Prints”, Kaohfiung Museum of Fine Arts,
Taiwan e “Del Futurismo al laser” Kunstforum der GrundKreditBank, Berlino.
(2001), “C’era una volta un Re” ARCOS Benevento (2006). A Giugno/Luglio
2009 ha esposto al Chelsea Art Museum di New York. Nel 2011 prodotto
da Rai Cinema e Lumiere è uscito nelle sale “Senza arte ne parte” , suo
secondo lungometraggio ambientato nel mondo dell’arte contemporanea
e candidato a due Nastri d’Argento. Con l’opera “Costellazione” è presente
alla 54^ Biennale di Venezia a Palazzo Bianchi Michiel con La Fondazione
Pino Pascali. Nel 2012 per il progetto “Re Place 2” realizza un’istallazione
luminosa per la zona rossa della città dell’Aquila.
l’artista di copertina
“Duplex” 2012. Chiavi in ottone e telefoni. Cm 104x74x24.
26
Thierry De Cordier. MER MONTÉE, 2011. Olio su tela cm. 170 x 270. Collezione privata, Belgio Courtesy the Artist and Xavier Hufkens, Brussels. Photography © 2013 Dirk Pauwels, Gent
LA CINQUANTACINQUESIMA BIENNALE DI VENEZIA:
UNA BIENNALE MEMORABILE
biennale di venezia
di Elisabetta Longari
Una Biennale memorabile quella che Massimiliano Gioni ha
orchestrato intorno al tema del Palazzo Enciclopedico, non solo
per la qualità e l’intensità visionaria della maggioranza dei lavori
esposti e la loro pertinenza con il taglio critico, ma soprattutto
proprio per la sostanza del pensiero aggregante ad essi sotteso.
Lasciamo ai detrattori l’ obiezione che più spesso è stata mossa al
più giovane curatore che la rassegna veneziana abbia mai avuto,
ovvero l’ “accusa” di aver concepito un’ esposizione più vicina a una
mostra storica che non a un’istantanea dello stato di salute dell’arte
contemporanea. Tale affermazione, che si commenta da sé, è
certamente stata avanzata dalle fila di quei curatori che rigettano
la storia dell’arte per occuparsi esclusivamente dell’attualità,
compromettendo con questo atteggiamento qualsiasi possibilità
di approccio con la profondità delle immagini e dei linguaggi e le
loro ragioni. Se la nostra epoca, come credo, è ancora connotata,
nonostante se ne decreti spesso la fine, dallo spirito postmoderno e
neo-barocco, l’ossessione per la classificazione, l’inclinazione verso
la tassonomia cui obbliga la coscienza dell’inesauribile complessità
del reale, ebbene questa nostra condizione è stata visualizzata in
modo molto efficace dalla rassegna veneziana. Una sfilata di opere
che spesso contengono un altissimo quoziente visionario e una
spiccata intenzione di dire tutto, opere che proliferano volentieri
in serie o che si caricano di aperture e doppi-fondi vertiginosi.
Impossibile, per problemi di spazio, ricordare qui tutti quei lavori
che dovrebbero essere oggetto non soltanto di menzione ma anche
di un’ indagine più accurata.
Un meraviglioso incipit è rappresentato dalla prima sala in cui,
assieme alla maquette del progetto che dà il titolo all’intera
esposizione, il Palazzo Enciclopedico del Mondo per l’appunto,
concepito da Marino Auriti intorno da 1950 circa, colpisce per
l’esemplare rapporto con il tema la serie di fotografie in bianco e
nero scattate da ‘Okhai Ojeikere alla metà degli anni Settanta, foto
che costituiscono una sorta di catalogo delle bizzarre acconciature
di capelli delle donne africane. Altrettanto potenzialmente infinite
per la loro vocazione archivistica sono due complesse installazioni
di due diverse specie di ready-made; la prima, di natura fotografica,
presente nella sezione curata da Cindy Shermann, The Hidden
Mother (2006-2013) di Linda Fregni Nagler, è una raccolta di foto
di diverse epoche, ma per lo più scattate durante i primordi della
fotografia, selezionate dall’occhio dell’artista che in questo caso
vede e sottolinea delle immagini, trovate, cercate e sistemate in
serie con un significativo principio d’aggregazione, proprio quel
dato che esse vorrebbero occultare.
La seconda installazione cui ci si riferisce ha una storia molto
singolare: nel 1993, mentre frugava nella bottega di un rigattiere,
l’artista Olivier Croy scoprì 387 modellini di edifici, ciascuno sigillato
in un diverso sacchetto per rifiuti; insieme al critico di architettura
Olivier Elkser scoprì che quelle maquette erano state realizzate da
un impiegato austriaco delle assicurazioni, tale Peter Fritz la cui vita,
nonostante i tentativi di ricostruzione, mantiene molti lati oscuri. Al
versante in ombra di ciascuno di noi, all’inconscio infatti si rivolge
principalmente la mostra di Gioni che ha scelto significativamente
come numi tutelari André Breton, il “papa” del Surrealismo, Carl
Gustav Jung, “specialista” del regime simbolico, e André Malraux,
scrittore impegnato politicamente che fu anche ministro della cultura
in Francia dal 1959 al 1969, grande collezionista di pietre e altre
meraviglie naturali e autore di Le Musée Imaginaire (1947, 1965).
La pittura è ben rappresentata nella sua potente accezione
ossessiva e seriale dall’opera del belga Thierry De Cordier che,
esposta efficacemente in una stanza assieme alle sculture plumbee
e minimali di Richard Serra, tende a creare un catalogo da archivio
delle onde del mare in diversi contesti metereologici e in determinate
aree con differenti coordinate geografiche, ma comunque si tratta
di osservazioni e appunti sui mari del Nord. Non altrettanto riusciti e
motivati appaiono invece gli accoppiamenti su cui si basa la mostra
Vice-versa presentata nel Padiglione Italiano a cura di Bartolomeo
Pietromarchi, anche se alcuni autori sono tra i nostri più importanti
(tra i veterani ad esempio Giulio Paolini, Fabio Mauri, Luigi Ghirri
e Gianfranco Barucchello, tra i più giovani Elisabetta Benassi e
Marcello Maloberti).
Il video, soprattutto nell’era digitale, per sua natura sembra potere
mettere insieme più mondi, promettere di riuscire a dire tutto. Tanto
è vero che il Leone d’Argento è stato assegnato alla francese
Camille Henrot per il suo lavoro significativamente intitolato Grosse
Fatigue (2013) che è l’opera esposta che ha più a che vedere con
la quintessenza dell’ipertesto: in ogni frame si spalancano finestre,
si aprono pagine di testo e frammenti di immagini, tratti da libri, da
quaderni, come direttamente dal web tramite il susseguirsi veloce
dell’apparizione di schermi di smartphone e computer... La vertigine
della realtà contemporanea che rimanda sempre ad un altrove è
restituita in modo suggestivo e incalzante.
Tra le video installazioni particolarmente convincenti ricordiamo
quella presentata nel Padiglione dell’Argentina da Nicola Costantino,
dedicata interamente a Eva Peron: Eva- Argentina. Una metafora
contemporanea. Una complessa opera in cui il ruolo del video è
ancora una volta decisivo: gli specchi dei mobili del palazzo in cui
viveva il personaggio storico, controverso e mitico per molti versi,
ricostruito nei suoi ambienti principali e maggiormente intimi, la
camera da letto, lo studio, il salotto e la sala da pranzo, mantengono
la memoria della somma dei gesti compiuti e dei fatti vissuti dalle
diverse donne che Evita è stata, per restituirli simultaneamente allo
spettatore.
Come sempre fuoriclasse si conferma Studio Azzurro che, ospite
del Padiglione della Santa Sede, presente quest’anno per la prima
volta alla Biennale di Venezia, ha concentrato la propria videoinstallazione interattiva In Principio (e poi), 2013, sul libro della
Genesi non semplicemente rivisitato ma poeticamente rivitalizzato,
affidandone il racconto a esseri umani dei nostri tempi, esseri con
capacità comunicative limitate, e dunque al tempo stesso esaltate,
dalla loro condizione fisica o esistenziale fortemente condizionante
(i gruppi di “narratori” sono composti da sordomuti e da carcerati).
Notevole l’operazione di natura performativa tipicamente citazionista
proposta da Alexandra Pirici e Manuel Pelmus nel Padiglione della
Romania: An Immaterial Retrospective of the Venice Biennale
infatti consiste nella scelta preventiva di più di 100 lavori esposti nel
corso del tempo alle diverse edizioni della rassegna veneziana che
vengono “mimati” da un gruppo di persone in carne ed ossa che
compongono dei veri e propri tableaux vivants, celebrando in modo
J.D. ‘Okhai Ojeikere. Onile Gogoro or Akaba, 1975, Gelatin silver print, cm. 50 x 60. Courtesy André Magnin (MAGNIN-A), Paris. © J. D. ’Okhai Ojeikere
27
biennale di venezia
Camille Henrot. Grosse Fatigue, 2013, Video installatione (color, 13 min), Courtesy the artist and kamel mennour, Paris.
biennale di venezia
28
attivo, e in successione non cronologica, la memoria del luogo che ha ancora il potere di attrarre il
mondo dell’arte per provare sorpresa, godimento e rintracciare nuove o antiche prospettive, il che è
lo stesso.
Non poteva mancare tra gli omaggi l’opera con cui Tino Sehgal ha rappresentato la Germania nel
2005; autore che in questa ultima edizione, con la sua opera-evento che sempre si traduce e si riduce
a un’ esperienza diversa e individuale per ciascun elemento del pubblico di cui non resta traccia
se non nella memoria, si è guadagnato il Leone d’Oro come migliore artista della mostra Il Palazzo
Enciclopedico.
Durante la visita non si trascurino i sui seguenti padiglioni: quello austriaco dove Mathias Poledna
ha presentato un video di animazione dal titolo Imitation of Life e della durata di tre minuti in cui si
riconosce una sorta di succinta enciclopedia visiva degli stilemi della tecnica narrativa adottata; quello
greco in cui Stefanos Tsivopoulos con History Zero, installazione composta da una saletta che funziona
come prologo che dà conto delle economie alternative al denaro e tre lungometraggi che hanno
come principale e drammatico
protagonista un carrello della
spesa in diversi contesti, porta
all’attenzione
riflessioni
di
una certa urgenza e dal forte
contenuto etico, sociale e politico.
Particolarmente forte dal punto di
vista sinestetico il lavoro di Anri
Sala che rappresenta la Francia,
ospite quest’anno nel padiglione
tedesco (e viceversa), Ravel
Ravel Unravel, titolo composto
da un gioco di parole per definire
una video installazione incentrata
sull’esecuzione e l’ascolto del
Concerto in re per la mano sinistra
composto dal musicista Maurice
Ravel nel 1930, attraverso la
quale si percepisce chiaramente
come la musica possa essere
elemento capace di plasmare
diversamente lo spazio.
Tra le numerose iniziative
collaterali si segnala soprattutto
l’interessantissimo
utilizzo
citazionista
applicato
da
Germano Celant alla mostra
When Attitudes become form
che, curata da Harald Szeemann
(1933-2005) alla Kunsthalle di
Berna nel 1969, diede conto di
quello strano spirito, montante
tanto in Europa quanto in
America, che vedeva l’arte più
come l’attuarsi di un processo
aperto che come la realizzazione
di un prodotto finito.
L’esposizione,
sotto
l’egida
della Fondazione Prada, viene
Studio Azzurro
ricostruita a Cà Corner della Regina in modo preziosamente
filologico, al punto che laddove non è stato possibile rintracciare
le opere esposte nella edizione originale, piuttosto che “falsificare”
la fisionomia globale dell’esposizione con una specie di restauro
Walter De Maria esposta alla mostra When Attitudes become form, Berna 1969- Venezia 2013
integrativo, viene scelta la via di tratteggiare sul pavimento o sulla
parete la sagoma della porzione dello spazio che l’opera avrebbe
occupato e accanto si è optato per l’affissione di una foto in bianco
e nero della stessa opera, qui assente, ambientata a Berna.
29
biennale di venezia
Parlano i galleristi italiani:
Paolo
TONIN
30
Foto di Mauro Raffini, 2012
Torino
Intervista a cura di Gaetano Grillo
parlano i galleristi italiani
... c’è piuttosto una grande ammirazione per la potenza per cui se sei in grado di produrre un’opera che abbia già in sé un costo superiore a qualche
centinaio di migliaia di euro, allora sei un grande artista.
Un collezionista di recente ti ha detto che acquistare arte in un
momento come questo è poco indicato se non addirittura immorale.
Stiamo vivendo un crollo spaventoso di interesse e di sfiducia
nei confronti della produzione culturale. Non credi che le cause
possano individuarsi anche nel fatto che l’arte è diventata sostanzialmente un sistema di interessi, di mercato, di speculazione e ha perso il rapporto con la realtà?
Il mercato è diventato il dominus di tutto, politica, cultura e tutto quello
che c’è intorno ha determinato l’allontanamento degli amatori d’arte.
Ricordo quando ho iniziato, che il collezionista di una certa età era
come un tuo collaboratore, ti suggeriva, sosteneva, condivideva il tuo
percorso e contribuiva ad aumentare il valore della tua opera.
Dopo di che, sono passati gli anni ed è intervenuto un altro concetto,
quello che collezionare è un valore in sé, in più è diventato un modo
del collezionista per inserirsi nel sistema dell’arte per determinarlo.
Quello che era una volta il collezionista che frequentava le gallerie, i
musei, le mostre, si è trasformato in una persona che si informa sulle
strategie e i movimenti del mercato, su quanto vale un’opera o un
artista in tutti i sensi.
Piuttosto che appendere sulla parete di casa l’opera di un artista che
stimi e che vuoi promuovere, appendi l’opera di un artista che fa parte dello star sistem e che ti accredita socialmente e culturalmente.
La realtà purtroppo è questa, è il sistema che si è ripiegato su se
stesso.
Le masse si sono avvicinate all’arte contemporanea incuriosite
dalla sua dimensione di kermesse; vai alla Biennale per vedere
le cose strane, inusuali… C’è una dimensione da luna park a cui
si sono piegati anche i tantissimi musei che sono nati negli ultimi 20 anni. Questo spiega anche l’attenzione a costruire musei
in architetture che già in sé sono attraenti e divertenti, curiose,
anche se spesso poco idonee ad esporre arte e ancora più spesso addirittura troppo aggressive rispetto a ciò che contengono.
Cosa pensi a riguardo?
Abbiamo definito lentamente l’arte per le masse ed è ovviamente
diventato uno spettacolo o dell’avan-spettacolo; oggi se non sei andato alla Biennale non conti, se non hai fatto la coda per qualunque
mostra che non è di cartello, vuol dire che sei un individuo di serie B.
C’è questa corsa ad essere presenti alle mostre di grande pubblico.
Nelle gallerie c’è una grande affluenza il giorno dell’inaugurazione e
del catering, dopo di che, il nulla.
Peggio ancora il pubblico che arriva in seconda tornata, magari perché è uscito l’articolino sul giornale o sulla rivista d’arte, viene ma
diciamo che un buon ottanta per cento non guarda neppure i quadri
appesi alle pareti.
E’ diventato una specie di rituale privo di contenuti ma il peggio di
tutto ciò è che non si crede più nella capacità dell’arte di esprimere una sua Weltanshauung, è tutto rituale e “aperi-cena” per dirlo
brutalmente. Un altro errore che si fa sovente ormai è quello di usare qualunque contenitore per esporre l’arte, si tratta di luoghi che
sono assolutamente improbi per presentare un’opera d’arte come per
esempio al Lingotto che era una fabbrica per produrre oggetti di metallo, un edificio non idoneo ma si usano per esempio anche le carceri
che sono stati luoghi di pena dove si è compiuto un atto doloroso;
abbiamo insomma questo nuovo mito della piccola borghesia di utilizzare luoghi ameni con la complicità di artisti che spesso non vengono
neanche pagati neanche in senso di ritorno d’immagine. Si tratta di
iniziative che non credo facciano bene all’arte ma contribuiscono ad
aumentare la sua instabilità.
Negli ultimi decenni l’arte ha privilegiato l’azione alla contemplazione e l’opera molto spesso non risponde ai parametri classici,
è come se avesse perso l’aura anche se paradossalmente ha
Giovanni Albanese, Pianoforte 2007
parlano i galleristi italiani
acquistato enfasi mistificante. Spesso abbiamo noi stessi operatori, l’impressione che si tratti di aria fritta che non incide veramente nella cultura ma resta in superficie, è come se fosse relegata ad un ruolo decorativo, estetico e modaiolo. Che ne pensi?
Il fatto di vedere l’arte sembra già esaustivo, il fatto di capirla sembra essere quasi superfluo, la condizione del fruitore di oggi è quella
di preoccuparsi principalmente di essere parte che osserva, sentirsi
rassicurato di far parte della comunità che frequenta i luoghi dell’arte, di essere dalla parte giusta. L’artista è in fondo, di volta in volta,
l’agnello sacrificale, il mito da ammirare per un attimo per poi buttarlo
giù dalla torre come cambiano le stagioni e le mode. A prescindere da
quello che le riviste distribuiscono come paradossali graduatorie dei
più bravi, non c’è nessun tipo d’interesse vero per l’oggetto; c’è piuttosto una grande ammirazione per la potenza per cui se sei in grado
di produrre un’opera che abbia già in sé un costo superiore a qualche
centinaio di migliaia di euro, allora sei un grande artista.
Una prova muscolare di machismo?
Sai è così! Vieni ammirato per questo, per le tue capacità manageriali di trovare i finanziatori. Si tratta di opere colossali, fatte spesso
anche da artisti di grande qualità ma propensi ad essere parte attiva
di questa moda di presentarsi con “celodurismo”. L’artista importante è quello che riesce a muovere intorno a sé capitali. L’altro giorno vedevo che una importante casa di produzione di champagne di
qualità si è accordata con Jeff Koons per progettare un oggetto di
richiamo commerciale che costerà circa setto otto milioni di dollari;
ecco questo è un caso in cui l’opera d’arte viene finanziata per scopi
meramente pubblicitari.
L’arte ha perso forse l’aura? La sua funzione critica e di ricerca?
Diciamo che l’aura è diventata aurea, che l’arte vuole essere una
gallina dalle uova d’oro e sono tutti affascinati da questa dimensione
spettacolare e commerciale.
Gli oggetti d’arte sono forse meno opere d’arte e sempre più
simulacri decorativi? Estetizzanti?
Si certo, sono estetizzanti. Ricordo che anni fa commentavamo con
ironia i ricchi emirati che ostentavano nei loro yacht i rubinetti d’oro…
31
Luigi Mottura, malva e assenzio, 2013
la crisi ci induce a fare i conti con noi stessi e soprattutto gli artisti
ai quali ancora si demanda l’indicazione del senso e del valore. Se
perpetuiamo questo sistema acceleriamo il suo annichilimento. Non
so fino a che punto siamo ancora disposti ad assistere ad sistema
piccolissimo ma fortissimo che sceglie dall’allevamento il pulcino che
ha tutte le caratteristiche per essere portatore sano di successo. Se
saremo capaci di reagire, la crisi potrebbe essere un momento di
azzeramento per realizzare un nuovo percorso.
Intravedi nell’aria dei segnali in questa direzione?
Intanto vedo che i giovani si muovono in modo molto diverso da chi li
ha preceduti, sono molto più aperti a una circolarità di idee. Oggi vediamo che Istanbul è capace di generare energia forse più di Berlino.
Credo che sia la comunicazione a cambiare le modalità del presente.
Tu sei un gallerista che ha iniziato prestissimo e hai alle spalle
già una grande esperienza, cosa pensi che dovremmo fare per
aprire la nuova stagione culturale della nostra comune civiltà?
Dovremmo rivedere anche la dimensione etica e morale?
Credo che la parola morale sia un pò abusata, è chiaro che parlare di
morale in casa del bottegaio può sembrare una contraddizione, visto
che la galleria è additata oggi come uno dei massimi luoghi di perversione e di evasione, morale cosa può voler dire? Ridefinire le quotazioni delle opere perché pensiamo che costino troppo? Il problema
vero è l’instabilità che ci procura il non sapere quale potrà essere in
futuro il nuovo ordine civile.
32
parlano i galleristi italiani
Michelangelo Pistoletto,Paolo, 1978
oggi è l’arte ad ostentare la sua forza con il machismo finanziario.
Dagli anni settanta e comunque dalla lezione duchampiana in
poi l’arte ha coinciso sempre più con il pensiero; passa soprattutto dalla comprensione mentale dell’intenzione e del processo
artistico; pensi che oggi stia cambiando qualcosa?
Se questo fosse vero mi darebbe già qualche speranza, come fatto
minimamente positivo, secondo me oggi non c’è neanche l’interesse
e non si può neanche parlare di pittura e di recupero dei valori, oggi è
un problema che non interessa, ciò che interessa, lo ripeto, è esclusivamente l’apparato che deve servire ad autogenerarsi. L’arte oggi è
soltanto economia e passa attraverso le fondazioni, i musei, le case
d’asta, tutte le altre possibili letture sono demandate a pochissimi;
forse e voglio sperarlo, gli artisti ancora e solo loro, si frequentano e
parlano di arte. Posso dire che mentre l’arte performativa, che in questo momento sta vedendo un certo recupero, mentre l’arte installativa
ha comunque frequentazione forse perché partecipa a quel clima di
kermesse che la gente vuole, un quadro, nonostante ogni tre anni si
parli di ritorno alla pittura, perde di interesse perché comprende un
elemento che nelle altre tipologie non è quasi mai presente, i tempi di
esecuzione che sono tempi lunghi; chi dipinge ha bisogno di tempo,
molto tempo e con una concentrazione che nelle altre modalità con
cui si esprime l’arte contemporanea non c’è.
Tu vedi in questa crisi internazionale che non è certamente solo
economica ma è anche una vera crisi di civiltà, delle opportunità
per uscirne? Mi spiego meglio, può essere che questa crisi metta in discussione la scala di valori che abbiamo avuto in questi
anni e ci induca o addirittura ci obblighi a rivedere il senso delle
cose?
Io sostengo da sempre che le crisi sono normalmente un momento
straordinario per infilare un piede nella porta prima che essa si chiuda. Bisogna dire che il mercato non è arrivato da Marte, noi stessi
siamo stati incapaci di mettere in evidenza quelli che potevano essere gli errori commessi in questi anni. L’arte avrebbe dovuto precisare
quelli che erano i valori che venivano continuamente stravolti, per cui
Due milioni di dollari per un artista quarantenne è morale?
Siamo in presenza di una bolla finanziaria che per il momento non
scoppia e non l’hanno fatta mai scoppiare. Una volta l’indicatore della
crisi era la presenza sul mercato delle opere di Fontana. Il mercato
ha dei suoi giochi che gli operatori conoscono e molti approfittano
anche in questi momenti. Gagosian sta facendo adesso la mostra
di Mario Merz quindi so che questo lavoro di Merz che vedi alle tue
spalle ha un maggior valore. Sono giochi che hanno a che vedere
con il mercato dell’arte ma non necessariamente con l’arte che invece dovrebbe determinare una nuova scala valoriale oppure agire in
modo morale ma mi domando come potrebbe farlo in quanto agisce
in un mondo assolutamente immorale o amorale. La stessa politica,
come sappiamo, si muove con giochi di potere.
Se l’artista oggi partecipa al consenso poiché lo cerca attraverso il successo e l’inserimento nelle maglie che lo determinano e
insegue l’orientamento del gusto internazionale, allora non è più
questo genere d’artista colui a cui possiamo guardare per scoprire nuove indicazioni e nuove visioni. E’ pensabile che possano esserci artisti che operano al di fuori del sistema, sconosciuti
ma interessanti?
Ultimamente con le nuove tecnologie si iniziano a scoprire lembi di
territorio inesplorato, ovvero alcuni possono comunicare attraverso
percorsi non consacrati però in tutti gli artisti persiste la voglia del
riconoscimento e tutti lavorano in maniera pugnace per emergere
e quando il sistema si accorge di un valore non ha ragioni per non
assorbirlo così come a quel punto un artista non fa l’atto eroico di
rifiutare di entrare a far parte del sistema. Molti artisti sono recuperati
anche dopo molti anni, tutto quello che è fuori ma che vale, prima o
poi rientra. Un artista che ha i fondamentali è impossibile che prima o
poi non venga recuperato.
Un giovane artista i fondamentali come se li forma? Ha senso
ancora la formazione nelle Accademie di Belle Arti?
L’accademia è il luogo preposto a svolgere questa funzione, anche
per sviluppare la consapevolezza che certi percorsi esistono ininterrottamente da migliaia di anni; ci sono poi qualità diverse fra accademie e accademie, ce ne sono alcune sclerotizzate sulla tradizione ed
altre molto aperte che chiamano artisti da tutto il mondo a raccontare
la loro esperienza. Lo abbiamo verificato anche a Torino, tu stesso
quando insegnavi qui hai lavorato in questo senso e una volta sono
venuto anch’io ospite di una tua lezione.
Cosa deve fare un giovane artista oggi secondo la tua esperienza di gallerista?
Deve girare il mondo, ci sono oggi un sacco di possibilità per alimentare il proprio talento attraverso verifiche continue con la tecnologia
e internet.
Debora Fede, Appunti di viaggio, 2011
33
parlano i galleristi italiani
Stanislaw Kolibal, particolare dell’installazione, 1975
Fiorenzo
ALFIERI
Presidente
della
Accademia
Albertina
di Torino
presidenti
34
Intervista a cura di Gaetano Grillo
Io ho scritto un libro che si chiama “La città che non c’era”
che racconta come abbiamo lavorato in tutti questi anni per
far capire che questa non era solo la città dove si facevano
le automobili ma che Torino sarebbe stata una capitale della
cultura.
Fiorenzo Alfieri è stato da poco nominato Presidente dell’Accademia Albertina di Torino, chi è Fiorenzo Alfieri?
Sono un uomo di scuola, ho avuto la fortuna di cominciare prestissimo, a 19 anni ero già di ruolo alla scuola elementare qui a Torino,
mi sono fatto le ossa nel 1962 in una scuola alle Vallette, una scuola
allora di periferia che poi è diventata una scuola di punta ma che mi
ha permesso già di sviluppare il mio impegno anche politico. Sulla
base di questa esperienza mi è stato chiesto nel 1975 di comparire
in una lista del PC per l’elezione del Consiglio Comunale di Torino.
Sono stato eletto contro ogni previsione e nell’arco di un anno, nel
1976 sono diventato Assessore alle Politiche Giovanili e allo Sport
ma ho molto collaborato con l’Assessorato alla Cultura che aveva
sede nello stesso palazzo.
In quegli anni si è inventato un modo nuovo di amministrare la cosa
pubblica, è stato un modello importante. Con il mitico Sindaco Novelli ho fatto due tornate, quindi dieci anni da amministratore, dopo di
che, dopo un intervallo all’opposizione finchè nel 1995 con l’elezione del Sindaco Castellani sono tornato a fare l’Assessore, questa
volta all’Istruzione e avviando un nuovo processo di rilancio per la
cultura, in sintonia con altre grandi città con le quali Torino è gemellata, come Barcellona, Bilbao, Lione. Nel 1997 abbiamo inventato
un nuovo assessorato che abbiamo definito Della Promozione delle
Città e in quel contesto abbiamo fatto la candidatura olimpica che ci
ha portato, alla fine del mandato di Castellani, ad avere le Olimpiadi.
Alla fine del mandato di Castellani è arrivato il Sindaco Chiamparino
che mi ha chiesto di passare all’assessorato alla Cultura. Ecco, Alfieri
è questa cosa qui!
Alfieri é un uomo radicato nella politica e nell’amministrazione
di una grande città come Torino e questo è un elemento molto
positivo perché per diversi anni l’Accademia Albertina è rimasta isolata, è stata come un piccolo feudo chiuso nella stagione
diretta da Sergio Saroni che pure è stato un pittore di grandi
qualità. Io sono arrivato come titolare di Pittura in questa accademia nel 2001 e vi ho insegnato per otto anni operando intensamente insieme a Guido Curto, sia in Consiglio Accademico sia
in Consiglio d’Amministrazione, per aprire l’istituzione alla città
ma anche e soprattutto all’ambiente dell’arte contemporanea. La
direzione di Curto è stata molto significativa per la svolta che ha
impresso al rinnovamento dell’Albertina. Questa accademia è
una delle accademie storiche d’Italia, con un ingente patrimonio
ma anche con una vocazione al contemporaneo, in che modo lei
pensa di coniugare queste due identità?
Io non mi aspettavo questo incarico e sono stato sorpreso quando
alcuni professori come Luca Beatrice mi hanno chiesto di candidarmi
alla presidenza ma ho colto anche l’interesse del Ministro Profumo a
che io mettessi a disposizione dell’Accademia Albertina la mia esperienza di amministratore. In pochissimo tempo mi sono trovato seduto a questa sedia e la primissima cosa che ho fatto è stata di andare
in Comune, sapendo che Fassino aveva espresso compiacimento
per la mia nomina, ma non per chiedere soldi, sapendo che in questo
periodo non ce ne sarebbero stati, ma almeno la disponibilità dell’Ufficio Tecnico ad affrontare i gravi problemi relativi al nostro immobile
che lei sa, per metà essere di proprietà comunale, alla sua messa a
norma e alla ristrutturazione della Rotonda del Talucchi che peraltro
era già chiusa da oltre un anno proprio per inagibilità.
Io ho lavorato decine di anni con l’Ufficio Tecnico e in questa circostanza farà sia la progettazione sia il collaudo di tutti gli interventi che
si renderanno necessari. Questo è il primo master-plan con il quale
dopodomani vado a Roma dal Direttore Generale dott. Civello per capire quanto è disposto a mettere lo Stato su questo master-plan che
cuba circa dieci milioni di euro. Per fortuna tutta la quota economica
che riguarderà la Rotonda sarà messa a disposizione dalla Compagnia di San Paolo, che ha già espresso il suo interesse in questo
senso e allegerirà l’impegno dello Stato.
Il secondo grande impegno è sulla Pinacoteca Albertina che ancora
conoscono in pochi e anche li abbiamo già preso dei provvedimenti
come l’apertura durante il sabato e la domenica del mese d’agosto
per aprirla al flusso turistico. Abbiamo esposti tre opere dei Casorati,
abbiamo fatto una conferenza stampa e abbiamo attivato tutta una
serie di altre iniziative per promuovere e diffondere sia il patrimonio
storico sia le iniziative temporanee che ospiteremo nel vestibolo.
L’attuale Direttore Commissario, Nicola Maria Martino ha dato la momentanea direzione a Guido Curto ed io e lui abbiamo fatto insieme
tutto questo lavoro di rilancio, compreso, con l’ausilio del dott. Turetta
della Direzione Generale dei Beni Culturali per il Piemonte, l’ingresso
della Pinacoteca Albertina nel polo reale. Chi va a Palazzo Reale e
compra il biglietto per visitare tutti i cinque musei di Torino ha diritto a visitare anche l’Albertina. Siamo in sintonia con la Pinacoteca
Sabauda con la quale dividiamo molti programmi e poi ospiteremo
di volta in volta autori contemporanei come faremo prossimamente
con Giuseppe Penone. Al momento possiamo dire che già nel primo
mese abbiamo visto raddoppiare il numero di visitatori.
Altra iniziativa sarà l’utilizzo del vano cantinato della rotonda, uno
spazio bellissimo che sarà organizzato per esporre tutte le attività
che si svolgono all’Albertina; il progetto prevede che il visitatore possa vedere i laboratori in attività e la didattica. Noi produciamo ma
mostriamo anche come si fa a produrre, quindi le attività laboratoriali
e tecniche così come vorremmo pure aprire un piccolo corso di ceramica.
Io ho scritto un libro che si chiama “La città che non c’era” che racconta come abbiamo lavorato in tutti questi anni per far capire che
questa non era solo la città dove si facevano le automobili ma che Torino sarebbe stata una capitale della cultura; abbiamo persino cambiato il lessico che usavano gli amministratori vent’anni fa; questo
per dirle che sono molto motivato a promuovere l’aggancio di questa
accademia al sistema comunale e regionale.
In tutti questi anni abbiamo lavorato per attuare una riforma
a costo zero, pagata praticamente dal lavoro dei docenti che
senza avere alcun incremento salariale hanno portato in tredici
anni di volontariato queste istituzioni a raddoppiare il numero
Credo che uno dei temi importanti per il futuro di queste nostre
istituzioni sia la necessità di avere un corpo docente di qualità e
questo non può prescindere da un adeguamento salariale.
Certo ma anche il corpo docente deve accettare di passare dalle
forche caudine dell’Università. Bisognerebbe trovare un sistema per
traghettare il corpo docente ad esaurimento verso un ruolo diverso e
più adeguato; è incredibile che i docenti d’accademia debbano guadagnare meno della metà dei colleghi dell’Università.
Noi abbiamo tanti colleghi di Storia dell’Arte in Italia, sono tutti
laureati e pubblicano più di tanti altri, ci sono fra loro direttori di
musei e storici di prestigio eppure hanno stipendi come quelli di
un professore della secondaria.
Sono assolutamente d’accordo, è una questione che deve essere
affrontata con urgenza.
35
presidenti
Il patrimonio storico si è accumulato negli anni soprattutto per
donazioni e a scopo didattico e formativo; questa tradizione si
è interrotta negli anni 20/30, per molto tempo ma di recente le
accademie stanno riconsiderando l’importanza di valorizzare il
loro patrimonio ma anche di vedere una sua nuova vitalità oltre che di avviare un processo di costituzione del patrimonio
contemporaneo. Il recente convegno all’Accademia di Napoli ed
il grande impegno in questa direzione, compiuto dal suo direttore Giovanna Cassese dimostra questa nuova vitalità. Questa
Accademia non ha mai acquisito opere di Casorati, di Paolucci,
di Martina, Saroni e di tanti altri artisti che via hanno insegnato.
State pensando di avviare questo processo?
Oggi abbiamo il supporto delle nuove tecnologie e questo potrebbe garantire già la costituzione di un patrimonio contemporaneo virtuale come prima fase, prima ancora di trovare le risorse e gli strumenti giuridici per acquisire le nuove opere.
Ho incontrato l’altro giorno Giulio Paolini che pure ha insegnato da
noi anche se per un piccolo periodo ma credo che non disdegnerebbe di lasciarci una sua testimonianza. Credo che potremmo riprendere i rapporti con le famiglie di quanti sono passati da questa
accademia e non dispero di poter raccogliere anche opere di artisti di
qualità che pur non avendo insegnato qui potrebbero avere interesse
a lasciare un’opera.
degli studenti ed ha rilasciare diplomi accademici magistrali,
legalmente equipollenti alle lauree di primo e secondo livello.
Abbiamo realizzato una riforma rimasta zoppa perché manca il
riconoscimento giuridico appropriato alla docenza che a tutti gli
effetti è simmetrica a quella dei docenti universitari. Che relazioni intende avere l’Accademia Albertina con l’Università?
E’ una questione economica che lo Stato non vuole affrontare ma ho
avuto modo di constatare che non tutti sono dell’opinione che sarebbe una buona cosa inserire le Accademie nelle Università. Noi proprio domani abbiamo a Roma la Conferenza dei Presidenti, recentemente costituita, ci sarà anche il Sottosegretario e mi hanno detto
che questo Ministro è aperto e sensibile ad affrontare anche questa
questione. Io conosco il Dams e altre facoltà ma vedo che qui ci sono
studenti che non potrebbero essere altrove e ciò dimostra che l’utenza studentesca è più motivata. Credo che più che entrare nell’Università per impaludarsi nei meandri della burocrazia forse sarebbe più
opportuno restare nell’AFAM ma valorizzando la docenza in maniera
congrua. Le Accademie hanno comunque un’autonomia che le concede di avere più margini d’azione nelle sue tante iniziative.
Paola
TADDEI
Direttrice
Accademia
di Macerata
A cura di Gaetano Grillo
accademia di macerata
36
Le accademie sono già istituzioni di eccellenza, espressione di alta cultura nel nostro
paese, queste non sono adeguatamente valutate come le università, per una “naturale” diffidenza che sembra difficile da superare, è come se dovessimo sempre dimostrare di saper fare, di essere.
Paola Taddei, da poco eletta alla direzione dell’Accademia di
Macerata, chi è Paola Taddei? Ci sintetizzi un tuo profilo?
Vengo dall’Accademia, nello specifico dall’Accademia di Macerata,
dove ho svolto la mia formazione e dove fino ad oggi ho insegnato
Decorazione; quindi, sebbene nella mia carriera abbia lavorato anche in altre Accademie, conosco bene la nostra Istituzione: ne ho
seguito le fasi evolutive e ne conosco le esigenze, oltre naturalmente
ai punti di forza. Mi sento perciò in perfetta sintonia con le prerogative
del mandato direttoriale, che corrispondono anche a quelle che sono
le mie principali note caratteriali: trasparenza, decisione, concretezza, senso del rispetto e predisposizione al dialogo.
L’Accademia di Macerata è una piccola istituzione non lontana
dall’Accademia dell’Aquila, da quella di Roma, di Frosinone e
della stessa Urbino; quale spazio identitario si è ritagliata Macerata in questi anni?
Uno spazio ben definito, orientato all’innovazione secondo le mutate
esigenze professionali, ma nel contempo attento alle discipline classiche, caratterizzanti l’alta formazione artistica. La nostra vocazione
cerca di coniugarsi costantemente con le eccellenze consolidate nei
diversi settori dell’arte e della creatività, sia a livello nazionale che
internazionale. Ciò ci ha consentito di allargare il nostro bacino di
utenza ben oltre i confini regionali.
L’Accademia ha registrato un nuovo incremento di studenti?
Quanti ce ne sono in quest’anno accademico? Quale dipartimento e quale indirizzo tira maggiormente?
La nostra accademia ha registrato negli ultimi anni un sensibile quanto constante aumento di iscritti di anno in anno, che ci ha portato a
superare le 900 unità, la maggior parte delle quali ha scelto di frequentare i nuovi indirizzi attivati, in coerenza con le altre accademie,
senza però tralasciare le “Belle Arti”. In tal senso l’internazionalizzazione rappresenta sempre un punto di riferimento importante per
garantire lo scambio di conoscenze e nozioni in un’ottica sia globale
che locale. Internazionalizzazione per noi significa anche l’accreditamento dell’Accademia nell’ambito del Bologna Process, per age-
volare gli studenti in mobilità nella partecipazione a stage e tirocini
formativi di respiro europeo. Nel 2009 abbiamo ottenuto il Diploma
Supplement Label, che amplifica il significato del Diploma accademico in ambito comunitario. Come già detto, le discipline classiche
mantengono il loro appeal, grazie anche ad una tradizione consolidata, mentre nuovi indirizzi come quello del Design, della Multimedialità
e delle Arti performative riscuotono sempre maggiori consensi.
Come è strutturato il vostro indirizzo di Restauro?
L’Accademia di Belle Arti di Macerata il 22 novembre 2011 ha avuto
l’accreditamento dalla Commissione Interministeriale MIUR-MIBAC
e l’autorizzazione con decreto del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, ad attivare il Percorso Formativo Professionalizzante
2 (manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile – manufatti scolpiti
in legno – arredi e strutture lignee – manufatti in materiali sintetici
lavorati, assemblati e/o dipinti) nell’ambito del Corso Quinquennale
a Ciclo Unico per la Formazione di Restauratori abilitati di Beni Culturali. Stiamo valutando per il prossimo futuro l’attivazione degli altri
percorsi professionalizzanti.
Le Marche sono un territorio operoso industrialmente in particolare per la manifattura, le stoffe, la carta ecc. Tu sei una docente
di Decorazione e sicuramente sarai sensibile a questi materiali
e a queste pratiche, pensi di sviluppare sinergie in questa direzione con la realtà industriale della zona per favorire sbocchi
lavorativi dei vostri studenti?
Abbiamo già da diverso tempo stabilito rapporti di collaborazione con
le aziende locali nei vari settori a noi affini, grazie ai quali i nostri studenti possono svolgere tirocini formativi professionalmente concreti.
Con alcune di queste aziende, abbiamo siglato convenzioni mirate
ad incentivare una produttiva collaborazione progettuale. Viviamo in
un momento storico di grandi cambiamenti, la generazione dei nostri
studenti fatica non poco a prendere in mano le redini del proprio futuro. Stiamo lavorando per progredire e rendere i nostri corsi sempre
più attuali e al passo con i tempi, sempre più rispondenti alle esigen-
ze dei giovani che devono confrontarsi col mondo reale, nell’ottica
di creare una forte integrazione tra Accademia, mondo del lavoro e
territorio.
Ci descrivi com’è composta la vostra sede? Quali sono le sue
peculiarità, quali i punti di forza e quali quelli di debolezza?
Abbiamo una sede centrale dove si svolgono la maggior parte delle
attività connesse ai laboratori e in parte alla teoria, tre sedi distaccate con analoghe funzioni e una sede distaccata che dista circa
10 Km dalla città di Macerata, sede del nostro I.R.M. Istituto del
Restauro delle Marche. La struttura è un ex convento della fine del
1700, completamente ristrutturato con oltre 600 metri quadrati solo
37
accademia di macerata
accademia di macerata
38
di laboratori ubicata nel suggestivo borgo di Montecassiano. Le sedi
sono ovviamente i nostri punti di forza perché adeguatamente arredate e complete delle più moderne tecnologie, nel contempo, queste,
non sono più sufficienti a coprire le nostre esigenze in relazione al
numero degli studenti iscritti. Abbiamo da tempo in progetto l’idea di
trovare altri spazi da destinare alla nostra didattica. Mi auguro che
questo possa avvenire presto.
Credi che le accademie abbiano i requisiti per confluire nelle
università oppure pensi che dovrebbero restare nell’AFAM?
Le accademie sono già istituzioni di eccellenza, espressione di alta
cultura nel nostro paese, queste non sono adeguatamente valutate
come le università, per una “naturale” diffidenza che sembra difficile
da superare, è come se dovessimo sempre dimostrare di saper fare,
di essere. La conseguenza diretta è uno stato di diffuso malessere
tra i docenti e gli studenti, che nasce dalla necessità di avere pari
riconoscimenti, pari dignità degli studenti e dei docenti dell’università.
La riflessione che ne segue è che, riuscendo ad ottenere pari diritti,
non avremo necessariamente bisogno di essere inclusi nelle università. Essere istituzioni di alta formazione e cultura non è poco con i
giusti strumenti.
L’accademia possiede un suo patrimonio, piccolo o grande che
sia, di arte antica o contemporanea? Hai pensato di costituire
una collezione d’arte contemporanea dell’accademia? In fondo
molti artisti sono passati da Macerata ed avete anche dato un
Diploma Accademico Honoris Causa perfino a Enzo Cucchi, vi
ha lasciato una sua opera?
Generalmente non chiediamo opere ai nostri accademici d’onore,
preferiamo piuttosto che le donazioni avvengano spontaneamente e
che le personalità di spicco nel mondo dell’arte arricchiscano il nostro patrimonio nel contemporaneo con la loro presenza nella nostra
Accademia, attraverso seminari, workshop o docenze, contributi preziosi alla formazione dei nostri studenti. Disponiamo comunque di
un significativo patrimonio di arte contemporanea e stiamo lavorando
per collocarlo in un luogo ad esso dedicato.
Qual’è il primo obiettivo che ti sei posta in questo mandato?
Sicuramente quello di potenziare la crescita dell’accademia all’insegna della qualità, considerando prioritari i seguenti punti:
QUALITA’ DELL’ORGANIZZAZIONE, QUALITA’ DEI CONTENUTI,
QUALITA’ DEI PROCESSI e QUALITA’ DELLE SCELTE.
Alla luce di un nuovo stato di cose, intendo guardare al futuro, senza tralasciare le prerogative e gli intenti dell’Accademia, puntando
quindi in particolare al riconoscimento a livello nazionale e al radicamento sul territorio, attraverso una nuova determinazione dell’Istituzione. Con ciò auspico la possibilità di una differente percezione
dell’istituzione-Accademia, secondo prospettive di area vasta e policentrica, soprattutto pensando ai percorsi formativi e didattici, in cui
sono rilevanti l’aspetto scientifico e culturale nel ruolo dei docenti e
la necessità di aprirsi a collaborazioni con eccellenze esterne e soggetti accreditati di varia natura, per offrire ai docenti nuove opportunità di confronto e gratificazione, e ampliare nel contempo la fase di
formazione degli studenti. Da qui altre questioni fondamentali come
la condivisione di ruoli e responsabilità, base essenziale per il funzionamento ottimale della struttura, lo sviluppo delle conoscenze e
un’adeguata organizzazione della didattica. Per giungere, in estrema
sintesi, agli obiettivi cui intendo puntare:
Eccellenza, Specializzazione e Internazionalizzazione.
39
Il Merlo del Gigante, mosaico ceramico altezza mt. 4,50 larghezza mt. 5 lunghezza mt. 12
Marco PELLIZZOLA
l’opera musiva e gli spazi del giardino
Di Rosanna Ruscio
(Giardino dei giganti, Cento, 2006), costellazioni celesti (Porta Celeste, Parco Nord, Milano, 2011) ambientazioni notturne
(L’ombra del lupo, Parc Gilson La Louviere, Belgio, 2012), e
un’infinità di segni stilizzati che attraverso la spaziatura tra
tessera e tessera, risplendono sempre più vivi ed intensi.
Questa naturale attitudine ad interpretare le potenzialità della
materia forzando i contrasti sapienti e arditi dei colori, insieme
all’impegno di ragionare sugli spazi ambientali, accompagnano la ricerca artistica di Pellizzola, in un crescendo di motivazioni e riflessioni che ne fanno l’interprete sensibile di un’antica pratica che lui ha saputo rinnovare.
Nelle porzione di verde in cui interviene, il più delle volte spazi
in disuso o abbandonati, rintraccia i segni lasciati dalla natura,
la consistenza fisica degli arbusti e la tipologia delle piante,
ma poi preso dall’urgenza smaniosa della conoscenza, insegue la storia del luogo risalendo a miti e leggende, che egli
materializza in grandi sculture, talvolta grandissime.
Proprio questo processo creativo trova espressione nelle infinite varianti della pratica musiva: dall’applicazione alla scultura a mezzo decorativo con il quale inventare lo spazio, da
antica tecnica con cui costruire forme tradizionali a risorsa con
cui ipotizzare nuovi pensieri immaginativi.
docenti
Sono ormai molti anni che la ricerca di Marco Pellizzola è
indirizzata nell’indagine delle forme negli spazi della natura.
Sostenuto da un immutato entusiasmo per tutto ciò che può
produrre emozione e conoscenza, egli ha fatto della tecnica
del mosaico un mezzo per raccontare storie e sigillare concetti, sempre più puntuali, nelle forme nei colori.
“Non c’è tecnica o mezzo di figurazione meno variabile nei
tempi del mosaico”- ha scritto Raffaele de Grada- eppure,
aggiungiamo, le svolte determinate all’interno delle botteghe
da alcuni artisti contemporanei, attivi anche come restauratori come Cicognani, Pessoli e Ventura, indicano possibilità
interpretative suggestive e singolari, in cui il mosaico non è
banale traduzione e neppure invenzione ma semplicemente
un linguaggio.
E’ quanto possiamo dire anche a proposito di Marco Pellizzola, il quale superando l’insidia del naturalismo è riuscito a fare
di questa pratica un personale esercizio di stile, creando un
tessuto cromatico così complesso e luminoso, da diventare
fondamento di una nuova e originalissima estetica.
La ricostruzione da lui proposta di temi largamente conosciuti,
favole e leggende, visioni e storie è perfettamente coerente
con l’elaborazione d’immagini e forme: voliere e coccodrilli
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Giardino del Gigante, grande foglia galleggiante, particolare del laghetto
Seduta per imparare a volare, mosaico ceramico (particolare)
docenti
Seduta della lucertola, mosaico ceramico con frammenti di specchio, altezza mt. 6, larghezza mt. 1,60, lunghezza mt. 8
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* Marco Pellizzola è titolare di Decorazione all’Accademia di
Brera, Milano.
Sopra: GIARDINO DEL GIGANTE
Foglia del Gigante
Mosaico ceramico con uccelli da richiamo, altezza m. 5 x larghezza m. 0,35
x lunghezza m. 11,30
In basso: PORTA CELESTE
Parco Nord, Milano
Mosaico ceramico policromo m. 13 di lunghezza x m. 5 di altezza x m. 7 di
larghezza
Foto di Federico Ambrosi
docenti
In tutti i suoi lavori, la ricchezza cromatica della ceramica si
adatta alla struttura dei piani e dei volumi, evidenziando la
tensione estrema tra il colore e l’elementarità delle forme. Il
mosaico, con la sua irregolare sfaccettatura e la sua capacità di rifrangere la luce, diventa con lui un mezzo con cui
trasformare la geometria dei segni in un campo di risonanze
immaginative.
Ma c’è nel suo lavoro una progressiva evoluzione: le forme,
un tempo concepite nel rispetto del moltiplicarsi della visione
prospettica, nell’ultima esperienza belga, sembrano organizzate per essere viste da un punto di vista privilegiato, e la dispersiva sovrapposizione di misure e figurazioni, qui trova ordine, si cristallizza in una forma, acquista un senso: il lupo e
la sua ombra, in un ravvicinato incontro di spazio e di tempo.
42
ANTONIO PARADISO
Il Parco Scultura La Palomba a Matera
luoghi d’arte
maestri
storici
a cura di Gaetano Grillo
Antonio come è nata l’idea del Parco Scultura “La Palomba”,
come si è sviluppato il progetto e quando è stato inaugurato?
Il Parco Scultura la Palomba, è nato per esigenza del mio lavoro
perchè avevo grandi sculture per fare mostre nelle città e per questo
motivo avevo bisogno di spazio per depositarle. Il Parco Scultura è
stato inaugurato in giugno del 2001.
Le risorse economiche per realizzarlo da dove sono venute?
Ho venduto una masseria con terreno e una grande scultura che era
stata esposta in San Babila a Milano per i mondiali e in altre città
d’Europa, per comprare la tufaia abbandonata che aveva allora la
funzione di una discarica di materiali di risulta. L’ho pulita utilizzando
cento camion di rifiuti ed è nato il Parco Scultura la Palomba.
Che ruolo ha il Comune di Matera?
Zero.
Matera è Sito UNESCO e la cava è una realtà di primaria
importanza per capire con profondità le ragioni geologiche,
minerarie, culturali e antropologiche che hanno generato questa
preziosa realtà del sud Italia ma ormai del mondo. La Palomba
può rientrare sotto l’egida dell’UNESCO?
Forse, ma io non sono un manipolatore, faccio la scultura e sono
cieco a queste realtà.
All’interno della cava si trova un bellissimo ex granaio; quando
è stato costruito, con quali funzioni e quanto è grande?
Il capannone che è stato costruito negli anni 60-70 come deposito di
frumento è grande 1500 metri quadri ed è alto 7 metri.
La programmazione artistica di questi anni è stata molto
interessante in quanto tu stesso hai ospitato importanti artisticolleghi che sono venuti li a realizzare i loro progetti, ce ne parli?
Quest’ anno il Parco Scultura la Palomba ha inaugurato con un libro di
pensieri curato da Arturo Scwarz e Mario Perniola, con performance
di Dario Carmentano, Milena Orlandi, Loredana Paolicelli, Bruno
Sinno. Un’anteprima di una opera musicale di Giovanni Tamborrino e
una mostra di scultura di Giuseppe Spagnulo
Matera, come città scavata nella pancia della terra ha una sua
strutturale identità plastica che la vede in assoluta e sinergica
predisposizione alla scultura, tu porti avanti proprio questa
dimensione specifica fra i vari linguaggi artistici?
Il Parco Scultura in tredici anni di attività ha generato mostre,
sptettacoli e mostre all’avanguardia, basti pensare a nomi come
Zanotelli, Scwarz, Perniola, Tamborrino, Coletta, Nagasawa,
Spagnulo, Carrino, Mattiacci, Mainolfi, Staccioli, Trotta.
Da sempre tu vivi un rapporto simbiotico con le tue origini e
non hai mai smesso di vivere contemporaneamente fra Milano
e la tua masseria di Santeramo, in Puglia, a dieci minuti di auto
da Matera. Come fai a gestire a distanza il Parco della Scultura?
Con grande difficoltà, ma con un grande credo, perchè il Parco
Scultura la Palomba non è una fondazione o un Kunstvarein ma
prima di tutto una SCULTURA ANTROPOLOGICA ma stiamo
lavorando per farla diventare una fondazione, per dare continuità alle
sue iniziative.
Attualmente stai ospitando una bellissima mostra di Giuseppe
Spagnulo, che progetti hai per il futuro?
Riuscire con fatica a rimanere in vita.
Sei riuscito ad avere le lamiere del World Trade Centre di New
York per realizzare la tua grande installazione “Global Last
Supper” che ora, con emozione, trovo a Matera.
Hai girato in lungo e in largo l’Africa (anche altri amici
artisti) portando nel tuo lavoro alcune delle sue espressioni
antropologiche più profonde.
A cosa sta pensando l’instancabile Antonio Paradiso per il suo
prossimo lavoro?
Questo non lo so.
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luoghi d’arte
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luoghi d’arte
maestri
storici
veduta del Parco Scultura con opere di Antonio Paradiso e in basso, in primo piano opere di Pino Spagnulo per la sua mostra del 2013
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veduta del Parco Scultura con opere di Paradiso, Spagnulo e in basso l’installazione Global Last Supper.
luoghi d’arte
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luoghi d’arte
maestri
storici
veduta dell’Interno del capannone con opere di Paradiso, Spagnulo e in primo piano di Nagasawa
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Lettera amara, 2012 - acrilici e lana polverizzata su Velcro su tela, cm. 36x48 (collezione privata, Vicenza).
Alessandro GIOIELLO
La ricerca di Gioiello scava con perseveranza in un’area culturale che vorrebbe
rifondare le basi di una pittura nuova e preziosa ristabilendo il valore del manufatto e l’aura dell’artista che sfida la moda e il successo del presente opponendo
una colta e sottile ricostruzione sintattica del linguaggio.
Alessandro Gioiello é un giovane che si è imposto nel vivaio
dell’Accademia Albertina di Torino fra il 2001 e il 2006.
Lavora con sottile profondità ridipingendo immagini estratte da
contesti diversi ma riproducendole con una tecnica tutta sua.
Dispone e assembla sulla superficie nastri di velcro nei quali successivamente imprigiona polveri di lana colorata preventivamente frantumata; le polveri entrano nella trama del
velcro e restano fissate così come i pigmenti in polvere restavano cristallizzati nell’intonaco degli antichi affreschi.
Il procedimento è molto simile benché si avvalga di materiali del nostro tempo ma, al contrario dell’affresco murario,
conserva una sua speciale freschezza e leggerezza, elementi, questi ultimi, molto cari alla poetica di Alessandro.
Gioiello sfida il cinismo e il machismo dell’arte contemporanea
che sovente esprime una vocazione monumentale, lavorando su piccole superfici, direttamente con le sue mani, con la
sua sensibilità e la sua abilità, contrapponendo la lentezza del
gesto sapiente alla velocità schizzofrefrenica dei nostri giorni.
Velocità che é in stretta connessione con la perdita del valore
manuale considerato ormai quasi inutile.
Le immagini che ci propone ci riportano in un tempo senza tempo della pittura, fra documenti colti e popolari, fra la storia e i loghi della tecnologia contemporanea, fra icone auliche e frammenti inosservati.
Ciò che noi vediamo ci appare a prima vista come già conosciuto ma avvicinandoci scopriamo che si tratta di una
realtà completamente nuova poichè l’intenzione, il processo e i mezzi che Gioiello utilizza, ribaltano il lavoro in
un’area del contemporaneo, quale quella dell’ultima generazione di giovani artisti italiani, che sta rinnovando lo
statuto dell’arte e che procede per spostamenti minimi.
La ricerca di Gioiello scava con perseveranza in un’area culturale che vorrebbe rifondare le basi di una pittura nuova e
preziosa ristabilendo il valore del manufatto e l’aura dell’artista
che sfida la moda e il successo del presente opponendo una
colta e sottile ricostruzione sintattica del linguaggio.
giovani talenti
Di Gaetano Grillo
48
Rose e gigli in un vaso di vetro, 2012 - acrilici e lana polverizzata su
velcro su tela, cm. 78x57.
Paul vestito da Arlecchino, 2010 - acrilici e lana polverizzata su
velcro su tela, cm. 120x84,5 (collezione privata, Napoli)
giovani storici
talenti
maestri
De Caduto & De Ceduta, 2008 - lana polverizzata su velcro su tela, cm. 40x30 ciascuno (collezione privata, Koblenz)
Courtesy Paolo Curti/Annamaria Gambuzzi & Co, Milano.
Alessandro Gioiello
D’outer, 2012 - acrilici e lana polverizzata su velcro su tela,
cm. 48x47,5.
A sinistra: Homo Sapiens Sapiens,
2013 - lana polverizzata su velcro su
tela, cm. 38x38,5
49
giovani talenti
è nato a Savigliano (Cn) nel 1982.
Si iscrive, nel 2001, all’Accademia
Albertina di Belle Arti di Torino al
corso di Pittura di Gaetano Grillo.
Nel 2005 espone per Nuovi Arrivi
11 “Reale come un sogno, vero
come un ricordo” presso l’Accademia Albertina delle Belle Arti
di Torino. Qui la commissione
scientifica del Progetto UniCredit & l’Arte gli assegna il Premio
Passaporto. trascorre così un periodo di residenza presso la Karl
Hofer Gesellschaft di Berlino.
A seguito di questa un suo lavoro entra a far parte della collezione Unicredit Private Banking. Nel
2006 studia presso l’Academie Minerva di Groningen (NL) con Kinke
Kooi. Partecipa poi a diversi workshops alla Fondazione SpinolaBanna per l’Arte di Poirino (To) con
i seguenti masters: Stefano Arienti,
Tobias Rehberger e Milovan Farronato. Nel frattempo inizia la frequentazione dello studio dell’artista torinese Nicus Lucà, momento
importante per la sua formazione.
Nel 2009 trascorre un periodo
di residenza negli spazi di DMT
Loods di ‘s Hertogenbosch (NL)
dove allestisce la sua prima personale “Make yourself at home”.
Ha partecipato al G.I. 2010, Festival of Visual Arts di Glasgow
ed ha esposto, in una doppia
personale,“TURN (your) BACK
(on)”, presso la galleria Glance
di Torino. Ha inoltre partecipato
come artista finalista al Premio
Cairo 11, tenutosi presso il Palazzo della Permanente di Milano.
Presente alla 54 Biennale d’Arte di
Venezia nel Padiglione Accademia
all’Arsenale nell’estate 2011. A seguito ha preso parte alla collettiva
“Caprice” negli spazi della galleria
milanese di Paolo Curti/Annamaria
Gambuzzi & Co. Nel 2012 ha tenuto la sua prima personale torinese
“Blow Up” presso la galleria Glance
e partecipato al 63° Premio Michetti
“POPism, l’Arte in Italia dalla teoria
dei mass media ai social network”.
Ha inoltre svolto, dal 2007 al 2011,
attività di tutor presso l’Accademia
di Belle Arti di Brera di Milano a
fianco del prof. Gaetano Grillo. Attualmente vive e lavora a Torino.
di Elisabetta Longari
IL MONDO SECONDO Cesare
Fullone
50
Cesare Fullone sorprende sempre e spiazza anche i suoi più
affezionati seguaci in quanto i suoi lavori si mostrano tra loro
profondamente legati e nel contempo molto diversi. Nella
recente mostra milanese, intitolata Come farfalle ferite e
tenuta allo Spazio Natalia Lavrentyeva, l’autore presenta tre
diverse serie di opere, tutte con una spiccata valenza etica,
civile e politica.
Due sono le serie fotografiche, la prima ha per protagonista
un cane, per l’esattezza un pastore tedesco, che ci guarda
con aria interrogativa, rafforzando la domanda di senso che
l’autore propone attraverso scritte convenzionali tracciate
con grafia elementare, un corsivo tipico da lavagna scolastica
alla Magritte, sulla medesima superficie. Gli occhi del cane,
immerso nei set di Fullone, pongono all’umanità domande
candide ma essenziali.
L’autore sembra suggerire che riuscire a vedersi con gli occhi
di un cane consentirebbe di ri-tarare obbiettivi e priorità
della nostra razza umana, troppo poco umana.
Nella seconda serie Fullone ci presenta truppe di soldati/
filosofi cui egli mette in bocca, in forma di fumetto, una serie
di considerazioni assai discrepanti con il loro ruolo e che
impedirebbero loro di sparare e di lavorare alla guerra.
Una nuova splendida genealogia della storia umana è proposta
attraverso una serie di tavole botaniche che, ciascuna
composta da una foglia dalla diversa forma, incollata ad un
supporto cartaceo standard - per tutte ugualmente bianco
e delle stesse dimensioni-, sembrano a un primo sguardo
creare una collezione, quasi un archivio naturale; mentre
presto i nostri occhi scoprono una didascalia diversa scritta
dall’autore su ciascun foglio e una data che si annida sulla
pelle vegetale come un tatuaggio.
Diversi sono gli eventi che vengono ricordati da Fullone e
tutti hanno a che fare con fatti che rendono il mondo un
luogo più abitabile: non annota guerre, prese di potere,
dinastie reali o pontificati, ma celebra nascite feconde, tra cui
ad esempio quella di Edith Piaf, realizzazioni mirabili, quali le
pitture nere di Goya, ribellioni allo status quo, come <<Rosa
Louise Parks si rifiuta di cedere il posto su un autobus ad
un bianco>>, memorabili concerti, quali Woodstock, e altri
eventi che rappresentano le invenzioni più significative e
liriche che il mondo abbia mai concepito.
Fullone si conferma un inguaribile umanista utopista, ed è
ciò di cui abbiamo al momento più bisogno.
di Elisabetta Longari
Marosia Castaldi
recensioni
maestri
storici
La donna che aveva visioni
Il romanzo di Marosia Castaldi, dal titolo che sembra parlare proprio di lei, La
donna che aveva visioni (Barbera Editore), affonda le sue radici nella scrittura
immaginifica e sulfurea della autrice che a ogni parola ci fa sentire la famigliarità
con l’abisso e la morte. Questo romanzo riverbera ricordi dei passati libri e
racconti scritti da Marosia e riflette la sua passione per la pittura (si veda tra
l’altro la presenza della figura di Memling). Proponendo una scrittura che trascina
nella lettura come un torrente dal corso tortuoso e irresistibile, l’autrice dà corpo
a una voce roca che arriva dal profondo dello stomaco e si propaga intorno.
Una curiosità: la sua prosa assomiglia al suo fare visivo; l’autrice, che si è
espressa prima di tutto come artista visiva, tanto è vero che la sua formazione
è avvenuta presso l’Accademia di Brera a Milano, parallelamente alla scrittura
pratica una forma di fabulazione immaginifica che si organizza sempre con e sulla
carta, materiale senza dubbio prediletto. Il ritmo incalzante della prosa di Marosia
si specchia nei disegni a penna o pennarello sui fogli di carta da cui difficilmente
l’autrice stacca la punta, finendo per realizzare dei tracciati intricati e complessi
che collegano strettamente tutta la scena. Anche quelle che sono definibili come
sculture vivono di una connessione, di una concatenazione tra loro, le silhouettes
di carta, mobili e precarie in modo davvero affascinante, si aggregano tra loro a
formare scene che sono frasi e interi periodi.
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dell’arte e quello della formazione accademica.
VALLE D’AOSTA Spelgatti Colori, Aosta.
PIEMONTE Edilcoloranti, Novara · Lombardi Marco, Torino · Colorificio Moderno, Torino · Colorificio
Monviso, Cuneo · Arte e colore, Biella · Villa Mario, Borgosesia (VC) · Morandi Giuseppe, Omegna
(VB) · Colorificio Verbanese, Verbania Intra (VB) · Colorificio Fontana, Ivrea (TO) · Casa dei colori,
Pinerolo (TO) · Casa della cornice, Brandizzo (TO) · Colorificio Mp, Chivasso (TO) · Mazzoni, Cirié
(TO) · Colore Amico, Villardora (TO) · Il centro di Marco Botta, Candelo (BI), · Athena , Cirié (TO).
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LIGURIA Creative Center, La Spezia · Muller Francesco, Genova · Albe Ligure, Genova Pegli ·
Gianfranco & Marta, Sarzana (SP) · Podestà Elio, Genova · Bottega d’arte Sabbadini, Chiavari (GE) ·
Vigo Luigi, Sanremo (IM) · Petrucci Angelo, Crevari-Genova.
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Pilastro, Desio (MB) · Tucci Service Colorificio, Milano · Il Colorificio, Abbiategrasso (MI) ·
L’Eliografica, Milano · Colorificio Beato Angelico, Milano · Biemme Colori, Cormano (MI) · Urka
Import, Busnago (MI) · Fillegno Spa, Concorezzo (MI) · Marelli Maurizio, Milano · Pentacolor,
Giussano (MB) · Zinna Giovanni, Lissone (MB) · Colorificio Adige, Milano · Centro Arte, Vigevano
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Colore, Cantù (CO) · Colorificio Vanzulli, Bollate (MI) · C&M di Mazza, Como · Lo-Mar, Bergamo ·
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Vergiate (VA) · Colorificio Centrale, Sondrio · Arte Shop, Boltiere (BG) · De Vanna Giovanni,
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Arti, Varese · Colorificio Bresciano, Brescia · Nadia Color, Iseo (BS) · Colorificio Fossati, Brescia ·
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(BS) · Colorificio Lorenzoli, Darfo Boario Terme (BS) · Mariani Fabio, Lissone (MB) · Colorificio
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EMILIA ROMAGNA Mesticheria Bolognese, Bologna · La Corniceria, Montecchio Emilia (RE) ·
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Casadei, Forlì (FC) · Centrocolor, Riccione (RN) · Artart, Bologna · Bazar del Pittore, Bologna ·
Unicolor, Modena · Corbara Marino, Cesena (FC) · L’artistica, Bologna · Stil Color, Felino (PR) ·
Punto Color, Ponte Taro Fontevivo (PR) · Colorarte, Parma · Il Pennello, Ferrara · Colorline, Bologna ·
Maccaferri Arreda Art & Co., Pieve di Cento (BO) · Color Decor, Villamarina di Cesena (FC) · Nerio
Colori, Lugo (RA) · Colori in luce, Correggio (RE) · Nonsolobianco, Cattolica (RN) · Color Arte
Cornici, Modena.
TOSCANA Zecchi Colori Belle Arti, Firenze · Bosi Carlo, Firenze · Casa del Pittore, Livorno · Ditta
Vagelli, Pontedera (PI) · Barsotti Giuseppe, Carrara (MS) · Colorificio Cappelli, Empoli (FI) · Ugo
Ercoli Belle Arti, Firenze · Paoli, Lucca · Belle Arti Fabrizzi, Poggibonsi (SI) · Effegi, Grosseto ·
Marsino Vernici Belle Arti, Pistoia · Centro Color, Follonica (GR) · Cartoleria Lory, Firenze ·
Fratelli Rigacci, Firenze · Mastro Artista, Arezzo · Paperbook, Prato.
UMBRIA Montmatre, Perugia · Arti & Colori, Terni · Ferramenta dei Trinci, Foligno (PG) · Arte a
Parte, Foligno (PG) · La Nuova Parati, Perugia · Centro Parati, Terni · Bragiola, Perugia · G.T. Color,
Fossombrone (PU).
MARCHE Cluana Color, Civitanova Marche (MC) · Cartolibreria Botticelli, Porto San Giorgio
(AP) · Nuova So.I.Ma., Macerata (MC) · Amicucci Gianpaolo, Urbino (PU) · Angelucci A., Pesaro (PU) ·
Cartolibreria Buona Stampa, Urbino (PU) · Il Registro, Fabriano (AN) · Colorgroup, Magliano di
Tenna (AP) · Libreria Cavour, Macerata · Fratelli Cocchetti, Fermo (AP) · Longhini Vernici, Fano (PU) ·
Storani Nello, Osimo (AN) · Peverelli Annamaria, Senigallia (AN) · Il matitone, Ascoli Piceno · Irno
Rumori & figlio, Ancona · Tuttocolori, San Benedetto del Tronto (AP).
LAZIO Sprint, Roma · Gioia Arte, Roma · Vertecchi, Roma · Ditta Funiciello Alfredo, Roma ·
Centro Carta Pizzino, Roma · Fratelli Agostinelli, Roma · Fratelli Cavalieri, Nettuno (RM) · Dieffe,
Roma · Elioemme, Ciampino (RM) · Agostinelli Arte, Roma · Klimt Art, Viterbo · L’arte del Colore,
Roma · Ars Graphica Art-Ware, Frosinone · Office Today, Viterbo · Arte e Creatività, Roma · Malule,
Roma · Tipografia Zirizzotti, Frosinone · La Partenope, Roma · Globe di Iannone, Fondi (LT).
ABRUZZO Tonino, Teramo · Ottovolante, Teramo · Ferramenta Sisti, Vasto (CH) · Soqquadro, Teramo ·
Cosmocolor, Montesilvano Sp. (PE) · Eurocolor, Lanciano (CH) · Iacuone, Pescara · Cartoleria dello
stadio, San Salvo (CH) · Multicolor, Pescara.
MOLISE Tecnocolor, Campobasso.
CAMPANIA Giosi, Napoli · La Boheme, Scafati (SA) · Color Mix by MP, Atripalda (AV) · Perrone
Alfredo, Battipaglia (SA) · Meddi, S. Maria Capua Vetere (CE) · Cartolibreria Iannelli, Benevento ·
Figliolia Giovanni, Salerno · Volpe Monica, Pozzuoli (NA) · Visal, Pomigliano D’arco (NA) ·
Pentacolor, Vallo della Lucania (SA) · Delart, S. Giovanni Vesuviano (NA) · Ferramenta Ferrente
Aniello, Torre del Greco (NA) · Termoelettra Giordano, Torre Annunziata (NA) · DG Computers,
Benevento · Cucciniello Salvatore, Salerno · Colori & Decori, Lioni (AV).
PUGLIA Lotito Gaetano, Foggia · La Libreria, Monopoli (BA) · Cornici Paglia, Foggia · Comar, Lecce ·
Galli Francesco, Taranto · Galleria Belle Arti, Lecce · D’Ambrosio Vincenzo, Trani (BT) · Artecolor,
Foggia · Piccoli Vittorio Color Casa, Manfredonia (FG).
CALABRIA Casa del Colore, Vibo Valentia · Fantasie d’arte, Catanzaro · La Sfera, Catanzaro Lido.
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