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TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2013 - N° 16 - EURO 6,00 www.academy-of.eu 1 ARTISTA DI COPERTINA: GIOVANNI ALBANESE. ALL’ACCADEMIA DI NAPOLI IL CONVEGNO SUI PATRIMONI DA SALVARE. LA 55 ESIMA BIENNALE DI VENEZIA. IL GALLERISTA PAOLO TONIN DI TORINO. FIORENZO ALFIERI, PRESIDENTE DELL’ACCADEMIA ALBERTINA, L’ACCADEMIA DI MACERATA E molto altro. apri il sito: www.academy-of.eu troverai la nuova rivista ACADEMY on line, una rivista molto più ampia e ricca di rubriche; basta abbonarsi semplicemente seguendo le indicazioni contenute nella finestra “abbonati” e con soli 20 euro riceverai per un anno intero tante notizie, potrai scaricare tutti i numeri arretrati della rivista cartacea, scoprire le tante opportunità e la ricchezza dei suoi contenuti ogni volta che vorrai. rinnova il tuo abbonamento per il 2013 con pubblicità e abbonamenti contattaci scrivendo a: [email protected] versamento tramite bonifico bancario intestato a: Editrice L’Immagine S.r.l. via A. Lucarelli, 62/H 70124 BARI IBAN: IT 70 Y 02008 41562 000102076192 TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2012 - N° 12 - EURO 6,00 www.academy-of.eu www.academy-of.eu EMILIO TADINI - ECOLE NATIONALE SUPERIÉURE DES BEAUX-ARTS DI PARIGI NUOVI DIRETTORI: A BRERA FRANCO MARROCCO, A BARI BEPPE SYLOS LABINI, A CATANZARO ANNA RUSSO, A CARRARA LUCILLA MELONI - P.N.A. ACCADEMIA ALBERTINA DI TORINO - DOCUMENTA, KASSEL - NUOVA IMMAGINE NAPOLETANA - GERARDO LO RUSSO - PAOLA PEZZI - L’ABITAZIONE DELL’ARCHITETTO ARBORE - ALBERTO GARUTTI AL PAC - RECENSIONI E TANTO ALTRO ANCORA. www.academy-of.eu TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2013 - N° 15 - EURO 6,00 TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE E DELLE ARTI, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2012 - N° 14 - EURO 6,00 2 Sostieni Academy! GINO MAROTTA RACCONTATO DA LAURA CHERUBINI - IL COLLEGE OF ART DI PARIGI - INTERVISTA AL GALLERISTA GIORGIO MARCONI - NICOLA SALVATORE FRA COMO E MARRAKECH - LA FONDAZIONE BISAZZA A VICENZA - CANTIERE MILANO EXPO DI COSMO LAERA - NICOLA MARIA MARTINO A TORINO - UN GIOVANE TALENTO: PASQUALE GADALETA - RECENSIONI E TANTO ALTRO ANCORA. NASCE “ACADEMY-OF” LA NUOVA RIVISTA ONLINE ACCADEMIE: U.D.K. DI BERLINO, ACCADEMIA DI BOLOGNA, ACCADEMIA DI CATANIA, ACCADEMIA DI TORINO ARTISTI: EMILIO NOTTE, VINCENZO FERRARI, PAOLA DI BELLO, ANNA ROMANELLO, PAOLA FONTICOLI. C.r.a.b: DERRICK DE KERCKHOVE. LUOGHI D’ARTE: FONDAZIONE MUSEO PINO PASCALI. RECENSIONI, LIBRI, MOSTRE. Sommario ragionato di Elisabetta Longari L’arte, l’Europa, l’Italia, la crisi, parole che sono tutte facilmente collegabili. Inutile piangere sul latte versato, sugli investimenti miopi e sulle sistematiche rimozioni. La cultura ha senso, anzi, è l’unica cosa che continua ad avere senso in questa girandola di affari e denaro che connota d’instabilità la nostra epoca. Il direttore Gaetano Grillo affronta latamente l’argomento, anche se dal nostro specifico osservatorio, nel redazionale significativamente intitolato “Ripartire dall’Accademia”. Questo numero della rivista dà inoltre notevole spazio al Convegno che si è tenuto a Napoli e che aveva proprio per oggetto il Patrimonio delle Accademie e specialmente il ruolo che queste potrebbero ricoprire nella società italiana e nella formazione di cittadini a tutto tondo. Ne parlano diversi partecipanti tra cui Giovanna Cassese. La copertina è dedicata a Giovanni Albanese, artista versatile e regista cinematografico, intervistato da Gaetano Grillo, mentre la sottoscritta si è applicata a restituire una serie di flash dalla 55 esima edizione della Biennale di Venezia che non stento a definire la migliore che abbia sin qui avuto modo di visitare. Interessanti le interviste pubblicate su questo numero 16 di Academy, conversazioni con il gallerista Paolo Tonin di Torino e con Fiorenzo Alfieri, nuovo Presidente dell’Accademia Albertina di Torino; parla inoltre Paola Taddei, nuova direttrice dell’Accademia di Macerata. Nella rubrica i luoghi dell’arte presentiamo il Parco della Scultura di Antonio Paradiso a Matera. Il docente su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione è il poetico Marco Pellizzola, titolare di Decoraziioone prima all’Accademia Albertina di Torino e oggi a Brera, l’ex studente oggetto di segnalazione è Alessandro Gioiello, talentuoso giovane che per un certo periodo ha fatto anche parte della nostra redazione; perciò desideriamo ancora una volta ringraziarlo dell’energia dedicata ad Academy of Fine Arts. * Mentre stiamo impaginando il numero ci raggiunge la triste notizia della morte di Paolo Rosa, artista, collega, amico e persona di grande spessore umano e ricca di immaginario poetico. Ci ripromettiamo di ricordarlo nel prossimo numero attraverso gli occhi dei suoi più stretti compagni di viaggio. Ciao Paolo, ci mancherai molto. ACADEMY OF FINE ARTS Iscritta al Tribunale di Trani n.3/09 Rivista fondata da Gaetano Grillo NUMERO 16, anno 2013 SEDE Viale Stelvio, 66 20159 Milano tel. 02 392 9149654 fax 02 6072609 [email protected] DIRETTORE RESPONSABILE Gaetano Grillo DIRETTORE EDITORIALE Gaetano Grillo [email protected] *Tutte le collaborazioni si intendono a titolo gratuito SOMMARIO 3 02 Redazionale di Gaetano Grillo 04 Speciale: Giovanna Cassese e il convegno di Napoli sui patrimoni da salvare 18 Artista di copertina: Giovanni Albanese 24 La Cinquantacinquesima Biennale di Venezia 28 Parlano i galleristi italiani: Paolo Tonin, Torino 32 Nuovi Presidenti: Fiorenzo Alfieri, Accademia Albertina, Torino VICE- DIRETTORE EDITORIALE Elisabetta Longari [email protected] 34 Paola Taddei e l’Accademia di Macerata REDAZIONE Gaetano Grillo Elisabetta Longari Melissa Provezza Giuliana Storino 40 Luoghi d’arte: Antonio Paradiso e il Parco Scultura “La Palomba” a Matera 37 Docenti: Marco Pellizzola 45 Giovani talenti: Alessandro Gioiello 48 Recensioni UFF. GRAFICO [email protected] EDITRICE L’IMMAGINE SRL Via Lucarelli 62/H 70124 BARI tel. +39.0803381123 fax +39.0803381251 www.editricelimmagine.it [email protected] In copertina: Giovanni Albanese Eclissi, 2010 L’UNICA RIVISTA PERIODICA RIVOLTA ALLE ACCADEMIE DI BELLE ARTI, AI DOCENTI, AGLI STUDENTI E A TUTTI GLI OPERATORI DEL SETTORE. Foto Ranuccio Bastoni di Gaetano Grillo art rip ire dall’ACCADEMIA redazionale La Scuola di Atene, cartone di Raffaello, che si trova alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, si presta a metafora efficace di quel sentimento che sento si sta diffondendo, ancora timidamente ma da più parti, negli ultimi tempi: Il riscatto delle Accademie come luoghi qualificati e centrali per la formazione e la produzione culturale e artistica nazionale. Siamo sempre più stanchi di subire la logica del mercato come unico parametro di valore, quasi come se ci fossimo arresi alla nostra capacità di generare cultura, arte e valori più alti di ciò che passa esclusivamente dalla bilancia del profitto e delle strategie della comunicazione. Da molti anni abbiamo accettato, talvolta nostro malgrado, di suffrgare l’idea che il vero giudice del valore delle cose non sia l’uomo ma l’antichissima legge del rapporto fra offerta e domanda. In questo modo abbiamo accettato come verità superiore la dimensione commerciale e mercificatrice dell’arte, in antitesi ai princìpi delle avnguardie del secolo scorso. Abbiamo visto artisti contemporanei quotati con cifre da capogiro, opere costosissime che altro non sono se non dei simulacri, degli oggetti vuoti, estetici, ai quali il sistema internazionale dell’arte contemporanea attribuisce ritualmente una mistificazione senza limiti nell’ormai dilagante orgia del conformismo. Ci eravamo quasi convinti che la verità fosse quella, quando all’improvviso abbiamo iniziato a sentire un crescente sentimento di stanchezza verso quelle realtà nelle quali vediamo annidarsi i batteri di quel degrado civile e culturale diffuso nel nostro paese particolarmente, ma più in generale in tutto l’occidente. Inizia a prendere il sopravvento un desiderio di reagire, di spogliare il re per vedere se denudato riesce a conservare il suo carisma. Iniziamo a riprendere fiducia nelle nostre qualità, iniziamo a pensare che per troppo tempo ci siamo assentati consegnando il potere a persone che non sono straordinariamente meglio di noi, ma è altrettanto vero che quella resa o quella assenza, spesso ha coinciso con un rassegnato disimpegno. Noi artisti-docenti che abbiamo dedicato tanto tempo, tante energie e tanta dedizione alla nostra funzione formativa nelle accademie, oltre alle nostre professioni; noi che abbiamo creduto ostinatamente anche nel ruolo maièutico, noi che abbiamo vissuto fra i giovani sentendo con loro e insieme a loro il mutamento delle istanze sociali e culturali nel fluire generazionale, noi oggi torniamo a credere di essere una risorsa sana e proprio per questo, alternativa. Alcuni preferivano non far sapere del loro impegno anche come docenti, pensavano che fosse screditante. Poci, pochissimi, hanno invece esaltato questa dimensione ponendola al centro del loro profilo biografico in quanto “progetto artistico” in assoluta coerenza con la ricerca e la professione. Mi piace citare alcuni casi dell’Accademia dove io insegno, Brera; mi piace pensare ad Alik Cavaliere negli anni ‘70, a Luciano Fabro negli anni ‘80, ad Alberto Garutti negli anni ‘90 ecc. Purtroppo negli ultimi tempi sono stati fatti danni notevoli ed è stata quasi distrutta la parte buona, forse ottima, del sistema accademico italiano, dando spazio a demagogiche soluzioni delle quali oggi finalmente qualcuno inizia a prenderne consapevolezza. Un artista che insegna non è, come si è creduto per molto tempo, un artista che insegna per ripiego, perchè non ha avuto successo professionale. Certo ci sono casi di questo genere, anche diversi, ma questo non può screditare una categoria che ha creduto nella formazione artistica. Cominciamo a dire invece che un artista che insegna, tanto per cominciare è un artista colto (conosco artisti e critici di successo che parlano come analfabeti), capace di dialettica, di trasferire i saperi, spesso anche con quella passione che fa’ la differenza. In accademia il sapere coincide generalmente con il saper fare e questo, per tanto tempo è stato ritenuto addirittura un limite, mutuando e stravolgendo la lezione duchampiana, fraintendendola grossolanamente. Nel processo progettuale dell’arte contemporanea si sono delegati molti saperi agli artigiani equivocando la sensibilità artistica con quella artigianale, tant’è che spesso l’oggetto artistico, pur essendo impeccabile dal punto di vista formale ed estetico non è toccante dal punto di vista espressivo, resta distante, comprensibile razional- mente ma freddo. E’ come se avessimo sacrificato quella dimensione diretta che ha quasi sempre dotato l’opera d’arte di calore, di sensibilità. di unicità. L’opera si è avvicinata sempre più all’oggetto e al simulacro, passa dalla testa ma raramente ci emoziona. In questa rincorsa al machismo contemporaneo, in questo tempo in cui, per essere degli artisti importanti è necessario produrre opere gigantesche che richiedono investimenti milionari, in questo affannarsi ad essere sempre più artisti-imprenditori e comunicatori, abbiamo perso la semplicità del gesto diretto. Non vediamo più la freschezza meravigliosa di un disegno a mano libera, non troviamo più il piacere di esprimerci direttamente, istantaneamente; tutto è calcolo, strategia. Io penso che abbiamo perso qualcosa abiurando alla dimensione empatica dell’opera e consegnandola esclusivamente alla speculazione teorica. Le grandi mostre, quelle importanti, sono generalmente allestite in spazi enormi con forti concessioni alla spettacolarità; come può competere una piccola opera con gigantesche sculture, installazioni enormi, allestimenti tecnologici sofisticati; sarebbe come leggere una poesia in una rumorosa discoteca. Le ACCADEMIE, sono rimaste per molto tempo fuori dal sistema dell’arte contemporanea e dal mercato, questo è stato causato spesso dalla mediocrità di tanti docenti e dall’arretratezza delle loro posizioni, ma oggi curiosamente, avvertendo la stanchezza verso il mercato e i valori del mercato, tornando a guardare con nuovo interesse al valore specifico delle cose, alla cultura, al sapere e al saper fare, all’impegno, torniamo a pensare alle ACCADEMIE come luoghi centrali e nevralgici per la formazione e per la produzione artistica. Un artista che insegna in accademia è meno autoreferenziale, è meno vanesio e meno star di altri colleghi che fondano sul culto della loro personalità la propria carriera; è più allenato a percepire le pulsioni dei giovani, più sensibile ad avvertire le istanze generazionali, è sicuramente più colto di coloro che intendono la cultura come la sola protesi del proprio sè. Il nostro Paese, ma vorrei dire il mondo intero, può uscire da questo degrado culturale a 360 gradi, ricollocando al centro del progetto la cultura e la formazione. Per tanto tempo i politici si sono “preoccupati” dell’occupazione abbandonando la formazione, si sono “preoccupati” dell’economia e hanno trascurato la filosofia. Come può una civiltà fondarsi su ragioni materiali senza avere un disegno ideale? E’ ora dunque di tornare in Accademia come metafora del ritorno alla cultura in contrapposizione al dilagare dell’ignoranza, della rozzezza e della superficialità dominanti. E’ ora di abbandonare la finanza drogata e di tornare alla sana economia, è ora di guardare alle cose con occhi nuovi, è ora di distinguere i valori, è ora di uscire allo scoperto per rifondare le ragioni e i parametri di valutazione delle cose. Se cè una cosa che riconosco al mio illustre omonimo è proprio la capacità di dire senza esitazioni che il sistema al quale avevamo delegato l’amministrazione del nostro paese è completamente screditato poichè è crollato drasticamente l’assunto sul quale si era sclerotizzato. Non ci sentiamo rappresentati più da alcuno, non vediamo leaders di statura mondiale, non crediamo negli eroi, non abbiamo pastori spirituali, ma cominciamo a percepire con sempre maggiore chiarezza il bisogno di uscire dalla palude rimettendoci in gioco. In questo numero di Academy ho riservato ampio spazio al convegno che si è tenuto ultimamente all’Accademia di Napoli, fortemente voluto da Giovanna Cassese e magistralmente organizzato. In quella circostanza ho colto chiaramente che siamo ad una svolta, era evidente la voglia di riscatto delle ACCADEMIE, dei docenti e delle persone di cultura. Ripartire dai patrimoni è come ripartire dalla nostra storia e dalla nostra memoria ma per proiettarci nel futuro. Con la nostra edizione online di Academy stiamo creando un network credo utile per la veicolazione delle nostre risorse culturali e per compattare il nostro piccolo sistema ancora, purtoppo ammalato d’individualismo. Da Napoli è partito un segnale chiaro al quale mi auguro Milano e altre città d’Italia diano immediatamente seguito facendo lievitare quell’energia che altrimenti rischierebbe d’implodere. Questo numero di Academy esce all’inizio dell’anno accademico e in concomitanza con il P.N.A. (un’iniziativa che merita di essere difesa in quanto occasione annuale di confronto ma che andrebbe assolutamente riformata) a Bari, iniziamo questo anno accademico con uno scatto d’orgoglio, rimbocchiamoci le maniche e RIPARTIAMO! redazionale Accademia di Belle Arti di Napoli GIOVANNA CASSESE PATRIMONI da SVELARE per le ARTI del FUTURO 6 Ci vuole il coraggio di uscire definitivamente dall’ombra. Il coraggio di fare azioni culturali forti. Gli interventi al convegno dei docenti delle Accademie hanno dimostrato non solo la qualità, ma anche la grande capacità di trovare nuovi paradigmi di lettura del reale e della storia, di proporre modelli culturali più aggiornati e fondati sull’interazione delle competenze. speciale convegno a napoli Intervista a cura di Gaetano Grillo Il Convegno “Patrimoni da Salvare per le Arti del Futuro” si è appena concluso incassando un successo strepitoso e segnando una svolta nella storia del sistema delle accademie di belle arti in Italia. Tutti all’unanimità hanno espresso grande apprezzamento per la tua iniziativa, per l’ostinazione con la quale hai voluto ed ottenuto questo convegno ma anche per l’eccellente organizzazione, ora che sono passate le ore convulse dei tre giorni e tutte quelle che li hanno preceduti, vuoi commentare l’evento? Sono davvero felice perché si è dimostrata l’alta qualità delle accademie, del grande patrimonio umano, non solo l’importanza dei beni architettonici, artistici, librari, archivistici, ma anche e soprattutto la qualità dei docenti e quella degli studenti. Lungi dall’essere istituzioni in crisi o “morte” come appaiono oggi molte istituzioni culturali nel panorama nazionale, le accademie sanno rimettersi in gioco e in discussione ed attraggono tanti giovani, essendo anche un forte luogo di richiamo anche per gli studenti internazionali. Abituati ad una crisi perenne, i docenti delle Accademie sanno dimostrare più che altrove la capacità di rimettersi in gioco. Il convegno è stato un momento importante per capire quanto sia necessario fare rete. In realtà ogni accademia ha da sempre un rapporto privilegiato con il suo territorio, è un riconosciuto e riconoscibile “luogo del contemporaneo”. Ma non basta, a volte ci si è fermati ad una realtà locale o autoreferenziale: oggi c’è bisogno di fare sistema. Ci vuole il coraggio di uscire definitivamente dall’ombra. Il coraggio di fare azioni culturali forti. Gli interventi al convegno dei docenti delle Accademie hanno dimostrato non solo la qualità, ma anche la grande capacità di trovare nuovi paradigmi di lettura del reale e della storia, di proporre modelli culturali più aggiornati e fondati sull’interazione delle competenze. Sono felice e grata anche perché ho avuto la grande collaborazione del Direttore Generale Giorgio Bruno Civello che ha creduto fino in fondo nel progetto tanto da creare un tavolo tecnico ad hoc, l’appoggio incondizionato della Conferenza dei Direttori e patrocini prestigiosi a cominciare dall’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, per continuare con il Mibac, il Mae l’Unesco, l’Icom etc. Anche la presenza e la testimonianza di adesione al convegno del Capo di gabinetto Luigi Fiorentino, del Sottosegretario con delega AFAM Gian Luca Galletti del MIUR, insieme ai rappresentanti del MAE UNESCo, ICOM, di Silvia Costa del Parlamento Europeo e relatrice della misura di intervento 2014 – 2020 “Europa Creativa” o di Nando Dalla Chiesa sono stai altamente simbolici e significativi. L’articolo 9 della Costituzione, a cui fai espressamente riferimento, recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Tu sei giustamente partita da questa piccola, grande, “certezza” della nostra identità nazionale per attivare con questa iniziativa un’inversione di tendenza rispetto all’oblio che stiamo vivendo da troppo tempo, a causa della miopia della nostra classe politica. Ripartire dal patrimonio è come ripartire dalla memoria, è il primo passo per avviare un processo di rinnovamento che trova la ragione Per troppo tempo l’antitesi avanguardia/accademia, particolarmente sottolineata dai futuristi, ha ingenerato l’allontanamento della formazione artistica dal mondo dell’arte; le accademie e particolarmente i professori delle accademie sono stati accusati di essere dei conservatori o dei reazionari. Le accademie in quanto scuole e i professori in quanto maestri che trasmettono i saperi, non possono prescindere appunto dalla trasmissione della cultura, della storia e della sapienza tecnica; tutte cose spesso ignorate e combattute dalle avanguardie che come tali, per provocare un cambiamento radicale, devono abbattere i valori consolidati e acquisiti dalla tradizione. Se l’artista è un intellettuale (ut pictura poësis) capace di incidere nel sistema del pensiero con la sua opera, deve essere portatore della tradizione e quindi del consenso oppure deve essere un innovatore? Oggi abbiamo più bisogno di rinnovamento o di tradizione? Abbiamo bisogno di entrambi! I saperi devono essere tràditi per essere tradìti! La storia e la storia dell’arte sono sempre contemporanee! Abbiamo bisogno sicuramente di innovazione, fondata sulle competenze, sulla cultura sulla consapevolezza, sulla centralità del progetto. A distanza di 90 anni dal Regio Decreto Gentile e a distanza di 14 anni dalla legge di riforma 508/99, te la senti di tracciare delle riflessioni su quanto di buono e di sbagliato c’è stato nei due modi di pensare alla formazione artistica nazionale? Credo sia un discorso di grande complessità. La legge Gentile partiva da un fondamento idealista che separava ”arte” da “artigianato”, da design. Io sono per la posizione di Gropius: “abbattiamo l’arrogante barriera tra artista e artigiano”! Un grande danno fu anche la separazione di Architettura dall’Accademia negli anni ’30. Oggi si devono ricucire delle maglie. La prima è quella con gli ISIA. E il convegno lo ha dimostrato: basti pensare agli interventi di Furlanis e Pansera per comprendere quanto sia labile il confine tra arte e design. Una grandissima perdita attuale - gravissima- è stata la chiusura degli Istituti d’Arte!!! Un know-how incredibile, una cultura dei luoghi eccezionale con patrimoni eccezionali! L’Italia purtroppo continua a sbagliare… La Riforma del 508/99 è nata già con delle aporie, le più vistose erano il ruolo ad esaurimento dei docenti e il costo zero! E’ stata comunqueanche a dispetto del fatto che non si sia mai conclusa - una grande chance per cambiare il volto delle Accademie. Oggi si rischia davvero se non si agisce tempestivamente! E’ un momento di estrema delicatezza, siamo sul ciglio, sull’orlo di un baratro. Le Accademie sono università a tutti gli effetti e bisogna avere gli strumenti per una didattica di eccellenza: prima di tutto fondi per la ricerca, immissione delle Accademie nei programmi di ricerca nazionali e internazionali, apertura dei dottorati di ricerca, network tra le accademie per portare avanti ricerche mirate, fondi per la produzione artistica – che è ricerca per eccellenza! – anno sabatico, valorizzazione reale dei docenti delle accademie, armonizzazione degli organici, piani di sviluppo e programmazione, politiche serie di comunicazione per far conoscere la qualità dell’alta formazione artistica e per promuovere i migliori. Immissione di nuove figure professionali per la salvaguardia dei patrimoni e per il funzionamento di moderni atelier. Non possiamo solo piangerci addosso, bisogna agire con tempestività, ripeto, perché il sistema è a rischio paralisi. Oggi le accademie sono luoghi di formazione fondati sulla centralità della didattica laboratoriale, concetto che io sostituirei con il vecchio termine di atelier, didattica fondata sulla certezza che si debba imparare attraverso l’esperienza del fare in una integrazione dei saperi teorici attraverso quelli fattuali. L’arte contemporanea ha 7 speciale convegno a napoli del suo stesso affermarsi nel solco profondo della tradizione per proiettarsi verso l’innovazione. A quale innovazione stai pensando? Si questa è la mia premessa: un grande futuro alle spalle. Penso che bisogna davvero puntare sulla cultura e sulla formazione. Sulla formazione pubblica e di altissima qualità in ambito artistico è necessario puntare se si vuole incidere davvero sul panorama dell’arte contemporanea. E’ un fattore importantissimo quello della formazione. Si pensi all’eccellenza nei secoli di alcune botteghe e poi delle accademie italiane dal ‘700 in poi… Si deve poter credere nella trasmissibilità dei saperi artistici. Purtroppo l’Italia non punta sull’educazione artistica in generale. E’ il colmo, ma è uno dei paesi più arretrati in tal senso: basti pensare ai programmi scolastici e alla quasi sparizione della storia dell’arte… Il rilancio della competitività europea non può avvenire senza investire nella cultura e nella creatività, e credo che le Accademie giochino un ruolo chiave anche per una migliore qualità della vita. speciale convegno a napoli 8 spesso delegato i saperi legati al fare ad altri soggetti con competenze esclusivamente tecniche e manuali, arrogandosi sostanzialmente il solo valore concettuale e intellettuale dell’opera d’arte, facendo della lezione duchampiana una sorta di verità assoluta. In questa cornice come possono tornare ad avvicinarsi alla ricerca artistica le accademie se professano un processualità molto diversa? Io credo che anche per una scelta assolutamente ed estremisticamente concettuale sia necessaria una cultura e specificamente una cultura artistica, il che significa anche filosofica, estetica, storico-artistica letteraria musicale etc. e non solo e certo sulle tecniche. Il problema non sono le tecniche, ma il sapere artistico nella sua complessità. I saperi devono essere tràditi per essere tradìti. Una maggiore consapevolezza tra l’altro nell’arte contemporanea assicurerebbe anche maggiore durabilità alle opere! Sai è un mio tema preferito quello delle problematiche di conservazione dell’arte contemporanea… Penso che anche le discipline “ teoriche” in accademia sono atelier di conoscenza– l’ho scritto – e il convegno lo ha dimostrato alla grande. Quando sostieni che le nostre istituzioni possono oggi tornare ad essere generatrici di nuovi orizzonti di senso, a quali contenuti pensi e soprattutto a quali modalità didattiche? Per tanti anni le accademie sono state chiuse in se stesse, arroccate nell’errata difesa di steccati che le hanno isolate sempre più sino al punto che ancora oggi persistono incrostazioni di autoreferenzialità obsolete che rallentano il rinnovamento del sistema. In questo convegno è emerso un dato inconfutabilmente riconosciuto da tutti: la necessità di “fare sistema” per avviare una nuova stagione di riscatto della nostra centralità come una delle priorità dell’imminente futuro nel- la politica nazionale. Come si può attivare questa nuova coscienza nazionale e con quali strumenti? Credo che dobbiamo puntare su grandi progetti culturali, sulla ricerca, dobbiamo aprire un confronto serrato. Per essere più pragmatica, penso che i prossimi due tre anni ci dovrebbero vedere impegnati tutti su due o tre progetti grandi culturali: il volume che ha accompagnato il convegno per me era fondamentale che uscisse in contemporanea poiché dobbiamo mostrare quello che sicuramente già sappiamo fare, dobbiamo attivare percorsi e corto circuiti virtuosi, dobbiamo mettere in campo best practice! C’è ancora tanto, tantissimo da fare… i pregiudizi sono davvero duri a morire e anche la vicenda delle Scuole di Restauro dimostra che se le Accademie lavorano seriamente a pieno titolo si possono formare restauratori abilitati alla professione! Questo Convegno a Napoli chiede di essere tenuto in vita generando nuove energie possibili moltiplicando le occasioni di dibattito sia all’interno del nostro sistema, sia di confronto con l’esterno e con l’estero. Cosa possiamo fare nei prossimi mesi? Subito pubblichiamo gli atti, attiviamo la rete! Non ci perdiamo. C’è bisogno di coordinamento e confronto! Dobbiamo crederci! Secondo te c’è ancora spazio per apportare delle modifiche alla riforma dopo la lunga esperienza di questi anni? Sarebbe giusto farlo oppure rimandarlo ad un altro percorso legislativo? Questo è un discorso lungo e complesso! Dobbiamo smetterla di farci la guerra tra di noi, spesso i primi nemici siamo noi stessi. Non abbiamo bisogno di polemiche sterili o di bacchettatori! Il diritto alla ricerca, lo status dei docenti e la loro dignità, l’apertura dei dottorati sono tra le prime priorità e non c’è tempo da perdere. Permettimi una domanda faziosa: Cosa pensi della nostra rivista Academy of Fine Arts e della sua edizione online? E’ una grande opportunità di conoscenza e dibattito. La tua straripante energia è una risorsa per tutti noi e non ti lasceremo riposare, sei pronta a nuove sfide? Cosa ti piacerebbe fare dal primo novembre 2013? Io sono davvero orgogliosa di essere stata il Direttore di una grande Accademia che ha dimostrato di saper fare squadra! A Napoli in questi anni abbiamo lavorato tanto e in tanti! Vorrei poter continuare a lavorare per le Accademie e per il futuro dell’arte e dell’alta formazione artistica portando avanti progetti per fare rete e per rafforzare il sistema. speciale convegno a napoli Benchè possa apparire presuntuoso o utopistico, è possibile immaginare che una politica di riscatto del sistema artistico nazionale, dalla tutela del patrimonio alla ricerca fino alla produzione e a nuovi paradigmi dell’arte possa partire proprio dalle nostre accademie? Io ne sono convinta! Credo che nel terzo millennio vadano modificati i parametri, credo vada ripensato anche il museo e il rapporto con il museo… l’ho scritto! Un luogo come l’accademia è unico per la contaminazione dei saperi ed è generatore di senso! 9 10 testimonianze: Silvia Costa speciale convegno a napoli Deputata al Parlamento Europeo Trovo straordinaria l’iniziativa, finalmente tre giorni in cui s’incontrano le Accademie Statali italiane e le 5 più importanti fra quelle riconosciute legalmente prendono la parola, raccontano il loro patrimonio ma anche i loro progetti e la propria storia così come raccontano della didattica e dell’innovazione compiuta negli ultimi anni sia a livello artistico che tecnico. Finalmente stanno ritrovando una centralità nel quadro nazionale e protagoniste anche in Europa. Ho cercato di dire con forza come il programma sulla ricerca, quello sulla mobilità internazionale di docenti e studenti e l’importantissimo programma di una apertura necessaria al digitale sono altrettante risorse ma anche opportunità che devono confluire nella capacità di fare progetti a livello europeo. Sarebbe molto importante se nascesse proprio qui da Napoli la decisione di creare un network europeo delle accademie. E’ vero che esiste già un network delle università ma credo che sia necessario che le accademie ne abbiano uno proprio per salvaguardare quella loro storica specificità ed anche per distinguere e valorizzare il loro patrimonio e i propri processi formativi artistici e tecnici. Il network delle accademie potrebbe essere il cuore, il motore di una nuova stagione. Giorgio Bruno Civello Direttore Generale AFAM Io sono veramente entusiasta di questo convegno che per la prima volta che ci troviamo tutti concordi con lo spirito di valorizzare i nostri patrimoni, emerge però anche la qualità del nostro corpo docente, abbiamo avuto interventi di altissimo livello, soprattutto da parte degli storici dell’arte che dimostrano quanto sia importante la storia dell’arte e quanto essa venga insegnata nelle accademie in modo più completo di quanto a volte viene fatto nelle università. E’ emersa la necessità di realizzare un network ed è una cosa che dobbiamo realizzare con priorità per avviare un confronto e allo stesso tempo una comunicazione fra le accademie con un processo di cooperazione nazionale. In tutti questi anni ho avuto spesso la sensazione che ogni accademia fosse malinconicamente isolata in se stessa ed ora è giunto il momento di “fare sistema” e aprirsi al confronto non solo interno ma anche internazionale. Abbiamo avuto questo intervento splendido di Silvia Costa che ha dimostrato quanto possa essere importante collegarsi alla realtà europea e dobbiamo assolutamente avviare una strategia in questo senso. Sergio Sciarelli Presidente dell’Accademia di Napoli Il Convegno sui patrimoni artistici delle Accademie di Belle Arti ha pienamente risposto alla duplice finalità di operare una ricognizione puntuale e sistematica delle ricchezze artistiche possedute dalle Accademie italiane e, allo stesso tempo, di dibattere con grande approfondimento molte delle principali tematiche relative all’attività di queste prestigiose Istituzioni. L’incontro di Presidenti e Direttori, operanti nell’intero Paese, ha peraltro rappresentato un’eccellente occasione per migliorare la conoscenza e per rinsaldare i rapporti, già intensi e fruttuosi, tra i vertici di tutte le Accademie di Belle Arti. Napoli, prescelta come sede del Convegno, è orgogliosa di avere ospitato i rappresentati di tante autorevoli Università del “fare” e del “sapere” in un contesto di elevata qualificazione culturale. Il successo del Convegno, arricchito dalla presenza di molti illustri relatori e dalla partecipazione di autorità del mondo universitario e dei beni culturali, va a merito della professoressa Giovanna Cassese, direttore dell’Accademia napoletana, e del suo qualificato staff di collaboratori, veri artefici dell’organizzazione e della piena riuscita di un evento così importante nella storia e nella opportuna valorizzazione delle nostre Istituzioni artistiche. 11 speciale convegno a napoli speciale convegno a napoli 12 Giuseppe Furlanis Paola Poggi Presidente Accademia di Danza, Roma Segretario Nazionale C.G.I.L. AFAM Affrontare il tema dei patrimoni nel mondo della formazione non significa pensare ad un patrimonio fermo e polveroso ma ad una ricchezza utile a costruire sapèri che può diventare opportunità di sviluppo per il futuro. Vuol dire anche riflettere su una sorta di bisogno della bellezza che per il nostro Paese può essere fondamentale se riusciamo a connetterla ad una dimensione etica e probabilmente ci potrebbe portare a farci uscire da questo declino culturale che è anche alla base di quello economico. E’ fondamentale partire al più presto con una nuova sfida di cui io spesso ho già parlato, quella di creare un network delle accademie per permetterle di essere forti e presenti in una dimensione che è sempre più globale per l’economia e per la cultura. Dobbiamo superare ancora la tendenza delle singole istituzioni ad essere autoreferenziali, troppo impegnate a voler valorizzare le loro specificità addirittura fra dipartimenti e fra docenti e docenti. Questo indebolisce il sistema che invece ha bisogno di costruire elementi di relazione per riportare una qualità complessiva. Oggi si parla tanto di complessità ma la complessità richiede la specializzazione e quest’ultima provoca a sua volta la frammentazione; allora solo se abbiamo la capacità di connettere le reti dei sapèri possiamo davvero svilupparli. Questa è un’iniziativa che io ho sponsorizzato con convinzione e se si è realizzata è grazie ad una direttrice come Giovanna Cassese che è una forza della natura. Un piccolo merito di questa operazione va riconosciuto anche al sindacato nel senso che abbiamo fatto un accordo con l’amministrazione e i soldi che erano stati assegnati alla formazione dell’AFAM per il 2012, una cifra di circa settantamila euro, fossero assegnati a Napoli per realizzare questo convegno sui patrimoni, tema che la direttrice Cassese ha più volte sollecitato con energia. Aver rinunciato a una piccola parte di contrattazione per individuare una priorità credo che sia una cosa ottima di cui mi assumo la responsabilità. ll convegno sta aggregando sinergie e sta’ facendo emergere come protagonisti molti relatori. Queste istituzioni erano spesso sull’Aventino a criticare il resto del mondo e con la riforma stanno difendendo ciò che non è ancora compiuto senza invece individuare e metabolizzare l’indifferibile responsabilità di cambiare ciò che non va’ e che ormai dopo dieci anni siete in grado di individuare. Va riconosciuto alle accademie di aver realizzato una riforma a costo zero, vi siete attrezzati, vi siete documentati, avete talvolta scardinato delle certezze e avete fatto assolutamente degli sforzi esemplari che nessuno però vi sta riconoscendo. La C.G.I.L ha messo come pregiudiziale il tema della ricerca anche 13 Aurora Spinosa Curatrice della galleria regionale d’Arte Moderna dell’Accademia di Napoli Io vengo dall’università ma riconosco che la storia dell’arte come viene insegnata nelle accademie è molto meglio di come viene fatto all’università perché i giovani capiscono l’arte attraverso i processi che portano all’opera, l’esperienza del fare senz’altro induce ad una comprensione più completa e approfondita. Io credo molto nell’arte pubblica in cui l’artista è regista di una situazione globale che coinvolge la gente. Oggi l’arte può veramente modificare il mondo; non so se può salvarlo ma sicuramente aiuta a migliorarlo. Salvatore Carruba Presidente dell’Accademia di Brera L’iniziativa è sicuramente molto importante anche perché è stata organizzata con grande capacità di aggregazione, di fare sistema, di fare rete. Io ho raccomandato al direttore generale ma anche alla direttrice Cassese e al nostro stesso direttore di Brera, Marrocco, che questa iniziativa non resti isolata e che si sappiano individuare delle opportunità per fare dei passi avanti su questo tema del patrimonio. Mi ha fatto piacere rilevare che esiste una collaborazione fra l’Accademia e il Comune di Napoli; quando io sono stato Assessore alla Cultura del Comune di Milano, con l’Accademia di Brera non ebbi alcun rapporto e non certo per mio rifiuto ma perché non c’era interlocuzione. Il punto nodale che oggi è emerso è se considerare queste raccolte come dei musei oppure degli strumenti di conoscenza e formazione. I musei si stanno abituando molto a lavorare in rete anche per avere dei servizi comuni, pensare a sviluppare delle opportunità e questo è fondamentale in un’epoca dalle risorse sempre più scarse; è molto importante collaborare e come ha già fatto oggi Sivia Costa, vanno richiamate in qualche misura le accademie a lavorare insieme su progetti nazionali ma anche transnazionali anche per riuscire ad accedere a finanziamenti europei. L’obiettivo è quello di fare sistema in rete, questo tempo ci impone un nuovo modo di lavorare ma apre al contempo nuove prospettive, sta a noi coglierle. speciale convegno a napoli quando è passato il d.p.r. 212 perché la ricerca è la vostra peculiarità. Ho sentito parlare molto di produzione artistica e di prodotto per conto terzi; ebbene si tratta di due cose diverse perché la produzione artistica è strettamente correlata alla didattica mentre quella per conto terzi è legata al mercato e qui il passaggio è molto delicato e pericoloso. Io credo nel sistema pubblico, dobbiamo aprire certo le porte ma anche essere trasparenti. Giuseppe Verdi sosteneva che guardare all’antico porta al progresso ed io ribadisco la necessità di tutelare i patrimoni e la memoria storica delle accademie ma anche la necessità di trovare in essi le ragioni del rinnovamento. 14 Mauro Mazzali speciale convegno a napoli Direttore dell’Accademia di Bologna Per chi ritiene che le Accademie di Belle Arti siano superflue al sistema contemporaneo dell’arte rispondiamo con l’aforisma di Oscar Wilde: “toglietemi tutto fuorché il superfluo!”. Il convegno di Napoli sui nostri patrimoni dovrebbe rappresentare un appuntamento almeno quinquennale per porre l’attenzione sulla produzione contemporanea delle nostre Accademie che purtroppo, non avendo spazi idonei e risorse finanziarie ed investimenti ad hoc, non riescono ad essere visibili come meritano. In realtà, il rinnovamento delle nostre Scuole deve essere sempre molto attento alle esigenze dei giovani che sono culturalmente avanzati nella dimensione creativa contemporanea che non vede più solo «le arti maggiori» protagoniste dell›offerta formativa ma tutta la complessitá della creatività visiva, compresi cinema, animazione, moda,video, fumetto e il design nelle sue aggettivazioni sempre in rinnovamento. Le potenzialità delle nostre accademie sono notevoli e però dobbiamo essere messi in condizione di avere meno rigidità burocratiche, più autonomia compresa la possibilità di scelta del corpo docente col sistema universitario e conseguente allineamento del trattamento economico. Sarebbe importante che «la politica» credesse nel nostro sistema e pensasse seriamente che l›Alta Formazione Artistica é un investimento per il futuro del Paese. Guido Curto Direttore della Pinacoteca Albertina, Torino Riflettendo su questo convegno, organizzato in modo veramente straordinario, viene da porsi una domanda: Servono davvero questi patrimoni ai fini della didattica o sono qualcosa a cui tengono soltanto gli storici dell’arte? Talvolta quasi obblighiamo gli allievi a frequentare le Lia De Venere Critico d’Arte e docente all’Accademia di Bari L’iniziativa è veramente utile per rivalutare il patrimonio delle accademie, di quelle storiche soprattutto ma anche per quelle giovani che sono chiamate oggi a costituire il nuovo patrimonio. Ho sentito l’intervento del rappresentante del Ministero degli Esteri ma devo dire che all’estero gli Istituti Italiani di Cultura non sono un buon esempio di valorizzazione della cultura italiana nel mondo e il Ministero dovrebbe rivedere questa politica per far sì che all’estero vada una realtà artistica più consona alla re- 15 speciale convegno a napoli pinacoteche, a guardare i gessi, a studiare i dipinti, a frequentare gli archivi. Passeggiando per Napoli hai senti che è una città antica, magari anche un po’ sgangherata, ti comunica questa grande fascinazione e ti stimola un senso di creatività. Forse è questo un modello di didattica che noi in Italia, paese d’eccellenza per tutto quanto riguarda il patrimonio storico e archeologico, dobbiamo recuperare quando facciamo l’alta formazione artistica che ci distingue dai colleges inglesi e americani, dove non c’è un modello storicistico. Far diventare questa riflessione sul modello del passato una possibilità di revisione del nostro impianto didattico può costituire la differenza sostanziale con tutte le altre accademie del mondo che sono quasi tutte allineate sul modello antistoricista, analitico, asettico, dove il passato non conta, dove conta solo l’attualità e l’up to date a qualsiasi costo con quel gusto post-duchampiano dal quale non si riesce ancora ad uscirne. Forse meglio sarebbe essere figli di Tiziano ma anche di Rosso Fiorentino o di Pontormo, figli di una cultura della densità che ci fa tornare a capire il valore della pittura e della scultura piuttosto che continuare a parlare di un’arte post-situazionista, pseudo-relazionale e che non ha più un valore intrinseco ma si inscrive in ambiti pseudo-sociali che poi per contraddizione è asservita la mercato. Siamo in un tempo dove contano solo i numeri e non più la qualità e la poesia. Credo comunque che in questo momento per le accademie sia fondamentale entrare in rete e fare sistema e proprio da questo convegno si può partire per tenere alta l’asticella del dibattito e della comunicazione; rivediamoci subito al PNA di Bari, a Palermo, a Venezia, rafforzando il più possibile la capacità di essere tutti connessi ad un comune progetto culturale. Le accademie italiane possono essere un’eccellenza mondiale e questo è dimostrato dall’altissimo tasso d’internazionalizzazione dei nostri studenti; abbiamo la percezione del valore delle cose, che parte da lontano ma si proietta in avanti con nuova originalità di vedute. Difendiamo gli artisti italiani, non continuiamo con la nostra esterofilia internazionalista che è assolutamente provinciale. Siamo a Napoli, la città dello storicismo crociano che deve essere rivalutato, pensiero su cui in Italia abbiamo fondato una forte identità e che dovremmo rilanciare. 16 speciale convegno a napoli altà e comunque soprattutto di qualità. Gli artisti sono sempre molto generosi e spesso chiediamo a loro di colmare delle lacune che creano proprio le istituzioni. Un plauso dunque a questo convegno con l’auspicio che ne seguano subito altri. Beppe Sylos Labini Direttore dell’Accademia di Bari Un’iniziativa interessante, finalmente tutte le accademie unite per la valorizzazione del patrimonio ma anche le accademie più giovani che non avendo un patrimonio storico cercano altre vie come l’acquisizione di opere d’arte contemporanea. Io come direttore da soli sei o sette mesi, sto cercando di ottenere dagli artisti pugliesi ma anche da coloro che hanno insegnato all’Accademia di Bari, il massimo aiuto per costituire una collezione di qualità e credo che questo lavoro dovrebbero farlo tutte le accademie. Fra qualche mese ospiteremo a Bari il Premio Nazionale delle Arti e posso dire che da quel momento in poi Bari si presenterà con nuovo slancio. La nostra accademia, pur essendo una delle tre in Puglia è quella del capoluogo, una città grande come Bari, con un buon retroterra culturale, una città che insieme a Napoli e Palermo costituisce uno dei tre poli metropolitani del sud Italia. Sarebbe utile se la nostra accademia avesse una collezione d’arte anche legata al territorio ma di grande qualità. Lucilla Meloni Direttore dell’Accademia di Carrara. Questa iniziativa è molto importante anche perché arriva in un momento cruciale poiché a conclusione della riforma; è necessario riflettere su tutti i beni che noi possediamo e perché questo patrimonio storico possa diventare anche stimolo alla ricerca e alla produzione anche nella prospettiva dell’attività dei nostri nuovi corsi di restauro. I ministeri dell’Istruzione e dei Beni Culturali devono collaborare perché entrambi coinvolti in questa nostra recente apertura alla formazione di studenti che lavoreranno al restauro, alla tutela, all’archiviazione e alla valorizzazione dei patrimoni che non sono solo quelli storici ma anche quelli dell’arte contemporanea. Sono molto contenta che questo convegno sia partito da Napoli, da un’accademia importante e del sud. Noi abbiamo iniziato già da anni a Carrara a restaurare la nostra gipsoteca e a valorizzare la scultura che è una nostra specificità ma è importante allo stesso modo anche il contemporaneo. Piero Di Terlizzi Direttore dell’Accademia di Foggia. Questa iniziativa così fortemente voluta da Giovanna Cassese che è una forza della natura, ma anche condivisa da tutti i direttori, segna una svolta perché per la prima volta tutte le istituzioni sono in rete ed in misura diversa forniscono un loro contributo. Inizialmente ero preoccupato dal confronto che l’accademia che io rappresento potesse avere con la grande Accademia di Napoli e le altre grandi italiane invece devo dire che nel nostro piccolo stiamo apportando comunque un contributo prezioso. In occasione del quarantennale, due anni fa, abbiamo iniziato a costituire una collezione del contemporaneo dell’Accademia di Foggia. Eravamo inizialmente orientati verso un comodato d’uso ma poi abbiamo virato verso una forma di acquisizione definitiva sia delle opere degli autori viventi, sia di quelle che ci vengono donate dagli eredi di quegli autori che sono ormai scomparsi. Ribadisco la necessità di continuare con questi confronti e di costruire sempre più relazioni in rete in modo da fare sistema, come molti hanno ribadito, in questo convegno, c’è bisogno di avere un network e di lavorare insieme imparando a “fare sistema”; questa rivista è già per tutti noi uno strumento di comunicazione molto utile. 17 Antonio Bisaccia Antonio Passa Direttore dell’Accademia di Sassari. Ex Direttore dell’Accademia di Roma e Ispettore membro dell’A.N.V.U.R. Anna Russo Direttore dell’Accademia di Catanzaro. Sono molto lieta di questa esperienza che ci da modo di incontrarci su un territorio che non è autoreferenziale ma di apertura verso un bene comune come il patrimonio. Sono entusiasta anche per il fatto che si è dato modo alle giovani accademie di partecipare con dignità al confronto. La nostra accademia ha già iniziato a costituire un patrimonio, la mia attenzione è stata rivolta a privilegiare la ricostruzione del racconto di quanti hanno insegnato a Catanzaro apportando un contributo con la loro opera, una sorta di filo rosso che ricostruisca una memoria storica ma anche voglio prestare molta attenzione all’arte contemporanea e per questo motivo sto chiedendo a vari autori italiani di donarci una loro opera perché Catanzaro possa recepire le istanze più interessanti del momento, opere di attualità che saranno poi il patrimonio storico del futuro. L’iniziativa è stupefante, anzi devo dire che per me che sono cresciuto in questa accademia che è sempre una grande e bella accademia, è particolarmente gradita. L’iniziativa era necessaria perché i nostri grandi patrimoni, da quelli storici a quelli contemporanei non sono ancora conosciuti e invece devono trovare molta attenzione all’interno del sistema made in Italy. L’Accademia di Napoli ha formato e sfornato grandi artisti e deve essere rivalutata, deve tronare al centro dell’attenzione nel sistema dell’arte italiano e internazionale. Qui accanto a me c’è un artista importante come Armando De Stefano che è stato anche un mio professore, testimone della ricchezza e della fertilità della cultura artistica italiana. La formazione artistica italiana e la qualità scientifica dei modi dell’insegnamento costituiscono una tipicità preziosa che ci rende orgogliosi. A Giovanna Cassese va’ riconosciuto il grande impegno che ha profuso per realizzare questo stupendo convegno al quale mi auguro succedano altre iniziative di medesimo spessore. Armando De Stefano Pittore ed ex docente all’Accademia di Napoli. Questa iniziativa è molto importante perché giunge in un momento in cui l’identità delle accademie è molto dubbia, le ragioni dell’avanguardia hanno stravolto la tradizione e stanno portando i giovani verso soluzioni non condivisibili. Bisogna smetterla con quest’arte che giustifica un paio di scarpe vecchie e un materasso sporco; è tutto troppo facile e gli studenti non imparano più alcun mestiere. Noi dobbiamo recuperare la professionalità e dobbiamo insegnare ai giovani i segreti classici della pittura, segreti che nessuno conosce più ma che torneranno con tutta la loro forza. speciale convegno a napoli L’Accademia di Belle Arti di Sassari, essendo stata fondata soltanto nel 1989 e quindi la più giovane di tutto il sistema e non avendo, per questo motivo, una tradizione ed un patrimonio storico, non può che dedicarsi alle nuove tecnologie nel mondo della produzione artistica. Questo è l’impulso che io sto cercando di dare cercando di compensare in questo modo la lacuna, se così possiamo dire, della tradizione. Dobbiamo ancora fare i conti con una certa difficoltà di comprensione dei linguaggi tecnologici attraverso i quali si può molto efficacemente operare nel contemporaneo. Questo convegno rimarca la necessità di un maggiore dialogo fra le istituzioni che devono sempre più confrontarsi con strategie di sistema per un loro maggiore rafforzamento e rivalutazione anche rispetto all’università. Antonio Siciliano Pittore ed ex docente all’Accademia di Napoli. Se questi incontri fossero continui sarebbe una cosa straordinaria perché abbiamo bisogno di discutere e confrontarci su argomenti comuni che costituiscono per noi la ragione stessa delle nostre vite. Noi siamo orgogliosissimi della collezione di opere della nostra accademia in cui ci siamo formati anche guardando e studiando le opere del passato. Rocco Lazzaro Direttore dell’Accademia di Catanzaro. 18 Io credo che questo evento fosse assolutamente necessario, ci mancava una riflessione sui nostri patrimoni, non solo quelli storici ma anche su quelli che testimoniano quanto è avvenuto dal sessantotto in poi. La mia accademia è giovane, è nata nel millenovecentosessantasette ed ha già un ricco patrimonio che deve essere conosciuto e per questo motivo stiamo programmando di tenere l’accademia aperta alle visite per tutto il periodo estivo. In questo convegno vedo che si stanno mettendo a fuoco le reali consistenze delle varie accademie delle quali dobbiamo andare orgogliosi. Io che provengo dalla formazione architettonica devo dire che la formazione accademica è straordinaria anche per quel calore umano che viene trasmesso insieme alle nozioni culturali. Le accademie riescono a coniugare la conoscenza con la cultura del fare formando individui con un particolare equilibrio simbiotico. Non è un ringraziamento retorico alla professoressa Cassese, che con testardaggine ha realizzato tutto questo, ma con vero e autentico apprezzamento trovo che iniziative come questa vadano programmate spesso senza interrompere la continuità del dialogo. Maurizio Mauro speciale convegno a napoli Presidente dell’Accademia di Catanzaro. Io sono in questo ambiente da solo un anno circa e devo dire che non conoscevo questa realtà ma una delle prime funzioni che ho voluto in qualità di presidente è stata proprio la valorizzazione dei nostri patrimoni che spesso, da noi a Reggio Calabria, sono dispersi nei vari magazzini. Non esisteva neanche un archivio dal quale partire per riordinare il tutto. I temi di questo convegno li ho sentito miei e sono la ragione convinta di questa mia presenza a Napoli. Noi a Reggio abbiamo vinto di recente un bando del P.O.R. Calabria sull’arte contemporanea, è molto importante, siamo insieme all’università, al conservatorio e con una o.n.l.u.s. coniugando istituzioni pubbliche e privato per sviluppare l’arte contemporanea in Calabria. Sono sette cantieri nella provincia, in tutta l’area grecanica con una installazione di Velasco Vitali che sarà una cosa straordinaria. Credo fermamente che tutto ciò che si fa intorno all’arte possa portare un beneficio al territorio. Gioia Mori Docente all’Accademia di L’Aquila. Convegno organizzato benissimo in tutte le sue sfaccettature, interventi interessantissimi, assolutamente necessari per mettere a frutto non soltanto il patrimonio artistico ma anche quello culturale e antropologico. Bisogna scrivere la storia anche recente delle nostre accademie raccogliendo le testimonianze di coloro che ci passano, questa ragione tutti gli artisti che insegnano nelle accademie dovrebbero avere l’obbligo di lasciare un’opera. L’iniziativa è In questo momento, con la presentazione dei nostri patrimoni si comincia a dare risalto alle nostre accademie. Ho sentito qualcuno che tentava di affermare che le accademie dovrebbero fornire una formazione esclusivamente in relazione alle tecniche; credo di distanziarmi esageratamente da questa affermazione; le accademie sono enti di formazione tendenti a produrre intellettuali nel settore dell’arte; se poi fra costoro, di volta in volta possono affermarsi dei talenti, che ben vengano ma il nostro compito è quello di formare competenze nella pluralità di linguaggi che possano trovare sbocchi professionali prestigiosi. Il nostro lavoro contribuisce fortemente a motivare la necessità che il nostro paese ponga al centro gli investimenti sul patrimonio, sulla ricerca e sulla produzione artistica considerando sia i nostri giacimenti sia la nostra creatività e intelligenza del fare. Nicola Maria Martino Direttore Commissario dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. meritevole soprattutto perché costituisce un momento di partenza e non è conclusivo; mi auguro che si succedano con continuità altre iniziative di questo genere. Direttore dell’Accademia di Catania. Come commentare se non in senso estremamente positivo l’organizzazione di un evento di questa portata in un momento in cui la contingenza politica, economica e culturale del nostro paese ci mette duramente alla prova; contingenze che offenderebbero la produzione culturale e di conseguenza le nostre istituzioni che hanno una matrice così lontana per le quali le strade sembravano precludersi. 19 speciale convegno a napoli Virgilio Piccari Ho partecipato con vivo interesse al Convegno di Napoli sui patrimoni delle Accademie di Belle Arti, convegno organizzato con grande professionalità grazie anche alla competenza della Professoressa Cassese, convegno da lei fortemente voluto e che mancava alle nostre Istituzioni. Sorpresa, ma non per gli addetti ai lavori e o per le persone più anziane, come nel mio caso, che ha visto quanta ricchezza, quanta storia, quanta cultura viene dalle Accademie di Belle Arti, custodi di un sapere e di discipline patrimonio di questa nazione. Tante volte o più volte la classe politica ha negligentemente sottovalutato l’arte e la cultura, l’arte del fare, del dipingere e dello scolpire come se fossero hobbys o momentanei voli creativi dati da follia o chissà che. Nossignori! L’arte nasce da disciplina, da apprendimento costante, da dedizione, da sensibilità, da amore, da studio continuo e da aggiornamento. Il catalogo testimonia tutto questo, anche se nelle storie recenti di ogni Istituto, a volte, chi le ha compilate, volutamente o inconsciamente, ha tralasciato di citare nomi eccellenti che hanno insegnato in queste Istituzioni. Uno per tutti il grande e indimenticabile Sante Monachesi a Roma, mio maestro e maestro di centinaia di studenti italiani, siriani, egiziani, francesi, greci, iraniani, etc. etc. che venivano a studiare solo per lui. Tanti altri sono non citati, perchè? Ma la gioventù è bella e può dimenticare! Grazie Napoli, grazie Professoressa Cassese e grazie Dottor Civello, nostro Direttore Generale dell’AFAM. GIOVANNI ALBANESE Macchine eloquenti e l’uovo di Colombo Di Achille Bonito Oliva 20 “Una vita difficile” 2012 installazione dimensione ambiente. ferro,carrozzino e lampadine a fiamma. ducendo uno styling di mode e modelli pronti alla duplicazione fulminea. La vetrina dell’arte presenta campioni linguistici in offerta a nuove generazioni come scintillanti primizie. Ecco gli artieri della comunicazione sostituirsi agli artisti, produttori del conforme sostituirsi agli artefici degli smottamenti linguistici. L’imitazione della cosa garantisce familiare circolazione ed assunzione del prodotto. Tanto più forte allora sia l’identità del modello! Si crea così un circolo automatico di traino tra modello e circuito dove entrambi determinano audience. Un esempio chiaro è il lavoro di Giovanni Albanese che sviluppa un rapporto originale tra arte, pubblicità e simulazione. L’arte assume dalla pubblicità la disinibizione delle fonti di prelievo dei propri modelli linguistici e un metodo di lavoro collettivo molto vicino alla catena di montaggio della produzione cinematografica. Una sorta di Truman Show recinta l’immaginario collettivo, artista e pubblico, creazione e contemplazione in diretta, sorvegliati assiepati sul set internazionale del sistema dell’arte. Tutto diventa big e terrific, elaborazione di uno sforzo a sviluppare un diretto rapporto di comunicazione col grande pubblico di massa: la quantità e qualità. “40 giorni” 2012. 40 chiavi del carcere di Rebibbia. Cm 69x69x4. Macchine eloquenti e l’uovo di Colombo Una spada di Damocle è sospesa su tutta la storia dell’arte occidentale dall’anno 1474: quando, cioè, Piero della Francesca terminò di dipingere la pala d’altare per il duca Federico da Montefeltro, ora custodita nella Pinacoteca di Brera a Milano. Un uovo, frutto dell’unione di Giove con Leda, resta sospeso sul capo della Vergine con il Bambino Gesù sulle ginocchia. Simbolo chiuso di perfezione e misura aurea dello spazio. La geometria euclidea, nei suoi canoni di proporzione, armonia e simmetria, garantisce perenne immobilità all’uovo, forma di equilibrio dell’arte nei suoi rapporti con il mondo. Solo l’arte può esibire la sospensione di quell’involucro ovoidale, protettore di ogni origine della vita, simbolo visibile di perfezione formale. Capace di innalzare di piano l’oggetto quotidiano e tenere sospeso l’uovo per molti secoli sulla testa dell’umanità. Nel 1492 Cristoforo Colombo lo ha staccato dalle alte sfere dell’iconografia artistica e riportato sul piano gravitazionale di un tavolo da pranzo: famoso l’uso fatto utilizzandone circolarità e peso interno per dimostrare la circumnavigabilità della terra davanti alla corte di Spagna. Ora nel nuovo secolo alcuni artisti hanno sviluppato una sensibilità pellicolare, adoperato la misura aurea dell’uovo ma soltanto per la sua esterna levigata possibilità formale. L’uovo vuoto è l’affermazione dell’ultima generazione artistica all’inizio del terzo millennio: in un’epoca dominata dalla spettacolare vetrina telematica ne assume il guscio (vuoto), emblema di costretta leggerezza nel frammento quotidiano che ci circonda. La telematica alimenta la circolazione del medesimo (il guscio), intro- L’artista pugliese è capace di utilizzare all’interno la tecnologia con un atteggiamento ludico-ironico mai di identificazione per cui non è un artista dell’arte neo-oggettistica che tende ad evidenziare in maniera minimalista la forma ordinata dell’oggetto. Le sue opere tendono invece a portare questi oggetti nello spazio animato della rappresentazione, a far superare al loro anonimato la soglia del linguaggio e a spostarli in quello che io chiamo set cinematografico o teatro di posa, proprio per la capacità del cinema, della televisione e del teatro di sviluppare comunicazione nella società di massa. Giovanni Albanese, attraverso questa capacità di animazione, sottrae l’oggetto inanimato a quella metafisica impedita in cui molta neo-oggettistica di oggi cade sistematicamente come attraverso un inciampo, che eleva a protagonista assoluto e feticcio isolato da ogni contatto l’objet trouvé. Qui non ci sono oggetti trovati ma oggetti selezionati. Ogni opera è una famiglia di oggetti che sono parenti tra loro. Ogni opera, infatti, ha elementi che dialogano all’interno, come in uno spazio familiare dove non sviluppano conflitto tra loro. Se da Warhol e Koons Albanese ha ereditato l’idea dell’arte come pubblicità della forma, dai macroscopici impacchettamenti di Christo ha assunto la strategia di una performativa e tautologica dimensione. L’arte pesca i suoi abiti da un “guardarobato” iconografico di cui gli artefici attuali smagnetiz- 21 l’artista di copertina La perfezione è garantita dalla posizione aerea dell’oggetto sospeso, protetto dall’impostazione concettuale dell’opera ed assistita dal rigore prospettico dello spazio. L’uovo esibisce una forma scorrevole e nello stesso tempo riservata, impenetrabile allo sguardo e garantita dall’interno sospetto di una sostanza racchiudente i principi della vita e della conoscenza. Macchine eloquenti quelle di Giovanni Albanese, organizzate su un programma circolare a cui il pubblico può accedere ma rimanendo sulla soglia. Albanese utilizza la protesi tecnologica senza illudere lo spettatore, senza promettergli l’Eden della falsa interattività che oggi molta arte promette. La sua rappresentazione nasce proprio dalla capacità di umanizzare il set, il teatro di posa, rimanendo in un ambito che non è mai spazio di intrattenimento ma che sviluppa invece riflessione e conoscenza. 22 “Colonna” 2011. Ferro e lampadine a fiamma. Cm 293x62. . zano (forse giustamente) il diritto d’autore. Prevale l’efficacia dell’assemblaggio, l’istantaneità della comunicazione, una superarte frutto di un plusvalore, mediatico e inevitabile. Da qui l’amplificazione d’uso di protesi tecnologiche, capaci di dilatare e spostare l’effetto iconografico dell’opera verso l’effetto cinema. Sembra quasi scomparire l’artefice dell’opera, annegare nel mare magnum della comunicazione globale. Come scriveva Baudelaire «Tutto l’universo visibile è solo un magazzino di immagini e di segni a cui l’immaginazione dà un posto e un valore relativi; una specie di pascolo che l’immaginazione deve digerire e trasformare». Riusciranno i nostri eroi, artisti giovani e meno giovani nel terzo millennio, nel loro compito, non solo di degustare e documentare, ma di digerire e trasformare? Perché anche l’occhio vuole la sua arte. Ancora. L’arte, dunque, per meglio esplorare le zone di esistenza entro cui si muove la società di massa, ma non per documentare semplicemente l’esistente, piuttosto per intravedere oltre, come suggeriva Paul Valéry nei Cattivi pensieri: «II pittore non deve dipingere quello che si vede ma quello che si vedrà». Le piccole utopie sono il frutto di una strategia dell›artista che prende atto dell›impossibile controllo della storia attraverso il proprio processo creativo e sceglie una tattica di socializzazione dell’opera. Tale socializzazione nasce da una scelta di temi riguardanti la comunità degli spettatori o problematiche che investono l’intera opinione pubblica: la difesa della natura ad un uso più quotidiano dell’arte. ceva Picasso. La materia è sempre il linguaggio; ciò permette all›opera di essere nello stesso tempo lampante e impalpabile. Come scriveva Borges nella Metamorfosi della tartaruga: «L›arte vuole sempre irrealtà visibili». Questo costituisce l›effetto speciale di un dispositivo linguistico fondato sulla certezza della forma, l›unica capace di far seguire ad ogni distruzione la creazione. Come aveva già intuito Marcel Proust nei Guermantes, «II mondo non è stato creato una volta ma tutte le volte che è sopravvenuto un artista originale». Tale originalità costituisce la perenne speranza dell›arte, anche di questa oltre il 2000, che non vuole portare altri prodotti effimeri nella vetrinizzazione del mondo, piuttosto incuneare nel panorama iconografico, stabilizzato dalla storia, nuove irruzioni formali che destabilizzino ogni certezza ed introducano positive inquietudini di conoscenza. Al contrario del terrorismo, frutto di un nichilismo totale che tutto distrugge (carnefice e vittima), perverso olocausto di un›ideologia divenuta puramente performativa, frutto di un’onnipotenza senza territorio, operante in una sorta di cyberspazio che non ammette confini, l›arte punta sul mondo senza minacciarlo. Piuttosto si consolida come una pratica a futura memoria capace di rappresentare la dura insolvenza del reale, la sua resistente negatività. Da qui il disagio dell›arte e il necessario dolore degli artisti portati continuamente al confronto. Se, come afferma Gombrowicz, «la realtà è ciò che resiste, e perciò crea dolore», proprio per questo, nel suo spirito di resistenza, l›arte esiste e resiste: l›arte è reale. Achille Bonito Oliva Sembra così prevalere l’ipotesi di un’umanità senza peso gravitazionale che riduce l’ingombro del mondo oggettivo e favorisce la virtualità di quello interiore. Comunque ancora un universo di fantasia, «Un›arte puntata sul mondo», come di- 23 “Bolide” 2010. Ferro e lampadine a fiamma. Cm 31x69x15. l’artista di copertina Noi abbiamo entrambi origini pugliesi, cosa c’è del genius loci pugliese e/o mediterraneo nel tuo lavoro d’artista? Certamente la luce. A tale proposito sto realizzando un documentario sulle incredibili luminarie di Scorrano in Salento, dal titolo “Maestri di luce” che uscirà nel 2014. C’è qualcosa che non ti piace del sistema dell’arte contemporanea? Cosa? Non amo molto la mondanità legata al mio lavoro, ma sono anche consapevole che è un momento indispensabile per un’artista. Come dovrebbe essere un’Accademia di Belle Arti nel prossimo futuro? Dovrebbe uscire dal limbo in cui è adesso per essere finalmente Università a tutti gli effetti. 24 l’artista di copertina “Gabbiadorata” 2012. 432 chiavi in ottone del carcere di Rebibbia (tre elementi 212x111 cm cad.)Courtesy Anna Marra. Chi è Giovanni Albanese? Chi è Giovanni Albanese? Credo di essere una persona molto attenta alle sollecitazioni esterne, ascolto tutto e tutti e poi tiro le somme a modo mio. Mi ritrovo molto in un verso di Ungaretti - “… non ho che superbia e bontà e mi sento esiliato in mezzo agli uomini, però per essi sto in pena”. A.B.O. invece mi ha definito come “portatore di un cinismo attivo. Insomma sono un ossimoro che respira e cammina. Dicci di più! Fai un tuo autoritratto. Claudio Abate mi fece una foto bellissima ormai molti anni fa, un bianco e nero strepitoso, io e Pippo di Disney che ci guardiamo divertiti: Quello è il mio vero autoritratto! Come sei arrivato al cinema e cos’è per te? Al cinema sono arrivato quasi senza A cura di Gaetano Grillo accorgermene. La mia voglia di comunicare con mezzi diversi mi ha portato a lavorare con il mezzo più popolare che conosco: il cinema appunto. Però non è stato facile, mettere su un film è un’operazione lunga e complicata. Il cinema mi ha dato il senso del collettivo: è l’ultimo esempio di bottega rinascimentale, dove diversi talenti concorrono alla realizzazione dell’opera finale. E poi, tutto finisce su una tela bianca. Quale è la tua dimensione di docente all’Accademia di Roma? Mi considero un professionista che porta in aula la propria esperienza, il proprio lavoro “esterno”. Un tempo in accademia si faceva così. Hai da poco esposto da Anna Marra a Roma e stai preparando la prossima mostra da Ermanno Tedeschi a Torino per fine ottobre e a Tel Aviv nel 2014, cosa presenterai? Da Anna Marra a Roma ho presentato tutti pezzi inediti, sculture luminose ma anche lavori non di luce. Da Ermanno Tedeschi a Torino porterò una nuova idea: una produzione di opere luminose molto giocose. Nella sua galleria di Tel Aviv invece, esporrò nel 2014 e anche lì sarà una bella sfida. Stai pensando ad un prossimo film? Certo. Sarà una commedia amara, una storia d’integrazione razziale vissuta al contrario. Un po’ come la storia degli artisti in Italia. LIONELLO CERRI presenta una coproduzione LUMIÈRE & CO. e RAI CINEMA Foto PIERO MARSILI LIBELLI Vincenzo Salemme Concept Giuseppe Battiston Donatella Finocchiaro Senza artené parte Operai, artisti, disoccupati e squattrinati e Hassani Shapi Giulio Beranek Sonia Bergamasco Paolo Sassanelli un film di Giovanni Albanese LIONELLO CERRI presenta una coproduzione LUMIÈRE & CO. e RAI CINEMA SENZA ARTE NÉ PARTE un film di GIOVANNI ALBANESE con VINCENZO SALEMME GIUSEPPE BATTISTON DONATELLA FINOCCHIARO e HASSANI SHAPI GIULIO BERANEK SONIA BERGAMASCO PAOLO SASSANELLI ERNESTO MAHIEUX NINNI BRUSCHETTA MARIOLINA DE FANO soggetto GIOVANNI ALBANESE ERMINIO PEROCCO sceneggiatura FABIO BONIFACCI GIOVANNI ALBANESE story editor ANNAMARIA MORELLI direttore della fotografia RAMIRO CIVITA (ADF) montaggio CARLOTTA CRISTIANI musica MAURO PAGANI suono ALESSANDRO BIANCHI scenografia SABRINA BALESTRA costumi GRAZIA MATERIA aiuto regia SAVERIO DI BIAGIO organizzatore generale MASSIMO DI ROCCO LUIGI NAPOLEONE una coproduzione LUMIÈRE & CO. e RAI CINEMA prodotto da LIONELLO CERRI regia di GIOVANNI ALBANESE FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DGC ITALIA IN COLLABORAZIONE CON APULIA FILM COMMISSION APULIA FILM COMMISSION La Puglia è tutta da girare. Puglia, scenes to explore. www.01Distribution.it Locandina del film: Senza arte nè parte 25 * Le foto delle opere sono di Simon D’Exèa. * Per le opere, courtesy Anna Marra Contemporanea, Roma foto di Claudio Abate GIOVANNI ALBANESE Artista multimediale e Regista, docente all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 2002 gli è stato assegnato il “Premio Pino Pascali per l’Arte Contemporanea”. Nel 2003 è uscito nelle sale il suo film “A.A.A.Achille” con cui ha vinto il Giffoni Film Festival. Tra le sue mostre principali ricordiamo le personali al MACRO di Roma nel 2001, al Palazzo Pino Pascali di Polignano a Mare (2002), da Ferran Cano a Barcelona e Palma de Mallorca (1991) e alla Galleria d’Arte Moderna, Bologna “ Spazio Aperto”(1998). Inoltre la “XII Quadriennale Nazionale d’Arte”(1996), “ Melting Pop” a Palazzo delle Papesse a Siena,(2003) “Art Medail” La Lonja, Palma de Mallorca, (1996)“Italian Contemporary Prints”, Kaohfiung Museum of Fine Arts, Taiwan e “Del Futurismo al laser” Kunstforum der GrundKreditBank, Berlino. (2001), “C’era una volta un Re” ARCOS Benevento (2006). A Giugno/Luglio 2009 ha esposto al Chelsea Art Museum di New York. Nel 2011 prodotto da Rai Cinema e Lumiere è uscito nelle sale “Senza arte ne parte” , suo secondo lungometraggio ambientato nel mondo dell’arte contemporanea e candidato a due Nastri d’Argento. Con l’opera “Costellazione” è presente alla 54^ Biennale di Venezia a Palazzo Bianchi Michiel con La Fondazione Pino Pascali. Nel 2012 per il progetto “Re Place 2” realizza un’istallazione luminosa per la zona rossa della città dell’Aquila. l’artista di copertina “Duplex” 2012. Chiavi in ottone e telefoni. Cm 104x74x24. 26 Thierry De Cordier. MER MONTÉE, 2011. Olio su tela cm. 170 x 270. Collezione privata, Belgio Courtesy the Artist and Xavier Hufkens, Brussels. Photography © 2013 Dirk Pauwels, Gent LA CINQUANTACINQUESIMA BIENNALE DI VENEZIA: UNA BIENNALE MEMORABILE biennale di venezia di Elisabetta Longari Una Biennale memorabile quella che Massimiliano Gioni ha orchestrato intorno al tema del Palazzo Enciclopedico, non solo per la qualità e l’intensità visionaria della maggioranza dei lavori esposti e la loro pertinenza con il taglio critico, ma soprattutto proprio per la sostanza del pensiero aggregante ad essi sotteso. Lasciamo ai detrattori l’ obiezione che più spesso è stata mossa al più giovane curatore che la rassegna veneziana abbia mai avuto, ovvero l’ “accusa” di aver concepito un’ esposizione più vicina a una mostra storica che non a un’istantanea dello stato di salute dell’arte contemporanea. Tale affermazione, che si commenta da sé, è certamente stata avanzata dalle fila di quei curatori che rigettano la storia dell’arte per occuparsi esclusivamente dell’attualità, compromettendo con questo atteggiamento qualsiasi possibilità di approccio con la profondità delle immagini e dei linguaggi e le loro ragioni. Se la nostra epoca, come credo, è ancora connotata, nonostante se ne decreti spesso la fine, dallo spirito postmoderno e neo-barocco, l’ossessione per la classificazione, l’inclinazione verso la tassonomia cui obbliga la coscienza dell’inesauribile complessità del reale, ebbene questa nostra condizione è stata visualizzata in modo molto efficace dalla rassegna veneziana. Una sfilata di opere che spesso contengono un altissimo quoziente visionario e una spiccata intenzione di dire tutto, opere che proliferano volentieri in serie o che si caricano di aperture e doppi-fondi vertiginosi. Impossibile, per problemi di spazio, ricordare qui tutti quei lavori che dovrebbero essere oggetto non soltanto di menzione ma anche di un’ indagine più accurata. Un meraviglioso incipit è rappresentato dalla prima sala in cui, assieme alla maquette del progetto che dà il titolo all’intera esposizione, il Palazzo Enciclopedico del Mondo per l’appunto, concepito da Marino Auriti intorno da 1950 circa, colpisce per l’esemplare rapporto con il tema la serie di fotografie in bianco e nero scattate da ‘Okhai Ojeikere alla metà degli anni Settanta, foto che costituiscono una sorta di catalogo delle bizzarre acconciature di capelli delle donne africane. Altrettanto potenzialmente infinite per la loro vocazione archivistica sono due complesse installazioni di due diverse specie di ready-made; la prima, di natura fotografica, presente nella sezione curata da Cindy Shermann, The Hidden Mother (2006-2013) di Linda Fregni Nagler, è una raccolta di foto di diverse epoche, ma per lo più scattate durante i primordi della fotografia, selezionate dall’occhio dell’artista che in questo caso vede e sottolinea delle immagini, trovate, cercate e sistemate in serie con un significativo principio d’aggregazione, proprio quel dato che esse vorrebbero occultare. La seconda installazione cui ci si riferisce ha una storia molto singolare: nel 1993, mentre frugava nella bottega di un rigattiere, l’artista Olivier Croy scoprì 387 modellini di edifici, ciascuno sigillato in un diverso sacchetto per rifiuti; insieme al critico di architettura Olivier Elkser scoprì che quelle maquette erano state realizzate da un impiegato austriaco delle assicurazioni, tale Peter Fritz la cui vita, nonostante i tentativi di ricostruzione, mantiene molti lati oscuri. Al versante in ombra di ciascuno di noi, all’inconscio infatti si rivolge principalmente la mostra di Gioni che ha scelto significativamente come numi tutelari André Breton, il “papa” del Surrealismo, Carl Gustav Jung, “specialista” del regime simbolico, e André Malraux, scrittore impegnato politicamente che fu anche ministro della cultura in Francia dal 1959 al 1969, grande collezionista di pietre e altre meraviglie naturali e autore di Le Musée Imaginaire (1947, 1965). La pittura è ben rappresentata nella sua potente accezione ossessiva e seriale dall’opera del belga Thierry De Cordier che, esposta efficacemente in una stanza assieme alle sculture plumbee e minimali di Richard Serra, tende a creare un catalogo da archivio delle onde del mare in diversi contesti metereologici e in determinate aree con differenti coordinate geografiche, ma comunque si tratta di osservazioni e appunti sui mari del Nord. Non altrettanto riusciti e motivati appaiono invece gli accoppiamenti su cui si basa la mostra Vice-versa presentata nel Padiglione Italiano a cura di Bartolomeo Pietromarchi, anche se alcuni autori sono tra i nostri più importanti (tra i veterani ad esempio Giulio Paolini, Fabio Mauri, Luigi Ghirri e Gianfranco Barucchello, tra i più giovani Elisabetta Benassi e Marcello Maloberti). Il video, soprattutto nell’era digitale, per sua natura sembra potere mettere insieme più mondi, promettere di riuscire a dire tutto. Tanto è vero che il Leone d’Argento è stato assegnato alla francese Camille Henrot per il suo lavoro significativamente intitolato Grosse Fatigue (2013) che è l’opera esposta che ha più a che vedere con la quintessenza dell’ipertesto: in ogni frame si spalancano finestre, si aprono pagine di testo e frammenti di immagini, tratti da libri, da quaderni, come direttamente dal web tramite il susseguirsi veloce dell’apparizione di schermi di smartphone e computer... La vertigine della realtà contemporanea che rimanda sempre ad un altrove è restituita in modo suggestivo e incalzante. Tra le video installazioni particolarmente convincenti ricordiamo quella presentata nel Padiglione dell’Argentina da Nicola Costantino, dedicata interamente a Eva Peron: Eva- Argentina. Una metafora contemporanea. Una complessa opera in cui il ruolo del video è ancora una volta decisivo: gli specchi dei mobili del palazzo in cui viveva il personaggio storico, controverso e mitico per molti versi, ricostruito nei suoi ambienti principali e maggiormente intimi, la camera da letto, lo studio, il salotto e la sala da pranzo, mantengono la memoria della somma dei gesti compiuti e dei fatti vissuti dalle diverse donne che Evita è stata, per restituirli simultaneamente allo spettatore. Come sempre fuoriclasse si conferma Studio Azzurro che, ospite del Padiglione della Santa Sede, presente quest’anno per la prima volta alla Biennale di Venezia, ha concentrato la propria videoinstallazione interattiva In Principio (e poi), 2013, sul libro della Genesi non semplicemente rivisitato ma poeticamente rivitalizzato, affidandone il racconto a esseri umani dei nostri tempi, esseri con capacità comunicative limitate, e dunque al tempo stesso esaltate, dalla loro condizione fisica o esistenziale fortemente condizionante (i gruppi di “narratori” sono composti da sordomuti e da carcerati). Notevole l’operazione di natura performativa tipicamente citazionista proposta da Alexandra Pirici e Manuel Pelmus nel Padiglione della Romania: An Immaterial Retrospective of the Venice Biennale infatti consiste nella scelta preventiva di più di 100 lavori esposti nel corso del tempo alle diverse edizioni della rassegna veneziana che vengono “mimati” da un gruppo di persone in carne ed ossa che compongono dei veri e propri tableaux vivants, celebrando in modo J.D. ‘Okhai Ojeikere. Onile Gogoro or Akaba, 1975, Gelatin silver print, cm. 50 x 60. Courtesy André Magnin (MAGNIN-A), Paris. © J. D. ’Okhai Ojeikere 27 biennale di venezia Camille Henrot. Grosse Fatigue, 2013, Video installatione (color, 13 min), Courtesy the artist and kamel mennour, Paris. biennale di venezia 28 attivo, e in successione non cronologica, la memoria del luogo che ha ancora il potere di attrarre il mondo dell’arte per provare sorpresa, godimento e rintracciare nuove o antiche prospettive, il che è lo stesso. Non poteva mancare tra gli omaggi l’opera con cui Tino Sehgal ha rappresentato la Germania nel 2005; autore che in questa ultima edizione, con la sua opera-evento che sempre si traduce e si riduce a un’ esperienza diversa e individuale per ciascun elemento del pubblico di cui non resta traccia se non nella memoria, si è guadagnato il Leone d’Oro come migliore artista della mostra Il Palazzo Enciclopedico. Durante la visita non si trascurino i sui seguenti padiglioni: quello austriaco dove Mathias Poledna ha presentato un video di animazione dal titolo Imitation of Life e della durata di tre minuti in cui si riconosce una sorta di succinta enciclopedia visiva degli stilemi della tecnica narrativa adottata; quello greco in cui Stefanos Tsivopoulos con History Zero, installazione composta da una saletta che funziona come prologo che dà conto delle economie alternative al denaro e tre lungometraggi che hanno come principale e drammatico protagonista un carrello della spesa in diversi contesti, porta all’attenzione riflessioni di una certa urgenza e dal forte contenuto etico, sociale e politico. Particolarmente forte dal punto di vista sinestetico il lavoro di Anri Sala che rappresenta la Francia, ospite quest’anno nel padiglione tedesco (e viceversa), Ravel Ravel Unravel, titolo composto da un gioco di parole per definire una video installazione incentrata sull’esecuzione e l’ascolto del Concerto in re per la mano sinistra composto dal musicista Maurice Ravel nel 1930, attraverso la quale si percepisce chiaramente come la musica possa essere elemento capace di plasmare diversamente lo spazio. Tra le numerose iniziative collaterali si segnala soprattutto l’interessantissimo utilizzo citazionista applicato da Germano Celant alla mostra When Attitudes become form che, curata da Harald Szeemann (1933-2005) alla Kunsthalle di Berna nel 1969, diede conto di quello strano spirito, montante tanto in Europa quanto in America, che vedeva l’arte più come l’attuarsi di un processo aperto che come la realizzazione di un prodotto finito. L’esposizione, sotto l’egida della Fondazione Prada, viene Studio Azzurro ricostruita a Cà Corner della Regina in modo preziosamente filologico, al punto che laddove non è stato possibile rintracciare le opere esposte nella edizione originale, piuttosto che “falsificare” la fisionomia globale dell’esposizione con una specie di restauro Walter De Maria esposta alla mostra When Attitudes become form, Berna 1969- Venezia 2013 integrativo, viene scelta la via di tratteggiare sul pavimento o sulla parete la sagoma della porzione dello spazio che l’opera avrebbe occupato e accanto si è optato per l’affissione di una foto in bianco e nero della stessa opera, qui assente, ambientata a Berna. 29 biennale di venezia Parlano i galleristi italiani: Paolo TONIN 30 Foto di Mauro Raffini, 2012 Torino Intervista a cura di Gaetano Grillo parlano i galleristi italiani ... c’è piuttosto una grande ammirazione per la potenza per cui se sei in grado di produrre un’opera che abbia già in sé un costo superiore a qualche centinaio di migliaia di euro, allora sei un grande artista. Un collezionista di recente ti ha detto che acquistare arte in un momento come questo è poco indicato se non addirittura immorale. Stiamo vivendo un crollo spaventoso di interesse e di sfiducia nei confronti della produzione culturale. Non credi che le cause possano individuarsi anche nel fatto che l’arte è diventata sostanzialmente un sistema di interessi, di mercato, di speculazione e ha perso il rapporto con la realtà? Il mercato è diventato il dominus di tutto, politica, cultura e tutto quello che c’è intorno ha determinato l’allontanamento degli amatori d’arte. Ricordo quando ho iniziato, che il collezionista di una certa età era come un tuo collaboratore, ti suggeriva, sosteneva, condivideva il tuo percorso e contribuiva ad aumentare il valore della tua opera. Dopo di che, sono passati gli anni ed è intervenuto un altro concetto, quello che collezionare è un valore in sé, in più è diventato un modo del collezionista per inserirsi nel sistema dell’arte per determinarlo. Quello che era una volta il collezionista che frequentava le gallerie, i musei, le mostre, si è trasformato in una persona che si informa sulle strategie e i movimenti del mercato, su quanto vale un’opera o un artista in tutti i sensi. Piuttosto che appendere sulla parete di casa l’opera di un artista che stimi e che vuoi promuovere, appendi l’opera di un artista che fa parte dello star sistem e che ti accredita socialmente e culturalmente. La realtà purtroppo è questa, è il sistema che si è ripiegato su se stesso. Le masse si sono avvicinate all’arte contemporanea incuriosite dalla sua dimensione di kermesse; vai alla Biennale per vedere le cose strane, inusuali… C’è una dimensione da luna park a cui si sono piegati anche i tantissimi musei che sono nati negli ultimi 20 anni. Questo spiega anche l’attenzione a costruire musei in architetture che già in sé sono attraenti e divertenti, curiose, anche se spesso poco idonee ad esporre arte e ancora più spesso addirittura troppo aggressive rispetto a ciò che contengono. Cosa pensi a riguardo? Abbiamo definito lentamente l’arte per le masse ed è ovviamente diventato uno spettacolo o dell’avan-spettacolo; oggi se non sei andato alla Biennale non conti, se non hai fatto la coda per qualunque mostra che non è di cartello, vuol dire che sei un individuo di serie B. C’è questa corsa ad essere presenti alle mostre di grande pubblico. Nelle gallerie c’è una grande affluenza il giorno dell’inaugurazione e del catering, dopo di che, il nulla. Peggio ancora il pubblico che arriva in seconda tornata, magari perché è uscito l’articolino sul giornale o sulla rivista d’arte, viene ma diciamo che un buon ottanta per cento non guarda neppure i quadri appesi alle pareti. E’ diventato una specie di rituale privo di contenuti ma il peggio di tutto ciò è che non si crede più nella capacità dell’arte di esprimere una sua Weltanshauung, è tutto rituale e “aperi-cena” per dirlo brutalmente. Un altro errore che si fa sovente ormai è quello di usare qualunque contenitore per esporre l’arte, si tratta di luoghi che sono assolutamente improbi per presentare un’opera d’arte come per esempio al Lingotto che era una fabbrica per produrre oggetti di metallo, un edificio non idoneo ma si usano per esempio anche le carceri che sono stati luoghi di pena dove si è compiuto un atto doloroso; abbiamo insomma questo nuovo mito della piccola borghesia di utilizzare luoghi ameni con la complicità di artisti che spesso non vengono neanche pagati neanche in senso di ritorno d’immagine. Si tratta di iniziative che non credo facciano bene all’arte ma contribuiscono ad aumentare la sua instabilità. Negli ultimi decenni l’arte ha privilegiato l’azione alla contemplazione e l’opera molto spesso non risponde ai parametri classici, è come se avesse perso l’aura anche se paradossalmente ha Giovanni Albanese, Pianoforte 2007 parlano i galleristi italiani acquistato enfasi mistificante. Spesso abbiamo noi stessi operatori, l’impressione che si tratti di aria fritta che non incide veramente nella cultura ma resta in superficie, è come se fosse relegata ad un ruolo decorativo, estetico e modaiolo. Che ne pensi? Il fatto di vedere l’arte sembra già esaustivo, il fatto di capirla sembra essere quasi superfluo, la condizione del fruitore di oggi è quella di preoccuparsi principalmente di essere parte che osserva, sentirsi rassicurato di far parte della comunità che frequenta i luoghi dell’arte, di essere dalla parte giusta. L’artista è in fondo, di volta in volta, l’agnello sacrificale, il mito da ammirare per un attimo per poi buttarlo giù dalla torre come cambiano le stagioni e le mode. A prescindere da quello che le riviste distribuiscono come paradossali graduatorie dei più bravi, non c’è nessun tipo d’interesse vero per l’oggetto; c’è piuttosto una grande ammirazione per la potenza per cui se sei in grado di produrre un’opera che abbia già in sé un costo superiore a qualche centinaio di migliaia di euro, allora sei un grande artista. Una prova muscolare di machismo? Sai è così! Vieni ammirato per questo, per le tue capacità manageriali di trovare i finanziatori. Si tratta di opere colossali, fatte spesso anche da artisti di grande qualità ma propensi ad essere parte attiva di questa moda di presentarsi con “celodurismo”. L’artista importante è quello che riesce a muovere intorno a sé capitali. L’altro giorno vedevo che una importante casa di produzione di champagne di qualità si è accordata con Jeff Koons per progettare un oggetto di richiamo commerciale che costerà circa setto otto milioni di dollari; ecco questo è un caso in cui l’opera d’arte viene finanziata per scopi meramente pubblicitari. L’arte ha perso forse l’aura? La sua funzione critica e di ricerca? Diciamo che l’aura è diventata aurea, che l’arte vuole essere una gallina dalle uova d’oro e sono tutti affascinati da questa dimensione spettacolare e commerciale. Gli oggetti d’arte sono forse meno opere d’arte e sempre più simulacri decorativi? Estetizzanti? Si certo, sono estetizzanti. Ricordo che anni fa commentavamo con ironia i ricchi emirati che ostentavano nei loro yacht i rubinetti d’oro… 31 Luigi Mottura, malva e assenzio, 2013 la crisi ci induce a fare i conti con noi stessi e soprattutto gli artisti ai quali ancora si demanda l’indicazione del senso e del valore. Se perpetuiamo questo sistema acceleriamo il suo annichilimento. Non so fino a che punto siamo ancora disposti ad assistere ad sistema piccolissimo ma fortissimo che sceglie dall’allevamento il pulcino che ha tutte le caratteristiche per essere portatore sano di successo. Se saremo capaci di reagire, la crisi potrebbe essere un momento di azzeramento per realizzare un nuovo percorso. Intravedi nell’aria dei segnali in questa direzione? Intanto vedo che i giovani si muovono in modo molto diverso da chi li ha preceduti, sono molto più aperti a una circolarità di idee. Oggi vediamo che Istanbul è capace di generare energia forse più di Berlino. Credo che sia la comunicazione a cambiare le modalità del presente. Tu sei un gallerista che ha iniziato prestissimo e hai alle spalle già una grande esperienza, cosa pensi che dovremmo fare per aprire la nuova stagione culturale della nostra comune civiltà? Dovremmo rivedere anche la dimensione etica e morale? Credo che la parola morale sia un pò abusata, è chiaro che parlare di morale in casa del bottegaio può sembrare una contraddizione, visto che la galleria è additata oggi come uno dei massimi luoghi di perversione e di evasione, morale cosa può voler dire? Ridefinire le quotazioni delle opere perché pensiamo che costino troppo? Il problema vero è l’instabilità che ci procura il non sapere quale potrà essere in futuro il nuovo ordine civile. 32 parlano i galleristi italiani Michelangelo Pistoletto,Paolo, 1978 oggi è l’arte ad ostentare la sua forza con il machismo finanziario. Dagli anni settanta e comunque dalla lezione duchampiana in poi l’arte ha coinciso sempre più con il pensiero; passa soprattutto dalla comprensione mentale dell’intenzione e del processo artistico; pensi che oggi stia cambiando qualcosa? Se questo fosse vero mi darebbe già qualche speranza, come fatto minimamente positivo, secondo me oggi non c’è neanche l’interesse e non si può neanche parlare di pittura e di recupero dei valori, oggi è un problema che non interessa, ciò che interessa, lo ripeto, è esclusivamente l’apparato che deve servire ad autogenerarsi. L’arte oggi è soltanto economia e passa attraverso le fondazioni, i musei, le case d’asta, tutte le altre possibili letture sono demandate a pochissimi; forse e voglio sperarlo, gli artisti ancora e solo loro, si frequentano e parlano di arte. Posso dire che mentre l’arte performativa, che in questo momento sta vedendo un certo recupero, mentre l’arte installativa ha comunque frequentazione forse perché partecipa a quel clima di kermesse che la gente vuole, un quadro, nonostante ogni tre anni si parli di ritorno alla pittura, perde di interesse perché comprende un elemento che nelle altre tipologie non è quasi mai presente, i tempi di esecuzione che sono tempi lunghi; chi dipinge ha bisogno di tempo, molto tempo e con una concentrazione che nelle altre modalità con cui si esprime l’arte contemporanea non c’è. Tu vedi in questa crisi internazionale che non è certamente solo economica ma è anche una vera crisi di civiltà, delle opportunità per uscirne? Mi spiego meglio, può essere che questa crisi metta in discussione la scala di valori che abbiamo avuto in questi anni e ci induca o addirittura ci obblighi a rivedere il senso delle cose? Io sostengo da sempre che le crisi sono normalmente un momento straordinario per infilare un piede nella porta prima che essa si chiuda. Bisogna dire che il mercato non è arrivato da Marte, noi stessi siamo stati incapaci di mettere in evidenza quelli che potevano essere gli errori commessi in questi anni. L’arte avrebbe dovuto precisare quelli che erano i valori che venivano continuamente stravolti, per cui Due milioni di dollari per un artista quarantenne è morale? Siamo in presenza di una bolla finanziaria che per il momento non scoppia e non l’hanno fatta mai scoppiare. Una volta l’indicatore della crisi era la presenza sul mercato delle opere di Fontana. Il mercato ha dei suoi giochi che gli operatori conoscono e molti approfittano anche in questi momenti. Gagosian sta facendo adesso la mostra di Mario Merz quindi so che questo lavoro di Merz che vedi alle tue spalle ha un maggior valore. Sono giochi che hanno a che vedere con il mercato dell’arte ma non necessariamente con l’arte che invece dovrebbe determinare una nuova scala valoriale oppure agire in modo morale ma mi domando come potrebbe farlo in quanto agisce in un mondo assolutamente immorale o amorale. La stessa politica, come sappiamo, si muove con giochi di potere. Se l’artista oggi partecipa al consenso poiché lo cerca attraverso il successo e l’inserimento nelle maglie che lo determinano e insegue l’orientamento del gusto internazionale, allora non è più questo genere d’artista colui a cui possiamo guardare per scoprire nuove indicazioni e nuove visioni. E’ pensabile che possano esserci artisti che operano al di fuori del sistema, sconosciuti ma interessanti? Ultimamente con le nuove tecnologie si iniziano a scoprire lembi di territorio inesplorato, ovvero alcuni possono comunicare attraverso percorsi non consacrati però in tutti gli artisti persiste la voglia del riconoscimento e tutti lavorano in maniera pugnace per emergere e quando il sistema si accorge di un valore non ha ragioni per non assorbirlo così come a quel punto un artista non fa l’atto eroico di rifiutare di entrare a far parte del sistema. Molti artisti sono recuperati anche dopo molti anni, tutto quello che è fuori ma che vale, prima o poi rientra. Un artista che ha i fondamentali è impossibile che prima o poi non venga recuperato. Un giovane artista i fondamentali come se li forma? Ha senso ancora la formazione nelle Accademie di Belle Arti? L’accademia è il luogo preposto a svolgere questa funzione, anche per sviluppare la consapevolezza che certi percorsi esistono ininterrottamente da migliaia di anni; ci sono poi qualità diverse fra accademie e accademie, ce ne sono alcune sclerotizzate sulla tradizione ed altre molto aperte che chiamano artisti da tutto il mondo a raccontare la loro esperienza. Lo abbiamo verificato anche a Torino, tu stesso quando insegnavi qui hai lavorato in questo senso e una volta sono venuto anch’io ospite di una tua lezione. Cosa deve fare un giovane artista oggi secondo la tua esperienza di gallerista? Deve girare il mondo, ci sono oggi un sacco di possibilità per alimentare il proprio talento attraverso verifiche continue con la tecnologia e internet. Debora Fede, Appunti di viaggio, 2011 33 parlano i galleristi italiani Stanislaw Kolibal, particolare dell’installazione, 1975 Fiorenzo ALFIERI Presidente della Accademia Albertina di Torino presidenti 34 Intervista a cura di Gaetano Grillo Io ho scritto un libro che si chiama “La città che non c’era” che racconta come abbiamo lavorato in tutti questi anni per far capire che questa non era solo la città dove si facevano le automobili ma che Torino sarebbe stata una capitale della cultura. Fiorenzo Alfieri è stato da poco nominato Presidente dell’Accademia Albertina di Torino, chi è Fiorenzo Alfieri? Sono un uomo di scuola, ho avuto la fortuna di cominciare prestissimo, a 19 anni ero già di ruolo alla scuola elementare qui a Torino, mi sono fatto le ossa nel 1962 in una scuola alle Vallette, una scuola allora di periferia che poi è diventata una scuola di punta ma che mi ha permesso già di sviluppare il mio impegno anche politico. Sulla base di questa esperienza mi è stato chiesto nel 1975 di comparire in una lista del PC per l’elezione del Consiglio Comunale di Torino. Sono stato eletto contro ogni previsione e nell’arco di un anno, nel 1976 sono diventato Assessore alle Politiche Giovanili e allo Sport ma ho molto collaborato con l’Assessorato alla Cultura che aveva sede nello stesso palazzo. In quegli anni si è inventato un modo nuovo di amministrare la cosa pubblica, è stato un modello importante. Con il mitico Sindaco Novelli ho fatto due tornate, quindi dieci anni da amministratore, dopo di che, dopo un intervallo all’opposizione finchè nel 1995 con l’elezione del Sindaco Castellani sono tornato a fare l’Assessore, questa volta all’Istruzione e avviando un nuovo processo di rilancio per la cultura, in sintonia con altre grandi città con le quali Torino è gemellata, come Barcellona, Bilbao, Lione. Nel 1997 abbiamo inventato un nuovo assessorato che abbiamo definito Della Promozione delle Città e in quel contesto abbiamo fatto la candidatura olimpica che ci ha portato, alla fine del mandato di Castellani, ad avere le Olimpiadi. Alla fine del mandato di Castellani è arrivato il Sindaco Chiamparino che mi ha chiesto di passare all’assessorato alla Cultura. Ecco, Alfieri è questa cosa qui! Alfieri é un uomo radicato nella politica e nell’amministrazione di una grande città come Torino e questo è un elemento molto positivo perché per diversi anni l’Accademia Albertina è rimasta isolata, è stata come un piccolo feudo chiuso nella stagione diretta da Sergio Saroni che pure è stato un pittore di grandi qualità. Io sono arrivato come titolare di Pittura in questa accademia nel 2001 e vi ho insegnato per otto anni operando intensamente insieme a Guido Curto, sia in Consiglio Accademico sia in Consiglio d’Amministrazione, per aprire l’istituzione alla città ma anche e soprattutto all’ambiente dell’arte contemporanea. La direzione di Curto è stata molto significativa per la svolta che ha impresso al rinnovamento dell’Albertina. Questa accademia è una delle accademie storiche d’Italia, con un ingente patrimonio ma anche con una vocazione al contemporaneo, in che modo lei pensa di coniugare queste due identità? Io non mi aspettavo questo incarico e sono stato sorpreso quando alcuni professori come Luca Beatrice mi hanno chiesto di candidarmi alla presidenza ma ho colto anche l’interesse del Ministro Profumo a che io mettessi a disposizione dell’Accademia Albertina la mia esperienza di amministratore. In pochissimo tempo mi sono trovato seduto a questa sedia e la primissima cosa che ho fatto è stata di andare in Comune, sapendo che Fassino aveva espresso compiacimento per la mia nomina, ma non per chiedere soldi, sapendo che in questo periodo non ce ne sarebbero stati, ma almeno la disponibilità dell’Ufficio Tecnico ad affrontare i gravi problemi relativi al nostro immobile che lei sa, per metà essere di proprietà comunale, alla sua messa a norma e alla ristrutturazione della Rotonda del Talucchi che peraltro era già chiusa da oltre un anno proprio per inagibilità. Io ho lavorato decine di anni con l’Ufficio Tecnico e in questa circostanza farà sia la progettazione sia il collaudo di tutti gli interventi che si renderanno necessari. Questo è il primo master-plan con il quale dopodomani vado a Roma dal Direttore Generale dott. Civello per capire quanto è disposto a mettere lo Stato su questo master-plan che cuba circa dieci milioni di euro. Per fortuna tutta la quota economica che riguarderà la Rotonda sarà messa a disposizione dalla Compagnia di San Paolo, che ha già espresso il suo interesse in questo senso e allegerirà l’impegno dello Stato. Il secondo grande impegno è sulla Pinacoteca Albertina che ancora conoscono in pochi e anche li abbiamo già preso dei provvedimenti come l’apertura durante il sabato e la domenica del mese d’agosto per aprirla al flusso turistico. Abbiamo esposti tre opere dei Casorati, abbiamo fatto una conferenza stampa e abbiamo attivato tutta una serie di altre iniziative per promuovere e diffondere sia il patrimonio storico sia le iniziative temporanee che ospiteremo nel vestibolo. L’attuale Direttore Commissario, Nicola Maria Martino ha dato la momentanea direzione a Guido Curto ed io e lui abbiamo fatto insieme tutto questo lavoro di rilancio, compreso, con l’ausilio del dott. Turetta della Direzione Generale dei Beni Culturali per il Piemonte, l’ingresso della Pinacoteca Albertina nel polo reale. Chi va a Palazzo Reale e compra il biglietto per visitare tutti i cinque musei di Torino ha diritto a visitare anche l’Albertina. Siamo in sintonia con la Pinacoteca Sabauda con la quale dividiamo molti programmi e poi ospiteremo di volta in volta autori contemporanei come faremo prossimamente con Giuseppe Penone. Al momento possiamo dire che già nel primo mese abbiamo visto raddoppiare il numero di visitatori. Altra iniziativa sarà l’utilizzo del vano cantinato della rotonda, uno spazio bellissimo che sarà organizzato per esporre tutte le attività che si svolgono all’Albertina; il progetto prevede che il visitatore possa vedere i laboratori in attività e la didattica. Noi produciamo ma mostriamo anche come si fa a produrre, quindi le attività laboratoriali e tecniche così come vorremmo pure aprire un piccolo corso di ceramica. Io ho scritto un libro che si chiama “La città che non c’era” che racconta come abbiamo lavorato in tutti questi anni per far capire che questa non era solo la città dove si facevano le automobili ma che Torino sarebbe stata una capitale della cultura; abbiamo persino cambiato il lessico che usavano gli amministratori vent’anni fa; questo per dirle che sono molto motivato a promuovere l’aggancio di questa accademia al sistema comunale e regionale. In tutti questi anni abbiamo lavorato per attuare una riforma a costo zero, pagata praticamente dal lavoro dei docenti che senza avere alcun incremento salariale hanno portato in tredici anni di volontariato queste istituzioni a raddoppiare il numero Credo che uno dei temi importanti per il futuro di queste nostre istituzioni sia la necessità di avere un corpo docente di qualità e questo non può prescindere da un adeguamento salariale. Certo ma anche il corpo docente deve accettare di passare dalle forche caudine dell’Università. Bisognerebbe trovare un sistema per traghettare il corpo docente ad esaurimento verso un ruolo diverso e più adeguato; è incredibile che i docenti d’accademia debbano guadagnare meno della metà dei colleghi dell’Università. Noi abbiamo tanti colleghi di Storia dell’Arte in Italia, sono tutti laureati e pubblicano più di tanti altri, ci sono fra loro direttori di musei e storici di prestigio eppure hanno stipendi come quelli di un professore della secondaria. Sono assolutamente d’accordo, è una questione che deve essere affrontata con urgenza. 35 presidenti Il patrimonio storico si è accumulato negli anni soprattutto per donazioni e a scopo didattico e formativo; questa tradizione si è interrotta negli anni 20/30, per molto tempo ma di recente le accademie stanno riconsiderando l’importanza di valorizzare il loro patrimonio ma anche di vedere una sua nuova vitalità oltre che di avviare un processo di costituzione del patrimonio contemporaneo. Il recente convegno all’Accademia di Napoli ed il grande impegno in questa direzione, compiuto dal suo direttore Giovanna Cassese dimostra questa nuova vitalità. Questa Accademia non ha mai acquisito opere di Casorati, di Paolucci, di Martina, Saroni e di tanti altri artisti che via hanno insegnato. State pensando di avviare questo processo? Oggi abbiamo il supporto delle nuove tecnologie e questo potrebbe garantire già la costituzione di un patrimonio contemporaneo virtuale come prima fase, prima ancora di trovare le risorse e gli strumenti giuridici per acquisire le nuove opere. Ho incontrato l’altro giorno Giulio Paolini che pure ha insegnato da noi anche se per un piccolo periodo ma credo che non disdegnerebbe di lasciarci una sua testimonianza. Credo che potremmo riprendere i rapporti con le famiglie di quanti sono passati da questa accademia e non dispero di poter raccogliere anche opere di artisti di qualità che pur non avendo insegnato qui potrebbero avere interesse a lasciare un’opera. degli studenti ed ha rilasciare diplomi accademici magistrali, legalmente equipollenti alle lauree di primo e secondo livello. Abbiamo realizzato una riforma rimasta zoppa perché manca il riconoscimento giuridico appropriato alla docenza che a tutti gli effetti è simmetrica a quella dei docenti universitari. Che relazioni intende avere l’Accademia Albertina con l’Università? E’ una questione economica che lo Stato non vuole affrontare ma ho avuto modo di constatare che non tutti sono dell’opinione che sarebbe una buona cosa inserire le Accademie nelle Università. Noi proprio domani abbiamo a Roma la Conferenza dei Presidenti, recentemente costituita, ci sarà anche il Sottosegretario e mi hanno detto che questo Ministro è aperto e sensibile ad affrontare anche questa questione. Io conosco il Dams e altre facoltà ma vedo che qui ci sono studenti che non potrebbero essere altrove e ciò dimostra che l’utenza studentesca è più motivata. Credo che più che entrare nell’Università per impaludarsi nei meandri della burocrazia forse sarebbe più opportuno restare nell’AFAM ma valorizzando la docenza in maniera congrua. Le Accademie hanno comunque un’autonomia che le concede di avere più margini d’azione nelle sue tante iniziative. Paola TADDEI Direttrice Accademia di Macerata A cura di Gaetano Grillo accademia di macerata 36 Le accademie sono già istituzioni di eccellenza, espressione di alta cultura nel nostro paese, queste non sono adeguatamente valutate come le università, per una “naturale” diffidenza che sembra difficile da superare, è come se dovessimo sempre dimostrare di saper fare, di essere. Paola Taddei, da poco eletta alla direzione dell’Accademia di Macerata, chi è Paola Taddei? Ci sintetizzi un tuo profilo? Vengo dall’Accademia, nello specifico dall’Accademia di Macerata, dove ho svolto la mia formazione e dove fino ad oggi ho insegnato Decorazione; quindi, sebbene nella mia carriera abbia lavorato anche in altre Accademie, conosco bene la nostra Istituzione: ne ho seguito le fasi evolutive e ne conosco le esigenze, oltre naturalmente ai punti di forza. Mi sento perciò in perfetta sintonia con le prerogative del mandato direttoriale, che corrispondono anche a quelle che sono le mie principali note caratteriali: trasparenza, decisione, concretezza, senso del rispetto e predisposizione al dialogo. L’Accademia di Macerata è una piccola istituzione non lontana dall’Accademia dell’Aquila, da quella di Roma, di Frosinone e della stessa Urbino; quale spazio identitario si è ritagliata Macerata in questi anni? Uno spazio ben definito, orientato all’innovazione secondo le mutate esigenze professionali, ma nel contempo attento alle discipline classiche, caratterizzanti l’alta formazione artistica. La nostra vocazione cerca di coniugarsi costantemente con le eccellenze consolidate nei diversi settori dell’arte e della creatività, sia a livello nazionale che internazionale. Ciò ci ha consentito di allargare il nostro bacino di utenza ben oltre i confini regionali. L’Accademia ha registrato un nuovo incremento di studenti? Quanti ce ne sono in quest’anno accademico? Quale dipartimento e quale indirizzo tira maggiormente? La nostra accademia ha registrato negli ultimi anni un sensibile quanto constante aumento di iscritti di anno in anno, che ci ha portato a superare le 900 unità, la maggior parte delle quali ha scelto di frequentare i nuovi indirizzi attivati, in coerenza con le altre accademie, senza però tralasciare le “Belle Arti”. In tal senso l’internazionalizzazione rappresenta sempre un punto di riferimento importante per garantire lo scambio di conoscenze e nozioni in un’ottica sia globale che locale. Internazionalizzazione per noi significa anche l’accreditamento dell’Accademia nell’ambito del Bologna Process, per age- volare gli studenti in mobilità nella partecipazione a stage e tirocini formativi di respiro europeo. Nel 2009 abbiamo ottenuto il Diploma Supplement Label, che amplifica il significato del Diploma accademico in ambito comunitario. Come già detto, le discipline classiche mantengono il loro appeal, grazie anche ad una tradizione consolidata, mentre nuovi indirizzi come quello del Design, della Multimedialità e delle Arti performative riscuotono sempre maggiori consensi. Come è strutturato il vostro indirizzo di Restauro? L’Accademia di Belle Arti di Macerata il 22 novembre 2011 ha avuto l’accreditamento dalla Commissione Interministeriale MIUR-MIBAC e l’autorizzazione con decreto del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, ad attivare il Percorso Formativo Professionalizzante 2 (manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile – manufatti scolpiti in legno – arredi e strutture lignee – manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti) nell’ambito del Corso Quinquennale a Ciclo Unico per la Formazione di Restauratori abilitati di Beni Culturali. Stiamo valutando per il prossimo futuro l’attivazione degli altri percorsi professionalizzanti. Le Marche sono un territorio operoso industrialmente in particolare per la manifattura, le stoffe, la carta ecc. Tu sei una docente di Decorazione e sicuramente sarai sensibile a questi materiali e a queste pratiche, pensi di sviluppare sinergie in questa direzione con la realtà industriale della zona per favorire sbocchi lavorativi dei vostri studenti? Abbiamo già da diverso tempo stabilito rapporti di collaborazione con le aziende locali nei vari settori a noi affini, grazie ai quali i nostri studenti possono svolgere tirocini formativi professionalmente concreti. Con alcune di queste aziende, abbiamo siglato convenzioni mirate ad incentivare una produttiva collaborazione progettuale. Viviamo in un momento storico di grandi cambiamenti, la generazione dei nostri studenti fatica non poco a prendere in mano le redini del proprio futuro. Stiamo lavorando per progredire e rendere i nostri corsi sempre più attuali e al passo con i tempi, sempre più rispondenti alle esigen- ze dei giovani che devono confrontarsi col mondo reale, nell’ottica di creare una forte integrazione tra Accademia, mondo del lavoro e territorio. Ci descrivi com’è composta la vostra sede? Quali sono le sue peculiarità, quali i punti di forza e quali quelli di debolezza? Abbiamo una sede centrale dove si svolgono la maggior parte delle attività connesse ai laboratori e in parte alla teoria, tre sedi distaccate con analoghe funzioni e una sede distaccata che dista circa 10 Km dalla città di Macerata, sede del nostro I.R.M. Istituto del Restauro delle Marche. La struttura è un ex convento della fine del 1700, completamente ristrutturato con oltre 600 metri quadrati solo 37 accademia di macerata accademia di macerata 38 di laboratori ubicata nel suggestivo borgo di Montecassiano. Le sedi sono ovviamente i nostri punti di forza perché adeguatamente arredate e complete delle più moderne tecnologie, nel contempo, queste, non sono più sufficienti a coprire le nostre esigenze in relazione al numero degli studenti iscritti. Abbiamo da tempo in progetto l’idea di trovare altri spazi da destinare alla nostra didattica. Mi auguro che questo possa avvenire presto. Credi che le accademie abbiano i requisiti per confluire nelle università oppure pensi che dovrebbero restare nell’AFAM? Le accademie sono già istituzioni di eccellenza, espressione di alta cultura nel nostro paese, queste non sono adeguatamente valutate come le università, per una “naturale” diffidenza che sembra difficile da superare, è come se dovessimo sempre dimostrare di saper fare, di essere. La conseguenza diretta è uno stato di diffuso malessere tra i docenti e gli studenti, che nasce dalla necessità di avere pari riconoscimenti, pari dignità degli studenti e dei docenti dell’università. La riflessione che ne segue è che, riuscendo ad ottenere pari diritti, non avremo necessariamente bisogno di essere inclusi nelle università. Essere istituzioni di alta formazione e cultura non è poco con i giusti strumenti. L’accademia possiede un suo patrimonio, piccolo o grande che sia, di arte antica o contemporanea? Hai pensato di costituire una collezione d’arte contemporanea dell’accademia? In fondo molti artisti sono passati da Macerata ed avete anche dato un Diploma Accademico Honoris Causa perfino a Enzo Cucchi, vi ha lasciato una sua opera? Generalmente non chiediamo opere ai nostri accademici d’onore, preferiamo piuttosto che le donazioni avvengano spontaneamente e che le personalità di spicco nel mondo dell’arte arricchiscano il nostro patrimonio nel contemporaneo con la loro presenza nella nostra Accademia, attraverso seminari, workshop o docenze, contributi preziosi alla formazione dei nostri studenti. Disponiamo comunque di un significativo patrimonio di arte contemporanea e stiamo lavorando per collocarlo in un luogo ad esso dedicato. Qual’è il primo obiettivo che ti sei posta in questo mandato? Sicuramente quello di potenziare la crescita dell’accademia all’insegna della qualità, considerando prioritari i seguenti punti: QUALITA’ DELL’ORGANIZZAZIONE, QUALITA’ DEI CONTENUTI, QUALITA’ DEI PROCESSI e QUALITA’ DELLE SCELTE. Alla luce di un nuovo stato di cose, intendo guardare al futuro, senza tralasciare le prerogative e gli intenti dell’Accademia, puntando quindi in particolare al riconoscimento a livello nazionale e al radicamento sul territorio, attraverso una nuova determinazione dell’Istituzione. Con ciò auspico la possibilità di una differente percezione dell’istituzione-Accademia, secondo prospettive di area vasta e policentrica, soprattutto pensando ai percorsi formativi e didattici, in cui sono rilevanti l’aspetto scientifico e culturale nel ruolo dei docenti e la necessità di aprirsi a collaborazioni con eccellenze esterne e soggetti accreditati di varia natura, per offrire ai docenti nuove opportunità di confronto e gratificazione, e ampliare nel contempo la fase di formazione degli studenti. Da qui altre questioni fondamentali come la condivisione di ruoli e responsabilità, base essenziale per il funzionamento ottimale della struttura, lo sviluppo delle conoscenze e un’adeguata organizzazione della didattica. Per giungere, in estrema sintesi, agli obiettivi cui intendo puntare: Eccellenza, Specializzazione e Internazionalizzazione. 39 Il Merlo del Gigante, mosaico ceramico altezza mt. 4,50 larghezza mt. 5 lunghezza mt. 12 Marco PELLIZZOLA l’opera musiva e gli spazi del giardino Di Rosanna Ruscio (Giardino dei giganti, Cento, 2006), costellazioni celesti (Porta Celeste, Parco Nord, Milano, 2011) ambientazioni notturne (L’ombra del lupo, Parc Gilson La Louviere, Belgio, 2012), e un’infinità di segni stilizzati che attraverso la spaziatura tra tessera e tessera, risplendono sempre più vivi ed intensi. Questa naturale attitudine ad interpretare le potenzialità della materia forzando i contrasti sapienti e arditi dei colori, insieme all’impegno di ragionare sugli spazi ambientali, accompagnano la ricerca artistica di Pellizzola, in un crescendo di motivazioni e riflessioni che ne fanno l’interprete sensibile di un’antica pratica che lui ha saputo rinnovare. Nelle porzione di verde in cui interviene, il più delle volte spazi in disuso o abbandonati, rintraccia i segni lasciati dalla natura, la consistenza fisica degli arbusti e la tipologia delle piante, ma poi preso dall’urgenza smaniosa della conoscenza, insegue la storia del luogo risalendo a miti e leggende, che egli materializza in grandi sculture, talvolta grandissime. Proprio questo processo creativo trova espressione nelle infinite varianti della pratica musiva: dall’applicazione alla scultura a mezzo decorativo con il quale inventare lo spazio, da antica tecnica con cui costruire forme tradizionali a risorsa con cui ipotizzare nuovi pensieri immaginativi. docenti Sono ormai molti anni che la ricerca di Marco Pellizzola è indirizzata nell’indagine delle forme negli spazi della natura. Sostenuto da un immutato entusiasmo per tutto ciò che può produrre emozione e conoscenza, egli ha fatto della tecnica del mosaico un mezzo per raccontare storie e sigillare concetti, sempre più puntuali, nelle forme nei colori. “Non c’è tecnica o mezzo di figurazione meno variabile nei tempi del mosaico”- ha scritto Raffaele de Grada- eppure, aggiungiamo, le svolte determinate all’interno delle botteghe da alcuni artisti contemporanei, attivi anche come restauratori come Cicognani, Pessoli e Ventura, indicano possibilità interpretative suggestive e singolari, in cui il mosaico non è banale traduzione e neppure invenzione ma semplicemente un linguaggio. E’ quanto possiamo dire anche a proposito di Marco Pellizzola, il quale superando l’insidia del naturalismo è riuscito a fare di questa pratica un personale esercizio di stile, creando un tessuto cromatico così complesso e luminoso, da diventare fondamento di una nuova e originalissima estetica. La ricostruzione da lui proposta di temi largamente conosciuti, favole e leggende, visioni e storie è perfettamente coerente con l’elaborazione d’immagini e forme: voliere e coccodrilli 40 Giardino del Gigante, grande foglia galleggiante, particolare del laghetto Seduta per imparare a volare, mosaico ceramico (particolare) docenti Seduta della lucertola, mosaico ceramico con frammenti di specchio, altezza mt. 6, larghezza mt. 1,60, lunghezza mt. 8 41 * Marco Pellizzola è titolare di Decorazione all’Accademia di Brera, Milano. Sopra: GIARDINO DEL GIGANTE Foglia del Gigante Mosaico ceramico con uccelli da richiamo, altezza m. 5 x larghezza m. 0,35 x lunghezza m. 11,30 In basso: PORTA CELESTE Parco Nord, Milano Mosaico ceramico policromo m. 13 di lunghezza x m. 5 di altezza x m. 7 di larghezza Foto di Federico Ambrosi docenti In tutti i suoi lavori, la ricchezza cromatica della ceramica si adatta alla struttura dei piani e dei volumi, evidenziando la tensione estrema tra il colore e l’elementarità delle forme. Il mosaico, con la sua irregolare sfaccettatura e la sua capacità di rifrangere la luce, diventa con lui un mezzo con cui trasformare la geometria dei segni in un campo di risonanze immaginative. Ma c’è nel suo lavoro una progressiva evoluzione: le forme, un tempo concepite nel rispetto del moltiplicarsi della visione prospettica, nell’ultima esperienza belga, sembrano organizzate per essere viste da un punto di vista privilegiato, e la dispersiva sovrapposizione di misure e figurazioni, qui trova ordine, si cristallizza in una forma, acquista un senso: il lupo e la sua ombra, in un ravvicinato incontro di spazio e di tempo. 42 ANTONIO PARADISO Il Parco Scultura La Palomba a Matera luoghi d’arte maestri storici a cura di Gaetano Grillo Antonio come è nata l’idea del Parco Scultura “La Palomba”, come si è sviluppato il progetto e quando è stato inaugurato? Il Parco Scultura la Palomba, è nato per esigenza del mio lavoro perchè avevo grandi sculture per fare mostre nelle città e per questo motivo avevo bisogno di spazio per depositarle. Il Parco Scultura è stato inaugurato in giugno del 2001. Le risorse economiche per realizzarlo da dove sono venute? Ho venduto una masseria con terreno e una grande scultura che era stata esposta in San Babila a Milano per i mondiali e in altre città d’Europa, per comprare la tufaia abbandonata che aveva allora la funzione di una discarica di materiali di risulta. L’ho pulita utilizzando cento camion di rifiuti ed è nato il Parco Scultura la Palomba. Che ruolo ha il Comune di Matera? Zero. Matera è Sito UNESCO e la cava è una realtà di primaria importanza per capire con profondità le ragioni geologiche, minerarie, culturali e antropologiche che hanno generato questa preziosa realtà del sud Italia ma ormai del mondo. La Palomba può rientrare sotto l’egida dell’UNESCO? Forse, ma io non sono un manipolatore, faccio la scultura e sono cieco a queste realtà. All’interno della cava si trova un bellissimo ex granaio; quando è stato costruito, con quali funzioni e quanto è grande? Il capannone che è stato costruito negli anni 60-70 come deposito di frumento è grande 1500 metri quadri ed è alto 7 metri. La programmazione artistica di questi anni è stata molto interessante in quanto tu stesso hai ospitato importanti artisticolleghi che sono venuti li a realizzare i loro progetti, ce ne parli? Quest’ anno il Parco Scultura la Palomba ha inaugurato con un libro di pensieri curato da Arturo Scwarz e Mario Perniola, con performance di Dario Carmentano, Milena Orlandi, Loredana Paolicelli, Bruno Sinno. Un’anteprima di una opera musicale di Giovanni Tamborrino e una mostra di scultura di Giuseppe Spagnulo Matera, come città scavata nella pancia della terra ha una sua strutturale identità plastica che la vede in assoluta e sinergica predisposizione alla scultura, tu porti avanti proprio questa dimensione specifica fra i vari linguaggi artistici? Il Parco Scultura in tredici anni di attività ha generato mostre, sptettacoli e mostre all’avanguardia, basti pensare a nomi come Zanotelli, Scwarz, Perniola, Tamborrino, Coletta, Nagasawa, Spagnulo, Carrino, Mattiacci, Mainolfi, Staccioli, Trotta. Da sempre tu vivi un rapporto simbiotico con le tue origini e non hai mai smesso di vivere contemporaneamente fra Milano e la tua masseria di Santeramo, in Puglia, a dieci minuti di auto da Matera. Come fai a gestire a distanza il Parco della Scultura? Con grande difficoltà, ma con un grande credo, perchè il Parco Scultura la Palomba non è una fondazione o un Kunstvarein ma prima di tutto una SCULTURA ANTROPOLOGICA ma stiamo lavorando per farla diventare una fondazione, per dare continuità alle sue iniziative. Attualmente stai ospitando una bellissima mostra di Giuseppe Spagnulo, che progetti hai per il futuro? Riuscire con fatica a rimanere in vita. Sei riuscito ad avere le lamiere del World Trade Centre di New York per realizzare la tua grande installazione “Global Last Supper” che ora, con emozione, trovo a Matera. Hai girato in lungo e in largo l’Africa (anche altri amici artisti) portando nel tuo lavoro alcune delle sue espressioni antropologiche più profonde. A cosa sta pensando l’instancabile Antonio Paradiso per il suo prossimo lavoro? Questo non lo so. 43 luoghi d’arte 44 luoghi d’arte maestri storici veduta del Parco Scultura con opere di Antonio Paradiso e in basso, in primo piano opere di Pino Spagnulo per la sua mostra del 2013 45 veduta del Parco Scultura con opere di Paradiso, Spagnulo e in basso l’installazione Global Last Supper. luoghi d’arte 46 luoghi d’arte maestri storici veduta dell’Interno del capannone con opere di Paradiso, Spagnulo e in primo piano di Nagasawa 47 Lettera amara, 2012 - acrilici e lana polverizzata su Velcro su tela, cm. 36x48 (collezione privata, Vicenza). Alessandro GIOIELLO La ricerca di Gioiello scava con perseveranza in un’area culturale che vorrebbe rifondare le basi di una pittura nuova e preziosa ristabilendo il valore del manufatto e l’aura dell’artista che sfida la moda e il successo del presente opponendo una colta e sottile ricostruzione sintattica del linguaggio. Alessandro Gioiello é un giovane che si è imposto nel vivaio dell’Accademia Albertina di Torino fra il 2001 e il 2006. Lavora con sottile profondità ridipingendo immagini estratte da contesti diversi ma riproducendole con una tecnica tutta sua. Dispone e assembla sulla superficie nastri di velcro nei quali successivamente imprigiona polveri di lana colorata preventivamente frantumata; le polveri entrano nella trama del velcro e restano fissate così come i pigmenti in polvere restavano cristallizzati nell’intonaco degli antichi affreschi. Il procedimento è molto simile benché si avvalga di materiali del nostro tempo ma, al contrario dell’affresco murario, conserva una sua speciale freschezza e leggerezza, elementi, questi ultimi, molto cari alla poetica di Alessandro. Gioiello sfida il cinismo e il machismo dell’arte contemporanea che sovente esprime una vocazione monumentale, lavorando su piccole superfici, direttamente con le sue mani, con la sua sensibilità e la sua abilità, contrapponendo la lentezza del gesto sapiente alla velocità schizzofrefrenica dei nostri giorni. Velocità che é in stretta connessione con la perdita del valore manuale considerato ormai quasi inutile. Le immagini che ci propone ci riportano in un tempo senza tempo della pittura, fra documenti colti e popolari, fra la storia e i loghi della tecnologia contemporanea, fra icone auliche e frammenti inosservati. Ciò che noi vediamo ci appare a prima vista come già conosciuto ma avvicinandoci scopriamo che si tratta di una realtà completamente nuova poichè l’intenzione, il processo e i mezzi che Gioiello utilizza, ribaltano il lavoro in un’area del contemporaneo, quale quella dell’ultima generazione di giovani artisti italiani, che sta rinnovando lo statuto dell’arte e che procede per spostamenti minimi. La ricerca di Gioiello scava con perseveranza in un’area culturale che vorrebbe rifondare le basi di una pittura nuova e preziosa ristabilendo il valore del manufatto e l’aura dell’artista che sfida la moda e il successo del presente opponendo una colta e sottile ricostruzione sintattica del linguaggio. giovani talenti Di Gaetano Grillo 48 Rose e gigli in un vaso di vetro, 2012 - acrilici e lana polverizzata su velcro su tela, cm. 78x57. Paul vestito da Arlecchino, 2010 - acrilici e lana polverizzata su velcro su tela, cm. 120x84,5 (collezione privata, Napoli) giovani storici talenti maestri De Caduto & De Ceduta, 2008 - lana polverizzata su velcro su tela, cm. 40x30 ciascuno (collezione privata, Koblenz) Courtesy Paolo Curti/Annamaria Gambuzzi & Co, Milano. Alessandro Gioiello D’outer, 2012 - acrilici e lana polverizzata su velcro su tela, cm. 48x47,5. A sinistra: Homo Sapiens Sapiens, 2013 - lana polverizzata su velcro su tela, cm. 38x38,5 49 giovani talenti è nato a Savigliano (Cn) nel 1982. Si iscrive, nel 2001, all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino al corso di Pittura di Gaetano Grillo. Nel 2005 espone per Nuovi Arrivi 11 “Reale come un sogno, vero come un ricordo” presso l’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino. Qui la commissione scientifica del Progetto UniCredit & l’Arte gli assegna il Premio Passaporto. trascorre così un periodo di residenza presso la Karl Hofer Gesellschaft di Berlino. A seguito di questa un suo lavoro entra a far parte della collezione Unicredit Private Banking. Nel 2006 studia presso l’Academie Minerva di Groningen (NL) con Kinke Kooi. Partecipa poi a diversi workshops alla Fondazione SpinolaBanna per l’Arte di Poirino (To) con i seguenti masters: Stefano Arienti, Tobias Rehberger e Milovan Farronato. Nel frattempo inizia la frequentazione dello studio dell’artista torinese Nicus Lucà, momento importante per la sua formazione. Nel 2009 trascorre un periodo di residenza negli spazi di DMT Loods di ‘s Hertogenbosch (NL) dove allestisce la sua prima personale “Make yourself at home”. Ha partecipato al G.I. 2010, Festival of Visual Arts di Glasgow ed ha esposto, in una doppia personale,“TURN (your) BACK (on)”, presso la galleria Glance di Torino. Ha inoltre partecipato come artista finalista al Premio Cairo 11, tenutosi presso il Palazzo della Permanente di Milano. Presente alla 54 Biennale d’Arte di Venezia nel Padiglione Accademia all’Arsenale nell’estate 2011. A seguito ha preso parte alla collettiva “Caprice” negli spazi della galleria milanese di Paolo Curti/Annamaria Gambuzzi & Co. Nel 2012 ha tenuto la sua prima personale torinese “Blow Up” presso la galleria Glance e partecipato al 63° Premio Michetti “POPism, l’Arte in Italia dalla teoria dei mass media ai social network”. Ha inoltre svolto, dal 2007 al 2011, attività di tutor presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano a fianco del prof. Gaetano Grillo. Attualmente vive e lavora a Torino. di Elisabetta Longari IL MONDO SECONDO Cesare Fullone 50 Cesare Fullone sorprende sempre e spiazza anche i suoi più affezionati seguaci in quanto i suoi lavori si mostrano tra loro profondamente legati e nel contempo molto diversi. Nella recente mostra milanese, intitolata Come farfalle ferite e tenuta allo Spazio Natalia Lavrentyeva, l’autore presenta tre diverse serie di opere, tutte con una spiccata valenza etica, civile e politica. Due sono le serie fotografiche, la prima ha per protagonista un cane, per l’esattezza un pastore tedesco, che ci guarda con aria interrogativa, rafforzando la domanda di senso che l’autore propone attraverso scritte convenzionali tracciate con grafia elementare, un corsivo tipico da lavagna scolastica alla Magritte, sulla medesima superficie. Gli occhi del cane, immerso nei set di Fullone, pongono all’umanità domande candide ma essenziali. L’autore sembra suggerire che riuscire a vedersi con gli occhi di un cane consentirebbe di ri-tarare obbiettivi e priorità della nostra razza umana, troppo poco umana. Nella seconda serie Fullone ci presenta truppe di soldati/ filosofi cui egli mette in bocca, in forma di fumetto, una serie di considerazioni assai discrepanti con il loro ruolo e che impedirebbero loro di sparare e di lavorare alla guerra. Una nuova splendida genealogia della storia umana è proposta attraverso una serie di tavole botaniche che, ciascuna composta da una foglia dalla diversa forma, incollata ad un supporto cartaceo standard - per tutte ugualmente bianco e delle stesse dimensioni-, sembrano a un primo sguardo creare una collezione, quasi un archivio naturale; mentre presto i nostri occhi scoprono una didascalia diversa scritta dall’autore su ciascun foglio e una data che si annida sulla pelle vegetale come un tatuaggio. Diversi sono gli eventi che vengono ricordati da Fullone e tutti hanno a che fare con fatti che rendono il mondo un luogo più abitabile: non annota guerre, prese di potere, dinastie reali o pontificati, ma celebra nascite feconde, tra cui ad esempio quella di Edith Piaf, realizzazioni mirabili, quali le pitture nere di Goya, ribellioni allo status quo, come <<Rosa Louise Parks si rifiuta di cedere il posto su un autobus ad un bianco>>, memorabili concerti, quali Woodstock, e altri eventi che rappresentano le invenzioni più significative e liriche che il mondo abbia mai concepito. Fullone si conferma un inguaribile umanista utopista, ed è ciò di cui abbiamo al momento più bisogno. di Elisabetta Longari Marosia Castaldi recensioni maestri storici La donna che aveva visioni Il romanzo di Marosia Castaldi, dal titolo che sembra parlare proprio di lei, La donna che aveva visioni (Barbera Editore), affonda le sue radici nella scrittura immaginifica e sulfurea della autrice che a ogni parola ci fa sentire la famigliarità con l’abisso e la morte. Questo romanzo riverbera ricordi dei passati libri e racconti scritti da Marosia e riflette la sua passione per la pittura (si veda tra l’altro la presenza della figura di Memling). Proponendo una scrittura che trascina nella lettura come un torrente dal corso tortuoso e irresistibile, l’autrice dà corpo a una voce roca che arriva dal profondo dello stomaco e si propaga intorno. Una curiosità: la sua prosa assomiglia al suo fare visivo; l’autrice, che si è espressa prima di tutto come artista visiva, tanto è vero che la sua formazione è avvenuta presso l’Accademia di Brera a Milano, parallelamente alla scrittura pratica una forma di fabulazione immaginifica che si organizza sempre con e sulla carta, materiale senza dubbio prediletto. Il ritmo incalzante della prosa di Marosia si specchia nei disegni a penna o pennarello sui fogli di carta da cui difficilmente l’autrice stacca la punta, finendo per realizzare dei tracciati intricati e complessi che collegano strettamente tutta la scena. Anche quelle che sono definibili come sculture vivono di una connessione, di una concatenazione tra loro, le silhouettes di carta, mobili e precarie in modo davvero affascinante, si aggregano tra loro a formare scene che sono frasi e interi periodi. www.academy-of.eu seguici su: la nostra edizione online che pubblica informazioni in tempo reale, sarai informato velocemente su quanto avviene nel nostro settore fra il mondo dell’arte e quello della formazione accademica. VALLE D’AOSTA Spelgatti Colori, Aosta. PIEMONTE Edilcoloranti, Novara · Lombardi Marco, Torino · Colorificio Moderno, Torino · Colorificio Monviso, Cuneo · Arte e colore, Biella · Villa Mario, Borgosesia (VC) · Morandi Giuseppe, Omegna (VB) · Colorificio Verbanese, Verbania Intra (VB) · Colorificio Fontana, Ivrea (TO) · Casa dei colori, Pinerolo (TO) · Casa della cornice, Brandizzo (TO) · Colorificio Mp, Chivasso (TO) · Mazzoni, Cirié (TO) · Colore Amico, Villardora (TO) · Il centro di Marco Botta, Candelo (BI), · Athena , Cirié (TO). UNCONVEN TIONAL 30 COLORI NON CONVENZIONALI LIGURIA Creative Center, La Spezia · Muller Francesco, Genova · Albe Ligure, Genova Pegli · Gianfranco & Marta, Sarzana (SP) · Podestà Elio, Genova · Bottega d’arte Sabbadini, Chiavari (GE) · Vigo Luigi, Sanremo (IM) · Petrucci Angelo, Crevari-Genova. LOMBARDIA Centro Belle Arti, Muggiò (MB) · Pellegrini, Milano · Nuovo Centro Giardinaggio Pilastro, Desio (MB) · Tucci Service Colorificio, Milano · Il Colorificio, Abbiategrasso (MI) · L’Eliografica, Milano · Colorificio Beato Angelico, Milano · Biemme Colori, Cormano (MI) · Urka Import, Busnago (MI) · Fillegno Spa, Concorezzo (MI) · Marelli Maurizio, Milano · Pentacolor, Giussano (MB) · Zinna Giovanni, Lissone (MB) · Colorificio Adige, Milano · Centro Arte, Vigevano (PV) · Nuova Carcolor, S. Martino Siccomario (PV) · Colorificio Lombardo, Bergamo · La Bottega del Colore, Cantù (CO) · Colorificio Vanzulli, Bollate (MI) · C&M di Mazza, Como · Lo-Mar, Bergamo · Colorificio Luinese, Luino (VA) · A. Rebesco Riproduzione Disegni, Busto Arsizio (VA) · Utility, Vergiate (VA) · Colorificio Centrale, Sondrio · Arte Shop, Boltiere (BG) · De Vanna Giovanni, Legnano (MI) · Fratelli Limonta, Casatenovo (LC) · Ideatre, Robbiate (LC) · De Tomasi Angelo Belle Arti, Varese · Colorificio Bresciano, Brescia · Nadia Color, Iseo (BS) · Colorificio Fossati, Brescia · Ingros Carta Giustacchini, Brescia · Effea, Bagnolo Mella (BS) · Valtrompia, Gardone Val Trompia (BS) · Colorificio Lorenzoli, Darfo Boario Terme (BS) · Mariani Fabio, Lissone (MB) · Colorificio De Carli, Varedo (MI) · Punto Arte, Milano · Manzoni Claudio, Milano · Colorificio Iris, Lecco · Colorificio Esseci, Dalmine (BG) · Tiziana De Molli, Angera (VA) · Checchi colori, Gallarate (VA) · Colorificio Gaetano, Chiari (BS) · Colorificio Freddi, Mantova · Colorificio Moderno, Mantova. HI-LIGHTING COLORI LUMINOSI TRASPARENTI LIMPIDI TRASLUCENTI TRENTINO ALTO ADIGE L’arte di Laura Paissan, Trento. FRIULI VENEZIA GIULIA Nuova Edilcolor, Trieste · Quadricolor, Trieste · Electa Color Store, Fagagna (UD) · Colori Danilo, Pordenone (PN) · Modesto Colori, Codroipo (UD) · Centro Colori, Gorizia · Belle Arti De Marchi, Cervignano Del Friuli (UD). ULTRAVIVID SECONDO PREMIO NAZIONALE MAIMERI PER LA PITTURA www.maimeri.it in collaborazione con Mabef H 599 n FLASH YELLOW Fluorescent Dye fixed on Resin MADE IN ITALY MADE IN ITALY COLORCAMERA, Serena Morina, HD su tela, uno dei 12 vincitori del PRIMO PREMIO NAZIONALE MAIMERI PER LA PITTURA COLORI ACCESI VIVI ULTRACONCENTRATI 51 VENETO Ciolli Roberta, Sanguinetto (VR) · Zeus, Garda (VR) · Maraia, Verona · Colorificio Alla Porta, Verona · Centro Cornici, Verona · Color Line, Thiene (VI) · Colorificio 2M, Marostica (VI) · Bottega dell’arte, Venezia · Emporio del Colore, Montebelluna (TV) · Arte e Colore, Abano Terme (PD) · Angeloni Fine Arts, Mestre (VE) · L’artificio Battagin, Padova · Colorificio Savna, Padova · Artemisia, Treviso · Comedil Color, Creazzo (VI) · Ruberti - Corradini, Sommacampagna, (VR) · La Beppa, Venezia · Arte e Colore, Spinea (VE). EMILIA ROMAGNA Mesticheria Bolognese, Bologna · La Corniceria, Montecchio Emilia (RE) · Pratico, Lugo (RA) · La Politecnica, Ravenna · Marchesi, Parma · Bazzani, Piacenza · Mesticheria Casadei, Forlì (FC) · Centrocolor, Riccione (RN) · Artart, Bologna · Bazar del Pittore, Bologna · Unicolor, Modena · Corbara Marino, Cesena (FC) · L’artistica, Bologna · Stil Color, Felino (PR) · Punto Color, Ponte Taro Fontevivo (PR) · Colorarte, Parma · Il Pennello, Ferrara · Colorline, Bologna · Maccaferri Arreda Art & Co., Pieve di Cento (BO) · Color Decor, Villamarina di Cesena (FC) · Nerio Colori, Lugo (RA) · Colori in luce, Correggio (RE) · Nonsolobianco, Cattolica (RN) · Color Arte Cornici, Modena. TOSCANA Zecchi Colori Belle Arti, Firenze · Bosi Carlo, Firenze · Casa del Pittore, Livorno · Ditta Vagelli, Pontedera (PI) · Barsotti Giuseppe, Carrara (MS) · Colorificio Cappelli, Empoli (FI) · Ugo Ercoli Belle Arti, Firenze · Paoli, Lucca · Belle Arti Fabrizzi, Poggibonsi (SI) · Effegi, Grosseto · Marsino Vernici Belle Arti, Pistoia · Centro Color, Follonica (GR) · Cartoleria Lory, Firenze · Fratelli Rigacci, Firenze · Mastro Artista, Arezzo · Paperbook, Prato. UMBRIA Montmatre, Perugia · Arti & Colori, Terni · Ferramenta dei Trinci, Foligno (PG) · Arte a Parte, Foligno (PG) · La Nuova Parati, Perugia · Centro Parati, Terni · Bragiola, Perugia · G.T. Color, Fossombrone (PU). MARCHE Cluana Color, Civitanova Marche (MC) · Cartolibreria Botticelli, Porto San Giorgio (AP) · Nuova So.I.Ma., Macerata (MC) · Amicucci Gianpaolo, Urbino (PU) · Angelucci A., Pesaro (PU) · Cartolibreria Buona Stampa, Urbino (PU) · Il Registro, Fabriano (AN) · Colorgroup, Magliano di Tenna (AP) · Libreria Cavour, Macerata · Fratelli Cocchetti, Fermo (AP) · Longhini Vernici, Fano (PU) · Storani Nello, Osimo (AN) · Peverelli Annamaria, Senigallia (AN) · Il matitone, Ascoli Piceno · Irno Rumori & figlio, Ancona · Tuttocolori, San Benedetto del Tronto (AP). LAZIO Sprint, Roma · Gioia Arte, Roma · Vertecchi, Roma · Ditta Funiciello Alfredo, Roma · Centro Carta Pizzino, Roma · Fratelli Agostinelli, Roma · Fratelli Cavalieri, Nettuno (RM) · Dieffe, Roma · Elioemme, Ciampino (RM) · Agostinelli Arte, Roma · Klimt Art, Viterbo · L’arte del Colore, Roma · Ars Graphica Art-Ware, Frosinone · Office Today, Viterbo · Arte e Creatività, Roma · Malule, Roma · Tipografia Zirizzotti, Frosinone · La Partenope, Roma · Globe di Iannone, Fondi (LT). ABRUZZO Tonino, Teramo · Ottovolante, Teramo · Ferramenta Sisti, Vasto (CH) · Soqquadro, Teramo · Cosmocolor, Montesilvano Sp. (PE) · Eurocolor, Lanciano (CH) · Iacuone, Pescara · Cartoleria dello stadio, San Salvo (CH) · Multicolor, Pescara. MOLISE Tecnocolor, Campobasso. CAMPANIA Giosi, Napoli · La Boheme, Scafati (SA) · Color Mix by MP, Atripalda (AV) · Perrone Alfredo, Battipaglia (SA) · Meddi, S. Maria Capua Vetere (CE) · Cartolibreria Iannelli, Benevento · Figliolia Giovanni, Salerno · Volpe Monica, Pozzuoli (NA) · Visal, Pomigliano D’arco (NA) · Pentacolor, Vallo della Lucania (SA) · Delart, S. Giovanni Vesuviano (NA) · Ferramenta Ferrente Aniello, Torre del Greco (NA) · Termoelettra Giordano, Torre Annunziata (NA) · DG Computers, Benevento · Cucciniello Salvatore, Salerno · Colori & Decori, Lioni (AV). PUGLIA Lotito Gaetano, Foggia · La Libreria, Monopoli (BA) · Cornici Paglia, Foggia · Comar, Lecce · Galli Francesco, Taranto · Galleria Belle Arti, Lecce · D’Ambrosio Vincenzo, Trani (BT) · Artecolor, Foggia · Piccoli Vittorio Color Casa, Manfredonia (FG). CALABRIA Casa del Colore, Vibo Valentia · Fantasie d’arte, Catanzaro · La Sfera, Catanzaro Lido. SICILIA Punto Arte, Noto (SR) · A.G. Cornici, Caltagirone (CT) · Sabatino Prodotti Siderurgici, Enna · Color Shop, Giarre (CT) · Rifatto Rosetta, S. Teresa di Riva (ME) · Arredabrico, Comiso (RG) · Fratelli Baglione, Barcellona (ME) · Cicero, Modica e Ragusa · Morganti Giuseppe, Vittoria (RG) · Leonino Giuseppe, Capo d’Orlando (ME) · Belle Arti, Milazzo (ME) · Art Fantasy, Palermo · Cavallaro Ferramenta, Palermo · Arti e Grafica, Bagheria (PA) · Arte e Hobby, Messina · Artisticamente, Acireale (CT) · Cartolibreria Troisi Loredana, Agrigento · Libreria Pirola Maggioli, Favara (AG) · Tuttocolori, Grammichele (CT) · Masag, Partinico (PA) · Saladino Settimo, Palermo. SARDEGNA Cadoni Sergio, Oristano · Incas Pisano, Cagliari · Cartaria Valdy, Cagliari · Fa.Bri. Color, Sassari · Soru Margherita, Macomer.