Anrtitrombina e D-dimero

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Anrtitrombina e D-dimero
3. Antitrombina e D-dimero
Dr. A. Argento
Cosa è l’Antitrombina (III°)
E' l'inibitore fisiologico della coagulazione da più tempo conosciuto (1965).
E' di sintesi epatica ed inibisce l'azione di tutti i fattori della coagulazione attivati, eccetto
V° ed VIII°.
Ha una particolare affinità per la trombina ed è detta anche il "cofattore" dell'eparina,
nel
senso che l'azione anticoagulante dell'eparina è mediata dalla antitrombina.
L’eparina infatti, farmaco ben noto, potenzia in modo rilevante l'effetto anticoagulante
dell'antitrombina.
I soggetti con difetto congenito di antitrombina sviluppano frequentemente episodi di
trombosi venosa e, con minore incidenza, arteriosa (infarto miocardico), anche in
assenza
di situazioni a rischio identificate in età giovanile.
Le cause del difetto acquisito di antitrombina sono molteplici: la più frequente risulta
l'epatopatia, che comporta sia un difetto di sintesi proteica sia un aumentato consumo
sostenuto da una coagulazione intravascolare disseminata (DIC) cronica, di variabile
entità. Infatti, in corso di DIC si riscontrano ridotti livelli di antitrombina per un aumentato
catabolismo che interessa anche buona parte dei fattori della coagulazione.
Altra condizione che si associa ad una riduzione dei livelli circolanti di antitrombina è la
sepsi da microorganismi Gram-positivi o negativi e la sindrome nefrosica.
Discordanti i dati su una sua riduzione in terapia estro-progestinica di II° generazione,
mentre non è descritto nessun effetto incorso di terapia estro –progestinica di III°
generazione
Allora perché si chiede così frequentemente l’antitrombina ?
Si può affermare che l’esame rientra a pieno titolo nella batteria dei marcatori
trombofilici come indicato in tabella:
Incidenza nella
Popolazione
Generale
( Italia)
Incidenza nella
Popolazione con TVP
(Pazienti non
selezionati)
0.02 %
1.1 %
Proteina C
0.2 – 0.4 %
3.2 %
Proteina S
0.7 %
2.2 %
3 %
18 %
2.3 %
6.2 %
Marcatore trombofilico
Antitrombina
Resistenza alla Proteina +
Mutazione fattore V ( Leiden)
Mutazione fattore II° ( protrombina )
Appare evidente dalla tabella che l’antitrombina è il difetto trombofilico più raro:
in pratica per avere la possibilità di individuare un paziente portatore di tale difetto (nella
popolazione generale) è necessario eseguire almeno 5000 test!
Le richieste di antitrombina nella Azienda di Rimini per il 2004 sono state: n° 14.903
ben superiori alle 5000 necessarie per individuare almeno un difetto genetico e guarda
caso nonostante questo, il numero di soggetti con difetto genetico sono stati: n° 0
Allora invece di richiedere un solo test (Antitrombina) si dovrebbe richiedere tutta la
batteria dei marcatori di trombofilia , in tutte le condizioni in cui sia possibile sospettare la
nascita di tale evento oppure, richiederlo su base anamnestica familiare, ma anche così
non si risolve il problema, come descritto nell’elegante lavoro del Prof. G. Palareti:
“Role of family history in hidentifying women and Higher Risck of Venosus
Tromboembolism During Oral Contrapcetion”
pubblicato su Arch. Intern Med 2003; 163:1105-1109 da Palareti et All.
Se è vero che un esame di laboratorio è appropriato quando fornisce una risposta
ad un quesito clinico e permette di effettuare un intervento terapeutico sul
paziente,
si può senz’altro sostenere che l’utilizzo routinario della Antitrombina non è
appropriato.
Cosa è il D-Dimero
Il D-dimero è un prodotto di degradazione della fibrina stabilizzata. La sua presenza nel
sangue dipende dall’attivazione della coagulazione con formazione di fibrina dapprima
solubile, poi stabilizzata per azione del fattore XIII° (attivato dalla trombina) e successiva
proteolisi da parte del sistema fibrinolitico.
Ha un peso molecolare di circa 180000 Dalton ed una emivita in vivo di circa 4-6 ore.
La concentrazione di D-dimero in vivo, riflette il bilancio della bilancia emostatica.
Il suo aumento è indice di attivazione della coagulazione, anche se purtroppo in modo
molto aspecifico.
Significato del dosaggio del D-dimero e CID
E’ noto che nella CID si riscontrano pressoché regolarmente valori elevati di D-dimero
associati a prodotti di degradazione del fibrinogeno, e la misurazione separata o
combinata di tali prodotti utilizzando metodi recenti raggiunge una sensibilità diagnostica
per la CID prossima al 100%. Ciononostante, la determinazione del D-dimero in tale
condizione clinica (dove peraltro il livello di D-dimero è sempre alterato) non appare
tradursi in utili indicazioni circa il trattamento più opportuno o per un orientamento
prognostico
D-dimero e gravidanza
In gravidanza si registra fisiologicamente un aumento progressivo del D-dimero,
in quanto espressione dello stato di ipercoagulabilità che caratterizza tipicamente tale
condizione. E’ stato segnalato che incrementi eccessivi possono caratterizzare alcune
patologie gravidiche, come i ritardi di accrescimento, gli aborti intrauterini, le gestosi
ipertensive e la pre-eclampsia. Tuttavia, l’impiego del D-dimero al fine di orientare la
diagnosi od il trattamento di queste complicanze nei singoli soggetti è tuttora
problematico
e non codificato.
Le cose non sono diverse per altre condizioni (chirurgia maggiore, traumatologia,
infezioni e sepsi, neoplasie, epatopatie), in cui può coesistere un certo grado di
coagulazione intravascolare con conseguente aumento del D-dimero. Tuttavia in tali
situazioni la misurazione del D-dimero è priva di valore pratico.
Condizioni in cui è stato osservato un aumento del D-dimero nel plasma:
1. Età avanzata
2. Periodo neonatale
3. Gravidanza fisiologica e patologica (incluso
il puerperio)
4. Pazienti ospedalizzati
5. Pazienti con disabilità funzionale
6. Infezioni (in particolare sepsi da Gram -)
7. Tumori
8. Interventi chirurgici
9. Traumi
10. Ustioni estese
11. CID
12. Tromboembolismo venoso
13. Embolia polmonare
14. Cardiopatia ischemica
15. Stroke
16. Arteriopatia periferica
17. Aneurismi
18. Scompenso cardiaco congestizio
19. Crisi emolitiche nell’anemia
falciforme
20. Emorragie subaracnoidee ed
ematomi sottodurali
21. Altre emorragie
22. ARDS
23. Malattie epatiche
24. Malattie renali
25. Malattie infiammatorie intestinali in
fase di attività
26. Artrite reumatoide
27. Terapia trombolitica
In neretto le uniche patologie ove sia previsto l’uso del D - Dimero
Il D-dimero acquisisce tutto il suo significato quando il suo dosaggio, in presenza di
sospetta TVP od Embolia Polmonare risulti negativo. Al contrario della maggior parte dei
test di laboratorio, possiede una PREDITTIVITA’ NEGATIVA, serve ad ESCLUDERE,
non
a confermare una patologia. Si deduce pertanto che i valori patologici del D-dimero
perdono di significato, non sono utili, in parole povere non servono.
La conseguenza di ciò che abbiamo sostenuto è pertanto questa: ogni qual volta si
sospetti una Trombosi Venosa Profonda oppure una Embolia polmonare oppure una
CID,
allora va richiesto il D-dimero, all’interno di un percorso diagnostico da associarsi alla
CUS (compressione ultrasonografica, cioè a dire eco-doppler)
Se il risultato è normale, allora al 97% si può escludere la patologia ricercata, ma se
risulta positivo il test perde di significato e, diventa inutile anche sapere se è alto, poco o
molto, in quanto non è un test che può servire per seguire l’evoluzione di una patologia,
anche qualora fosse una delle tre in cui esiste l’indicazione al dosaggio.
Il suggerimento più appropriato risulta quello di richiedere il test suddetto, solamente
quando si sospetti una delle tre patologie in cui esiste l’indicazione al dosaggio, ed a
considerarne esclusivamente il valore predittivo negativo.
Richiedere sistematicamente D-dimero come fosse un esame routinario in tutte le
patologie è assolutamente inappropriato.
Nella nostra Azienda nell’anno 2004 si sono avute richieste per n° 12.122 test
1.
2.
3.
4.
RE, Lahousen T, Lipp RW, Korninger C, Schnedl WJ. - Elevated D-dimer results in a healthy patient. Blood
Coagul Fibrinolysis 2001; 12:501-2.
Michiels JJ, Freyburger G, VanderGraaf F, Janssen M, Oortwijn W, VanBeek EJR. - Strategies for the safe and
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C. Legnani, G. Palareti, D. Prisco - Linee guida sull’impiego clinico del D-Dimero per il Sottocomitato Emostasi
CISMEL P.M. Mannucci (Milano), Coordinatore; A. Tripodi (Milano), Segretario; N. Ciavarella
(Bari) G. Lippi (Verona); C. Manotti (Parma); G. Palareti (Bologna); D. Prisco (Firenze);
F. Rodeghiero (Vicenza) - CISMEL Comitato Italiano per la Standardizzazione dei Metodi
Ematologici e di Laboratorio.
5. Vander Graaf F, Van den Borne H, Van der Kolk M, de Wild PJ, Janssen GWT, Van Uum SHM. - Exclusion of deep venous thrombosis with D-Dimer testing - Comparison of 13 D-Dimer
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