La Fondazione Emilio Pucci: la memoria come continuità tra passato

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La Fondazione Emilio Pucci: la memoria come continuità tra passato
Seminario di studi
Archivi della moda del ’900: primi risultati del progetto a Firenze e in
Toscana
II sessione
Archivi della moda: esperienze a confronto
Firenze, 4-5 giugno 2009
Alessandra Arezzi Boza, Archivio Pucci
La fondazione “Emilio Pucci”: la memoria come continuità tra passato e
futuro
La fondazione archivio “Emilio Pucci” è nata ufficialmente nel 2001 per
volontà della famiglia Pucci, con l’intenzione di conservare, riordinare e
catalogare il ricco e diversificato patrimonio che si era andato
accumulando in sessant’anni di vita e storia della maison nella sua sede
originaria, Palazzo Pucci, che fin dall’inizio dell’attività e della carriera di
Emilio Pucci è sempre stata la sede del marchio. E che il luogo dove
questa storia è nata, si è sviluppata e ancora oggi continua a reinventarsi,
sia rimasto sempre lo stesso è già di per sé un fatto molto importante, non
solo per un fattore pratico di conservazione, di non dispersione della storia
e del patrimonio creativo dell’azienda, ma anche perché testimonia un
legame molto forte, un vero e proprio radicamento direi, nella città, nella
sua cultura, nel territorio e nel tessuto artigianale da cui è nato, che non si
è mai perso nel corso degli anni. E non è un caso che la continuità, pur nel
rinnovamento costante, rappresenti uno dei maggiori valori di questo
marchio. Da qui l’importanza e la necessità, sentita dalla famiglia Pucci di
creare una fondazione che si prefiggesse anzitutto il compito di conservare
e riordinare questa importante eredità.
Non mi dilungherò sulla storia di Emilio Pucci, che penso sia nota a tutti,
basterà solo dire che cominciò nel ’47, con presupposti diversi – direi
opposti – rispetto a quella che era l’imperante couture francese, con un
modo completamente nuovo di concepire la moda e di vestire la donna:
una moda sportiva, pratica e funzionale, anticonformista, molto colorata e
allegra. In una parola, il prêt-à-porter, quando ancora questa definizione
non era stata neanche coniata.
Quello che colpisce nel caso Pucci è la completezza dell’archivio e del
materiale in esso contenuto: un patrimonio molto ricco che oggi, grazie al
lavoro di riordino e catalogazione, è tre le prime e più grandi fonti di
riflessione e ispirazione per la maison.
Un primo passo per il riordinamento del materiale è stata la mostra
retrospettiva alla Sala Bianca di Palazzo Pitti, a Firenze, nel 1996. E, come
spesso succede in questi casi, la mostra è stata l’inizio di un percorso di
valorizzazione e conservazione che ha portato, nel 2001, alla nascita della
fondazione con una mission e degli obiettivi ben definiti:
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l’inventariazione, la catalogazione e la conservazione di tutto il
patrimonio;
la creazione e la produzione di eventi istituzionali, pubblicazioni,
partecipazione a diverse attività culturali attinenti al marchio, alla
moda, alla storia del costume;
la collaborazione con la maison Emilio Pucci sia per la
comunicazione dell’immagine all’esterno, sia soprattutto per la
formazione del personale interno, specialmente l’ufficio stile, come
spunto di riflessione e come stimolo per l’ispirazione: e questo è un
fatto fondamentale soprattutto per un brand che è così fortemente
connotato come quello di Pucci.
Per quanto riguarda il primo punto, ovvero l’ordinamento e la
catalogazione, si sono individuati sette principali fondi che costituivano
l’archivio: le fotografie, i disegni e gli schizzi, l’archivio documenti (con
gli ordini, la corrispondenza con personaggi vari, i brevetti e la
documentazione amministrativa), i tessuti, le rassegne stampa e video,
l’archivio prodotto con capi e accessori, i “progetti speciali”.
Data la quantità enorme di materiale e la necessità non solo di conservarlo
e ordinarlo ma sopratutto di renderlo facilmente consultabile e fruibile in
tempi brevi, si sono imposte da subito delle scelte.
Per prima cosa è stato creato un data base gestito da un software apposito,
inteso come strumento flessibile che da una parte permettesse di catalogare
in forma “istituzionale” e quindi secondo le regole catalografiche e
archivistiche di base i vari fondi, dall’altra fosse un unico contenitore per
materiali eterogenei e uno strumento di facile visualizzazione e
consultazione per far fronte in modo rapido e esaustivo alle richieste
dell’azienda.
Una volta creato il software si è scelto di procedere alla digitalizzazione e
alla catalogazione di tutto il patrimonio fotografico, sia perché era quello a
maggior rischio conservativo, sia nell’ottica di ricostruire con esattezza la
storia dell’azienda, l’immagine, lo stile di Emilio Pucci: ed è stata la prima
grande sorpresa dell’archivio: siamo partiti pensando di avere qualche
migliaio di immagini e arrivati in fondo ne avevamo inventariate più di
35.000, di cui una selezione è già stata catalogata e digitalizzata.
È stata poi la volta dei disegni per i tessuti (anche questi più di 1.000,
alcuni dei quali assolutamente inediti) e degli schizzi; in questo caso, più
che la catalogazione, il problema e quindi l’attenzione si sono spostati
sulla conservazione e il recupero attraverso il restauro di quella che può
essere definita come una vera e propria collezione di grafica se non d’arte.
Una piccola parte di questo lavoro, che è ancora in corso, è confluita nella
mostra Emilio Pucci: I disegni 1949-1959 tenutasi alla Galleria del
Costume di Palazzo Pitti nel 2004. Via via che i disegni vengono restaurati
vengono poi riposti e conservati in archivio con criteri museali.
Di pari passo si è provveduto alla digitalizzazione e catalogazione della
rassegna stampa dal 1947 al 2000. Di ciascun articolo, oltre agli estremi
cronologici, all’autore e alle immagini correlate è stato fatto un piccolo
abstract e sono state attribuite keywords che permettessero poi una facile
ricerca.
Infine ci siamo occupati degli stampati, forse il più grande patrimonio
dell’azienda, quello per il quale è universalmente nota: sono stati
inventariati più di 1.500 diversi stampati, ciascuno dei quali è conservato
in archivio in circa 10/12 varianti di colori diverse. Grazie ad una
collaborazione con l’Università di Firenze e con i docenti del corso di
laurea in Storia della Fotografia una parte degli stampati Pucci è stata
fotografata in digitale e i suoi famosi colori sono stati definiti attraverso
l’analisi spettrometrica del colore.
Attualmente stiamo affrontando la catalogazione dell’archivio prodotto,
quindi capi e accessori: è un compito di cui per il momento non si può
prevedere la fine dato che, ad un primo rapido ed impreciso inventario,
abbiamo capito che stiamo parlando migliaia di pezzi, ciascuno dei quali
va visionato, pulito, talvolta restaurato, fotografato sul manichino,
catalogato ed infine riposto con criteri conservativi adeguati.
Parallelamente, la famiglia continua ad arricchire le collezioni con nuove
acquisizioni, come ad esempio una serie di abiti e ed accessori Pucci,
appartenuti a Marylin Monroe e acquistati all’asta di Christie’s a New
York, o l’intero guardaroba di una hostess della Braniff, mentre l’Emilio
Pucci ogni anno dona alla fondazione una selezione dei capi più importanti
di ciascuna collezione. Un progetto infinito, quindi..
Dal 2004 inoltre, grazie ad una donazione della Louis Vuitton Moët
Hennessy (LVMH) gli spazi dedicati dalla famiglia alla fondazione, nei
saloni al piano terreno del Palazzo sono stati risistemati e arredati in modo
da svolgere una funzione di conservazione, di spazio espositivo e di
rappresentanza, anche se la fondazione non è per il momento aperta al
pubblico, ma solo allo staff aziendale e, previa richiesta e approvazione,
agli studiosi.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo, ovvero la produzione e la
partecipazione della fondazione ad eventi di vario tipo, l’idea di fondo è
stata non solo di creare una serie di progetti propri (mostre tematiche,
pubblicazioni, eventi legati all’attività della maison Pucci) per promuovere
l’immagine, la storia, la cultura del prodotto, ma anche partecipare ad
eventi “altri”: mostre antologiche, convegni, pubblicazioni più generali.
In questo modo la fondazione ha prodotto due mostre, quella già citata sui
disegni e, nel 2007, una mostra dedicata alla storica collezione Palio a
Siena oltre a vari eventi legati all’attività della maison (sessantesimo
anniversario con due mostre, aperture boutique).
Al momento la fondazione sta curando un’importante pubblicazione sulla
maison per le edizioni Taschen che uscirà entro l’anno.
A queste attività si aggiungono poi quelle di partecipazione a mostre
antologiche varie, sul made in Italy e sul design, su personaggi che hanno
indossato Pucci, come Audrey Hepbrun o Jackie Kennedy come anche a
convegni e workshop.
Il terzo punto più che un obiettivo è la realtà quotidiana dell’archivio e
della fondazione: un archivio non solo per conservare, ma uno strumento
vivo, un motore di rielaborazione attraverso la collaborazione con
l’azienda Emilio Pucci, che inevitabilmente attinge idee, immagine, storia
e ispirazione dell’archivio e le utilizza su due livelli:
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quello stilistico e creativo: abiti, accessori, ma soprattutto i famosi e
così caratteristici stampati vengono, collezione dopo collezione,
ristudiati, rielaborati a volte addirittura riproposti: è il caso, ad
esempio, delle piccole collezioni di Collectibles: ogni anno vengono
infatti selezionati in archivio alcuni capi e accessori che vengono
riprodotti e rieditati fedelmente in edizione limitata;
quello relativo all’immagine e al marketing: la comunicazione dei
valori e della cultura del brand e del prodotto, passa sempre
attraverso la rilettura della sua storia, del suo stile, delle sue
intrinseche caratteristiche: ecco che allora i nuovi flagship store nel
mondo uniscono un design modernissimo e minimalista alla memoria
del passato, attraverso fotografie, oggetti, stampati che diventano
quadri; molti degli eventi legati alla promozione del brand si ispirano
naturalmente alla sua storia e il loro concept nasce spesso dai
materiali d’archivio.
Molti sono i progetti per il futuro: anzitutto una sede più ampia che
permetta di conservare nella situazione ottimale l’intero archivio e di
destinare degli spazi all’esposizione a rotazione di una parte dei capi;
l’istituzione di borse di studio per giovani stilisti e manager della moda in
collaborazione con le maggiori istituzioni del settore; altre mostre o eventi
che permettano di far conoscere appieno e nelle diverse sfaccettature la
personalità poliedrica, l’estro e la creatività di Emilio Pucci e di mostrare
quanto della sua eredità e della sua fantasia sia ancora viva, attuale e
moderna. Un cammino lungo, ma del resto siamo ancora relativamente
giovani!