Sbircia il contenuto - Edizioni Forme Libere

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Sbircia il contenuto - Edizioni Forme Libere
Maria Flora Mangano
Rugiada
EDIZIONI FORME LIBERE
Maria Flora Mangano, Rugiada
Copyright© 2010 Edizioni Forme Libere
Gruppo Editoriale Tangram Srl - Trento
Via Verdi, 9/A - 38122 Trento
www.forme-libere.it - [email protected]
Prima edizione: ottobre 2010 - Printed in Italy
ISBN 978-88-6459-016-5
Immagine di copertina gentilmente concessa da Elisabeth Schabler
Progetto grafico di copertina:
Stampa su carta ecologica proveniente da zone in silvicoltura, totalmente priva di cloro.
Non contiene sbiancanti ottici, è acid free con riserva alcalina
Sommario
9Prologo
15
La ragazza con il lettore digitale
35
Jacob e il senso delle parole
45
La giovane donna in fuga
61
Intermezzo a più voci
71
Il nome vero di Giovanni
91
Il ragionamento di Jonas
103Epilogo
109 Note per il lettore
Rugiada
Prologo
“H
a mai visto la rugiada?” L’anziano signore si rivolge alla giovane, ultima arrivata nello scompartimento, sollevando lo sguardo dal libro, con occhi sorridenti.
“Che domanda. Certo che conosco la rugiada, chi non
l’ha mai vista? Neanche vivessimo nel deserto o al Polo
Nord.” La voce è stizzita, si avverte un leggero disagio, mascherato dall’aria distratta di chi è occupato in altri affari.
“Provi a descriverla, se non le dispiace. È tanto tempo che
non la vedo.” L’anziano signore attende la risposta senza
fretta. La giovane si guarda intorno, smarrita, cercando
aiuto per svincolarsi dall’insolita situazione.
“Non sia timida, prima di lei la stessa domanda è stata
fatta a noi.”
Lo smarrimento della signora aumenta: non ha parlato nessuno dei passeggeri accanto a lei. Guarda in alto, in
direzione del suono appena udito e scorge un ragazzo appollaiato sul portabagagli che la saluta con un cenno della
mano.
“La corte dei miracoli, signora. Benvenuta. Qui c’è di tutto: ha mai visto uno scompartimento simile?” L’uomo che
siede davanti a lei tenta di rassicurarla, ma senza guardarla,
continua a fissare il monitor del suo portatile e, abbassando il tono della voce, aggiunge: “Sono salito quasi due ore
fa, un viaggio della speranza, si sarebbe dovuto concludere
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da tempo. Invece eccomi ancora su questa ferraglia incandescente, maleodorante e lenta. Ho avuto la sua stessa reazione, inizialmente: una banda di matti, pazzia collettiva
dovuta al gran caldo. Appena arrivo a Milano, presento un
esposto alle Ferrovie dello Stato. Intanto, però, sopportiamo. Risponda al vecchio, è innocuo, in fondo, vede e sente poco, sempre chino sul suo libro, non ha mai voltato
pagina da quando sono salito. È un po’ andato e chiede a
tutti di questa rugiada. Sia paziente, lo assecondi, così la
facciamo finita.”
“Che maniere. Crede che non senta, vero? Crede che
solo perché è più giovane, ben vestito e istruito può prendersi gioco di una persona anziana?” È una corpulenta signora dalla voce squillante e forte a intervenire. Occupa il
posto centrale dello scompartimento, rubando centimetri
a destra e a sinistra. Agita le mani mentre parla, quasi volesse schiaffeggiare l’uomo, che non si scompone, continua
a fissare il monitor e ammicca alla giovane signora ignorando l’altra: “Un talk show, ci tocca subire la brutta copia
del più squallido talk show. Tutto perché lo sciopero dei
conducenti di volo ha paralizzato gli aeroporti. Inaudito.
Ho perso quello ad alta velocità e ho dovuto ripiegare su
questo macinino rovente. Come se non bastasse, poi, il posto che mi era stato assegnato è in una carrozza che è stata
soppressa, cioè che non c’è. Ho pagato un biglietto per un
posto che non esiste. Si rende conto? Questa è l’Italia. Terzo mondo.”
La signora corpulenta lo guarda con disprezzo, senza
dire nulla. È offesa dai suoi modi, ma, ancora di più, è dispiaciuta per come ha deriso l’anziano signore, così gentile,
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calmo e fiducioso. Non ha ancora ricevuto risposta dall’ultima passeggera e attende con pazienza.
È il turno della giovane signora: “Allora, visto che scenderò a Prato e che siamo solo a Orvieto, non posso fare altro che attendere, come voi. Anche io avrei dovuto prendere il treno ad alta velocità, in alternativa a un volo che non
è partito. Tocca anche a me questo viaggio con un posto
su una carrozza soppressa. Ma vedo che il male è comune.
Rispondo subito riguardo alla rugiada. Ma vorrei rassicurare la signora che non credo che questo signore avesse
intenzione di prendere in giro nessuno. È solo che siamo
stanchi, accaldati, abbiamo dovuto cambiare programmi e
biglietti, avvisare tante volte, forse, per spostamenti di orari e di tragitti. E questo treno che continua a sbuffare e ad
arrancare lento non aiuta. Scommetto che anche i servizi
sono fuori uso, oltre all’aria condizionata.”
“Esatto.” Sembra emergere da un altro pianeta la ragazza
magra, con un paio di piercing all’orecchio sinistro e uno
sul naso. Smalto nero alle mani e scarpe da ginnastica senza lacci. Siede svogliatamente, aggiustando il volume del
lettore digitale. Non aggiunge altro, guarda fuori dal finestrino e torna nel suo guscio a ritmo di rap.
La giovane signora riprende, rivolgendosi all’anziano:
“Ha ragione. Anche io non vedo la rugiada da tanto tempo. Da bambina andavo ogni tanto in campagna a trovare
i nonni, nelle Langhe piemontesi. Ricordo la trepidazione con la quale attendevamo quel viaggio insieme ai miei
fratelli. Natale, Pasqua e ogni tanto in estate. Nei giorni
di agosto, al mattino presto, accompagnavo il nonno dagli
animali e, per la strada, scorgevo la rugiada. Piccole gocce
come perle, tonde, perfette. Appena mi avvicinavo, scom11
parivano tra le mie dita e il nonno mi diceva di non toccarle, per non distruggerle, perché erano le bevande preferite
dei fiori, come per me il chinotto.”
Sorride, per un attimo distende il viso dai tratti leggeri,
duri fino a pochi minuti prima. Lo scompartimento trattiene il respiro: il ragazzo sorride e risponde allo sguardo
compiaciuto della signora corpulenta. L’uomo solleva lo
sguardo dal pc e osserva la giovane con interesse. La ragazza fa lo stesso, sfilandosi un solo auricolare per ascoltare.
Un altro ragazzo, che siede davanti all’anziano signore,
dorme profondamente e non si è accorto di nulla.
Il racconto prosegue: “Anni dopo, con la morte dei miei
nonni, abbiamo smesso di andare lì, ma, di tanto in tanto
sono tornata a visitare quei luoghi. In passato avevo alcuni
amici di quella zona e mi è capitato di vedere ancora la rugiada al mattino presto. Il ricordo andava alle passeggiate
con il nonno e mi è sempre rimasto il desiderio di alzarmi
prima del sole. Ma è trascorso tanto tempo. Ora l’unica
rugiada che vedo è in fotografia, ci sono immagini bellissime su Internet, sa?” Mentre lo dice, cerca il cellulare per
mostrare al vecchio queste foto.
“Lasci stare, non c’è possibilità di connettersi. Maledetti Appennini e gallerie. Si perde il segnale continuamente.
Occorrerebbe spianare queste montagne inutili e costruire
un’autostrada diritta.” L’incanto sembra rotto di nuovo,
ma, prima che lo scompartimento insorga contro l’uomo,
l’anziano signore ride, attirando su di sé gli sguardi stupiti
degli altri.
“Starebbe bene in Corea del Nord” – ironizza – “il cui
profilo geografico tradizionale non esiste più, ho letto. Anche per il dittatore che le ha fatte spianare quelle montagne
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erano inutili. Eppure, erano le montagne a dare vitalità alle
pianure e frescura, neve e corsi d’acqua, boschi, animali,
passeggiate.
Spesso ciò che riteniamo inutile ha molto più valore di
quanto possiamo immaginare. Come la rugiada: acqua che
evapora coi primi raggi del sole. Chi è distratto o si sveglia
tardi, non la nota. Ma chi l’ha vista, anche solo una volta,
ne conosce la bellezza e non la dimentica. Poco importa
che si dissolva durante il giorno: torna, puntuale, la notte
seguente.”
Prima che potessero accorgersene, i passeggeri ascoltavano l’anziano signore, incuranti del caldo e dello sferragliare sonnacchioso del treno. Godevano, nel tempo loro concesso, di brevi racconti, a lenire ferite più o meno profonde
e a recare sollievo, come gocce di rugiada.
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