Immigrazione e Integrazione, premiati gli studenti del Liceo Colombo

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Immigrazione e Integrazione, premiati gli studenti del Liceo Colombo
Immigrazione e Integrazione, premiati gli studenti del
Liceo Colombo
17 giugno, 2016 20.09 | di La Redazione
Cultura e Spettacoli
MARIGLIANO. Cineforum, Immigrazione e Integrazione: premiati gli studenti Giuseppe Pio Buonincontro e
Chiara Devastato, del Liceo “C.Colombo” di Marigliano. Gli studenti hanno visto tre film per il Cineforum,
svolto al teatro Summarte di Somma Vesuviana, seguito da un dibattito. Di seguito gli elaborati – poesia e tema –
premiati dalla testata giornalistica web La Provincia Online, diretta da Gabriella Bellini.
Il peso delle parole
(di Giuseppe Pio Buonincontro – cl. I F, Liceo “C. Colombo” – A.S. 2015/2016)
Reti di farfalle,
voli di libertà.
Armonia di colori,
tonalità di diritti.
Inebriano profumi,
odori di emancipazione.
L’infinito del mare,
onde d’emigrazione.
Nascondigli interminabili,
richiami di bullismo,
Potenti correnti gravitazionali,
equilibri di doveri e diritti,
si disperdono nell’immensità del cielo.
“Libertà” parola colma d’amore
“Diritto” parola che risuona tutte le ore.
“Emancipazione” filosofia che origina storie.
“Emigrazione” prospettiva di salvezza,
“Bullismo”bisogno di sicurezza.
“Legge” è il termine corretto,
in questo mondo che è un treno diretto.
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“I Colori del mondo”
( di Chiara Devastato - cl. I C, Liceo “C. Colombo” – A.S. 2015/2016)
Conosciamo bene i colori del mondo, quelli suoi più particolari, ma non conosciamo i colori di
ognuno di noi.
Prendiamo un giorno qualunque, 28 aprile 2016 – circa 7 miliardi di persone, 196 Stati, 6-7
continenti (a seconda dei modelli di valutazione considerati) e una realtà ancora tutta da scoprire.
Sento spesso parlare i miei genitori, i miei nonni (o semplicemente gli adulti che mi sono attorno)
della “ loro generazione” e di quanto questa sia stata diversa dalla “nostra”. Effettivamente c’è una
bella differenza, cominciando dalla popolazione che è aumentata notevolmente. Cosa raccontano?
Narrano di guerre, di potenze mondiali, di conflitti ideologici…e narrano, soprattutto, vicende della
loro vita quotidiana: quante passeggiate nella ricca natura, le giornate passate interamente per
strada, a giocare in compagnia! La maestra era unica e non tutti frequentavano “come si deve” la
scuola; il lavoro c’era, anche se non facile, ma tutti erano all’opera. Parlano di pericoli di oggi che
allora non esistevano.
Prendendo in considerazione la vecchia generazione, mi pongo una domanda: “ Ma noi, la nuova
generazione, cosa racconteremo a quella futura?”. Su, non spaventiamoci… c’è così tanto da dire!
In fin dei conti è una domanda banale, non trovate? Ma, da dove partire? Si potrebbe partire dalla
TECNOLOGIA, parola di origine greca composta dalle parti “tékhne-loghìa”, cioè letteralmente
“discorso (o ragionamento) sull’arte”, dove con “arte” si intendeva sino al secolo XVIII il “saper
fare”. Personalmente credo che la tecnologia sia la prima caratteristica della nostra generazione.
Detto ciò, passerei ad elencare le altre caratteristiche del mondo odierno, naturalmente fin dove è
possibile, senza dimenticarne una molto attuale (benché affondi le sue radici nella storia
passata), la “Globalizzazione”. All’elenco aggiungerei attentati terroristici, inquinamento e sue
conseguenze, crisi, evoluzione della conoscenza del cosmo, guerre, web, migrazione (nelle sue
varianti di emigrazione ed immigrazione). Argomenti uno più importanti dell’altro, che,
indirettamente o direttamente, riguardano ogni singolo essere vivente del nostro pianeta.
Il mio grillo parlante mi suggerisce di riflettere sulle ultime tre parole precedentemente elencate.
Comincerei col dire, per chi non lo sapesse, che tra questi termini c’è una bella differenza.
L’emigrato è colui che ha lasciato il suo Paese d’origine, l’immigrato è chi si è trasferito in un altro
Paese e il migrante è colui che si muove in cerca di altri luoghi, ammesso che siano disposti ad
accoglierlo. Emigrati sono stati tanti Italiani diretti in America per lavoro, poi diventati cittadini
statunitensi; immigrati sono, ad esempio, tanti musulmani venuti in Italia, di cui sono diventati
cittadini rispettosi delle nostre leggi e della nostra cultura; migranti sono persone in fuga verso
approdi sicuri, ma che spesso diventano clandestini senza diritto di cittadinanza.
Perché la loro condizione è così importante nel mondo di oggi? Perché rappresenta uno degli effetti
della globalizzazione, delle crisi economiche, della sovrappopolazione.
Nel 2016 l’Italia si presenta come uno Stato multietnico, così come la Francia, la Germania, la Gran
Bretagna, gli Stati Uniti… Insomma, il mondo è davvero molto “colorato”.
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Ciò è un bene, perché permette di arricchire la cultura di ognuno di noi, ma è un bene fin quando
riusciamo a vivere tutti insieme nel rispetto reciproco.
Questa è una cosa che ho imparato attraverso la visione di tre film.
La mia scuola, il “ Liceo C. Colombo” di Marigliano, ha proposto a noi ragazzi un’opportunità
davvero bella e valida: partecipare a un cineforum di tre film sul tema della migrazione e parlarne
poi con persone esperte nel settore dell’accoglienza dei migranti.
I tre film sono stati: “Terraferma” di Emanuele Crialese, del 2011 – “Samba”, di Oliver Nakache
e Eric Toledano, del 2014 – “Non sposate le mie figlie”, di Philippe De Chauveron, del 2014.
“Terraferma” ha come protagonisti una famiglia di pescatori di una piccola isola siciliana che
vivono di pesca, ma anche di turismo in estate. Essi basano la propria vita sulla “legge del mare”. Il
film racconta di un’estate in cui diventano più massicci proprio i flussi migratori e di come questa
famiglia si ritrova impotente di fronte questa situazione. La Legge Italiana prevede che qualora
vengano trovati a mare o sulla terraferma migranti in cerca di aiuto, la loro presenza deve essere
immediatamente denunciata alle Autorità, prima ancora di prestare loro qualunque soccorso. La
Legge del mare, però, impone di aiutare subito chiunque si trovi in pericolo a mare.
È questo uno dei maggiori conflitti che la famiglia si trova ad affrontare, in quanto aiuta d’istinto
una migrante con i suoi due figli, un bambino e una bambina nata proprio nella casa dei
pescatori. Tra le varie scene si nota anche come i migranti vengano soccorsi umanamente sulle
spiagge da alcuni turisti, a differenza delle procedure fredde e burocratiche che vengono applicate
nei loro confronti dalle Forze dell’Ordine nell’adempimento dei loro doveri istituzionali.
Il film ci invita a ragionare sul fatto che molto spesso c’è in noi un innato razzismo, un’innata
paura, ma anche una spontanea umanità, difficile da controllare. Tra queste persone così disperate,
al punto da tentare una morte probabile rispetto a quella certa delle guerre da cui scappano, si
potrebbe nascondere davvero qualcuno che soffre di una grave malattia, magari contagiosa,
qualcuno male intenzionato, magari proprio un terrorista fanatico. Ecco perché abbiamo anche
paura, una paura giusta, che ci fa dimenticare, però, che il pericolo non è solo in mezzo ai disperati
che approdano sulle nostre spiagge e che non tutti sono “soggetti a rischio”.
La famiglia dei pescatori non voleva abbandonare la donna, non voleva denunciare il ritrovamento,
ma non poteva averne cura. Come fare? I controlli erano così tanti… Alla fine, il ragazzo pescatore,
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con una decisione istintiva, prende la sua barca e da solo porta in salvo la donna e i suoi bambini
sulla “terraferma”, quella del continente, dove FORSE li aspetta un futuro migliore.
Il secondo film parla di “Samba”, un giovane senegalese che, arrivato in Francia da migrante,
vorrebbe avere la cittadinanza, trovare lavoro, per integrarsi nel territorio ospitante. Per tutto questo,
però, ci vuole tempo e in suo soccorso ci sono assistenti sociali che offrono agli immigrati del cibo,
un tetto e delle procedure, assistendoli fin dove è possibile. Sarà proprio così, all’interno di un
centro di accoglienza, che Samba troverà l’amore in un’assistente.
Il film offre al pubblico la visione della precarietà che affrontano queste persone, poiché lavorano in
nero, con falsi documenti, si nascondono ai poliziotti per sfuggire ai controlli e ne passano davvero
tante. Il film mostra quanto, anche tra culture diverse, si possa essere simili: stesso desiderio di
divertirsi, stesso bisogno di amare, stessa necessità di lavorare, stessa esigenza di salvaguardare la
propria dignità. Si capisce, così, quanto sia bello poter scoprire le ragioni che ci accomunano,
nonostante i colori diversi della nostra pelle.
Il terzo e ultimo film, “Non sposate le mie figlie”, ha suscitato in me davvero tanta curiosità.
Racconta di due coniugi francesi, le cui figlie sposano rispettivamente un musulmano, un ebreo e un
cinese, accettati dai suoceri non proprio di buon grado. Nel corso della vicenda si coglie come sia
difficile l’integrazione piena tra le usanze e le mentalità diverse di tutti i componenti di questa
“vivacemente colorata” famiglia. Sarà poi la mamma, sull’orlo della depressione, a portare la pace e
a invogliare tutti ad un’ampia conoscenza. Ma quando anche l’ultima figlia, Loren, sposa un
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francese cristiano, ma… africano di origine, la situazione precipita. Il padre vorrà divorziare dalla
moglie e tutta la situazione finisce per assumere aspetti sorprendenti. Solo dopo, in vista
dell’imminente matrimonio, i due rispettivi capifamiglia, completamente contrari alle nozze per lo
stesso pregiudizio razziale, riconosceranno di avere tanti gusti in comune e diventeranno grandi
amici, come le rispettive mogli.
Beh, penso che il messaggio sia ben chiaro a tutti: il razzismo è causato dall’ignoranza.
Questo film mostra, poi, un dettaglio poco conosciuto: non siamo soltanto “noi bianchi e cristiani” a
essere talvolta intimamente razzisti nei confronti di altre culture e religioni, ma anche gli altri lo
sono nei nostri confronti. Lo so, è sorprendente!
La visione dei tre film ha stimolato in noi una riflessione: sappiamo che la realtà è complessa, però
non siamo capaci di guardarla in faccia, di comprenderla.
Io vorrei una risposta alla mia domanda: per quanto altro tempo ancora andrà avanti questa storia?
Vogliamo forse raccontare alla generazione futura la nostra inadeguatezza di fronte al problema?
Ah! Il mio grillo parlante disilluso mi dice di non farmi troppe domande… Però, che rabbia!
Trovarsi a vivere nel mondo e non riuscire a governarlo! So che non la pensiamo tutti allo stesso
modo, però ci deve essere un ideale comune, per forza.
La Terra è questa ed è una sola, solamente una. E’ la nostra bella casa, immensamente preziosa,
dove non sappiamo abitare. Noi, così intelligenti, così bravi e tecnologici, ci pugnaliamo a
vicenda! Abbiamo dimenticato ciò che è bello e a volte non ci accorgiamo nemmeno più del
fascino di un semplice tramonto.
Siamo esseri umani, ce ne rendiamo conto? Amici, vi auguro davvero di conoscere i colori di
ognuno di noi e quelli degli altri, per dipingere insieme la tela variopinta della vita.
Auguriamoci serenamente una sana ricerca, con l’aiuto dei nostri grilli parlanti.
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