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leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it NOAM SHPANCER LA PAZIENTE DELLE QUATTRO Traduzione di Guido Calza La paziente delle quattro 1-246.indd 3 31/08/10 16.41 Titolo originale: The Good Psychologist Traduzione di Silvia Sichel Sono qui di seguito riprodotte alcune pagine dal romanzo di Noam Shpancer, La paziente delle quattro. Riproduzione vietata se non per uso personale. Quest’opera è frutto della fantasia dell’autore. Ogni riferimento a personaggi, organizzazioni e fatti reali è puramente casuale. La casa editrice rimane a disposizione per ogni adempimento relativo ai diritti di traduzione dei testi citati Il nostro indirizzo Internet è: www.ponteallegrazie.it Visita www.InfiniteStorie.it il grande portale del romanzo Ponte alle Grazie è un marchio di Adriano Salani Editore S.p.A. Gruppo editoriale Mauri Spagnol © 2010 by Noam Shpancer. All rights reserved © 2010 Adriano Salani Editore S.p.A. – Milano ISBN 978-88-6220-150-6 La paziente delle quattro 1-246.indd 4 10/09/10 15.50 LA PAZIENTE DELLE QUATTRO La paziente delle quattro 1-246.indd 5 31/08/10 16.41 A Mia Lewis La paziente delle quattro 1-246.indd 7 31/08/10 16.41 Look out child, it look like something be coming It be coming the long way around Coming the long way around. Chris Whitley, Long Way Around La paziente delle quattro 1-246.indd 9 31/08/10 16.41 Seduto nel piccolo studio, lo psicologo appoggia i gomiti sulla scrivania e affonda il viso nelle mani, augurandosi che la paziente delle quattro non si faccia viva. Di solito non prende appuntamenti dopo le tre del pomeriggio, ma per lei ha deciso di fare un’eccezione. Una piccola concessione, visto che lei lavora di notte, si alza tardi e può venire in studio solo nel tardo pomeriggio, come gli ha spiegato al telefono. La sua voce, triste e arruffata come una stanza di motel abbandonata in fretta, lo aveva vagamente incuriosito. Le piccole concessioni, gli piace dire ai pazienti, sono come gli spiccioli: tutto sommato è con quelli che deve cavarsela la maggior parte di noi. Le monetine sono le nostre abitudini, la routine, il quotidiano; la loro somma ti dà la misura della vita di ciascuno. La sua routine quotidiana, per esempio, è semplice e lineare. Si sveglia ogni mattina nel suo appartamentino, fa la doccia e si veste. Le stanze sono volutamente buie. Alti scaffali di legno zeppi di libri fiancheggiano le pareti del soggiorno. In passato, nei suoi giorni di ricerca e smarrimento, in quei libri si immergeva. È da molto, ormai, che si è stancato; o, per come la vede lui, che si è calmato. Tuttavia in quei mattoni di carta allineati trova conforto, come se sorreggessero il soffitto. Si veste, va in cucina, prepara il tè e si siede a leggere il giornale. Disseminati per la stanza, oggetti di ogni genere – regali e souvenir ricevuti negli anni dai pazienti. Sopra il tavolino quadrato è appesa una riproduzione del Table au 11 La paziente delle quattro 1-246.indd 11 31/08/10 16.41 jardin di Bonnard, dono di una violoncellista borderline che una notte era comparsa sul prato di casa e si era data fuoco ai capelli. « Sei uno scarafaggio! » gli aveva urlato, « uno scarafaggio. Ti spiaccico con il piede. » Gli piace osservare il dipinto: una tavola apparecchiata fra gli alberi, una sedia, una bottiglia di vino e una luce gialla che si spande dai rami con una vivacità sorprendente. Il piatto di ottone intagliato che è posato sul tavolo è il regalo di un’altra paziente, un’agente di viaggio dalle lunghe treccine, che aveva aiutato a superare la fine di una relazione sentimentale. Quando le aveva chiesto di riassumere in un ricordo il rapporto, lei aveva raccontato che il suo compagno le aveva insegnato a lavarsi i denti con la radio accesa. Se ti spazzoli dall’inizio alla fine di una canzone, le aveva spiegato, hai la certezza di averlo fatto per tre minuti, il tempo giusto. E poi era scoppiata a piangere. La tazza di ceramica variopinta che tiene fra le mani gli è stata regalata da una paziente di cui ha scordato il nome, un’artista che aveva voluto offrirgli un piccolo presente per ringraziarlo del grande aiuto; nell’andarsene si era fermata sulla soglia e aveva bisbigliato « mio marito mi picchia », poi non si era più fatta vedere. L’asciugamano azzurro è il regalo di una paziente ossessivo-compulsiva che si lavava ogni parte del corpo con una salvietta diversa: sedici per doccia; poi doveva lavarle una ad una per sei volte e infine lavarsi le mani, sei volte. Se notava una bolla d’aria nel flacone del sapone liquido era costretta a infilarlo in un sacchetto di carta, buttarlo nella spazzatura e correre in profumeria a comprarne un altro. In uno dei pensili c’è una mezza bottiglia di brandy che gli è stata regalata anni fa da un paziente poi morto suicida. Seduto nella vasca da bagno vuota, si era tagliato il polso sinistro con un coltello da cucina. Quindi aveva tentato di squarciarsi anche il destro; non ci era riuscito, ma non si era arreso: si era tagliato più volte reggendo il coltello fra le ginocchia. In cucina, su un cartone da pizza ammaccato, aveva 12 La paziente delle quattro 1-246.indd 12 31/08/10 16.41 scribacchiato le sue ultime volontà: Crematemi e buttate le ceneri nei rifiuti. Grazie. Ormai lo psicologo è convinto di aver risolto gran parte dei problemi quotidiani. Abita in una strada tranquilla e ombreggiata. I vicini pensano ai fatti loro. L’appartamento è gradevole. Il frigo è pieno e ronza soddisfatto. Lo psicologo svolge il suo lavoro con giudizio, riceve dalle dieci alle tre e arrotonda i guadagni con un corso serale all’università, che si tiene ogni semestre. Il problema del sesso non l’ha ancora risolto. Certo, a notte fonda ci sono dei nebulosi programmi tv via cavo. E siti internet che abbondano di gemiti. Nascosto nella cassettiera, il dvd malconcio di un episodio di Better Sex, utilizzato anni fa per una serie di lezioni sulla sessualità. Gli studenti ridacchiavano, nel vedere quelle povere coppie (gente vera, non attori, diceva il dépliant) che di fronte alla macchina da presa si sforzavano di apparire disinvolti e naturali. Invece lo psicologo trova un rapido sollievo, oltre che una certa gratificazione, alla vista di una delle partecipanti: una tizia mesta con i capelli scuri e il naso aguzzo, protagonista, insieme al suo baffuto partner, del capitolo Tecniche di masturbazione reciproca. A parte questo c’è Nina, o quanto meno il ricordo, la speranza di lei. 13 La paziente delle quattro 1-246.indd 13 31/08/10 16.41 Ogni giorno va al Centro per i disturbi d’ansia – due stanzette al pianterreno di un edificio che era stato un motel da quattro soldi. Dopo un periodo di abbandono vi erano spuntate diverse attività: una compagnia di assicurazioni, un ufficio di consulenze finanziarie, un’agenzia di viaggi, un negozio di fotografia. Dall’altra parte della strada, in riva al fiume che attraversa torbido la città, è in costruzione un nuovo centro commerciale. La cacofonia di camion, gru e trattori filtra attraverso i muri dell’ambulatorio come il chiasso di un parco giochi per bambini. Oltre lo stretto parcheggio, una fila interminabile di macchine entra nell’autolavaggio aperto di recente; a volte guarda fuori dalla finestra, e quella processione quotidiana genera in lui una musica triste e dolce, uno struggimento, mentre contempla quell’opera di pulizia attenta, la cura con cui gli stracci morbidi e gli sguardi teneri accarezzano cofani, cerchioni e paraurti. Quel mattino, mentre andava a lavorare, il traffico era tale che si procedeva a passo d’uomo. La risposta non esiste, proclamava l’adesivo sul baule della macchina che all’improvviso gli aveva tagliato la strada. Idiota, aveva urlato al guidatore, un tipo magro e calvo con il gomito che spuntava dal finestrino come un naso arrossato; poi subito aveva sorriso fra sé e l’aveva scusato. Ecco un altro esempio dell’errore fondamentale di attribuzione, avrebbe detto più tardi in classe: siete fermi al semaforo, poniamo, e avete fretta di arrivare a destinazione; scatta il verde e la macchina davanti a voi non si muove. 14 La paziente delle quattro 1-246.indd 14 31/08/10 16.41 Immediatamente date dell’idiota al conducente, gli attribuite ogni sorta di stupidità estrema e degenerazione dei costumi. Il giorno dopo siete al semaforo, e stavolta siete voi davanti, ma non avete fretta, per cui canticchiate con la radio immersi nei pensieri. Scatta il verde e il tipo dietro di voi suona il clacson. Vi girate gridando: idiota! E allora? La verità, in genere, è che nessuno di voi due è un idiota. Siete entrambi persone oneste e garbate. È il contesto, è la situazione, a determinare le nostre azioni. Chi vuole capire il comportamento umano deve esaminare le circostanze, prima di lanciarsi in dissezioni psicologiche – operazioni rischiose, che di solito tradiscono e uccidono il paziente; sempre che ce ne sia uno, sempre che il suo disturbo non siano proprio dissezioni psicologiche. La risposta non esiste. L’automobilista, idiota o distratto che fosse, è già sparito nel traffico, ma quel proclama continua a tormentare lo psicologo, che ha un’avversione per gli adesivi, i gioielli e le magliette con le scritte, i tatuaggi di caratteri cinesi dal significato oscuro. In apparenza tutti questi gesti di marchiatura sono il tentativo di affermare la propria identità e la propria individualità, di sfuggire a una specie di anonimato annichilente. Eppure nel suo insieme lo sforzo gli appare puerile, sfiancante, essenzialmente ansioso e tutto sommato frivolo. Il quotidiano è spesso visto come un castigo, un’oppressione che dovrebbe suscitare in noi rabbia e ribellione, che dovremmo spezzare e rovesciare con cerimonie e celebrazioni, ritardare con discorsi, punti esclamativi, feste e baccano; che dovremmo mascherare con un bello strato di cerone, montagne di parole, musica a tutto volume e pranzi pantagruelici. Lo psicologo, invece, trova conforto nel placido mormorio del fluire giornaliero della città, nel brontolio silenzioso dei discorsi che non necessitano di ascolto per essere compresi. Lo psicologo preferisce un anonimato tranquillo e grigio, come quello che la città profonde languidamente ai suoi abitanti. Tutti questi tentativi di evasione, la fatica di organizzare cene elaborate ed eleganti, il 15 La paziente delle quattro 1-246.indd 15 31/08/10 16.41 bisogno compulsivo di creare occasioni speciali, gli appaiono sospetti. Dopo tutto è proprio da quelle occasioni speciali che il quotidiano si ostina a rispuntare, sfuggente come fumo, per infiltrarsi nella nostra coscienza ed aggrapparsi a essa. In una camera pervasa dal profumo ancora fresco dell’amore ronza sempre una brutta mosca. La sabbia appiccicosa e malevola si insinua fra le gambe degli amanti su una spiaggia al tramonto. Il carrello delle vivande cigola la sua canzone stonata nella stanza d’ospedale del paziente, e interrompe il discorso del medico in qualche punto fra « mi dispiace » e « tumore ». E poi ecco un rotolo di carta igienica quasi finito, un mazzo di chiavi che non si trova, uno schizzo di sugo che ti è volato sul mento, piatti sporchi nell’acquaio e fango sulle suole delle scarpe. È da un pezzo che lo psicologo si è arreso al quotidiano. Lo paragona a un fiume grande e veloce, silenzioso e forte, che è al contempo fermo e in movimento. Forse, pensa lui, accettare del tutto questo momento continuo e prosaico consente di trascenderlo davvero, di arrivare a ciò che si trova al di là. E tuttavia quell’adesivo gli è rimasto sullo stomaco. Di sicuro devono esistere delle risposte, da qualche parte. E al di là di questo, i gioielli si possono togliere, le magliette cambiare e i tatuaggi coprire. Un adesivo sul paraurti, invece, è come un’espressione congelata sul viso, una maschera ormai irremovibile. Ed è proprio questo il paradosso, riflette: quel tipo calvo, col gomito aguzzo, ha appiccicato l’adesivo alla macchina in un momento di vitalità, di frivolezza, oppure come una barriera allo svilimento, all’annientamento; uno sforzo per rendersi più visibile e nitido al mondo. Tuttavia, la mancata reazione a una situazione instabile è un aspetto della morte: di conseguenza l’adesivo – sorriso congelato su un cadavere che adesso scorre lungo il fiume d’asfalto – è per definizione un simbolo della fine, un epitaffio. Finisci sempre per arrivare alla morte, scherzerà Nina stasera, quando al telefono le racconterà della sua giornata. Non soltanto io, ma tutti noi. 16 La paziente delle quattro 1-246.indd 16 31/08/10 16.41 Sì, dirà lei, tutti noi, ma non qui. Non ora. Non sei tu quello che dice ai pazienti che è importante vivere hic et nunc? Non sei tu a dire che le paure nascono dalle nostre proiezioni sul passato: che cosa ho fatto? Oppure sul futuro: cosa farò? Non è un tuo discorso? Non sei una mia paziente. Allora cosa sono? Stiamo investigando. È in corso un’indagine. 17 La paziente delle quattro 1-246.indd 17 31/08/10 16.41