F. Masala, Architettura dall`Unità d`Italia alla fine

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F. Masala, Architettura dall`Unità d`Italia alla fine
F. Masala, Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900, collana “Storia dell’arte in Sardegna”,
Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 42:
Alessandro Limongelli
Bosa
Alessandro Limongelli (1890-1932), personalità decisiva per la storia dell’ICP e della nuova scuola romana
secessionista, si impone alla fine degli anni Venti orientando l’architettura verso un gusto più severo e
semplificato, definito “Romanesimo”. Straordinario disegnatore (fu il riconosciuto caposcuola di quel disegno
architettonico tracciato con la pesante matita nera) a Roma è vicino, quale collaboratore, alle figure chiave
della scena culturale di allora: Marcello Piacentini e Duilio Cambellotti. In data 19 giugno 1924, nella
capitale, si stipula il contratto che sottoscrive l’impegno delle parti alla realizzazione di una cappella
monumentale nel cimitero di Bosa, in Sardegna, per la somma complessiva e forfettaria di Lire 130.000.
Cifra variabile in relazione al tipo di “disegni in scala 1:10 e delle sagome al vero eseguite dall’architetto”.
Committente ne è l’avvocato Giovanni Mastino, residente in Roma, in rappresentanza anche dei “suoi
germani”. Esecutore dei lavori è l’industriale romano Ciro Filacchioni. “Sono a carico del Filacchioni tutti i
lavori e provviste necessarie per il buon compimento dell’opera”, fatta eccezione «di quattro modelli in gesso
per i bassorilievi della facciata; una scultura in bronzo raffigurante una “Pietà” per l’altare interno; il cancello
d’ingresso in ferro; il trasporto del materiale lavorato dalla banchina del porto di Civitavecchia a piè d’opera; i
cartoni necessari per la decorazione musiva interna; l’alloggio per le maestranze romane che il Filacchioni
riterrà necessarie per l’esecuzione dei lavori, quale il mastro muratore, il mastro scalpellino, il metallaro, il
mosaicista, lo stuccatore; i candelieri e le lampade in ferro». Il contratto stabilisce tra le altre clausole che la
scala e il rivestimento esterno, sino all’inizio della cupola, siano eseguiti in travertino romano di ottima scelta
mentre i quattro bassorilievi esterni e le quattro targhe esterne vengano eseguite in marmo di Carrara. La
cupola dovrà essere costruita con mattoni grezzi e l’interno in mosaico, rivestita all’esterno in piombo
laminato (in un primo momento conformato a squame di pesce). Le parti scultoree previste, quattro
bassorilievi marmorei, La Bontà, La Costanza, Il Tempo, Il Silenzio e il gruppo della Pietà in bronzo per
l’interno, sono affidati allo scultore Giovanni Prini che ne sottoscrive il contratto il 20 giugno. A partire dal
1924 Alessandro Limongelli si reca in più riprese a Bosa per seguirne la costruzione, ultimata nell’agosto del
1925. I committenti, soddisfatti del risultato, vogliono che sia ancora lui a curare la ristrutturazione del casino
di caccia eretto in un loro latifondo nelle campagne a nord della cittadina. Gli acquerelli pubblicati sono la
testimonianza dell’impegno progettuale risolto “a braccio”, durante il procedere dei lavori della Cappella. Per
quest’abitazione in località Sa Pittada, Limongelli ricorre a tipologie locali, secondo una prassi consolidata
suggerita dal dettato secessionista che, negli architetti romani, fu improntato al recupero della tradizione
rinascimentale e seicentesca. Gli esempi individuati in loco sono la spagnolesca facciata del convento e
chiesa del Carmelo, tardo manufatto settecentesco, e quello della più recente Cattedrale dell’Immacolata. In
esse, la pulita parete, intonacata e imbiancata a calce, è ripartita da elementi a rilievo in trachite rossa,
varietà caratteristica del territorio bosano. Di particolare interesse risulta l’interdizione, di origine sacrale ma
qui “capriccio” funzionale al giardino all’italiana antistante, dell’ingresso decentrato e guidato ai due lati
dell’edificio.