Italian Dental Journal 1

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Italian Dental Journal 1
Griffin Editore / www.griffineditore.it
ISSN 1970-7428
Anno X Numero 1/2015
RAPPORTO EURES
Come gestire le complicanze
in implantologia?
«Primum, non nocere»:
riparte dalle basi della
medicina il programma
culturale della Società
italiana di implantologia
osteointegrata (Sio)
e apre alla discussione
delle complicanze in
implantologia. Questi casi
sono in aumento o stanno
semplicemente emergendo
dal sommerso?
Il corso specifico di
implantologia inserito
nel sesto anno di università
migliorerà le performance
dei futuri odontoiatri?
IMPLANTOLOGIA
DIGITALE
FIERA DI COLONIA
Casi clinici: IMPLANTOLOGIA
Intervista a Matteo Chiapasco
CATEGORIA Endodonzia
AUTORE Aldo Crespi
CATEGORIA Chirurgia
AUTORE Giorgio Tiozzo
Lesione endo-perio in 43:
una rigenerazione
ossea insperata
Estrazione
di 18 incluso
ULTIMI POST
3
IN COPERTINA
L'INTERVISTA
Elevare le competenze
per ridurre le complicanze
Una scarsa preparazione di base è uno dei motivi dell'aumento delle complicanze
in implantologia. Valutazione clinica e radiografica preoperatoria e conoscenza
dell'anatomia sono i presupposti per ridurre al minimo i rischi
Inizia quest’anno il biennio di Matteo Chiapasco (direttore dell'unità operativa di chirurgia orale della clinica odontoiatrica, dipartimento di scienze della salute, dell'Università di Milano) alla presidenza della Società italiana di implantologia osteointegrata (Sio), che riceve il testimone da
Luigi Guida e annuncia grandi novità, sia nella struttura
del congresso nazionale che nell’attività formativa.
Tra gli argomenti che riceveranno una nuova e particolare attenzione, ci saranno le complicanze che, come
aveva già dichiarato lo stesso Chiapasco a Italian Dental
Journal, «nei corsi e nei congressi viene spesso lasciata
in secondo piano», nonostante si possano sempre verificare, «anche in mani esperte». Iniziamo dunque a focalizzare questo problema con il nuovo presidente, che
premette: «ci tengo a sottolineare che, sebbene ogni presidente di una società scientifica dia una sua “impronta”
personale, il programma culturale Sio 2015-2016 è stato
pianificato e condiviso con tutto il consiglio direttivo e
con la commissione scientifica».
Professor Chiapasco, lei ha
deciso di porre le complicanze in implantologia al
centro dell’attività di aggiornamento della Sio: come mai? C’è un tabù sull’argomento?
La scelta di inserire una parte rilevante del programma
del mio biennio dedicata alle
complicanze è dettata da motivi molto più semplici e i tabù non c’entrano.
Durante numerosi eventi culturali, corsi o congressi che siano, la maggior parte
dei relatori tende a mostrare
i casi meglio riusciti per mostrare l’eccellenza raggiungibile nel suo specifico campo
di interesse. Giusto, bello, ma
non sempre realistico.
Anche in mani esperte, infatti, le complicanze possono
sempre verificarsi e ritengo
che saperle prevenire e gestire sia un aspetto imprescindibile di ogni attività medico-chirurgica. Molti clinici
si trovano spesso in difficoltà proprio quando “la ciambella non riesce con il buco” e ritengo quindi che dare informazioni dettagliate
su come prevenire e gestire
i problemi sia di fondamentale importanza. Amo citare
sempre la frase che ho imparato dal mio maestro, il professor Roberto Brusati, un
grande della chirurgia maxillo-facciale: «fai pure tutto
quello che vuoi nel tuo campo, purché tu sappia gestire
le complicanze che possono
insorgere».
Ecco perché mi auguro che
dare giusti spazi a questi argomenti susciterà un notevole interesse da parte dei
clinici, principianti o esperti che siano. Si impara molto
dalla gestione delle complicanze ed è grazie ad esse che
si cresce.
Come mai, nonostante gli
enormi progressi in implantologia, le complicazioni sono aumentate? Dobbiamo rassegnarci a questa
situazione o le cose possono
cambiare?
Le complicanze sono aumentate per vari motivi.
Il primo è che finalmente qualcuno ha più coraggio
nel pubblicarle; il secondo è
che l’implantologia, purtroppo e spesso per motivi commerciali, è stata messa a disposizione di chiunque senza
alcuna preparazione di base.
Desidero ricordare che, agli
albori dell’implantologia osseointegrata, la scuola svedese di Per-Ingvar Brånemark
non consentiva la vendita di
impianti se non dopo aver
fatto un corso iniziale molto serio.
Il terzo motivo è legato al
fatto che, almeno nel nostro
Paese, fino a non molto tempo fa molti pazienti “si rassegnavano” ai danni subiti senza opporre resistenza.
Oggigiorno stanno aumentando le cause medico-legali conseguenti a complicanze occorse e quindi inevitabilmente molti più problemi
“vengono a galla”.
È auspicabile che non siano
gli avvocati a far migliorare i
clinici, ma che venga sviluppata una formazione sia prelaurea che post-laurea tale
da preparare adeguatamente
i professionisti. Spero che il
programma Sio agisca da ulteriore stimolo in tal senso.
Quali sono le condizioni
preoperatorie che più facilmente possono condurre a
complicanze?
La quantità e la varietà di
complicanze che possono
verificarsi in implantologia
è troppo estesa per poter rispondere in poche parole e
in modo esaustivo.
Certamente però una inadeguata valutazione clinica iniziale, la mancanza di adeguate indagini radiografiche che
correlino la situazione anatomica locale alla scelta più
CONGRESSO SIO: UN EVENTO
DAL TAGLIO PRATICO
Il 23esimo congresso della Società italiana di implantologia osteointegrata si tiene a Milano il 6 e 7 febbraio e si
propone di rispondere a una domanda precisa, formulata
già a partire dal titolo: “Come ottimizzare e semplificare la
riabilitazione implanto-protesica dell’edentulo totale”.
«Riteniamo che l'argomento sia di estrema attualità e di
grande interesse clinico – dichiara il neo presidente Matteo Chiapasco, che proprio a partire dal congresso inizia il
suo mandato – perché caratterizzato da aspetti diagnostici,
di trattamento e prognostici peculiari rispetto alla riabilitazione implanto-protesica di altre forme di edentulia. L'occasione è quella di poter ascoltare e apprendere da clinici e
ricercatori di chiara fama le più avanzate acquisizioni tecniche e scientifiche in questo specifico campo dell'implantologia. Una di quelle occasioni da non perdere».
Per favorire la partecipazione attiva del pubblico, l’impostazione del congresso è il più possibile pratica: il punto di forza
dell’evento è l'ampio spazio dedicato alle domande e alle risposte, con discussioni interattive tra i relatori e i partecipanti, con la possibilità offerta a tutti i presenti di partecipare attivamente alla pianificazione di casi esemplificativi.
idonea per quanto riguarda
la scelta di dimensioni degli
impianti e sede in cui inserirli e, fondamentale, una insufficiente conoscenza dell’anatomia, predispongono a
complicanze intra e postoperatorie anche gravi.
Quali sono le più serie complicanze in fase intraoperatoria, durante il posizionamento degli impianti?
Com’è possibile ridurne il
numero e la gravità?
In primis le lesioni neuro-vascolari, quali la lesione del nervo alveolare inferiore, mentoniero, incisivo
e del nervo linguale, oppure
la lesione dell’arteria miloioidea o sublinguale per quanto riguarda la mandibola, per
non parlare della pericolosissima seppur estremamente
rara lesione dell’arteria facciale, che può portare ad exitus il paziente; i rami del nervo infra-orbitario e del nervo naso-palatino per quanto
riguarda il mascellare superiore. Esiste poi la possibilità di violare l’integrità della
membrana di Schneider penetrando nel seno mascellare
con gli strumenti da preparazione implantare o addirittura dislocando l’intero impianto nel seno mascellare.
La riduzione di tali complicanze si ottiene con una adeguata valutazione preparatoria clinica e radiografica, con
la conoscenza dell’anatomia,
con l’esperienza e l’autocritica,
tenendo sempre ben in mente
una delle basi della medicina:
“primum, non nocere”.
E in fase post-operatoria?
Le complicanze sono anche
in questo caso molto varie.
Possono verificarsi casi di infezione precoce, di mancata
integrazione dell’impianto o
di infezione tardiva (la cosiddetta perimplantite) che può
portare alla perdita dell’impianto, prima o dopo il carico protesico. Ci sono poi tutte le complicanze legate alle
tecniche rigenerative e ricostruttive, quali le deiscenze dei lembi con esposizione dei materiali da innesto
o delle membrane usate per
le tecniche di rigenerazione ossea guidata, l’infezione
dei materiali da innesto con
la loro perdita parziale o totale e altro.
La riduzione si può ottenere ovviamente con il rispetCONTINUA A PAGINA 5 D
EDITORIALE
Aldo Crespi
Odontoiatra
Cosa pensano di noi
cittadini e pazienti?
Il film «Protezione testimone» è uno dei tanti in cui
la figura del dentista è simpaticamente confinata
alla cenerentola della medicina. Quando infatti Bruce Willis si rivolge alla sua compagna spiegandole
che l’uomo con loro è un dottore, e come tale merita
rispetto perché la gente va da lui quando ha problemi, lei risponde: «è un dentista! La gente va da lui
quando ha il tartaro!».
Molti sono gli esempi cinematografici in cui la figura
del dentista viene rappresentata non solo al peggio,
ma anche come sinonimo di terrore e dolore assicurato. Lo stesso avviene anche in alcune canzoni
di illustri cantanti dove il messaggio è l’immagine di
paura e di assoluto disagio. Claudio Baglioni, in una
sua nota canzone, parla di «svogliati vanno in classe
come nella sala d’attesa dei dentisti», ironizzando al
peggio che ti possa capitare. E non è certo l’unico:
anche qui gli esempi sono veramente tanti, da «che
ti scoppiasse un dente» in poi...
Mi sono chiesto più volte perché questa fama sia
riferita alla specialità odontostomatologica e non
a un'altra. Intervistando molti pazienti, che hanno
superato gli “anta” da un pezzo, ho cominciato a
comprendere.
Il ricordo che traspare più volte è rappresentato da
sedute sempre dolorose, manovre invasive prive di
ogni grazia, vaschette in vetro opalino con residui di
sangue del paziente precedente, assenza costante di
guanti, attese per ore in sale affollate, per non parlare
del ricordo del rumore dei ferri gettati nella vaschetta
in metallo con rabbia quando le cose non andavano
come si voleva; sul consenso informato all’estrazione
meglio sorvolare, come anche sulla conferma della
qualità dell’anestesia prima di iniziare l’intervento.
Certo non erano tutti così, ma l’eccezione evidentemente non è passata; ciò che certamente è passato
dell’odontoiatria degli anni '50 e '60 è un’immagine
terrorizzante, che ha lasciato un’eredità pesante da
cancellare ancora oggi. Che i vecchi dentisti ce ne
vogliano pure, prima però si facciano un esame serio
di coscienza; quelli che invece hanno rappresentato
l’eccellenza certo non si sentiranno toccati.
Vero è che la bocca rappresenta uno dei tanti organi aperti sul mondo e coinvolge più di altri la sfera
emotiva richiamando paure ancestrali, ma cosa dire
allora di altri orifizi riferiti ad altre specialità che però
sono stati risparmiati dal terrore “general popolare”?
Non credo infatti che nella sala d’attesa di chi deve
sottoporsi a una colon scopia l’umore sia da “Mulino
Bianco”; mi piacerebbe intervistare il noto Baglioni in
proposito, e con lui i molti che hanno preso spunto
negativo dalla nostra specialità.
E pensare che la bocca non solo ci permette di
respirare, masticare, deglutire, ridere, parlare, baciare, ma gode di una rappresentazione somatosensoriale tra le più abbondanti proprio per le sue
afferenze, come ben ricorda l’homunculus sensitivo
della corteccia parietale.
Fortunatamente, oggi, le scuole di specialità ci regalano giovani odontoiatri preparati, almeno teoricamente, che difficilmente potranno creare un riverbero negativo come quello del passato, con il quale
però noi, che abbiamo superato gli “anta”, dobbiamo convivere ancora.
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DENTAL PRESS
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Addio a Brånemark, pioniere
dell'implantologia moderna
È scomparso a 85 anni lo svedese Per-Ingvar Brånemark, pioniere
dell'implantologia osteointegrata. Nel 1965 inserì il primo impianto in titanio
nel cavo orale di un paziente. Era l'inizio dell'implantologia
L'evoluzione di ogni branca medica è segnata da pionieri. Uomini e donne capaci di vedere oltre l'ordinario,
in grado di concretizzare intuizioni i cui effetti hanno
ripercussioni positive sulla salute di ciascun individuo. Lo svedese Per-Ingvar
Brånemark, scomparso lo
scorso 20 dicembre a 85 anni, rappresenta senza ombra
di dubbio una pietra miliare
per l'odontoiatria moderna,
riconosciuto unanimemente
come il padre dell'implanto-
logia osteointegrata. «Il lavoro del professor Brånemark
ha realmente trasformato
l'odontoiatria e il sorriso di
milioni di persone in tutto
il mondo – ha ricordato Joseph Gian-Grasso, presidente dell'Academy of Osseointegration –. È grazie a lui se
la nostra accademia esiste, e
noi oggi onoriamo la sua memoria e l'eredità monumentale. Come organizzazione
aspiriamo a continuare il suo
lavoro per migliorare la salute orale a livello globale».
Tutto partì da un coniglio
Chirurgo ortopedico, il professor Brånemark, nei primi
anni '50, nel corso di indagini di laboratorio relative alla
microcircolazione e ai cambiamenti indotti dalla somministrazione di alcuni farmaci, osservò come alcuni
componenti ottici alloggiati
nel titanio, inseriti nella tibia e nel perone di un coniglio-cavia, avessero aderito
all'osso quasi cementandosi
con lo stesso. Approfondendo il caso, scoprì involonta-
riamente la capacità osteointegrativa del titanio, il quale
dopo essere stato opportunamente trattato e decontaminato, si rivelò biocompatibile, pienamente tollerato
dall'organismo. Si spalancarono così, quasi fortuitamente, le conoscenze su quel
processo definito da Brånemark «osteointegrazione»
e descritto dallo stesso in
questi termini: «congruenza anatomica assoluta fra un
osso vivente rimodellante e
sano e un componente sinte-
> Per-Ingvar Brånemark
(3 maggio 1929 – 20 dicembre 2014)
tico che trasferisce un carico
all’osso stesso».
A ragion del vero, però, va
sottolineato quanto l'osteointegrazione fosse stata già
osservata, ma non decodificata e compresa appieno,
da alcuni predecessori di
Brånemark.
Al fine di giungere a una
corretta comprensione del
processo osteointegrativo,
Brånemark, supportato dai
suoi più stretti collaboratori, tra i quali Albrektsson
e Zarb, si avvalse altresì di
esperti biologi, chimici, fisici e dentisti, e venne elaborato un primo protocollo clinico per il trattamento di forme di edentulia attraverso protesi sorrette da
impianti, sviluppando tecniche e metodiche per l'inserimento degli stessi, dando quindi il via alla moderna implantologia endossea,
grazie alla quale sono stati
trattati milioni di pazienti
in tutto il mondo. Allo stesso tempo ingegneri e metallurgisti approfondirono lo
studio sul titanio e su tutte
quelle caratteristiche capaci
di influenzare la guarigione
dell'osso e la sua crescita, oltre che favorire il processo
osteointegrativo.
Il 1965 fu poi l'anno in cui
Brånemark operò il suo primo paziente, Gosta Larsson,
con l'inserimento di quattro
impianti e di una protesi fissa per correggere una malformazione congenita alla mandibola. L'intervento
si rivelò un successo, il paziente per la prima volta riuscì ad espletare normalmente le funzioni masticatoria
e fonetica, e quando scomparve nel 2006, aveva ancora inseriti – e in buono stato
– gli impianti immessi quarant'anni prima durante l'intervento pionieristico.
Nel 1982 arriva il pieno riconoscimento della comunità scientifica internazionale, quando alla conferenza
sull'osteointegrazione di Toronto furono definite le caratteristiche fondamentali di
un impianto osteointegrato.
L'intensa attività di ricerca
L'impegno in termini di ricerca scientifica da parte di
Brånemark e del suo gruppo
si concentrò sull'individuazione di tutti quegli aspetti fondamentali da rispettare per ottenere un successo
della terapia implantare duraturo nel tempo. I fattori
che si rivelarono imprescindibili in tal senso, oltre alla
tecnica chirurgica e alle spe-
cifiche condizioni cliniche
del paziente, erano quelli relativi alla tipologia di materiale impiegato per la realizzazione dell'impianto, alla
conformazione geometrica
dello stesso, alle condizioni
di sollecitazione applicate.
All'inizio le teorie di Brånemark non furono accettate
dalla comunità scientifica,
che partiva dall'assunto secondo il quale il corpo umano non è in grado di ospitare nessun materiale estraneo e che vi reagisce con un
processo infiammatorio. Alla conferenza di Toronto del
1982, la svolta.
Sebbene l'attività di ricerca, nei decenni, abbia contribuito a perfezionare sempre più la tecnica, i principi
biologici iniziali sviluppati dal professor Brånemark
non sono mai stati messi in
discussione e la sua metodica risulta essere tuttora il
punto di partenza di ogni
trattamento implantare, il
cui tasso di successo, ad oggi, si attesta a circa il 95%
dei casi.
Le pubblicazioni scientifiche
di Brånemark e del suo team
di collaboratori sono state
numerosissime, così come
premi e onorificenze in tutto il globo, e abbracciano un
arco temporale che arriva al
mezzo secolo; ma lo studio
che costituisce il caposaldo
assoluto è quello pubblicato
nel 1981 (Adell R, Lekholm
U, Rockler B, Brånemark PI.
A 15-year study of osseointegrated implants in the treatment of the edentulous
jaw. Int J Oral Surg. 1981
Dec;10(6):387-416.). Attraverso tale indagine clinica,
riferita al trattamento tramite 2.768 impianti fissati
in mascelle edentule di 371
pazienti, durante un periodo di osservazione di 15 anni (1965-1980), si potè effettivamente constatare la
reale efficacia della terapia,
la corretta tenuta degli impianti con percentuali superiori all'80%, e un dato minimo relativo alla perdita
d'osso marginale (una media di 1,5 mm nel corso del
primo anno e 0,1 mm nei
successivi).
Rendere
l'implantologia
osteointegrata sempre più
accessibile e predicibile oltre che minimamente invasiva sarà probabilmente il
miglior modo possibile di
onorare la preziosa eredità
che ha lasciato all'odontoiatria, e non solo, il professor
Per-Ingvar Brånemark.
Vincenzo Marra
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DENTAL PRESS
SEGUE DA PAGINA 3 D
L'UOMO CHE HA RIVOLUZIONATO L'ODONTOIATRIA
«BRÅNEMARK UN GRANDE, HA
CAMBIATO LA VITA A MILIONI DI
PERSONE CON L'IMPLANTOLOGIA»
Mi è stato chiesto di scrivere qualche parola sulla scomparsa
di Per-Ingvar Brånemark e lo faccio più che volentieri. Lo avrei
fatto comunque in quanto lo considero semplicemente un atto più che dovuto.
Ho conosciuto in maniera superficiale Per-Ingvar, l'ho incontrato solo quattro volte nella mia vita, che non è molto se si
pensa che ho lavorato per oltre 15 anni al dipartimento di anatomia dell'Università di Goteborg, dove Brånemark osservò
che le camere di titanio inserite nelle ossa di animali per studiare la circolazione vitale non potevano essere rimosse con
facilità in quanto si erano integrate nell'osso.
La prima volto lo vidi durante i festeggiamenti, quando il mio
capo all'epoca, Peter Thomsen, rilevò la cattedra di anatomia che fu di Per-Ingvar e che venne trasformata nella prima
cattedra in biomateriali in Svezia. Comunque fu la seconda
volta che lo vidi, che mi feci un'impressione più chiara della persona. L'incontro avvenne nel 1997, quando pubblicai
le mie prime due revisioni semi-sistematiche, che ebbero
all'epoca un profondo impatto e che furono la chiave di volta per me in quanto capii solo allora quale fosse la mia strada. Il professor Ulf Lekholm, allora capo della Brånemark
Clinic a Goteborg, mi fece chiamare dicendomi che il professor Brånemark voleva conoscermi di persona. Insomma
una specie di udienza privata. Fui sorpreso da tale richiesta
e mi domandai se avessi combinato qualcosa di grave (non
sarebbe stata la prima volta). All'incontro scoprii che desiderava conoscere meglio chi scriveva sui fallimenti e le problematiche implantari (l'argomento del mio imminente dottorato
di ricerca). Insomma era curioso di capire di che pasta ero
fatto. Io ero altrettanto curioso di rendermi conto di persona
di che pasta era fatto lui e arrivai alla conclusione che era
una pasta di "grano duro". Aveva carattere forte e dominante, uno sguardo severo e penetrante, che poteva incutere
timore; era ovviamente estremamente sicuro di se e ossequiato dai sui collaboratori. Mentre da noi in Italia questo può
sembrare normale, vi posso assicurare che era un'eccezione decisamente unica nella democraticissima Svezia.
Vi dico cosa penso di Per-Ingvar in tutta franchezza. Come
scrittore di articoli clinici non era nulla di particolare, la metodologia impiegata era piuttosto scarsina e i lavori pubblicati
decisamente non ineccepibili sotto un profilo puramente metodologico e di attendibilità, ma aveva due grandissimi pregi
che lo hanno reso giustamente unico.
Era capace di pensare lateralmente (lateral thinking), cioè
riusciva a vedere delle soluzioni alternative (laterali) alla diretta logica sequenziale spesso impostata sull'"ipse dixit".
Aveva intuito che l'integrazione dell'osso attorno al titanio
poteva essere sfruttata con grande successo sia in odontoiatria che in ortopedia, anche se l'intuizione andava letteralmente a cozzare col pensiero dominate dell'epoca: che
gli impianti per poter funzionare avevano bisogno di un legamento parodontale (che in realtà altro non era che tessuto connettivo denso ti tipo cicatriziale, che nulla aveva a
che fare con un funzionale legamento parodontale). Questa che adesso può sembrare una banalità, vi assicuro che
all'epoca fu un colpo di genio, che spiazzò letteralmente la
comunità scientifica e che si impose solo dopo almeno una
ventina di anni, in quanto è spesso molto difficile scardinare il pensiero dominante. La rivoluzione fu decisamente importante e fu una vera rivoluzione, sicuramente la più importante innovazione in odontoiatria da quando sono nato,
e parliamo ormai di mezzo secolo.
Il secondo aspetto non è meno importante: nella vita non
basta avere intuizioni e idee geniali, bisogna metterle in pratica. Tutti noi abbiamo delle intuizioni a nostro modo fantastiche, ma pochi di noi riescono a metterle in pratica.
Per-Ingvar possedeva quindi le due doti fondamentali per
entrare nella storia: una grande capacità intuitiva/rivoluzionaria e la capacità organizzativa e la determinazione per
mettere in atto il cambiamento.
Per-Ingvar, sei stato veramente un grande, hai cambiato il modo di pensare a livello mondiale, il modo
di operare e soprattutto la qualità di vita
di milioni di individui dando a tanti una
seconda possibilità in caso di perdita dei
denti, quella di poter masticare senza
troppi problemi quello che si vuole.
Con sincero rispetto e gratitudine,
Marco Esposito
to delle norme di antisepsi,
con strumentazione sterile,
con una preparazione sterile di operatori e di strumenti, con procedure chirurgiche
corrette, con adeguate suture dei lembi eseguiti, con una
adeguata motivazione all’igiene da parte del paziente,
con una adeguata copertura
antibiotica.
A quali complicanze specifiche si associa l’elevazione
del seno mascellare con approccio antero-laterale?
Se rispondo a tutte le sue domande, posso anche cancellare il mio programma culturale 2015-2016! Vorrei lasciare un po' di curiosità a lei
e a chi leggerà questa intervista per invogliarli a venire
agli eventi Sio.
Comunque, per quanto riguarda il rialzo del seno mascellare, le complicanze intraoperatorie più comuni sono la lesione dell’arteria alveolo-antrale e la perforazione
della membrana di Schneider.
La prima può essere prevenuta identificando prima
dell’intervento il decorso
dell’arteria o gestita intraoperatoriamente con adeguate
manovre di emostasi.
La seconda, piuttosto frequente, non rappresenta un
grave problema a patto di
identificarla e gestirla in modo appropriato. Se trascurata, può essere seguita da dislocazione di materiali da
innesto nel seno mascellare con possibile evoluzione
verso una sinusite mascellare che può anche espandersi
ad altri seni paranasali o cosa ben più grave, all’orbita o
all’endocranio. Se identificata
invece subito, può essere risolta con un maggiore scollamento della membrana, che
porta al collabimento della
membrana su se stessa, e con
la copertura della perforazione con membrane autologhe,
ottenute ad esempio da derivati piastrini, o con membrane riassorbibili.
Come si attua la prevenzione
e il trattamento del dolore,
delle infezioni e delle complicanze legate ai farmaci?
Il dolore viene ridotto con
manovre chirurgiche atraumatiche e con l’ausilio di farmaci analgesici non steroidei, meglio se somministrati appena prima dell’inizio o
appena dopo la conclusione
dell’intervento. Impacchi di
ghiaccio e una dieta fredda e
liquida nelle prime 12-24 ore
sono di giovamento. Terapie
omeopatiche possono agire
da “integratori” o da sostituti in caso i pazienti rifiutino i
farmaci “classici”.
Lei ha dichiarato l’intenzione
di sviluppare una maggiore
attenzione verso la formazione. Cosa pensa dell’insegnamento dell’implantologia nelle università italiane? Si tratta
di un insegnamento di qualità? Si fa training sui pazienti?
L’università italiana ha esteso
a sei anni la durata del corso
di laurea in odontoiatria inserendo un corso specifico di
implantologia. Questo è un
primo passo per migliorare la preparazione degli studenti. Tuttavia, in quasi tutte le università europee e non
europee la possibilità di fare
pratica implantologica su pazienti è piuttosto limitata e
non del tutto a torto.
Credo che l’implantologia,
rappresentando solo una
parte dell’odontoiatria ed essendo una disciplina specialistica e dedicata ad una attività generalmente elettiva,
debba essere acquisita nella
formazione post-laurea dopo
il consolidamento delle basi
teorico-pratiche necessarie
per la gestione globale di un
paziente con problemi odontoiatrici, vale a dire una profonda conoscenza delle altre
branche quali la parodontologia, la protesi, la chirurgia
orale di base, l’odontoiatria
restaurativa e l’endodonzia.
Renato Torlaschi
FOCUS ON
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Implantologia digitale:
quale dotazione minima?
Qual è l'attrezzatura tecnologica «minima» di cui deve dotarsi un implantologo
nel 2015? Le nuove tecnologie in questo campo promettono una riduzione dei tempi
e delle fasi di lavoro per gli operatori e una diminuzione dei costi per il paziente
Se le tecnologie digitali stanno cambiando il modo di lavorare dei dentisti di qualunque specialità, con la promessa di farlo molto di più in futuro,
un impatto particolarmente significativo si avverte
nell’implantologia. Le nuove tecnologie riguardano
già oggi tutte le fasi del percorso terapeutico, dalla diagnosi alla realizzazione dei manufatti protesici. Le apparecchiature radiologiche moderne consentono di visualizzare le formazioni anatomiche
in rapporto uno a uno. Software sempre più raffinati consentono di elaborare le informazioni radiologiche e di formulare piani di trattamento virtuali estremamente accurati. Macchine a controllo numerico realizzano i manufatti partendo direttamente dai file di progettazione. Tutto questo sta generando una modalità di lavoro assolutamente innovativa nella pratica professionale quotidiana.
A farci da guida sulle nuove tecnologie in implantologia, abbiamo chiamato Giuseppe Luongo, già presidente della Sio (Società italiana di implantologia
osteointegrata) e professore a contratto all’Università
di Napoli Federico II.
Dottor Luongo, le tecnologie digitali sono alla portata
di tutti e in grado di determinare un vantaggio clinico
immediato nella pratica implantologica?
Queste tecnologie richiedono
naturalmente un investimento iniziale, ma comportano
un immediato vantaggio nei
tempi e nei costi delle terapie
non solo in implantologia.
Qual è, nel 2015, l'attrezzatura tecnologica "minima" suggerita per un implantologo?
Oggi le apparecchiature radiologiche 3D del genere co-
ne beam stanno diventando
progressivamente più accessibili. Potersene dotare in
proprio accresce in maniera
significativa la qualità e l’immediatezza della diagnosi e
della proposta terapeutica.
Non proibitivi risultano oggi anche i costi dei software di progettazione virtuale.
Oggi esistono comunque dei
centri che svolgono questo
specifico lavoro interagendo in maniera completa con
il clinico di riferimento, che
deve limitarsi a inviare i dati
in linguaggio Dicom di una
tomografia volumetrica cone beam.
Quali sono i costi e quale il
rapporto tra costi e benefici delle tecnologie per l’implantologia?
Come dicevamo, la trasformazione digitale dello studio
dentistico richiede un investimento in termini di costi
immediati e l’acquisizione
di un know how specifico. A
fronte di questo investimento, il rapporto costi-benefici
è immediatamente percepibile e può tradursi nella possibilità di proporre i trattamenti a costi più bassi per i
pazienti.
Tutto questo è evidentemente condizionato dalla possibilità di erogare una quantità significativa di prestazioni ed è questa la ragione per
la quale è più difficile trovare
queste tecnologie negli studi
monoprofessionali.
un po’ di tempo in queste tecnologie, la digitalizzazione delle procedure può raggiungere il
70% dell’attività.
Le nuove tecnologie di riabilitazione protesica hanno la
potenzialità di arrivare a “sostituire” il lavoro dell’odontotecnico?
Alcune realizzazioni, che richiedono capacità artistiche
non trasferibili alle macchine,
rimarranno comunque appannaggio del lavoro manuale degli odontotecnici e quelli italiani sono i migliori del mondo.
Sono tuttavia convinto che in
breve le procedure di routine
verranno completamente trasformate dall’introduzione del
flow chart interamente digitale
nel proprio lavoro. Nelle strutture che hanno investito già da
È, quest’ultimo, un requisito
generale? Imparare a utilizzare in modo efficace le nuove tecnologie è semplice o per
trarne il massimo beneficio è
opportuno affrontare una formazione specifica?
Ritengo che la formazione per
l’utilizzo delle nuove tecnologie sia un passaggio essenziale e molto spesso sottovalutato.
La digitalizzazione delle procedure determina una totale rivoluzione nel modo di affrontare il lavoro per il dentista di
oggi sia per quanto riguarda la
diagnosi che la terapia. La padronanza di queste tecnologie,
le cui elaborazioni sono fruibi-
Programmazione di una riabilitazione implanto-protesica: a
che punto siamo con l’implantologia computer guidata?
L’implantologia computer guidata rappresenta una delle applicazioni più affascinanti delle nuove tecnologie. Va applicata quando le condizioni anatomiche lo permettono
e, in questi casi, semplifica in
maniera straordinaria l’intervento con una riduzione consistente dell’invasività anche in
terapie complesse. Bisogna comunque ricordare che per utilizzare l’implantologia computer guidata serve una preparazione specifica.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------DENTAL MARKET
MANUALE DI IMPLANTOLOGIA:
IBOOK ACQUISTABILE SU APPLE STORE
"The sinus lift operation, implant therapy in the lateral maxilla" è il
primo libro di testo multimediale per implantologia disponibile su Apple Store sotto forma di applicazione. Disponibile in lingua inglese
e tedesca, offre più di 40 video per la maggior parte in qualità HD e
presenta animazioni vivaci integrate con più di cento pagine di testo.
Il dottor Joachim Hoffmann, direttore di Implantarium, centro
di formazione per implantologia e odontoiatria specializzata di
Jena (Germania), ha pubblicato questo iBook in collaborazione
con il dottor Gudrun Stoya dell'Istituto Anatomico della Friedrich
Schiller University della medesima città.
L'iBook è diviso in 12 capitoli che spaziano dalle basi anatomiche
alla diagnosi, dal rialzo fino alla soluzione delle complicanze. Il
dottor Stoya ha registrato i video dimostrativi delle preparazioni
anatomiche e il dottor Hoffmann ha redatto gli articoli clinici. I video,
ad alta definizione, sono stati registrati con endoscopi e microscopi
chirurgici a ingrandimento fino a
60x. Le didascalie che accompagnano i filmati includono diverse
raccomandazioni per ottimizzare
le tecniche chirurgiche. Le 70 immagini e le 100 lastre radiografiche
possono anche essere ingrandite
e visualizzate nel dettaglio.
L’iBook "The sinus lift operation, implant therapy in the lateral maxilla"
è il primo dei tre volumi della serie
"Topographical Implantology”. I due volumi su "Implant therapy in the
lateral mandible" e "Implant therapy in the anterior tooth region" sono attualmente in lavorazione.
Presentazione YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=40JTkWD2puY
AppStore: http://itunes.apple.com/de/book/the-sinus-lift-operation/id622372075?l=en&mt=11
> Giuseppe Luongo
li su smartphone e tablet, consente anche di instaurare un
nuovo modo di comunicare
con i pazienti, illustrando loro
con chiarezza di immagini tutti i passaggi terapeutici che dovranno affrontare.
Ci sono evidenze scientifiche
che confermano la reale utilità
delle nuove tecnologie in implantologia?
La cosiddetta digital dentistry è
una filosofia relativamente recente e, come tale, non ha avuto il tempo di sviluppare una
robusta evidenza scientifica
che consenta, ad oggi, di avere
validazioni nel lungo termine
di queste procedure. Tuttavia
esiste un grande interesse a sviluppare questo aspetto.
L’interesse e l’attualità di questa disciplina sono testimonia-
te dalla recente fondazione di
una società internazionale di
odontoiatria digitale, la Digital
Dentistry Society (Dds), che si
sta rapidamente diffondendo
in tutti i paesi del mondo. Riviste prestigiose, come lo European Journal of Oral Implantology
hanno aperto all’ospitalità di lavori scientifici su questo argomento e un po’ ovunque negli
incontri culturali la digital dentistry è l’argomento di attualità.
Sono convinto che in pochi anni le tecnologie digitali siano destinate a cambiare radicalmente
i processi di lavoro della professione odontoiatrica con almeno
due ordini di vantaggi: la riduzione dei tempi e delle fasi di lavoro per gli operatori e la diminuzione dei costi delle prestazioni per il paziente.
Renato Torlaschi
ODONTOIATRIA DIGITALE:
UN MASTER INTERNAZIONALE
Come imparare a utilizzare le nuove teconologie? Una
delle risposte di alto profilo è il corso internazionale in Digital Dentistry (www.digital-dentistry.ch)ideato all'Università dell'Insubria di Varese e in programma nel 2015 sulla
scia del successo registrato nel 2014 con l'edizione italiana del master.
Ai partecipanti del master viene subito consegnato un Pc
portatile con precaricati tutti i software necessari per mettere in pratica le simulazioni del corso, che si tengono in
diversi moduli tra loro indipendenti (conservativa, protesi,
chirurgia e ortodonzia) organizzati in diverse sedi, in Italia
e all’estero. Il master è diretto dal professor Aldo Macchi
e tra i docenti figurano il professor Carlo Mangano e il
dottor Giuseppe Luongo.
Il corso, in italiano e in inglese, prevede un numero chiuso
di 15 partecipanti che alterneranno la frequenza a lezioni
teoriche e simulazioni pratiche.
«È fondamentale per il clinico ricevere un’adeguata educazione nel digitale per operare al meglio e poter scegliere
consapevolmente tra le sempre diverse soluzioni presenti
sul mercato – ci ha detto Francesco Mangano, a cui è affidata la segreteria scientifica del corso –. Purtroppo però,
fino a poco tempo fa l’insegnamento delle tecnologie digitali era affidato unicamente alle aziende produttrici dei vari
dispositivi, risultando inevitabilmente parziale e frammentario. In questo corso internazionale i partecipanti saranno istruiti all’utilizzo dei principali software disponibili sul
mercato. In questo modo – assicura Francesco Mangano
– ciascun partecipante potrà acquisire competenze di alto
livello nell’ambito delle nuove tecnologie, per diventare un
protagonista della rivoluzione digitale in odontoiatria».
R. T.
DENTAL PRESS
8
RAPPORTO EURES/1
Troppi atenei, pochi studenti
E formazione non omogenea
Il panorama degli insegnamenti non sempre è competitivo, poche
università preparano alla professione: gli esperti interpellati propongono
l’accorpamento delle sedi e l’abolizione dell’esame di Stato
Tanti, non tutti di primissimo livello: i corsi universitari
di odontoiatria italiani hanno
in media i numeri più bassi di
iscritti nell’Unione Europea.
C’è poco bisogno di dentisti,
siamo al rapporto di un professionista ogni 1.000 abitanti contro la media di uno a
2.000 suggerita dall’Organizzazione mondiale della sanità. Occorrerebbero meno
corsi con più studenti e qua-
lità. Questo quadro si evince
dal rapporto presentato a fine 2014 dall’istituto di indagini statistiche Eures e dalla
Fnomceo: un punto di partenza per proposte volte a ottimizzare gli accessi ai 34 corsi di laurea italiani e la qualità
dei loro insegnamenti.
Le prime università italiane
nella graduatoria internazionale di qualità dei corsi oscillano dal 180° al 200° posto.
Ingressi
Nell’anno accademico 201415 si sono immatricolati 949
aspiranti dentisti, in media
27 iscritti a corso. Dei 949
posti, 416 sono al Nord, 295
al Sud e 283 al Centro ma se
i corsi della Sapienza di Roma e dell’Università di Milano hanno oltre 60 posti ciascuno, e Firenze ne ha 56, si
scende a una media di 35/40
in altri corsi delle grandi cit-
tà o nelle città medie, e si arriva a 15 studenti immatricolati a Pavia, Ferrara, Catanzaro, Modena, Pisa e Bari fino
ad arrivare a Perugia, che nel
2010 aveva immatricolato appena 7 studenti.
Uscite
I laureati sono pochi: 735
l’anno. In Germania sono
2.187, in Spagna 1.379, in
Romania 1.263, in Portogallo 958 e in Francia 936. La
sede media italiana laurea 22
studenti contro i 180 di una
sede romena, gli 81 tedeschi,
i 93 olandesi, i 106 spagnoli.
Laureare un odontoiatra costa 180mila euro divisi tra
Stato e retta studentesca. A
proposito di quest’ultima, la
laurea costa di più al Nord,
una media di 1.261 euro annue nelle università “padane” (che raggruppano il 40%
di tutti gli iscritti) contro i
1.027 del Centro e i 1.015 del
Sud.
Qualità
L’Università di Padova garantisce il tasso di occupazione più alto: a un anno dalla tesi trova lavoro l’80% dei
laureati. Segue a sorpresa il
Centro Italia con l’Aquila (il
77% dei laureati trova lavoro
a un anno) e quindi vengono Bologna (71%) e Genova
(68%). Le piccole università
del Nord garantiscono un lavoro prima delle altre, mentre la peggior performance
è registrata da Cagliari, con
una percentuale di occupati
non competitiva.
Il test
La prova di selezione per i
corsi di medicina e odontoiatria – 60 domande per le quali ci si prepara in circa 6 mesi
– è oggetto di proposte di revisione, com’è normale quando si presentano 64mila pretendenti per 10.551 posti e in
36mila superano il test e sarebbero idonei.
Un’indagine Andi ripresa
dal Rapporto Eures ricorda
che il 10% di chi è approdato alla laurea non ha passato
il test nel modo canonico ma
è stato ammesso per ricorso.
Inoltre una metà del restante
90% che ha passato il test aveva dovuto rifare la prova una
volta in due terzi dei casi e più
di una nel restante terzo.
Sempre l’indagine Andi attesta la scarsa pratica: la prima
prestazione sul paziente arriva al 5°-6° anno, alla fine il
61% ha fatto un’estrazione, il
66% curato una carie, il 62%
effettuato otturazioni o rilevato impronte, il 40 preparato un moncone, solo il 14% ha
devitalizzato un dente.
Proposte
In due sezioni ad hoc, il Rapporto Eures intervista 30 docenti italiani e stranieri e 375
studenti. Entrambe le categorie lamentano mancanza di
omogeneità della formazione tra un ateneo e l’altro e di
corsi pratici nei primi anni,
chiedono selezione tra i corsi. Emilio Fiorentino, leader
degli studenti di Aiso, invoca un intervento del governo per imporre a ogni corso
un minimo di procedure diagnostiche e curative (50 ricostruzioni, 50 terapie canalari) e penalità anche economiche agli atenei che non garantiscano tali standard.
Per Marco Ferrari, presidente della conferenza dei presidi, non servono interventi esterni, dato che ad attuare un processo di controllo
della qualità provvede l’Agenzia nazionale di valutazione dell’Università-Anvur,
organo di garanzia che oggi
con i suoi nuclei di valutazione formati da docenti verifica le differenze formative
tra un ateneo e l’altro. Tuttavia – ammette Marina Dachà, presidente dei nuclei di
valutazione delle università
(Nvui) – l’Anvur non è ancora in grado di pervenire a
giudizi valutativi sui percorsi adottati nei singoli atenei.
Antonella Polimeni – Collegio dei docenti di odontoiatria – conferma che l’adempimento di certificazione effettuato da Anvur sui corsi non
basta per dettare criteri su
come razionalizzare i corsi.
Abilitazione
Dalle interviste ai docenti emerge anche la necessità
di riformare il test d’ingresso
con domande più incentrate
sulla vocazione.
Il vero problema però è l’esame di abilitazione, che è ritenuto selettivo da 9 stranieri
su dieci e inutile da 9 docenti italiani su dieci: «L’esame
di abilitazione a mio avviso andrebbe completamente
eliminato e la laurea dovrebbe diventare abilitante – dice
Marco Ferrari –. In altri paesi Ue, pur con un corso di
laurea più breve, 5 anni anziché 6, a fine corso gli studenti sostengono un esame
pratico che li abilita immediatamente alla professione.
Il sesto anno era stato del resto aggiunto per rendere la
laurea di per sé abilitante, ma
l’esame è rimasto lo stesso».
Mauro Miserendino
9
DENTAL PRESS
RAPPORTO EURES/2
Ricorsi e cavalli di ritorno
alimentano la pletora
I neolaureati all'estero di ritorno in Italia quest’anno sono di più dei colleghi
italiani e la sovrabbondanza di dentisti riduce le chance di lavorare dopo la
laurea. Prospettive e guadagni restano comunque alti rispetto ad altre professioni
Sempre più dentisti si muovono
nell'eurozona in cerca di un'occupazione che il proprio Paese
non è più in grado di garantirgli. Wolfgang Doneus, presidente del Consiglio europeo dei
dentisti lo scorso autunno alla
presentazione del rapporto Ced
ha spiegato come si assista in alcuni Paesi a una crescita del tasso di disoccupazione nella professione odontoiatrica, con dentisti che iniziano a muoversi soprattutto dall'Est Europa. Dopo
i grandi flussi diretti verso l'Inghilterra, si registra una mobilità occupazionale elevata tra Paesi di lingua tedesca e altre importanti correnti dall'Estonia
verso la Finlandia e dalla Polonia verso l'Austria. Se mettiamo
insieme tutte le professioni sanitarie però, i dati del ministero della Salute parlano chiaro:
a migrare di più sono i sanitari
italiani. Il 52% del totale di medici, infermieri, tecnici, biologi e
dentisti in viaggio verso un altro
stato dell’Unione europea è costituito da italiani. La pletora pesa per tutti, non esclusa l’odontoiatria, come conferma il Rapporto Eures.
Confronto tra professioni
Premessa: per l’Ufficio accettazione lauree estere del Ministero, quest’anno (dati resi noti al congresso dell'Associazione italiana odontoiatri) rientreranno 1.080 italiani neolaureati
da università spagnole, romene
ecc. – un trasferimento sostenuto per aggirare il test e il numero
chiuso – creando concorrenza
inattesa a 735 neolaureati provenienti da facoltà italiane. E nei
prossimi due-tre anni ci saranno altri “cavalli di ritorno”, sarà
una giungla.
Il Rapporto Eures, tra gli obiettivi, si prefigge di intavolare il dibattito su una corretta programmazione del fabbisogno, come ha sottolineato il presidente
della Cao Giuseppe Renzo alla
presentazione: «Vogliamo mettere a disposizione dell’opinione
pubblica e del legislatore le vere
questioni che riguardano l’ac-
cesso alla professione e trovare
soluzioni che non si basino più
sul sentito dire ma su elementi
oggettivi». Eures evidenzia come la pletora, innescata pure dai
ricorsi contro i test di ammissione, di anno in anno intacchi il
tasso di occupazione. Nel 2009
ogni cento medici gli occupati erano il 70% e sono scesi al
60,5% nel 2013; tra i dentisti invece si è scesi dal 70,3% del 2009
al 63% del 2013. In questa torta, il restante 35-40% è fatto da
pensionati. Le stime ricorrenti
parlano di un 12% di disoccupazione tra i dentisti.
Si lavora comunque
A un anno dalla laurea ha trovato lavoro il 63% dei laureati in
odontoiatria contro il 70% dei
medici e il 56% degli altri professionisti laureati a ciclo unico (una media ricavata tra architetti, ragionieri ecc.). Passati
tre anni invece lavora il 91% dei
dentisti: pochi meno dei medici
(95%) e molti più degli altri laureati a ciclo unico che in questi
tre anni difficili hanno perso in
media il 13% di occupati giovani. A 5 anni infine è occupato il
98% degli odontoiatri contro il
96% dei medici e il 91 degli altri professionisti. Trovano prima lavoro le donne – a un anno
dalla laurea sono il 62,6% contro 59,8% – diversamente dai
laureati a ciclo unico dove dopo
un anno lavora il 35,8% dei maschi e il 31,6 delle femmine. Tuttavia le neolaureate guadagnano
meno, dopo un anno prendono 876 euro contro i 1.176 del
collega maschio e al terzo anno
1.384 euro contro 1.693.
Redditi in calo
Scende il guadagno medio
mensile. Lo fa tra le professioni
sanitarie anche se il 4° rapporto dell’associazione delle casse
di previdenza private Adepp
rivela un crollo degli imponibili di molto maggiore tra gli
agrari (-22%), i biologi (-20%)
e i commercialisti (-9%) e Inarcassa afferma che il 27% di in-
Tasso di occupazione dei laureati a un anno dal conseguimento
del titolo: sempre meno chance di trovare lavoro a un anno
>
gegneri e architetti vive sotto soglia di povertà. Tra i liberi professionisti, Enpam conferma che tra il 2012 e il 2013
pur in presenza di un aumento
della contribuzione in quota B
c’è una discesa di quasi l’1% dei
redditi. I dati Eures confermano il trend: a tre anni dal titolo,
il reddito medio per un dentista è 1.568 euro, contro i 1.429
dei medici (era di 1.633 euro
lordi nel 2011 e 1.502 per i me-
dici). Certo, la situazione ancora una volta è migliore rispetto
agli altri professionisti non sanitari che denunciano un reddito medio da 1.115 euro contro i 1.281 del 2010.
Sbocchi
Nel complesso i laureati in
odontoiatria impiegano circa
3,5 mesi dal conseguimento del
titolo per arrivare al primo im-
piego, a fronte dei 5,1 mesi dei
laureati a ciclo unico e ai 6,8
mesi dei medici. A un anno dalla laurea, se a medicina – includendo l’eventuale specializzazione – lo sbocco più frequente
è la dipendenza dal servizio sanitario nazionale, tra i dentisti
chi ha un contratto a tempo indeterminato costituisce il 2,4%
dei casi rilevati da Eures. Nel
62% dei casi invece, i neodentisti sono lavoratori autonomi, e
nel 27% dei casi hanno un contratto precario. La torta del precariato per quattro quinti è fatta
di contratti a progetto o coordinati e continuativi, mentre l’altro quinto racchiude altre formule: apprendistato, parasubordinazione a vario genere, tempo determinato. Il 9% dei neolaureati non ha alcun contratto
e si dovrebbe arguire che lavora
in nero.
Mauro Miserendino
DENTAL PRESS
10
Mercato mondiale
alla fiera di Colonia
L'International Dental Show (Colonia, 10-14 marzo) non è solo una fiera, punto di
incontro per odontoiatri, odontotecnici e aziende di tutto il mondo, ma anche un
«sismografo del mercato dentale globale», in grado di misurarne lo stato di salute
Martedì 10 marzo a Colonia,
in Germania, apre il Salone internazionale di odontoiatria e
odontotecnica. La fiera Ids (International Dental Show) si tiene ogni due anni a Colonia dal
1923 ed è organizzata dall'Associazione dell'industria dentale
tedesca (Vddi), con la regia organizzativa della Koelnmesse di
Colonia. La fiera proseguirà fino a sabato 14 marzo.
Il focus è sul business, in un
contesto veramente internazionale, con espositori e visitatori provenienti da tutto il mondo. Nei padiglioni della fiera si
possono trovare le ultime tendenze e le recenti novità del
settore, dalla A di abutment alla Z di zirconio.
«L'International Dental Show
di Colonia ripropone, ogni due
anni, gli ultimi sviluppi del mercato dentale; qui le aziende di
tutto il mondo presentano le
proprie novità, accettando il
confronto diretto e la concorrenza – ha dichiarato Martin
Rickert, presidente Vddi –. Noi
ci esponiamo agli sguardi indagatori e ai giudizi di chi utilizza i
nostri prodotti, quindi di odontoiatri, odontotecnici e loro collaboratori. Saranno loro a decidere se siamo riusciti a tradurre
con successo in applicazioni innovative gli stimoli forniti dalla scienza e dalla pratica. Solo
se noi aziende riusciremo con
le nostre innovazioni a fornire
soluzioni concrete ai problemi,
le procedure promettenti si trasformeranno in solidi modelli
di business, in grado di portare
vantaggio a tutte le parti in causa» ha detto Rickert di fronte ai
35 giornalisti scientifici accreditati per la conferenza stampa
di presentazione della fiera Ids a
Colonia, in rappresentanza del-
le principali testate odontoiatriche e odontotecniche di tutta
Europa. C'eravamo anche noi di
Italian Dental Journal.
Le novità merceologiche
Ma quali sono gli ultimi sviluppi merceologici che caratterizzeranno la fiera? Per Rickert
all'International Dental Show di
Colonia di marzo i riflettori saranno puntati sul collegamento
in una rete intelligente delle soluzioni per l'odontoiatria computer assistita. «Il mondo dei
sistemi digitali di diagnostica e
produzione abbraccia oggi l'intero flusso di lavoro, dallo studio dentistico al laboratorio.
Oggi l'intera filiera computer
assistita è completa e vanta un
alto grado di flessibilità. In linea
di principio l'odontoiatria computer assistita ha sempre offerto
questo potenziale, ma per implementarlo nella quotidianità
restava da superare un ultimo
ostacolo» ha spiegato Rickert
riferendosi alla compatibilità e
capacità di comunicare tra i vari software e sistemi informatici.
Secondo Uwe Breuer, presidente dell'Associazione tedesca
odontotecnici, negli 8.400 laboratori tedeschi (in cui lavorano
circa 36.000 odontotecnici) si
fa già largo uso delle tecnologie
digitali: l'80% possiede almeno
uno strumento di questo tipo e
un laboratorio su due dispone
non solo dello scanner ma può
anche fresare con apparecchiature proprie, lavorando su materie plastiche, ceramica e leghe.
Un processo di produzione relativamente nuovo è poi la stampa
3D per la realizzazione di manufatti. Naturalmente un eventuale utilizzo in ambito odontoiatrico sarà vincolato a un'estrema precisione e all'impiego di
------------------------------------------------------------------------LE FIERE DEL DENTALE:
2015 SENZA EXPODENTAL
Nel 2015 a monopolizzare l'attenzione dal punto di vista fieristico
sarà la fiera Ids (International Dental Show) di Colonia, in programma nella città tedesca dal 10 al 14 marzo.
Probabilmente per la concomitanza di Ids Colonia ed Expo 2015
Milano e non ultimo per il parziale flop dell'edizione del 2014,
Unidi, l'Unione nazionale industrie dentarie italiane, ha fatto sapere che Expodental quest'anno non ci sarà e che tornerà nel
2016 con un nuovo nome (Expodental Meeting) in una città diversa: da Milano si trasferisce a Rimini. Ed è già in programma per
il mese di maggio. Nei prossimi mesi capiremo se affiancherà,
ingloberà o sarà inglobato dal congresso degli Amici di Brugg.
In Italia la prima fiera del settore di una certa rilevanza quest'anno sarà allora quella abbinata al congresso degli Amici di Brugg
(Rimini, 21-23 maggio) e curata proprio da Unidi, che si occupa
della parte fieristica.
In autunno torna invece il Colloquium Dental, a Brescia dal 22
al 24 ottobre, chiamato a confermare i numeri positivi dell'ultima
edizione. Riuscirà il Colloquium a sfruttare il «bacino del nord
Italia» e riempire il vuoto lasciato da Expodental?
A. P.
> Da sinistra, Markus Heibach, Martin Rickert, Karin Laupheimer,
Katharina C. Hamma, Wolfgang Doneus
materiali biocompatibili.
Altro ambito in forte crescita
sembra essere quello dei dispositivi mobili: il mondo dentale e
quello digitale degli smartphone e delle tecnologie informatiche mobili in generale si avvicinano sempre più. Una serie di
unità funzionali odontoiatriche potrebbe presto essere gestibile da tablet e occhiali speciali che garantiranno un accesso costante agli atti digitali
del paziente.
Importanti novità anche sul
fronte della microbiologia, con
soluzioni per effettuare un'analisi dei patogeni responsabili della parodontite in meno di
mezz'ora e direttamente in studio, senza passare dal laboratorio analisi.
Il mercato tedesco
Non sorprende che il mercato tedesco dell'odontoiatria vada a gonfie vele, mentre in Italia dobbiamo fare i conti con un
rallentamento del mercato interno (-1,5%), compensato tuttavia dal segno positivo delle
esportazioni (+6%). Come riportato da Martin Rickert, rappresentante dell'industria dentale tedesca, in Germania nel
2013 le aziende della Vddi hanno incrementato il loro fatturato
del 3,1% rispetto all'anno precedente, frutto di una crescita nel
mercato interno (+3,3%), do-
ve quasi due terzi delle aziende
hanno aumentato le vendite, e
una crescita anche nelle esportazioni (+3%). La quota di export dell'industria dentale tedesca si attesta oggi al 61% e si
concentra in Estremo Oriente e
in Nord America (Usa e Canada). Sono cresciuti del 4,4% rispetto all'anno precedente anche il numero di occupati nelle
200 aziende dell'Associazione
dell'industria dentale tedesca.
La fiera numero uno in Europa
Ids è un altro indicatore delle performance di questo mercato: la fiera è in crescita come
partecipazione di aziende e superficie espositiva e la sua reale matrice internazionale – più
del 70 per cento degli espositori
giungerà a Colonia dall'estero
– ne fa un punto di riferimento a livello mondiale per tutto
il movimento odontoiatrico.
Di conseguenza attrae visitatori: ne sono attesi più di 120mila, e poco male se tutte le novità
che vedranno non saranno poi
importate nel loro Paese.
Per Peter Engel, presidente della German Dental Association,
«l'industria sanitaria è uno dei
settori più solidi sia in Germania che in Europa, è caratterizzato da un grande potenziale di
crescita e il settore dentale contribuisce in modo determinante. La Ids funge da sismogra-
IL VIAGGIO A COLONIA
Sul sito della fiera www.ids-cologne.de (in
tedesco e in inglese) si trovano tutte le informazioni sulla manifestazione e si accede alle convenzioni (voli e hotel).
Su Colonia vola Lufthansa, linea aerea
partner ufficiale della fiera, e la compagnia low cost Germanwings.
Il modo forse più semplice per organizzare la trasferta
rimane comunque il contatto con l'agenzia viaggi che
da molti anni offre pacchetti viaggio per la fiera di Colonia: Baraldi Tecnotur (ufficio fiere), tel. 0376.224803,
[email protected], www.baralditecnotur.com
Una volta arrivati, vale la pena scaricare l'app Ids 2015 (è
gratuita), che contiene l'elenco degli espositori e una serie di informazioni utili per muoversi in fiera. È possibile
anche elaborare un programma di visita individuale che
indicherà il percorso ottimale tra i padiglioni.
fo del mercato dentale globale, in quanto punto di incontro
per odontoiatri, odontotecnici e
aziende» ha fatto presente Engel,
che parla senza mezze misure di
crescita del mercato odontoiatrico in termini di cure ai pazienti
e di quantità dell'offerta: in Germania «entro il 2030 saranno
creati circa 76.000 nuovi posti di
lavoro presso ambulatori dentistici e laboratori». Per il numero
uno dei dentisti tedeschi l'esercizio dell'attività odontoiatrica
in regime di libera professione
ha effetti positivi su tutta la sfera
economica e «gli impulsi di crescita provengono in gran parte
dalla richiesta di prevenzione e il
maggior ricorso alla prevenzione ha a sua volta determinato in
Germania un deciso calo dell'incidenza della carie».
«Ids è la piattaforma di business e comunicazione leader a
livello internazionale per tutto
il mondo dentale» dice Katha-
rina C. Hamma, responsabile di Koelnmesse, annunciando anche che il 10 marzo la fiera sarà inaugurata da Hermann
Gröhe, il ministro della sanità
tedesco. I numeri della fiera sono in crescita tanto che a dicembre 2014 sono già stati superati quelli della passata edizione:
«nel 2013 avevano partecipato
2.058 espositori provenienti da
56 paesi, un record assoluto per
la rassegna – spiega Hamma –.
Ad oggi abbiamo già superato questa pietra miliare: al momento si sono già iscritte alla Ids
complessivamente 2.118 aziende provenienti da 56 paesi e i
padiglioni della fiera sono quasi tutti al completo». I Paesi che
vantano la rappresentanza più
nutrita sono, dopo la Germania,
Italia, Usa, Corea del Sud, Cina,
Francia, Svizzera, Taiwan, Turchia, Israele e Gran Bretagna.
Andrea Peren
-----------------------------------------------------------DISPOSITIVI MEDICI: DECIDE L'UE
SI VA VERSO LA COMPLETA
TRACCIABILITÀ DEGLI IMPIANTI
Molte delle tematiche più attuali in odontoiatria – dalla regolamentazione dei dispositivi medici al riconoscimento di competenze,
titoli di studio e qualifiche – non vengono più definite a livello nazionale, ma a Bruxelles, e oggi l'Unione Europea è un soggetto di
primo piano nella definizione della politica sanitaria di ogni Paese.
A ricordare questo dato di fatto è Wolfgang Doneus, presidente
del Consiglio europeo dei dentisti (Ced), organismo che rappresenta oltre 340.000 odontoiatri di 30 paesi europei, riuniti in 32
associazioni e ordini di carattere nazionale.
Se da una parte infatti il Trattato di Lisbona stabilisce chiaramente che agli stati membri dell'Unione spetta la sovranità in materia
di organizzazione e finanziamento dei rispettivi sistemi sanitari, lo stesso trattato assegna alla Ue specifiche competenze in
ambito sanitario, come la lotta a rischi sanitari transnazionali e
misure per la tutela della salute pubblica, l'approvazione di elevati standard qualitativi e di sicurezza in materia di organi, tessuti
umani, sangue, farmaci e dispositivi medici.
L'argomento più attuale a livello europeo è la discussione sulle proposte per una rielaborazione dell'attuale quadro giuridico europeo
in riferimento ai dispositivi medici (che risale agli anni '90 del secolo
scorso). Proposte presentate a fine settembre 2012. In particolare si
va verso regole più severe per l'immissione in commercio di dispositivi medici, abbinate a un migliore controllo del mercato e tracciabilità. In futuro i dispositivi medici dovranno essere identificabili in
modo univoco grazie a un particolare codice. Inoltre per tutti gli impianti dentali si dovrà consegnare uno speciale attestato al paziente.
Attualmente l'iter legislativo non si è ancora concluso e il Ced
afferma di guardare «con favore alla revisione del quadro normativo, nell'interesse supremo della sicurezza del paziente». Dal
punto di vista degli interessi dei dentisti, Doneus sottolinea però
che il sistema del codice unico di prodotto dovrebbe valere solo per i dispositivi ad alto tasso di rischio e i dispositivi medici
impiantabili. «L'estensione di questa particolare identificazione
e dei relativi obblighi ai dispositivi medici a basso potenziale di
rischio non comporterebbe un aumento della sicurezza, ma solamente un fardello burocratico spropositato. In linea generale
– ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo dei dentisti
– si deve fare in modo che gli obblighi di documentazione e comunicazione collegati al nuovo regolamento non diventino per gli
odontoiatri un onere burocratico eccessivo».
Andrea Peren
FOCUS ON
12
Carico immediato o differito?
Vanno selezionati i pazienti
I micromovimenti degli impianti nel carico immediato ostacolano
l’osteointegrazione, ma non in tutti i casi si verificano: il successo clinico passa
allora da una corretta selezione dei pazienti candidati al carico precoce
Il tempo ideale per l’applicazione del carico protesico sugli impianti ha sempre tenuto molto occupati ricercatori e clinici dopo
un lungo periodo di assoluta fedeltà agli insegnamenti
di Brånemark elaborati negli anni ’70. Fino a metà degli anni ’90, infatti, il carico
precoce e quello immediato
riguardavano solo animali e
qualche raro essere umano
tra cui l’arzillo ottantenne
del caso trattato con successo da Ledermann e col-
leghi nel 1986 e seguito per
12 anni (1); una serie di dati che non potevano competere con le garanzie offerte
dal protocollo tardivo che
già nel 1988 sfoggiava tassi di successo del 99% nel
mascellare e dell’85% nella mandibola basati su uno
studio multicentrico con
più di 8.000 impianti controllati per almeno 5 anni.
Soltanto nel 2009 nella letteratura più attendibile si
poteva leggere che «il carico immediato o precoce è
possibile in pazienti selezionati, anche se non tutti
gli operatori possono ottenere risultati ottimali».
Per i medesimi motivi che il
nostro giornale ha più volte messo in evidenza (disomogeneità di materiali e
metodi di ricerca, campioni
limitati ecc.), gli odontoiatri non possono disporre di
certezze tanto solide da garantire il successo al 100%
come vorrebbero i pazienti. Infatti, come risulta dalle
ultime revisioni sistemati-
che della letteratura, non ci
sono prove convincenti che
il rischio di fallimento o la
perdita di osso differiscano
in modo clinicamente significativo tra i vari protocolli di carico protesico; per
conclusioni più definitive si
dovranno aspettare le prossime ricerche.
Le evidenze più recenti
Per gli interessati consigliamo la lettura del recente documento dell’Ameri-
can Academy of Fixed Prosthodontics (2) e la revisione
del Cochrane Oral Health
Group (3) svolta secondo i
rigidi criteri della medicina
basata sulle evidenze. Dopo aver setacciato le banche dati, sono rimasti sotto
la loro lente soltanto 1.217
pazienti e 2.120 impianti
distribuiti in 26 studi clinici comparativi randomizzati (Rct), 12 dei quali ad alto
rischio di bias, cioè di errori insiti nel metodo di ricerca seguito. I dati disponibili sono quindi aumentati di
circa tre volte rispetto alla precedente revisione del
2009, per la quale gli autori avevano potuto disporre
solo dei dati relativi a 300
pazienti e 790 impianti, ma
sono ancora sideralmente
lontani da quelli dei grandi
trial farmacologici.
I parametri clinici considerati comprendevano il fallimento protesico, quello implantare e la perdita di osso marginale nel primo anno dal carico, un orizzonte
temporale ancora troppo
breve. In sintesi, se proprio
il paziente desidera accorciare i tempi e l’odontoiatra
giudica che sia possibile, il
carico immediato è un’alternativa accettabile, anche se non sostenuta dalle
certezze di cui può godere
il protocollo convenzionale. In particolare, il rischio
aumenta per gli impianti singoli in sede mascellare anteriore, gli impianti di
singoli molari e quelli non
splintati destinati a overdenture.
Come limitare i rischi
di fallimento?
La base razionale del carico immediato è nello stesso
tempo anche il suo tallone
di Achille e consiste nello
stimolo osteogenetico causato dal micromovimento
dell’impianto. Gli stimoli
meccanici, tramite una serie di modificazioni biochimiche che coinvolgono
anche le prostaglandine E,
promuovono l’osteogenesi
e reclutano le cellule osteoprogenitrici; un’esemplare
dimostrazione di tutto ciò
è stata ottenuta da Leucht
e colleghi (4) mediante l’inserimento nella tibia di topo di un impianto collegato a un dispositivo che consentiva di muoverlo di 150
micron in senso assiale.
In ambito clinico, il problema sta proprio nell’attuale impossibilità di prevedere se in quel sito e in quel
paziente i micromovimenti non supereranno il valore soglia, oltre il quale si disturba l’osteointegrazione, e
se il carico genererà movimenti non assiali.
Ecco perché il carico immediato è perfettamente affidabile negli impianti connessi da barre in un osso
compatto come quello interforaminale mentre è rischioso negli impianti singoli in sede anteriore mascellare. Il punto chiave
sta quindi nell’evitare movimenti non assiali (ideale la combinazione di più
impianti bilaterali) e massimizzare l’area di contatto con l’osso (ideale quello
compatto).
Infine, è bene ricordare che
le forze non assiali durante
la masticazione possono superare di tre volte l’intensità di quelle assiali, oscillando da 50 a 100 N; se le si applica con un braccio di leva
di 5 mm rispetto alla cresta
ossea (come può succedere
in sede incisiva superiore),
si ottengono valori compresi tra 25 e 50 N/cm, cioè il
doppio di quanto registrato
su un ponte di tre elementi
in sede posteriore.
Cosma Capobianco
1. Ledermann PD, Schenk RK,
Buser D. Long-lasting osseointegration of immediately
loaded, bar-connected TPS
screws after 12 years of function: a histologic case report
of a 95-year-old patient. Int J
Periodontics Restorative Dent.
1998 Dec;18(6):552-63.
2. Barndt P, Zhang H, Liu F.
Immediate loading: From biology to biomechanics. Report
of the Committee on Research
in Fixed Prosthodontics of
the American Academy of Fixed Prosthodontics. J Prosthet
Dent. 2014 Nov 5.
3. Esposito M, Grusovin MG,
Maghaireh H, Worthington
HV. Interventions for replacing missing teeth: different
times for loading dental implants. Cochrane Database Syst
Rev. 2013 Mar 28;3:CD003878.
4. Leucht P, Kim JB, Wazen R,
Currey JA, Nanci A, Brunski
JB, Helms JA. Effect of mechanical stimuli on skeletal regeneration around implants. Bone. 2007 Apr;40(4):919-30.
13
EDUCATION & MEETING NEWS
Chirurgia orale: approccio
mininvasivo vs tradizionale
Alle Giornate di implantologia orale di Milano i due approcci
– mininvasivo e tradizionale – verranno messi a confronto in un dibattito
tra esperti sui più comuni interventi di chirurgia orale
A febbraio (il 27 e 28 a Milano) torna puntuale l'appuntamento con le Giornate di implantologia orale, il
convegno organizzato ogni anno dal Cenacolo odontostomatologico milanese (www.cenacolomilanese.it).
Focus dell'edizione di quest'anno sarà il confronto
tra approccio mininvasivo e approccio tradizionale in
chirurgia orale e implantoprotesi.
«Negli ultimi decenni la ricerca in ambito odontoiatrico è stata così rapida e produttiva da mettere a
disposizione dei clinici numerosi nuovi materiali e
tecniche innovative che hanno modificato, e in alcuni casi sostituito, le metodiche tradizionali» riflette
Federica Demarosi, presidente del Cenacolo milanese. Ma tutta questa innovazione ha portato a reali miglioramenti della pratica in studio e dei risultati
clinici per i pazienti? A queste domande proveranno
a rispondere i relatori del convegno, discutendo per
grandi temi – dal grande rialzo di seno mascellare alla parodontologia, fino alla protesi – facendo sempre
il confronto tra approccio mininvasivo e tradizionale, segnalando non solo i vantaggi ma anche i limiti e
le controindicazioni delle diverse tecniche.
Dottoressa Demarosi, l'obiettivo del dibattito può
essere quello di raggiungere un consensus tra esperti?
Abbiamo impostato il congresso mettendo a confronto
esperti su argomenti diversi
in tema di implantologia e
chirurgia orale. Ad esempio,
dal primo confronto Leghissa-Romeo lo spettatore potrà trarre delle indicazioni
su come e quando usare gli
impianti corti o quando invece è necessario ricorrere a
tecniche più invasive come
il grande rialzo di seno mascellare.
L’obiettivo è segnalare dei
comportamenti corretti da
adottare nella pratica chirurgica ambulatoriale, sempre guidate dalle raccomandazioni della letteratura internazionale. Ciò non significa il raggiungimento di un
consenso unanime ma l’individuazione di elementi basilari sui quali il clinico può
riflettere e documentarsi.
Coi-Aiog da sempre promuove un aggiornamento
su tutto il team dello studio e valorizza il lavoro di
squadra. Una squadra al
completo però costa allo
studio. Qual è a suo parere
la struttura minima necessaria per gli interventi di
chirurgia orale e quali professionalità possono eventualmente arrivare dall'esterno?
La risposta alla prima affermazione è che una squadra
al completo costa allo studio ma è indispensabile per
produrre prestazioni chirurgiche di qualità. La struttura minima necessaria in
chirurgia orale è appunto
la squadra: assistenti preparate, capaci e motivate sono
tutto ciò che serve per eseguire interventi di qualità
oltre naturalmente alle capacità e alle competenze del
chirurgo. Certo, per riuscire
a curare tutti i pazienti dello
studio, compresi quelli molto piccoli o molto anziani e
quelli con patologie sistemiche o in terapia con numerosi farmaci, è necessario
avvalersi della collaborazione di specialisti come il cardiologo e l’anestesista.
Controindicazioni assolute agli interventi di chirurgia orale implantare: in
quali casi il paziente non
va mai trattato, o non va
trattato in studio ma in
ospedale?
È noto, ad esempio, che l’assunzione anche per brevi
periodi di bifosfonati per via
endovenosa è una controindicazione assoluta all'implantologia, sia in studio
che in ambiente protetto. In
generale, sono poche le controindicazioni alla chirurgia impiantare ambulatoriale, soprattutto se funziona
la collaborazione con il cardiologo e l’anestesista.
I casi in cui vi è l’indicazione
a inviare il paziente in ospedale sono ad esempio l’angina non stabilizzata, l’infarto
recente (meno di sei mesi)
o l’irradiazione del distretto
testa collo.
In linea generale e secondo
la sua esperienza, l'approccio mininvasivo di solito ha
una curva di apprendimento superiore o inferiore a
quello tradizionale?
Tendenzialmente l’approccio mininvasivo richiede una
curva di apprendimento più
rapida ma il problema sta
nella pianificazione del piano di trattamento. E la curva
di apprendimento necessaria
per decidere quale sia l’approccio terapeutico più corretto (mininvasivo o tradizionale) è certamente lunga.
La migliore scelta clinica
si basa sempre e comunque sulla necessità del pa-
ziente? Quanto contano in
altre parole l'esperienza, il
vissuto personale e le competenze cliniche del singolo odontoiatra nella scelta
della tecnica da utilizzare?
Certo, la richiesta consapevole o inconsapevole del paziente è sempre al primo posto. Non sempre, però, coincide con la terapia più idonea per la cura della sua
bocca. La decisione, dunque, deve essere presa insieme orientando il paziente verso la soluzione che l’o-
> Giulio Cesare Leghissa e Federica Demarosi
dontoiatra ritiene migliore
per il caso in questione.
Un confronto con un collega sulla bontà del piano terapeutico, soprattutto a inizio carriera, può essere sempre utile. Quali sono i canali, formali e informali, per
ottenerlo?
L’odontoiatra deve, sempre,
avere come riferimento la
letteratura internazionale e
la Evidence Based Dentistry.
Aggiornarsi non significa
chiedere informazioni a un
collega più anziano ma rivolgersi a strutture che mettono
a disposizione cultura. CoiAiog rappresenta proprio
la struttura che, a costo zero, mette a disposizione conoscenze ed esperienze per
i soci che possono ottenere
informazioni sui comportamenti da tenere nella propria
pratica clinica grazie al lavoro di analisi della letteratura
fatto da colleghi esperti.
A. P.
EDUCATION & MEETING NEWS
14
Congresso internazionale Aio
Quaranta-cinquantenne, ma giovane dentro, non sempre
benestante o disponibile a interventi complessi ma aperto
ai cambiamenti: il paziente 2.0 ne sa più dei suoi… genitori, chiede di non spendere troppo tempo dal dentista ma
si fida di lui. E, in Italia come all’estero, chiede tecnologie
al servizio di queste istanze. Un punto sulle tecniche ad
hoc arriva dall’11 al 13 giugno, da Chia Laguna, un resort
all’angolo sud-ovest della Sardegna, 30 minuti dall’aeroporto di Cagliari, dove si svolgerà l’ottavo congresso internazionale dell’Associazione italiana odontoiatri (Aio). L’evento – che è pure 27esimo congresso nazionale – intreccia temi politici e corsi pratici, e conferisce sia crediti Ecm
– 12 al giorno – sia crediti Ada Cerp dell’American Dental
Association, vaidi in Usa. E ospita esperti dal mondo.
Nei corsi precongressuali del giovedì ci sono gli aspetti più
pratici: da una parte Francesca Vailati di Ginevra e Ignazio Loi di Cagliari spiegano come in tre passaggi si realizza la preparazione “biologically oriented” (Bopt) per adattare le mucose ai profili protesici determinati dalle corone,
dall’altra il corso pratico di odontoiatria restaurativa tenuto da Enrico Manca di Cagliari e Giacomo Derchi dell’Ospedale di Versilia. Altri tre corsi parlano inglese, ospiti d’onore Gary Glassmann di Toronto per l’endodonzia,
Nitzan Bichacho di Gerusalemme per la parodontologia
e Michael Ignelzi (University of Michigan) per la pedodonzia.
Le specialità sono di scena il giorno dopo, venerdì 12 giugno, con i simposi congiunti Aio-Società italiana di endo-
donzia (protagonisti Mario Lendini e Pio Bertani), e AioSocietà di odontoiatria conservativa (Francesco Mangani
e Camillo D’Arcangelo). Valenza internazionale particolare ha il simposio tra Aio e Sido, sulle determinanti culturali che condizionano gli interventi di ortodonzia da un
continente all’altro, con Skander Elouze dell’Università di
Direttore responsabile
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Redazione
Lara Romanelli [email protected]
Rachele Villa [email protected]
Segreteria di redazione e traffico
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Grafica e impaginazione
Marco Redaelli - www.creativastudio.eu
Hanno collaborato in questo numero: Cosma Capobianco, Aldo
Crespi, Marco Esposito, Vincenzo Marra, Mauro Miserendino,
Renato Torlaschi
Pubblicità
stiche della micro-TC e sulle procedure implantoprotesiche
computer-guidate. Si parlerà poi degli apetti clinico-radiologici delle perimplantiti in una tavola rotonda, cercando
anche di fare luce sulla reale epidemiologia della patologia e
sulle possibilità e limiti di trattamento.
Fara Congressi srl
Tel. 011.8171006
[email protected]
www.faracongressi.it
www.sirom.org
Odontoiatria estetica: terapia in team
"Odontoiatra, odontotecnico e igienista dentale: una collaborazione vincente in odontoiatria estetica" è il titolo e il punto
di partenza dell'evento che si terrà il 20 e 21 febbraio a Bari,
focalizzato sull'interdisciplinarietà del trattamento di odontoiatria estetica. Sul palco si alterneranno professori universitari
provenienti dai numerosi atenei italiani, introdotti in apertura di convegno dal saluto del professor Enrico Gherlone, neo
presidente del Collegio dei docenti di odontoiatria, e da Massimo Maculan, presidente nazionale Antlo.
Secondo il professor Felice Roberto Grassi, ideatore del convegno, ogni intervento di odontoiatria estetica non può prescindere da una fattiva collaborazione dell'odontoiatra, a
cui spetta diagnoisi e piano di
trattamento, con l'odontotecnico, chiamato a realizzare le
indicazioni del clinico rispettando i canoni protesici, non
senza però un contributo individuale e unico di tecnica
ed esperienza. Prima e dopo il
trattamento, non è secondario
il ruolo dell'igienista dentale:
dall'individuazione degli indici di rischio sugli stili di vita
www.aio.it
http://congress2015.aio.it
[email protected]
Italian Dental Journal
Anno X - numero 1 - gennaio 2015
Mensile di attualità, informazione, cultura
Chiuso in redazione il 21 gennaio
VII congresso nazionale Sirom
Il congresso nazionale della Società italiana di radiologia odontostomatologica e
maxillo-facciale si tiene venerdì 13 e sabato 14 febbraio a Torino presso la Dental
School al Lingotto.
«Ci ritroviamo quest’anno
con l’intento di approfondire, mantenendo la continuità con lo spirito dei precedenti incontri, temi relativi
all’applicazione delle nuo> Silvio Diego Bianchi
ve tecnologie alla scienza
odontoiatrica. Queste non
di rado si diffondono tumultuosamente, con risultati a
volte difformi dalle aspettative – ci ha detto Silvio Diego
Bianchi, presidente Sirom e docente di diagnostica per immagini e radioterapia ai corsi di laurea di odontoiatria e di
igiene dentale dell'Università di Torino –. Per questo motivo nel convegno verrà attribuita particolare attenzione ai
“nuovi problemi correlati con le moderne tecnologie”, cercando di approfondirne la frequenza, le caratteristiche, le
cause e i rimedi».
Il programma scientifico dell'incontro prevede una discussione comparativa sulle nuove tecnologie hardware e software e alcuni approfondimenti sulle applicazioni diagno-
Monastir in Tunisia, Gian Piero Farronato dell’Università
di Milano e Silvia Allegrini di Pisa. Un altro tema pratico
– l’approccio soft tissue a cura di Giovanni Zucchelli – per
l’importanza rivestita diventa l’argomento di partenza oggetto di lettura magistrale alle 9 del venerdì 12.
La parte politica si apre l’11 sera con la cerimonia di inaugurazione, l’intervento delle autorità e del mondo istituzionale e la relazione introduttiva del presidente Aio Pierluigi Delogu. Oggetto: l’impatto della crisi sulle scelte di
paziente e dentista. Se ne riparla nelle sessioni internazionali del venerdì. Nella seconda parte della mattinata si parlerà di malattia parodontale e patologie sistemiche (P. Piero, Detroit), uso delle cellule staminali in implantologia
(Mariam Margvelashvili, Tbilisi) controllo computerizzato in anestesia locale (Mark Hockman), impianti corti (Mauro Marincola), trattamenti estetici e ultraconservativi (Pascal Magne, Ginevra) e malocclusioni (Renato
Cocconi). Al sabato di scena l’odontoiatria conservativa
con una seconda lettura magistrale dell’elvetico-americano Magne sui restauri adesivi anteriori e posteriori mentre per gli igienisti dentali ci sarà un importante corso di
comunicazione al paziente a cura delle ricercatrici Marta
Botteon e Martina Scarazzato.
del paziente prima dell'intervento, al difficile lavoro motivazionale per il mantenimento dei risultati.
«Serve un trait d'union tra i protocolli clinici» dice Grassi, che
a questo scopo ha voluto riunire tutte queste figure per fare il
punto della situazione e valutare lo stato dell'arte dei protocolli
operativi clinici.
Accanto al più classico dei dibattiti teorici si inserirà poi una parte molto pratica, legata anche alle nuove tecnologie in odontoiatria. Grazie alla stretta collaborazione con le aziende, sono stati
programmati una serie di tavoli tecnici ognuno dei quali approfondirà, dal punto di vista strettamente operativo, un protocollo
clinico: dallo sbiancamento al carico immediato fino alla rigenerazione ossea. Il tutto anche attraverso l'utilizzo diretto delle
ultime tecnologie disponibili che, a detta degli organizzatori del
convegno, spesso non vengono utilizzate o prese in considerazione dai colleghi non tanto per i costi quanto per la mancanza
di conoscenza nel loro utilizzo. Un gap che si tenterà di colmare
con questi tavoli tecnici da 45 minuti l'uno, durante i quali l'utilizzo delle tecnologie verrà spiegato e semplificato dalla comprensione del funzionamento delle stesse, cercando così di avvicinare il più possibile alta tecnologia e pratica clinica.
Amors di Sergio Magliocchi
Tel. 393.4888499
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Direttore commerciale
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I CASI CLINICI DI
esperienze cliniche in
IMPLANTOLOGIA
In questo numero:
Impianti short a carico
immediato in grave atrofia
mandibolare
Riabilitazione full-arch a carico
immediato con implantologia
computer guidata
Come semplificare la gestione
di orientamento e inclinazione
degli impianti
Vantaggi clinici del carico
immediato con impianto
cono morse
Mantenimento a 10 anni
della stabilità tissutale
e dell'estetica in implantoprotesi
Riabilitazione di elemento
singolo in zona estetica con una
nuova soluzione implantare
Impianto post-estrattivo a carico
immediato in zona estetica con
rigenerazione dell’alveolo
Carico immediato in area
estetica con materiali di ultima
generazione
SU DENTAL ACADEMY TROVI:
> BLOG
I casi clinici postati dagli odontoiatri. Confronta la tua
esperienza clinica con quella dei colleghi e commenta i casi
> TOP NEWS
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dalla redazione di Italian Dental Journal: fatti, persone, eventi
> LETTERATURA INTERNAZIONALE
La letteratura e l’evidenza scientifica internazionale raccontata
attraverso i report giornalistici
> DENTAL MARKET
Un aggiornamento merceologico completo con le recensioni
dei prodotti più innovativi delle aziende del settore
Su www.dentalacademy.it trovi anche lo sfogliabile dell’ultimo numero
di Italian Dental Journal in anteprima rispetto alla pubblicazione cartacea
CASO CLINICO
Impianti short a carico immediato
in grave atrofia mandibolare
Le aree posteriori della mandibola e del mascellare superiore
presentano spesso un notevole
grado di atrofia ossea che può
rappresentare un limite alla terapia implantare.
La chirurgia ricostruttiva preimplantare non può essere praticata in tutti i pazienti a causa di
possibili controindicazioni locali
e/o sistemiche. La ricerca della soluzione a tale problema
ha spinto l'interesse dei clinici verso l’utilizzo degli impianti
corti, che offrono la possibilità
di snellire le procedure chirurgiche riducendo il numero e la
complessità degli interventi.
Di seguito presentiamo il risultato implantoprotesico di un
carico immediato eseguito in
mandibola con severa atrofia
nei settori diatorici.
Materiali e metodi
La paziente di anni 54, non fumatrice, gode di buona salute.
> Francesco Gallo, medico chirurgo
specialista in chirurgia maxillo-facciale,
dirigente medico di I livello presso Irccs
Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano
Da circa 20 anni è edentula nei
settori diatorici mandibolari e la
documentazione radiografica
evidenzia notevole atrofia mandibolare nei settori posteriori.
Gli esami OPT e TC dental scan
analizzati esprimono un’altezza
ossea massima in regione 36 di
7 mm e in regione 46 di 6,5 mm.
> Francesco Zingari, odontoiatra, libero
professionista presso Irccs Istituto
Ortopedico Galeazzi, Milano
> Michelangelo D'Uva, odontoiatra libero
professionista, fellow presso Irccs Istituto
Ortopedico Galeazzi, Milano
> Fig. 2: protesi provvisoria a carico immediato
Le procedure di rigenerazione
ossea preimplantare proposte
alla paziente vengono rifiutate.
Viene eseguita ceratura diagnostica e mascherina chirurgica.
La paziente viene sottoposta a
seduta di igiene orale e profilassi antibiotica.
Dopo bonifica totale dell’arcata
inferiore si inseriscono contestualmente 4 impianti way Milano (Geass) D. 4,5 L. 11 mm in
regione intrasinfisaria e due impianti way Short (Geass) D. 4,5
L. 6,5 mm piattaforma 4,8 in regione 36 e 46. Il torque di inserimento implantare va dai 40 ai
50 Ncm. A 48 ore, la paziente
viene sottoposta al carico protesico immediato avvitato con
protesi provvisoria in resina rinforzata con fibra di vetro (torque
di serraggio 20 Ncm).
Il controllo clinico e radiografico
a sei mesi dal carico immediato evidenzia la buona guarigione dei tessuti e il perfetto mantenimento dei picchi ossei su tutti gli impianti. Si procede quindi
alla realizzazione del manufatto
definitivo optando per un'arcata protesica in metallo ceramica
cementata su monconi a ingaggio interno.
Discussione
In passato, condizioni patologiche limitanti la chirurgia ricostruttiva preimplantare, in assenza di impianti corti, hanno
reso impossibili molti trattamenti
implantoprotesici. L'utilizzo degli
impianti di lunghezza short consente, talvolta, la riabilitazione
implantoprotesica anche in caso di gravi atrofie maxillo-mandibolari.
Nel caso descritto, l'impossibilità di eseguire procedure chirurgiche di rigenerazione ossea
preprotesica e il grado di atrofia
mandibolare maturato dalla paziente, hanno orientato la scelta
verso impianti a lunghezza tradizionale nella regione interforaminale e di impianti short nelle
regioni diatoriche, uniti con soluzione protesica avvitata a carico
immediato.
L'utilizzo di impianti short ha
permesso di evitare interventi
di chirurgia preimplantare invasivi, aumentando la predicibilità
di successo, consentendo un risultato estetico e funzionale sovrapponibile a quello di impianti
di lunghezza tradizionale.
L'assenza di riassorbimento osseo, valutabile dalle radiografie
di controllo, dimostra un inalterato e corretto processo di osteointegrazione di tutti gli impianti utilizzati, a ulteriore conferma
della validità della tecnica scelta e dell'affidabilità degli impianti
way Short in riabilitazioni a carico immediato.
Seppure soltanto recentemente
la letteratura scientifica ha supportato la scelta del carico immediato su impianti short, sempre maggiore risulta l'interesse
per l'argomento.
> Fig. 1: ortopantomografia preoperatoria
> Fig. 3: ortopantomografia finale
CASO CLINICO
Come semplificare la gestione
di orientamento e inclinazione degli impianti
L’inserimento di impianti tiltati ha confermato la sua coerenza biomeccanica e la sua
prognosi, e da oltre un decennio rappresenta il compromesso ideale per riabilita-
> Fig. 1
> Fig. 2
> Fig. 3
> Fig. 4
> Fig. 5
zioni protesiche fisse in caso
di limitata disponibilità ossea
posteriore o economica.
Questo particolare progetto d’inserimento prevede un
adeguamento della compo-
nentistica protesica per compensare immediatamente il
disparallelismo reciproco e
consentire la realizzazione di
protesi avvitate o cementate
semplici da passivare.
Dato per scontato che un
componente protesico per
essere posizionato in modo
preciso, predicibile e ripetibile
deve impegnarsi in una geometria antirotazionale, emerge il problema di orientare
questa geometria interna o
esterna in modo che il meso
componente (nello specifico
base conica per protesi avvitata - Idi Evolution) si orienti
con gli altri da comprendere
nella riabilitazione.
A questo scopo i clinici che
collaborano con Idi Evolution
hanno messo a punto un presidio chirurgico che consente
di visualizzare e orientare il
dispositivo implantare in modo che il componente protesico si collochi nella posizione
ideale senza dovere ripetere
le operazioni di orientamento.
Si tratta di un presidio chirurgico di forma esagonale
che si impegna nella geometria implantare in modo passivo e presenta un indicatore
colorato inserito nello stesso con un'angolazione corrispondente alle angolazioni
dei componenti protesici presenti nella sistematica. Nello
specifico avremo un dispositivo orientante per basi coni-
> Paolo Arosio, libero professionista a Vimercate
e Mariana Mantovana. Dopo la laurea ha
conseguito il dottorato in tecnologie biomediche
applicate alle scienze odontostomatologiche alla
II Università di Napoli
che da 17° di colore giallo e
uno per basi coniche da 30°
di colore blu, insieme a un dispositivo senza indicatori per
l’angolazione di 0° (fig. 1).
Procedura chirurgica
Una volta terminato l’inserimento dei dispositivi endossei (fig. 2) si posiziona l’allineatore con l’indice di inclinazione che si presume corretto e per prima cosa si verifica la scelta rispetto agli inserimenti contigui o l’arcata
antagonista (fig. 3).
Stabilito il grado di angolazione con una chiave specifica si ruota nel senso dell’attivamento fino a posizionare gli indicatori di angolazio-
ne paralleli tra di loro o con
un orientamento che si ritiene ideale per quella riabilitazione. Sulla base degli orientatori sono presenti degli indici millimetrati che aiutano
nella scelta del’altezza del
componente protesico rispetto allo spessore mucoso. Rimossi gli orientatori, il posizionamento delle basi coniche sarà semplificato perché
l’esagono si troverà orientato
correttamente rispetto all’angolazione del dispositivo protesico (figg. 4 e 5).
CASO CLINICO
Mantenimento a 10 anni della stabilità
tissutale e dell'estetica in implantoprotesi
Il raggiungimento di un risultato immediato e la stabilità del risultato nel tempo sono frutto di
molte variabili legate alle caratteristiche del paziente, dell’operatore e del sistema implantare.
Le variabili relative al paziente sono di carattere generale
(fattori genetici, malattie sistemiche, farmaci, fumo, abitudini
igieniche) e di carattere locale
(volume e qualità ossea, fattori
microbiologici, parodontiti, biomarker ossei, occlusione, parafunzioni ecc.). Le variabili relative al curante comprendono la
formulazione di una corretta diagnosi e di un adeguato piano di
trattamento, una precisa esecuzione chirurgica, in particolare
disegno del lembo e tecniche di
preparazione del sito, una corretta esecuzione protesica (tipo di protesi, modalità di carico,
cantilever, gestione dell’ampiezza biologica ecc.). I fattori implantari comprendono: design
implantare, macro e microgeometria, superficie, connessione
implant-abutment, one o twopiece, tecnica sommersa/non
sommersa ecc.
Tali numerose variabili si intersecano necessariamente fra loro: il successo estetico e il suo
mantenimento nel tempo sono
possibili con una precisa e scrupolosa attenzione a ognuna di
queste.
Se molti fattori coinvolti nel rimodellamento osseo perimplantare possono sfuggire al nostro
controllo, come ad esempio genetica e abitudini del paziente,
alcuni fattori dipendono da noi,
come ad esempio la formulazione del piano di trattamento e
la corretta esecuzione chirurgico-protesica. Fondamentale appare l’utilizzo di un sistema implantare adeguato e affidabile
con una connessione implantabutment che si contraddistingua per stabilità meccanica, sigillo microbiologico e platform
switching.
Caso clinico
Il case report è del 2003 e riguarda una paziente di 44 anni, in cui il piano di trattamento comprendeva la sostituzione per vetustà di una protesi su
pilastri naturali 25-27 con elemento in estensione 24. Si è
optato per la sostituzione della
vecchia protesi 25-27, in lega-resina, con una nuova protesi 2527 in metal-ceramica senza elemento mesiale in estensione, e
per la sostituzione dell’elemento
24 in estensione tramite corona
singola a supporto implantare. Il
trattamento è stato di tipo bifasico, secondo protocollo tradizionale. La chirurgia è stata eseguita tramite apertura di lembo
a tutto spessore: la cresta ossea è apparsa di ridotta ampiezza trasversale, si è eseguita una
preparazione osteotomica secondo il concetto REO (Ridge
Expansion Osteotomy) di Summers e si è inserito un impian-
> Alberto Frezzato,
libero professionista
a Rovigo
to Exacone (Leone) 3,3x12 mm,
pari cresta, con rispetto delle distanze mesio-distali e bucco-linguali (“comfort zones”).
Il controllo radiografico conferma il corretto posizionamento
dell’impianto “narrow” per tutta l’altezza ossea disponibile. A
distanza di tre mesi si è proceduto alla finalizzazione protesica. Il controllo clinico e radiografico, eseguito a oltre 10 anni di distanza, mostra il mante-
> Irene Frezzato,
libera professionista
a Rovigo
nimento della stabilità tissutale
e dell’estetica iniziale: non sono
evidenziabili segni di flogosi (se
si esclude una modesta gengivite marginale a carico dei pilastri naturali). Tutti i parametri di
successo sono rispettati: in particolare non si è verificata alcuna perdita ossea. Non si è verificata recessione dei tessuti
molli. Questo risulta particolarmente importante perché in zona estetica.
> Fig. 1: anno 2003. Immagine radiografica: il progetto implanto-protesico
concerne il sito edentulo 24, sede di elemento protesico in estensione
> Fig. 2: immagine radiografica
dell’impianto in zona 24 al
momento della consegna
protesica (2003)
> Fig. 3: immagine radiografica
al momento del controllo a 10
anni dalla consegna (2013). Si
ha stabilità ossea senza perdita
in altezza
> Fig. 4: immagine clinica della corona implanto-supportata in zona
24 e della protesi fissa su pilastri naturali 25-27 al momento della
consegna protesica (2003)
> Fig. 5:immagine clinica della protesi implanto-supportata a 10 anni
dalla consegna (2013). Si riscontrano stabilità tissutale ed estetica
CASO CLINICO
Impianto post-estrattivo a carico immediato
in zona estetica con rigenerazione dell’alveolo
L’inserzione di un impianto
post-estrattivo ha mostrato un
alto grado di successo e di
soddisfazione del paziente associato al raggiungimento di
una buona estetica gengivale
(1, 2). Dopo l’estrazione si assiste a un fisiologico riassorbimento osseo, sia orizzontale che verticale (3, 4). Questo
riassorbimento si assesta tra il
29% e il 63% sul piano orizzonatale e tra l’11% e il 22% su
quello verticale, con maggiore coinvolgimento del versante vestibolare rispetto al quello
palatale (4).
>
Alcuni autori suggeriscono il
posizionamento di un biomateriale a lento riassorbimento all’interno dell’alveolo in
modo da prevenire la perdita
delle strutture di sostegno (5,
6). Comparando i dati in letteratura si osserva che il tasso di successo a due anni di
una terapia implantare eseguita su osso guarito è molto
simile a quello in cui l’impianto viene posizionato in un sito
post-estrattivo associato a un
biomateriale a lento riassorbimento (7, 8).
Il presente studio documenta il
Fig. 1: radiografia pre-operatoria con frattura verticale del 24
> Fig. 2: posizionamento di
un impianto post-estrattivo
in zona 24. Da notare il
riassorbimento della parete
vestibolare e palatina
> Fig. 3: inserimento del biomatriale a lento riassorbimento
> Fig. 4: esame radiografico a fine intervento
posizionamento di un impianto
post-estrattivo associato a un
biomateriale a lento riassorbimento allo scopo di preservare e incrementare la parete ossea verticale e palatale.
Caso clinico
Una paziente si è presentata alla nostra osservazione
lamentando dolore in zona
24 alla percussione. L’esame
obiettivo mostra la presenza
dell’elemento 24 fratturato verticalmente e del 25 con otturazione mesio-occluso-distale in
amalgama e fattura della cuspide palatina, come confermato dall’esame radiografico
(fig. 1). Si decide per l’estrazione del 24 con posizionamento post-estrattivo di un impianto e rigenerazione dell’alveolo con biomateriale. L’elemento 25 verrà riabilitato mediante
cementazione di un intarsio in
composito.
Un’ora prima dell’intervento sono stati somministrati al
paziente Amoxicillina + Acido
Clavulanico (Augmentin, GlaxoSmithKline) e un antidolorifico (Brufen 600, Abbot Laboratories). Il cavo orale è stato
disinfettato per due minuti mediante sciacquo con collutorio a base di clorexidina (Corsodyl, GlaxoSmithKline). L’anestesia plessica a base di
Articaina 4% con adrenalina
1:100000 (Citocartin, Molteni
Dental) è stata eseguita nella
regione del forame infraorbitario e, palatalmente, a livello
dell’emergenza del nervo naso-palatino.
È stato sollevato un mini-lembo muco-periosteo per accedere ai frammenti radicolari dell’elemento 24. La parete vestibolare e palatina mostravano una deiscenza di
circa 3 mm, fortunatamente, però, il setto inter-radicolare era ben rappresentato e
integro. Il sito è stato, quindi,
preparato e un impianto conico da 4.2 mm di diametro e
11.5 mm di lunghezza (Dynamix, Cortex) è stato inserito
sul lato palatale. Appare ben
evidente il riassorbimento osseo a carico della parete palatina e vestibolare e distanza
presente tra impianto e parete
vestibolare superiore a 2 mm
(fig. 2). Per preservare l’alveolo e rigenerare la parete vestibolare e palatina, si è deciso di inserire un biomateriale
a lento riassorbimento capace, una volta posizionato nel
sito, di indurirsi e rimanere in
posizione (Easy-Graft Crystal,
Sunstar Guidor) (fig. 3). La capacità del materiale di indurirsi al contatto col sangue ha
facilitato questa operazione e
ha dato maggiori garanzie di
immobilità dell’innesto inserito. Data la stabilità implantare superiore a 50 Nm, una corona provvisoria in acrilico a
carico immediato è stata ce-
> Marco Montanari,
ricercatore presso
l'Università
di Bologna
> Luca Bartoletti, studente
di odontoiatria all'Università
di Bologna
a 5-year prospective single
cohort study. Clin Oral Implants
Res 25, 2014, 1-389.
6. Wang RE, Lang NP. New insights into ridge preservation after tooth extraction. Clin Oral Implants Res 23, 2012, 147-156.
7. Lang NP, Lui P, Lau KY, Wong
MCM. A systematic review on
survival and success rate of implants placed immediatly into
fresh extraction sockets after at
least 1 year. Clin Oral Implants
Res 23, 2012, 39-66.
8. Malchiodi L, Ghensi P, Cucchi
A, Corrocher G. A comparative
retrospective study of immediately loaded implants in postextraction sites versus healed sites: results after 6 to 7 years in
the maxilla. Int J Oral Maxillofac
Implants. 2011;26:373-84.
mentata e due punti in seta
sono stati eseguiti.
Una radiografia endorale postoperatoria conferma il corretto
posizionamento dell’impianto
e del biomateriale all’interno
del sito post-estrattivo (fig. 4).
Dopo 4 mesi è stato rimosso
il provvisorio, evidenziando la
salute dei tessuti perimplantari, ed è stato inserito sul moncone il transfer a strappo, quindi una impronta in polietere
(Impregum, 3M-Espe) è stata
rilevata. Il caso è stato ultimato posizionando sull’impianto una corona avvitata in metallo-ceramica sottolineando il
buon mimetismo e il ripristino
dei diametri vestibolo-palatini
e apico-coronali dei tessuti duri e molli (fig. 5).
in anterior area: a 4 years prospective clinical study. Clin Oral
Implants Res 25, 2014, 1-389.
3. Clementini M, Tiravia L, De
Risi V, Vittorini Orgeas G, Mannocci A, De Sanctis M. Immediate implant placement to preserve alvolar ridge dimensions
after tooth extraction: a systematic review and meta-analysis.
Clin Oral Implants Res 25,
2014, 1-389.
4. Tan WL, Wong TLT, Wong
MCM, Lang NP. A systematic review of post-extractional alveolar
hard and soft tissue dimensional
changes in humans. Clin Oral
Implants Res 23, 2012, 1-21.
5. Borgia V, Alfonsi F, Marconcini S, Covani U, Barone A, Tonelli
P. Tissue stability of implant placed in fresh extraction sockets:
Bibliografia
1. Hartlev J1, Kohberg P, Ahlmann S, Andersen NT, Schou S,
Isidor F. Patient satisfaction and
esthetic outcome after immediate placement and provisionalization of single-tooth implants
involving a definitive individual
abutment. Clin Oral Implants
Res. 2014 Nov;25:1245-50.
2. Imbrugia M. Immediate placement of conical connections
implant and provisionalizzation
> Fig. 5: finalizzazione del caso con inserimento di una corona in
metallo ceramica sull’impianto in zona 24
CASO CLINICO
Riabilitazione full-arch a carico immediato
con implantologia computer guidata
Le esigenze estetiche e funzionali dell’odontoiatria moderna hanno reso inaccettabile la riabilitazione del paziente edentulo mediante protesi totale rimovibile. Gli attuali
standard in campo implantoprotesico e nel campo dell’imaging intraorale tridimensionale e dell’informatica hanno
permesso lo sviluppo di metodiche riabilitative protesiche
fisse pre-programmate altamente performanti dal punto
di vista funzionale, temporale
ed estetico.
Caso clinico
Paziente donna di 68 anni,
non fumatrice, portatrice di
protesi parziale mascellare
e protesi totale mandibolare
con permanenza di 3.8 (figg.
1 e 2). Rispettando le richieste della paziente si opta per
una riabilitazione tramite protesi totale di tipo ortopedico a
funzione immediata supportata da 5 impianti osteointegrati (T3 Tapered Certain, Biomet 3i) inseriti mediante l’utilizzo di mascherina chirurgica
progettata con software Simplant.
Eseguita la bonifica del mascellare inferiore è stata confezionata una nuova protesi
totale inferiore che soddisfacesse tutte le necessità estetiche e funzionali della paziente (fig. 3). La protesi totale ha
lo scopo, inoltre, di indirizzare
il posizionamento virtuale degli impianti.
La progettazione virtuale della posizione delle fixtures si
articola in diversi momenti.
1) Esecuzione di una scansione 3D dell’osso mandibolare
mediante CBCT (CS9300 3D,
Carestream) con protesi dotata di punti di repere posizionata nel cavo orale.
2) Scansione 3D del solo corpo protesico.
3) Segmentazione e matching
delle due scansioni sul software.
4) Valutazione dell’anatomia,
pianificazione implantare e
determinazione dei tragitti
trans mucosi (fig. 4).
In base alla progettazione viene creata una Simplant Guide riportante parte della dentatura del corpo protesico (fig.
5). La mascherina viene utilizzata anche nelle fasi di laboratorio. Viene realizzato un
modello di lavoro riportante la
posizione delle fixture implantari. Il modello viene utilizzato per la scelta degli abutment
conici (Low Profile Abutment),
per la modellazione del frame
work metallico, per la passivazione dello stesso e per la
creazione di un jig occlusale
che aiuterà l’operatore nel posizionare la mascherina all’inizio della chirurgia.
La fase chirurgica prevede l’accurato posizionamen-
to della mascherina mediante l’utilizzo di due viti di fissazione (fig. 6); la preparazione flapless dei siti implantari
mediante il Tapered Navigator
Surgical Kit (Biomet 3i); l’inserimento di impianti conici
ad esagono interno T3 (Biomet 3i) con motore chirurgico (iChiropro, BienAir) impostato a 50 Ncm di torque e alloggiamento finale con chiave dinamometrica manuale
per allineare i reperi di riferimento dell’implant-mount con
i solchi di riferimento presenti sul Master-Tube della Simplant Guide. Viene rimossa la
mascherina chirurgica e vengono posizionati gli abutment
conici. Viene immediatamente rilevata l’impronta in gesso (fig. 7) e viene registrata
l’occlusione. Il paziente viene
congedato.
Nelle 24 ore successive il laboratorio provvede alla costruzione, alla passivazione e
alla rifinitura della protesi ortopedica (fig. 8). Il giorno successivo all’intervento viene
consegnata la protesi, si eseguono il trimming, i controlli occlusali e i controlli delle
cassette igieniche e la motivazione all’igiene (figg. 9 e 10).
Questa metodica permette di
riabilitare un paziente edentulo nell’arco delle 24 ore senza l’ausilio di protesi provvisorie. Il protocollo da noi proposto prevede l’inserimento di 5
fixture nel mandibolare e di 6
fixture nel mascellare.
I vantaggi di questa metodica possono essere riassunti
in cinque punti: 1) determinazione e verifica pre-chirurgica
dell’estetica e della funzione;
2) ottenimento delle massime
potenzialità grazie alla pianificazione prechirurgica e alla
scelta ottimale degli impianti
in base all’anatomia del paziente; 3) assenza di sanguinamento, riduzione degli edemi post-operatori e massima
precisione di posizionamento
della mascherina chirurgica
grazie alla chirurgia flapless;
4) riduzione della morbidità;
5) miglioramento del flusso di
lavoro nelle fasi di laboratorio.
> Fig.
1: OPT iniziale, mandibola edentula con presenza del 3.8
> Daniele Cardaropoli, Alessandro Roffredo, Lorenzo Tamagnone,
Monica Ravera
Proed, Professional Education in Dentistry, Torino
> Fig. 6: impianti inseriti con tecnica flapless. Implant mount e master
tube sono stati allineati in modo da avere un corretto posizionamento
dell’esagono interno degli impianti
> Fig. 2: situazione clinica iniziale con una protesi totale inferiore e una
protesi parziale rimovibile superiore
Fig. 7: impronta di posizione in gesso degli impianti alla fine della
fase chirurgica
>
> Fig. 3: costruzione di una nuova protesi totale inferiore in base
a parametri estetici e occlusali. Sono stati inseriti punti di repere
radiopachi in composito per la doppia scansione
> Fig. 8: protesi full-arch terminata, pronta per la consegna a 24 ore
dall’inserimento implantare
> Fig. 4: pianificazione virtuale della posizione implantare sulla base
della anatomia ossea tridimensionale e del posizionamento protesico
> Fig. 9: full-arch avvitato sugli impianti, e ultimo controllo intraorale
dell’occlusione e dell’estetica prima della consegna
> Fig. 5: mascherina chirurgica con integrata la posizione
tridimensionale degli impianti e la posizione delle viti di fissazione
> Fig. 10: OPT finale con impianti inseriti e full-arch inserito
CASO CLINICO
Vantaggi clinici del carico immediato
con impianto cono morse
L’osteointegrazione è un fenomeno biologico che si basa sui processi di rigenerazione e rimodellamento osseo.
Il tessuto osseo risponde ai
carichi occlusali attuando un
equilibrio dinamico tra queste
due fasi (Brånemark, 2001).
Le procedure di carico immediato consentono alla rigenerazione e al rimodellamento
osseo di avvenire simultaneamente, riducendo così il tempo necessario all’impianto per
osteointegrarsi.
Questa tecnica chirurgica è
basata sulla stabilità meccanica o primaria dell’impianto, che può essere rappresentata sostanzialmente dal
torque finale misurato al mo-
mento della sua installazione
(Papaspyridakos et al, 2014).
Tuttavia si dovrebbe prestare
attenzione a un’ulteriore dinamica clinica: l’occlusione fisiologica o armonica.
Caso clinico
Un paziente viene sottoposto
a trattamento implantare per
il restauro del primo molare
dell’arcata mascellare superiore.
È stato pianificato un intervento con un impianto conico 4.3 x 13 mm (CM Alvim,
Neodent), selezionato per le
sue spire compattanti e per il
design del corpo implantare.
L’impianto è stato posizionato,
successivamente all’osteoto-
mia, con un valore di Torque
pari a 45 Ncm.
Avendo superato i 32 Ncm
all’inserzione ed essendo in
presenza di una occlusione
normale senza alcun carico
laterale sull’impianto, questo
caso è stato trattato con la
tecnica del carico immediato.
Considerando l’altezza del
solco gengivale e rispettando le distanze dall’osso è stato selezionato un moncone
per protesi avvitata (Moncone
CM, 2.5 mm, Neodent).
Il giorno stesso dell’inserimento dell’impianto è stata
posizionata una corona provvisoria.
Sei mesi dopo l’intervento,
in seguito alla guarigione dei
tessuti molli, è stata effettuata una presa d’impronta e si
è proceduto ad avvitare una
protesi di ceramica sopra il
moncone. Durante questa
prima visita è stato possibile osservare come il restauro provvisorio abbia favorito
la guarigione della mucosa
e come le papille si siano riformate senza alcuna necessità di ulteriori appuntamenti
clinici per la creazione di un
profilo di emergenza. Il giorno del posizionamento della
protesi definitiva è stata effettuata una periapicale a raggi
X come base dalla quale partire per i successivi controlli.
I follow-up effettuati a 5 e 8
mesi e mezzo dall’intervento
> Geninho Thomé, BDS, MSc, PhD
Docente presso l’istituto Ilapeo (Latin American
Institute of Dental Research and Education)
> Dr Sérgio Rocha Bernardes, BDS, MSc, PhD
Docente presso l’istituto Ilapeo
mostrano come l’osso si sia
mantenuto nella medesima
posizione.
Conclusioni
Gli impianti cono morse tendono a ridurre il potenziale rimodellamento osseo nel tempo, soprattutto nel caso in cui
venga eseguito il posiziona-
mento a livello subcrestale
(Castro et al, 2014).
Un grande vantaggio rappresentato da questo risultato è
la presenza di papille e il loro mantenimento nel corso
degli anni, che ha come conseguenza un restauro più naturale e un migliore risultato
estetico per il paziente.
> Fig. 1: impianto CM Alvim
(Neodent)
> Fig. 2: profilo di emergenza
> Fig.
3: protesi definitiva
> Fig. 4: radiografia finale
CASO CLINICO
Riabilitazione di elemento singolo in zona
estetica con una nuova soluzione implantare
Gli impianti hanno oggi assunto un ruolo preminente nella sostituzione dell’elemento
dentale singolo compromesso. Questa nuova esigenza clinica ha sviluppato una visione
implantare molto più sofisticata dal punto di vista protesico,
in linea con le mutate esigenze
estetiche del paziente, il quale
richiede di ricevere un restauro che si integri perfettamente
>
nel contesto dentale come avverrebbe normalmente per una
corona eseguita su un pilastro
naturale.
L’utilizzo del nuovo impianto Prama (Sweden & Martina)
ci permette di gestire al meglio i tessuti molli perimplantari grazie alla forma del collo
transmucoso e al posizionamento sovra-gengivale dell’interfaccia impianto-abutment ol-
Fig. 1: radiografia preoperatoria
> Fig. 2: inserimento
dell’impianto Prama RF:
il collo transmucoso
è caratterizzato da
anodizzazione di colore
giallo per massimizzare
il risultato estetico
> Fig. 3: al momento
dell’inserimento è
ben visibile l’ottima
bagnabilità della
superficie ZirTi
> Fig. 4: posizionamento del pilastro per la realizzzione della corona
definitiva
tre che consentirci di effettuare
una protesi in linea con le indicazioni della tecnica Bopt. La
connessione, non più vicina al
livello osseo, migliora, fino ad
eliminare, il problema della gestione batterica a tale livello superando il concetto dello switch
platform, favorendo una integrità ottimale dell’osso attorno attorno alla fixture. Questo nuovo
impianto risulta quindi decisamente favorevole per la salute
dei tessuti duri e molli, per la
stabilità nel tempo degli stessi
e per la semplificazione di tutte le fasi protesiche, compresa
quella della cementazione del
manufatto, problema sempre
attuale e delicato di questa fase del trattamento.
> Fig. 5: follow-up a 6 mesi.
I tessuti molli risultano in salute
e di un estetico colore rosa
> Fabio
Gorni, libero professionista a Milano
> Fig. 6: radiografia postoperatoria
CASO CLINICO
Carico immediato in area estetica
con materiali di ultima generazione
Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi lavori e revisioni della letteratura che hanno
messo a confronto gli approcci
immediati e convenzionali nella terapia implantare. Nessuno
di questi lavori è stato in grado
di evidenziare un risultato clinico
significativamente diverso tra i
due. Ciò nonostante, ancora oggi, si consiglia estrema prudenza nell’eseguire un carico immediato su elementi singoli in area
estetica, ancor di più nel caso di
impianti immediati post-estrattivi.
Di contro, è sempre maggiore la
richiesta di trattamenti il più possibile rapidi e poco invasivi, soprattutto se il problema coinvolge
un’area estetica.
Tra le componenti che concorro-
no al conseguimento del risultato si possono considerare il volume e la qualità ossea, il tipo e
la morfologia dell’impianto come
anche la tipologia delle componenti protesiche impiegate.
In implantologia, tra i vari tipi di
materiali, è stato introdotto un
materiale composito, il Peek, già
impiegato con successo in ambito ortopedico, che coniuga un'ottima resistenza meccanica con
un basso peso specifico, intermedio tra quello dell’osso corticale e spongioso. Questa caratteristica può contribuire a limitare la trasmissione di carichi eccessivi all’osso nelle prime fasi
di guarigione dopo l’inserimento
implantare. Il colore bianco, poi,
è certamente un aiuto nelle zone
estetiche per evitare la comparsa di aloni scuri a livello del margine gengivale perimplantare.
Di recente il Peek è stato modificato mediante l’aggiunta di un
microriempitivo di particelle ceramiche grazie al quale si è ulteriormente aumentata la resistenza meccanica del materiale ed è
stato anche possibile caratterizzare meglio il colore, rendendolo
più simile alla dentina.
Caso clinico
Il caso clinico illustra l’applicazione di questo nuovo materiale,
denominato BioHpp, in un’area
ad alta valenza estetica.
La paziente GF, 40 anni, si presenta alla nostra osservazione
lamentando aumento di mobilità
di 1.2. L’esame clinico conferma
la mobilità riferita dalla paziente,
di grado 3, con estrusione dell’elemento dentale. I tessuti molli si
presentano di buon aspetto, con
un moderato grado di infiammazione marginale (fig. 1). L’esame endorale evidenzia invece
una rizalisi radicolare pressoché
completa (fig.2).
Si decideva quindi di procedere con un inserimento implantare post estrattivo a carico immediato. Dopo aver estratto il dente,
veniva inserito un impianto (blueSKY, Bredent) ponendo particolare attenzione al raggiungimento di un’adeguata stabilità primaria. Insieme all’impianto veniva
anche inserito un innesto connettivale, per aumentare il volu-
> Laura C. Campos
> Giovanni Ghirlanda
Libera professionista
a Roma
Libero professionista
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me dei tessuti molli. Successivamente, mediante mascherina preconfezionata, si rilevava
un’impronta della posizione implantare, che veniva inviata all’odontotecnico. In laboratorio, sul
modello in gesso, utilizzato per
preparare la mascherina, veniva creato un alloggiamento per
consentire il riposizionamento
dell’impronta. Sul modello così modificato il tecnico procedeva alla modellazione del moncone e alla sua successiva costruzione in BioHpp mediante
pressofusione. Contestualmente
costruiva anche il provvisorio in
resina. Il manufatto così realizzato, dopo circa 4 ore dall’intervento, veniva applicato alla paziente
(figg. 3 e 4).
Dopo circa sei mesi, completato il processo di osteointegrazione dell’impianto e di maturazione dei tessuti molli, il caso clinico
veniva completato con l’applicazione di una corona in disilicato
di litio (fig. 5). Ai controlli, a distanza di un anno dall’intervento, si
può apprezzare un ottimo mantenimento dei livelli ossei e mucosi della zona trattata.
> Fig. 1: aspetto clinico iniziale
> Fig. 2: radiografia endorale
preoperatoria
> Fig. 3: moncone in BioHpp avvitato nell’impianto
> Fig.
4: inserimento provvisorio
> Fig. 5: lavoro completato con corona in disilicato di litio