Italian Dental Journal 1
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Griffin Editore / www.griffineditore.it ISSN 1970-7428 Anno X Numero 1/2015 RAPPORTO EURES Come gestire le complicanze in implantologia? «Primum, non nocere»: riparte dalle basi della medicina il programma culturale della Società italiana di implantologia osteointegrata (Sio) e apre alla discussione delle complicanze in implantologia. Questi casi sono in aumento o stanno semplicemente emergendo dal sommerso? Il corso specifico di implantologia inserito nel sesto anno di università migliorerà le performance dei futuri odontoiatri? IMPLANTOLOGIA DIGITALE FIERA DI COLONIA Casi clinici: IMPLANTOLOGIA Intervista a Matteo Chiapasco CATEGORIA Endodonzia AUTORE Aldo Crespi CATEGORIA Chirurgia AUTORE Giorgio Tiozzo Lesione endo-perio in 43: una rigenerazione ossea insperata Estrazione di 18 incluso ULTIMI POST 3 IN COPERTINA L'INTERVISTA Elevare le competenze per ridurre le complicanze Una scarsa preparazione di base è uno dei motivi dell'aumento delle complicanze in implantologia. Valutazione clinica e radiografica preoperatoria e conoscenza dell'anatomia sono i presupposti per ridurre al minimo i rischi Inizia quest’anno il biennio di Matteo Chiapasco (direttore dell'unità operativa di chirurgia orale della clinica odontoiatrica, dipartimento di scienze della salute, dell'Università di Milano) alla presidenza della Società italiana di implantologia osteointegrata (Sio), che riceve il testimone da Luigi Guida e annuncia grandi novità, sia nella struttura del congresso nazionale che nell’attività formativa. Tra gli argomenti che riceveranno una nuova e particolare attenzione, ci saranno le complicanze che, come aveva già dichiarato lo stesso Chiapasco a Italian Dental Journal, «nei corsi e nei congressi viene spesso lasciata in secondo piano», nonostante si possano sempre verificare, «anche in mani esperte». Iniziamo dunque a focalizzare questo problema con il nuovo presidente, che premette: «ci tengo a sottolineare che, sebbene ogni presidente di una società scientifica dia una sua “impronta” personale, il programma culturale Sio 2015-2016 è stato pianificato e condiviso con tutto il consiglio direttivo e con la commissione scientifica». Professor Chiapasco, lei ha deciso di porre le complicanze in implantologia al centro dell’attività di aggiornamento della Sio: come mai? C’è un tabù sull’argomento? La scelta di inserire una parte rilevante del programma del mio biennio dedicata alle complicanze è dettata da motivi molto più semplici e i tabù non c’entrano. Durante numerosi eventi culturali, corsi o congressi che siano, la maggior parte dei relatori tende a mostrare i casi meglio riusciti per mostrare l’eccellenza raggiungibile nel suo specifico campo di interesse. Giusto, bello, ma non sempre realistico. Anche in mani esperte, infatti, le complicanze possono sempre verificarsi e ritengo che saperle prevenire e gestire sia un aspetto imprescindibile di ogni attività medico-chirurgica. Molti clinici si trovano spesso in difficoltà proprio quando “la ciambella non riesce con il buco” e ritengo quindi che dare informazioni dettagliate su come prevenire e gestire i problemi sia di fondamentale importanza. Amo citare sempre la frase che ho imparato dal mio maestro, il professor Roberto Brusati, un grande della chirurgia maxillo-facciale: «fai pure tutto quello che vuoi nel tuo campo, purché tu sappia gestire le complicanze che possono insorgere». Ecco perché mi auguro che dare giusti spazi a questi argomenti susciterà un notevole interesse da parte dei clinici, principianti o esperti che siano. Si impara molto dalla gestione delle complicanze ed è grazie ad esse che si cresce. Come mai, nonostante gli enormi progressi in implantologia, le complicazioni sono aumentate? Dobbiamo rassegnarci a questa situazione o le cose possono cambiare? Le complicanze sono aumentate per vari motivi. Il primo è che finalmente qualcuno ha più coraggio nel pubblicarle; il secondo è che l’implantologia, purtroppo e spesso per motivi commerciali, è stata messa a disposizione di chiunque senza alcuna preparazione di base. Desidero ricordare che, agli albori dell’implantologia osseointegrata, la scuola svedese di Per-Ingvar Brånemark non consentiva la vendita di impianti se non dopo aver fatto un corso iniziale molto serio. Il terzo motivo è legato al fatto che, almeno nel nostro Paese, fino a non molto tempo fa molti pazienti “si rassegnavano” ai danni subiti senza opporre resistenza. Oggigiorno stanno aumentando le cause medico-legali conseguenti a complicanze occorse e quindi inevitabilmente molti più problemi “vengono a galla”. È auspicabile che non siano gli avvocati a far migliorare i clinici, ma che venga sviluppata una formazione sia prelaurea che post-laurea tale da preparare adeguatamente i professionisti. Spero che il programma Sio agisca da ulteriore stimolo in tal senso. Quali sono le condizioni preoperatorie che più facilmente possono condurre a complicanze? La quantità e la varietà di complicanze che possono verificarsi in implantologia è troppo estesa per poter rispondere in poche parole e in modo esaustivo. Certamente però una inadeguata valutazione clinica iniziale, la mancanza di adeguate indagini radiografiche che correlino la situazione anatomica locale alla scelta più CONGRESSO SIO: UN EVENTO DAL TAGLIO PRATICO Il 23esimo congresso della Società italiana di implantologia osteointegrata si tiene a Milano il 6 e 7 febbraio e si propone di rispondere a una domanda precisa, formulata già a partire dal titolo: “Come ottimizzare e semplificare la riabilitazione implanto-protesica dell’edentulo totale”. «Riteniamo che l'argomento sia di estrema attualità e di grande interesse clinico – dichiara il neo presidente Matteo Chiapasco, che proprio a partire dal congresso inizia il suo mandato – perché caratterizzato da aspetti diagnostici, di trattamento e prognostici peculiari rispetto alla riabilitazione implanto-protesica di altre forme di edentulia. L'occasione è quella di poter ascoltare e apprendere da clinici e ricercatori di chiara fama le più avanzate acquisizioni tecniche e scientifiche in questo specifico campo dell'implantologia. Una di quelle occasioni da non perdere». Per favorire la partecipazione attiva del pubblico, l’impostazione del congresso è il più possibile pratica: il punto di forza dell’evento è l'ampio spazio dedicato alle domande e alle risposte, con discussioni interattive tra i relatori e i partecipanti, con la possibilità offerta a tutti i presenti di partecipare attivamente alla pianificazione di casi esemplificativi. idonea per quanto riguarda la scelta di dimensioni degli impianti e sede in cui inserirli e, fondamentale, una insufficiente conoscenza dell’anatomia, predispongono a complicanze intra e postoperatorie anche gravi. Quali sono le più serie complicanze in fase intraoperatoria, durante il posizionamento degli impianti? Com’è possibile ridurne il numero e la gravità? In primis le lesioni neuro-vascolari, quali la lesione del nervo alveolare inferiore, mentoniero, incisivo e del nervo linguale, oppure la lesione dell’arteria miloioidea o sublinguale per quanto riguarda la mandibola, per non parlare della pericolosissima seppur estremamente rara lesione dell’arteria facciale, che può portare ad exitus il paziente; i rami del nervo infra-orbitario e del nervo naso-palatino per quanto riguarda il mascellare superiore. Esiste poi la possibilità di violare l’integrità della membrana di Schneider penetrando nel seno mascellare con gli strumenti da preparazione implantare o addirittura dislocando l’intero impianto nel seno mascellare. La riduzione di tali complicanze si ottiene con una adeguata valutazione preparatoria clinica e radiografica, con la conoscenza dell’anatomia, con l’esperienza e l’autocritica, tenendo sempre ben in mente una delle basi della medicina: “primum, non nocere”. E in fase post-operatoria? Le complicanze sono anche in questo caso molto varie. Possono verificarsi casi di infezione precoce, di mancata integrazione dell’impianto o di infezione tardiva (la cosiddetta perimplantite) che può portare alla perdita dell’impianto, prima o dopo il carico protesico. Ci sono poi tutte le complicanze legate alle tecniche rigenerative e ricostruttive, quali le deiscenze dei lembi con esposizione dei materiali da innesto o delle membrane usate per le tecniche di rigenerazione ossea guidata, l’infezione dei materiali da innesto con la loro perdita parziale o totale e altro. La riduzione si può ottenere ovviamente con il rispetCONTINUA A PAGINA 5 D EDITORIALE Aldo Crespi Odontoiatra Cosa pensano di noi cittadini e pazienti? Il film «Protezione testimone» è uno dei tanti in cui la figura del dentista è simpaticamente confinata alla cenerentola della medicina. Quando infatti Bruce Willis si rivolge alla sua compagna spiegandole che l’uomo con loro è un dottore, e come tale merita rispetto perché la gente va da lui quando ha problemi, lei risponde: «è un dentista! La gente va da lui quando ha il tartaro!». Molti sono gli esempi cinematografici in cui la figura del dentista viene rappresentata non solo al peggio, ma anche come sinonimo di terrore e dolore assicurato. Lo stesso avviene anche in alcune canzoni di illustri cantanti dove il messaggio è l’immagine di paura e di assoluto disagio. Claudio Baglioni, in una sua nota canzone, parla di «svogliati vanno in classe come nella sala d’attesa dei dentisti», ironizzando al peggio che ti possa capitare. E non è certo l’unico: anche qui gli esempi sono veramente tanti, da «che ti scoppiasse un dente» in poi... Mi sono chiesto più volte perché questa fama sia riferita alla specialità odontostomatologica e non a un'altra. Intervistando molti pazienti, che hanno superato gli “anta” da un pezzo, ho cominciato a comprendere. Il ricordo che traspare più volte è rappresentato da sedute sempre dolorose, manovre invasive prive di ogni grazia, vaschette in vetro opalino con residui di sangue del paziente precedente, assenza costante di guanti, attese per ore in sale affollate, per non parlare del ricordo del rumore dei ferri gettati nella vaschetta in metallo con rabbia quando le cose non andavano come si voleva; sul consenso informato all’estrazione meglio sorvolare, come anche sulla conferma della qualità dell’anestesia prima di iniziare l’intervento. Certo non erano tutti così, ma l’eccezione evidentemente non è passata; ciò che certamente è passato dell’odontoiatria degli anni '50 e '60 è un’immagine terrorizzante, che ha lasciato un’eredità pesante da cancellare ancora oggi. Che i vecchi dentisti ce ne vogliano pure, prima però si facciano un esame serio di coscienza; quelli che invece hanno rappresentato l’eccellenza certo non si sentiranno toccati. Vero è che la bocca rappresenta uno dei tanti organi aperti sul mondo e coinvolge più di altri la sfera emotiva richiamando paure ancestrali, ma cosa dire allora di altri orifizi riferiti ad altre specialità che però sono stati risparmiati dal terrore “general popolare”? Non credo infatti che nella sala d’attesa di chi deve sottoporsi a una colon scopia l’umore sia da “Mulino Bianco”; mi piacerebbe intervistare il noto Baglioni in proposito, e con lui i molti che hanno preso spunto negativo dalla nostra specialità. E pensare che la bocca non solo ci permette di respirare, masticare, deglutire, ridere, parlare, baciare, ma gode di una rappresentazione somatosensoriale tra le più abbondanti proprio per le sue afferenze, come ben ricorda l’homunculus sensitivo della corteccia parietale. Fortunatamente, oggi, le scuole di specialità ci regalano giovani odontoiatri preparati, almeno teoricamente, che difficilmente potranno creare un riverbero negativo come quello del passato, con il quale però noi, che abbiamo superato gli “anta”, dobbiamo convivere ancora. ARTICOLO PUBBLICATO ONLINE Dì la tua: vai sul sito e commenta www.dentalacademy.it DENTAL PRESS 4 Addio a Brånemark, pioniere dell'implantologia moderna È scomparso a 85 anni lo svedese Per-Ingvar Brånemark, pioniere dell'implantologia osteointegrata. Nel 1965 inserì il primo impianto in titanio nel cavo orale di un paziente. Era l'inizio dell'implantologia L'evoluzione di ogni branca medica è segnata da pionieri. Uomini e donne capaci di vedere oltre l'ordinario, in grado di concretizzare intuizioni i cui effetti hanno ripercussioni positive sulla salute di ciascun individuo. Lo svedese Per-Ingvar Brånemark, scomparso lo scorso 20 dicembre a 85 anni, rappresenta senza ombra di dubbio una pietra miliare per l'odontoiatria moderna, riconosciuto unanimemente come il padre dell'implanto- logia osteointegrata. «Il lavoro del professor Brånemark ha realmente trasformato l'odontoiatria e il sorriso di milioni di persone in tutto il mondo – ha ricordato Joseph Gian-Grasso, presidente dell'Academy of Osseointegration –. È grazie a lui se la nostra accademia esiste, e noi oggi onoriamo la sua memoria e l'eredità monumentale. Come organizzazione aspiriamo a continuare il suo lavoro per migliorare la salute orale a livello globale». Tutto partì da un coniglio Chirurgo ortopedico, il professor Brånemark, nei primi anni '50, nel corso di indagini di laboratorio relative alla microcircolazione e ai cambiamenti indotti dalla somministrazione di alcuni farmaci, osservò come alcuni componenti ottici alloggiati nel titanio, inseriti nella tibia e nel perone di un coniglio-cavia, avessero aderito all'osso quasi cementandosi con lo stesso. Approfondendo il caso, scoprì involonta- riamente la capacità osteointegrativa del titanio, il quale dopo essere stato opportunamente trattato e decontaminato, si rivelò biocompatibile, pienamente tollerato dall'organismo. Si spalancarono così, quasi fortuitamente, le conoscenze su quel processo definito da Brånemark «osteointegrazione» e descritto dallo stesso in questi termini: «congruenza anatomica assoluta fra un osso vivente rimodellante e sano e un componente sinte- > Per-Ingvar Brånemark (3 maggio 1929 – 20 dicembre 2014) tico che trasferisce un carico all’osso stesso». A ragion del vero, però, va sottolineato quanto l'osteointegrazione fosse stata già osservata, ma non decodificata e compresa appieno, da alcuni predecessori di Brånemark. Al fine di giungere a una corretta comprensione del processo osteointegrativo, Brånemark, supportato dai suoi più stretti collaboratori, tra i quali Albrektsson e Zarb, si avvalse altresì di esperti biologi, chimici, fisici e dentisti, e venne elaborato un primo protocollo clinico per il trattamento di forme di edentulia attraverso protesi sorrette da impianti, sviluppando tecniche e metodiche per l'inserimento degli stessi, dando quindi il via alla moderna implantologia endossea, grazie alla quale sono stati trattati milioni di pazienti in tutto il mondo. Allo stesso tempo ingegneri e metallurgisti approfondirono lo studio sul titanio e su tutte quelle caratteristiche capaci di influenzare la guarigione dell'osso e la sua crescita, oltre che favorire il processo osteointegrativo. Il 1965 fu poi l'anno in cui Brånemark operò il suo primo paziente, Gosta Larsson, con l'inserimento di quattro impianti e di una protesi fissa per correggere una malformazione congenita alla mandibola. L'intervento si rivelò un successo, il paziente per la prima volta riuscì ad espletare normalmente le funzioni masticatoria e fonetica, e quando scomparve nel 2006, aveva ancora inseriti – e in buono stato – gli impianti immessi quarant'anni prima durante l'intervento pionieristico. Nel 1982 arriva il pieno riconoscimento della comunità scientifica internazionale, quando alla conferenza sull'osteointegrazione di Toronto furono definite le caratteristiche fondamentali di un impianto osteointegrato. L'intensa attività di ricerca L'impegno in termini di ricerca scientifica da parte di Brånemark e del suo gruppo si concentrò sull'individuazione di tutti quegli aspetti fondamentali da rispettare per ottenere un successo della terapia implantare duraturo nel tempo. I fattori che si rivelarono imprescindibili in tal senso, oltre alla tecnica chirurgica e alle spe- cifiche condizioni cliniche del paziente, erano quelli relativi alla tipologia di materiale impiegato per la realizzazione dell'impianto, alla conformazione geometrica dello stesso, alle condizioni di sollecitazione applicate. All'inizio le teorie di Brånemark non furono accettate dalla comunità scientifica, che partiva dall'assunto secondo il quale il corpo umano non è in grado di ospitare nessun materiale estraneo e che vi reagisce con un processo infiammatorio. Alla conferenza di Toronto del 1982, la svolta. Sebbene l'attività di ricerca, nei decenni, abbia contribuito a perfezionare sempre più la tecnica, i principi biologici iniziali sviluppati dal professor Brånemark non sono mai stati messi in discussione e la sua metodica risulta essere tuttora il punto di partenza di ogni trattamento implantare, il cui tasso di successo, ad oggi, si attesta a circa il 95% dei casi. Le pubblicazioni scientifiche di Brånemark e del suo team di collaboratori sono state numerosissime, così come premi e onorificenze in tutto il globo, e abbracciano un arco temporale che arriva al mezzo secolo; ma lo studio che costituisce il caposaldo assoluto è quello pubblicato nel 1981 (Adell R, Lekholm U, Rockler B, Brånemark PI. A 15-year study of osseointegrated implants in the treatment of the edentulous jaw. Int J Oral Surg. 1981 Dec;10(6):387-416.). Attraverso tale indagine clinica, riferita al trattamento tramite 2.768 impianti fissati in mascelle edentule di 371 pazienti, durante un periodo di osservazione di 15 anni (1965-1980), si potè effettivamente constatare la reale efficacia della terapia, la corretta tenuta degli impianti con percentuali superiori all'80%, e un dato minimo relativo alla perdita d'osso marginale (una media di 1,5 mm nel corso del primo anno e 0,1 mm nei successivi). Rendere l'implantologia osteointegrata sempre più accessibile e predicibile oltre che minimamente invasiva sarà probabilmente il miglior modo possibile di onorare la preziosa eredità che ha lasciato all'odontoiatria, e non solo, il professor Per-Ingvar Brånemark. Vincenzo Marra 5 DENTAL PRESS SEGUE DA PAGINA 3 D L'UOMO CHE HA RIVOLUZIONATO L'ODONTOIATRIA «BRÅNEMARK UN GRANDE, HA CAMBIATO LA VITA A MILIONI DI PERSONE CON L'IMPLANTOLOGIA» Mi è stato chiesto di scrivere qualche parola sulla scomparsa di Per-Ingvar Brånemark e lo faccio più che volentieri. Lo avrei fatto comunque in quanto lo considero semplicemente un atto più che dovuto. Ho conosciuto in maniera superficiale Per-Ingvar, l'ho incontrato solo quattro volte nella mia vita, che non è molto se si pensa che ho lavorato per oltre 15 anni al dipartimento di anatomia dell'Università di Goteborg, dove Brånemark osservò che le camere di titanio inserite nelle ossa di animali per studiare la circolazione vitale non potevano essere rimosse con facilità in quanto si erano integrate nell'osso. La prima volto lo vidi durante i festeggiamenti, quando il mio capo all'epoca, Peter Thomsen, rilevò la cattedra di anatomia che fu di Per-Ingvar e che venne trasformata nella prima cattedra in biomateriali in Svezia. Comunque fu la seconda volta che lo vidi, che mi feci un'impressione più chiara della persona. L'incontro avvenne nel 1997, quando pubblicai le mie prime due revisioni semi-sistematiche, che ebbero all'epoca un profondo impatto e che furono la chiave di volta per me in quanto capii solo allora quale fosse la mia strada. Il professor Ulf Lekholm, allora capo della Brånemark Clinic a Goteborg, mi fece chiamare dicendomi che il professor Brånemark voleva conoscermi di persona. Insomma una specie di udienza privata. Fui sorpreso da tale richiesta e mi domandai se avessi combinato qualcosa di grave (non sarebbe stata la prima volta). All'incontro scoprii che desiderava conoscere meglio chi scriveva sui fallimenti e le problematiche implantari (l'argomento del mio imminente dottorato di ricerca). Insomma era curioso di capire di che pasta ero fatto. Io ero altrettanto curioso di rendermi conto di persona di che pasta era fatto lui e arrivai alla conclusione che era una pasta di "grano duro". Aveva carattere forte e dominante, uno sguardo severo e penetrante, che poteva incutere timore; era ovviamente estremamente sicuro di se e ossequiato dai sui collaboratori. Mentre da noi in Italia questo può sembrare normale, vi posso assicurare che era un'eccezione decisamente unica nella democraticissima Svezia. Vi dico cosa penso di Per-Ingvar in tutta franchezza. Come scrittore di articoli clinici non era nulla di particolare, la metodologia impiegata era piuttosto scarsina e i lavori pubblicati decisamente non ineccepibili sotto un profilo puramente metodologico e di attendibilità, ma aveva due grandissimi pregi che lo hanno reso giustamente unico. Era capace di pensare lateralmente (lateral thinking), cioè riusciva a vedere delle soluzioni alternative (laterali) alla diretta logica sequenziale spesso impostata sull'"ipse dixit". Aveva intuito che l'integrazione dell'osso attorno al titanio poteva essere sfruttata con grande successo sia in odontoiatria che in ortopedia, anche se l'intuizione andava letteralmente a cozzare col pensiero dominate dell'epoca: che gli impianti per poter funzionare avevano bisogno di un legamento parodontale (che in realtà altro non era che tessuto connettivo denso ti tipo cicatriziale, che nulla aveva a che fare con un funzionale legamento parodontale). Questa che adesso può sembrare una banalità, vi assicuro che all'epoca fu un colpo di genio, che spiazzò letteralmente la comunità scientifica e che si impose solo dopo almeno una ventina di anni, in quanto è spesso molto difficile scardinare il pensiero dominante. La rivoluzione fu decisamente importante e fu una vera rivoluzione, sicuramente la più importante innovazione in odontoiatria da quando sono nato, e parliamo ormai di mezzo secolo. Il secondo aspetto non è meno importante: nella vita non basta avere intuizioni e idee geniali, bisogna metterle in pratica. Tutti noi abbiamo delle intuizioni a nostro modo fantastiche, ma pochi di noi riescono a metterle in pratica. Per-Ingvar possedeva quindi le due doti fondamentali per entrare nella storia: una grande capacità intuitiva/rivoluzionaria e la capacità organizzativa e la determinazione per mettere in atto il cambiamento. Per-Ingvar, sei stato veramente un grande, hai cambiato il modo di pensare a livello mondiale, il modo di operare e soprattutto la qualità di vita di milioni di individui dando a tanti una seconda possibilità in caso di perdita dei denti, quella di poter masticare senza troppi problemi quello che si vuole. Con sincero rispetto e gratitudine, Marco Esposito to delle norme di antisepsi, con strumentazione sterile, con una preparazione sterile di operatori e di strumenti, con procedure chirurgiche corrette, con adeguate suture dei lembi eseguiti, con una adeguata motivazione all’igiene da parte del paziente, con una adeguata copertura antibiotica. A quali complicanze specifiche si associa l’elevazione del seno mascellare con approccio antero-laterale? Se rispondo a tutte le sue domande, posso anche cancellare il mio programma culturale 2015-2016! Vorrei lasciare un po' di curiosità a lei e a chi leggerà questa intervista per invogliarli a venire agli eventi Sio. Comunque, per quanto riguarda il rialzo del seno mascellare, le complicanze intraoperatorie più comuni sono la lesione dell’arteria alveolo-antrale e la perforazione della membrana di Schneider. La prima può essere prevenuta identificando prima dell’intervento il decorso dell’arteria o gestita intraoperatoriamente con adeguate manovre di emostasi. La seconda, piuttosto frequente, non rappresenta un grave problema a patto di identificarla e gestirla in modo appropriato. Se trascurata, può essere seguita da dislocazione di materiali da innesto nel seno mascellare con possibile evoluzione verso una sinusite mascellare che può anche espandersi ad altri seni paranasali o cosa ben più grave, all’orbita o all’endocranio. Se identificata invece subito, può essere risolta con un maggiore scollamento della membrana, che porta al collabimento della membrana su se stessa, e con la copertura della perforazione con membrane autologhe, ottenute ad esempio da derivati piastrini, o con membrane riassorbibili. Come si attua la prevenzione e il trattamento del dolore, delle infezioni e delle complicanze legate ai farmaci? Il dolore viene ridotto con manovre chirurgiche atraumatiche e con l’ausilio di farmaci analgesici non steroidei, meglio se somministrati appena prima dell’inizio o appena dopo la conclusione dell’intervento. Impacchi di ghiaccio e una dieta fredda e liquida nelle prime 12-24 ore sono di giovamento. Terapie omeopatiche possono agire da “integratori” o da sostituti in caso i pazienti rifiutino i farmaci “classici”. Lei ha dichiarato l’intenzione di sviluppare una maggiore attenzione verso la formazione. Cosa pensa dell’insegnamento dell’implantologia nelle università italiane? Si tratta di un insegnamento di qualità? Si fa training sui pazienti? L’università italiana ha esteso a sei anni la durata del corso di laurea in odontoiatria inserendo un corso specifico di implantologia. Questo è un primo passo per migliorare la preparazione degli studenti. Tuttavia, in quasi tutte le università europee e non europee la possibilità di fare pratica implantologica su pazienti è piuttosto limitata e non del tutto a torto. Credo che l’implantologia, rappresentando solo una parte dell’odontoiatria ed essendo una disciplina specialistica e dedicata ad una attività generalmente elettiva, debba essere acquisita nella formazione post-laurea dopo il consolidamento delle basi teorico-pratiche necessarie per la gestione globale di un paziente con problemi odontoiatrici, vale a dire una profonda conoscenza delle altre branche quali la parodontologia, la protesi, la chirurgia orale di base, l’odontoiatria restaurativa e l’endodonzia. Renato Torlaschi FOCUS ON 6 Implantologia digitale: quale dotazione minima? Qual è l'attrezzatura tecnologica «minima» di cui deve dotarsi un implantologo nel 2015? Le nuove tecnologie in questo campo promettono una riduzione dei tempi e delle fasi di lavoro per gli operatori e una diminuzione dei costi per il paziente Se le tecnologie digitali stanno cambiando il modo di lavorare dei dentisti di qualunque specialità, con la promessa di farlo molto di più in futuro, un impatto particolarmente significativo si avverte nell’implantologia. Le nuove tecnologie riguardano già oggi tutte le fasi del percorso terapeutico, dalla diagnosi alla realizzazione dei manufatti protesici. Le apparecchiature radiologiche moderne consentono di visualizzare le formazioni anatomiche in rapporto uno a uno. Software sempre più raffinati consentono di elaborare le informazioni radiologiche e di formulare piani di trattamento virtuali estremamente accurati. Macchine a controllo numerico realizzano i manufatti partendo direttamente dai file di progettazione. Tutto questo sta generando una modalità di lavoro assolutamente innovativa nella pratica professionale quotidiana. A farci da guida sulle nuove tecnologie in implantologia, abbiamo chiamato Giuseppe Luongo, già presidente della Sio (Società italiana di implantologia osteointegrata) e professore a contratto all’Università di Napoli Federico II. Dottor Luongo, le tecnologie digitali sono alla portata di tutti e in grado di determinare un vantaggio clinico immediato nella pratica implantologica? Queste tecnologie richiedono naturalmente un investimento iniziale, ma comportano un immediato vantaggio nei tempi e nei costi delle terapie non solo in implantologia. Qual è, nel 2015, l'attrezzatura tecnologica "minima" suggerita per un implantologo? Oggi le apparecchiature radiologiche 3D del genere co- ne beam stanno diventando progressivamente più accessibili. Potersene dotare in proprio accresce in maniera significativa la qualità e l’immediatezza della diagnosi e della proposta terapeutica. Non proibitivi risultano oggi anche i costi dei software di progettazione virtuale. Oggi esistono comunque dei centri che svolgono questo specifico lavoro interagendo in maniera completa con il clinico di riferimento, che deve limitarsi a inviare i dati in linguaggio Dicom di una tomografia volumetrica cone beam. Quali sono i costi e quale il rapporto tra costi e benefici delle tecnologie per l’implantologia? Come dicevamo, la trasformazione digitale dello studio dentistico richiede un investimento in termini di costi immediati e l’acquisizione di un know how specifico. A fronte di questo investimento, il rapporto costi-benefici è immediatamente percepibile e può tradursi nella possibilità di proporre i trattamenti a costi più bassi per i pazienti. Tutto questo è evidentemente condizionato dalla possibilità di erogare una quantità significativa di prestazioni ed è questa la ragione per la quale è più difficile trovare queste tecnologie negli studi monoprofessionali. un po’ di tempo in queste tecnologie, la digitalizzazione delle procedure può raggiungere il 70% dell’attività. Le nuove tecnologie di riabilitazione protesica hanno la potenzialità di arrivare a “sostituire” il lavoro dell’odontotecnico? Alcune realizzazioni, che richiedono capacità artistiche non trasferibili alle macchine, rimarranno comunque appannaggio del lavoro manuale degli odontotecnici e quelli italiani sono i migliori del mondo. Sono tuttavia convinto che in breve le procedure di routine verranno completamente trasformate dall’introduzione del flow chart interamente digitale nel proprio lavoro. Nelle strutture che hanno investito già da È, quest’ultimo, un requisito generale? Imparare a utilizzare in modo efficace le nuove tecnologie è semplice o per trarne il massimo beneficio è opportuno affrontare una formazione specifica? Ritengo che la formazione per l’utilizzo delle nuove tecnologie sia un passaggio essenziale e molto spesso sottovalutato. La digitalizzazione delle procedure determina una totale rivoluzione nel modo di affrontare il lavoro per il dentista di oggi sia per quanto riguarda la diagnosi che la terapia. La padronanza di queste tecnologie, le cui elaborazioni sono fruibi- Programmazione di una riabilitazione implanto-protesica: a che punto siamo con l’implantologia computer guidata? L’implantologia computer guidata rappresenta una delle applicazioni più affascinanti delle nuove tecnologie. Va applicata quando le condizioni anatomiche lo permettono e, in questi casi, semplifica in maniera straordinaria l’intervento con una riduzione consistente dell’invasività anche in terapie complesse. Bisogna comunque ricordare che per utilizzare l’implantologia computer guidata serve una preparazione specifica. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------DENTAL MARKET MANUALE DI IMPLANTOLOGIA: IBOOK ACQUISTABILE SU APPLE STORE "The sinus lift operation, implant therapy in the lateral maxilla" è il primo libro di testo multimediale per implantologia disponibile su Apple Store sotto forma di applicazione. Disponibile in lingua inglese e tedesca, offre più di 40 video per la maggior parte in qualità HD e presenta animazioni vivaci integrate con più di cento pagine di testo. Il dottor Joachim Hoffmann, direttore di Implantarium, centro di formazione per implantologia e odontoiatria specializzata di Jena (Germania), ha pubblicato questo iBook in collaborazione con il dottor Gudrun Stoya dell'Istituto Anatomico della Friedrich Schiller University della medesima città. L'iBook è diviso in 12 capitoli che spaziano dalle basi anatomiche alla diagnosi, dal rialzo fino alla soluzione delle complicanze. Il dottor Stoya ha registrato i video dimostrativi delle preparazioni anatomiche e il dottor Hoffmann ha redatto gli articoli clinici. I video, ad alta definizione, sono stati registrati con endoscopi e microscopi chirurgici a ingrandimento fino a 60x. Le didascalie che accompagnano i filmati includono diverse raccomandazioni per ottimizzare le tecniche chirurgiche. Le 70 immagini e le 100 lastre radiografiche possono anche essere ingrandite e visualizzate nel dettaglio. L’iBook "The sinus lift operation, implant therapy in the lateral maxilla" è il primo dei tre volumi della serie "Topographical Implantology”. I due volumi su "Implant therapy in the lateral mandible" e "Implant therapy in the anterior tooth region" sono attualmente in lavorazione. Presentazione YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=40JTkWD2puY AppStore: http://itunes.apple.com/de/book/the-sinus-lift-operation/id622372075?l=en&mt=11 > Giuseppe Luongo li su smartphone e tablet, consente anche di instaurare un nuovo modo di comunicare con i pazienti, illustrando loro con chiarezza di immagini tutti i passaggi terapeutici che dovranno affrontare. Ci sono evidenze scientifiche che confermano la reale utilità delle nuove tecnologie in implantologia? La cosiddetta digital dentistry è una filosofia relativamente recente e, come tale, non ha avuto il tempo di sviluppare una robusta evidenza scientifica che consenta, ad oggi, di avere validazioni nel lungo termine di queste procedure. Tuttavia esiste un grande interesse a sviluppare questo aspetto. L’interesse e l’attualità di questa disciplina sono testimonia- te dalla recente fondazione di una società internazionale di odontoiatria digitale, la Digital Dentistry Society (Dds), che si sta rapidamente diffondendo in tutti i paesi del mondo. Riviste prestigiose, come lo European Journal of Oral Implantology hanno aperto all’ospitalità di lavori scientifici su questo argomento e un po’ ovunque negli incontri culturali la digital dentistry è l’argomento di attualità. Sono convinto che in pochi anni le tecnologie digitali siano destinate a cambiare radicalmente i processi di lavoro della professione odontoiatrica con almeno due ordini di vantaggi: la riduzione dei tempi e delle fasi di lavoro per gli operatori e la diminuzione dei costi delle prestazioni per il paziente. Renato Torlaschi ODONTOIATRIA DIGITALE: UN MASTER INTERNAZIONALE Come imparare a utilizzare le nuove teconologie? Una delle risposte di alto profilo è il corso internazionale in Digital Dentistry (www.digital-dentistry.ch)ideato all'Università dell'Insubria di Varese e in programma nel 2015 sulla scia del successo registrato nel 2014 con l'edizione italiana del master. Ai partecipanti del master viene subito consegnato un Pc portatile con precaricati tutti i software necessari per mettere in pratica le simulazioni del corso, che si tengono in diversi moduli tra loro indipendenti (conservativa, protesi, chirurgia e ortodonzia) organizzati in diverse sedi, in Italia e all’estero. Il master è diretto dal professor Aldo Macchi e tra i docenti figurano il professor Carlo Mangano e il dottor Giuseppe Luongo. Il corso, in italiano e in inglese, prevede un numero chiuso di 15 partecipanti che alterneranno la frequenza a lezioni teoriche e simulazioni pratiche. «È fondamentale per il clinico ricevere un’adeguata educazione nel digitale per operare al meglio e poter scegliere consapevolmente tra le sempre diverse soluzioni presenti sul mercato – ci ha detto Francesco Mangano, a cui è affidata la segreteria scientifica del corso –. Purtroppo però, fino a poco tempo fa l’insegnamento delle tecnologie digitali era affidato unicamente alle aziende produttrici dei vari dispositivi, risultando inevitabilmente parziale e frammentario. In questo corso internazionale i partecipanti saranno istruiti all’utilizzo dei principali software disponibili sul mercato. In questo modo – assicura Francesco Mangano – ciascun partecipante potrà acquisire competenze di alto livello nell’ambito delle nuove tecnologie, per diventare un protagonista della rivoluzione digitale in odontoiatria». R. T. DENTAL PRESS 8 RAPPORTO EURES/1 Troppi atenei, pochi studenti E formazione non omogenea Il panorama degli insegnamenti non sempre è competitivo, poche università preparano alla professione: gli esperti interpellati propongono l’accorpamento delle sedi e l’abolizione dell’esame di Stato Tanti, non tutti di primissimo livello: i corsi universitari di odontoiatria italiani hanno in media i numeri più bassi di iscritti nell’Unione Europea. C’è poco bisogno di dentisti, siamo al rapporto di un professionista ogni 1.000 abitanti contro la media di uno a 2.000 suggerita dall’Organizzazione mondiale della sanità. Occorrerebbero meno corsi con più studenti e qua- lità. Questo quadro si evince dal rapporto presentato a fine 2014 dall’istituto di indagini statistiche Eures e dalla Fnomceo: un punto di partenza per proposte volte a ottimizzare gli accessi ai 34 corsi di laurea italiani e la qualità dei loro insegnamenti. Le prime università italiane nella graduatoria internazionale di qualità dei corsi oscillano dal 180° al 200° posto. Ingressi Nell’anno accademico 201415 si sono immatricolati 949 aspiranti dentisti, in media 27 iscritti a corso. Dei 949 posti, 416 sono al Nord, 295 al Sud e 283 al Centro ma se i corsi della Sapienza di Roma e dell’Università di Milano hanno oltre 60 posti ciascuno, e Firenze ne ha 56, si scende a una media di 35/40 in altri corsi delle grandi cit- tà o nelle città medie, e si arriva a 15 studenti immatricolati a Pavia, Ferrara, Catanzaro, Modena, Pisa e Bari fino ad arrivare a Perugia, che nel 2010 aveva immatricolato appena 7 studenti. Uscite I laureati sono pochi: 735 l’anno. In Germania sono 2.187, in Spagna 1.379, in Romania 1.263, in Portogallo 958 e in Francia 936. La sede media italiana laurea 22 studenti contro i 180 di una sede romena, gli 81 tedeschi, i 93 olandesi, i 106 spagnoli. Laureare un odontoiatra costa 180mila euro divisi tra Stato e retta studentesca. A proposito di quest’ultima, la laurea costa di più al Nord, una media di 1.261 euro annue nelle università “padane” (che raggruppano il 40% di tutti gli iscritti) contro i 1.027 del Centro e i 1.015 del Sud. Qualità L’Università di Padova garantisce il tasso di occupazione più alto: a un anno dalla tesi trova lavoro l’80% dei laureati. Segue a sorpresa il Centro Italia con l’Aquila (il 77% dei laureati trova lavoro a un anno) e quindi vengono Bologna (71%) e Genova (68%). Le piccole università del Nord garantiscono un lavoro prima delle altre, mentre la peggior performance è registrata da Cagliari, con una percentuale di occupati non competitiva. Il test La prova di selezione per i corsi di medicina e odontoiatria – 60 domande per le quali ci si prepara in circa 6 mesi – è oggetto di proposte di revisione, com’è normale quando si presentano 64mila pretendenti per 10.551 posti e in 36mila superano il test e sarebbero idonei. Un’indagine Andi ripresa dal Rapporto Eures ricorda che il 10% di chi è approdato alla laurea non ha passato il test nel modo canonico ma è stato ammesso per ricorso. Inoltre una metà del restante 90% che ha passato il test aveva dovuto rifare la prova una volta in due terzi dei casi e più di una nel restante terzo. Sempre l’indagine Andi attesta la scarsa pratica: la prima prestazione sul paziente arriva al 5°-6° anno, alla fine il 61% ha fatto un’estrazione, il 66% curato una carie, il 62% effettuato otturazioni o rilevato impronte, il 40 preparato un moncone, solo il 14% ha devitalizzato un dente. Proposte In due sezioni ad hoc, il Rapporto Eures intervista 30 docenti italiani e stranieri e 375 studenti. Entrambe le categorie lamentano mancanza di omogeneità della formazione tra un ateneo e l’altro e di corsi pratici nei primi anni, chiedono selezione tra i corsi. Emilio Fiorentino, leader degli studenti di Aiso, invoca un intervento del governo per imporre a ogni corso un minimo di procedure diagnostiche e curative (50 ricostruzioni, 50 terapie canalari) e penalità anche economiche agli atenei che non garantiscano tali standard. Per Marco Ferrari, presidente della conferenza dei presidi, non servono interventi esterni, dato che ad attuare un processo di controllo della qualità provvede l’Agenzia nazionale di valutazione dell’Università-Anvur, organo di garanzia che oggi con i suoi nuclei di valutazione formati da docenti verifica le differenze formative tra un ateneo e l’altro. Tuttavia – ammette Marina Dachà, presidente dei nuclei di valutazione delle università (Nvui) – l’Anvur non è ancora in grado di pervenire a giudizi valutativi sui percorsi adottati nei singoli atenei. Antonella Polimeni – Collegio dei docenti di odontoiatria – conferma che l’adempimento di certificazione effettuato da Anvur sui corsi non basta per dettare criteri su come razionalizzare i corsi. Abilitazione Dalle interviste ai docenti emerge anche la necessità di riformare il test d’ingresso con domande più incentrate sulla vocazione. Il vero problema però è l’esame di abilitazione, che è ritenuto selettivo da 9 stranieri su dieci e inutile da 9 docenti italiani su dieci: «L’esame di abilitazione a mio avviso andrebbe completamente eliminato e la laurea dovrebbe diventare abilitante – dice Marco Ferrari –. In altri paesi Ue, pur con un corso di laurea più breve, 5 anni anziché 6, a fine corso gli studenti sostengono un esame pratico che li abilita immediatamente alla professione. Il sesto anno era stato del resto aggiunto per rendere la laurea di per sé abilitante, ma l’esame è rimasto lo stesso». Mauro Miserendino 9 DENTAL PRESS RAPPORTO EURES/2 Ricorsi e cavalli di ritorno alimentano la pletora I neolaureati all'estero di ritorno in Italia quest’anno sono di più dei colleghi italiani e la sovrabbondanza di dentisti riduce le chance di lavorare dopo la laurea. Prospettive e guadagni restano comunque alti rispetto ad altre professioni Sempre più dentisti si muovono nell'eurozona in cerca di un'occupazione che il proprio Paese non è più in grado di garantirgli. Wolfgang Doneus, presidente del Consiglio europeo dei dentisti lo scorso autunno alla presentazione del rapporto Ced ha spiegato come si assista in alcuni Paesi a una crescita del tasso di disoccupazione nella professione odontoiatrica, con dentisti che iniziano a muoversi soprattutto dall'Est Europa. Dopo i grandi flussi diretti verso l'Inghilterra, si registra una mobilità occupazionale elevata tra Paesi di lingua tedesca e altre importanti correnti dall'Estonia verso la Finlandia e dalla Polonia verso l'Austria. Se mettiamo insieme tutte le professioni sanitarie però, i dati del ministero della Salute parlano chiaro: a migrare di più sono i sanitari italiani. Il 52% del totale di medici, infermieri, tecnici, biologi e dentisti in viaggio verso un altro stato dell’Unione europea è costituito da italiani. La pletora pesa per tutti, non esclusa l’odontoiatria, come conferma il Rapporto Eures. Confronto tra professioni Premessa: per l’Ufficio accettazione lauree estere del Ministero, quest’anno (dati resi noti al congresso dell'Associazione italiana odontoiatri) rientreranno 1.080 italiani neolaureati da università spagnole, romene ecc. – un trasferimento sostenuto per aggirare il test e il numero chiuso – creando concorrenza inattesa a 735 neolaureati provenienti da facoltà italiane. E nei prossimi due-tre anni ci saranno altri “cavalli di ritorno”, sarà una giungla. Il Rapporto Eures, tra gli obiettivi, si prefigge di intavolare il dibattito su una corretta programmazione del fabbisogno, come ha sottolineato il presidente della Cao Giuseppe Renzo alla presentazione: «Vogliamo mettere a disposizione dell’opinione pubblica e del legislatore le vere questioni che riguardano l’ac- cesso alla professione e trovare soluzioni che non si basino più sul sentito dire ma su elementi oggettivi». Eures evidenzia come la pletora, innescata pure dai ricorsi contro i test di ammissione, di anno in anno intacchi il tasso di occupazione. Nel 2009 ogni cento medici gli occupati erano il 70% e sono scesi al 60,5% nel 2013; tra i dentisti invece si è scesi dal 70,3% del 2009 al 63% del 2013. In questa torta, il restante 35-40% è fatto da pensionati. Le stime ricorrenti parlano di un 12% di disoccupazione tra i dentisti. Si lavora comunque A un anno dalla laurea ha trovato lavoro il 63% dei laureati in odontoiatria contro il 70% dei medici e il 56% degli altri professionisti laureati a ciclo unico (una media ricavata tra architetti, ragionieri ecc.). Passati tre anni invece lavora il 91% dei dentisti: pochi meno dei medici (95%) e molti più degli altri laureati a ciclo unico che in questi tre anni difficili hanno perso in media il 13% di occupati giovani. A 5 anni infine è occupato il 98% degli odontoiatri contro il 96% dei medici e il 91 degli altri professionisti. Trovano prima lavoro le donne – a un anno dalla laurea sono il 62,6% contro 59,8% – diversamente dai laureati a ciclo unico dove dopo un anno lavora il 35,8% dei maschi e il 31,6 delle femmine. Tuttavia le neolaureate guadagnano meno, dopo un anno prendono 876 euro contro i 1.176 del collega maschio e al terzo anno 1.384 euro contro 1.693. Redditi in calo Scende il guadagno medio mensile. Lo fa tra le professioni sanitarie anche se il 4° rapporto dell’associazione delle casse di previdenza private Adepp rivela un crollo degli imponibili di molto maggiore tra gli agrari (-22%), i biologi (-20%) e i commercialisti (-9%) e Inarcassa afferma che il 27% di in- Tasso di occupazione dei laureati a un anno dal conseguimento del titolo: sempre meno chance di trovare lavoro a un anno > gegneri e architetti vive sotto soglia di povertà. Tra i liberi professionisti, Enpam conferma che tra il 2012 e il 2013 pur in presenza di un aumento della contribuzione in quota B c’è una discesa di quasi l’1% dei redditi. I dati Eures confermano il trend: a tre anni dal titolo, il reddito medio per un dentista è 1.568 euro, contro i 1.429 dei medici (era di 1.633 euro lordi nel 2011 e 1.502 per i me- dici). Certo, la situazione ancora una volta è migliore rispetto agli altri professionisti non sanitari che denunciano un reddito medio da 1.115 euro contro i 1.281 del 2010. Sbocchi Nel complesso i laureati in odontoiatria impiegano circa 3,5 mesi dal conseguimento del titolo per arrivare al primo im- piego, a fronte dei 5,1 mesi dei laureati a ciclo unico e ai 6,8 mesi dei medici. A un anno dalla laurea, se a medicina – includendo l’eventuale specializzazione – lo sbocco più frequente è la dipendenza dal servizio sanitario nazionale, tra i dentisti chi ha un contratto a tempo indeterminato costituisce il 2,4% dei casi rilevati da Eures. Nel 62% dei casi invece, i neodentisti sono lavoratori autonomi, e nel 27% dei casi hanno un contratto precario. La torta del precariato per quattro quinti è fatta di contratti a progetto o coordinati e continuativi, mentre l’altro quinto racchiude altre formule: apprendistato, parasubordinazione a vario genere, tempo determinato. Il 9% dei neolaureati non ha alcun contratto e si dovrebbe arguire che lavora in nero. Mauro Miserendino DENTAL PRESS 10 Mercato mondiale alla fiera di Colonia L'International Dental Show (Colonia, 10-14 marzo) non è solo una fiera, punto di incontro per odontoiatri, odontotecnici e aziende di tutto il mondo, ma anche un «sismografo del mercato dentale globale», in grado di misurarne lo stato di salute Martedì 10 marzo a Colonia, in Germania, apre il Salone internazionale di odontoiatria e odontotecnica. La fiera Ids (International Dental Show) si tiene ogni due anni a Colonia dal 1923 ed è organizzata dall'Associazione dell'industria dentale tedesca (Vddi), con la regia organizzativa della Koelnmesse di Colonia. La fiera proseguirà fino a sabato 14 marzo. Il focus è sul business, in un contesto veramente internazionale, con espositori e visitatori provenienti da tutto il mondo. Nei padiglioni della fiera si possono trovare le ultime tendenze e le recenti novità del settore, dalla A di abutment alla Z di zirconio. «L'International Dental Show di Colonia ripropone, ogni due anni, gli ultimi sviluppi del mercato dentale; qui le aziende di tutto il mondo presentano le proprie novità, accettando il confronto diretto e la concorrenza – ha dichiarato Martin Rickert, presidente Vddi –. Noi ci esponiamo agli sguardi indagatori e ai giudizi di chi utilizza i nostri prodotti, quindi di odontoiatri, odontotecnici e loro collaboratori. Saranno loro a decidere se siamo riusciti a tradurre con successo in applicazioni innovative gli stimoli forniti dalla scienza e dalla pratica. Solo se noi aziende riusciremo con le nostre innovazioni a fornire soluzioni concrete ai problemi, le procedure promettenti si trasformeranno in solidi modelli di business, in grado di portare vantaggio a tutte le parti in causa» ha detto Rickert di fronte ai 35 giornalisti scientifici accreditati per la conferenza stampa di presentazione della fiera Ids a Colonia, in rappresentanza del- le principali testate odontoiatriche e odontotecniche di tutta Europa. C'eravamo anche noi di Italian Dental Journal. Le novità merceologiche Ma quali sono gli ultimi sviluppi merceologici che caratterizzeranno la fiera? Per Rickert all'International Dental Show di Colonia di marzo i riflettori saranno puntati sul collegamento in una rete intelligente delle soluzioni per l'odontoiatria computer assistita. «Il mondo dei sistemi digitali di diagnostica e produzione abbraccia oggi l'intero flusso di lavoro, dallo studio dentistico al laboratorio. Oggi l'intera filiera computer assistita è completa e vanta un alto grado di flessibilità. In linea di principio l'odontoiatria computer assistita ha sempre offerto questo potenziale, ma per implementarlo nella quotidianità restava da superare un ultimo ostacolo» ha spiegato Rickert riferendosi alla compatibilità e capacità di comunicare tra i vari software e sistemi informatici. Secondo Uwe Breuer, presidente dell'Associazione tedesca odontotecnici, negli 8.400 laboratori tedeschi (in cui lavorano circa 36.000 odontotecnici) si fa già largo uso delle tecnologie digitali: l'80% possiede almeno uno strumento di questo tipo e un laboratorio su due dispone non solo dello scanner ma può anche fresare con apparecchiature proprie, lavorando su materie plastiche, ceramica e leghe. Un processo di produzione relativamente nuovo è poi la stampa 3D per la realizzazione di manufatti. Naturalmente un eventuale utilizzo in ambito odontoiatrico sarà vincolato a un'estrema precisione e all'impiego di ------------------------------------------------------------------------LE FIERE DEL DENTALE: 2015 SENZA EXPODENTAL Nel 2015 a monopolizzare l'attenzione dal punto di vista fieristico sarà la fiera Ids (International Dental Show) di Colonia, in programma nella città tedesca dal 10 al 14 marzo. Probabilmente per la concomitanza di Ids Colonia ed Expo 2015 Milano e non ultimo per il parziale flop dell'edizione del 2014, Unidi, l'Unione nazionale industrie dentarie italiane, ha fatto sapere che Expodental quest'anno non ci sarà e che tornerà nel 2016 con un nuovo nome (Expodental Meeting) in una città diversa: da Milano si trasferisce a Rimini. Ed è già in programma per il mese di maggio. Nei prossimi mesi capiremo se affiancherà, ingloberà o sarà inglobato dal congresso degli Amici di Brugg. In Italia la prima fiera del settore di una certa rilevanza quest'anno sarà allora quella abbinata al congresso degli Amici di Brugg (Rimini, 21-23 maggio) e curata proprio da Unidi, che si occupa della parte fieristica. In autunno torna invece il Colloquium Dental, a Brescia dal 22 al 24 ottobre, chiamato a confermare i numeri positivi dell'ultima edizione. Riuscirà il Colloquium a sfruttare il «bacino del nord Italia» e riempire il vuoto lasciato da Expodental? A. P. > Da sinistra, Markus Heibach, Martin Rickert, Karin Laupheimer, Katharina C. Hamma, Wolfgang Doneus materiali biocompatibili. Altro ambito in forte crescita sembra essere quello dei dispositivi mobili: il mondo dentale e quello digitale degli smartphone e delle tecnologie informatiche mobili in generale si avvicinano sempre più. Una serie di unità funzionali odontoiatriche potrebbe presto essere gestibile da tablet e occhiali speciali che garantiranno un accesso costante agli atti digitali del paziente. Importanti novità anche sul fronte della microbiologia, con soluzioni per effettuare un'analisi dei patogeni responsabili della parodontite in meno di mezz'ora e direttamente in studio, senza passare dal laboratorio analisi. Il mercato tedesco Non sorprende che il mercato tedesco dell'odontoiatria vada a gonfie vele, mentre in Italia dobbiamo fare i conti con un rallentamento del mercato interno (-1,5%), compensato tuttavia dal segno positivo delle esportazioni (+6%). Come riportato da Martin Rickert, rappresentante dell'industria dentale tedesca, in Germania nel 2013 le aziende della Vddi hanno incrementato il loro fatturato del 3,1% rispetto all'anno precedente, frutto di una crescita nel mercato interno (+3,3%), do- ve quasi due terzi delle aziende hanno aumentato le vendite, e una crescita anche nelle esportazioni (+3%). La quota di export dell'industria dentale tedesca si attesta oggi al 61% e si concentra in Estremo Oriente e in Nord America (Usa e Canada). Sono cresciuti del 4,4% rispetto all'anno precedente anche il numero di occupati nelle 200 aziende dell'Associazione dell'industria dentale tedesca. La fiera numero uno in Europa Ids è un altro indicatore delle performance di questo mercato: la fiera è in crescita come partecipazione di aziende e superficie espositiva e la sua reale matrice internazionale – più del 70 per cento degli espositori giungerà a Colonia dall'estero – ne fa un punto di riferimento a livello mondiale per tutto il movimento odontoiatrico. Di conseguenza attrae visitatori: ne sono attesi più di 120mila, e poco male se tutte le novità che vedranno non saranno poi importate nel loro Paese. Per Peter Engel, presidente della German Dental Association, «l'industria sanitaria è uno dei settori più solidi sia in Germania che in Europa, è caratterizzato da un grande potenziale di crescita e il settore dentale contribuisce in modo determinante. La Ids funge da sismogra- IL VIAGGIO A COLONIA Sul sito della fiera www.ids-cologne.de (in tedesco e in inglese) si trovano tutte le informazioni sulla manifestazione e si accede alle convenzioni (voli e hotel). Su Colonia vola Lufthansa, linea aerea partner ufficiale della fiera, e la compagnia low cost Germanwings. Il modo forse più semplice per organizzare la trasferta rimane comunque il contatto con l'agenzia viaggi che da molti anni offre pacchetti viaggio per la fiera di Colonia: Baraldi Tecnotur (ufficio fiere), tel. 0376.224803, [email protected], www.baralditecnotur.com Una volta arrivati, vale la pena scaricare l'app Ids 2015 (è gratuita), che contiene l'elenco degli espositori e una serie di informazioni utili per muoversi in fiera. È possibile anche elaborare un programma di visita individuale che indicherà il percorso ottimale tra i padiglioni. fo del mercato dentale globale, in quanto punto di incontro per odontoiatri, odontotecnici e aziende» ha fatto presente Engel, che parla senza mezze misure di crescita del mercato odontoiatrico in termini di cure ai pazienti e di quantità dell'offerta: in Germania «entro il 2030 saranno creati circa 76.000 nuovi posti di lavoro presso ambulatori dentistici e laboratori». Per il numero uno dei dentisti tedeschi l'esercizio dell'attività odontoiatrica in regime di libera professione ha effetti positivi su tutta la sfera economica e «gli impulsi di crescita provengono in gran parte dalla richiesta di prevenzione e il maggior ricorso alla prevenzione ha a sua volta determinato in Germania un deciso calo dell'incidenza della carie». «Ids è la piattaforma di business e comunicazione leader a livello internazionale per tutto il mondo dentale» dice Katha- rina C. Hamma, responsabile di Koelnmesse, annunciando anche che il 10 marzo la fiera sarà inaugurata da Hermann Gröhe, il ministro della sanità tedesco. I numeri della fiera sono in crescita tanto che a dicembre 2014 sono già stati superati quelli della passata edizione: «nel 2013 avevano partecipato 2.058 espositori provenienti da 56 paesi, un record assoluto per la rassegna – spiega Hamma –. Ad oggi abbiamo già superato questa pietra miliare: al momento si sono già iscritte alla Ids complessivamente 2.118 aziende provenienti da 56 paesi e i padiglioni della fiera sono quasi tutti al completo». I Paesi che vantano la rappresentanza più nutrita sono, dopo la Germania, Italia, Usa, Corea del Sud, Cina, Francia, Svizzera, Taiwan, Turchia, Israele e Gran Bretagna. Andrea Peren -----------------------------------------------------------DISPOSITIVI MEDICI: DECIDE L'UE SI VA VERSO LA COMPLETA TRACCIABILITÀ DEGLI IMPIANTI Molte delle tematiche più attuali in odontoiatria – dalla regolamentazione dei dispositivi medici al riconoscimento di competenze, titoli di studio e qualifiche – non vengono più definite a livello nazionale, ma a Bruxelles, e oggi l'Unione Europea è un soggetto di primo piano nella definizione della politica sanitaria di ogni Paese. A ricordare questo dato di fatto è Wolfgang Doneus, presidente del Consiglio europeo dei dentisti (Ced), organismo che rappresenta oltre 340.000 odontoiatri di 30 paesi europei, riuniti in 32 associazioni e ordini di carattere nazionale. Se da una parte infatti il Trattato di Lisbona stabilisce chiaramente che agli stati membri dell'Unione spetta la sovranità in materia di organizzazione e finanziamento dei rispettivi sistemi sanitari, lo stesso trattato assegna alla Ue specifiche competenze in ambito sanitario, come la lotta a rischi sanitari transnazionali e misure per la tutela della salute pubblica, l'approvazione di elevati standard qualitativi e di sicurezza in materia di organi, tessuti umani, sangue, farmaci e dispositivi medici. L'argomento più attuale a livello europeo è la discussione sulle proposte per una rielaborazione dell'attuale quadro giuridico europeo in riferimento ai dispositivi medici (che risale agli anni '90 del secolo scorso). Proposte presentate a fine settembre 2012. In particolare si va verso regole più severe per l'immissione in commercio di dispositivi medici, abbinate a un migliore controllo del mercato e tracciabilità. In futuro i dispositivi medici dovranno essere identificabili in modo univoco grazie a un particolare codice. Inoltre per tutti gli impianti dentali si dovrà consegnare uno speciale attestato al paziente. Attualmente l'iter legislativo non si è ancora concluso e il Ced afferma di guardare «con favore alla revisione del quadro normativo, nell'interesse supremo della sicurezza del paziente». Dal punto di vista degli interessi dei dentisti, Doneus sottolinea però che il sistema del codice unico di prodotto dovrebbe valere solo per i dispositivi ad alto tasso di rischio e i dispositivi medici impiantabili. «L'estensione di questa particolare identificazione e dei relativi obblighi ai dispositivi medici a basso potenziale di rischio non comporterebbe un aumento della sicurezza, ma solamente un fardello burocratico spropositato. In linea generale – ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo dei dentisti – si deve fare in modo che gli obblighi di documentazione e comunicazione collegati al nuovo regolamento non diventino per gli odontoiatri un onere burocratico eccessivo». Andrea Peren FOCUS ON 12 Carico immediato o differito? Vanno selezionati i pazienti I micromovimenti degli impianti nel carico immediato ostacolano l’osteointegrazione, ma non in tutti i casi si verificano: il successo clinico passa allora da una corretta selezione dei pazienti candidati al carico precoce Il tempo ideale per l’applicazione del carico protesico sugli impianti ha sempre tenuto molto occupati ricercatori e clinici dopo un lungo periodo di assoluta fedeltà agli insegnamenti di Brånemark elaborati negli anni ’70. Fino a metà degli anni ’90, infatti, il carico precoce e quello immediato riguardavano solo animali e qualche raro essere umano tra cui l’arzillo ottantenne del caso trattato con successo da Ledermann e col- leghi nel 1986 e seguito per 12 anni (1); una serie di dati che non potevano competere con le garanzie offerte dal protocollo tardivo che già nel 1988 sfoggiava tassi di successo del 99% nel mascellare e dell’85% nella mandibola basati su uno studio multicentrico con più di 8.000 impianti controllati per almeno 5 anni. Soltanto nel 2009 nella letteratura più attendibile si poteva leggere che «il carico immediato o precoce è possibile in pazienti selezionati, anche se non tutti gli operatori possono ottenere risultati ottimali». Per i medesimi motivi che il nostro giornale ha più volte messo in evidenza (disomogeneità di materiali e metodi di ricerca, campioni limitati ecc.), gli odontoiatri non possono disporre di certezze tanto solide da garantire il successo al 100% come vorrebbero i pazienti. Infatti, come risulta dalle ultime revisioni sistemati- che della letteratura, non ci sono prove convincenti che il rischio di fallimento o la perdita di osso differiscano in modo clinicamente significativo tra i vari protocolli di carico protesico; per conclusioni più definitive si dovranno aspettare le prossime ricerche. Le evidenze più recenti Per gli interessati consigliamo la lettura del recente documento dell’Ameri- can Academy of Fixed Prosthodontics (2) e la revisione del Cochrane Oral Health Group (3) svolta secondo i rigidi criteri della medicina basata sulle evidenze. Dopo aver setacciato le banche dati, sono rimasti sotto la loro lente soltanto 1.217 pazienti e 2.120 impianti distribuiti in 26 studi clinici comparativi randomizzati (Rct), 12 dei quali ad alto rischio di bias, cioè di errori insiti nel metodo di ricerca seguito. I dati disponibili sono quindi aumentati di circa tre volte rispetto alla precedente revisione del 2009, per la quale gli autori avevano potuto disporre solo dei dati relativi a 300 pazienti e 790 impianti, ma sono ancora sideralmente lontani da quelli dei grandi trial farmacologici. I parametri clinici considerati comprendevano il fallimento protesico, quello implantare e la perdita di osso marginale nel primo anno dal carico, un orizzonte temporale ancora troppo breve. In sintesi, se proprio il paziente desidera accorciare i tempi e l’odontoiatra giudica che sia possibile, il carico immediato è un’alternativa accettabile, anche se non sostenuta dalle certezze di cui può godere il protocollo convenzionale. In particolare, il rischio aumenta per gli impianti singoli in sede mascellare anteriore, gli impianti di singoli molari e quelli non splintati destinati a overdenture. Come limitare i rischi di fallimento? La base razionale del carico immediato è nello stesso tempo anche il suo tallone di Achille e consiste nello stimolo osteogenetico causato dal micromovimento dell’impianto. Gli stimoli meccanici, tramite una serie di modificazioni biochimiche che coinvolgono anche le prostaglandine E, promuovono l’osteogenesi e reclutano le cellule osteoprogenitrici; un’esemplare dimostrazione di tutto ciò è stata ottenuta da Leucht e colleghi (4) mediante l’inserimento nella tibia di topo di un impianto collegato a un dispositivo che consentiva di muoverlo di 150 micron in senso assiale. In ambito clinico, il problema sta proprio nell’attuale impossibilità di prevedere se in quel sito e in quel paziente i micromovimenti non supereranno il valore soglia, oltre il quale si disturba l’osteointegrazione, e se il carico genererà movimenti non assiali. Ecco perché il carico immediato è perfettamente affidabile negli impianti connessi da barre in un osso compatto come quello interforaminale mentre è rischioso negli impianti singoli in sede anteriore mascellare. Il punto chiave sta quindi nell’evitare movimenti non assiali (ideale la combinazione di più impianti bilaterali) e massimizzare l’area di contatto con l’osso (ideale quello compatto). Infine, è bene ricordare che le forze non assiali durante la masticazione possono superare di tre volte l’intensità di quelle assiali, oscillando da 50 a 100 N; se le si applica con un braccio di leva di 5 mm rispetto alla cresta ossea (come può succedere in sede incisiva superiore), si ottengono valori compresi tra 25 e 50 N/cm, cioè il doppio di quanto registrato su un ponte di tre elementi in sede posteriore. Cosma Capobianco 1. Ledermann PD, Schenk RK, Buser D. Long-lasting osseointegration of immediately loaded, bar-connected TPS screws after 12 years of function: a histologic case report of a 95-year-old patient. Int J Periodontics Restorative Dent. 1998 Dec;18(6):552-63. 2. Barndt P, Zhang H, Liu F. Immediate loading: From biology to biomechanics. Report of the Committee on Research in Fixed Prosthodontics of the American Academy of Fixed Prosthodontics. J Prosthet Dent. 2014 Nov 5. 3. Esposito M, Grusovin MG, Maghaireh H, Worthington HV. Interventions for replacing missing teeth: different times for loading dental implants. Cochrane Database Syst Rev. 2013 Mar 28;3:CD003878. 4. Leucht P, Kim JB, Wazen R, Currey JA, Nanci A, Brunski JB, Helms JA. Effect of mechanical stimuli on skeletal regeneration around implants. Bone. 2007 Apr;40(4):919-30. 13 EDUCATION & MEETING NEWS Chirurgia orale: approccio mininvasivo vs tradizionale Alle Giornate di implantologia orale di Milano i due approcci – mininvasivo e tradizionale – verranno messi a confronto in un dibattito tra esperti sui più comuni interventi di chirurgia orale A febbraio (il 27 e 28 a Milano) torna puntuale l'appuntamento con le Giornate di implantologia orale, il convegno organizzato ogni anno dal Cenacolo odontostomatologico milanese (www.cenacolomilanese.it). Focus dell'edizione di quest'anno sarà il confronto tra approccio mininvasivo e approccio tradizionale in chirurgia orale e implantoprotesi. «Negli ultimi decenni la ricerca in ambito odontoiatrico è stata così rapida e produttiva da mettere a disposizione dei clinici numerosi nuovi materiali e tecniche innovative che hanno modificato, e in alcuni casi sostituito, le metodiche tradizionali» riflette Federica Demarosi, presidente del Cenacolo milanese. Ma tutta questa innovazione ha portato a reali miglioramenti della pratica in studio e dei risultati clinici per i pazienti? A queste domande proveranno a rispondere i relatori del convegno, discutendo per grandi temi – dal grande rialzo di seno mascellare alla parodontologia, fino alla protesi – facendo sempre il confronto tra approccio mininvasivo e tradizionale, segnalando non solo i vantaggi ma anche i limiti e le controindicazioni delle diverse tecniche. Dottoressa Demarosi, l'obiettivo del dibattito può essere quello di raggiungere un consensus tra esperti? Abbiamo impostato il congresso mettendo a confronto esperti su argomenti diversi in tema di implantologia e chirurgia orale. Ad esempio, dal primo confronto Leghissa-Romeo lo spettatore potrà trarre delle indicazioni su come e quando usare gli impianti corti o quando invece è necessario ricorrere a tecniche più invasive come il grande rialzo di seno mascellare. L’obiettivo è segnalare dei comportamenti corretti da adottare nella pratica chirurgica ambulatoriale, sempre guidate dalle raccomandazioni della letteratura internazionale. Ciò non significa il raggiungimento di un consenso unanime ma l’individuazione di elementi basilari sui quali il clinico può riflettere e documentarsi. Coi-Aiog da sempre promuove un aggiornamento su tutto il team dello studio e valorizza il lavoro di squadra. Una squadra al completo però costa allo studio. Qual è a suo parere la struttura minima necessaria per gli interventi di chirurgia orale e quali professionalità possono eventualmente arrivare dall'esterno? La risposta alla prima affermazione è che una squadra al completo costa allo studio ma è indispensabile per produrre prestazioni chirurgiche di qualità. La struttura minima necessaria in chirurgia orale è appunto la squadra: assistenti preparate, capaci e motivate sono tutto ciò che serve per eseguire interventi di qualità oltre naturalmente alle capacità e alle competenze del chirurgo. Certo, per riuscire a curare tutti i pazienti dello studio, compresi quelli molto piccoli o molto anziani e quelli con patologie sistemiche o in terapia con numerosi farmaci, è necessario avvalersi della collaborazione di specialisti come il cardiologo e l’anestesista. Controindicazioni assolute agli interventi di chirurgia orale implantare: in quali casi il paziente non va mai trattato, o non va trattato in studio ma in ospedale? È noto, ad esempio, che l’assunzione anche per brevi periodi di bifosfonati per via endovenosa è una controindicazione assoluta all'implantologia, sia in studio che in ambiente protetto. In generale, sono poche le controindicazioni alla chirurgia impiantare ambulatoriale, soprattutto se funziona la collaborazione con il cardiologo e l’anestesista. I casi in cui vi è l’indicazione a inviare il paziente in ospedale sono ad esempio l’angina non stabilizzata, l’infarto recente (meno di sei mesi) o l’irradiazione del distretto testa collo. In linea generale e secondo la sua esperienza, l'approccio mininvasivo di solito ha una curva di apprendimento superiore o inferiore a quello tradizionale? Tendenzialmente l’approccio mininvasivo richiede una curva di apprendimento più rapida ma il problema sta nella pianificazione del piano di trattamento. E la curva di apprendimento necessaria per decidere quale sia l’approccio terapeutico più corretto (mininvasivo o tradizionale) è certamente lunga. La migliore scelta clinica si basa sempre e comunque sulla necessità del pa- ziente? Quanto contano in altre parole l'esperienza, il vissuto personale e le competenze cliniche del singolo odontoiatra nella scelta della tecnica da utilizzare? Certo, la richiesta consapevole o inconsapevole del paziente è sempre al primo posto. Non sempre, però, coincide con la terapia più idonea per la cura della sua bocca. La decisione, dunque, deve essere presa insieme orientando il paziente verso la soluzione che l’o- > Giulio Cesare Leghissa e Federica Demarosi dontoiatra ritiene migliore per il caso in questione. Un confronto con un collega sulla bontà del piano terapeutico, soprattutto a inizio carriera, può essere sempre utile. Quali sono i canali, formali e informali, per ottenerlo? L’odontoiatra deve, sempre, avere come riferimento la letteratura internazionale e la Evidence Based Dentistry. Aggiornarsi non significa chiedere informazioni a un collega più anziano ma rivolgersi a strutture che mettono a disposizione cultura. CoiAiog rappresenta proprio la struttura che, a costo zero, mette a disposizione conoscenze ed esperienze per i soci che possono ottenere informazioni sui comportamenti da tenere nella propria pratica clinica grazie al lavoro di analisi della letteratura fatto da colleghi esperti. A. P. EDUCATION & MEETING NEWS 14 Congresso internazionale Aio Quaranta-cinquantenne, ma giovane dentro, non sempre benestante o disponibile a interventi complessi ma aperto ai cambiamenti: il paziente 2.0 ne sa più dei suoi… genitori, chiede di non spendere troppo tempo dal dentista ma si fida di lui. E, in Italia come all’estero, chiede tecnologie al servizio di queste istanze. Un punto sulle tecniche ad hoc arriva dall’11 al 13 giugno, da Chia Laguna, un resort all’angolo sud-ovest della Sardegna, 30 minuti dall’aeroporto di Cagliari, dove si svolgerà l’ottavo congresso internazionale dell’Associazione italiana odontoiatri (Aio). L’evento – che è pure 27esimo congresso nazionale – intreccia temi politici e corsi pratici, e conferisce sia crediti Ecm – 12 al giorno – sia crediti Ada Cerp dell’American Dental Association, vaidi in Usa. E ospita esperti dal mondo. Nei corsi precongressuali del giovedì ci sono gli aspetti più pratici: da una parte Francesca Vailati di Ginevra e Ignazio Loi di Cagliari spiegano come in tre passaggi si realizza la preparazione “biologically oriented” (Bopt) per adattare le mucose ai profili protesici determinati dalle corone, dall’altra il corso pratico di odontoiatria restaurativa tenuto da Enrico Manca di Cagliari e Giacomo Derchi dell’Ospedale di Versilia. Altri tre corsi parlano inglese, ospiti d’onore Gary Glassmann di Toronto per l’endodonzia, Nitzan Bichacho di Gerusalemme per la parodontologia e Michael Ignelzi (University of Michigan) per la pedodonzia. Le specialità sono di scena il giorno dopo, venerdì 12 giugno, con i simposi congiunti Aio-Società italiana di endo- donzia (protagonisti Mario Lendini e Pio Bertani), e AioSocietà di odontoiatria conservativa (Francesco Mangani e Camillo D’Arcangelo). Valenza internazionale particolare ha il simposio tra Aio e Sido, sulle determinanti culturali che condizionano gli interventi di ortodonzia da un continente all’altro, con Skander Elouze dell’Università di Direttore responsabile Andrea Peren [email protected] Redazione Lara Romanelli [email protected] Rachele Villa [email protected] Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo [email protected] Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Grafica e impaginazione Marco Redaelli - www.creativastudio.eu Hanno collaborato in questo numero: Cosma Capobianco, Aldo Crespi, Marco Esposito, Vincenzo Marra, Mauro Miserendino, Renato Torlaschi Pubblicità stiche della micro-TC e sulle procedure implantoprotesiche computer-guidate. Si parlerà poi degli apetti clinico-radiologici delle perimplantiti in una tavola rotonda, cercando anche di fare luce sulla reale epidemiologia della patologia e sulle possibilità e limiti di trattamento. Fara Congressi srl Tel. 011.8171006 [email protected] www.faracongressi.it www.sirom.org Odontoiatria estetica: terapia in team "Odontoiatra, odontotecnico e igienista dentale: una collaborazione vincente in odontoiatria estetica" è il titolo e il punto di partenza dell'evento che si terrà il 20 e 21 febbraio a Bari, focalizzato sull'interdisciplinarietà del trattamento di odontoiatria estetica. Sul palco si alterneranno professori universitari provenienti dai numerosi atenei italiani, introdotti in apertura di convegno dal saluto del professor Enrico Gherlone, neo presidente del Collegio dei docenti di odontoiatria, e da Massimo Maculan, presidente nazionale Antlo. Secondo il professor Felice Roberto Grassi, ideatore del convegno, ogni intervento di odontoiatria estetica non può prescindere da una fattiva collaborazione dell'odontoiatra, a cui spetta diagnoisi e piano di trattamento, con l'odontotecnico, chiamato a realizzare le indicazioni del clinico rispettando i canoni protesici, non senza però un contributo individuale e unico di tecnica ed esperienza. Prima e dopo il trattamento, non è secondario il ruolo dell'igienista dentale: dall'individuazione degli indici di rischio sugli stili di vita www.aio.it http://congress2015.aio.it [email protected] Italian Dental Journal Anno X - numero 1 - gennaio 2015 Mensile di attualità, informazione, cultura Chiuso in redazione il 21 gennaio VII congresso nazionale Sirom Il congresso nazionale della Società italiana di radiologia odontostomatologica e maxillo-facciale si tiene venerdì 13 e sabato 14 febbraio a Torino presso la Dental School al Lingotto. «Ci ritroviamo quest’anno con l’intento di approfondire, mantenendo la continuità con lo spirito dei precedenti incontri, temi relativi all’applicazione delle nuo> Silvio Diego Bianchi ve tecnologie alla scienza odontoiatrica. Queste non di rado si diffondono tumultuosamente, con risultati a volte difformi dalle aspettative – ci ha detto Silvio Diego Bianchi, presidente Sirom e docente di diagnostica per immagini e radioterapia ai corsi di laurea di odontoiatria e di igiene dentale dell'Università di Torino –. Per questo motivo nel convegno verrà attribuita particolare attenzione ai “nuovi problemi correlati con le moderne tecnologie”, cercando di approfondirne la frequenza, le caratteristiche, le cause e i rimedi». Il programma scientifico dell'incontro prevede una discussione comparativa sulle nuove tecnologie hardware e software e alcuni approfondimenti sulle applicazioni diagno- Monastir in Tunisia, Gian Piero Farronato dell’Università di Milano e Silvia Allegrini di Pisa. Un altro tema pratico – l’approccio soft tissue a cura di Giovanni Zucchelli – per l’importanza rivestita diventa l’argomento di partenza oggetto di lettura magistrale alle 9 del venerdì 12. La parte politica si apre l’11 sera con la cerimonia di inaugurazione, l’intervento delle autorità e del mondo istituzionale e la relazione introduttiva del presidente Aio Pierluigi Delogu. Oggetto: l’impatto della crisi sulle scelte di paziente e dentista. Se ne riparla nelle sessioni internazionali del venerdì. Nella seconda parte della mattinata si parlerà di malattia parodontale e patologie sistemiche (P. Piero, Detroit), uso delle cellule staminali in implantologia (Mariam Margvelashvili, Tbilisi) controllo computerizzato in anestesia locale (Mark Hockman), impianti corti (Mauro Marincola), trattamenti estetici e ultraconservativi (Pascal Magne, Ginevra) e malocclusioni (Renato Cocconi). Al sabato di scena l’odontoiatria conservativa con una seconda lettura magistrale dell’elvetico-americano Magne sui restauri adesivi anteriori e posteriori mentre per gli igienisti dentali ci sarà un importante corso di comunicazione al paziente a cura delle ricercatrici Marta Botteon e Martina Scarazzato. del paziente prima dell'intervento, al difficile lavoro motivazionale per il mantenimento dei risultati. «Serve un trait d'union tra i protocolli clinici» dice Grassi, che a questo scopo ha voluto riunire tutte queste figure per fare il punto della situazione e valutare lo stato dell'arte dei protocolli operativi clinici. Accanto al più classico dei dibattiti teorici si inserirà poi una parte molto pratica, legata anche alle nuove tecnologie in odontoiatria. Grazie alla stretta collaborazione con le aziende, sono stati programmati una serie di tavoli tecnici ognuno dei quali approfondirà, dal punto di vista strettamente operativo, un protocollo clinico: dallo sbiancamento al carico immediato fino alla rigenerazione ossea. Il tutto anche attraverso l'utilizzo diretto delle ultime tecnologie disponibili che, a detta degli organizzatori del convegno, spesso non vengono utilizzate o prese in considerazione dai colleghi non tanto per i costi quanto per la mancanza di conoscenza nel loro utilizzo. Un gap che si tenterà di colmare con questi tavoli tecnici da 45 minuti l'uno, durante i quali l'utilizzo delle tecnologie verrà spiegato e semplificato dalla comprensione del funzionamento delle stesse, cercando così di avvicinare il più possibile alta tecnologia e pratica clinica. Amors di Sergio Magliocchi Tel. 393.4888499 [email protected] Direttore commerciale Giuseppe Roccucci [email protected] Direttore vendite Stefania Bianchi [email protected] Vendite Barbara Guglielmana (Agente) [email protected] Manuela Pavan (Agente) [email protected] EDITORE: Griffin srl unipersonale P.zza Castello 5/E - 22060 Carimate (Co) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it - [email protected] www.dentaljournal.it - [email protected] Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al REGOLAMENTO CSST Per il periodo 1/1/2013 - 31/12/2013 Periodicità: mensile Tiratura media: 15.000 Diffusione media: 14.889 Certificato CSST n. 2012-2330 del 25 febbraio 2014 Società di revisione: PKF ITALIA L'Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di autodisciplina pubblicitaria. 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I CASI CLINICI DI esperienze cliniche in IMPLANTOLOGIA In questo numero: Impianti short a carico immediato in grave atrofia mandibolare Riabilitazione full-arch a carico immediato con implantologia computer guidata Come semplificare la gestione di orientamento e inclinazione degli impianti Vantaggi clinici del carico immediato con impianto cono morse Mantenimento a 10 anni della stabilità tissutale e dell'estetica in implantoprotesi Riabilitazione di elemento singolo in zona estetica con una nuova soluzione implantare Impianto post-estrattivo a carico immediato in zona estetica con rigenerazione dell’alveolo Carico immediato in area estetica con materiali di ultima generazione SU DENTAL ACADEMY TROVI: > BLOG I casi clinici postati dagli odontoiatri. Confronta la tua esperienza clinica con quella dei colleghi e commenta i casi > TOP NEWS Tutta l’informazione giornalistica sul mondo della professione curata dalla redazione di Italian Dental Journal: fatti, persone, eventi > LETTERATURA INTERNAZIONALE La letteratura e l’evidenza scientifica internazionale raccontata attraverso i report giornalistici > DENTAL MARKET Un aggiornamento merceologico completo con le recensioni dei prodotti più innovativi delle aziende del settore Su www.dentalacademy.it trovi anche lo sfogliabile dell’ultimo numero di Italian Dental Journal in anteprima rispetto alla pubblicazione cartacea CASO CLINICO Impianti short a carico immediato in grave atrofia mandibolare Le aree posteriori della mandibola e del mascellare superiore presentano spesso un notevole grado di atrofia ossea che può rappresentare un limite alla terapia implantare. La chirurgia ricostruttiva preimplantare non può essere praticata in tutti i pazienti a causa di possibili controindicazioni locali e/o sistemiche. La ricerca della soluzione a tale problema ha spinto l'interesse dei clinici verso l’utilizzo degli impianti corti, che offrono la possibilità di snellire le procedure chirurgiche riducendo il numero e la complessità degli interventi. Di seguito presentiamo il risultato implantoprotesico di un carico immediato eseguito in mandibola con severa atrofia nei settori diatorici. Materiali e metodi La paziente di anni 54, non fumatrice, gode di buona salute. > Francesco Gallo, medico chirurgo specialista in chirurgia maxillo-facciale, dirigente medico di I livello presso Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano Da circa 20 anni è edentula nei settori diatorici mandibolari e la documentazione radiografica evidenzia notevole atrofia mandibolare nei settori posteriori. Gli esami OPT e TC dental scan analizzati esprimono un’altezza ossea massima in regione 36 di 7 mm e in regione 46 di 6,5 mm. > Francesco Zingari, odontoiatra, libero professionista presso Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano > Michelangelo D'Uva, odontoiatra libero professionista, fellow presso Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano > Fig. 2: protesi provvisoria a carico immediato Le procedure di rigenerazione ossea preimplantare proposte alla paziente vengono rifiutate. Viene eseguita ceratura diagnostica e mascherina chirurgica. La paziente viene sottoposta a seduta di igiene orale e profilassi antibiotica. Dopo bonifica totale dell’arcata inferiore si inseriscono contestualmente 4 impianti way Milano (Geass) D. 4,5 L. 11 mm in regione intrasinfisaria e due impianti way Short (Geass) D. 4,5 L. 6,5 mm piattaforma 4,8 in regione 36 e 46. Il torque di inserimento implantare va dai 40 ai 50 Ncm. A 48 ore, la paziente viene sottoposta al carico protesico immediato avvitato con protesi provvisoria in resina rinforzata con fibra di vetro (torque di serraggio 20 Ncm). Il controllo clinico e radiografico a sei mesi dal carico immediato evidenzia la buona guarigione dei tessuti e il perfetto mantenimento dei picchi ossei su tutti gli impianti. Si procede quindi alla realizzazione del manufatto definitivo optando per un'arcata protesica in metallo ceramica cementata su monconi a ingaggio interno. Discussione In passato, condizioni patologiche limitanti la chirurgia ricostruttiva preimplantare, in assenza di impianti corti, hanno reso impossibili molti trattamenti implantoprotesici. L'utilizzo degli impianti di lunghezza short consente, talvolta, la riabilitazione implantoprotesica anche in caso di gravi atrofie maxillo-mandibolari. Nel caso descritto, l'impossibilità di eseguire procedure chirurgiche di rigenerazione ossea preprotesica e il grado di atrofia mandibolare maturato dalla paziente, hanno orientato la scelta verso impianti a lunghezza tradizionale nella regione interforaminale e di impianti short nelle regioni diatoriche, uniti con soluzione protesica avvitata a carico immediato. L'utilizzo di impianti short ha permesso di evitare interventi di chirurgia preimplantare invasivi, aumentando la predicibilità di successo, consentendo un risultato estetico e funzionale sovrapponibile a quello di impianti di lunghezza tradizionale. L'assenza di riassorbimento osseo, valutabile dalle radiografie di controllo, dimostra un inalterato e corretto processo di osteointegrazione di tutti gli impianti utilizzati, a ulteriore conferma della validità della tecnica scelta e dell'affidabilità degli impianti way Short in riabilitazioni a carico immediato. Seppure soltanto recentemente la letteratura scientifica ha supportato la scelta del carico immediato su impianti short, sempre maggiore risulta l'interesse per l'argomento. > Fig. 1: ortopantomografia preoperatoria > Fig. 3: ortopantomografia finale CASO CLINICO Come semplificare la gestione di orientamento e inclinazione degli impianti L’inserimento di impianti tiltati ha confermato la sua coerenza biomeccanica e la sua prognosi, e da oltre un decennio rappresenta il compromesso ideale per riabilita- > Fig. 1 > Fig. 2 > Fig. 3 > Fig. 4 > Fig. 5 zioni protesiche fisse in caso di limitata disponibilità ossea posteriore o economica. Questo particolare progetto d’inserimento prevede un adeguamento della compo- nentistica protesica per compensare immediatamente il disparallelismo reciproco e consentire la realizzazione di protesi avvitate o cementate semplici da passivare. Dato per scontato che un componente protesico per essere posizionato in modo preciso, predicibile e ripetibile deve impegnarsi in una geometria antirotazionale, emerge il problema di orientare questa geometria interna o esterna in modo che il meso componente (nello specifico base conica per protesi avvitata - Idi Evolution) si orienti con gli altri da comprendere nella riabilitazione. A questo scopo i clinici che collaborano con Idi Evolution hanno messo a punto un presidio chirurgico che consente di visualizzare e orientare il dispositivo implantare in modo che il componente protesico si collochi nella posizione ideale senza dovere ripetere le operazioni di orientamento. Si tratta di un presidio chirurgico di forma esagonale che si impegna nella geometria implantare in modo passivo e presenta un indicatore colorato inserito nello stesso con un'angolazione corrispondente alle angolazioni dei componenti protesici presenti nella sistematica. Nello specifico avremo un dispositivo orientante per basi coni- > Paolo Arosio, libero professionista a Vimercate e Mariana Mantovana. Dopo la laurea ha conseguito il dottorato in tecnologie biomediche applicate alle scienze odontostomatologiche alla II Università di Napoli che da 17° di colore giallo e uno per basi coniche da 30° di colore blu, insieme a un dispositivo senza indicatori per l’angolazione di 0° (fig. 1). Procedura chirurgica Una volta terminato l’inserimento dei dispositivi endossei (fig. 2) si posiziona l’allineatore con l’indice di inclinazione che si presume corretto e per prima cosa si verifica la scelta rispetto agli inserimenti contigui o l’arcata antagonista (fig. 3). Stabilito il grado di angolazione con una chiave specifica si ruota nel senso dell’attivamento fino a posizionare gli indicatori di angolazio- ne paralleli tra di loro o con un orientamento che si ritiene ideale per quella riabilitazione. Sulla base degli orientatori sono presenti degli indici millimetrati che aiutano nella scelta del’altezza del componente protesico rispetto allo spessore mucoso. Rimossi gli orientatori, il posizionamento delle basi coniche sarà semplificato perché l’esagono si troverà orientato correttamente rispetto all’angolazione del dispositivo protesico (figg. 4 e 5). CASO CLINICO Mantenimento a 10 anni della stabilità tissutale e dell'estetica in implantoprotesi Il raggiungimento di un risultato immediato e la stabilità del risultato nel tempo sono frutto di molte variabili legate alle caratteristiche del paziente, dell’operatore e del sistema implantare. Le variabili relative al paziente sono di carattere generale (fattori genetici, malattie sistemiche, farmaci, fumo, abitudini igieniche) e di carattere locale (volume e qualità ossea, fattori microbiologici, parodontiti, biomarker ossei, occlusione, parafunzioni ecc.). Le variabili relative al curante comprendono la formulazione di una corretta diagnosi e di un adeguato piano di trattamento, una precisa esecuzione chirurgica, in particolare disegno del lembo e tecniche di preparazione del sito, una corretta esecuzione protesica (tipo di protesi, modalità di carico, cantilever, gestione dell’ampiezza biologica ecc.). I fattori implantari comprendono: design implantare, macro e microgeometria, superficie, connessione implant-abutment, one o twopiece, tecnica sommersa/non sommersa ecc. Tali numerose variabili si intersecano necessariamente fra loro: il successo estetico e il suo mantenimento nel tempo sono possibili con una precisa e scrupolosa attenzione a ognuna di queste. Se molti fattori coinvolti nel rimodellamento osseo perimplantare possono sfuggire al nostro controllo, come ad esempio genetica e abitudini del paziente, alcuni fattori dipendono da noi, come ad esempio la formulazione del piano di trattamento e la corretta esecuzione chirurgico-protesica. Fondamentale appare l’utilizzo di un sistema implantare adeguato e affidabile con una connessione implantabutment che si contraddistingua per stabilità meccanica, sigillo microbiologico e platform switching. Caso clinico Il case report è del 2003 e riguarda una paziente di 44 anni, in cui il piano di trattamento comprendeva la sostituzione per vetustà di una protesi su pilastri naturali 25-27 con elemento in estensione 24. Si è optato per la sostituzione della vecchia protesi 25-27, in lega-resina, con una nuova protesi 2527 in metal-ceramica senza elemento mesiale in estensione, e per la sostituzione dell’elemento 24 in estensione tramite corona singola a supporto implantare. Il trattamento è stato di tipo bifasico, secondo protocollo tradizionale. La chirurgia è stata eseguita tramite apertura di lembo a tutto spessore: la cresta ossea è apparsa di ridotta ampiezza trasversale, si è eseguita una preparazione osteotomica secondo il concetto REO (Ridge Expansion Osteotomy) di Summers e si è inserito un impian- > Alberto Frezzato, libero professionista a Rovigo to Exacone (Leone) 3,3x12 mm, pari cresta, con rispetto delle distanze mesio-distali e bucco-linguali (“comfort zones”). Il controllo radiografico conferma il corretto posizionamento dell’impianto “narrow” per tutta l’altezza ossea disponibile. A distanza di tre mesi si è proceduto alla finalizzazione protesica. Il controllo clinico e radiografico, eseguito a oltre 10 anni di distanza, mostra il mante- > Irene Frezzato, libera professionista a Rovigo nimento della stabilità tissutale e dell’estetica iniziale: non sono evidenziabili segni di flogosi (se si esclude una modesta gengivite marginale a carico dei pilastri naturali). Tutti i parametri di successo sono rispettati: in particolare non si è verificata alcuna perdita ossea. Non si è verificata recessione dei tessuti molli. Questo risulta particolarmente importante perché in zona estetica. > Fig. 1: anno 2003. Immagine radiografica: il progetto implanto-protesico concerne il sito edentulo 24, sede di elemento protesico in estensione > Fig. 2: immagine radiografica dell’impianto in zona 24 al momento della consegna protesica (2003) > Fig. 3: immagine radiografica al momento del controllo a 10 anni dalla consegna (2013). Si ha stabilità ossea senza perdita in altezza > Fig. 4: immagine clinica della corona implanto-supportata in zona 24 e della protesi fissa su pilastri naturali 25-27 al momento della consegna protesica (2003) > Fig. 5:immagine clinica della protesi implanto-supportata a 10 anni dalla consegna (2013). Si riscontrano stabilità tissutale ed estetica CASO CLINICO Impianto post-estrattivo a carico immediato in zona estetica con rigenerazione dell’alveolo L’inserzione di un impianto post-estrattivo ha mostrato un alto grado di successo e di soddisfazione del paziente associato al raggiungimento di una buona estetica gengivale (1, 2). Dopo l’estrazione si assiste a un fisiologico riassorbimento osseo, sia orizzontale che verticale (3, 4). Questo riassorbimento si assesta tra il 29% e il 63% sul piano orizzonatale e tra l’11% e il 22% su quello verticale, con maggiore coinvolgimento del versante vestibolare rispetto al quello palatale (4). > Alcuni autori suggeriscono il posizionamento di un biomateriale a lento riassorbimento all’interno dell’alveolo in modo da prevenire la perdita delle strutture di sostegno (5, 6). Comparando i dati in letteratura si osserva che il tasso di successo a due anni di una terapia implantare eseguita su osso guarito è molto simile a quello in cui l’impianto viene posizionato in un sito post-estrattivo associato a un biomateriale a lento riassorbimento (7, 8). Il presente studio documenta il Fig. 1: radiografia pre-operatoria con frattura verticale del 24 > Fig. 2: posizionamento di un impianto post-estrattivo in zona 24. Da notare il riassorbimento della parete vestibolare e palatina > Fig. 3: inserimento del biomatriale a lento riassorbimento > Fig. 4: esame radiografico a fine intervento posizionamento di un impianto post-estrattivo associato a un biomateriale a lento riassorbimento allo scopo di preservare e incrementare la parete ossea verticale e palatale. Caso clinico Una paziente si è presentata alla nostra osservazione lamentando dolore in zona 24 alla percussione. L’esame obiettivo mostra la presenza dell’elemento 24 fratturato verticalmente e del 25 con otturazione mesio-occluso-distale in amalgama e fattura della cuspide palatina, come confermato dall’esame radiografico (fig. 1). Si decide per l’estrazione del 24 con posizionamento post-estrattivo di un impianto e rigenerazione dell’alveolo con biomateriale. L’elemento 25 verrà riabilitato mediante cementazione di un intarsio in composito. Un’ora prima dell’intervento sono stati somministrati al paziente Amoxicillina + Acido Clavulanico (Augmentin, GlaxoSmithKline) e un antidolorifico (Brufen 600, Abbot Laboratories). Il cavo orale è stato disinfettato per due minuti mediante sciacquo con collutorio a base di clorexidina (Corsodyl, GlaxoSmithKline). L’anestesia plessica a base di Articaina 4% con adrenalina 1:100000 (Citocartin, Molteni Dental) è stata eseguita nella regione del forame infraorbitario e, palatalmente, a livello dell’emergenza del nervo naso-palatino. È stato sollevato un mini-lembo muco-periosteo per accedere ai frammenti radicolari dell’elemento 24. La parete vestibolare e palatina mostravano una deiscenza di circa 3 mm, fortunatamente, però, il setto inter-radicolare era ben rappresentato e integro. Il sito è stato, quindi, preparato e un impianto conico da 4.2 mm di diametro e 11.5 mm di lunghezza (Dynamix, Cortex) è stato inserito sul lato palatale. Appare ben evidente il riassorbimento osseo a carico della parete palatina e vestibolare e distanza presente tra impianto e parete vestibolare superiore a 2 mm (fig. 2). Per preservare l’alveolo e rigenerare la parete vestibolare e palatina, si è deciso di inserire un biomateriale a lento riassorbimento capace, una volta posizionato nel sito, di indurirsi e rimanere in posizione (Easy-Graft Crystal, Sunstar Guidor) (fig. 3). La capacità del materiale di indurirsi al contatto col sangue ha facilitato questa operazione e ha dato maggiori garanzie di immobilità dell’innesto inserito. Data la stabilità implantare superiore a 50 Nm, una corona provvisoria in acrilico a carico immediato è stata ce- > Marco Montanari, ricercatore presso l'Università di Bologna > Luca Bartoletti, studente di odontoiatria all'Università di Bologna a 5-year prospective single cohort study. Clin Oral Implants Res 25, 2014, 1-389. 6. Wang RE, Lang NP. New insights into ridge preservation after tooth extraction. Clin Oral Implants Res 23, 2012, 147-156. 7. Lang NP, Lui P, Lau KY, Wong MCM. A systematic review on survival and success rate of implants placed immediatly into fresh extraction sockets after at least 1 year. Clin Oral Implants Res 23, 2012, 39-66. 8. Malchiodi L, Ghensi P, Cucchi A, Corrocher G. A comparative retrospective study of immediately loaded implants in postextraction sites versus healed sites: results after 6 to 7 years in the maxilla. Int J Oral Maxillofac Implants. 2011;26:373-84. mentata e due punti in seta sono stati eseguiti. Una radiografia endorale postoperatoria conferma il corretto posizionamento dell’impianto e del biomateriale all’interno del sito post-estrattivo (fig. 4). Dopo 4 mesi è stato rimosso il provvisorio, evidenziando la salute dei tessuti perimplantari, ed è stato inserito sul moncone il transfer a strappo, quindi una impronta in polietere (Impregum, 3M-Espe) è stata rilevata. Il caso è stato ultimato posizionando sull’impianto una corona avvitata in metallo-ceramica sottolineando il buon mimetismo e il ripristino dei diametri vestibolo-palatini e apico-coronali dei tessuti duri e molli (fig. 5). in anterior area: a 4 years prospective clinical study. Clin Oral Implants Res 25, 2014, 1-389. 3. Clementini M, Tiravia L, De Risi V, Vittorini Orgeas G, Mannocci A, De Sanctis M. Immediate implant placement to preserve alvolar ridge dimensions after tooth extraction: a systematic review and meta-analysis. Clin Oral Implants Res 25, 2014, 1-389. 4. Tan WL, Wong TLT, Wong MCM, Lang NP. A systematic review of post-extractional alveolar hard and soft tissue dimensional changes in humans. Clin Oral Implants Res 23, 2012, 1-21. 5. Borgia V, Alfonsi F, Marconcini S, Covani U, Barone A, Tonelli P. Tissue stability of implant placed in fresh extraction sockets: Bibliografia 1. Hartlev J1, Kohberg P, Ahlmann S, Andersen NT, Schou S, Isidor F. Patient satisfaction and esthetic outcome after immediate placement and provisionalization of single-tooth implants involving a definitive individual abutment. Clin Oral Implants Res. 2014 Nov;25:1245-50. 2. Imbrugia M. Immediate placement of conical connections implant and provisionalizzation > Fig. 5: finalizzazione del caso con inserimento di una corona in metallo ceramica sull’impianto in zona 24 CASO CLINICO Riabilitazione full-arch a carico immediato con implantologia computer guidata Le esigenze estetiche e funzionali dell’odontoiatria moderna hanno reso inaccettabile la riabilitazione del paziente edentulo mediante protesi totale rimovibile. Gli attuali standard in campo implantoprotesico e nel campo dell’imaging intraorale tridimensionale e dell’informatica hanno permesso lo sviluppo di metodiche riabilitative protesiche fisse pre-programmate altamente performanti dal punto di vista funzionale, temporale ed estetico. Caso clinico Paziente donna di 68 anni, non fumatrice, portatrice di protesi parziale mascellare e protesi totale mandibolare con permanenza di 3.8 (figg. 1 e 2). Rispettando le richieste della paziente si opta per una riabilitazione tramite protesi totale di tipo ortopedico a funzione immediata supportata da 5 impianti osteointegrati (T3 Tapered Certain, Biomet 3i) inseriti mediante l’utilizzo di mascherina chirurgica progettata con software Simplant. Eseguita la bonifica del mascellare inferiore è stata confezionata una nuova protesi totale inferiore che soddisfacesse tutte le necessità estetiche e funzionali della paziente (fig. 3). La protesi totale ha lo scopo, inoltre, di indirizzare il posizionamento virtuale degli impianti. La progettazione virtuale della posizione delle fixtures si articola in diversi momenti. 1) Esecuzione di una scansione 3D dell’osso mandibolare mediante CBCT (CS9300 3D, Carestream) con protesi dotata di punti di repere posizionata nel cavo orale. 2) Scansione 3D del solo corpo protesico. 3) Segmentazione e matching delle due scansioni sul software. 4) Valutazione dell’anatomia, pianificazione implantare e determinazione dei tragitti trans mucosi (fig. 4). In base alla progettazione viene creata una Simplant Guide riportante parte della dentatura del corpo protesico (fig. 5). La mascherina viene utilizzata anche nelle fasi di laboratorio. Viene realizzato un modello di lavoro riportante la posizione delle fixture implantari. Il modello viene utilizzato per la scelta degli abutment conici (Low Profile Abutment), per la modellazione del frame work metallico, per la passivazione dello stesso e per la creazione di un jig occlusale che aiuterà l’operatore nel posizionare la mascherina all’inizio della chirurgia. La fase chirurgica prevede l’accurato posizionamen- to della mascherina mediante l’utilizzo di due viti di fissazione (fig. 6); la preparazione flapless dei siti implantari mediante il Tapered Navigator Surgical Kit (Biomet 3i); l’inserimento di impianti conici ad esagono interno T3 (Biomet 3i) con motore chirurgico (iChiropro, BienAir) impostato a 50 Ncm di torque e alloggiamento finale con chiave dinamometrica manuale per allineare i reperi di riferimento dell’implant-mount con i solchi di riferimento presenti sul Master-Tube della Simplant Guide. Viene rimossa la mascherina chirurgica e vengono posizionati gli abutment conici. Viene immediatamente rilevata l’impronta in gesso (fig. 7) e viene registrata l’occlusione. Il paziente viene congedato. Nelle 24 ore successive il laboratorio provvede alla costruzione, alla passivazione e alla rifinitura della protesi ortopedica (fig. 8). Il giorno successivo all’intervento viene consegnata la protesi, si eseguono il trimming, i controlli occlusali e i controlli delle cassette igieniche e la motivazione all’igiene (figg. 9 e 10). Questa metodica permette di riabilitare un paziente edentulo nell’arco delle 24 ore senza l’ausilio di protesi provvisorie. Il protocollo da noi proposto prevede l’inserimento di 5 fixture nel mandibolare e di 6 fixture nel mascellare. I vantaggi di questa metodica possono essere riassunti in cinque punti: 1) determinazione e verifica pre-chirurgica dell’estetica e della funzione; 2) ottenimento delle massime potenzialità grazie alla pianificazione prechirurgica e alla scelta ottimale degli impianti in base all’anatomia del paziente; 3) assenza di sanguinamento, riduzione degli edemi post-operatori e massima precisione di posizionamento della mascherina chirurgica grazie alla chirurgia flapless; 4) riduzione della morbidità; 5) miglioramento del flusso di lavoro nelle fasi di laboratorio. > Fig. 1: OPT iniziale, mandibola edentula con presenza del 3.8 > Daniele Cardaropoli, Alessandro Roffredo, Lorenzo Tamagnone, Monica Ravera Proed, Professional Education in Dentistry, Torino > Fig. 6: impianti inseriti con tecnica flapless. Implant mount e master tube sono stati allineati in modo da avere un corretto posizionamento dell’esagono interno degli impianti > Fig. 2: situazione clinica iniziale con una protesi totale inferiore e una protesi parziale rimovibile superiore Fig. 7: impronta di posizione in gesso degli impianti alla fine della fase chirurgica > > Fig. 3: costruzione di una nuova protesi totale inferiore in base a parametri estetici e occlusali. Sono stati inseriti punti di repere radiopachi in composito per la doppia scansione > Fig. 8: protesi full-arch terminata, pronta per la consegna a 24 ore dall’inserimento implantare > Fig. 4: pianificazione virtuale della posizione implantare sulla base della anatomia ossea tridimensionale e del posizionamento protesico > Fig. 9: full-arch avvitato sugli impianti, e ultimo controllo intraorale dell’occlusione e dell’estetica prima della consegna > Fig. 5: mascherina chirurgica con integrata la posizione tridimensionale degli impianti e la posizione delle viti di fissazione > Fig. 10: OPT finale con impianti inseriti e full-arch inserito CASO CLINICO Vantaggi clinici del carico immediato con impianto cono morse L’osteointegrazione è un fenomeno biologico che si basa sui processi di rigenerazione e rimodellamento osseo. Il tessuto osseo risponde ai carichi occlusali attuando un equilibrio dinamico tra queste due fasi (Brånemark, 2001). Le procedure di carico immediato consentono alla rigenerazione e al rimodellamento osseo di avvenire simultaneamente, riducendo così il tempo necessario all’impianto per osteointegrarsi. Questa tecnica chirurgica è basata sulla stabilità meccanica o primaria dell’impianto, che può essere rappresentata sostanzialmente dal torque finale misurato al mo- mento della sua installazione (Papaspyridakos et al, 2014). Tuttavia si dovrebbe prestare attenzione a un’ulteriore dinamica clinica: l’occlusione fisiologica o armonica. Caso clinico Un paziente viene sottoposto a trattamento implantare per il restauro del primo molare dell’arcata mascellare superiore. È stato pianificato un intervento con un impianto conico 4.3 x 13 mm (CM Alvim, Neodent), selezionato per le sue spire compattanti e per il design del corpo implantare. L’impianto è stato posizionato, successivamente all’osteoto- mia, con un valore di Torque pari a 45 Ncm. Avendo superato i 32 Ncm all’inserzione ed essendo in presenza di una occlusione normale senza alcun carico laterale sull’impianto, questo caso è stato trattato con la tecnica del carico immediato. Considerando l’altezza del solco gengivale e rispettando le distanze dall’osso è stato selezionato un moncone per protesi avvitata (Moncone CM, 2.5 mm, Neodent). Il giorno stesso dell’inserimento dell’impianto è stata posizionata una corona provvisoria. Sei mesi dopo l’intervento, in seguito alla guarigione dei tessuti molli, è stata effettuata una presa d’impronta e si è proceduto ad avvitare una protesi di ceramica sopra il moncone. Durante questa prima visita è stato possibile osservare come il restauro provvisorio abbia favorito la guarigione della mucosa e come le papille si siano riformate senza alcuna necessità di ulteriori appuntamenti clinici per la creazione di un profilo di emergenza. Il giorno del posizionamento della protesi definitiva è stata effettuata una periapicale a raggi X come base dalla quale partire per i successivi controlli. I follow-up effettuati a 5 e 8 mesi e mezzo dall’intervento > Geninho Thomé, BDS, MSc, PhD Docente presso l’istituto Ilapeo (Latin American Institute of Dental Research and Education) > Dr Sérgio Rocha Bernardes, BDS, MSc, PhD Docente presso l’istituto Ilapeo mostrano come l’osso si sia mantenuto nella medesima posizione. Conclusioni Gli impianti cono morse tendono a ridurre il potenziale rimodellamento osseo nel tempo, soprattutto nel caso in cui venga eseguito il posiziona- mento a livello subcrestale (Castro et al, 2014). Un grande vantaggio rappresentato da questo risultato è la presenza di papille e il loro mantenimento nel corso degli anni, che ha come conseguenza un restauro più naturale e un migliore risultato estetico per il paziente. > Fig. 1: impianto CM Alvim (Neodent) > Fig. 2: profilo di emergenza > Fig. 3: protesi definitiva > Fig. 4: radiografia finale CASO CLINICO Riabilitazione di elemento singolo in zona estetica con una nuova soluzione implantare Gli impianti hanno oggi assunto un ruolo preminente nella sostituzione dell’elemento dentale singolo compromesso. Questa nuova esigenza clinica ha sviluppato una visione implantare molto più sofisticata dal punto di vista protesico, in linea con le mutate esigenze estetiche del paziente, il quale richiede di ricevere un restauro che si integri perfettamente > nel contesto dentale come avverrebbe normalmente per una corona eseguita su un pilastro naturale. L’utilizzo del nuovo impianto Prama (Sweden & Martina) ci permette di gestire al meglio i tessuti molli perimplantari grazie alla forma del collo transmucoso e al posizionamento sovra-gengivale dell’interfaccia impianto-abutment ol- Fig. 1: radiografia preoperatoria > Fig. 2: inserimento dell’impianto Prama RF: il collo transmucoso è caratterizzato da anodizzazione di colore giallo per massimizzare il risultato estetico > Fig. 3: al momento dell’inserimento è ben visibile l’ottima bagnabilità della superficie ZirTi > Fig. 4: posizionamento del pilastro per la realizzzione della corona definitiva tre che consentirci di effettuare una protesi in linea con le indicazioni della tecnica Bopt. La connessione, non più vicina al livello osseo, migliora, fino ad eliminare, il problema della gestione batterica a tale livello superando il concetto dello switch platform, favorendo una integrità ottimale dell’osso attorno attorno alla fixture. Questo nuovo impianto risulta quindi decisamente favorevole per la salute dei tessuti duri e molli, per la stabilità nel tempo degli stessi e per la semplificazione di tutte le fasi protesiche, compresa quella della cementazione del manufatto, problema sempre attuale e delicato di questa fase del trattamento. > Fig. 5: follow-up a 6 mesi. I tessuti molli risultano in salute e di un estetico colore rosa > Fabio Gorni, libero professionista a Milano > Fig. 6: radiografia postoperatoria CASO CLINICO Carico immediato in area estetica con materiali di ultima generazione Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi lavori e revisioni della letteratura che hanno messo a confronto gli approcci immediati e convenzionali nella terapia implantare. Nessuno di questi lavori è stato in grado di evidenziare un risultato clinico significativamente diverso tra i due. Ciò nonostante, ancora oggi, si consiglia estrema prudenza nell’eseguire un carico immediato su elementi singoli in area estetica, ancor di più nel caso di impianti immediati post-estrattivi. Di contro, è sempre maggiore la richiesta di trattamenti il più possibile rapidi e poco invasivi, soprattutto se il problema coinvolge un’area estetica. Tra le componenti che concorro- no al conseguimento del risultato si possono considerare il volume e la qualità ossea, il tipo e la morfologia dell’impianto come anche la tipologia delle componenti protesiche impiegate. In implantologia, tra i vari tipi di materiali, è stato introdotto un materiale composito, il Peek, già impiegato con successo in ambito ortopedico, che coniuga un'ottima resistenza meccanica con un basso peso specifico, intermedio tra quello dell’osso corticale e spongioso. Questa caratteristica può contribuire a limitare la trasmissione di carichi eccessivi all’osso nelle prime fasi di guarigione dopo l’inserimento implantare. Il colore bianco, poi, è certamente un aiuto nelle zone estetiche per evitare la comparsa di aloni scuri a livello del margine gengivale perimplantare. Di recente il Peek è stato modificato mediante l’aggiunta di un microriempitivo di particelle ceramiche grazie al quale si è ulteriormente aumentata la resistenza meccanica del materiale ed è stato anche possibile caratterizzare meglio il colore, rendendolo più simile alla dentina. Caso clinico Il caso clinico illustra l’applicazione di questo nuovo materiale, denominato BioHpp, in un’area ad alta valenza estetica. La paziente GF, 40 anni, si presenta alla nostra osservazione lamentando aumento di mobilità di 1.2. L’esame clinico conferma la mobilità riferita dalla paziente, di grado 3, con estrusione dell’elemento dentale. I tessuti molli si presentano di buon aspetto, con un moderato grado di infiammazione marginale (fig. 1). L’esame endorale evidenzia invece una rizalisi radicolare pressoché completa (fig.2). Si decideva quindi di procedere con un inserimento implantare post estrattivo a carico immediato. Dopo aver estratto il dente, veniva inserito un impianto (blueSKY, Bredent) ponendo particolare attenzione al raggiungimento di un’adeguata stabilità primaria. Insieme all’impianto veniva anche inserito un innesto connettivale, per aumentare il volu- > Laura C. Campos > Giovanni Ghirlanda Libera professionista a Roma Libero professionista a Roma me dei tessuti molli. Successivamente, mediante mascherina preconfezionata, si rilevava un’impronta della posizione implantare, che veniva inviata all’odontotecnico. In laboratorio, sul modello in gesso, utilizzato per preparare la mascherina, veniva creato un alloggiamento per consentire il riposizionamento dell’impronta. Sul modello così modificato il tecnico procedeva alla modellazione del moncone e alla sua successiva costruzione in BioHpp mediante pressofusione. Contestualmente costruiva anche il provvisorio in resina. Il manufatto così realizzato, dopo circa 4 ore dall’intervento, veniva applicato alla paziente (figg. 3 e 4). Dopo circa sei mesi, completato il processo di osteointegrazione dell’impianto e di maturazione dei tessuti molli, il caso clinico veniva completato con l’applicazione di una corona in disilicato di litio (fig. 5). Ai controlli, a distanza di un anno dall’intervento, si può apprezzare un ottimo mantenimento dei livelli ossei e mucosi della zona trattata. > Fig. 1: aspetto clinico iniziale > Fig. 2: radiografia endorale preoperatoria > Fig. 3: moncone in BioHpp avvitato nell’impianto > Fig. 4: inserimento provvisorio > Fig. 5: lavoro completato con corona in disilicato di litio