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Numero 30 del 07/06/2011
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Referendum: negato
voto all’estero per i
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Giuliana Gugliotti
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Berlusconi secondo l’Economist :”Unfit to lead Italy”
Sezioni
GIOVEDÌ, 09 GIUGNO 2011 17:28
Attualità
NESSUN COMMENTO
Otto anni fa, l’Economist con un famoso articolo “Unfit to lead
Italy” definì Berlusconi persona non adatta a governare l’Italia
ed oggi torna alla carica con una nuova infamante copertina
che John Prideaux autore dell’articolo sintetizza nelle parole :
L’uomo che ha fregato un intero Paese, bocciando senza
nessuna possibilità di appello tutte le modalità con le quali ha
non esercitato il potere che gli è derivato da due successi
elettorali pieni e devastanti che dovevano consentirgli ampi
spazi per portare avanti le riforme urgenti di cui il Paese
necessità.
Cinema
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Economia
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Notizie Flash
L’occasione è la pubblicazione di uno speciale di 16 pagine
sull’Italia dedicato all’anniversario dei 150 anni («Per un
nuovo Rinascimento»). L’analisi che scaturisce dal rapporto,
lascia emergere un Paese fermo che paga con la «crescita
zero» le mancate riforme. «L’Italia ha tutte le cose che le
servono per ripartire, quello che serve è un cambio di
governo».
In un incontro avuto con i giornalisti italiani Prideaux ha ribadito che :«Non farò l’errore di predire la fine
di Berlusconi, ma arrivando qui, parlando con le persone si inizia a sentire un’aria nuova, la fine di
un’era».
«L’Italia ha un problema di produttività, ha bisogno di alcune riforme. Se guardiamo agli ultimi dieci anni
e più, dimenticando tutti gli scandali, il «Bunga Bunga», lo scontro con i magistrati, il problema è che c’è
stato un disastro da un punto di vista economico. Berlusconi è arrivato al potere con l’idea di essere un
imprenditore di successo in grado di fare le riforme economiche, ma poi non le ha fatte» e il Paese «ha
sprecato»solo tempo prezioso, correndo dietro le gonnelline e i vizi proibiti del suo Presidente.
Questo perdersi nel vuoto delle cose inutili ha fatto si che perdessimo alcuni importanti appuntamenti e
pertanto si ha avuto il «più basso tasso di crescita di tutti gli altri Paesi del mondo occidentale. Tra il
2000 e il 2010, il Pil italiano è cresciuto in media dello 0,25% all’anno, una dato allarmante – scrive
l’Economist – migliore solo rispetto a quello di Haiti o dello Zimbawe». E nonostate l’Italia «abbia
saputo evitare il peggio durante la recente crisi finanziaria globale, non ci sono segnali di una possibile
inversione di tendenza».
Certo che non è stato molto difficile è bastato chiudere i cordoni della spesa pubblica, non investire e in
apparenza il peggio sembra essere evitato anche se nella realtà non è cosi e la crescita zero o quasi è
quella a cui siamo destinati nei prossimi anni se non cambierà il governo.
Nonostante i problemi che appaiono per lo più legati alla fase politica, l’Italia resta un «Paese civilizzato,
ricco, senza conflitti». Il «successore di Berlusconi potrebbe introdurre alcuni immediati miglioramenti
con poco sforzo» e dovrà sicuramente metter mano alla legislazione sul lavoro «che favorisce gli
anziani». L’Italia è afflitta tra le altre cose da una «gerontocrazia istituzionalizzata» che rende difficile ai
giovani costruirsi una carriera. Tanto che dobbiamo porci il problema di come «richiamare migliaia di
giovani di talento che sono emigrati e potrebbero avere un impatto positivo per il Paese» e come fare
per bloccare questa epistassi sociale che impoverisce sempre più tutti noi e il nostro futuro.
Vincenzo Branca
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Referendum: negato voto all’estero per i volontari SCN
Sezioni
MARTEDÌ, 07 GIUGNO 2011 20:57
1 COMMENTO
Imbracciate i fucili, e andate a votare.
Una provocazione, ma non più che tanto.
Perché sembra essere proprio questa la
(triste quanto bizzarra) conclusione del
decreto/legge n°2680 varato dal Governo
per la regolazione delle modalità di voto ai
prossimi referendum del 12-13 Giugno
2011. Un referendum che già nasce sotto
la cattiva stella della disinformazione e
dell’ostinato silenzio da parte dei media –
se si esclude l’inesauribile fonte del web,
che è l’unica a fornire notizie e chiarimenti
in proposito. Una faccenda balorda, quella
del referendum, che mai come questa volta
tocca tematiche di interesse (economico,
Il decreto 2680 "tralascia" di inserire nelle liste dei votanti
per i nostri governanti) paragonabile a
quello del referendum repubblicano (1948),
presso i consolati italiani all'estero i volontari di servizio civile.
quando agli italiani fu chiesta l’abrogazione
E' polemica
della
Monarchia.
Energia
nucleare,
privatizzazione
dell’acqua,
legittimo
impedimento. Sembrano solo formule rituali, da tutti ripetute ma, a ben guardare, prive di significato, un
significato che i media non hanno certo contribuito a chiarire. E alla mancata pubblicizzazione di questa
scomoda consultazione elettorale, in cui sono in molti a sperare che il quorum non venga raggiunto, ora
si aggiunge anche l’onta – per la nostra Repubblica Italiana – della mancata agevolazione a esercitare
uno dei principali diritti (e doveri) dei cittadini: il voto.
Già. Perché a votare a questo referendum probabilmente saranno in molti, ma non saranno tutti.
Ci saranno i cittadini residenti in Italia, ovviamente; i dipendenti di organizzazioni statali residenti
all’estero, i ricercatori universitari nei paesi stranieri, i militari in missioni di “pace”. Ma non ci saranno i
volontari di servizio civile all’estero, 438 giovani che hanno scelto di svolgere l’attività di servizio annuale
impegnandosi in uno delle missioni internazionali a cui l’Italia prende parte. Brasile, Argentina, Uruguay.
Angola, Benin, Mozambico. Bangladesh, Cambogia, Nepal. Ma anche Canada e USA, Francia,
Germania e Paesi Bassi. Sono solo alcune delle destinazioni, comunitarie e non, in cui l’Italia invia da
anni i propri volontari per la realizzazione di progetti internazionali. Volontari a cui, in vista dei
referendum, è stata negata la possibilità di votare nei paesi in cui si trovano, a lavorare alla “difesa non
violenta della Patria”. A niente sono valse le proteste dei rappresentanti nazionali del Servizio Civile,
Corrado Castobello e Fania Alemanno, o la ferma opposizione del Democratico Ceccanti. Per queste
elezioni, se i volontari attualmente residenti all’estero vorranno esprimere il loro voto, dovranno fare
rientro in Italia. E nell’arco di un minimo di 2 a un massimo di 4 giorni – a seconda della lontananza
geografica dall’Italia – dovranno ripresentarsi in servizio. Ovviamente a spese delle casse, ormai
tutt’altro che floride, dell’Ente Nazionale per il Servizio Civile. Che dal 2007, anno in cui furono avviati al
servizio oltre 51mila volontari, a oggi, ha subito un taglio di fondi di oltre il 50%, con poco più di 20mila
posti disponibili nell’ultimo anno.
Il decreto 2680, infatti, se da un lato ha previsto la possibilità di voto per una serie di categorie di italiani,
residenti all’estero per motivazioni più o meno “patriottiche”, tra cui appunto gli oltre 9mila militari tuttora
impegnati in 33 operazioni militari in 21 paesi (Afghanistan, Libano, Kosovo, Bosnia, Pakistan, Israele,
Georgia, Sudan…), ha tralasciato tuttavia di inserire nelle liste dei votanti ai consolati italiani i volontari di
servizio civile. Una “dimenticanza” che costerà non poco all’istituzione del Servizio Civile Nazionale, in
termini economici, ma soprattutto in termini di dignità.
Già, perché come Freud ci ha insegnato, dietro gli atti mancati c’è sempre una motivazione di ordine
inconscio. Anche quando avviene a livelli collettivi. E allora una dimenticanza non è più una semplice
dimenticanza, ma si veste di significati altri. E a essere tirati in ballo sono discorsi più profondi, che
coinvolgono lo “status dei volontari e l’identità del Servizio Civile, mai definiti in maniera decisa e
inequivocab ile”. Come afferma Castobello, quello della definizione identitaria è “un prob lema atavico
del Servizio Civile. Così come atavica è proprio la mancanza in Italia della cultura della Difesa non
armata e non-violenta della Patria. Chiunque in Italia si occupa di questo trova davanti a sé ostacoli
b urocratici relativi al riconoscimento di ciò che svolge per lo Stato. E c’è un disegno di Legge sul Servizio
Civile Nazionale b loccato da quasi due anni in Senato”.
Storicamente, il servizio civile nasce come diretto discendente dell’obiezione di coscienza, pratica
fermentata nell’ultimo mezzo secolo nell’humus culturale degli anni post-bellici, della rivoluzione nonviolenta auspicata da Gandhi e dei movimenti pacifisti sorti (inizialmente negli USA) come rifiuto di ogni
forma di conflitto armato, scaturito dalla vista degli orrori – trasmessi per la prima volta in diretta tv –
della guerra in Vietnam. Una serie di circostanze storiche che aumentarono considerevolmente il
numero dei giovani che rifiutavano la leva militare obbligatoria, preferendo intraprendere il servizio civile,
tanto da “costringere” lo Stato Italiano a riconoscerne (1998) il valore di risorsa sociale, e poi a istituire
(legge n°64/2001) il Servizio Civile Nazionale, aperto anche alle donne e inteso come un “percorso di
formazione sociale, civica, culturale e professionale attraverso l’esperienza umana di solidarietà sociale,
attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale”.
Un’istituzione che però, dieci anni dopo la sua ultima, ufficiale fondazione, ancora fatica, pur restando
una risorsa collettiva impareggiabile, a trovare una propria definizione burocratica, come dimostra la
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vicenda del mancato riconoscimento del diritto di voto all’estero per i volontari SCN.
Cosa cerca di comunicare uno Stato che, professandosi repubblicano e pacifico, rinnega a un suo Ente,
germogliato nella contemporanea cultura del patriottismo non-violento, una definizione e un
riconoscimento specifici? Che nega il diritto di voto ai volontari di servizio civile, difensori non armati
della Patria, concedendolo invece ai suoi soldati? Forse l’Italia non è ancora pronta a restituire al
mondo, e ai suoi cittadini, quell’immagine di paese progressista e liberale che si impegna a costruire
pace, solidarietà, impegno sociale. Per andare a votare, non ci resta che imbracciare i fucili.
Giuliana Gugliotti
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1 Commento
Referendum: negato voto all’estero per i volontari SCN | Linea di confine 8 giugno 2011 at
08:09 (Edit)
[...] gentile concessione di Giuliana Gugliotti tratto da La Rosa Nera Etichette: referendum, volontari
SCN, [...]
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Curvy is better: Vogue Italia ripropone le maggiorate
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MARTEDÌ, 07 GIUGNO 2011 20:12
Attualità
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Belle Vere. Bastano queste due parole sulla copertina di
Vogue Italia per distruggere anni di fissazioni e
passerelle con ragazze filiformi. Con questa iniziativa,
sconvolgente per il mondo della moda, Franca Sozzani –
direttore di uno dei mensili più quotati nell’ambiente – ha
evidenziato il cambio di tendenza. Tre modelle morbide
hanno posato in uno splendido bianco e nero. Tara Lynn,
Candice Huffine e Robyn Lawley hanno sfoggiato un
corpo in lingerie degno di scatto. Steven Maisel è
l’artefice di questo capolavoro fotografico, ambientato in
una lussuosa residenza di Los Angeles. Abbondanza di
seno, gambe tornite, fianchi sinuosi. La donna
mediterranea torna a “far danni”.
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Da sempre la moda detta regole sbagliate sulla bellezza.
Probabilmente non vedremo mai riuniti tutti i maggiori
stilisti al mondo, ma qualcosa sta cambiando. Ci hanno
abituati a vedere ragazze e ragazzi di 180 centimetri per
50 chili di peso. Le ossa visibili e le facce scavate. Per
l’ambiente questo è il bello. Con questo “schiaffo”,
Copertina di Vogue Italia. Tre formose per il
Franca Sozzani ha voluto dimostrare che la taglia 36 o 38
mese di giugno
non è sinonimo di benessere, né di bellezza.
L’esuberanza delle forme non è peccato. È fascinosa, è
sensuale, è l’idea con cui sono cresciute le nostre mamme. “Con questa copertina ab b iamo voluto dare
un altro segnale forte della nostra attenzione nei confronti di tutte quelle donne, e sono tantissime, che
intendono la b ellezza come qualcosa di molto più articolato e genuino rispetto a una mera questione di
taglie“, spiega ancora il Direttore. “Sono sempre di più le lettrici che, anche sulle rivista di moda,
vogliono veder rappresentato il mondo reale, fatto di persone non ossessionate dalla magrezza, ma
capaci di accettare e rispettare il proprio corpo per come è nella sua naturalezza“.
Controtendenza importante per la società odierna in cui vige il dogma della magrezza ad ogni costo. Il
motto dell’anoressia riecheggia tra le ragazze di tutte le età: “Non mangiare!” è l’unica frase per far leva
sul proprio senso di colpa. Non a caso si dubita fortemente sull’effettiva riuscita della promozione pro
forme. La propaganda persuasiva della magrezza dura da troppi anni e ha influenzato nel profondo
diverse generazioni. Quest’ultime hanno avuto, dalla loro, l’appoggio dei siti pro anoressia, contro i quali
il direttore di Vogue Italia si è battuta nel marzo di quest’anno. Il blog “Vogue.it against pro-anorexia
websites” ha ottenuto un successo incredibile, ma è ancora poco.
I canoni sono troppi alti. Le donne “normali” si sentono inadeguate e, in alcuni casi limite, fallite per la
forma fisica che non riescono a raggiungere. La ricerca della perfezione non può o deve esistere. Non
dobbiamo dimenticare Isabelle Caro, modella devastata dalla malattia del corpo. A 28 anni si è spenta
perché ha provato a combattere il suo disturbo alimentare troppo tardi. Ultima in ordine di tempo è una
ragazzina di 16 anni di Treviso. Voleva sfilare sulla passerella dello spettacolo che chiude l’anno
scolastico dell’istituto superiore di moda. Un peso imposto da un professore. La bilancia che non ha
raggiunto l’obiettivo. Il sogno muore ancora prima di iniziare. Per il professore in questione, la ragazza
era troppo grassa. Risultato? La sedicenne, imbottita di alcool, tenta il suicidio lungo il fiume Sile.
Si fa tanto per combattere l’anoressia e qualsiasi altro disturbo alimentare, come anche le tendenze
strane – come la drunkoressia – provenienti da altri Paesi. Addirittura la moda prova a cambiare i suoi
canoni per far sentire donne anche quelle che indossano una degna taglia 44. Già Elena Mirò aveva
provato ad avviare la rivoluzione. Ma tutto questo non basta. Per quanto la moda venga seguita, la
magrezza è diventato il canone di bellezza più diffuso al mondo.
Roberta Santoro
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Arctic Monkeys – Suck It And See
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MARTEDÌ, 07 GIUGNO 2011 20:40
Attualità
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C’era una volta una favola, la favola del
Myspace. Che permetteva di registrarsi
come musicista o band e di uploadare in
tutta tranquillità i propri lavori da casa. Alex
Turner e soci fiutarono subito l’affare, e da
quella favola del 2005 gli Arctic Monkeys
hanno spiccato il volo.
Cinema
E' vero che?
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Una
delle
band
più
giovani,
anagraficamente parlando, dell’attuale
panorama musicale. Ma non per questo
stupida, anzi. Già al loro quarto album di
studio, valanghe di live alle spalle, Turner
che si consacra santone dell’indierock e
sforna progetti a destra e a manca (The
Last Shadow Puppets e Submarine, l’EP
già recensito qualche settimana fa), a
questi ragazzi non manca la stoffa. Così
come non ne manca a questo Suck It And
See, un disco che sveste un pò gli arctic
La copertina minimalista di Suck It And See
delle tshirt e jeans per indossare abiti più
maturi. Scordatevi la velocità supersonica
di Whatever People Say I Am That’s What I’m Not. Più vicino al recente Humbug, Suck It And See viene
registrato a Los Angeles assieme al produttore James Ford, nella piena rilassatezza di vite cui l’icona
cosa da fare è creare.
L’album si apre con She’s Thunderstorms, che lascia il sapore degli Stereophonics, dalla struttura anni
‘50 che oggi stiamo ascoltando tanto in molti pezzi anglossassoni. Si prosegue con Black Treacle, e
l’impressione è che Suck It And See non ha alcuna intenzione di prestare il fianco a campionature, suoni
elettronici et similia (alleluja!!!). Brick By Brick è uno dei pezzi forti del lavoro, diretto e dal riff di sicuro
impatto, con richiami di Ramones e dell’ Hard Rock anni ‘70 “cafone”. The Helicat Spangled Shalalala
poteva finire benissimo in un disco dei Last Shadow Puppets, e infatti poco si integra col resto dei pezzi,
mentre il singolo apripista Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved Your Chair (distribuito in occasione del
record Store Day il 16 aprile su vinile in 30.000 copie per i più fortunati) ricorda i Back Rebel Motorcycle
Club più ispirati ed in generale dà a tutto il lavoro quell’impronta “sorniona” alla quale forse i fan di primo
pelo storceranno il naso ma tant’è.
Library Pictures indora la pillola e ci rimanda ai vecchi tempi, con un’intro al fulmicotone fra batterie e riff
riverberati. La sensazione che si stia assistendo a delle prove in sala ce la conferisce la misteriosa All
My Own Stunts, dagli accordi taglienti e orientaleggianti.
Reckless Serenade apre con un giro di basso stile Pixies e scorre via piacevolmente, così come
Piledriver Waltz, che avevvamo già trovato nell’EP Submarine di Alex Turner, ora in versione completa col
resto del gruppo. Un’altra prova di maturità negli arrangiamenti, si direbbe.
Love is a Laserquest non regge col resto del materiale, mentre la title track Suck It And See trasuda del
miglior pop britannico attualmente a disposizione, strizzando l’occhio agli amici Glasvegas e ai novelli
Vaccines, che gli Arctic ritroveranno a Bologna per l’I-Day.
That’s Where You’re Wrong non chiude però degnamente l’album, dando la sensazione di averla già
sentita da qualche parte. Insomma, un album dove è vietato cercare le vorticose strofe a velocità
pazzesca biascicate al microfono da Turner e soci, dove è vietato rimpiangere i ritmi a bpm elevati degli
esordi, dove è vietato ricordarsi dei riff accattivanti ma tecnicamente risibili dei primi lavori. Un album
invece da apprezzare per la grande prova di maturità compositiva e di produzione dei pezzi, dove la
calma regna e quindi anche un auto-convincimento dei quattro ragazzi, che si scoprono sempre più
musicisti in grado di spaziare oltre una pentatonica sparata a mille.
Marco Della Gatta
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Il 57mo Taormina Film Festival punta su Maghreb e il 3D
Sezioni
MARTEDÌ, 07 GIUGNO 2011 20:47
NESSUN COMMENTO
Tunisia, Algeria, Marocco, il Festival di
Taormina riparte dal Maghreb. In un
momento storico di grande tensione
sociale per il Mediterraneo, la 57esima
edizione del Taormina Film Festival (11-18
giugno 2011) ha deciso di accendere i
riflettori sul cinema maghrebino, scosso
dalla primavera araba che ha influenzato il
lavoro dei cineasti di questi paesi. Una
decisione presa in tempi non sospetti, ma
che acquista un valore ancora più
significativo alla luce delle rivolte popolari e
degli inarrestabili flussi migratori che dal
Nord Africa si dirigono proprio verso le
coste
siciliane.
La
kermesse
cinematografica, negli anni diventata il
punto di riferimento per la cultura
cinematografica
dell’intera
area
mediterranea, oltre alla proiezione di
cinque pellicole provenienti da Egitto,
Taormina Film Festival (11 – 18 giugno 2011) tra Maghreb, 3D
Marocco, Tunisia e Algeria, dedicherà una
e un inedito Oliver Stone
tavola rotonda dal titolo “Rivoluzione
Maghreb ” (16
giugno), alla
quale
parteciperanno la regista marocchina Laila Kilani, il regista tunisino Mourad Ben Cheikh, l’attrice
marocchina Soufia Issami, gli egiziani Ibrahim El Batout e Mahamad Diab, e i produttori tunisini Habib
Attia e Tarak Ben Ammar. Il Maghreb però non sarà il solo ospite d’eccezione. Anche quest’anno, il
tradizionale appuntamento siciliano con il mondo del cinema non mancherà di riservare al pubblico
grandi anteprime, attori e registi internazionali, ospitati in una cornice dall’incomparabile fascino
archeologico e paesaggistico come il Teatro Antico.
Si parte l’11 giugno con la proiezione in 3D dell’attesissimo Kung fu Panda 2 (in uscita nelle sale
italiane il 26 agosto). Ad accompagnare il panda Po e la sua banda di amici ci saranno l’attore comico
Jack Black – voce originale del protagonista in Italia doppiato da Fabio Volo – e il produttore, nonché cofondatore della Dreamworks assieme a Spielberg, Jeffrey Katzenberg che ritirerà il premio The
Hollywood Reporter Award to Dreamworks animation for Cinematic excellence. Dopo il grande
successo riscontrato l’anno scorso con Toy Story 3, il Teatro Antico di Taormina si conferma l’unico
posto al mondo dove è possibile provare su un grande schermo all’aperto le emozioni del mondo
tridimensionale, rese ancora più eccezionali dalle suggestioni storiche e architettoniche di un anfiteatro
costruito 2300 anni fa. L’innovazione della visione in stereoscopia sarà rappresentata anche dal primo
film in 3D tutto made in Italy, ovvero Parking Lot, un horror low budget diretto da Francesco Gasperoni,
interpretato e scritto da Harriet MacMasters-Green i quali, durante l’intera rassegna, tenteranno anche di
realizzare un cortometraggio utilizzando una nuova macchina da presa in 3D. Attori, pubblico e gente
comune saranno i protagonisti di questo mini film che montato e sonorizzato a tempo di record verrà poi
proiettato nella serata conclusiva del festival. La sezione fuori concorso “Grande Cinema” non lesina su
pellicole che vantano firme d’autore. Si va dal fantasy Season of The Witch di Dominic Sena, con Nicolas
Cage a Cinema verite’ di Shari Springer Berman e Robert Pulcini, con Diane Lane, James Gandolfini e
Tim Robbins, sulla storia del primo controverso reality show americano in tv. La musica avrà un ruolo di
spicco con due film: la commedia Killing Bono, basata sulla storia reale de due fratelli Neil e Ivan
McCormick, aspiranti rock star, che si troveranno ostacolati dall’improvvisa ascesa del loro compagno di
classe Bono e della sua band gli U2; e La voce di Rosa di Nello Correale, sulla leggendaria cantante
folk siciliana Rosa Balistreri. Passando poi alle sezioni competitive, il concorso “Mediterranea” propone
nove pellicole provenienti da Israele, Turchia, Egitto, Spagna, Francia e Marocco. Non manca ovviamente
l’Italia con il film Il console italiano di Antonio Falduto interpretato da Anna Galiena e Giuliana De Sio. In
gara nella sezione “Oltre il Mediterraneo” aperta al cinema del resto del mondo, troviamo sei titoli tra i
quali spicca il controverso Red State di Kevin Smith, presentato allo scorso Sundance film festival, che
tra le altre cose vanta il primato di essere il film più violento mai presentato a Taormina.
Torna per il quarto anno consecutivo Campus Taormina, una sezione del festival interamente dedicata
ai giovani che tanto successo ha avuto nelle passate edizioni. Oltre 1000 ragazzi, tra studenti di cinema,
comunicazione e lingue straniere, provenienti da tutta Italia prenderanno parte alla rassegna,
partecipando proiezioni, seminari ed incontri con interpreti, produttori, critici e registi di rilievo nel
panorama cinematografico nazionale ed internazionale, chiamati a condividere con le leve del futuro la
propria esperienza. Non mancheranno le masterclass dei big del cinema, imperdibile appuntamento
quotidiano del festival indirizzato a studenti e appassionati cinefili. A salire in cattedra quest’anno tra gli
altri Monica Bellucci e Oliver Stone che presenterà a Taormina “Alexander revisited: the final uniate cut”,
una nuova ed inedita versione da 3 ore e 48 minuti dell’epico Alexander, uscito nel 2004.
Enrica Raia
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Si può avere un’abbronzatura perfetta senza rischi?
Sezioni
MARTEDÌ, 07 GIUGNO 2011 20:34
Attualità
NESSUN COMMENTO
L’estate è alle porte e la voglia di tintarella
aumenta. Le previsioni meteorologiche
evidenziano ancora un instabilità climatica,
ma possiamo approfittare del tempo
ancora incerto per preparare la pelle al
sole, ottenendo così un’abbronzatura
perfetta.
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Avere una carnagione dorata, però, non è
sempre stato sinonimo di bellezza e cura di
sé: dal 1600 fino alla fine del
diciannovesimo secolo la pelle abbronzata
Tutto quello che c’è da sapere per avere un’abbronzatura
è stata sempre disprezzata, perché
perfetta, senza rischi
sottolineava l’appartenenza ad un ceto
umile e disagiato; difatti erano proprio i
contadini e i man ovali a lavorare molte ore sotto al sole. Al contrario il biancore della pelle evidenziava la
possibilità di stare in ambienti chiusi, di non dover lavorare, ed era così considerato simbolo di
prestigio, poiché indicava l’appartenenza alla nobiltà. Con l’industrializzazione e lo sviluppo economico
l’abbronzatura è stata rivalutata, poiché il biancore, che un tempo era attribuito alla classe nobile, viene
ora associato alle classi meno abbienti che sono costrette a dover lavorare al chiuso senza concedersi
delle vacanze. In attesa di un cambiamento di tendenza andiamo a scoprire come programmare
un’abbronzatura perfetta in totale sicurezza.
Innanzitutto nei mesi precedenti all’esposizione solare è necessario idratare la pelle, applicando dopo
ogni doccia lozioni idratanti al fine di trattenere il più possibile l’acqua, mantenendo un alto livello di
elasticità della pelle. La pelle non va preparata solo dall’esterno, ma anche dall’interno, attraverso
un’alimentazione adeguata. Esistono molti cibi che possiedono straordinarie virtù abbronzanti, poiché
stimolano i melanociti, le cellule deputate all’abbronzatura, favorendo un’abbronzatura intensa e
uniforme. Si tratta di alimenti ricchi di carotenoidi: il beta carotene in particolare stimola la melatonina
che protegge la pelle dagli effetti nocivi delle radiazioni solari, donando un colorito più scuro. Questi
alimenti presentano una colorazione gialla, rossa o verde come la pesca, l’albicocca, la ciliegia, la
carota, il pomodoro, la fragola, la rucola, i broccoli etc. Forniscono un colorito dorato anche gli alimenti
ricchi di provitamina A quali: la zucca, il peperone, gli spinaci ecc. Quindi acqua, frutta e verdura sono
immancabili per avere una sana tintarella.
Questi accorgimenti però non bastano a proteggere la pelle dai raggi ultravioletti che possono causare
vari danni: dall’eritema o ustione solare, con rossore, bolle, spellatura e sensazione di calore; a
discromie o macchie cutanee a tumori della pelle; oltre che aumentare le rughe. Un eccessiva
abbronzatura infatti determina la rottura del collagene ed il cedimento strutturale. A rischio è anche la
vista, con rischi di fotosensibilizzazione, lacrimazione, dolore corneale e spasmo delle palpebre.
Occorre dunque far uso di filtri solari che possano riflettere le radiazioni come uno specchio o
modificare la struttura chimica delle radiazioni. Esistono una miriade di filtri solari, con fattore di
protezione che varia in base al numero di ore, di esposizione solare, in cui il prodotto è efficace. Per
scegliere il prodotto più adatto alla nostra pelle è importante conoscere il proprio fototipo e il tipo di
esposizione al sole che faremo.
Esistono sei fototipi: i più sensibili sono l’1 ed il 2, caratterizzati da capelli chiari e pelle molto chiara, per
cui si tratta di soggetti che devono utilizzare protezioni a schermo totale (fattore 50); man mano che i
colori della carnagione e dei capelli si scurisce si giunge al fototipo 4, individui appartenenti a questa
categoria possono utilizzare una protezione alta (fattori da 15 a 25), mentre coloro i quali rientrano nei
fototipi 5 e 6 con capelli scuri e pelle olivastra possono utilizzare una protezione bassa (fattore da 2 a
10). È bene ricordare che per rendere efficace l’effetto dei filtri solari occorre applicarli almeno mezz’ora
prima dell’esposizione al sole, rinnovando l’applicazione durante il corso della giornata, poiché lo
sfregamento sul telo da mare, la sudorazione, le docce ed i bagni riducono la capacità protettiva del
prodotto. Oltre ad utilizzare il solare adeguato occorre seguire degli accorgimenti: esporre
progressivamente la pelle al sole, evitare le ore più calde della giornata (tra le 12:00 e le 15:00),
utilizzare occhiali da sole avvolgenti con lenti scure e applicare lozioni doposole per idratare la pelle
dopo la doccia e mantenere più a lungo l’abbronzatura. Seguendo questi accorgimenti non resta che
stendersi al sole.
Simona Esposito
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Massimo Troisi, l’attore dei sentimenti
Sezioni
MARTEDÌ, 07 GIUGNO 2011 20:20
Attualità
1 COMMENTO
“Sono nato in una casa con 17 persone.
Ecco perché ho questo senso della
comunità assai spiccato. Ecco perché
quando ci sono meno di 15 persone mi
colgono violenti attacchi di solitudine”.
Nato a San Giorgio a Cremano nel 1953
Massimo Troisi visse in una famiglia molto
numerosa: oltre che con i suoi genitori e
cinque fratelli condivideva, infatti, la casa
con i nonni ed una coppia di zii e i loro
quattro figli. Già durante l’adolescenza, il
suo animo sensibile si espresse con la
stesura di alcune poesie, per le quali si
ispirò al grande Pasolini, così come
Il 4 giugno 1994 moriva Massimo Troisi, attore, regista e
precocemente emerse il suo amore per il
teatro, che lo portò a recitare nel 1969
sceneggiatore, entrato nel cuore degli italiani con la sua
nell’oratorio della Chiesa di Sant’Anna,
ironia ed umanità.
dove conobbe il suo più grande amico,
l’attore Lello Arena, e i colleghi Nico Mucci
e Valeria Pezza, con i quali fondò il gruppo teatrale “I Saraceni”.
Il successo arrivò con Lello Arena ed Enzo Decaro – con i quali creò il celebre trio “La smorfia”, che
debuttò al San Carluccio di Napoli per poi approdare in molti teatri italiani – e raggiungere l’apice prima
con la trasmissione radiofonica Cordialmente insieme, poi in televisione con trasmissioni quali Non
stop, La sb erla e Luna Park . Proprio in questo fruttuoso periodo per la sua carriera professionale, gli fu
diagnosticata un’anomalia al cuore, che lo costrinse a sottoporsi ad un delicato intervento alla valvola
mitralica, nel 1976. Sciolto il trio, Troisi iniziò a dedicarsi al cinema: al 1981 risale il suo debutto
cinematografico con il film Ricomincio da tre, al quale lavorò come attore, sceneggiatore e regista.
Nonostante la separazione e le diverse carriere intraprese, i tre amici de “La Smorfia” furono sempre in
ottimi rapporti; in particolare, Lello Arena gli fu vicino nell’affrontare le difficoltà della malattia e lo
accompagnò più volte in America per i periodici controlli cardiologici.
Fu, inoltre, dotato di straordinaria ironia e riuscì persino a ridere della propria morte: celebre è, infatti, il
falso documentario, Morto Troisi, viva Troisi!, che girò nel 1982 per la trasmissione di RaiTre “Che fai?
Ridi?” in cui l’attore immagina la sua prematura morte, mentre i suoi amici e colleghi Renzo Arbore,
Roberto Benigni, Lello Arena raccontano agli spettatori curiosità e difetti del Massimo da loro
conosciuto, inscenando divertenti gag; da ricordare quella di Benigni, che compare dietro un vetro per
garantirsi l’anonimato e poter sbandierare liberamente ai quattro venti i peggiori difetti dell’amico. Gli
anni successivi sono un susseguirsi di film di successo: Scusate il ritardo (1983), Non ci resta che
piangere (1984), Le vie del Signore sono finite (1987); e poi Splendor (1988), Che ora è? (1989) e Il
viaggio di capitan Fracassa (1990) per i quali collaborò con Ettore Scola e Marcello Mastroianni.
La sua produzione è sicuramente autorappresentativa, fedele alla tradizione di quegli attori, registi,
sceneggiatori che hanno fatto del cinema uno strumento per comunicare con gli altri, per rendere nota la
propria concezione del mondo e della vita. Molti hanno intravisto nella sua napoletanità e nel suo stile
una revisione dei grandi Totò ed Eduardo – nonostante Massimo stesso smentisse con sarcasmo tale
paragone: “Se mi accostano a Totò ed Eduardo a me sta b enissimo: sono loro che si offendono” – alle
cui figure probabilmente si ispirò nel portare in scena il personaggio dell’antieroe, timido e goffo,
autentico e semplice, coraggioso e ironico. Riuscì sempre, nelle sue interpretazioni, ad esprimere il
sincero amore per la propria città, affidandolo alle parole e alle emozioni di personaggi costretti a
scappare da Napoli per necessità economiche, pur portandola sempre nel cuore, come un porto sicuro
da tutelare, nella speranza di poterne constatare, un giorno, il cambiamento. Andando oltre il classico
pregiudizio che pesa sui Napoletani, Troisi, pur mettendo in luce le urgenze che da sempre affliggono la
sua città, ha voluto, infatti, farsi testimone della possibilità di risolverne i problemi, di agire
concretamente per dare inizio ad un cambiamento reale. Il suo “essere napoletano” gli causò inevitabili
critiche da parte di chi riteneva che la napoletanità dei suoi personaggi fosse troppo prorompente: in
realtà, in tutte le sue opere, Massimo Troisi riuscì sempre a conciliare le sue due anime, di italiano e di
napoletano, conservando sempre delle proprie origini, il dialetto e la gestualità. Fu, infatti, un attore che
recitava soprattutto con il corpo, comunicando con l’espressività del volto più di quanto, come si suol
dire, avrebbero potuto fare mille parole.
Nel 1994 girò il suo ultimo film, Il postino, accanto a Philippe Noiret e Maria Grazia Cucinotta: il film, tratto
dal romanzo di Antonio Skàrmeta, vede Troisi impegnato nel ruolo di Mario Ruoppolo, postino dell’isola
di Procida che, nel periodo di esilio italiano del poeta, divenne grande amico di Pablo Neruda. Grazie
alla splendida interpretazione – per portare a termine la quale l’attore fu costretto a farsi sostituire, in
alcune scene, da una controfigura, proprio a causa della sua malattia – Massimo Troisi fu candidato
all’Oscar Postumo come miglior attore; l’Oscar non fu assegnato – la statuetta fu vinta per la migliore
colonna sonora – ma in compenso il film e il postino interpretato da Troisi furono largamente acclamati
dalla critica e dal pubblico.
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Prima della sua prematura morte, Massimo si sentiva molto affaticato: qualcuno disse all’epoca che la
stanchezza delle riprese de Il postino ne avesse peggiorato le condizioni di salute (anche perché per
interpretare il suo ultimo ruolo l’attore rimandò un importante intervento chirurgico), tanto da dichiarare
che Troisi fosse morto “per” il cinema; il fratello, invece, resta convinto che il fortissimo desiderio di
Massimo di interpretare il ruolo del postino di Neruda derivasse, forse, proprio da un presentimento, dal
timore che sarebbe stato il suo ultimo film. Troisi si spense a 41 anni mentre si trovava a casa della
sorella. Se ne andò nel sonno, sereno come era sempre stato in vita; tutti i suoi colleghi furono amici
sinceri e il dolore che sconvolse il mondo della spettacolo il giorno della sua scomparsa ne fu la
dimostrazione più evidente. Come scrisse Benigni in una poesia dedicata all’amico Massimo: “Per lui
non vale il detto che è del Papa: morto un Troisi non se ne fa un altro”.
Sara Di Somma
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Massimo Troisi, l’attore dei sentimenti | Linea di confine 9 giugno 2011 at 07:03 (Edit)
[...] Per gentile concessione di Sara Di Somma tratto da La Rosa Nera [...]
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Batterio Killer tra accuse e smentite. E intanto il mercato
crolla
MARTEDÌ, 07 GIUGNO 2011 20:04
Sezioni
Attualità
NESSUN COMMENTO
Cinema
Prodotti
ortofrutticoli
che
vengono
condannati e poi assol ti come in un
tribunale. Ma dov’è il batterio killer che ha
già causato 23 morti (22 in Germania e 1 in
Svezia) e ha contagiato migliaia di
persone? Una volta che i prodotti accusati
vengono “assolti”, chi è che ripaga del
danno provocato da un falso allarme?
Il batterio non è nella partita di cetrioli dell’
Andalusia, e non è nei germogli di soia
dell’ azienda del villaggio di Bienenbuettel,
ma di fatto questi allarmismi incidono sul
mercato. Il problema è che non parliamo
solo di cetrioli, e non parliamo solo di
Batterio killer: continuano le ricerche per trovare la fonte
Spagna, o di Germania. Il danno si è
esteso a tutto il mercato orto frutticolo e a
tutti i Paesi europei. In una sola settimana sono stati persi 200milioni di euro per il blocco delle
esportazioni. Le aziende sono state paralizzate e il ministro dell’ agricoltura spagnolo Rosa Aguilar, ha
richiesto una soluzione europea, dato che i danni economici si fanno sentire in tutta Europa.
Confagricoltura pretende più chiarezza per evitare ulteriori danni economici. Intanto la Russia ha chiuso
le frontiere all’importazione di verdure e ortaggi da tutti i Paesi dell’Unione Europea. La preoccupazione
per il batterio killer sta creando tensioni commerciali tra la Russia che ha vietato le importazioni di frutta
e verdura e l’UE, che ha giudicato la decisione sproporzionata e inaccettabile.
E' vero che?
Solo per l’Italia, Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti) ha calcolato danni per
l’ammontare di 100 milioni di euro. Mosca ha vietato l’importazione di tutta la verdura fresca proveniente
dai 27 paesi dell’Unione europea, chiudendo le frontiere all’importazione. I mercati esteri dimezzano i
consumi di prodotti made in Italy. Le vendite sono crollate in seguito all’epidemia e l’Italia ne ha risentito
soprattutto per l’export.
Per quanto riguarda invece i consumi interni, i cittadini si “autodifendono” . È stato riscontrato che i
cittadini evitano di acquistare i prodotti di cui hanno sentito parlare nell’ambito dell’emergenza. Nel
momento in cui i cittadini non sanno dov’è il batterio attuano inevitabilmente misure di prevenzione.
Dice la CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) : “L’Unione europea deve intervenire sub ito in maniera
concreta a sostegno degli agricoltori pesantemente colpiti dall’emergenza del b atterio E.Coli. La poca
chiarezza che ha contraddistinto fin dall’ inizio tutta la vicenda, le misure adottate da alcuni paesi terzi
(come la Russia, che ha b loccato l’import di ortofrutta europea), l’inevitab ile psicosi che si è scatenata tra
i consumatori hanno provocato danni ingenti”. E continua : “Solo nel nostro Paese gli effetti sono stati
disastrosi. Tra lo stop dell’ export, l’annullamento di molti contratti, il fermo di prodotti alle dogane, la
distruzione di tutto l ‘invenduto e il crollo dei consumi”.
Non è la prima volta che un allarme diventa allarmismo. Ricordiamo nel 2001 la sindrome della mucca
pazza, con il crollo delle vendite di carne di manzo, e moltissimi animali abbattuti. In questo caso la
psicosi continuò per molto tempo nonostante le rassicurazioni. Nel 2003 ci fu l’ influenza aviaria, con i
suoi 234 morti, nel 2009 in Messico l’influenza A H1 N1, detta anche influenza suina. Le ricerche sono in
atto per far emergere la fonte del contagio. Non si escludono carni e latte. Ora l’attenzione va anche alle
norme igienico-sanitarie, per evitare il diffondersi dell’epidemia.
Giuseppina De Angelis
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