Le rimanenze di lavori in corso su ordinazione

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Le rimanenze di lavori in corso su ordinazione
Lettera ai professionisti
Le rimanenze di lavori in corso su ordinazione
Prof. GIANFRANCO CAPODAGLIO - Dott.ssa VANINA DANGARSKA (1)
ABSTRACT:
. The topic covered in this article concerns the alleged need to establish direct relationships between specific loans and
individual investments, in order to capitalize borrowing costs. The new version of the document OIC 23 on construction contracts exceeds the above problems, but it raises other possible interpretation doubts.
Keywords: construction contracts; borrowing costs; national accounting standards
1. Antefatto e considerazioni generali
La recente emanazione (agosto 2014) da parte dell’Organismo italiano di contabilità
(OIC) del rinnovato documento n. 23 sui lavori in corso su ordinazione mi ha spinto a rivedere un mio vecchio lavoro (2) sul tema della valutazione delle commesse. In particolare, in
esso misi in evidenza alcuni elementi di criticità presenti nel principio contabile n. 10, emanato
dalla Commissione istituita dai Consigli nazionali dei Dottori commercialisti e dei Ragionieri,
in merito alle modalità d’inserimento degli interessi passivi fra i costi di commessa. Esposi,
quindi, la mia contrarietà alla scelta allora fatta dalla Commissione redattrice, della quale peraltro io avevo fatto parte.
Riporto qui di seguito il primo brano che tratta l’argomento.
«La soluzione adottata dalla Commissione può essere definita, con un termine alla moda, “interlocutoria”,
nel senso che media varie esigenze sia di teoria che di pratica applicazione, talora fra loro contrastanti.
Viene in primo luogo introdotto il principio generale secondo il quale “i proventi e gli oneri finanziari costituiscono rispettivamente componenti positivi e negativi di reddito e vanno imputati direttamente al conto economico al momento in cui maturano o vengono sostenuti, sia che venga adottato il criterio della percentuale di
completamento sia che venga applicato il criterio della commessa completata”.
Viene subito dopo, però, ammessa una deroga “Tuttavia, se viene seguito il criterio della commessa completata, è accettabile imputare come componente del risultato della commessa, gli interessi passivi sugli ammontari presi a prestito specificatamente per la commessa, al netto degli anticipi e degli acconti ricevuti dal committente purché vengano rispettate le condizioni elencate successivamente nel paragrafo L.IV”.
La deroga, inoltre, può essere accettata anche con riguardo all'applicazione del criterio della percentuale di
completamento, limitatamente al metodo del costo sostenuto (“cost to cost”), in considerazione della natura par____________
(1) Anche se frutto di riflessioni congiunte, sono da attribuirsi a Gianfranco Capodaglio i paragrafi 1 e 3; è da attribuirsi a Vanina Dangarska il paragrafo 2.
(2) GIANFRANCO CAPODAGLIO, La valutazione delle commesse a lungo termine: osservazioni sul documento n. 10 dei principi
contabili, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale n. 11/12 del 1991.
ticolare dell'oggetto dei contratti (opere eseguite su ordinazione) e del lungo periodo richiesto per la loro realizzazione.»
Dopo aver analizzato il contenuto del principio contabile, ho sostenuto che «l'impostazione
data a questo particolare argomento dalla Commissione per la statuizione dei principi contabili risulta in contrasto con il principio della indistinta allocazione delle risorse finanziarie nel sistema aziendale proprio della
dottrina economico-aziendale (3) e ciò dipende dall'aver voluto assolutamente individuare come “costo diretto” di
commessa gli oneri finanziari. Tale soluzione ha comportato una specie di “reazione a catena” che ha fatto via
via allontanare la soluzione prospettata dalla visione “sistemica dell'azienda”.
Una volta ipotizzati rapporti diretti tra singole fonti di finanziamento (debiti) produttivi di interessi passivi e singoli investimenti (le commesse) si è dovuto necessariamente instaurare rapporti altrettanto diretti fra gli
usi degli eventuali margini di tesoreria e le commesse, creando una figura contabile anomala: i proventi finanziari “diretti”».
La critica, svolta da un punto di vista strettamente economico aziendale fu poi sorretta da
argomentazioni di tipo giuridico: risultava a mio avviso chiaro che la scelta fatta dalla Commissione era in contrasto con il dettato del codice civile, che, all’art. 2426, n. 1), prevede che «il
costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri
costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento
dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi».
Viene specificatamente affermato che «con gli stessi criteri», e, quindi «per la quota
ragionevolmente imputabile al prodotto», possono essere aggiunti «gli oneri relativi al finanziamento della
fabbricazione»; trattasi, pertanto, di quote di costi indiretti che possono essere ripartiti sui
prodotti, in base a coefficienti, che rispecchino in modo ragionevole l'importanza della fase di
fabbricazione rispetto al totale fabbisogno di finanziamento aziendale.
Seguendo correttamente il dettato letterale del codice, gli oneri finanziari si dovevano considerare dei costi indiretti di commessa, da imputare per la quota ragionevole, utilizzando le
metodologie proprie della contabilità analitica, senza il bisogno di ipotizzare improbabili rapporti d'inerenza diretta tra singole fonti e singoli impieghi di capitali.
A distanza di oltre vent’anni, ho la soddisfazione di leggere l’ultima versione del documento, che ha innovato il testo, recependo pressoché integralmente l’impostazione che avevo
tentato invano di dare al principio contabile n. 10, in seno alla Commissione degli Ordini professionali.
2. La nuova versione del documento
Il nuovo principio contabile OIC 23, al paragrafo 113, dopo aver mantenuto la premessa
secondo la quale i proventi e gli oneri finanziari costituiscono componenti positivi e negativi
di reddito e sono rilevati direttamente al conto economico nel momento in cui maturano o
sono sostenuti, sia che venga adottato il criterio della commessa completata sia che venga
adottato il criterio della percentuale di completamento (4), al paragrafo successivo prevede es____________
(3) Sull'argomento specifico si cfr. MARIA BERGAMIN BARBATO, Reddito imponibile e risultato economico di gestione: sancita
la diversità o avvicinate le posizioni ?, in «Rivista dei Dottori Commercialisti», n. 5/1987.
(4) Come è noto, con il termine “metodo della commessa completata” s’intende la valutazione al costo delle opere
in corso, così come previsto dal codice civile all’art. 2426, n. 9) per tutte le rimanenze. Il “metodo della percentuale di
pressamente che «la capitalizzazione degli oneri finanziari è effettuata quando ricorrono: a) le condizioni
stabilite dall’OIC 16 “Immobilizzazioni materiali” e b) le condizioni indicate nei paragrafi successivi».
Si tratta di un’innovazione di estrema importanza, che rispecchia fedelmente il dettato
codicistico e si declina attraverso due concetti fondamentali: in primo luogo, si esclude
qualsiasi differenza fra la definizione del “costo di prodotto” riferita alle immobilizzazioni e
quella relativa alle rimanenze di qualsiasi tipo, compresi, ovviamente, i lavori in corso su ordinazione. In secondo luogo, si riconosce che gli oneri finanziari, come tutti gli altri costi relativi
alla “fabbricazione del prodotto”, possono presentarsi come costi “diretti”, oppure “indiretti”
(5): nel primo caso saranno individuati (se possibile) ed imputati ai prodotti, comprensivi degli
oneri accessori; nel secondo, ne verrà imputata al prodotto una quota ragionevole, relativa al
periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato. Trattandosi
di prodotto destinato alla vendita, il periodo di riferimento degli interessi passivi va dall’inizio
del ciclo produttivo sino all’ultimazione del prodotto, pronto per essere venduto. Ciò posto,
vengono a cadere tutti gli elementi di criticità del principio rilevati nel lavoro del 1991 e che
hanno inciso sull’interpretazione del principio contabile per oltre vent’anni sino ai giorni nostri.
Passando all’esame dei due metodi di valutazione dei lavori in corso su ordinazione, l’OIC
23 correttamente prevede che, se è applicato il criterio della commessa completata, gli oneri
finanziari possono essere compresi tra i costi di commessa, quando sono rispettate le seguenti
condizioni:
a) l’appaltatore non riceve anticipi ed acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei
flussi finanziari e dunque la quota finanziata dal committente non è rilevante;
b) gli interessi sono recuperabili con i ricavi della commessa e ciò sia comprovabile con
un preventivo di commessa che ne tenga conto.
Anche queste due prescrizioni sono condivisibili; la prima è insita nel concetto stesso di
rimanenza: attraverso la rilevazione a fine esercizio del valore delle rimanenze, si stima la parte
dei costi della produzione che non è di competenza economica dell’esercizio in chiusura, ma
dei successivi. Quindi, deve trattarsi di costi effettivamente sostenuti per la fabbricazione dei
prodotti in giacenza: se tale fabbricazione non ha provocato l’uso del denaro preso a prestito,
in quanto il committente ha finanziato la fabbricazione attraverso il versamento di anticipi, è
ovvio che non si possono rinviare al futuro costi che non si sono sostenuti, o che non riguardano, direttamente o indirettamente il prodotto in giacenza.
La seconda, poi, è la normale applicazione dell’art. 2426 n. 9), che impone la valutazione
al minore fra il costo di acquisto o di produzione ed il valore di realizzazione desumibile
dall’andamento del mercato. Possiamo soltanto aggiungere che, ovviamente, ciò vale per
l’intero costo di produzione e non soltanto per la componente relativa agli oneri finanziari.
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completamento”, invece, in base al successivo n. 11) del medesimo articolo, consente di valutare le opere in corso su
ordinazione sulla base dei corrispettivi pattuiti e maturati in proporzione alla percentuale di lavori svolti rispetto al
totale previsto.
(5) Non è sempre univoca la definizione di “costo diretto”: talora esso viene confuso con il costo variabile, talora
con il costo speciale. Per una puntuale classificazione dei costi, si cfr. LUIGI SELLERI, Contabilità dei costi e contabilità
analitica, ETAS, 1999, pag. 37 e 38. In particolare, per quanto riguarda i lavori in corso su ordinazione, si cfr. GIANFRANCO CAPODAGLIO, I costi di commessa, CLUEB, 1992, Introduzione, pag. XXIII e seguenti.
3. Ulteriori considerazioni e conclusioni
Sino a questo punto, come detto, sono state superate le difficoltà interpretative in precedenza segnalate; passando all’analisi del secondo metodo di valutazione, ovvero a quello che
consente di valutare i lavori in corso su ordinazione sulla base del corrispettivo maturato con
ragionevole certezza, il documento introduce un elemento “di turbativa”, che, almeno a prima
vista, rende l’intero paragrafo (116) di difficile comprensione.
Il testo de quo è il seguente: «se è applicato il criterio della percentuale di completamento, gli oneri finanziari possono essere compresi tra i costi della commessa e come tali partecipano ai risultati dell’esercizio in
funzione dell’avanzamento dei lavori, quando sussistono le seguenti condizioni:
a) in virtù delle clausole contrattuali o altro, gli aspetti finanziari costituiscono un elemento determinante
per valutare la redditività della commessa;
b) l’appaltatore non riceve anticipi ed acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei flussi finanziari
e dunque la quota finanziata dal committente non è rilevante;
c) la percentuale di completamento è stimata attraverso il metodo del costo sostenuto (cost-to cost) o altri
metodi in cui la valutazione dei lavori è funzione dei ricavi e costi previsti. Non è consentita la rilevazione degli
oneri finanziari quali costi di commessa in caso di applicazione del metodo delle misurazioni fisiche o similari;
d) gli interessi sono recuperabili con i ricavi della commessa e ciò sia comprovabile con un preventivo di
commessa che ne tenga conto».
La prima difficoltà s’incontra proprio all’inizio del paragrafo (assente nella versione pubblicata nel 2012 per consultazione (6)) laddove, in presenza di valutazioni fatte sulla base dei
corrispettivi, si parla di oneri finanziari compresi nei costi di commessa, che «come tali partecipano ai risultati dell’esercizio in funzione dell’avanzamento dei lavori»; ci si domanda: come fanno tali
oneri a partecipare ai risultati (rectius: al risultato) dell’esercizio in funzione dell’avanzamento
lavori? Essi, inevitabilmente, parteciperanno nella loro interezza, senza alcun riferimento
all’avanzamento dei lavori, visto che le rimanenze non sono valutate al costo, ma al ricavo!
Procedendo nella lettura, non si notano elementi utili a chiarire i dubbi, sino alla lettera c),
la cui prima parte riprende un concetto già presente nella precedente versione e che sembra in
grado di dare (finalmente!) un senso alla frase “controversa”: gli oneri finanziari partecipano ai
risultati dell’esercizio in funzione dell’avanzamento dei lavori soltanto perché rientrano nella
formula di calcolo della percentuale di completamento. Bene: così è tutto chiaro.
Purtroppo, però, non finisce qui: il documento, nella seconda parte della lettera c) ripropone in modo disarmante tutti i dubbi in precedenza segnalati, affermando che non è consentita la rilevazione degli oneri finanziari quali costi di commessa in caso di applicazione del
metodo delle misurazioni fisiche o similari.
Questo “divieto” (7) fa crollare miseramente tutti i tentativi di dare un qualche significato
all’intero paragrafo: se la soluzione fosse quella da noi azzardata, ovvero che tali oneri incidessero sul risultato solo attraverso la formula, che senso avrebbe “non consentire” (sic!) di
____________
(6) Al gruppo di lavoro dell’OIC per la revisione dei principi contabili ha partecipato una delegazione del Consiglio
nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili sino a quando, a causa delle note controversie, il Consiglio nazionale non è stato commissariato. Tale delegazione, quindi, non ha potuto partecipare alle riunioni del gruppo
di lavoro successive a tale evento, nelle quali sono state apportate le ultime modifiche ai documenti in corso di approvazione.
(7) Ammesso che un principio contabile possa porre divieti o prescrizioni non previsti dalle norme di legge.
introdurre in una formula contenente soltanto misurazioni fisiche addirittura degli oneri finanziari? A quale bizzarro redattore di bilancio potrebbe venire una simile fantasia?
Eccoci così ripiombati nella più profonda incapacità di capire quale mai potrebbe essere la
partecipazione degli oneri finanziari (ma, a questo punto, anche degli altri costi) ai risultati
dell’esercizio in funzione dell’avanzamento lavori.
Riflettendo, però, mi sorge un sospetto: vuoi vedere che si tratta di una “intrusione” degli
IAS/IFRS? La cosa non mi sorprenderebbe affatto: più volte, all’interno del gruppo di lavoro,
ho cercato di contrastare tentativi di includere surrettiziamente nei principi contabili nazionali,
che sono destinati alle società che non adottano gli standard internazionali, regole derivate
acriticamente dagli IAS/IFRS. Se così è, però, questa volta l’intrusione ha lasciato il segno: la
frase che risulta priva di significato potrebbe invece averne uno, se letta in ottica di “sistema
contabile patrimoniale”, vigente proprio in ambienti anglo americani, nei quali hanno avuto
origine gli IAS. Tale sistema è però assolutamente incompatibile con la contabilità tenuta dalle
imprese italiane e con la struttura del bilancio prevista dal codice civile, chiaramente ispirata ad
un sistema contabile di tipo reddituale.
Secondo il sistema patrimoniale la frase potrebbe avere un senso, in quanto i costi che
vengono via via sostenuti per produrre la commessa non vengono registrati in conti destinati
a chiudere nel conto economico, ma in un “c/commessa”, nel quale possono essere confrontati costi e ricavi, per stimarne i margini. In quest’ottica è quindi importante distinguere i
costi che affluiscono a tale conto da quelli che, essendo considerati “costi di periodo”, vanno
direttamente a conto economico (8).
Nulla di tutto ciò è presente nei bilanci delle imprese italiane, come ricorda chiaramente lo
stesso OIC 23, ultima versione, che al paragrafo 27 così recita: «i costi di commessa sostenuti per
l’esecuzione dei lavori in corso su ordinazione sono rilevati nella classe B del conto economico classificati per
natura come previsto dall’articolo 2425 del codice civile».
In conclusione, la nuova versione del principio contabile sui lavori in corso su ordinazione è ora un ottimo viatico per i redattori del bilancio che applicano il codice civile, basta non
leggere la seconda parte della lettera c) del paragrafo 116.
GIANFRANCO CAPODAGLIO
Professore ordinario
Dipartimento di Scienze Aziendali - Università di Bologna
VANINA DANGARSKA
PhD Student
University of National and World Economy - Sofia (Bulgaria)
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(8) Secondo il sistema patrimoniale, gli acquisti di beni e servizi relativi alla commessa non vengono considerati sin
dal momento dell’acquisto “costi di esercizio”, ma compongono il valore della posta attiva da iscrivere nello stato
patrimoniale sino al momento della definitiva consegna. In altre parole, durante l’esercizio gli acquisti di materiali, i
consumi di energia, gli ammortamenti dei beni strumentali, il costo del lavoro, ecc., che l’impresa sostiene per lo svolgimento dei lavori su ordinazione, vengono registrati nel dare del conto commessa. Se a fine esercizio tali lavori sono
ancora in corso, il totale dare del conto viene inserito nello stato patrimoniale come rimanenza sotto la voce “lavori in
corso su ordinazione”. Tutto ciò se detti lavori sono valutati con il metodo della commessa completata. Se, invece, si
adotta il metodo della percentuale di completamento, la rimanenza di lavori viene valutata al corrispettivo e pertanto
nel conto “commessa” viene registrato in avere un valore comprensivo di una parte di utile. E’ evidente che, in questo
caso il margine di commessa varia a seconda che fra i costi venga o meno inserita una quota di oneri finanziari.