ORATORIO SANTA TOSCANA E BROLO MARIONI

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ORATORIO SANTA TOSCANA E BROLO MARIONI
San Martino da (ri)scoprire
Visite guidate ai monumenti e ai luoghi del territorio
Sabato 8 novembre 2008 – ore 10.00
L’Oratorio di Santa Toscana
Corte Marioni a Marcellise
visita guidata con
Luciano Barba e Sergio Spiazzi
iniziativa realizzata in collaborazione con
MARCELLISE - L’ORATORIO FERRARI DI SANTA TOSCANA
L’antico oratorio di Santa Toscana, un tempo dedicato alla Beata Vergine Maria,
si trova a Marcellise lungo la strada che da Casale scende a Borgo, al di sotto
della villa Ferrari in località “Gesiola”. Lo Stegagno segnala nella sua guida del
1928, la chiesetta dedicata a S. Toscana contigua alla villa Cesiol del Bissoli.
L’edificio di piccole dimensioni contiene un pregevole affresco attribuito da
Luciano Rognini a Domenico Morone (1439-1517) ed alla sua cerchia. Lo stesso
Rognini lo descrive a pag. 189 del libro “San Martino Buon Albergo – Una
comunità tra collina e pianura”: “Sulla parete absidale, quale resto degli antichi
arredi, sono illustrati, in duplice fila, otto Santi a figura intera ciascuno
separato dall’altro da colonne-paraste che sostengono un prospetto
architettonico sopra il quale due “Angioletti” danno fiato alle trombe.
Nonostante la precaria situazione degli affreschi (caduta di colore, crepe)
vogliamo tentare, seppure con difficoltà, l’identificazione dei soggetti: S.
Antonio di Padova, S. Bonaventura, Tobiolo e l’Angelo, S. Simonino, S.
Ludovico vescovo (?), S. Rocco, S. Onofrio e S. Francesco d’Assisi -.
Da rilevare la presenza nel ciclo pittorico di S. Simonino da Trento,
testimonianza forse unica nel veronese di questo - Santo fanciullo -, sorto in un
clima di antisemitismo nel 1475. Al centro dei dipinti è una nicchia vuota dove
un tempo doveva trovarsi una statua della Madonna già titolare del tempio;
sopra tale nicchia è stata collocata su piedestallo una statua di - S. Toscana -,
vedova veronese fattasi gerosolimitana e distintasi per la sua grande carità
verso i poveri e gli ammalati”.
Il primo documento in cui viene citata la chiesetta è la visita pastorale del
Giberti del 4 luglio 1530 in cui si dice che la stessa era di proprietà ed eretta da
Pandolfo Tramarini nell’estremità del suo brolo, probabilmente pochi anni
prima, attribuendo quindi gli affreschi più agli allievi del Morone che a lui
stesso, visto che morì nel 1517.
Nella visita pastorale si ricorda che alla chiesetta di Santa Toscana viene
lasciato un legato annuo di 12 libbre e mezza, da parte di Prosdocimo rettore
della chiesa di S. Pietro di Marcellise, con l’onere che ogni sesta festa delle
pentecoste venisse celebrata una messa per l’anima sua in remissione dei suoi
peccati nominando quali esecutori testamentari i signori Antonio Giovanni
Lucchese e Pietro Antonio Cerdone, ambedue di Marcellise come risulta
dall’atto notarile rogitato presso il notaio Giacomo di Monselice.
Il signor reverendo ordinò che si facesse nota che il legato non veniva
rispettato secondo le volontà del testamentario. Durante la visita pastorale
Sebastiano del Borgo, che aveva sposato come moglie Antonia della Cà
Michellorie, si lamentò che quella non voleva abitare con lui, ma abitava nella
casa di un conte di Cavalcaselle. Il vescovo ordinò che questa cosa fosse
annotata.
Nella visita del 15 luglio del 1532 l’oratorio è sempre di proprietà di Pandolfo
Tramarini e ben tenuto, mentre si elencano i beni contenuti che sono: un
calice, un messale, tre tovaglie, una pianeta di velluto nero con il suo camice,
poi un’altra pianeta feriale di fustagno simile a quella precedente e con il suo
paramento. Due candelabri di ferro ed uno dorato per l’Angelus.
Il rettore della chiesa di San Pietro fa osservare il legato di don Prosdocimi,
officiando la santa messa, tutti i venerdì della settimana per la sua anima.
Notizie succinte le abbiamo anche nella visita del 1541, dove Pandolfo
Tramarini lascia l’oratorio spoglio ed abbandonato.Nella visita pastorale del 14
settembre 1553 il vescovo Lippomano osserva che il nuovo proprietario è Paolo
de Servidei, il quale tiene pulita ed ornata la chiesa.
Per trovare nuove notizie dobbiamo saltare un secolo ed arrivare al 1657
quando, durante la visita pastorale del vescovo Sebastiano Pisani I veniamo
sapere che al culto della Beata Vergine Maria si aggiunge il culto di S. Toscana
e dove il nuovo proprietario è il notaio Francesco Ferro. Il vescovo si sofferma
nella descrizione delle pitture, soprattutto su un’icona di legno che si trova
all’interno di una nicchia archivoltata e delle pareti dipinte con i santi dalle parti
ed al centro l’immagine della Beata Vergine.
Nel 1699 proprietario risulta Bartolomeo Marchenti, la cui famiglia tiene anche
l’altare di S. Antonio Abate nella chiesa di San Pietro di Marcellise. Nel 1722 il
vescovo Marco Gradenigo durante le sue visite pastorali si sofferma nella
chiesetta dedicata a Santa Toscana ed alla Beata Vergine Maria di proprietà di
Claudio e fratelli Marchenti dove nell’unico altare si celebra la messa una volta
la settimana.
Nel catasto napoleonico del 1816 la chiesetta detta la “Gisiola” risulta di
proprietà della famiglia Marioni ed in cattive condizioni se viene classificata
come “Oratorio diroccato”, mentre nel catasto austriaco del 1844 risulta
classificata come oratorio sotto il titolo di S. Toscana e di proprietà di Ruga
Pietro qm Giacomo.
Santa Toscana
Crescenzi Toscana nasce a Zevio intorno il 1300, si sposa con Alberto degli Occhi di
Cane, un nobile veronese dedito alle opere di carità. Nel 1318 Alberto muore e
Toscana si consacra o Dio: prima nella sua casa, poi entrando nell’ordine
Gerosolimetano presso l’ospedale dei religiosi Spedalieri che era riservato ai
combattenti delle Crociate. L’ospedale si trovava presso Porta Vescovo.
Nel luglio 1343 Toscana muore ed è subito considerata santa avendo, ancora in vita,
concesso grazie e miracoli. Volle essere sepolta in mezzo alla strada, ma subito dopo,
causa lo folla che intralciava il traffico dei carri, il corpo venne esumato.
Alla presenza di una moltitudine mai vista l’autorità ecclesiastica depose la venerata
salma in un’arca all’interno della chiesa del S. Sepolcro.
Luciano Barba
S. Simonino da Trento e Marcellise
A Marcellise, nella chiesetta di S. Toscana, oggi appartenente alla famiglia
Ferrari, tra gli affreschi realizzati dal grande maestro Domenico Morone intorno
il 500, c’è anche S. Simonino. Questa immagine è forse l’unica testimonianza di
culto per questo presunto santo al di fuori del Trentino; nell’affresco il bambino
Simone è raffigurato nudo e in piedi, sopra un’ara sacrificale e con ai lati due
ebrei nel loro caratteristico costume, pronti a colpirlo a morte.
Il culto per questo bambino era sorto in un clima di odio e di antisemitismo
contro la comunità ebraica. Del resto a fomentare feroci accuse infamanti
contro gli ebrei erano spesso i preti e soprattutto i frati che giravano le città
per predicare. Le accuse erano sempre le stesse: gli ebrei uccidono i bambini
cristiani per cibarsi del loro sangue durante le celebrazioni pasquali. E infatti il
frate predicatore Bernardino da Feltre, successivamente definito lupo idrofobo
sotto il saio di S. Francesco, durante la settimana santa della Pasqua 1475 a
Trento aveva detto: “E voi siete in rapporti amichevoli con questi scellerati
ebrei? Si suole affermare che costoro, pur essendo privi della vera fede, sono
brava gente. Io però vi dico che questa Pasqua del Signore non sarà trascorsa
senza che qui venga fornita una prova schiacciante della loro pretesa bontà.”
La diabolica profezia del malvagio fanatico parve avverarsi perché il 23 marzo
1475 scomparve il bambino cristiano Simone di ventotto mesi. Frate
Bernardino
accusò
immediatamente
gli ebrei di omicidio
rituale.
Il giorno dopo la sparizione, Il corpo del bambino morto fu fatto trovare nella
casa di Samuele, capo della comunità ebraica della città.
Subito il vescovo di Trento, monsignor Hinderbach, accusò dell’omicidio i
nemici della fede cristiana. Vennero così arrestati Samuele, i suoi famigliari e
tutti gli ebrei, donne e bambini compresi.
Per quindici giorni durò la tortura diretta dal prefetto della città Giovanni de
Salis. Il modo crudelissimo della tortura è descritto nel ricorso degli Ebrei al
papa Sisto IV conservato nell’archivio di stato di Trento.
La maggior parte degli imputati morì sotto tortura, finché il vero colpevole, un
certo Zaneto, fu arrestato e a Samuele venne decretata l’estraneità e la piena
innocenza degli ebrei.
Così il 10 ottobre 1475 papa Sisto IV proibì severamente, sotto pena di
scomunica, di venerare li bambino Simone quale martire.
Ma qualche anno dopo, esattamente il i gennaio 1480, lo stesso papa Sisto IV,
per una di quelle incongruenze di cui è spesso ricca la storia ecclesiastica,
ordinò l’iscrizione di Simone nel novero dei Beati.
Le polemiche però non cessarono e solamente dopo cinque secoli di duri
scontri, il 4 maggio 1965, la Sacra Congregazione dei Riti, con un decreto,
notifica al vescovo di Trento, Alessandro Maria Gottardi, di sopprimere il culto e
di rimuovere dall’omonima chiesa il corpo di Simone con tutte le sue reliquie.
Così, a ricordare lo sfortunato e innocente bambino, nel futuro sarà
probabilmente l’affresco della chiesetta di santa Toscana di Marcellise.
Luciano Barba
MARCELLISE - BROLO MARIONI ED ORATORIO DI SAN FRANCESCO
E’ una di quelle corti che si scopre pian piano, trovandosi un po’ nascosta, per
chi non abita in Marcellise. Venendo da S. Martino non è visibile, in quanto
coperta dagli argini del Progno. Solo dopo la Locanda, svoltando a destra ed
una volta superato il fossato, la s’intravede a sud, al centro di una meravigliosa
piana, posta a vitigno.
In una mappa del 1672, disegnata dal Perito Iseppo Cuman per conto di Marion
Marioni, la corte appare, in tutta la sua bellezza, suddivisa in tre parti e
circondata completamente da un alto muro.
Al centro del brolo, disposto a mezzogiorno, si trova il palazzo padronale, con
al piano terreno un ampio porticato a quattro arcate, mentre al piano primo, si
dispone una deliziosa loggetta di fattura quattrocentesca, suddivisa in sette
arcature ribassate, completa la parte più antica della corte.
Dalla mappa si vedono due colombare, una posta ad ovest, vicino alle prime
propaggini della collina di Lavagno, l’altra a sud, a sinistra del portone
principale d’ingresso, mentre altri edifici minori si dispongono, in modo
irregolare attorno all’edificio centrale, divisi dal muro che serve a distinguere le
case e gli spazi padronali da quelli del “lavorente”.
Proprietà dei Marioni fin dal 1560, la corte si trova al centro di un podere,
seppur frazionato, di 130 campi come risulta da una perizia di stima del 1572,
commissionata dai due figli maschi di Girolamo, G. Battista e Giulio Marioni.
Nella perizia si elencano tutte le pezze di terra in proprietà, dislocate lungo la
valle di Marcellise, come il “Prà che tien li lavorenti con il muro a longo la
strada, et il muretto che serra l’horto d’i lavorenti stimà il campo ducati 90.
La Chiasara con olivi stimata ducati 25 il campo dti 25. In la Sosevena ditte le
bianchette aradora et vegra con olivi stimata sottosopra à ragion di campo Dti
cinque.
Zeresaro ditto la Crose aradora con olivi stimata il campo Dti 18.
Il Brolo davanti la casa con l’orto con la muraglia che cence il brolo comenzado
alla porta per mezo l'horto verso il Casal de sopra andando a forno per fino alla
colombara che gode li lavorenti stimati il campo Dti 112...”.
La descrizione continua comprendendo terreni posti a Casal di Sopra, a Casal di
Sotto, gli appezzamenti detti: “...le Gratiade con quelle era del Rizzo ... le
Montanare tutte per fina sotto la Calarba... la Calarba con olivi ... Il prè
d’avanti le montanare con vigne... le Cengielle aradora con vigne... tutte le
terre boschive nella Fratta ... la via dritta detta di Bersani... La via dritta
havuta in permutatione dal Venetian... La via dritta detta del Valdo con vigne...
La via dritta tutta con la permutation del Manara... la Guderana garba... le
Fontanelle era di Robini con vigne... Li pradi tutti nel Palù...cioè quelli che tien
li lavorenti di Marcelise... Il campo ditto del Vaccaro garbo... La Varcandola era
dell’Iseppi garba... La Varcandola era di Baroni garba...”, per poi proseguire
con tutte le altre proprietà della Musella, delle Ferrazze e di Centegnano.
I terreni, come ora, sono prevalentemente coltivati a vigneto ed uliveto,
colture che non hanno bisogno di molta acqua, che da sempre scarseggia nella
valle, mentre il valore dei terreni varia secondo la resa: nella piana un campo
“arador con vigne” è stimato 57 ducati, nel bosco della Fratta 12 ducati,
mentre un terreno “garbo” dell’Arcandola 21 ducati.
La famiglia dei Marioni abita in città, nella contrada di S. Sebastiano, come
risulta dal testamento di Girolamo Marioni del 1560 e dall’estimo del 1681 di
Marion Marioni, mentre la possessione di Marcellise è affittata a “...Francesco di
Redi per ducati quattrocento... insieme con altre case da...Patron e
Lavorente...soggette alle Ruine del Progno, che l’ha in molti luoghi ingiarate...”.
Nel corso del XVIII e XIX secolo la corte si arricchisce d’edifici che continuano
ad est ed a ovest il corpo principale padronale antico.
Nel 1700 viene eretto l’oratorio privato dedicato a S. Francesco nell’angolo
nord-ovest del brolo, con la facciata principale disposta a nord. Nella visita
pastorale del 1839 il vescovo Grasser descrive l’oratorio come “ erectum ex
testamento Nob. Comitis Marionis Marioni diei 12 novembre 1695 cum
assignatione Dotis Ducatorum 24 pro Missa festiva, quae nudio chirographo 28
Aprile 1700 in Actis Morlati acceta fuit apertum et cultui Dicatum ex Decr. 6
Maji 1700...”.
Nel 1816 la corte è intestata a Cesare Marioni con al centro la “casa e corte di
villeggiatura”, dalle parti troviamo la “casa e corte da massaro” e il “Rustico e
corte da massaro”, mentre viene segnalato l’“Oratorio privato sotto il titolo di
S. Francesco”. Nel 1844 la corte è intestata alla figlia di Cesare, Angela
maritata Butturini.
Oggi il complesso conserva inalterato il fascino dell’antico brolo, con le
strutture edilizie pervenute a noi in buono stato, soprattutto il corpo centrale di
recente restaurato, con l’alto muro che cinge il Brolo secondo l’antica tradizione
veronese.
Sergio Spiazzi