Gli animali pensano? - Dipartimento di Filosofia

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Gli animali pensano? - Dipartimento di Filosofia
Macachi e fette di mela
I
Torniamo a Cayo Santiago ed esaminiamo di nuovo il
comportamento dei macachi.
I
Un macaco si imbatte in due ricercatori con due scatole
opache vuote.
I
Vede uno dei due mettere due fette di mela una dopo l’altra
in una scatola, poi vede l’altro mettere tre fette di mela una
dopo l’altra nell’altra scatola.
I
Quando i due si allontanano, il macaco si dirige verso la
scatola che contiene tre fette di mela e si impossessa del
contenuto.
I
Come si spiega questo comportamento del macaco?
Università degli Studi di Milano
Gli animali pensano?
Sandro Zucchi
2014-2015
S. Zucchi: Gli animali pensano?
1
Una spiegazione naturale
il macaco ha osservato le azioni dei ricercatori;
I
in base ai calcoli che ha effettuato, pensa che una delle due
scatole contenga tre pezzi di cibo e l’altra due pezzi di cibo;
I
il macaco desidera avere tre pezzi di cibo invece di due;
I
dunque, il macaco si comporta cosı̀: si dirige verso la scatola
che contiene tre pezzi di cibo e si impossessa del contenuto.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Attribuzione di pensieri agli animali
Una spiegazione naturale del comportamento del macaco, implicita
nel lavoro di Hauser et al. (2000), è questa:
I
S. Zucchi: Gli animali pensano?
3
I
La spiegazione precedente del comportamento del macaco fa
appello a ciò che il macaco pensa e a ciò che desidera.
I
La spiegazione basata sull’idea che il macaco abbia credenze e
preferenze sembra essere la spiegazione più semplice e
naturale del comportamento del macaco.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Plausibilità iniziale dell’attribuzione
Mai fidarsi delle apparenze
Il fatto che, a prima vista, sia plausibile spiegare il
comportamento degli animali facendo appello alle loro
credenze, ai loro desideri e alle loro intenzioni è riconosciuto
anche da filosofi, come D. Davidson, che obiettano a questo
modo di spiegare il comportamento animale:
. . . noi riusciamo a spiegare e, talvolta, a predire il
comportamento degli animali privi di linguaggio
attribuendogli credenze, desideri e intenzioni.
Questo metodo funziona per i cani e i ranocchi cosı̀
come per le persone. E, si può aggiungere, non
abbiamo alcuna alternativa teorica generale e pratica
per spiegare il comportamento animale. Questi fatti
non equivalgono a una giustificazione per applicare il
metodo? Certamente sı̀.
Davidson (1982)
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Tuttavia, osserva Davidson, il fatto che a prima vista sembri
plausibile attribuire delle credenze a un organismo per
spiegarne il comportamento, non significa che sia corretto
farlo:
Per vedere questo è sufficiente riflettere sul fatto che
qualcuno potrebbe non avere un modo migliore o
alternativo di spiegare i movimenti di un missile che
segue le fonti di calore se non quello di supporre che
il missile voglia distruggere un aereo e creda di
poterlo fare muovendosi nel modo che abbiamo
osservato. Questo osservatore non informato
potrebbe essere giustificato ad attribuire un desiderio
e una credenza al missile; ma si sbaglierebbe.
Davidson (1982)
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La tesi di Davidson
I
I
Davidson non si limita tuttavia a produrre un’analogia per
argomentare che non bisogna fidarsi delle apparenze
Nel saggio “Animali razionali” (1982), da cui le citazioni
precedenti provengono, Davidson argomenta a favore delle tesi
seguenti:
I
Si noti che la prima tesi di Davidson non implica
necessariamente la seconda tesi:
1. Non possiamo attribuire sensatamente delle credenze
particolari agli animali.
2. Gli animali non hanno credenze.
Davidson si concentra sul caso delle credenze, ma afferma che
le stesse conclusioni negative si possono trarre anche riguardo
ad altri stati mentali come desiderare, intendere, temere, ecc.:
non possiamo attribuire sensatamente singoli desideri,
intenzioni o timori agli animali, e gli animali non hanno stati
mentali di questo genere.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Relazione tra le tesi
1. Non possiamo attribuire sensatamente delle credenze
particolari agli animali.
2. Gli animali non hanno credenze.
I
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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I
Anche se non fossimo in grado di attribuire sensatamente
delle credenze particolari agli animali, gli animali potrebbero
comunque avere delle credenze: semplicemente potremmo non
essere in grado di dire quali sono.
I
D’altra parte, se accettiamo la tesi 2, non possiamo
evidentemente ascrivere alcuna credenza agli animali.
I
Quindi, se si accetta la seconda tesi, è ragionevole accettare
anche la prima.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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L’animale che dunque sono
I
La tesi che gli animali abbiano plausibilmente delle credenze,
ma non si possa attribuirgli sensatamente alcuna credenza
particolare, è compatibile con la posizione espressa da Jacques
Derrida nel saggio del 2006 L’animale che dunque sono.
I
Vediamo alcuni passaggi di questo saggio.
Capacità di autoriferimento
I
Discutendo la capacità di riferirsi a sé stessi, che ritiene una condizione
necessaria per il pensiero, Derrida osserva:
Non è certo che questa auto deitticità non sia al lavoro, in varie
forme, evidentemente, in ogni sistema genetico in generale, dove
ogni elemento della scrittura genetica deve identificare sé stesso,
marcare sé stesso secondo una certa riflessività, allo scopo di
significare nella catena genetica; né è certo che questa
auto-deitticità non assuma delle forme altamente sviluppate,
differenziate e complesse in un vasto numero di fenomeni sociali
che possono essere osservate nell’animot.
I
In questo passaggio Derrida sembra suggerire che gli animali abbiano una
capacità di autoriferimento che si manifesta nella loro vita sociale, e
questa capacità è compatibile con la capacità di pensiero.
(L’animot è un termine singolare inventato, che Derrida usa al posto
dell’espressione “l’animale”, in quanto ritiene che quest’ultima espressione
cancelli l’estrema diversità degli animali).
I
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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L’abisso
I
I
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Il piano della lezione
D’altra parte, Derrida parla degli animali come “l’assoluto altro” e
pensa che ci sia una discontinuità radicale tra loro e noi:
Non c’è alcun interesse nel dibattere l’esistenza di una
discontinuità, una frattura o perfino un abisso tra coloro
che chiamano sé stessi uomini e ciò che i cosiddetti
uomini, coloro che chiamano sé stessi uomini, chiamano
l’animale. Ognuno conviene su questo; la discussione è
chiusa fin dall’inizio; uno dovrebbe essere più asinino di
qualsiasi bestia per pensare altrimenti.
I
I
I
I
Un filosofo che sostiene che gli animali abbiano la capacità di
autoriferimento necessaria per il pensiero, ma che esista un abisso
tale tra loro e noi, potrebbe obiettare alla prima tesi di Davidson
(gli animali non hanno credenze), ma voler abbracciare la seconda
tesi (non possiamo attribuire agli animali alcuna credenza
particolare).
S. Zucchi: Gli animali pensano?
S. Zucchi: Gli animali pensano?
I
11
Discuterò la seconda tesi di Davidson (gli animali non hanno
credenze) per prima, in quanto, se questa tesi è corretta, non
possiamo evidentemente ascrivere alcuna credenza agli animali.
Sosterrò che l’argomento di Davidson per la seconda tesi non è
un buon argomento, in quanto Davidson non dà una buona
giustificazione per le premesse.
Quindi, passerò alla prima tesi, secondo la quale non possiamo
ascrivere sensatamente agli animali alcuna credenza particolare.
Sulla base di alcune osservazioni di Robert Stalnaker (1984),
sosterrò che l’argomento di Davidson per la prima tesi non è
un buon argomento in quanto o (i) una delle premesse conduce
a uno scetticismo generalizzato riguardo alle attribuzioni di
credenze oppure (i) una delle premesse è falsa.
Concluderò con una osservazione finale di Davidson.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Gli animali non hanno credenze
Una conseguenza dell’argomento
l’argomento di Davidson
I
I
Premessa uno: Se uno ha una credenza, ha il concetto di credenza.
I
Premessa due: Se uno ha il concetto di credenza, possiede il
linguaggio.
Premessa uno: Se uno ha una credenza, ha il concetto di credenza.
Premessa due: Se uno ha il concetto di credenza, possiede il linguaggio.
Premessa tre: Nessun bambino/antenato preverbale possiede il linguaggio.
Conclusione: Dunque, nessun bambino/antenato preverbale ha una credenza
Premessa tre: Nessun animale possiede il linguaggio.
Conclusione: Dunque, nessun animale ha una credenza.
I
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Prima di passare a valutare l’argomento di Davidson, vale la pena di
osservare una conseguenza di questo argomento.
Se l’argomento è corretto, dovremmo concludere anche che i bambini che
non hanno ancora appreso il linguaggio (infanti preverbali) siano privi di
credenze. Lo stesso vale per i nostri antenati homo sapiens prima che
sviluppassero il linguaggio (antenati preverbali).
Infatti, potremmo imitare cosı̀ l’argomento di Davidson per concludere che
non hanno credenze:
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Validità
Davidson (1974) pare accettare questa conseguenza del suo argomento.
Infatti, descrive il comportamento linguistico come “quel comportamento
assai complesso che non si osserva in neonati ed elefanti [che] è necessario se
dobbiamo trovare un’applicazione per l’intero apparato disponibile per
l’attribuzione di pensieri.”
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Come si giustifica la prima premessa?
I
Torniamo all’argomento di Davidson relativo agli animali.
I
La conclusione dell’argomento segue necessariamente dalle
premesse.
I
La prima premessa dell’argomento di Davidson è: se uno ha
una credenza, ha il concetto di credenza.
I
Dunque, se accettiamo le premesse, dovremmo accettare
anche la conclusione.
I
Come giustifica Davidson questa premessa?
I
Vediamo il testo di Davidson.
I
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È ragionevole accettare premesse?
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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S. Zucchi: Gli animali pensano?
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La capacità di sorprendersi
Ricostruzione della giustificazione di Davidson
Supponete che io creda di avere una moneta in tasca. Svuoto la tasca e
non trovo alcuna moneta. Sono sorpreso. È abbastanza chiaro che non potrei
essere sorpreso (ma potrei trasalire) se in primo luogo non avessi una
credenza. E forse è altrettanto chiaro che avere una credenza, per lo meno
una del tipo che ho considerato nel mio esempio, comporti la possibilità di
sorpresa. Se credo di avere una moneta in tasca, potrebbe accadere qualcosa
che cambi la mia opinione. Ma la sorpresa comporta un passo ulteriore. Non
è sufficiente che io creda di avere una moneta in tasca e che, dopo aver
svuotato la tasca, non abbia più questa credenza. La sorpresa richiede che io
sia consapevole del contrasto tra ciò che credevo in passato e ciò che credo
ora. Questa consapevolezza tuttavia è una credenza riguardo a una credenza:
se sono sorpreso, allora, tra l’altro, credo che la mia credenza originale sia
falsa. Non ho bisogno di sostenere che ogni caso di sorpresa comporti una
credenza che una credenza precedente fosse falsa (benché sia incline a
pensare che sia cosı̀). Ciò che voglio affermare è che uno non può avere una
base generale di credenze del tipo richiesto per avere qualsiasi credenza senza
essere soggetto a sorprese che comportano credenze riguardo alla correttezza
delle proprie credenze. La sorpresa in relazione a qualche cosa è una
condizione sufficiente e necessaria per il pensiero in generale. Davidson (1982)
S. Zucchi: Gli animali pensano?
per la prima premessa
I
Davidson pare giustificare cosı̀ la prima premessa:
1. uno ha una credenza se e solo se ha la capacità di sorprendersi;
2. se uno ha la capacità di sorprendersi, ha una credenza riguardo
a un’altra credenza;
3. se uno ha una credenza riguardo a un’altra credenza, ha il
concetto di credenza;
4. Dunque, se uno ha una credenza, ha il concetto di credenza
(premessa uno).
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Un problema per la giustificazione di Davidson
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Come accertare la capacità di sorprendersi
I
Secondo il punto 1 del ragionamento precedente, uno ha una
credenza se e solo se ha la capacità di sorprendersi.
I
Un problema per Davidson è che c’è evidenza empirica che gli
animali e i neonati hanno la capacità di sorprendersi.
I
Come si fa ad accertare che animali e neonati, che sono privi
di linguaggio, abbiano la capacità di sorprendersi?
I
Se gli animali hanno la capacità di sorprendersi, allora in base
al punto 1, gli animali hanno delle credenze, contrariamente a
quanto Davidson vuole sostenere.
I
Abbiamo già visto un modo, basato sull’idea che si tende a
guardare le cose che si è sorpresi di vedere più a lungo delle
cose che non si è sorpresi di vedere.
I
(Si noti che il punto 1 dice che la capacità di sorprendersi è
una condizione sufficiente, oltre che necessaria, per avere
credenze).
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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S. Zucchi: Gli animali pensano?
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La sorpresa dei macachi
I
Nell’esperimento di Hauser et al. (1995), ai macachi venivano
mostrate delle semplici operazioni di addizione con le
melanzane.
I
Quando ai macachi veniva mostrato un risultato impossibile,
guardavano il risultato per un tempo significativamente più
lungo di quando gli veniva mostrato un risultato corretto.
I
In altre parole, i macachi erano sorpresi dal risultato
impossibile.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Reminder
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Neonati che si sorprendono
I
I
I
I macachi fissavano più a lungo l’evento finale nella sequenza
T3 (risultato impossibile) dell’evento finale nella sequenza T1
(risultato corretto):
I
L’evento finale nella sequenza T3 era sorprendente per i
macachi.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Il tipo di sorpresa sbagliato?
In modo analogo, nell’esperimento di Wynn (1992), i neonati fissavano
più a lungo il risultato che rivelava un topolino (risultato impossibile)
del risultato che rivelava due topolini (risultato corretto):
I
Naturalmente, Davidson può replicare che questi esperimenti
non appurano l’esistenza di ciò che egli intende per “capacità
di sorprendersi”.
I
Ma i casi di risultati impossibili con le addizioni descritti da
questi test sono assai simili all’esempio in cui Davidson si
sorprende quando scopre di non avere una moneta nella tasca.
I
Inoltre, se Davidson vuole replicare che questo non è ciò che
intende per “capacità di sorprendersi”, dovrebbe spiegare cosa
intende, altrimenti la sua giustificazione per la premessa uno è
incompleta.
Il risultato che rivelava un topolino era sorprendente per i neonati.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Una condizione necessaria, ma non sufficiente?
I
I
I
Una mossa inefficace
Potremmo cercare di evitare il problema che abbiamo
sollevato per la giustificazione di Davidson per la premessa
uno modificando leggermente la giustificazione.
Invece di sostenere che la capacità di sorprendersi è una
condizione necessaria e sufficiente per avere credenze, come
afferma Davidson, potremmo sostenere che è una condizione
necessaria, ma non sufficiente.
In altre parole, potremmo riformulare il primo punto della
giustificazione e assumere 1’ invece di 1:
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I
Ma se macachi e neonati hanno una credenza riguardo a
un’altra credenza, macachi e neonati hanno delle credenze!
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Valutazione della seconda premessa
Riassumendo: abbiamo visto che c’è un problema per la prima
premessa dell’argomento di Davidson.
Premessa uno: Se uno ha una credenza, ha il concetto di
credenza.
Il problema è questo:
• o Davidson non ha dato una buona giustificazione per questa
I
La seconda premessa dell’argomento di Davidson è questa:
Premessa due: Se uno ha il concetto di credenza, possiede il
linguaggio.
premessa, e in tal caso non è chiaro perché dovremmo
accettarla,
• oppure Davidson ha dato una buona giustificazione, ma in
questo caso la giustificazione permette di concludere che gli
animali hanno delle credenze, contrariamente alla tesi che
Davidson sostiene.
I
Infatti, se i macachi e i neonati hanno la capacità di
sorprendersi, dal punto 2 della giustificazione di Davidson
possiamo concludere che hanno una credenza riguardo a
un’altra credenza:
I
Facciamo il punto
I
I
Da 1’ e dal fatto che i macachi e i neonati hanno la capacità
di sorprendersi, non possiamo più concludere che i macachi e i
neonati hanno delle credenze.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
I
In realtà, la mossa precedente non è di nessun aiuto per
Davidson.
2. se uno ha la capacità di sorprendersi, ha una credenza riguardo
a un’altra credenza;
1’. se uno ha una credenza, ha la capacità di sorprendersi;
1. uno ha una credenza se e solo se ha la capacità di sorprendersi;
I
I
I
Vediamo la giustificazione di Davidson per questa premessa.
Se queste osservazioni sono corrette, abbiamo già una buona
ragione per non accettare l’argomento di Davidson.
Esaminiamo comunque la seconda premessa dell’argomento.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Credenza e linguaggio
Ricostruzione della giustificazione di Davidson
Il concetto di credenza, in buona sostanza, è il concetto di uno stato di
un organismo che può essere vero o falso, corretto o non corretto. Avere il
concetto di credenza, dunque, è avere il concetto di verità oggettiva. Se
credo di avere in tasca una moneta, posso avere ragione o sbagliarmi; ho
ragione solo se ho una moneta in tasca. Se sono sorpreso scoprendo di non
avere in tasca alcuna moneta, arrivo ad avere la credenza che la mia
credenza precedente non corrispondesse allo stato delle mie finanze. Ho
l’idea di una realtà oggettiva indipendentemente dalla mia credenza.
. . . Cosa rivelerebbe la capacità di [distinguere tra ciò che si crede e ciò
che è]? Chiaramente la comunicazione linguistica è sufficiente. . . . La
comunicazione dipende dal fatto che ogni comunicatore abbia, e pensi
correttamente che l’altro abbia, il concetto di un mondo condiviso, un
mondo intersoggettivo. Ma il concetto di un mondo intersoggettivo è il
concetto di un mondo obiettivo, un mondo riguardo al quale ogni
comunicatore può avere delle credenze.
. . . Per completare l’argomento, tuttavia, ho bisogno di dimostrare che
l’unico modo in cui si potrebbe padroneggiare il contrasto verità-credenza
è attraverso il concetto di verità intersoggettiva. Confesso che non so
come dimostrarlo. (Davidson 1982, pp.104-5)
S. Zucchi: Gli animali pensano?
I
1. se si ha il concetto di credenza, si ha l’idea di una realtà
oggettiva indipendente dalle proprie credenze;
2. se si ha l’idea di una realtà oggettiva indipendente dalle proprie
credenze, si comunica attraverso il linguaggio;
3. se si comunica attraverso il linguaggio, si possiede il linguaggio
4. Dunque, se uno ha il concetto di credenza, ha il linguaggio
(seconda premessa).
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Un problema per la giustificazione
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Un problema per la giustificazione precedente è che, come
ammette lo stesso Davidson, è incompleta.
I
In particolare, Davidson non dà alcuna ragione per accettare il
passo 2:
La conclusione è che Davidson non ha prodotto una
giustificazione adeguata per le premesse uno e due del suo
argomento.
Premessa uno: Se uno ha una credenza, ha il concetto di
credenza.
Premessa due: Se uno ha il concetto di credenza, possiede il
linguaggio.
Premessa tre: Nessun animale possiede il linguaggio.
Conclusione: Dunque, nessun animale ha una credenza
2. se si ha l’idea di una realtà oggettiva indipendente dalle proprie
credenze, si comunica attraverso il linguaggio.
I
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Conclusione
I
I
La giustificazione di Davidson per la seconda premessa pare
essere la seguente:
31
Se queste osservazioni sono corrette, Davidson non è riuscito
a dimostrare che gli animali non hanno credenze.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
32
La prima tesi di Davidson
I
Ascrizioni di credenze particolari agli animali
Noi identifichiamo i pensieri, li distinguiamo tra loro,
li descriviamo per ciò che sono, solo in quanto essi
possono essere collocati all’interno di una densa rete di
credenze in relazione tra loro. Se possiamo ascrivere
sensatamente delle singole credenze a un cane, dobbiamo
essere in grado di immaginare come decideremmo se il
cane ha molte altre credenze del tipo necessario per dare
un senso alle prime. Mi pare che, indipendentemente da
dove iniziamo, assai presto arriviamo a delle credenze tali
che non abbiamo assolutamente alcuna idea di come
decidere se un cane le ha, e tuttavia tali che, senza di
esse, la nostra fiduciosa attribuzione iniziale appare
incerta. (Davidson 1982, p. 98).
Torniamo ora alla prima tesi di Davidson:
1. Non possiamo attribuire sensatamente delle credenze
particolari agli animali.
I
Come abbiamo osservato, la prima tesi non implica
necessariamente la seconda:
2. Gli animali non hanno credenze.
I
Dunque, anche se la seconda tesi è falsa, è possibile che la
prima sia vera.
I
Qual è l’argomento di Davidson per la prima tesi?
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Ricostruzione dell’argomento
S. Zucchi: Gli animali pensano?
34
Validità
Premessa uno: Se possiamo attribuire sensatamente una credenza
particolare a un animale, siamo in grado di attribuire
all’animale molte altre credenze che sono necessarie
per attribuirgli quella credenza.
Premessa due: non siamo in grado di attribuire a un animale le
molte credenze che sono necessarie per attribuirgli
una credenza particolare.
I
La conclusione dell’argomento segue necessariamente dalle
premesse.
I
Dunque, se accettiamo le premesse, dovemmo accettare anche
la conclusione.
I
Quali sono le ragioni date da Davidson a sostegno delle
premesse?
Conclusion: Dunque, non possiamo attribuire sensatamente una
credenza particolare a un animale.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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S. Zucchi: Gli animali pensano?
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La prima premessa
I
Cani che abbaiano ai gatti sugli alberi
Consideriamo la supposta credenza del cane che il gatto è salito su
quella quercia. Quella quercia, di fatto, è l’albero più vecchio in vista.
Il cane pensa che il gatto sia salito sull’albero più vecchio in vista? O
che il gatto sia salito sullo stesso albero su cui era salito l’ultima
volta che il cane lo aveva rincorso? È difficile dare un senso a queste
domande. Ma se è cosı̀, non pare possibile distinguere tra cose assai
diverse che si potrebbe dire che il cane crede.
. . . un cane può credere di un oggetto che è un albero? Questo
parrebbe impossibile, a meno che non si supponga che il cane ha
molte credenze generali sugli alberi: che sono cose che crescono, che
hanno le foglie oppure degli aghi, che bruciano. Non c’è un elenco
fisso di cose che qualcuno con il concetto di albero deve credere, ma,
senza molte credenze generali, non ci sarebbe alcuna ragione per
identificare una credenza come una credenza riguardo a un albero,
ancor meno riguardo a una quercia. Considerazioni simili si applicano
al supposto pensiero del cane riguardo al gatto. (Davidson 1982, p.
98)
Iniziamo dalla prima premessa:
Premessa uno: Se possiamo attribuire sensatamente una
credenza particolare a un animale, siamo in
grado di attribuire all’animale molte altre
credenze che sono necessarie per attribuirgli
quella credenza.
I
Come giustifica Davidson questa premessa?
S. Zucchi: Gli animali pensano?
37
Giustificazione della prima premessa
I
38
La seconda premessa
Nel passaggio precedente, Davidson giustifica cosı̀ la prima premessa
del suo argomento:
1. Se possiamo sensatamente attribuire a Fido la credenza che il gatto è
salito sull’albero, allora possiamo attribuire a Fido la credenza che un
certo oggetto è un albero.
2. Se possiamo attribuire a Fido la credenza che un certo oggetto è un
albero, possiamo attribuire a Fido il possesso del concetto di albero.
3. Se possiamo attribuire a Fido il possesso del concetto di albero,
possiamo attribuire a Fido molte credenze: che gli alberi crescono,
che hanno bisogno di acqua, ecc.
4. Dunque, se possiamo attribuire sensatamente una credenza
particolare a Fido, siamo in grado di attribuire a Fido molte altre
credenze che sono necessarie per attribuirgli quella credenza.
I
S. Zucchi: Gli animali pensano?
I
Proseguiamo ora considerando la seconda premessa:
Premessa due: non siamo in grado di attribuire a un animale
le molte credenze che sono necessarie per
attribuirgli una credenza particolare.
I
Come giustifica Davidson questa premessa?
Dal momento che possiamo replicare questo ragionamento per
qualsiasi credenza particolare che attribuiamo a un animale,
Davidson conclude che la premessa uno è vera.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
39
S. Zucchi: Gli animali pensano?
40
Giustificazione della seconda premessa
I
Un problema per le giustificazioni di Davidson
Il ragionamento di Davidson a sostegno della seconda
premessa è questo:
• Supponiamo di voler attribuire a Fido la credenza che il gatto
sia salito sull’albero.
• Non possiamo attribuire a Fido la credenza che gli alberi
crescono, che hanno bisogno di acqua, ecc.
• Per quel che ne sappiamo, Fido potrebbe essere incapace di
distinguere gli alberi veri da alberi finti ben costruiti.
• Quindi non possiamo attribuirgli le molte credenze necessarie
per potergli attribuire la credenza che il gatto sia salito
sull’albero.
I
41
Il mio papà è un dottore!
I
I
I
I
I
I
Un problema per il modo in cui Davidson giustifica le premesse
è che rende le attribuzioni di credenza problematiche non solo
per gli animali, ma anche per gli individui dotati di linguaggio.
I
Vediamo perché.
Dal momento che possiamo replicare questo ragionamento per
qualsiasi credenza particolare che attribuiamo a un animale,
Davidson conclude che la seconda premessa è vera.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
I
I
42
I pompieri nell’esercito
Consideriamo l’esempio seguente proposto da Dennett (1969).
George ha sei anni, è figlio di un dottore e ne va orgoglioso. Cosı̀, dice
a tutti che suo papà è un dottore.
Il piccolo George crede che suo papà sia un dottore? Parrebbe di sı̀.
Eppure, se Davidson avesse ragione, non potremmo attribuire a
George questa credenza.
Infatti, secondo Davidson, se attribuiamo a George la credenza che
suo papà sia un dottore, gli attribuiamo il possesso del concetto di
dottore. Ma George può non conoscere la differenza tra un dottore e
un finto dottore, un ciarlatano, un sedicente dottore senza laurea in
medicina.
Quindi, in base al ragionamento di Davidson, non possiamo attribuire
al piccolo George le molte credenze necessarie per attribuirgli la
credenza che suo papà sia un dottore.
Dunque, in base al ragionamento di Davidson, non possiamo
attribuire al piccolo George la credenza che suo papà sia un dottore.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
S. Zucchi: Gli animali pensano?
43
I
Ora consideriamo il caso di Pietro, un quarantenne che vive
vicino a una caserma di pompieri e crede correttamente che ci
siano dei pompieri lı̀ vicino.
I
Tuttavia, Pietro è erroneamente convinto che i pompieri siano
un corpo dell’esercito. E dunque non è in grado di distinguere
tra i pompieri e i soldati che a volte vengono chiamati in aiuto
quando c’è un’emergenza per un incendio.
I
Quindi, in base al ragionamento di Davidson, non possiamo
attribuire a Pietro le molte credenze necessarie per attribuirgli
la credenza che ci sono dei pompieri lı̀ vicino.
I
Dunque, in base al ragionamento di Davidson, non possiamo
attribuire a Pietro la credenza che ci sono dei pompieri lı̀
vicino.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
44
Il problema per Davidson
I
I
I
I
Possesso dei concetti e attribuzioni di credenze
I
Dovrebbe essere chiaro che è facile trovare molti casi come
quelli che abbiamo descritto.
I
Il problema per il ragionamento di Davidson è che predice che
molte attribuzioni di credenza che riteniamo intuitivamente
vere siano invece false.
I
Gli individui dotati di linguaggio, cosı̀ come gli animali,
possono avere una padronanza solo parziale dei concetti.
I
Come osserva Stalnaker (1984), se si impongono delle
condizioni troppo stringenti sul numero delle credenze che un
agente deve avere per potergli attribuire una credenza
particolare, “è probabile che si finisca per essere scettici, non
solo riguardo alle credenze degli animali, ma riguardo alle
credenze in generale.”
S. Zucchi: Gli animali pensano?
I
I
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Un’obiezione alla prima premessa
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S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Una replica possibile
In base alle osservazioni precedenti, possiamo dunque obiettare cosı̀
alla prima premessa dell’argomento di Davidson:
Premessa uno: Se possiamo attribuire sensatamente una credenza
particolare a un animale, siamo in grado di attribuire
all’animale molte altre credenze che sono necessarie
per attribuirgli quella credenza.
Obiezione: secondo questa premessa, per poter attribuire
sensatamente una credenza particolare a un animale,
dobbiamo potergli attribuire tutte le credenze
necessarie per poter applicare correttamente in ogni
occasione i concetti usati nell’attribuzione. Ma questo
criterio per attribuire credenze particolari è
inaccettabile: applicato agli esseri umani avrebbe
infatti la conseguenza che molte attribuzioni di
credenze ad esseri umani che riteniamo intuitivamente
vere sono invece false.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Quello che i casi di George e Pietro mostrano è che possedere un
concetto è una questione di grado.
Un bambino di sei anni può avere il concetto di dottore, nel senso che è
in grado di distinguere correttamente i dottori dai macellai, dai fornai,
dai candelai, ecc.
Un quarantenne può avere il concetto di pompiere, nel senso che è in
grado di distinguere correttamente i pompieri dai poliziotti, dai marinai,
dai secondini, ecc.
Un cane può avere il concetto di albero nel senso che è in grado di
distinguere correttamente gli alberi, dai cespugli, dai fiori, ecc.
Quel che è richiesto per le attribuzioni di credenze non è la capacità di
applicare i concetti correttamente in qualunque occasione, dal momento
che questo condurrebbe a pratiche troppo restrittive riguardo a queste
attribuzioni.
Per attribuire una credenza è sufficiente che il soggetto dell’attribuzione
sia in grado di distinguere ciò a cui il concetto attribuito si applica da
ciò a cui non si applica, relativamente a un certo insieme di alternative
contestualmente determinato.
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Naturalmente, Davidson può replicare all’obiezione precedente
osservando che abbiamo frainteso la prima premessa.
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Per poter attribuire sensatamente una credenza particolare,
non si richiede di poter attribuire tutte le credenze necessarie
per poter applicare correttamente in ogni occasione i concetti
usati nell’attribuzione.
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Per poter attribuire sensatamente una credenza particolare, si
richiede di poter attribuire tutte le credenze necessarie per
poter applicare correttamente in alcune occasioni i concetti
usati nell’attribuzione.
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Cosı̀ intesa, la prima premessa è ragionevole.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Il problema con la replica
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Confutazione dell’argomento di Davidson
Il problema con la replica precedente è che, se rendiamo meno
stringenti le condizioni richieste per attribuire credenze, si può
obiettare che la seconda premessa è falsa:
Premessa due: non siamo in grado di attribuire a un animale le
molte credenze che sono necessarie per attribuirgli una
credenza particolare.
Obiezione: Possiamo ragionevolmente attribuire a un animale le
credenze necessarie per poter applicare correttamente
in alcune occasioni i concetti usati nell’attribuzione.
Per esempio, possiamo ragionevolmente attribuire a
Fido le credenze necessarie per poter distinguere
normalmente un albero da una casa, da un fiore, cosı̀
come le credenze necessarie per poter distinguere
normalmente un gatto, da un uomo, da un altro cane.
Dunque, possiamo attribuire a Fido la credenza
particolare che il gatto è salito sull’albero.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Conclusione
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Certo, se gli animali hanno delle credenze, descrivere con
precisione quali credenze abbiano, come emerge dalla
discussione delle tesi di Davidson, non è un compito banale.
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Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene Davidson, non è
neppure possibile concludere che non siamo in grado di
attribuire sensatamente alcuna credenza particolare agli
animali.
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Ritorneremo su alcuni aspetti delle tesi di Davidson dopo aver
esaminato alcuni esperimenti volti a stabilire se gli animali
possiedono una teoria della mente.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
Se le osservazioni precedenti sono corrette, l’argomento di
Davidson favore della tesi che non possiamo attribuire
sensatamente alcuna credenza particolare a un animale è
problematico.
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Un’interpretazione troppo stringente della prima premessa
conduce a uno scetticismo generalizzato riguardo alle
attribuzioni di credenza. Dunque, la prima premessa non è
accettabile, in questa interpretazione.
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D’altra parte, se interpretiamo la prima premessa in modo
meno stringente, la seconda premessa è falsa.
S. Zucchi: Gli animali pensano?
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Una parola di commiato da Davidson
Davidson non riesce a mostrare che gli animali, essendo privi
di linguaggio, sono privi credenze.
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Si dà il caso che io creda . . . che uomini e donne siano i
soli a possedere il linguaggio, o qualcosa che sia
sufficientemente simile a un linguaggio da giustificare
l’attribuzione ad essi di pensieri proposizionali. Sulla
questione morale relativa a come dovremmo trattare le
creature mute, non vedo alcuna ragione di essere meno
gentili verso coloro che sono senza pensieri o linguaggio
che verso coloro che ne sono privi; al contrario.
Davidson (1982)
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