il gruppo cooperativo paritetico: profili sistematici e
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il gruppo cooperativo paritetico: profili sistematici e
IL GRUPPO COOPERATIVO PARITETICO: PROFILI SISTEMATICI E SPUNTI APPLICATIVI Sommario: Introduzione - PARTE I UNA GENESI TORMENTATA - 1. Il Gruppo coooperativo paritetico : genesi e brevissimi cenni di comparazione - PARTE II GRUPPO E CONSORZIO - 2. Una prima questione, gruppo o consorzio o gruppo e consorzio? - 3. La “governance”, tra entità consortili e contratti di gruppo - PARTE III ELEMENTI DI GOVERNANCE - 4. L’intenzione del legislatore delegante, contratto “di dominio” ed esigenze di partecipazione paritetica - 5. Contratto di gruppo ed autonomia, la flessibilità nelle relazioni imprenditoriali - 6. Direzione e coordinamento, l’entità del richiamo alle disposizioni di cui agli artt. 2497c.c. ss. - 7. La distribuzione degli svantaggi e dei vantaggi, cenni - 8. Criteri di compensazione la definizione dell’equilibrio di distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività comune, le condizioni di accesso ed il recesso per pregiudizio per mancato conseguimento dei risultati programmati come meccanismo di difesa - 9. La legittimazione alla stipula e le ricadute sul piano della decurtazione dell’autonomia manageriale - 10. La responsabilità della capogruppo; il monitoraggio della compensazione tra vantaggi ed eventuali pregiudizi - PARTE IV ALTRI TRATTI CARATTERISTICI, CENNI - 11. I soggetti partecipanti al G.C.P. - 12. Estensione cronologica del contratto - 13. Altri elementi del contratto INTRODUZIONE Lungi dalla pretesa di voler fornire un quadro completo dell’istituto in esame, il presente scritto si pone, quale sostanziale obiettivo, quello di voler delineare quantomeno i contorni dell’istituto del Gruppo Cooperativo Paritetico, introdotto con la riforma societaria del 2003, richiamando l’attenzione dell’interprete sulle questioni che maggiormente hanno impegnato i primi commentatori, a cominciare da quella prima e centrale : la difficile opera di coniugazione tra l’assetto tendenzialmente verticistico del gruppo come classicamente inteso e le esigenze di pariteticità che la norma ed il frastagliato complesso della legislazione cooperativistica esprimono. Ciò, soprattutto, al fine di gettare le basi per il compimento di un ulteriore e nevralgico passaggio : testare il livello di efficienza reale del G.C.P. come strumento di vita imprenditoriale.1 PARTE I UNA GENESI TORMENTATA 1. IL GRUPPO COOOPERATIVO PARITETICO : GENESI E BREVISSIMI CENNI DI COMPARAZIONE Con l’articolo 2545-septies il legislatore del 2003 ha inteso introdurre nell’ordinamento un istituto del tutto innovativo, il Gruppo cooperativo paritetico2. Si tratta di una figura mutuata quasi Non risulta, allo stato, che lo strumento del G.C.P. sia stato particolarmente esplorato dal settore interessato. Tra le sperimentazioni finora attuate cito, per mia esperienza diretta, il Gruppo Cooperativo Paritetico con capogruppo la Cooperativa Sociale Vedogiovane. I soggetti partecipanti erano, oltre alla menzionata capogruppo che opera nel settore dell’assistenza e delle politiche giovanili, una cooperativa di produzione e lavoro operante nel settore formazione ed un’altra cooperativa sociale operante in ambito socio-assistenziale. L’esperienza è particolarmente interessante soprattutto per quanto riguarda il meccanismo di governance adottato (informazioni su www.vedogiovane.it). 2 Cfr. 2545-septies, introdotto dall’articolo 8 D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in attuazione dell’art. 5 co. 1, lett. f), l. delega 3 ottobre 2001, n. 366. Fra i contributi più autorevoli, ante e post riforma, segnalano Bonfante, Imprese cooperative, in Commentario Scialoia-Branca, Bologna, 1999, pp. 34 ss.; Schiano Di Pepe, Il gruppo cooperativo, in Graziano (a cura), La riforma del diritto cooperativo, Padova, 2002, pp. 121 ss.; Pizzigati, La costituzione del gruppo cooperativo paritetico, Atti del Convegno, Milano, 20 novembre 2002; Vecchi, Gruppo cooperativo, Atti del Convegno di Riva del Garda, 7-8 Maggio 2003, organizzato da Confcooperative; Alleva, La riforma del diritto cooperativo italiano, in Contr. impresa, 2003, pp. 244 ss.; Buonocore, I gruppi cooperativi, Aspetti sostanziali e clausole contrattuali, Facoltà di Economia sede di Forlì, Atti del Convegno di Forlì, 12 settembre 2003; Ceccherini, sub. art. 2545-septies, in Lo Cascio ( a cura di ) La riforma del diritto societario, X, Milano, 2003, 188; Costi, Il 1 1 letteralmente dalla non recentissima esperienza legislativa spagnola3 e che raccoglie da essa gli intenti ed i presupposti tesi ad individuare l’essenza della situazione del grupo paritario4 nella garanzia dell’indipendenza giuridica delle società partecipanti e nella presenza di uno stato di soggezione collettiva e paritaria ad una direzione unitaria e comune.5 Il disposto in analisi costituisce il frutto di una lunga e macchinosa evoluzione che ha senza dubbio risentito di un’atavica diffidenza da parte del legislatore, in qualche modo generata da preoccupazioni derivanti dalla prospettiva di una difficile opera di coniugazione tra, da un lato, gli elementi democratici e mutualistici (essenza e fine dell’azione imprenditoriale cooperativa) e, dall’altro, il fenomeno del controllo, sia in senso sostanziale che formale, con tutte le sue declinazioni, quale presupposto tradizionalmente fondante la logica del gruppo. Come si avrà modo di osservare, la disciplina codicistica, pur segnando un passaggio assai importante, al quale la prassi e l’interpretazione hanno l’onere di attribuire tratti di maggiore concretezza e specificazione, sembra risentire di questa tormentata genesi.6 Vorrei, però, partire da una premessa, attinente più alla sintesi delle dinamiche imprenditoriali che al puro dato giuridico rifacendomi, peraltro, all’opinione di quegli Autori che hanno evidenziato quanto insolita possa risultare la genetica complessità cui si faceva cenno in precedenza, soprattutto se si considera la tradizionale vocazione all’integrazione societaria ed economica del sistema cooperativo: gruppo cooperativo bancario paritetico, in Banca borsa t.c., 2003, I, pp. 379 ss.; Irace, sub. art. 2545-septies, in Sandulli e Santoro (a cura di), La riforma delle società, Torino, 2003, 184; Paolini, Il Gruppo cooperativo, il Contr. e Impr., 2003, 624; Sabadini, Il gruppo cooperativo paritetico, in Genco ( a cura di ), La riforma delle società cooperative, Milano, 2003, 326; Bonfante, Commento all’articolo 2545 septies, in Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da Cottino-Bonfante-Cagnasso-Montalenti, Bologna, 2004, tomo 3, pp. 2635 ss.; Colantonio, Gruppo cooperativo paritetico, Comitato regionale notarile della Sicilia, Atti del Convegno di Taormina, 2-3 Aprile 2004; Presti, Cooperative e modellismo giuridico, in Vella (a cura), Gli statuti delle imprese cooperative dopo la riforma del diritto societario, Torino, 2004, pp. 1 ss.; Schiro’, Lo scopo mutualistico, in Marasà (a cura), Le cooperative prima e dopo la riforma del diritto societario, Padova, 2004, pp. 19 ss., in part. 39 ss.; Tombari, Riforma del diritto societario e gruppo di imprese, in Giur. comm., 2004, I, pp. 61 ss.; Visconti Moro R., Le Holding, Bilancio, struttura finanziaria, fiscalità e valutazioni, Ed. Il Sole 24 Ore, Coll. Economia & Management, Milano 2004. 3 Cfr. Ley 27/1999 de 16 de julio, De cooperativas ( in B.O.E. n. 170 del 17 luglio 1999 ); la Legge, all’articolo 78 rubricato “Grupo cooperativo”, così recita; 1. Se entiende por grupo cooperativo, a los efectos de esta Ley, el conjunto formado por varias sociedades cooperativas, cualquiera que sea su clase, y la entidad cabeza de grupo que ejercita facultades o emite instrucciones de obligado cumplimiento para las cooperativas agrupadas, de forma que se produce una unidad de decisión en el ámbito de dichas facultades. 2. La emisión de instrucciones podrá afectar a distintos ámbitos de gestión, administración o gobierno, entre los que podrían incluirse: a. El establecimiento en las cooperativas de base de normas estatutarias y reglamentarias comunes. b. El establecimiento de relaciones asociativas entre las entidades de base. c. Compromisos de aportación periódica de recursos calculados en función de su respectiva evolución empresarial o cuenta de resultados. 3. La aprobación de la incorporación al grupo cooperativo precisará el acuerdo inicial de cada una de las entidades de base, conforme a sus propias reglas de competencia y funcionamiento. 4. Los compromisos generales asumidos ante el grupo deberán formalizarse por escrito, sea en los Estatutos de la entidad cabeza de grupo, si es sociedad cooperativa, o mediante otro documento contractual que necesariamente deberá incluir la duración del mismo, caso de ser limitada, el procedimiento para su modificación, el procedimiento para la separación de una sociedad cooperativa y las facultades cuyo ejercicio se acuerda atribuir a la entidad cabeza de grupo. La modificación, ampliación o resolución de los compromisos indicados podrá efectuarse, si así se ha establecido, mediante acuerdo del órgano máximo de la entidad cabeza de grupo. El documento contractual deberá elevarse a escritura pública. 5. El acuerdo de integración en un grupo se anotará en la hoja correspondiente a cada sociedad cooperativa en el Registro competente. 6. La responsabilidad derivada de las operaciones, que realicen directamente con terceros las sociedades cooperativas integradas en un grupo, no alcanzàra al mismo, ni a las demàs sociedàdes cooperativas que lo integran; Sembra – osserva Vecchi, Il gruppo cooperativo, cit. – che lo spirito che anima la legge spagnola sia stato condizionato o addirittura sia nato per legittimare il famoso gruppo cooperativo “Mondragon”, nato nel 1956 ed oggi molto conosciuto, in quanto costituito da un numero enorme di cooperative aderenti; sul punto cfr. G. Colantonio Una figura giuridica nuova, il gruppo cooperativo paritetico, in Rivista della Cooperazione, 2/2004, Istituto Italiano di Studi Cooperativi Luigi Luzzatti, 144; nell’articolo l’Autore cita Gonzales Castilla F., Grupos cooperativos de cooperativas de credito y praticas restrictivas de la competencia, cit., 40. Per un confronto Cfr. anche R. Dabormida, La riforma della legislazione cooperativa in Spagna, in Rivista della cooperazione, n. 4/1999. Per un ulteriore approfondimento della legge spagnola si segnalano anche Barea, L. Julia’, J.F., Monzon, J. L., Grupos empresariales de la Economia Social en Espana, Ciriec-Esp., Valencia, 1999; Monzon, J.L., La economia social como nuevo marco conceptual del cooperativismo agrario. Una referencia a los grupos cooperativos, Jornadas cooperativas en canarias, Valsequillo ( Gran Canaria ), 18 dicembre 2000, Universitat de Valencia, Ciriec, Esp. 4 Cfr. Gonzales Castilla F., Grupos cooperativos de cooperativas de credito y praticas restrictivas de la competencia, in Revista jurudica de Economia Social y Cooperativa n. 11, nov. 2000, Ciriec, Esp., 40. 5 Cfr. F. Gonzales Castilla Op. Cit., 40, citato da Colantonio G., Op. Cit., 144, nota n. 29, l’Autore, citando lo studioso spagnolo, evidenzia come < Nell’ambito di tali gruppi occorre poi distinguere quelli “horizontales de orden interno” e quelli “ de orden externo”. Nei primi – aggiunge l’Autore - “el vinculo contractual origen del grupo determina la cooperaciòn de la sociedades y su sujection a la directiòn unitaria, pero non produce un reflejo ad extra de la organizaciòn “. 6 Cfr., sul punto, Vecchi, Il Gruppo cooperativo, Cit.; cfr. anche Carboni, Le imprese cooperatrici e le mutue assicuratrici, in Trattato Rescigno Utet. 2 come è stato, infatti, assai opportunamente osservato, se ( … ) ripercorriamo la storia del movimento cooperativo ci rendiamo conto che il fenomeno della integrazione fra cooperative è, forse, ancora più antico rispetto al fenomeno della integrazione tra società di capitali.7 Invero, le ragioni che hanno portato al lento percorso di cristallizzazione di questa situazione sono molteplici e forse, con un notevole sforzo di sintesi, riconducibili al problema di una presupposta (e presunta) scarsa conciliabilità tra le logiche del sistema cooperativo ed i cardini, tradizionalmente intesi, dell’impostazione delle categorie concettuali del gruppo : il verticismo, il controllo, l’eterodirezione.8 E’ pur vero, d’altra parte, che questa tradizionale propensione all’integrazione non è rimasta, nell’evoluzione della legislazione cooperativa, priva di concrete attualizzazioni normative; le manifestazioni più evidenti di tale spinta si trovano, ovviamente, in una delle pagine legislative nevralgiche del settore cooperativo : la c.d. Legge Basevi ed, in particolare, nella disciplina dei consorzi di cui agli articoli 27, 27bis, 27 ter. 9 Stiamo parlando, è bene precisare, di aggregazione in forma consortile.10 A ben vedere, di gruppi in senso proprio dottrina e giurisprudenza cominciarono a parlare solo dopo l’introduzione, ad opera dell’articolo 18 della Legge 72 del 1983 (c.d. Legge Visentini)11, dell’articolo 27-quinquies della stessa legge Basevi, disposto che, pur non facendo esplicito riferimento al Cfr. Sabatini R., Il gruppo di società, in www.ordineavvocatipadova.it, pubblicato il 15.06.2004. Cfr., sul punto, l’opinione, molto interessante, di Genco R., Gruppi Cooperativi e gruppo cooperativo paritetico, atti del seminario Gruppi cooperativi, gruppi di società, consorzi e raggruppamenti di imprese, organizzato da Scuolacoop, svoltosi in Montelupo Fiorentino il 27 ottobre 2004, estratto tratto da La Cooperazione Italiana, n. 11 Novembre 2004, che osserva :Il regime dell’impresa è sempre stato contrassegnato dalla inconciliabilità tra le regole cooperative ed il carattere verticale dei gruppi societari, fondato sul controllo dall’esterno, sulla eterodirezione e quindi sulla necessaria presenza di un ente dominante e fornito di poteri tali da garantire il coordinamento della pluralità di imprese operanti nell’ambito del gruppo. ( … ) Essenzialmente per questo motivo, prima della riforma del 2003, la nozione di gruppo cooperativo, oramai entrata nell’uso comune presentava caratteri in gran parte anomali ed eterogenei rispetto alla nozione di gruppo utilizzata per le società lucrative. Il una prima accezione, infatti, il gruppo coincideva sostanzialmente con i caratteri organizzativi del consorzio, cioè in una forma di collaborazione imprenditoriale certamente coerente con lo scopo mutualistico, suscettibile di adeguarsi alla regola della porta aperta, e quindi di dare vita ad esperienze di aggregazione anche si vasta scala ma che peraltro si caratterizza per la tendenziale assenza di strumenti coercitivi da parte della capogruppo. Anzi, proprio le caratteristiche dell’esperienza consortile fanno pensare ad una sorta di gruppo rovesciato, in cui la (pseudo) capogruppo rappresenta uno strumento di servizio alle imprese partecipanti e subisce le loro scelte di coordinamento piuttosto che esserne l’artefice. E’ sostanzialmente a questo modello di aggregazione che fa riferimento la nozione di gruppo cooperativo, adottata al fine di circoscrivere le possibilità di raccolta di risparmio da parte delle imprese cooperative, contenuta nella disciplina emanata dal C.I.C.R. e dalla Banca d’Italia a seguito dell’attuazione dell’art. 11 del Testo Unico Bancario ( Deliberazione C.I.C.R., 3 marzo 1994 e relativo aggiornamento alle Istruzioni di vigilanza emanate dalla Banca d’Italia, del 28 giugno 1995 ). 9 Cfr. D.P.C.P.S. n. 1547 del 1947, c.d. Legge Basevi, sul punto, B. Pagamici, La società cooperativa dopo la riforma del diritto societario ( D. Lgs. N. 6/2003 ), Esselibri Simone, Milano, 2003. Interessante anche Sabatini R., Il gruppo di società, cit. in cui l’Autore menziona, quali esempi di recepimento normativo dell’esigenza di integrazione che caratterizza il sistema cooperativo, la l. 19 aprile 1906 n. 126 recante disposizioni per le società cooperative di produzione e lavoro il cui unico articolo consentiva di ricorrere alla trattativa privata, ove non fosse già stata disposta la licitazione, quando le cooperative, che partecipavano alle pubbliche gare, associate presentassero sufficienti garanzie di solidità e di solvibilità. La cosa più logica e naturale – osserva ancora l’Autore - viste anche le esperienze politiche allora fatte e le finalità perseguite, era cercare di raggiungere forme di integrazione tra singole cooperative, forme di associazione che vennero, ben presto, riconosciute dallo stesso legislatore. La linea di sviluppo del movimento cooperativo portava, peraltro, a cercare forme di integrazione ove non esistesse una sovraordinazione di alcuno rispetto agli altri, ma una pariteticità tra chi partecipava a queste forme associative. Per questo le prime forme di integrazione fra cooperative furono quelle associative e consortili. A questo proposito bisogna rammentare la l. 11 luglio 1899 , n. 6216 come modificata dalla l. 12 maggio 1904 n. 178 recante modifica all’art. 4 della l. 11 luglio 1899 , n. 6216 per cui era possibile stipularsi a licitazione privata contratti per appalto di lavori e di servizi pubblici con associazioni cooperative. Il passo successivo fu quello del riconoscimento non più dell’associazione di cooperative di una struttura societaria e dotata di completa autonomia patrimoniale. Questa prima forma è rappresentata dal consorzio ammissibile ai pubblici appalti, prevista dalla legge sui consorzi già ricordata sopra e con il suo regolamento attuativo R.D. 12 febbraio 1911 n. 278 recante approvazione del regolamento relativo alla concessione di appalti a società cooperative di produzione e lavoro e alla costituzione del consorzio di cooperative per appalti pubblici. L’evoluzione legislativa a proposito delle forme di integrazione fra cooperative è partita dal riconoscimento delle loro associazioni, poi dei consorzi ammissibili ai pubblici appalti, dei consorzi tout court con la legge Basevi più volte citata ed, infine, ha portato, con l’introduzione dell’art. 27 quinquies della legge Basevi, a gruppi verticali ove capo gruppo potessero essere cooperative controllanti società di capitali. 10 Sul punto, se pur da diversa angolazione, si tornerà in seguito, al paragrafo 2. 11 L’articolo 27 quinquies così recita le società cooperative ed i loro consorzi possono costituire ed essere soci di società per azioni ed a responsabilità limitata; come detto nel testo dell’la disposizione è stata introdotta dall’articolo 18 della c.d. Legge Visentini, del 19 marzo 1983, n. 72 ( in Gazz. Uff., 23 marzo, n. 80 ), Rivalutazione monetaria dei beni e del capitale delle imprese; disposizioni in materia di imposta locale sui redditi concernenti le piccole imprese; norme relative alle banche popolari, alle società per azioni ed alle cooperative, nonché disposizioni in materia di trattamento tributario dei conti interbancari. 7 8 3 concetto di gruppo cooperativo - definizione frutto di interpretazione dottrinale e giurisprudenziale affermava il principio per cui le società cooperative ed i loro consorzi possono costituire ed essere soci di società per azioni od a responsabilità limitata. Veniva, in buona sostanza, individuata nella cooperativa la holding di un gruppo di società di capitali; il disposto in questione ha avuto, senza dubbio, il pregio di segnare, sotto molteplici profili, il superamento dell’annosa questione relativa all’ammissibilità della partecipazione di una cooperativa ad una società lucrativa, consentendo la partecipazione di una cooperativa a società di capitali a mezzo del rinvio di cui all’articolo 2516 c.c., e con l’unico limite previsto dall’articolo 2361 c.c., laddove statuiva che l’assunzione di partecipazione in altre imprese non è consentito per la misura e l’oggetto della partecipazione se risulta sostanzialmente modificato l’oggetto della società12. In tema di gruppi di cooperative non si può, da ultimo, non fare menzione della deliberazione C.I.C.R. del 3 marzo 1994 e della relativa circolare di Bankitalia, contenente un’accurata definizione del gruppo di cooperative ai fini, naturalmente, dell’esercizio dell’attività finanziaria13. Un’ultima precisazione, sebbene, forse, suoni come un pleonasmo; si è fatto cenno alla legge Basevi : per evitare equivoci è bene precisare come la riforma del 2003 non abbia né abrogato né modificato gli articoli 27 bis, ter e quinquies della normativa in discorso, ciò in virtù di quanto previsto nel novellato articolo 2520 c.c., laddove statuisce che le cooperative regolate da leggi speciali sono soggette alle disposizioni del presente titolo in quanto compatibili14. PARTE II GRUPPO E CONSORZIO 2. UNA PRIMA QUESTIONE, GRUPPO O CONSORZIO O GRUPPO E CONSORZIO? Come detto, il gruppo ha la sua base in un contratto tipico, così come definito dal legislatore in apertura dell’articolo 2545-septies; il disposto in questione indica specificatamente la causa del contratto, precisando che esso è diretto a regolare, anche in forma consortile, la direzione ed il coordinamento delle rispettive imprese; non sfugge all’attenzione del lettore il riferimento alla forma consortile, sì che tale inciso, come sottolineato da alcuna dottrina in sede di primo commento, invoglierebbe ad includere teoricamente nell’area di applicazione delle norme il variegato mondo dei consorzi di cooperative quale delineato soprattutto dagli articoli 27-27 quater del d.lgs. C.p.S. 14 dicembre 1947 n. 1577 (nel testo introdotto dall’art. 5 l. 17 febbraio 1971 n. 127) 15. L’assunto ha, in sostanza, indotto buona parte dei commentatori a porsi la questione della riconducibilità immediata al modello del Gruppo Cooperativo Paritetico delle forme consortili presenti prima dell’entrata in vigore della novella. Sul punto, la medesima dottrina ha evidenziato come sembrerebbe doversi istituire un rapporto di specialità tra norme che sarebbe d’ostacolo all’applicazione, in questo campo, della disciplina dei consorzi di cui all’articolo 2602 c.c.16. Cfr., sul punto, M. Pizzigati, Il gruppo cooperativo paritetico nelle previsioni della riforma, in (a cura di) Rizzi, La riforma del diritto societario per le cooperative : testi normativi coordinati con la relazione ministeriale e primi commenti, Franco Angeli, Milano, 2003. 13 Cfr. Deliberazione CICR 3 marzo 1994 (in Gazz. Uff., 11 marzo, n. 58), Disciplina della raccolta del risparmio ai sensi dell'art. 11 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 ( testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ); nel Provvedimento in questione di legge: nel caso in cui più soggetti di natura cooperativa partecipino congiuntamente al capitale di una società esercente attività finanziaria, la raccolta di risparmio effettuata da tale società presso le cooperative non è sottoposta ad alcun vincolo, purché i finanziamenti della partecipata siano rivolti in via esclusiva alle cooperative partecipanti o a loro controllate e la complessiva operatività della società medesima sia riservata in via prevalente i rapporti con le cooperative e tali vincoli devono risultare dallo statuto della società partecipata. 14 Cfr., sul punto, Zecchino, Le linee guida della riforma, in Nuove società per un nuovo mercato - La riforma delle società commerciali, testo coordinato da Vietti, Salerno Editrice, 2003; l’Autore così sintetizza Il legislatore delegato non ha potuto spingersi sino a dettare una disciplina capace di assorbire la legislazione cooperativistica relativa a ciascun settore né ha potuto modificare gli statuti disciplinari di ciascuna tipologia cooperativa. In realtà, in conformità con le prescrizioni della legge 366/01, si è limitata alla sola disciplina generale ( … ). Pertanto gli statuti disciplinari della singola impresa cooperativa continueranno ad essere dettati anche dalle singole leggi speciali che oggi li regolano. Per quanto riguarda, nello specifico, il fenomeno aggregativo in forma consortile si considerino, per un confronto, gli artt. 27, 27bis e 27ter della Legge Basevi, modificato dall’articolo 5 della L 07.02.1971, n. 127. 15 Cfr. Ceccherini, Schiro’, Società Cooperative e Mutue Assicuratrici, in La Riforma del Diritto Societario, a cura di G. Lo Cascio, Giuffrè Editore, Milano, 2003. 16 Cfr., sul punto, ancora Ceccherini, Schiro’, Op. Cit., che, in punto di analisi dell’articolo 2545-septies, così riferiscono: molto problematica si prospetta la possibilità di quantificare come gruppo di cooperative, a norma della disposizione in esame, un consorzio di 12 4 Non sembra, però, opportuno e necessario ricercare un difficilmente spiegabile nesso di specialità per definire la dimensione qualitativa del rapporto tra la disciplina del Gruppo e quella del Consorzio; sembra, invece, più conforme alla ratio dell’istituto individuare nel contratto di gruppo uno strumento finalizzato a precisare i termini della direzione e del coordinamento applicabile anche in regime consortile.17 A modesto avviso di chi scrive, la risposta all’obiezione dottrinale è nella stessa lettera della norma : il contratto di gruppo è uno strumento per la gestione unitaria di una o più funzioni, ben sovrapponibile, con la dovuta accortezza contrattuale, ad una situazione consortile. 3. LA “GOVERNANCE”, TRA ENTITÀ CONSORTILI E CONTRATTI DI GRUPPO Il disposto civilistico, si è detto, richiede esplicitamente che il contratto indichi con precisione la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo con puntuale determinazione dei i relativi poteri; si tratta di una delle sostanziali novità introdotte con l’istituto del G.C.P. Viene, in buona sostanza, individuata, in sede contrattuale, la cooperativa (o le cooperative) cui sarà attribuita la generale responsabilità per quanto attiene la direzione complessiva del Gruppo. L’inciso in base al quale cooperative diverse possono, anche in forma consortile disciplinare la direzione ed il coordinamento delle proprie imprese, richiama all’attenzione della presente analisi il complicato problema della conciliabilità tra la presenza dell’entità giuridica consortile, da una parte, e la scelta della gestione paritetica di gruppo dall’altra. L’unico elemento che ci si limita a trarre con certezza è il fatto già rilevato che la presenza di una forma consortile preesistente non faccia venire meno l’obbligo civilistico di individuazione, in seno al costituito G.C.P., della cooperativa capogruppo e la determinazione dei relativi poteri. Sembra pertanto plausibile che anche le cooperative aderenti ai consorzi cooperativi in senso stretto, costituiti ai sensi della legislazione civilistica e speciale previgente la riforma del diritto societario, possano stipulare il contratto di “gruppo”, al fine di assicurare la direzione e il coordinamento di determinate fasi funzionali delle imprese stesse (anche di quelle non consorziate). Si può, in conclusione, sostenere che la direzione e il coordinamento di gruppo possano essere svolti ed esercitati su segmenti del ciclo produttivo o su funzioni che formino già oggetto del contratto di consorzio. PARTE III ELEMENTI DI GOVERNANCE 4. L’INTENZIONE DEL LEGISLATORE DELEGANTE, CONTRATTO ESIGENZE DI PARTECIPAZIONE PARITETICA “DI DOMINIO” ED Torniamo all’origine, la legge delega 366/2001. Il disposto in discorso, al menzionato articolo 5, comma 1, lett. f), nel definire i principi generali sui quali costruire l’istituto in discorso, prospetta l’immagine del Gruppo cooperativo quale insieme formato da più società cooperative, anche appartenenti a differenti categorie, con la previsione che lo stesso, esercitando poteri ed emanando disposizioni vincolanti per le cooperative che ne fanno parte, configuri una gestione unitaria18; il fine sostanziale, raccolto e declinato dal legislatore, era, dunque, quello di realizzare un sistema coordinato, cooperative, costituito anteriormente alla Novella, sulla base di un contratto il cui contenuto difficilmente sarebbe sovrapponibile a quello della disposizione in commento,. In merito ai dubbi relativi alla concreta applicabilità della disciplina dei consorzi di cui all’art. 2602 c.c., gli Autori richiamano il parere negativo di Volpe-Putzolu, I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia diretto da Galgano, IV, Padova, 1981, 354; in senso contrario Cfr. Bassi, Delle imprese cooperative, Cit. 17 Cfr., sul punto, Iengo, Fare gruppo secondo la legge, in Rivista della Cooperazione, n. 1/2005, genn.- marzo 2005, p. 19, Ed. Luzzatti, Roma che, in senso conforme, precisa: Non è infatti trascurabile l’ipotesi del G.C.P. in versione strumentale agli obiettivi consortili classici, riferendosi, in particolare, al caso di cooperative aderenti ad un consorzio cooperativo, le quali decidano di stipulare un contratto di G.C.P. allo scopo di svolgere determinate funzioni secondo le modalità tipiche del consorzio stesso ( servizi finanziari, di segretariato e/o informatici, consulenza legale o tributaria, etc… ). 18 Cfr., Legge delega 366/2001, art. 5, comma 1, lett. f). 5 unitario non necessariamente finalizzato ad un unico obiettivo di azione imprenditoriale congiunta e gestita attraverso l’individuazione, all’interno del Gruppo, di un soggetto prevalente. Il Legislatore delegante chiedeva, in sostanza, che il collaudato e menzionato sistema consortile venisse affiancato da un istituto ulteriore e nuovo, idoneo a rappresentare una modalità ulteriore di coordinamento e collaborazione tra imprese cooperative19, generata dalla presenza di un contratto tipico e dotato di ampia autonomia. Una prima osservazione: la previsione per cui una o più cooperative possano assumere la funzione di indirizzo e di coordinamento delle altre, ha indotto parte dei commentatori a ricondurre il contratto di gruppo al novero dei così detti contratti “di dominazione” e ad accostarlo nei suoi tratti fondamentali, come proposto da alcuni commentatori, al modello di contratto “di dominio” latamente assimilabile, per alcuni specifici tratti, a quello tradizionalmente caratterizzante la disciplina dei gruppi nel sistema tedesco.20 Alla luce di tale premessa, risulta di facile comprensione il motivo per cui buona quella stessa dottrina si sia (legittimamente) posta la questione della compatibilità tra le norme disciplinanti un rapporto c.d. di dominio ed i principi reggenti l’impalcatura civilistica del modello cooperativo, soprattutto con riferimento alla spiccata rilevanza che in tale sistema assumono le esigenze di mutualità e di democrazia dei meccanismi decisionali nonché, da ultimo, alle esigenze di partecipazione paritetica delle parti contrattuali espresse nella stessa lettera dell’articolo 2545-septies. Non è un caso che alcuni tra i primi autorevoli commentatori siano giunti ad avanzare dubbi sulla stessa legittimità dell’applicazione dello schema del contratto “di dominio” nel senso sopra specificato : si è, in particolare, sostenuto che tale forma contrattuale, comportando un’evidente decurtazione quantitativa e qualitativa dell’autonomia imprenditoriale, potrebbe essere contraria a norme di diritto inderogabili sul presupposto che il fenomeno del controllo, presupposto necessario, ma non sufficiente del crearsi di un gruppo, su base azionaria è consentito tra cooperative e società di capitali, ma diviene assai più problematico tra cooperative21. La questione tocca il cuore dell’istituto ed investe il senso complessivo del richiamo testuale che l’articolo 2545-septies compie al meccanismo della direzione e coordinamento; proprio da questo richiamo è opportuno partire, cercando, però, ed è questo l’avviso di chi commenta, di evitare che questa difficile ricerca di equilibrio assuma le forme ed i caratteri di una sterile guerra dei giusti, lontana dal senso complessivo del dettato normativo ma, soprattutto, lontana dalle delicate ed intense tensioni economiche ed organizzative che stanno attraversando il sistema cooperativo. Cfr. M. Iengo, Il gruppo cooperativo paritetico, in Rivista della Cooperazione, Febbraio 2004, Ed. Luzzatti, Roma; si segnala anche R. Mosconi, Il gruppo paritetico ed il consorzio nel sistema cooperativo, in Diritto e pratica societaria, 2003, 24, 48; sul gruppo bancario R. Costi, Gruppo Bancario cooperativo paritetico, in Banca borsa e titoli di credito, 2003, Vol. 56, fasc. 4, p. 379. 20 Cfr. R. Vecchi, Gruppo cooperativo, cit.; per un’analisi comparatistica si segnala A. Frenda, Analisi delle legislazioni e delle prassi contabili relative ai gruppi di imprese nei paesi dell’Unione Europea, Pubblicazione dell’Istituto Nazionale di Statistica, Dipartimento delle Statistiche Economiche, Servizio “Archivi statistici sulle unità economiche”, in www.istat.it. Per completezza riporto, in nota, alcuni sintetici cenni relativamente al sistema tedesco : una prima disciplina dei gruppi venne introdotta in Germania nel 1965 con l’istituzione del modello della Aktiengellshaft (anche AG), la società per azioni, regolato in Germania dalla Aktiengesetz (anche AktG) del 06.09.1965 e successive modificazioni. L’AktG individua, al paragrafo 291, due contratti di impresa tipici ed al successivo paragrafo 292 gli altri contratti. Il contratto di dominazione è inteso, in via generale, come il contratto mediante il quale una AG o una KgaA affida la propria direzione ad un’altra impresa; da tenere distinto rispetto al contratto di trasmissione degli utili, attraverso il quale una società si obbliga a trasmettere tutti i propri utili da un’altra società. Quanto è stato stipulato un contratto di dominazione, la società dominante è legittimata ad impartire istruzioni all’organo amministrativo dell’altra società, anche con riguardo alla gestione. Salvo che sia diversamente stabilito nel contratto, le istruzioni possono anche essere pregiudizievoli per la società controllata (nachteilig fur die Geselleshaft), purché siano utili per realizzare un interesse dell’impresa dominante o delle società costituenti il gruppo; sulla questione Cfr. Siebel, Ulf. R., La legge tedesca del 1965 sulle società per azioni, Milano, 1971; J. Vortman, Die Kleine AG, Augsburg, 1996; Cfr. anche, S. Khoudja, Corporate Governance in Germany – The recent changes, 2003, in www.archivioceradi.luiss.it. 21 Cfr. R. Vecchi, Il gruppo cooperativo, cit. per una definizione dello scopo mutualistico cfr. Calandra – Buonaura, Lo scopo mutualistico nel progetto di riforma delle cooperative, in Il nuovo diritto societario tra società aperte e società private, a cura di Benazzo, Patriarca, Presti, Giuffrè, Milano, 2003, 189 ss. 19 6 5. CONTRATTO DI GRUPPO ED AUTONOMIA, LA FLESSIBILITÀ NELLE RELAZIONI IMPRENDITORIALI Venendo, più in dettaglio, ai risvolti applicativi dell’istituto si deve, da subito, porre in evidenza come il gruppo cooperativo paritetico si costituisca mediante la stipula di un contratto a mezzo del quale più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese. Il dato giuridico e materiale di partenza è, dunque, proprio l’ampia autonomia contrattuale con cui il Legislatore ha inteso configurare l’istituto. Ampia autonomia può anche significare, a seconda dell’attitudine invasiva (quantitativa e qualitativa) delle scelte contrattuali, un’ampia attribuzione dei poteri di direzione e coordinamento alla capogruppo e, dunque, un’altrettanto ampia decurtazione del potere di autogoverno delle singole imprese aderenti. Ecco, dunque, la prima attualizzazione del nodo nevralgico accennato nei primi due paragrafi. Per immaginare l’azione del G.C.P. si deve, dapprima, compiere un’opera definitoria che sintetizzerei nella necessità che l’interprete (e l’imprenditore) si ponga le seguenti questioni : a) quali tra le funzioni imprenditoriali delle cooperative partecipanti al contratto di gruppo, possono essere condizionate dall’opera di direzione e coordinamento svolta dalla capogruppo; b) quali possano essere i meccanismi “istituzionali” che consentano un efficace perseguimento degli obiettivi del gruppo; c) quali ricadute l’applicazione di tali principi possa avere sulla dimensione democratica delle società firmatarie del contratto e sull’esigenza di partecipazione paritaria affermate dalla lettera della norma. 6. DIREZIONE E COORDINAMENTO, L’ENTITÀ DEL RICHIAMO AGLI ARTT. 2497C.C. SS. ALLE DISPOSIZIONI DI CUI Nel presente e successivo paragrafo si proverà, dunque, a compiere qualche embrionale passaggio interpretativo, nel tentativo di gettare le basi per rispondere alle questioni poste in chiusura del precedente passaggio. Si è detto del richiamo che l’art. 2545 compie al concetto di direzione e coordinamento e che tale richiamo sembrerebbe rendere naturale il ricorso al sistema di norme di cui agli artt. 2497 ss. c.c. in quanto applicabili, laddove si disciplina, per l’appunto, la Direzione ed il coordinamento di società.22 Vi è, al proposito, da segnalare la posizione di chi, in dottrina, ha avanzato, relativamente alla certezza del richiamo agli articoli 2497 ss. forti perplessità evidenziando, in particolare, come la specialità della disciplina del Gruppo Cooperativo paritetico, sarebbe di ostacolo all’applicazione di quella dettata in generale per le società di capitali, il gruppo paritetico, in sostanza, presentando profili e problemi ben differenziati, non si lascerebbe facilmente assimilare al gruppo controllato da una società.23 Bisogna però, si ribadisce, evitare il rischio che la questione assuma i contorni di un falso problema. Non si dimentichi, infatti, ed è questo, ad avviso di chi scrive, il primo e nodale dato che l’interprete dovrà considerare : il richiamo alla disciplina dei gruppi di società di capitali non sfugge ad un’analisi sulla concreta compatibilità ed applicabilità di quella stessa disciplina al complesso di regole che disciplinano il sistema cooperativo. L’Art. 2545 septies, si rammenta, definisce testualmente il Gruppo come il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione ed il coordinamento delle proprie imprese. 23 Cfr. Ceccherini, sub. art. 2545-septies, Cit., che aggiunge : Quanto alla necessità che sia indicata la cooperativa o le cooperative a cui è attribuita la direzione di gruppo, con specificazione dei relativi poteri, la prescrizione sarebbe superflua nel caso in cui il consorzio di cooperative, come è attualmente di regola, possieda una propria personalità giuridica, che lo designa automaticamente a luogo delle decisioni concernenti le cooperative consorziate. Proprio questo – conclude l’Autore – dimostra come il nuovo istituto, pur potendo assumere la forma del consorzio, costituisce una figura nuova e tipica, che differisce per diversi aspetti sia dal gruppo di società e sia dal consorzio, quali sono disciplinati autonomamente dal codice civile . 22 7 E’, questa, la regola che disciplina in maniera generale l’operatività del meccanismo del richiamo normativo e dell’applicazione delle norme sulle società di capitali alla forma cooperativa. Ciò detto è logica conseguenza evidenziare come nemmeno la novella che stiamo analizzando sfugga alla “scure” della concreta applicabilità. Sarà certamente interessante analizzare a freddo i primi esiti applicativi per rendersi conto della direzione verso la quale la prassi si dirigerà; per adesso possono solo delinearsi alcuni scenari, sulla base di una sostanziale e condivisibile constatazione : la soluzione dei problemi dipenderà, in larga misura, dalla natura dei soggetti che compongono il gruppo e dagli obiettivi che saranno individuati in sede contrattuale e proprio in ragione di questi ultimi, potranno essere precisate le funzioni imprenditoriali lasciate all’attività di direzione e coordinamento della Capogruppo o, di converso, potranno essere specificati gli ambiti di autonomia gestionale delle cooperative partecipanti 24. Veniamo, invece, all’affermazione di presunta integrale inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 2497 c.c. ss. e sulle vie alternative che la prima dottrina offre. In proposito una posizione merita particolare interesse per la lucidità e concretezza del principio che esprime: nella negazione di efficacia di un qualsivoglia richiamo all’assetto concettuale della “direzione” si compirebbe, ad un tempo, un generico rinvio all’altro carattere dell’azione di gruppo, il “coordinamento”, ciò per rispondere all’esigenza di evitare possibili equivoci interpretativi attraverso l’autonoma previsione in precedenza accorpata nell’art. 2407sexies, co. 2, delle ipotesi in cui l’attività di direzione e coordinamento sia esercitata sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti. E’ così che, secondo autorevole dottrina, il Legislatore avrebbe inteso conseguire un duplice risultato: evitare di confondere il controllo c.d. verticale con il controllo paritetico ed orizzontale ed estendere anche a tali ipotesi la disciplina che la norma dedica ai gruppi di società.25 Il che significa, in sostanza, richiamare il complesso di norme dedicate ai gruppi in maniera analogica e, come si diceva in principio di paragrafo, “in quanto compatibili” cercando proprio nel concetto normativo di “coordinamento” l’equilibrio tra le pulsioni verticistiche ed i tratti caratterizzanti la governance in ambito cooperativo. 7. LA DISTRIBUZIONE DEGLI SVANTAGGI E DEI VANTAGGI, CENNI Veniamo agli interessi in rilievo. E’ chiaro come il riconoscimento di una “direzione unitaria”, comunque interpretata, implichi necessariamente l’esistenza <un interesse di gruppo, inteso come perseguimento di scopi comuni, anche trascendenti gli obiettivi delle singole società26. E’, senza dubbio, nella ratio della riforma concepire il G.C.P. come una modalità di esercizio di attività imprenditoriale finalizzato a generare un processo di azione congiunta di diverse imprese, tenendo fermo il principio della equilibrata distribuzione degli oneri e dei vantaggi, in un’ottica che non avrebbe ragioni di discostarsi dal generale intento mutualistico. Parte della dottrina, riflettendo sulla normativa relativa alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese, si è orientata a considerare la direzione unitaria in termini di attività diretta a coordinare la politica economica e le strategie complessive delle società collegate, imprimendo un’identità o conformità di indirizzi operativi a una pluralità di soggetti distinti, in modo che il gruppo viene ad essere gestito come se si trattasse di una sola impresa.27 Cfr. ancora Iengo, Op. Cit. Fiale, Diritto Commerciale, XVII Edizione, Simone, Milano, 2006. 26 Cfr. Cassazione Civile, Sezione I, 05.12.1998, n. 12325. Se pur risalente, si segnala anche, per la logicità espositiva, Tribunale di Verona, sentenza del 31.01.1991, laddove si è affermato il principio per cui nell'ipotesi di gruppo societario, caratterizzato dall'esistenza dell'unitarietà di direzione operativa tra più società costituiscono gravi irregolarità rilevanti ex art. 2409 c. c., le attività gestionali che determinano un consistente travaso di risorse dalla società controllata alla società controllante in modo totalmente sbilanciato a favore di quest'ultima, la quale venga a godere di una ingiustificata posizione privilegiata, con pregiudizio del socio di minoranza della società controllata il riferimento è, ovviamente, all’articolo 2409 ante riforma, rubricato Denunzia al tribunale, oggi novellato dal D.lgs. 6/2003. 27 Cfr. ancora Iengo, Op. Cit. il riferimento è al Cfr. Decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (in Gazz. Uff., 9 agosto, n. 185). Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della l. 30 luglio 1998, n. 24 25 8 Il primo dato su cui riflettere è, dunque, rappresentato dalla necessità che la gestione in forma di Gruppo di diverse attività imprenditoriali generi o, almeno, sia finalizzato a generare, un plusvalore in termini di operatività prima che reddituali. Tale plusvalore, che la Giurisprudenza ha storicamente individuato nella miglior gestione dell’interesse dei singoli componenti del gruppo attraverso il perseguimento di diversi e comuni scopi, anche trascendenti gli obiettivi delle singole società, deve, nel G.C.P. essere identificato nel vantaggio derivante dalla gestione unitaria delle imprese e dalla ricaduta necessariamente equitativa che sulle stesse tale vantaggio dovrebbe avere. 8. CRITERI DI COMPENSAZIONE LA DEFINIZIONE DELL’EQUILIBRIO DI DISTRIBUZIONE DEI VANTAGGI DERIVANTI DALL’ATTIVITÀ COMUNE, LE CONDIZIONI DI ACCESSO ED IL RECESSO PER PREGIUDIZIO PER MANCATO CONSEGUIMENTO DEI RISULTATI PROGRAMMATI COME MECCANISMO DI DIFESA Alla luce del dettato normativo, ad ogni singola cooperativa è consentito di recedere dal contratto, senza imposizione di oneri di alcun tipo, qualora, per effetto dell’adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci; a ciò di aggiungano, per i singoli soci di società soggette all’altrui direzione e coordinamento, i diritti previsti nel fondamentale disposto di cui all’art. 2497-quater c.c.,28. Oltre ad assicurare vantaggi alle cooperative, l’attività di gruppo deve, dunque, svolgersi in maniera tale da non pregiudicare il servizio mutualistico verso i soci da non ridurre i livelli di democrazia e di partecipazione ai processi decisionali da parte dei soci.29 Le norme in esame, insieme a quelle contenute negli articoli 2497 e ss. del cod. civ., rendono, dunque, identificabile – conformemente agli ultimi orientamenti della giurisprudenza - un “interesse di gruppo”, in virtù del quale una società per il solo fatto di essere inserita in un’aggregazione più vasta, creata per esigenze obiettive di coordinamento e di razionalizzazione dell’attività imprenditoriale, viene non di rado a conseguire vantaggi che la compensano dei pregiudizi eventualmente subiti per effetto di altre operazioni: è, appunto, la declinazione, nella dimensione del gruppo, della teoria dei vantaggi mutualistici.30 Per quanto attiene, nello specifico, al contenuto dei criteri di compensazione ed equilibrio, essi vanno riferiti al concetto di mutualità di gruppo 31. Si tratta, ancora una volta, di un problema di non facile soluzione se si considerano i confini ancora sfumati del concetto di mutualità.32 Anche sul punto in questione vi è ampia delega di autonomia alle parti le quali potranno liberamente disciplinare le condizioni dell’adesione. La disciplina del recesso richiede, ovviamente, una particolare attenzione perché dovrà compensare la durata illimitata del gruppo e quindi prevedere la possibilità per il partecipante di poter recedere ed infine, dovrà essere previsto nel caso in cui l’adesione al contratto risulti particolarmente pregiudizievole per i soci della singola cooperativa aderente. 274, art. 90, Responsabilità nei casi di direzione unitaria ; l’articolo in discorso statuisce che nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori delle società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa in conseguenza delle direttive impartite . 28 La trasformazione della capogruppo che implica il mutamento del suo scopo sociale ovvero modifica del suo oggetto sociale che alteri in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione e coordinamento; condanna di chi esercita attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’articolo 2497. 29 Cfr. ancora Iengo, Op. Cit. 30 Cfr. ancora Iengo, Op. Cit. 31 Cfr. ancora R. Vecchi, Op. Cit. 32 Cfr., per un approfondimento A. Rizzi, La riforma del diritto societario per le cooperative: testi normativi coordinati con la relazione ministeriale e primi commenti, Ed. Soluzioni Cooperative Manuali, Elabora/Confcooperative, Roma, 2003 oppure M. Vietti, già sottosegretario del Ministero della Giustizia, “Nuove società per un nuovo mercato, La riforma delle società commerciali”, Salerno Editrice, Roma, 2003. 9 9. LA LEGITTIMAZIONE ALLA STIPULA E LE RICADUTE SUL PIANO DELLA DECURTAZIONE DELL’AUTONOMIA MANAGERIALE Molto si è discusso in merito a taluni elementi attinenti natura e la portata del contratto in discorso correlando le problematiche alla vexata quaestio della giustificazione del condizionamento che le direttive della Capogruppo eserciteranno sulle decisioni degli amministratori delle imprese aderenti al GCP. Da qui l’esigenza, da molti avvertita, che vi siano richiami espliciti nelle carte statutarie di tutti i soggetti coinvolti, soprattutto nella parte relativa alla governance.33 Pragmaticamente ci si dovrebbe chiedere se il generico richiamo alle logiche associazionistiche ed alle partecipazione di impresa abitualmente contenuti negli statuti, siano da considerarsi requisiti sufficienti ed idonei a fondare la forte limitazione, in termini di autogoverno decisionale, ontologicamente connessa all’adesione ad G.C.P. in qualità di controllata. Si dovrebbe, ad avviso di chi scrive, ritenere che tale richiamo, per quanto generico, se letto congiuntamente alla ordinaria disciplina della governance, dovrebbe considerarsi condizione sufficiente. L’Organo amministrativo viene infatti, con ancora maggiore intensità nell’ottica della riforma societaria del 2003, investito dei più ampi poteri per la gestione della società, esclusi solo quelli riservati all’Assemblea dalla legge. Questo ultimo punto merita qualche considerazione : ad una prima analisi, l’entrata in un gruppo con conseguente limitazione, più o meno ampia, degli ambiti di autonomia gestionale della società, sarebbe da ricondurre al concetto di amministrazione della società, avendo riguardo del disposto del novellato articolo 2380-bis, che, al primo comma, afferma l’esclusività dell’operato degli amministratori nel compimento delle operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.34 La questione assumerebbe, pertanto, rilievo unicamente in presenza di eventuali margini di impugnabilità della delibera Consigliare che autorizza la partecipazione al gruppo. Il problema rientra, in sostanza, nel più generale problema dell’impugnabilità, da parte del socio, delle delibere direttamente lesive dei propri diritti soggettivi.35, è un problema che, per ora, è preferibile lasciare sullo sfondo in attesa dei primi esiti applicativi, lasciando alla competenza esclusiva del Consiglio di Amministrazione la deliberazione in merito alla partecipazione, in qualità di mandatario investito delle più ampie funzioni di amministrazione e direzione della società rappresentata. Tornando al contratto ed al problema della governance del Gruppo, sembra, ancora una volta, opportuno fare riferimento alla norma contenuta nell’articolo 2497 ter, secondo la quale le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa influenzate, debbano essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione. Di esse deve, peraltro, essere dato adeguato conto nella relazione sulla gestione di cui all’articolo 2428; la disposizione ha l’evidente scopo di rendere trasparenti i rapporti in seno al gruppo e tra le imprese e i rispettivi soci, evitando, in tal modo che possano essere avviate operazioni illegittime.36 10. LA RESPONSABILITÀ DELLA CAPOGRUPPO; IL MONITORAGGIO COMPENSAZIONE TRA VANTAGGI ED EVENTUALI PREGIUDIZI DELLA Veniamo al delicato tema della responsabilità della capogruppo, disciplinato dall’art. 2497 c.c., richiamato, ovviamente, con tutte le precisazioni di cui ai paragrafi precedenti. Cfr. Ancora Iengo, Op. Cit. Cfr., in senso conforme, R. Genco, Gruppi cooperativi e gruppo cooperativo paritetico, Cit. L’Autore, sulla questione, così conclude Il punto di partenza è rappresentato dal silenzio normativo in merito, che può essere ovviato considerando il contratto di gruppo come una delle possibili modalità di gestione dell’impresa individuando, quindi, la relativa competenza in capo agli amministratori. La validità generale ti tale conclusione sembra discendere dalla regola di tipicità degli atti dell’assemblea (2364 ss. c.c.) e dalla attribuzione esclusiva agli amministratori dei compiti di gestione dell’impresa (art. 2380 bis c.c.). Il risultato raggiunto – continua l’Autore – appare pienamente soddisfacente nel caso in cui le scelte del gruppo siano affidate alla decisione paritetica di tute le società partecipanti >. 35 Cfr. Cassazione Civile, 28 marzo 1996, n. 2850, in Giur. Comm., 1997, II, 343, nota Mucciarelli, L'impugnazione delle delibere consiliari tra teoria dei diritti individuali e violazione di norme imperative. 36 Cfr. ancora Iengo, Op. Cit. 33 34 10 Il disposto in parola statuisce che le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società; lo stesso articolo precisa, poi, che non vi è responsabilità quando il danno risulti mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento oppure quando sia integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette. Sotto questo aspetto, è determinante che il contratto associativo disciplini accuratamente criteri compensazione e di equilibrio nella distribuzione dei vantaggi tra i partecipanti al gruppo, come stabilisce l’articolo 2545-septies; ma è parimenti importante che stabilisca anche con sufficiente chiarezza le procedure in base alle quali monitorare costantemente la compensazione tra i vantaggi e gli eventuali pregiudizi derivanti dall’attività in comune. Ciò renderà più agevole l’individuazione delle fattispecie relative al recesso e la ricerca delle condizioni per evitare che si alimenti il contenzioso giudiziario. Si potrebbe inoltre ipotizzare che il recesso sia condizionato dal previo accertamento del pregiudizio effettivo (semmai rimesso alla giustizia arbitrale) e che la relativa decisione sia riservata non già al Consiglio di Amministrazione, bensì all’assemblea dei soci. PARTE IV ALTRI TRATTI CARATTERISTICI, CENNI 11. I SOGGETTI PARTECIPANTI AL G.C.P. Ancora alcune sintetiche annotazioni in merito alla composizione del Gruppo. Non esistono preclusioni normative in merito alle cooperative potenzialmente legittimate a partecipare ad una situazione di gruppo, né relativamente dalla categoria o settore merceologico di appartenenza, né con riferimento alla presenza o meno della condizione di prevalente mutualità, né, da ultimo, in relazione alla forma di governance adottata. Una nota merita la possibilità normativamente prevista che al Gruppo partecipino soggetti tipologicamente differenti dalle società cooperative, siano essi pubblici o privati; occorre, infatti, ricordare che l’articolo 2545-septies, comma 1, n. 3 affida tale decisione integralmente all’autonomia contrattuale. Si tratta di un aspetto di notevole importanza atto ad evidenziare una scelta di notevole estensione dei margini operativi del Gruppo così definito e volta al superamento della tradizionale rigidità presente nella disciplina dei consorzi Cooperativi. Deve, però, per completezza d’analisi, porsi l’accento su alcuni elementi. In particolare, dalla lettera della norma di evince un dato sostanziale : a caratterizzare la presenza di enti normativi è l’eventualità della previsione contrattuale che la dispone. Tale eventualità dovrebbe intendersi, secondo l’interpretazione più ortodossa, come strumentale alla soddisfazione di interessi comuni37. Non dovrebbe, da ultimo, in alcun modo essere sollevata discussione in merito alla guida del Gruppo che, come precisa il numero 2 dell’articolo 2545-septies, deve essere di competenza esclusiva di un ente cooperativo.38 12. ESTENSIONE CRONOLOGICA DEL CONTRATTO Non possono rinvenirsi elementi che depongano nel senso di una limitazione rispetto alle previsioni di durata del contratto. Il disposto normativo si limita, infatti, a richiedere, quale requisito essenziale del contratto, la presenza dell’indicazione relativa alla durata che, pertanto, potrebbe ben essere svincolata dalla durata di singoli processi imprenditoriali e proiettata alla disciplina di un più Cfr. ancora Iengo, Il Gruppo Cooperativo paritetico, Op. Cit. Cfr. art. 2545-septies, comma 1, numero 2, la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo indicandone i relativi poteri . 37 38 11 complesso ed ampio progetto di coordinamento di iniziative. Tale durata, in assenza di previsioni contrarie, può considerarsi rinnovabile. 13. ALTRI ELEMENTI DEL CONTRATTO Un ultimo cenno deve essere fatto alla questione della forma e della pubblicità. Il contratto necessita della forma scritta e deve essere depositato, ai fini della pubblicità notizia, presso l’albo delle società cooperative. C’è chi, tra i primi commentatori, ha considerato dubbia la scelta della sola forma scritta e non dell’atto pubblico per la validità dell’accordo39; ed in effetti, non si vede come conciliare l’ipotesi al caso in cui il gruppo paritetico agisca come consorzio essendo per quest’ultimo richiesto l’atto pubblico. Non si capisce, inoltre, come mai, un atto dal quale possono derivare conseguenze così importanti per i terzi, non debba essere depositato anche presso il registro delle imprese soprattutto ove si confronti questo adempimento con gli obblighi di pubblicità, cui invece è sottoposto il gruppo di società di capitali40. A ben vedere l’articolo 2497 bis c.c. prevede adempimenti molto più rigorosi. L’appartenenza ad un gruppo deve, infatti, essere indicata nella corrispondenza e negli atti e deve essere costituita, presso l’ufficio del registro delle imprese, una apposita sezione ove indicare i soggetti che esercitano la direzione ed il coordinamento del gruppo. Se la funzione della pubblicità è quella di rendere edotti i terzi che contrattano con alcuno dei partecipanti del gruppo, la sola iscrizione all’istituendo Albo di cui all’art. 223 sexidecies delle disposizioni di attuazione potrebbe rivelarsi non sufficiente o idonea a svolgere la predetta funzione. Va, peraltro, osservato che in caso di violazione di tali disposizioni la legge non ha previsto alcuna ipotesi sanzionatoria o altra conseguenza a carico di chi ometta l’iscrizione. Appare, in conclusione, utile, il rispetto delle norme che richiedono alla società di esporre, in apposita sezione della nota integrativa, un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio della società o dell’ente che esercita su di essa l’attività di direzione e coordinamento, nonché di indicare, nella relazione sulla gestione, oltre i rapporti intercorsi con chi esercita l’attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette, l’effetto che tale attività ha avuto sull’esercizio dell’impresa sociale e sui suoi risultati. Filippo Traviglia Avvocato in Torino 39 40 Cfr. Sandulli-Santoro, La riforma delle società, Commentario del D.Lgs. 17.01.2003, n. 6, Giappichelli Editore. Cfr. R. Vecchi, Op. Cit. 12 BIBLIOGRAFIA Alleva, La riforma del diritto cooperativo italiano, in Contr. Impresa, 2003, 244 ss. Bassi (a cura di), Società cooperative e mutue assicuratrici, Torino, 1999, 102 ss. Bassi, Delle imprese cooperative. 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