1 VETRO DI MURANO
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1 VETRO DI MURANO
VETRO DI MURANO La Storia In epoca romana, nella vicina Aquileia vi era un noto e importante centro di produzione vetraria, e una parte della storiografia intravede un forte legame con la produzione veneziana, nota sin dal basso Medioevo. Il più antico documento relativo alla vetraria veneziana è un manoscritto del 982: si tratta di un atto di donazione dove, tra i testimoni, compare un tale "Domenicus fiolarius", cioè Domenico vetraio ("fiola" è la bottiglia). Ciò ha permesso di festeggiare ufficialmente, nel 1982, i mille anni della vetraria veneziana. Un secondo documento con un altro vetraio citato risale al 1083, mentre è dal 1279 che si hanno numerosi documenti che attestano come l'esercizio di questa arte fosse concentrato a Murano lungo il Rio dei Vetrai, dove ancora oggi si trovano le fornaci più antiche. Fino alla metà del XIV secolo Venezia era l'unico centro vetrario europeo in grado di fornire prodotti raffinati: bicchieri, bottiglie, coppe, tazze e lampade. Dal 1450, grazie anche alle intuizioni di Angelo Barovier, vetraio di una delle famiglie più antiche di Murano, si realizzò una vera e propria rivoluzione tecnologica che porterà a uno sviluppo eccezionale lungo i due secoli successivi. Il Barovier riuscì a creare un vetro di elevata purezza, incolore e terso, simile al cristallo di roccia, al punto che fu denominato "cristallo". Si attribuisce all'ingegnoso vetraio anche l'invenzione del "lattimo", un vetro bianco opaco simile alle porcellane cinesi, una produzione che per secoli nessuno saprà imitare. Anche il "calcedonio", una pasta vitrea imitante una varietà del calcedonio naturale, è stato con ogni probabilità inventato da Angelo Barovier il quale, oltre a essere maestro, aveva una preparazione scientifica per aver frequentato lezioni del filosofo-scienziato Paolo de Pergola. Il vetro di Murano conobbe il più alto splendore nel XVI secolo. I vetrai, grazie alle esperienze quattrocentesche, perfezionarono i materiali vitrei ed elaborarono tecniche manuali molto raffinate per foggiare e decorare i prodotti soffiati. Le forme si fecero più essenziali e lievi: i prodotti più apprezzati da tutti i ricchi europei per addobbare le tavole erano i soffiati sottili e purissimi, immortalati anche nei dipinti dei più grandi pittori del tempo, come Tiziano e Veronese. è l'epoca in cui si svilupparono anche vere e proprie attività di spionaggio industriale tra le famiglie che controllavano le varie vetrerie e che si tramandavano con grande segretezza i "ricettari" di padre in figlio. Giorgio Ballarin, un giovane dalmata, fu protagonista di un episodio famoso. Entrato a servizio dei figli di Angelo Barovier, fingendosi ritardato, poté assistere senza destare sospetti alla preparazione delle ricette del grande vetraio e, dopo averle trascritte, imparò l'arte e avviò un'attività in proprio, fino a diventare uno degli imprenditori più ricchi dell'isola. La Repubblica istituì dei riconoscimenti, veri e propri brevetti ante litteram, per i vetrai che introducevano qualche importante novità e richiedevano di essere protetti. Così Filippo Serena ottenne nel 1527 il privilegio per l'invenzione della "filigrana a retortoli" che, insieme alla "filigrana a reticello", è la più importante invenzione della vetraria in questo periodo. Con la prima tecnica si ottiene nella parete sottile di cristallo un motivo a fasce parallele di fili variamente intrecciati a spirale, di lattimo o di vetro colorato; con la seconda si ottiene una delicata rete di lattimo o di vetro colorato all'interno della parete di cristallo. Alla scadenza del privilegio, i vetri a filigrana vennero prodotti ordinariamente da tutte le vetrerie. Un altro privilegio fu assegnato nel 1507 ai fratelli Andrea e Domenico d'Angelo per una tecnica raffinata per la produzione di specchi. Nel 1549, Vincenzo d'Angelo figlio di Andrea, ottenne un ulteriore privilegio decennale per la decorazione graffita a punta di diamante per specchi e soffiati. Ciò creava sui cristalli un effetto di lievissimo merletto che valorizzava ancor di più la sottigliezza del vetro. Filigrana e graffito a punta di diamante sono tecniche presenti tuttora nel repertorio delle produzioni muranesi. La autorità vigilavano anche contro l'esportazione della tecnologia. In particolare, dopo l'invenzione del cristallo le misure si fecero più severe e si giunse a stabilire che solo coloro che avevano piena cittadinanza muranese potessero lavorare il vetro come maestri e apprendisti. Si arrivò a redigere, nel 1605, il "Libro d'Oro" contenente i nomi di coloro che appartenevano alla "Magnifica Comunità di Murano". Da allora si parla di nobiltà vetraria muranese. Nonostante gli sforzi per impedire l'emigrazione all'estero dei vetrai, vari apprendisti e maestri si trasferirono in tutti i paesi europei, impiantando fornaci per produrre vetri. Apparve anche a Firenze, nel 1612, il primo manuale di tecnologia vetraria: "L'Arte vetraria" di Antonio Neri, un sacerdote esperto di alchimia al servizio dei Medici. Il manuale fu tradotto in inglese, tedesco, francese e spagnolo e contribuì in maniera decisiva alla diffusione della vetraria di Venezia: senza l'apporto della tecnologia veneziana i vetri piombici inglesi e quelli potassici boemi non avrebbero raggiunto la purezza del cristallo, né avrebbero raggiunto un adeguato livello di lavorazione. La concorrenza dei nuovi paesi cominciò a mettere in crisi la produzione muranese, che entrò in una grave 1 decadenza in coincidenza con la fine dell'indipendenza della Repubblica. I primi segni di ripresa arrivarono nei primi decenni del XIX secolo. La svolta avvenne a partire dal 1861, anno dell'istituzione del Museo Vetrario e dell'annessa Scuola di disegno per vetrai ad opera del comune di Murano e dell'Abate Vincenzo Zanetti, studioso di storia vetraria. In quegli anni nacque anche, ad opera di Antonio Salviati, un laboratorio di mosaici che decorò importanti edifici in Europa e in tutto il mondo. Il tecnico vetrario Vincenzo Moretti nel 1871 riuscì a riprodurre, dopo quasi due millenni di oblio, le "murrine" romane, entrate da allora nel repertorio di Murano. Nel complesso la vetraria del XIX secolo ha raggiunto un livello di perfezione tecnica insuperato, che è alla base della tecnologia contemporanea. Nel XX secolo i vetrai seppero accompagnare con successo i vari movimenti artistici, dal Liberty allo stile Novecento, fino agli sviluppi del design contemporaneo, con la nascita delle sculture in vetro massiccio e dei plastici vetri impreziositi da suggestive colorazioni all'interno delle pareti di grosso spessore. Accanto a un artigianato sofisticato e attento alle esigenze del mercato, si è andata affermando negli ultimi decenni una generazione di artisti che sfruttano la duttilità e la trasparenza del vetro per realizzare vere e proprie opere d'arte. La lavorazione Rosa Barovier Mentasti, studiosa del vetro e discendente di una delle famiglie di vetrai più antiche, ha sintetizzato efficacemente in vari scritti la lavorazione e le tecniche della vetraria muranese. Il vetro veneziano è sodico, come nell'antica tradizione mediterranea. Significa che alla silice, che è una sabbia destinata a diventare vetro mediante fusione, si aggiunge la soda per consentire la fusione a temperature minori. La potassa, alternativa alla soda, tipica dei paesi nordici, genera un vetro brillante idoneo alla molatura e all'incisione (come il vetro piombico inglese), ma non alle complesse lavorazioni a caldo, tipicamente veneziane. La miscelazione delle materie prime avviene la sera, alla fine dell'orario di lavoro e la preparazione del materiale dura tutta la notte: alle due materie prime fondamentali, si aggiungono lo stabilizzante (per es. carbonato di calcio), i decoloranti o i coloranti, ed eventualmente gli opacizzanti. Il forno a riverbero fonde le materie prime alla temperatura di circa 1.400° e i vetrai alla mattina troveranno il materiale fuso pronto per la modellazione. La pasta di vetro rimane duttile fino alla temperatura di 500°. Il gruppo di lavoro è costituito dalla "piazza", coordinata dal maestro e composta da serventi e garzoni, che padroneggiano le varie tecniche della lavorazione a caldo. L'opera può essere eventualmente rifinita a freddo in moleria, dove esperti molatori procedono alla levigatura o ad altre rifiniture. L'incisione figurativa è eseguita in laboratori indipendenti, dove operano decoratori altamente specializzati. Se la decorazione prevista è lo smalto, l'oggetto passa in un laboratorio specifico nel quale vengono eseguite la pittura e la ricottura dello smalto. LE TECNICHE DI LAVORAZIONE Vetro soffiato - L'invenzione della soffiatura risale al I secolo a. C. sulle coste orientali del Mediterraneo e rimane l'evento più importante dell'intera storia vetraria. Soprattutto a Venezia, la soffiatura costituì la tecnica privilegiata per lavori vetrari di alto livello. I maestri muranesi hanno sviluppato, a partire dal Medioevo, una straordinaria abilità nella modellazione a caldo, inventando nuove tecniche e giungendo a proporre forme di notevole eleganza e grande raffinatezza. Tra le tecniche, la più importante è la filigrana: sia il tipo a retortoli, che quello a reticello, di origine cinquecentesca, creano l'effetto di un delicato merletto all'interno della parete vitrea. Lampadari - Il "cesendello" fu dal Medioevo al primo Settecento il più raffinato sistema di illuminazione nelle abitazioni e nelle chiese: era un contenitore allungato, generalmente pensile, riempito di acqua e di uno strato superiore di olio e dotato di uno stoppino. Una novità importante, risalente al XVIII secolo, è la nascita della "ciocca", il lampadario di cristallo a bracci portacandele con elementi in vetro soffiato e decorato da fiori vitrei multicolori e da elementi pendenti: questo lampadario occupa ancora oggi un posto di rilievo nella produzione di Murano. Naturalmente esistono oggi anche altri modelli più rispondenti al gusto contemporaneo: lampade a sospensione, appliques, lampade da tavolo o a stelo. Murrina - Tecnica antichissima, antecedente alla soffiatura, di cui si era persa traccia per quasi duemila anni e che è stata recuperata nel XIX secolo. Consiste nella fusione al calore del forno di tessere monocrome o di sezioni di canna vitrea policroma secondo un disegno previsto, così da ottenere un tessuto vitreo coloratissimo. Famose quelle realizzate nel periodo dell'Art Noveau e da Carlo Scarpa negli anni Quaranta del secolo passato. 2 Scultura - Le difficoltà tecniche legate alla modellazione di pesanti masse di vetro incandescente sono state affrontate a partire dagli anni Trenta del secolo passato. Oggi, la corrente scultorea cui appartengono alcuni dei più apprezzati maestri di Murano, occupa una posizione fondamentale nell'ambito della produzione muranese. Cristalleria - Fin dal Medioevo il servizio da tavola è un tipico prodotto delle vetrerie di Murano. Attualmente i più noti designer collaborano con le vetrerie per la realizzazione dei modelli contemporanei. Specchi - Nei secoli passati le lastre vitree prodotte a Murano manualmente (ricavate aprendo un cilindro soffiato) venivano elaborate nelle botteghe veneziane degli specchieri. La tradizione si è conservata ed esperti artigiani dello specchio conoscono e applicano oggi le più raffinate tecniche decorative così da eguagliare la qualità dei manufatti antichi. Decorazione a smalto - Si tratta di una pittura ornamentale eseguita con un materiale formato con gli stessi componenti della parete vitrea su cui viene applicata. Di discendenza islamica e bizantina, l'arte dello smalto si sviluppò a Murano nel XIII secolo. Incisione - è applicata preferibilmente sul cristallo incolore o lievemente colorato con due modalità: graffito a punta di diamante e incisione a rotina (quest'ultima realizzata con una piccola ruota metallica e più profonda). Perle vitree - Le più semplici sono le "conterie": perline arrotondate o a spigolo vivo, ottenute sezionando tubicini forati tirati in fornace per una lunghezza di decine di metri. La manualità si esalta nella cosiddetta lavorazione a "lume": una canna vitrea non forata viene ammorbidita dal calore del fuoco che fuoriesce da un cannello, in seguito viene avvolta intorno a un tubicino metallico, in modo da conferire alla perla la forma desiderata e infine decorata con vetro policromo. Lavoro a lume - Si esegue utilizzando come semilavorato una canna vitrea colorata ammorbidita con il fuoco da un cannello. Permette di realizzare oggetti in forma di fiori, animali, figure umane, ecc. 3