Rassegna stampa 20 ottobre 2015
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Rassegna stampa 20 ottobre 2015
Il Piccolo 20 ottobre 2015 Primo piano Slot machine, è scontro. «Si fa cassa su ludopatie» La legge di Stabilità prevede un miliardo di entrate dai giochi, opposizioni critiche Risorse dall’aumento del prelievo sulle videolotterie e dal rinnovo concessioni ROMA. Un miliardo di euro: a tanto ammonta la «manovra» sui giochi, secondo quanto previsto dalla legge di Stabilità. Interventi sui quali, però, si sono espressi negativamente in pratica tutti i soggetti delle filiera, dagli operatori alle associazioni, dalle imprese alla politica. L’articolo dedicato ai giochi prevede, oltre ad un ennesimo tentativo di regolarizzare i bookmaker esteri che ancora non l’hanno fatto, un aumento delle risorse per lo Stato: per metà dovute all’incremento percentuale dell’imposta del prelievo erariale su slot e videolottery, e per la parte restante con le nuove gare per il bando scommesse, entrata una tantum legata alla gara per il rilascio/rinnovo delle concessioni per 15mila agenzie e 7mila corner. Sono proprio questi 22mila «nuovi» punti scommesse ad attirare le maggiori critiche politiche: Luigi Di Maio (M5S) ha parlato di una manovra elettorale, per Giorgia Meloni (FdI) il governo fa cassa sulla ludopatia. Critiche arrivano anche da Antonio De Poli, vicesegretario vicario dell’Udc che è il primo firmatario di un ddl per mettere al bando le slot machine: «La ludopatia - ricorda - colpisce 3 italiani su 100. Le stime del ministero della Salute indicano percentuali comprese tra l’1,3 e il 3,8% della popolazione generale come giocatori problematici. È un’emergenza che non si può più ignorare». Critici anche i consumatori: Fedeconsumatori ed Adusbef hanno giudicato «inammissibile l’intento di fare cassa e recuperare risorse facendo leva sulla disperazione dei cittadini: i bandi per le nuove sale da gioco sono un vero e proprio insulto alle difficoltà delle famiglie». Polemiche che nei giorni scorsi avevano riguardato, tra gli altri, anche Sistema Gioco Italia (Confindustria) che aveva parlato di manovra «schizofrenica», mentre le tante realtà della società civile riunite nella «Campagna contro l’azzardo», avevano espresso il loro «disappunto» per l’apertura di nuovi punti scommesse. E anche la Chiesa italiana ha espresso critiche sui giochi: «Credo che una cosa importante - ha detto monsignor Mario Toso della commissione Cei per il sociale e il lavoro - sia che lo Stato abbia una chiarezza di idee e abbia una priorità delle scelte da fare e certamente la via delle politiche attive del lavoro sarebbe più educativa che non quella dell’aumento delle slot machine». In realtà, il testo del disegno di legge parla di rinnovo delle attuali concessioni per i punti di raccolta delle scommesse in scadenza e non di aumento delle sale per le slot: durata della concessione per 9 anni non rinnovabili, con base d’asta di 30mila euro per le singole agenzie, e di 15mila euro per i cosiddetti corner, ovvero un punto vendita dove l’attività di gioco è considerata non prevalente ma «accessoria». Da questa gara lo Stato si aspetta almeno mezzo miliardo di euro, una tantum però. Più strutturale è l’aumento del prelievo erariale sul slot e vlt: il ddl, infatti parla di un incremento del 2% sulle slot e dello 0,5% sulle videlottery di nuova generazione. In particolare, dalle slot potrebbero quasi 500 milioni in più rispetto al 2015, a cui i dovrebbe aggiungere l’incremento delle videolotterie. Regione Scontro sulla sanità tra ministro e Regione Lorenzin: «La delega è stata un errore fatale». Serracchiani: «Non si raddrizzano le storture con un unico sistema elefantiaco» di Marco Ballico. TRIESTE. Nel sito della Regione Fvg, ieri pomeriggio, compare una fotografia emblematica: Debora Serracchiani e Beatrice Lorenzin, l’una di fronte all’altra, ma senza guardarsi negli occhi. L’immagine accompagna un comunicato della governatrice 1 diretto al ministro: una posizione netta a difesa delle gestione regionale della sanità. La polemica si apre al mattino, a Radio 24. La trasmissione è Mix 24, la conduce Giovanni Minoli. Lorenzin, sollecitata sulla legge di Stabilità varata dal governo, cita il riparto dei poteri definito nel 2001: «La riforma del Titolo V è nata in modo pasticciato. La sanità delegata alla Regioni è stata un errore fatale». Un attimo dopo rincara la dose: «Alla fine il risultato lo vediamo». Parola nette. Non travisabili. Lorenzin sa di essere «un po’ isolata», ma insiste: «Non si può dire che, siccome è stato un errore, dobbiamo rimanere così. Ci deve essere una maggiore consapevolezza da parte di tutti, servono obiettivi chiari, misurabili e trasparenti, e chi sgarra paga». Non si ferma, Lorenzin. Promuove le verifiche: «Sono contenta che la Guardia di Finanza vada nelle strutture perché i controlli sono uno degli elementi perno per riuscire a fare buone pratiche». Approfondisce il tema dei medici: «Devono essere prìncipi per quanto riguarda le scelte sanitarie e tecnico-scientifiche e non è sempre così. La scelta dei primari e dei direttori sanitari non deve essere affidata alla politica, motivo per il quale fortunatamente è passata la mia norma, anche per i direttori generali, in un pezzo della legge Madia». Invita a prevedere per le direzioni generali degli enti «super-manager che rispondano a obiettivi e, qualora non li raggiungono, decadano». Snocciola le cifre: «Su 112 miliardi, 111 quest’anno di fondo sanitario, noi abbiamo 30 miliardi di sprechi. Se riusciamo a recuperare parte di queste risorse, diamo ai nostri cittadini un servizio sanitario che se lo sognano nel resto del mondo». Serracchiani, qualche ora dopo, fa però capire di non condividere. «Non sembra una mossa vincente opporre alle Regioni gli apparati burocratici di un ministero», dichiara la presidente Fvg. E prosegue: «La sanità ha bisogno di mettere a posto molte storture, ma non è abolendo i sistemi regionali che si comincia a raddrizzarle. Eliminare l’ambito regionale nel sistema sanitario collettivo rischierebbe di produrre una struttura elefantiaca, forse molto più difficile da governare. E non è sicuro che il livellamento sarebbe verso l’alto». Quanto agli obiettivi ministeriali di chiarezza e trasparenza, non si può non condividere, sottolinea ancora Serracchiani, ma ciò «non è in contraddizione con i principi di un regionalismo moderno ed europeo». Molto più dura la reazione del Veneto. Mentre l’assessore Luca Coletto parla di «dichiarazione di guerra», Luca Zaia, rispondendo in particolare alla denuncia di Lorenzin di un aumento della spesa sanitaria, con la riforma del Titolo V, del 40%, di cui il 60% per beni e servizi non sanitari, ribatte: «Lorenzin la smetta di paragonare la sanità veneta a quella delle Regioni, purtroppo ancora molte, dove le cose non funzionano e si sprecano miliardi; in secondo luogo la smetta di fare proclami e traduca, se ha coraggio, i suoi pensieri in una legge». Il governatore veneto, convinto di aver visto giusto «nel salire sulle barricate contro tutti i provvedimenti governativi sulla sanità», annuncia pure un referendum «per chiedere ai cittadini se preferiscono essere curati dal ministero della Salute in Lungotevere Ripa 1, Roma, o dalla Regione Veneto». Immediata la replica del ministro: «Zaia faccia pure. Io, più che questo, sarei molto contenta se insieme con le Regioni potessimo far funzionare la sanità italiana. Dobbiamo cercare di livellare verso l’alto il sistema; ho dimostrato di farlo aiutando la Lombardia nella riforma sanitaria. E allo stesso modo ho aiutato il Fvg». Pianeta scienza Siamo grassi perchè stiamo bene Benessere e rischi per la salute in uno studio internazionale, che ha coinvolto il Burlo di Cristina Serra. Il benessere degli ultimi decenni non ha portato con sé solo … benessere. Le migliori condizioni di vita hanno modificato il panorama dei disturbi di cui soffre la popolazione italiana. Oggi le principali patologie non sono più, o per lo meno non solo, infezioni e disturbi legati a malnutrizione o alla contaminazione di acqua e ambiente. In Italia alcune condizioni - ipertensione, obesità, diabete - sono legate ad abitudini di vita poco sane (cioè a fattori di rischio) come fumo e mancanza di movimento, ma anche 2 all'abuso di sodio nella dieta e all'eccesso di alcol. E insieme peggiorano la qualità di vita causando decessi precoci. A fotografare una situazione in evoluzione è lo studio pubblicato da The Lancet che riporta 32 anni di indagini (dal 1990 al 2013), effettuate da ricercatori in tutto il mondo. Il lavoro, coordinato da Christopher Murray dell'Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell'Università di Washington e finanziato dalla Bill & Melinda Gates Foundation, ha esaminato 79 gruppi di fattori di rischio in 188 paesi. Tra gli autori anche il gruppo di epidemiologia clinica e ricerca sui servizi sanitari dell'ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste, guidato da Luca Ronfani, con Lorenzo Monasta e Caterina Morassutto. «Oltre a considerare fattori di rischio tradizionali - spiega Ronfani - a comporre il quadro dei rischi combinati si sono aggiunte le malattie a trasmissione sessuale, l'indice di massa corporea ma anche l'esposizione occupazionale al tricloroetilene, usato in campo tessile e industriale come solvente e sgrassante (e causa di specifici tumori). Il quadro globale che questo studio fornisce è dunque aggiornato e puntuale». Per misurare la perdita di salute dovuta a fattori di rischio gli studiosi usano un'unità di misura particolare: il Daly (disability-adjusted life years, gli anni di vita trascorsi con qualche forma di invalidità). Un Daly corrisponde alla perdita di un anno di vita in buona salute, e si calcola sommando gli anni vissuti con malattia/disabilità e gli anni di vita perduti per morte prematura. Si scopre così che, nel 2013, il rischio correlato a una dieta sbilanciata ha causato 11,3 milioni di decessi e 241 anni di disabilità; o che l'ipertensione (associata spesso a sindrome metabolica e troppo sodio) ha causato 10,4 milioni di morti e 208 milioni di anni vissuti malamente. Va da sé che i fattori di rischio non sono uguali in tutto il mondo. Come precisa Monasta: «Obesità, colesterolo elevato e fumo affliggono principalmente i paesi ad alto tenore di vita, e i governi dovrebbero intervenire con scelte più mirate proprio su questi fattori di rischio». Lo studio si pone dunque come un'opportunità di gestione della prevenzione a disposizione dei governi di tutto il mondo. Commenta Gianluigi Scannapieco, neodirettore generale del Burlo Garofolo: «Il mandato degli Irccs come il Burlo Garofolo include lo sviluppo di ricerca traslazionale e gestionale. In fatto di ricerca traslazionale, il nostro ospedale è già a un livello elevato. Fra i prossimi obiettivi abbiamo quello di approfondire la conoscenza e la diffusione di nuovi modelli organizzativi, che traggano beneficio dai dati dell'epidemiologia e che consentano una migliore organizzazione dei servizi sanitari e allocazione di risorse». Area, si studiano le tecniche anti-diabete Promoscience fra i partner italiani del progetto internazionale che è stato avviato Aiutare le persone colpite dal diabete mellito a ripristinare il controllo dei livelli di zucchero, senza più la necessità di ricorrere a iniezioni quotidiane di insulina: è questo l’obiettivo di Elastislet, nuovo progetto di ricerca finanziato dal Programma Horizon 2020 della Commissione Europea. Il diabete è una malattia cronica che col trascorrere del tempo può danneggiare irreversibilmente cuore, vasi sanguigni, reni, nervi e occhi. Il numero di persone diabetiche in Europa è in aumento e si prevede che entro il 2030 saranno raggiunti i 38 milioni di casi, con un impatto crescente sui sistemi sanitari nazionali. Stime accreditate dicono che la somma dei costi legati alla malattia di Regno Unito, Spagna, Italia, Francia e Germania è prossima a superare i 188 miliardi di euro. Elastislet punta a migliorare la qualità della vita dei diabetici sia di Tipo I che di Tipo II, sottraendoli all’assunzione costante di insulina e agli effetti collaterali tipici delle terapie correnti. Il team di ricercatori del progetto lavorerà a nuove strategie di trapianto di isole pancreatiche sane, in grado si sopperire alla disfunzione delle cellule del pancreas danneggiate dal sistema immunitario. Queste ultime, non riuscendo più ad assicurare la produzione di insulina, determinano infatti un aumento dei livelli di glucosio nel sangue da cui discende una lunga serie di complicanze. Le attuali tecniche di trapianto di isole sane si sono dimostrate efficaci per ripristinare la produzione di insulina nel pancreas. Tuttavia, 3 richiedono un ampio consumo di farmaci immunosoppressori e nel lungo periodo non possono essere considerate risolutive. «La strategia di incapsulazione proposta presuppone l’impiego di un materiale bio-ispirato avanzato, ideato per imitare l’elastina, una proteina elastica normalmente presente nel tessuto connettivo – spiega José Carlos Rodríguez-Cabello dell’Università di Valladolid (Spagna), coordinatore del progetto -. È un approccio con un grado elevatissimo di innovazione rispetto allo stato dell’arte delle tecnologie, non solo impiegate finora ma anche solo investigate». I partner italiani del progetto sono l’Università degli Studi di Perugia e Promoscience srl, specializzata nello sviluppo di strategie e strumenti per la valorizzazione e la diffusione dei risultati della ricerca scientifica. A Promoscience, realtà insediata nell’Area Science Park di Trieste, spetterà il compito di gestione l’infrastruttura di condivisione dei dati sperimentali e instaurare un dialogo continuo con i diversi stakeholder per promuovere i risultati del progetto. La “commedia” anti-vaccini fa solo danni di MAURO GIACCA. Nei circa 60 secondi che dedicherete alla lettura di questo articolo, 1800 dosi di vaccini saranno somministrate a bambini di tutto il mondo. Nessun altro intervento medico è in grado di raggiungere un numero così elevato di persone e ha altrettanta efficacia nel contrastare malattie incurabili. Perché, allora, un crescente numero di individui dei vaccini nega l'utilità e paventa la sicurezza? Il copione di questo movimento di opinione non è di fatto diverso da quello di altri movimenti negazionisti della scienza, citiamo il caso Stamina e gli l'antivivisezione tra i tanti. Ognuna di queste commedie ha gli stessi attori. Protagonista principale è il ciarlatano, figura pseudocompetente e quindi fuorviante. L'avversione ai vaccini nasce da un disgraziato articolo del 1998 a firma di un medico inglese, Wakefield, che poneva in associazione la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia con l'autismo. Almeno una quindicina di successivi studi provarono l'articolo falso e Wakefield fu radiato dall'ordine dei medici, ma i movimenti antivaccini ancora ne propugnano la storia. Ciarlatani minori sono i tanti pediatri-omeopati che trovano maggior profitto nel rassicurare mamme ansiose che nell'applicare dati scientifici. Due altri personaggi fondamentali nella commedia sono il politico e il cantante/attore. Entrambi sostengono le tesi del ciarlatano, solitamente senza capire bene di cosa stiano parlando. Il coro è rappresentato dai movimento dei genitori: solitamente di cultura medio-alta (ma non scientifica), passano le serate su internet a cercare di destreggiarsi tra le notizie. Preferiscono l'aneddoto personale alle statistiche mediche, e l'istinto di protezione per la prole li rende presuntuosi, per cui pensano di essere capaci di prendere decisioni in autonomia. Il nemico da combattere è sempre quello, le multinazionali del farmaco: dai vaccini inutili trarrebbero fondamentali guadagni. Forse più che di commedia si dovrebbe parlare di tragedia, perché questa campagna antivaccinale rischia di fare danni seri. In Gran Bretagna, la diminuzione del tasso di vaccinazione a causa della pubblicazione di Wakefield è costata diverse migliaia di casi di morbillo, di cui diversi con complicanze gravi. In California è ricomparsa la pertosse; in Giappone la rosolia. Non vaccinare espone i bambini a contrarre malattie gravi, ma fa anche calare l'immunità di gregge, ovvero quella soglia di circa 95% di persone vaccinate che protegge tutta la comunità. È per questo motivo che le vaccinazioni non possono essere demandate a una scelta personale, ma rappresentano anche un essenziale dovere sociale. 4 Messaggero Veneto 20 ottobre 2015 Regione «Potere alle Regioni? È stato un errore» Scontro Roma-Fvg Il ministro Lorenzin : non è detto che la situazione resti così La presidente Serracchiani: non sembra una mossa vincente di Maurizio Cescon. UDINE. Si accende lo scontro tra Stato e Regioni. Casus belli una frase del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ai microfoni di Radio24. «Per me la Sanità delegata alle Regioni - ha detto Lorenzin - è stata un errore fatale, perché alla fine il risultato lo vediamo». La presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha risposto, piccata, a stretto giro di posta: «Non si raddrizza il sistema togliendolo alle Regioni». Durissima la “rappresaglia” del Veneto leghista: «è una dichiarazione di guerra, pronti a un referendum per far scegliere i cittadini». Ma un fatto, al di là della polemica di giornata su un tema sensibile come quello della sanità, è certo: le tensioni tra Roma e le periferie non sono mai state così forti, dopo l’ok al Titolo V e al nuovo assetto istituzionale. Nonostante i politici, nazionali e locali, si affannino ad affermare, a ogni convegno od occasione pubblica, che tra il Governo Renzi e le Regioni si va d’amore e d’accordo, che non c’è nessuno scippo di competenze, nè pericoli per l’esistenza di autonomie e specialità. Invece sono bastate le parole del ministro della Salute per accendere una miccia che rischia di avere conseguenze imprevedibili. Le dichiarazioni di Lorenzin Chiara la sua posizione: la delega alle Regioni in fatto di sanità è stata uno sbaglio. E poi ha esplicitato il suo pensiero. «Ma non ci si può rassegnare - ha aggiunto parlando al programma Mix24 di Giovanni Minoli su Radio24 -. Una parte è stata cambiata nella riforma che è passata l’altro giorno, ed è ripassato un concetto di riaccentramento dei sistemi di controllo. Il patto della Salute sancisce un cambiamento di orizzonte molto forte, è stato un passaggio importante. Sono un po’ isolata nel dire che il passaggio alle Regioni, la riforma, sia stato un errore. Ora però va gestita, non si può dire siccome è stato un errore, dobbiamo rimanere così. Ci deve essere una maggiore consapevolezza da parte di tutti, dare degli obiettivi chiari, misurabili e trasparenti e chi sgarra paga». «Sono contenta che la Guardia di Finanza vada nelle strutture perché i controlli sono uno degli elementi perno per riuscire poi a fare delle buone pratiche - ha osservato ancora il ministro -. I medici devono essere prìncipi per quanto riguarda le scelte sanitarie e tecnico-scientifiche e non è sempre così. La scelta dei primari e dei direttori sanitari non deve essere una scelta affidata alla politica, motivo per il quale fortunatamente è passata la mia norma, anche per i direttori generali, in un pezzo della legge Madia. E invece per le direzioni generali delle Asl ci vogliono super-manager che rispondano a degli obiettivi e qualora non li raggiungono, decadono. Qui si tratta di andare ad agire sugli sprechi. Parliamoci bene, su 112 miliardi, 111 quest’anno, di fondo sanitario, noi abbiamo 30 miliardi di sprechi. Trenta miliardi di euro è tutta la manovra finanziaria. Se riusciamo a recuperare parte di questi 30 miliardi noi diamo ai nostri cittadini un servizio sanitario che se lo sognano nel resto del mondo». Fvg spiazzato Le frasi del ministro Lorenzin pesano come pietre in una regione in cui, giusto un anno fa, è stata approvata dal Consiglio dopo un dibattito infuocato e proteste in Aula, una riforma sanitaria (entrata in vigore a gennaio 2015) che è costata una marea di contestazioni da parte dei territori che, a loro dire, sarebbero stati penalizzati per i ridimensionamenti di ospedali (Gemona e Cividale in primis) e che ancora oggi suscita attriti per ogni aspetto della sua applicazione. Basti pensare alla scelta del punto nascita tra Latisana e Palmanova, nodo irrisolto che agita i sonni di chi deve decidere. E sicuramente qualcuno resterà scontento. Ecco perchè la presidente Debora Serracchiani non ha esitato a prendere carta e penna e a scrivere una nota che mette alcuni paletti ben precisi nei confronti dell’uscita di Lorenzin. «Non sembra una mossa vincente opporre alle Regioni gli apparati burocratici di 5 un Ministero - ha affermato Serracchiani -. La sanità certo ha bisogno di mettere a posto molte storture, ma non è abolendo i sistemi sanitari regionali che si comincia a raddrizzarle. Abbiamo sanità buone sia in realtà regionali ordinarie che in Regioni dotate di un proprio statuto di autonomia. Eliminare l’ambito regionale nel sistema sanitario collettivo rischierebbe di produrre una struttura elefantiaca, forse molto più difficile da governare. E non è sicuro che il livellamento sarebbe verso l’alto. Quanto sostiene il ministro Lorenzin, a proposito della necessità di maggiore consapevolezza e responsabilità, e di dare degli obiettivi chiari, misurabili e trasparenti, non può che essere condiviso. Ma non è in contraddizione con i principi di un regionalismo moderno ed europeo». Veneto sulle barricate Se la protesta del Friuli Venezia Giulia è ferma ma sobria, in Veneto le parole del ministro Lorenzin hanno scatenato grande indignazione. Il presidente Luca Zaia usa il bazooka. «La smetta di paragonare la sanità veneta a quella delle, purtroppo ancora molte, Regioni dove non funziona e si sprecano miliardi; in secondo luogo la smetta di fare proclami e traduca se ha coraggio in una legge questi suoi pensieri. Risponderò indicendo un referendum per chiedere ai veneti se preferiscono essere curati dal Ministero della Salute in Lungotevere Ripa 1, Roma, o dalla Regione Veneto - ha dichiarato senza mezzi termini Zaia -. Non faccio il sindacalista delle Regioni, io mi limito ad amministrare al meglio i servizi per la salute dei veneti. Credo anche di farlo meglio di altri e la gente, se ancora siamo in democrazia, ha anche recentemente dimostrato di gradire. A buon intenditor poche parole». Per Zaia, ora «finalmente si gioca a carte scoperte - ha aggiunto -. Il Ministro ha confessato l’inconfessabile. Ora abbiamo la certezza che avevamo visto giusto nel salire sulle barricate contro pressochè tutti i provvedimenti governativi in materia di sanità. Ci rimaniamo e da lì lotteremo». Ci va giù pesante pure l’assessore regionale alla Sanità del Veneto Luca Coletto. «Nella loro sorprendente sincerità, alla quale non eravamo abituati - ha osservato -, le dichiarazioni del ministro sono di una gravità senza precedenti e cambiano il quadro del rapporto tra le Regioni e il Governo in materia di sanità. Siamo di fronte a una dichiarazione di guerra. Il Ministro autosmaschera un disegno centralista». L’intervista in tv «Ho aiutato il Friuli a realizzare la sua riforma, bisogna livellare i servizi verso l’alto» Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, a margine di un’intervista al programma 2 Next su Raidue, ha citato il Friuli Venezia Giulia, ma le sue parole non è detto che vengano accolte in modo positivo. O comunque lasciano margini a interpretazioni: «Ho aiutato il Friuli nella sua riforma sanitaria». Il Servizio sanitario nazionale va uniformato verso l'alto, ha aggiunto Lorenzin. «Dobbiamo porci il tema di come uniformare verso l’alto il sistema ha spiegato - e io ho dimostrato di poterlo fare senza nessun tipo di pregiudizio, anzi. Ho aiutato la Lombardia nella nuova riforma sanitaria, perchè penso che le Regioni che vanno bene possano andare ancora meglio, e trainare anche in una sperimentazione le altre. E allo stesso modo ho aiutato il Friuli. Dall’altra parte dobbiamo far emergere e tirare fuori da questo tunnel dei commissariamenti le regioni del Sud perchè comporta un depauperamento della qualità del servizio ai cittadini che è pericoloso. Dobbiamo cercare di capire come migliorare il federalismo, come rendere migliori il rapporto tra i cittadini, le Regioni e le aziende». Dunque un tema di scottante attualità che non mancherà di suscitare ancora reazioni da parte dei partiti e prese di posizione. 6 Vaccinazioni ai bambini Il Friuli corre ai ripari L’assessore: la deriva è pericolosa e la questione va affrontata subito «Mi auguro che non serva impedire la scuola ai piccoli senza protezione» di Elena Del Giudice. UDINE. «La deriva è pericolosa e la questione va affrontata. Mi auguro che no, non diventi necessario il non ammettere a scuola i bambini che non sono stati vaccinati. Ma non possiamo neanche permettere che malattie mortali che sono state sconfitte, si ripresentino». L’assessore regionale alla Salute Maria Sandra Telesca affronta la questione spinosa delle vaccinazioni in età pediatrica. «Ne abbiamo discusso in sede di conferenza delle Regioni ed è evidente la necessità di trovare delle modalità con cui tornare a sensibilizzare le famiglie sulla opportunità di immunizzare i propri bambini. Soprattutto perché - sottolinea Telesca - una delle certezze che abbiamo è che sono state sconfitte malattie importanti con le vaccinazioni. Pensare di tornare indietro su questo, non è accettabile». Il Friuli Venezia Giulia sta pensando «ad una campagna informativa» anticipa Telesca, che sarà mirata sulle vaccinazioni in età pediatrica. Un’anticipazione arriverà a breve con quella pensata per l’antinfluenzale, che decollerà anche in regione dove lo scorso anno - complice il caso Fluad, il vaccino adiuvato ritenuto il responsabile di alcuni decessi e poi “assolto”, che ha influito e non poco -, il tasso di adesione alla campagna non ha raggiunto il target del 75 per cento della popolazione interessata (anziani, persone sofferenti di particolari patologie, personale sanitario e assistenziale ecc.) Per quel che riguarda i bambini «i pediatri si stanno muovendo - prosegue Telesca - e il loro ruolo è fondamentale nel raggiungere le famiglie e nello spiegare loro gli innegabili benefici della vaccinazione». «Non dimenticherei - ancora l’assessore - che sebbene il comportamento contrario non sia sanzionato, alcuni vaccini sono tuttora obbligatori. Ma non vorrei arrivare all’imposizione. Preferirei agire sul fronte dell’informazione e della conoscenza, lasciando ai rimedi estremi l’ultima ratio». Sebbene non moltissimi, ogni anno anche in Italia si registrano decessi provocati dalle complicanze del morbillo, «e sono morti evitabili perché esiste la vaccinazione. Riconosciamo - esorta Telesca - i benefici che il progresso in medicina ci ha portato, con risultati importanti per la salute delle persone e, ripeto, determinando la scomparsa di malattie devastanti». Secondo l’analisi dell’Istituto superiore di sanità, scendere al di sotto del 95 per cento di copertura vaccinale rappresenta un rischio importante per la salute pubblica e potrebbe comportare l’insorgenza di malattie ora scomparse. E i dati dicono che la fatidica soglia è stata superata. La media nazionale di copertura vaccinale è infatti al di sotto del 95 per cento per polio, difterite, tetano, pertosse, epatite b (che si attestano tra il 92 e il 91 per cento), e molto al di sotto per morbillo, parotite, rosolia, meningococco (83/82 per cento). Per la varicella la percentuale crolla al 35 per cento. Il Friuli Venezia Giulia non si discosta dal trend nazionale, anzi per molte vaccinazioni la percentuale di adesione è ancora più bassa. Siamo al 92,2 per la Polio, 92,57 per difterite e tetano, 92,08 per pertosse, 91,70 per l’ebatite B, 83,51 per il morbillo, 83,36 per la parotite e la rosolia, 60,28 per la varicella, 82,6 per il meningococco e 82,37 per penumococco. Le vaccinazioni obbligatorie in Italia sono solo 4: antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica, antiepatite virale B; tutti gli altri sono facoltativi. In 15 nazioni della Ue non esistono vaccinazioni obbligatorie, mentre in 14 ne esiste almeno una. Panorama diversificato in Italia dove, dopo la riforma dell’articolo V della Costituzione, molte Regioni hanno regolamentato la materia, come il Veneto che ha sospeso in via temporanea l’obbligatorietà, mentre Lombardia, Provincia di Trento, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Umbria, Sardegna, non sanzionano i genitori che non vaccinano i figli. 7 Campagna anti-influenzale: si punta a un’adesione del 75% Pesa ancora il flop del 2014 per il caso Fluad, con appena il 48% della popolazione che scelse la cura UDINE. I primi “mali di stagione” sono già arrivati, ma non possiamo chiamarli “influenza”. Complice il meteo, con brusche variazioni termiche, pioggia, umidità... i raffreddori abbondano e le complicanze pure. Ma per i virus più temuti occorrerà attendere e, nel frattempo, correre ai ripari. La vaccinazione antinfluenzale è lo “scudo” dietro al quale proteggersi dalle complicanze, a volte anche severe, dell’influenza che, essendo per l’appunto provocata da virus, non trae beneficio da farmaci. La campagna vaccinazione, dunque, è alle porte. Il suo esito è incerto. L’adesione è stata infatti molto bassa durante la scorsa stagione, “gelata” sul nascere dal caso Fluad: il tasso di vaccinazione della popolazione target si è fermato, in Friuli Venezia Giulia, al 48,5 per cento contro l’obiettivo auspicato di almeno il 75 per cento (in valori assoluti, 151 mila 399 vaccinazioni eseguite a fronte di oltre 312 mila candidati). Lo scorso anno - in realtà parliamo del periodo che va da dicembre 2014 ad aprile 2015 - l’influenza ha colpito 108 assistiti su mille, ovvero più del 10 per cento dei pazienti seguiti dai medici di medicina generale, considerando la popolazione nel suo complesso; l’incidenza è stata maggiore, 260 casi per 1000 assistiti nella fascia di età tra zero e 4 anni, poco più bassa, 178 casi sempre su mille, nella fascia di età tra i 5 e i 14 anni. In Friuli Venezia Giulia i casi di influenza accertati nella popolazione in generale sono stati 62 mila 500 e diversi sono stati giudicati “gravi”. Dopo la stagione pandemica (tra il 2009 e il 2010), quella passata è stata classificata come quella che ha registrato il maggior numero di casi. Altra particolarità dell’epidemia 2014/15, è che ha colpito molto la fascia d’età al di sotto dei 65 anni. Per la stagione che si va avvicinando, gli obiettivi di copertura vaccinale restano gli stessi di sempre, ovvero il 75 per cento come risultato minimo perseguibile e il 95 per cento come ottimale, degli ultrasessantacinquenni e dei soggetti a rischio. Due le tipologie di vaccini disponibili: i trivalenti, che contengono 2 virus di tipo A e uno di tipo B, e i quadrivalenti, con 2 virus di tipo A e 2 di tipo B. Per i soggetti a rischio la copertura vaccinale sarà gratuita; chi volesse vaccinarsi per evitare l’influenza ma non rientra tra le categorie a rischio, può acquistarlo in farmacia. Concludendo con la prevenzione, vale la pena rispolverare le raccomandazioni della nonna: d’inverno si gira la sciarpa davanti a bocca e naso; quando si tossisce, mano davanti alla bocca, meglio se coperta con un fazzoletto usa e getta che andrà buttato via immediatamente, e poi lavarsi bene le mani. Evitare di andare in giro con la febbre: non è un gesto “eroico” recarsi al lavoro se malati, ma “contagioso”. 8 Udine C’è l’ambulanza per animali, ma non la sede L’associazione “Mi Fido di te” può offrire il servizio e chiede alle istituzioni un locale di Rosalba Tello. Arriva anche a Udine l’ambulanza veterinaria, un servizio a cura dell’associazione di volontariato “Mi Fido di Te” già in funzione nel pordenonese (1500 gli interventi all’anno), dove sta riscuotendo consensi. «Non sempre si ha la possibilità di portare dal veterinario l’animale ferito o in difficoltà – riferisce il presidente Nicola D’Agostino –, sia che si tratti del nostro micio o cane malato, sia di un animale da soccorrere in strada, magari vittima di incidenti o maltrattamenti». Nel capoluogo friulano la domanda è enorme e si è quindi deciso di spostare a Udine una delle tre ambulanze. Manca però una sede (gratuita) per il mezzo e accolga i volontari. «Vogliamo estendere il servizio su Udine, ma urge trovare un locale che abbia spazio per due lettini e una scrivania per gli operatori» spiega Nicola, 39 anni, dipendente statale. Sopravvissuto a due infarti, durante la convalescenza si è appassionato agli animali e così ha dato vita alla sua associazione, operativa con circa 25 volontari h24 per l’emergenza veterinaria, il trasporto di sangue canino, la consegna di farmaci urgenti, oltre che per ricoveri e recupero di animali vaganti. Le ambulanze veterinarie si finanziano grazie alla generosità dei volontari e alle donazioni di chi attiva il servizio, mentre le spese veterinarie sono a carico degli utenti. “Mi fido di te” ha anche creato la “Federazione italiana di soccorso veterinario”, composta a sua volta da associazioni di animalisti di tutto il paese; «siamo stati i primi in Italia a seguire il programma di formazione previsto dal Ministero della Salute, obbligatorio per le ambulanze, appena completato a Cremona assieme ad altre associazioni». «Per la sede di Udine – prosegue Nicola – ci siamo rivolti, invano, al Comune, ma non ci hanno dato risposta. I privati ci chiedono anche mille euro, ma non possiamo permetterci un affitto. Ciò ci rammarica, perché siamo i primi in regione ad offrire questo servizio e secondi in Italia, nonché unici nel trasporto di sangue canino. Abbiamo l’accesso h24 all’Istituto zooprofilattico delle Venezie per prelevare le sacche di sangue e portarle agli ambulatori. Siamo stati fino a Genova, dove grazie ai nostri volontari un cane operato d’urgenza per una pancreatite si è salvato». “Mi fido di te” lancia un appello affinché anche a Udine si possa partire col servizio. Il numero per le emergenze è 331.82.25.995, [email protected]. Una rete per aiutare i malati di autismo Un figlio autistico «non è e non deve essere una sorta di “condanna agli arresti domiciliari” per la vita». Ma perché sia così «occorre aiutare concretamente la crescita del territorio affinchè queste famiglie abbandonate possano essere supportate». L’asse portante del progetto che coinvolge Progettoautismo Fvg onlus e Coop Sociale Universis con il patrocinio di diversi altri soggetti e il sostegno della Regione e della Aas 4 Medio Friuli, punta a questo: a creare rete, servizi, territorio. Il percorso è appena partito con un primo incontro di carattere generale per presentare l’autismo, che cos’è e come si manifesta, e fornire alcuni strumenti per la comprensione del funzionamento autistico. Nell’incontro del 24 ottobre si parlerà dell’insegnamento che sarà approfondito anche il 31 ottobre. Il 14 novembre il tema sarà “Gestione dei comportamenti problematici e possibili interventi”. In conclusione, il 21 novembre, si discuterà di comunicazione e linguaggio. In questo percorso formativo è anche prevista la supervisione di cinque casi clinici (persone autistiche dai 3 ai 20 anni). L’interesse dell’iniziativa è confermato dalle adesioni, oltre 150, per approfondire la conoscenza sull’autismo e aderire a “Autism special force”, una rete interistituzionale e di cittadinanza attiva dell’Ambito udinese. 9 Ematologia ricorda Spangaro e la sua lotta per il reparto Dopo la morte della figlia, l’imprenditore si era battuto per creare il centro d’eccellenza L’Associazione contro le leucemie gli ha intitolato la sala didattica nel nuovo ospedale di Giulia Zanello. L’Azienda ospedaliero-universitaria Santa Maria della Misericordia e l’Ail, l’associazione nazionale contro le leucemie, rendono omaggio a Giovanni Spangaro, l’imprenditore scomparso lo scorso anno a 84 anni. Al mecenate carnico d’origine è stata intitolata la sala didattica del reparto di ematologia trasferito da qualche mese nel nuovo ospedale. A proporre il riconoscimento è stata l’Ail, presieduta da Maria Grazia Santuz, per ricordare l’impegno di Spangaro che negli anni Ottanta fu tra i protagonisti della battaglia intrapresa affinché anche il capoluogo friulano avesse un proprio reparto di ematologia. A seguito della malattia della figlia Sara, scomparsa drammaticamente nel 1988, l’imprenditore che aveva vissuto in prima persona le difficoltà dei trasferimenti a Bologna e Trieste, fece proprie le lamentele dei pazienti che chiedevano di poter accedere alle cure in strutture vicine a casa. Oggi quella stessa clinica è un’eccellenza nel campo delle malattie del sangue. Spangaro fu tra i soci fondatori dell’Associazione contro le malattie del sangue che qualche anno più tardi si affiliò all’Ail, per la quale ricoprì per anni la carica di vicepresidente. Da imprenditore di successo, da acuto conoscitore dell’associazionismo a stimato sportivo, Spangaro aveva “mille” facce tutte tessute nella trama di una solidarietà, di una “prossimità” alle persone, al debole, al malato, che hanno contraddistinto, sino all’ultimo, tutta la sua vita. Per questo motivo, l’associazione ha proposto di dedicare al personaggio udinese, scomparso nel maggio del 2014, un’aula. «Tutti sanno che era un grande imprenditore, uno sportivo, un grande uomo - osserva la presidente Santuz - ma per noi dell’Ail era anche un socio fondatore e soprattutto la persona che si è maggiormente prodigata per far nascere l’ematologia nella nostra città. La clinica di Udine è un’eccellenza e la nostra associazione è un grande aiuto per molti, per questo é giusto ricordare Giovanni Spangaro con gratitudine e stima». A tagliare il nastro è stata la moglie dell’imprenditore, Loretta, assieme a diversi medici e soci Ail. Durante la cerimonia il primario del reparto, Renato Fanin, ha ribadito l’importanza di ricordare la figura di Giovanni Spangaro per trasmettere ai più giovani i valori in cui credeva. Anche grazie a quell’impegno, infatti, ogni anno la clinica registra 400 ricoveri, quasi altrettante nuove diagnosi di leucemie acute in un triennio. A oggi ha effettuato 1900 i trapianti, mentre l’attività legata ai linfomi è in continua evoluzione, tanto che Udine è il terzo centro in Italia per il loro trattamento, occupa il settimo posto fra i 105 centri nazionali. Lestizza Cri, 54 nuovi soccorritori in servizio in Comune di Alessandra Ceschia. LESTIZZA. Il comune di Lestizza può ora contare su 54 nuovi soccorritori. Tante sono le persone che hanno ottenuto il brevetto europeo di primo soccorso dopo aver frequentato il corso formativo proposto dal comitato provinciale della Croce rossa di Udine. L’iniziativa è partita dalla collaborazione fra l’assessore comunale alla Sanità, l’assistenza e le politiche sociali Grazia Ecoretti e il delegato provinciale della Cri Area tutela e protezione della vita e della salute Lorenzo Boccolato. Sei i monitoriistruttori che si sono impegnati per portare a termine il corso: Nicoletta Battistini, Nicola De Grassi, Sara Gentile, Elisabetta Grasselli, Gabrio Vaccarin e Marco Viviani. Alla cerimonia di consegna degli attestati erano presenti il presidente del Comitato provinciale Cri di Udine Sergio Meinero che ha posto l’accento sull’importanza delle attività formative nei confronti della popolazione e l’impegno della Croce rossa in tale ambito, e il sindaco di Lestizza Geremia Gomboso. Si tratta di un progetto di promozione della salute che avrà nuovi sviluppi all’interno dell’ex scuola elementare di Galleriano. Si parlerà di soccorso pediatrico e prevenzione attraverso un corretto stile di vita rispetto ad alcune patologie neurologiche e cardiovascolari. Altro progetto in via di definizione è il monitoraggio della 10 pressione arteriosa e dei valori di glicemia e colesterolo. Per un sabato al mese il personale sanitario del Comitato provinciale Cri si metterà a disposizione della popolazione per la rilevazione dei parametri. Il progetto sarà portato avanti anche grazie alla disponibilità delle infermiere volontarie della Cri, guidate dalla neo ispettrice Elisabetta Grasselli. Un tema che verrà affrontato è quello della gestione delle persone anziane al proprio domicilio. La Cri proporrà un corso per fornire gli elementi utili a soddisfare le richieste di aiuto e il fabbisogno assistenziale a chi non è più autonomo. Altro progetto al vaglio, quello di dotare il territorio comunale di un “Punto blu” ovvero di una postazione fissa dotata di defibrillatore. L’impegno dell’assessore è di recuperare i fondi necessari all’acquisto e quello di garantire la formazione degli operatori. Latisana «Ospedale colabrodo i politici si decidano» Il comitato Nascere a Latisana chiede un consiglio aperto L’Aas invitata a chiarire sul nuovo Materno-infantile di Paola Mauro. LATISANA. Un consiglio comunale aperto, durante il quale l’Azienda sanitaria spieghi perché il nuovo Dipartimento materno - infantile e gli utenti sono costretti ad accedere a una struttura dove piove dentro. È successo a giugno ed è successo di nuovo la scorsa settimana. Forte delle 3.475 firme raccolte con l’ultima petizione, è il comitato “Nascere a Latisana” a chiedere la convocazione dell’assemblea cittadina, con ospite il direttore generale dell’Aas 2 Bassa Friulana-Isontina, «che avrà così l’opportunità di farci capire cosa stia succedendo – rileva il comitato in una nota – chiedere la convocazione del consiglio comunale è un nostro diritto, riconosciuto dall’articolo 20 del regolamento per gli istituti di partecipazione della città di Latisana, che intendiamo esercitare. E invitiamo tutti i cittadini non solo di Latisana, ma di tutto il comprensorio di riferimento dell’ospedale, a essere presenti per scoprire assieme a noi perché non è ancora stato aperto il famoso reparto nuovo». A scatenare la reazione del comitato, che da due anni si impegna con una serie di iniziative a sostegno del Dipartimento materno - infantile dell’ospedale della Bassa Occidentale, il disagio subito dalle degenti del reparto maternità, spostate di stanza per permettere agli imbianchini di ripristinare muri macchiati da umidità e pioggia. Alcuni segni erano stati lasciati dall’acqua, che era entrata nel reparto quattro mesi fa, sempre a causa di una pesante ondata di maltempo. A stupire il comitato sono state le spiegazioni fornite nei giorni scorsi, come allora, dall’Azienda sanitaria: «Sottolineiamo il bizantinismo, sia della spiegazione tecnica, che delle dichiarazioni stesse, attribuita al servizio manutenzione e non al direttore generale: come se il dovere di fornire spiegazioni fosse di chi ci lavora materialmente e non delle posizioni apicali che hanno la responsabilità, nel bene e nel male, di stabilire scelte e priorità di intervento». «Ma questa è la lettura che ne diamo noi - ha scritto nella sua pagina Facebook il comitato –: la pioggia della scorsa settimana non ci sembra un’eventualità inaspettata – ironizza la presidente, Renata Zago –, il problema è che di nuovo piove dentro al reparto e che di nuovo ci troviamo a chiedere l’apertura di quel reparto finito, collaudato e chiuso che si trova al terzo piano e la cui apertura risolverebbe tutti questi problemi». 11