it! - Famiglie Nobili di Sicilia
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S AN GUGLIELMO è nato a Noto (SR) nel 1309, dalla nobile famiglia Buccheri. Nel 1325, all’età di 16 anni, entrò alla corte del Re di Sicilia Federico II, occupando il ruolo di scudiero. L’INCIDENTE DURANTE LA CACCIA Nel 1335, insieme a Guglielmo e ad alcuni nobili cavalieri di Catania, il Re si trovava alle falde dell’Etna per una partita di caccia. In mezzo al bosco un feroce cinghiale si dirigeva verso il Re; Guglielmo capì che il suo sovrano era in pericolo, così cercò di uccidere l’animale. Il cinghiale, però, si rivoltò contro Guglielmo e lo morse alla gamba destra, ferendolo gravemente. Trasportato in un ospedale di Catania, durante l’agonia ebbe una visione celeste: Sant’Agata vergine e martire gli comunicava la miracolosa guarigione e lo invitava a lasciare la corte per ritirarsi in solitudine e così condurre una vita di preghiera. Tra lo stupore dei presenti Guglielmo si alzò e perfettamente guarito andò dal Re per congedarsi. Il sovrano gioì per la guarigione del suo fedele scudiero, ma rimase molto dispiaciuto al pensiero di non averlo più al suo servizio. Rispettò comunque la scelta e, in segno di gratitudine per avergli salvato la vita, gli donò il castello abbandonato detto “Le celle”, nella sua Noto, luogo adatto per realizzare il suo progetto. Salutato il re, il giovane Guglielmo si mise in cammino verso la sua città natale. Lungo la strada, in una località detta Primosole, incontrò un mendicante a cui regalò tutto ciò che possedeva: il cavallo e i soldi donati dal re. Inoltre scambiò col povero i vestiti e in cambio ricevette anche un bastone e il cesto di palma nana intrecciata che userà poi per la questua. Da qui forse il soprannome di “cuffitella” datogli dalla gente di Scicli. L’INIZIO DELLA VITA EREMITICA A Noto, a soli 26 anni, Guglielmo comincia la vita eremitica e professa la regola del Terz’ Ordine francescano. Dedica molte ore alla preghiera, specialmente dinanzi a un’immagine del SS. Crocifisso, esposta in una chiesa vicina. Nella città si diffuse la sua fama di santità e tanti vanno da lui per essere consigliati, incoraggiati e soprattutto per raccomandarsi alle sue preghiere. L’NCONTRO CON FRA’ CORRADO CONFALONIERI Dopo circa otto anni di vita solitaria, un giorno Guglielmo vide arrivare alla sua cella un frate sconosciuto: fra’ Corrado Confalonieri. Nato a Piacenza nel 1290, anche lui di nobile famiglia, dopo varie vicissitudini aveva scelto di consacrarsi a Dio. Cercando in tutta Italia un posto dove vivere la sua vocazione arrivò a Noto nel 1343. Guglielmo l’accolse con gioia nel suo eremitaggio. Dopo cinque anni circa di fraterna convivenza, Corrado però sentì il bisogno di un’esperienza ancora più solitaria. Decise così di trasferirsi a pochi chilometri di distanza, in un luogo detto: “I pizzoni”. LA MADONNA GLI INDICA UN’ALTRA META Dopo circa 2 anni dalla partenza di fra’ Corrado, una notte Guglielmo ebbe una visione: la Vergine Maria lo invitava a lasciare Noto e raggiungere Scicli per prendersi cura di una chiesetta dedicata a S. Maria della Pietà, il cui culto negli ultimi tempi era diminuito di molto. Verificata l’esistenza di questa chiesetta interrogando alcuni sciclitani presenti a Noto, dopo qualche giorno Guglielmo partì per Scicli. Arrivato in c.da Torre Palombo fu accolto da un certo Paolo Guccione, che abitava in A quel luogo. Paolo conosceva bene la chiesetta e ve lo accompagnò l’indomani. Al vedere la chiesa Guglielmo provò una grande gioia; si costruì una piccola casetta e cominciò a lavorare per la ristrutturazione della chiesa e per incrementare il culto alla Madonna. OLTRE LA PREGHIERA LA CARITÀ La fervorosa vita di preghiera lo portava a una concreta carità. Usciva spesso a fare la questua e quello che riusciva a raccogliere lo dava ai poveri. Nel 1381 ci fu una grande siccità che ridusse nella miseria numerose famiglie. Guglielmo interpellò la Confraternita di S. Maria della Pietà e le famiglie nobili del paese per una raccolta di fondi, al fine di comprare il grano dalla vicina isola di Malta. Il grano acquistato fu dato in credito alle famiglie bisognose, con l’obbligo di restituirne la stessa quantità l’anno successivo. Il 1382 fu un anno di buon raccolto e, in segno di gratitudine, ognuno restituì addirittura più del grano ricevuto. Le famiglie che l’avevano anticipato non lo vollero indietro, così con i soldi ricavati fu possibile cominciare subito i lavori per l’ampliamento di S. Maria della Pietà. La nuova chiesa fu tre volte più grande. IL DONO DEI MIRACOLI Il I nipote di Paolo Guccione, anche lui di nome Paolo come il nonno, era ammalato. La famiglia si raccomandò a fra’ Guglielmo, venuto a farle visita. Il nostro beato, vista la gravità del caso, corse subito nella sua chiesetta, prese il sandalo di argento della statua della Madonna, lo appoggiò sulla frante del ragazzo e pregò la Vergine addolorata. Il ragazzo guarì all’improvviso. Dopo qualche anno della venuta di Guglielmo a Scicli, fra’ Corrado pensò di fargli una visita. Era il Carnevale del 1350. Guglielmo era contentissimo di rivedere l’amico. Pregarono a lungo insieme e si scambiarono preziose esperienze spirituali. Nel frattempo Paolo Guccione lo invitò a pranzo. Fra’ Guglielmo mandò a dire che non poteva accettare perché aveva a sua volta un ospite. Così Paolo decise di mandargli a casa, con un ragazzo, un buon piatto di lasagne. Il giovane vedendo i due in preghiera non volle disturbare e lasciò il piatto sul tavolo senza dir niente. Alla fine della Quaresima Paolo mandò lo stesso ragazzo a ritirare il piatto. Questi rimase stupefatto al vedere i due frati in preghiera nella stessa posizione in cui li aveva lasciati e il piatto delle lasagne ancora fumante. Divenuto adulto, il nipote di Paolo Guccione prese in moglie una certa Grazietta. Presto nacque il primo figlio Antonio a cui fra’ Guglielmo fece da padrino di battesimo. Un U giorno, in occasione del Carnevale, Paolo volle a tavola compare Guglielmo. La moglie, che era tirchia e non tollerava inviti perché in queste occasioni si faceva molto spreco, pensò di vendicarsi col marito preparando uno scherzo. Uno dei ravioli per fra’ Guglielmo, anziché riempirlo di ricotta, lo riempì di crusca. Quando l’ospite comincio’ a mangiare, la crusca si cambio’ miracolosamente in gustosa ricotta. Grazietta rimase sbalordita, ma allo stesso tempo mortificata al sentire i complimenti da parte del compare per i buoni ravioli. Un’altra volta trovandosi ancora a mangiare dal compare Paolo ci si accorse che non c’era vino. Paolo si stava preparando per andarlo a comprare, ma frà Guglielmo lo invitò a spillarlo dalla botte. Il compare gli disse che la botte era ormai vuota da circa un mese, ma, dietro insistenza dell’ospite, Grazietta fece la prova: la botte era piena! IL DONO DI LEGGERE NELLE COSCIENZE Compare Paolo un giorno voleva regalare un forma di cacio cavallo a fra’ Guglielmo. La moglie gli faceva notare che una forma era troppa e che gliene poteva bastare solo metà. Nonostante il parere della moglie, Paolo gliela mandò intera. Quando fra’ Guglielmo l’ebbe fra le mani, la divise subito in due: una metà la tenne per sé, l’altra la mandò a Grazietta aggiungendo che la restituiva, perché soltanto metà lei ne aveva regalato di cuore. LA MORTIFICAZIONE Si racconta che un giorno di Quaresima, stanco dalla rigorosa astinenza, fra’ Guglielmo ebbe desiderio di mangiar carne. Dopo averla procurata la mise da parte nella sua celletta, non toccandola per più giorni, fin quando non cominciò a puzzare. A questo punto cominciò ad odorare più volte il piatto e a dire: “Mangia, Guglielmo; questo è il cibo da te desiderato; soddisfa la tua gola”. Si racconta ancora che una sera un giovane del paese ebbe l’idea di spiare fra’ Guglielmo. Da una fessura della porta lo vide inginocchiato in preghiera dinanzi all’immagine della Madonna e dopo un po’, denudato fino alla cintura, flagellarsi alle spalle con un arnese di ferro fino a insanguinarsi tutto. Quel giovane, che non credeva alla sua santità, ne diventò accanito sostenitore. LA MORTE All’ A eta’ di 95 anni Guglielmo cominciò a prepararsi per incontrare sorella morte. Poco dopo la mezzanotte del 3 Aprile 1404, volle andare a salutare compare Paolo. Questi, sentendo bussare, si svegliò e, riconoscendo dalla voce fra’ Guglielmo, si stava preparando per aprire. Fra’ Guglielmo lo persuase a rimanere a letto dicendo che era passato soltanto per salutare e che era importante invece che lo raggiungesse l’indomani mattina. Dalla gattaiola (foro che un tempo veniva fatto nelle porte delle case per il libero passaggio dei gatti) introdusse un suo sandalo e andò via. Paolo per tutta la notte non riuscì a prender sonno pensando a quella strana visita. Aspettò l’alba, si alzò e si accorse del sandalo dietro la porta. Mentre lo prendeva in mano, sentì i lenti rintocchi della campana di S. Maria della Pietà. Il 4 Aprile di quell’anno cadeva di Venerdì santo: Paolo e la gente che man mano si svegliava si meravigliarono che frà Guglielmo suonasse la campana proprio di Venerdì santo. Accorsero all’abitazione di Guglielmo e lo trovarono senza vita, inginocchiato come in adorazione dinanzi al Crocifisso. Misteriosamente le campane di tutta la città cominciarono a suonare a festa, da sole. L’anima di Guglielmo entrava in paradiso! Tutti vollero recarsi ad onorare il suo corpo. LA SEPOLTURA Per la sepoltura furono pensate diverse chiese. Alla fine si decise per quella dell’Annunziata. Lungo il tragitto ci si accorse che la bara diventava così pesante che i portatori furono costretti a posarla a terra. Inutili gli sforzi per sollevarla. Si capì che il Santo voleva essere sepolto altrove. Si decise così di cantare le litanie dei Santi. Quando dopo l’invocazione di un santo la bara fosse diventata più leggera, quella sarebbe stata la chiesa dove Guglielmo avrebbe voluto essere sepolto. Al momento che si invocò S. Matteo i portatori riuscirono a sollevare la bara. Così la sepoltura avvenne nella chiesa di S. Matteo. DOPO LA MORTE Dopo la sua morte avvennero molte guarigioni e prodigi per la sua intercessione. Tantissimi ammalati ottennero la guarigione toccando le sue reliquie. Più volte in caso di forte siccità il corpo fu portato in processione per le campagne ed è capitato che si è dovuta interrompere la processione per l’arrivo della pioggia. Nel 1625 a Scicli e in altri paesi della Sicilia infieriva la peste che falciava intere famiglie. Vennero collocati alcuni recipienti d’acqua accanto alle reliquie e poi venne fatta bere agli ammalati. Chi la beveva con devozione guariva o non veniva intaccato dalla malattia. LA BEATIFICAZIONE Alla vista di tanti prodigi, il popolo sciclitano cominciò a sollecitare il processo di beatificazione che Papa Paolo III fece iniziare il 27 Giugno 1537 e che fu concluso nei primi mesi del 1538. Nel 1637 fu costruito un mezzo busto d’argento, all’interno del quale furono sistemate le ossa del nostro Beato; nelle mani tiene il crocifisso di legno che usava per la preghiera. Oggi il mezzo busto e il crocifisso, sono custoditi dentro una preziosa urna d’argento, nella Chiesa Madre di Scicli. La festa ricorre ogni anno il sabato della II^ settimana di Pasqua.