Non voglio mica la Luna

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Non voglio mica la Luna
Non voglio mica la Luna
Di Giovanni Bignami|12 giugno 2009
Cavallo di battaglia di Bush (e ora forse pure di Obama), il ritorno dell'uomo
sull'amato satellite rischia di essere solo un immenso spreco di denaro. Estraerne
l'acqua, fondere l'elio tre, usare la luna come "scalo" verso Marte: sono tutte ipotesi ai
limiti dell'assurdo. Parola di scienziato. (3D Mirco Tangherlini)Foto: Max & Douglas
Premessa
Nel Gennaio 2004 George W. Bush rese nota al mondo una delle sue più brillanti pensate. Gli Stati Uniti sarebbero presto tornati
sulla Luna. Non si era prima consultato con la Nasa né con i paesi che ormai da anni condividono con gli Usa l’avventura spaziale.
Lo spirito dell’annuncio voleva essere kennediano del tipo «Before this decade is out…». Ma cadde in un mondo radicalmente
diverso. Lo spirito di avventura, di conquista scientifica e di serrata competitività del 1961 era completamente scomparso. Dopo lo
Sputnik (1957), Gagarin (1961) e la Baia dei Porci (1961) Kennedy chiese ai suoi cervelloni: «Ma insomma in che cosa possiamo
battere i Russi?». Così la Nasa appena nata beccò la sua prima “mission impossibile”. Ma vide anche salire il suo budget a livelli
mai immaginati e mai più raggiunti. Bush nel 2004, invece, non aveva un avversario chiaro da combattere…
Al Qaida e i terroristi hanno, purtroppo, i piedi ben saldi sulla Terra, non gliene frega niente della Luna. I vari “stati canaglia” sono
certo da marcare stretto politicamente, ma dal punto di vista tecnologico sono solo un po’ patetici. Comunque, in Asia ci sono già
due guerre in corso, più che sufficienti. I russi sono diventati ufficialmente amici. Anche perché, pur se nello spazio restano
bravissimi, non hanno, per ora, i mezzi per continuare la loro fiera indipendenza scientifico-tecnologica e sono felici di lavorare a
contratto per la Nasa e di venderle l’unica vera alternativa al pensionando Shuttle, la capsula Soyuz. I cinesi, giustamente temuti
dal punto di vista commerciale ed economico, hanno, forse (ed è un grosso forse), al massimo il potenziale di rifare quello che gli
Stati Uniti fecero mezzo secolo prima.
Perchè G.W. fece allora quell’annuncio? Se lo chiede, ancora adesso, tutto il mondo. Se lo è chiesto subito la Nasa che stava, con
quasi dieci anni di ritardo, cercando di concludere la Stazione Spaziale Internazionale, un programma immenso ma incompatibile
con un ritorno sulla Luna (soprattutto se il budget totale della Nasa deve rimanere costante). Ce lo siamo chiesto noi europei che ci
occupiamo di spazio. E allora, proviamo a festeggiare il quarantennale dell'Apollo 11 in modo diverso. Proponendo dieci motivi per
non andare sulla Luna. O per andarci solo se...
Quattro ragioni scientifiche
1. Non si va senza un obiettivo chiaro La comunità scientifica ha partorito idee interessanti ma non sufficienti. Fare
astronomia dalla Luna, pur avendo un grosso potenziale, si scontra con insormontabili difficoltà pratiche, dagli sbalzi di
temperatura alla polvere del suolo. L'obiettivo potrebbe essere il radiotelescopio montato e operato sulla faccia nascosta
della Luna. Sarebbe schermato dal rumore elettromagnetico che inquina il nostro etere, ma non potendo trasmettere i
dati sulla Terra, avrebbe bisogno di un "relay satellite" dedicato. Troppo costoso rispetto al possibile ritorno scientifico.
2. Non si va per ottenere dati che abbiamo già La grande maggioranza dei campioni di suolo lunare prelevati dai vari
Apollo (quasi mezza tonnellata) giace inutilizzato in un deposito a Houston. Sulla Luna c'è anche una rete di
sismografiche ci danno una buona idea delle (modeste) proprietà sismiche del satellite. C'è ancora molto da imparare,
certo, ma la presenza umana non è indispensabile.
3. Non si va per fare quello che si può fare da terra o dalla stazione spaziale L’osservazione e il controllo del clima
della Terra, per esempio, sono fatti infinitamente meglio in modo globale da sonde automatiche più vicine al pianeta
che non da personale umano sulla superficie della Luna. È vero che, dalla Luna, la Terra si vede in modo che più
globale non si può, ma da una distanza che è mille volte quella della Stazione Spaziale (o di un normale satellite di
osservazione della Terra) e dieci volte quella di un satellite geostazionario.
4. Non si va per far fare agli astronauti quello che può fare un robot Un esempio qui è la ricerca dell’acqua, da molti
presentata come una ragione importante per il ritorno dell’uomo sulla Luna. Ovvio che i moderni robot (già su Marte,
per esempio) sono più che sufficienti allo scopo, guidati da altri robot orbitanti che hanno già mappato la superficie
lunare. Anche la ricerca selenologica e selenofisica, compreso il carotaggio fino a piccole profondità, si può fare con
robot intelligenti.
Due ragioni tecnologiche
5. Non si va per farci quello che abbiamo già fatto Ovvero, si va solo se esiste un vero
programma tecnologico innovativo. Se pensiamo di crearci una base (a qualunque cosa
serva), ci vorrà dello sviluppo tecnologico interessante. Ma il congresso Usa, qualche
mese fa, ha approvato una specifica legge che recita tra l’altro: «La Nasa non farà piani
che richiedano che una base lunare debba essere occupata per rimanere attiva…».
Insomma, visto il conto economico che si prepara, il Congresso mette le mani avanti. E il
potenziale interesse tecnologico decresce di pari passo.
6. Non si va solo per dimostrare che sappiamo rifare quello che abbiamo fatto mezzo secolo prima In altre parole,
vale la pena di tornarci solo se riportare un equipaggio umano sulla Luna implica un avanzamento tecnologico
rilevante. Per ora, non si vede alcuna innovazione. Due sono sempre i punti fermi: la distanza Terra-Luna, a meno di
uno o due metri, è rimasta costante, e la massa dell’astronauta medio anche. Intorno a queste due realtà fisiche semplici
si costruisce una missione abitata lunare. Finora, le idee tecnologiche per portare esseri umani sulla Luna sono identiche
a quelle di Von Braun e Rocco Petrone dei primi anni 60, con un po' di potenza in più. Allora gli astronauti erano tre per
volta. Di recente la Nasa ha dovuto scalare i piani per il nuovo veicolo, passando da sei a quattro passeggeri. Da tre a
quattro, in quarant'anni: sembra proprio "un piccolo passo per l’umanità”.
Due ragioni pratiche
7. Non si va senza una vera idea di quali applicazioni sfruttare Si è fatto un gran parlare di “miniere lunari”, senza che
venisse un solo esempio concreto sulla potenziale convenienza di un qualunque minerale lunare portato sulla Terra (a
prezzo, letteralmente, astronomico). Neanche se sulla Luna esistesse l’Uranio 235 già pronto “bomb grade”, cioè già
separato dal suo isotopo 238, molto più abbondante, varrebbe la pena di trasportarlo. Comunque, tutto ciò è
fantascienza. La Luna è un vecchio pezzo di Terra. Sarebbe come aprire una miniera a Voghera, sperando di trovarci
diamanti grossi come sassi. Quanto alla storia dell’“elio tre”, un raro isotopo dell’elio contenuto nel vento solare e
lasciato cadere sulla Luna che potrebbe essere utile alla fusione calda, si tratta di una grandiosa bufala. Non sappiamo
ancora fare la fusione con il banale idrogeno o con i suoi più comuni isotopi abbondanti sulla Terra. Lì dobbiamo
concentrarci, prima di immaginare un'improbabile raccolta (difficile) e trasporto (totalmente antieconomico) di elio tre
dalla Luna.
8. Non si va per estrarre l’acqua (Lasciata nel fondo dei crateri da qualche cometa sperduta). A meno che, naturalmente, si
sviluppi una applicazione, finora impensabile, grazie alla quale con l’acqua estratta in situ si possa produrre più energia
di quella necessaria all'estrazione stessa, contando tutto, anche il carburante per il trasporto ecc. Ma l'idea stessa, cioè un
impianto di estrazione e trasformazione chimica, è pura fantascienza, pericolosamente approssimativa, o è in realtà
ancora da studiare davvero? (Ci rendiamo conto della rotazione della Luna? 13 giorni al mese a 200 gradi sotto zero
seguiti da 13 giorni in pieno sole? L’energia necessaria e gestire il tutto non potrebbe che essere nucleare, quindi un
enorme reattore sarebbe la prima cosa da costruire, e via discorrendo...). Su questo punto, nel 2007, ebbi un
imbarazzante (per lui) confronto con John Marburger, allora consigliere scientifico di Bush. Alla domanda: «Ma come si
dà energia alla base lunare o alle miniere sulla Luna?» (allora erano ancora in voga), mi rispose parlando di estensioni
di celle solari grandi come campi da baseball (per forza, il sole dà al massimo un chilowatt/ m2, anche sulla Luna). Ma
se il sole non c’è per due settimane…
Due ragioni strategiche
9. Non si va per poi ripartire per Marte da una base lunare È giusto che si pensi a un progressivo allenamento di
uomini e mezzi prima del grande balzo verso Marte. Che sarebbe l’unica vera grande impresa spaziale in grado di
caratterizzare il nostro secolo, come la Luna caratterizzò il secolo passato. Ma pensare di atterrare sulla Luna e poi dalla
Luna ripartire per Marte è un doppio spreco di energia. Per atterrare (senza schiantarsi al suolo) bisogna portare sulla
Luna un complicato e pesante sistema di retrorazzi, perché laggiù non c’è atmosfera, quindi non si può usare il
paracadute. Poi, per ripartire, bisogna vincere la pur debole, ma esistente, gravità lunare, quindi ulteriori motori e
carburante. Quanto a produrre il carburante sulla Luna, vedasi il caso precedente della miniera/raffineria lunare.
Anche qui, momenti imbarazzanti a Washington. L’allora amministratore Nasa, Michael Griffin, mi disse, piccato, che
lui non aveva mai sostenuto una simile idea. Marburger arrivò a dire che G.W. Bush l’aveva sì detto, ma che si era
trattato di un errore dell’autore dei discorsi del Presidente… Eppure l’idea ha preso piede e adesso tutti la ripetono,
come le storie degli ufo. Ovvio che per andare su Marte convenga appoggiarsi a una base orbitante vicino alla Terra o
magari ferma nel punto di equilibrio gravitazionale tra la Terra e la Luna. Ma questa è un’altra storia.
10. Non si va per dimostrare che i paesi più avanzati sanno fare meglio quello che fanno i paesi di seconda fila Fuor
di metafora, non si va sulla Luna solo perché i cinesi hanno detto che ci andranno. Quanto a Giappone, India,
Germania, tutte potenze spaziali che hanno raggiunto la Luna o dicono di volerlo fare, per favore teniamo presente la
differenza, più che abissale, tra mandare una sonda automatica intorno alla Luna, o anche sulla Luna, e portarci (e
riportare indietro) esseri umani. Nell’intervista che Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna, mi concede in questo
stesso numero di Wired, il concetto è espresso con forza. Ricordiamo, per inciso, che l’Esa, l’Agenzia spaziale europea,
ha appena finito, nell’indifferenza dei media italiani, Smart-1, una bellissima missione di mappatura totale del suolo
lunare. Le migliori carte della Luna sono attualmente europee. GoogleMoon è già dietro l'angolo.
...Intanto, il nuovo amministratore Nasa è appena stato nominato. È il generale Charles Bolden, un astronauta veterano con diverse
missioni nello spazio. Ma la situazione del programma lunare Nasa è sempre mal definita. Servono soldi, arriveranno, ma non
quanti ne servirebbero per il programma lunare di Bush. Non ci resta che piangere? No, cerchiamo di farci venire idee più moderne e
costruttive.