DUEMILA007 Piccola Enciclopedia James Bond

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DUEMILA007 Piccola Enciclopedia James Bond
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7-03-2007
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007
DUEMILA
Piccola Enciclopedia James Bond
a cura di Flavio De Bernardinis
Zero Zero Zero
La critica anglosassone non ha dubbi:
in principio era Hitchcock. Il protagonista tipo del cinema hitchockiano, un personaggio
che è braccato e bracca a sua volta, è l’archetipo dell’agente segreto.Il personaggio hitchcockiano, infatti, è agente segreto di se stesso, al servizio della
maestà propria di individuo borghese, gettato in un mondo, un
sistema sociale e politico,che
è minaccioso, ostile, un’or-
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ganizzazione spectrale, a maglie e a rete. Un
film di Hitchcock,in particolare,è il luogo dell’archetipo, Intrigo internazionale, 1959, che
precede di tre anni il primo 007. Il protagonista è Roger Thornill,trasformato nell’agente
segreto virtuale George Kaplan, in fuga ma
per braccare a propria volta e salvarsi, lungo
tutte le latitudini north by northwest, già sgusciante e micidiale come un piccolo inafferrabile Bond. Intrigo internazionale è l’archetipo bondiano in toto: nell’umorismo (le situazioni di pericolo oliate con infiltrazioni di
ironia), nel maschilismo (Cary Grant
tratta Eva Marie Saint come un oggetto), nell’avventura esotica (le
sfide e gli inseguimenti disseminati lungo la cartina geografica).
Proprio nel 1960,lo stesso Hitchcock viene
contattato dalla United Artists per dirigere il primo
film della serie 007. E
si pen-
sava,per il ruolo di James Bond,anche al sessantenne Cary Grant. Si individuava nell’agente segreto 007 quel personaggio in grado
di far affiorare,per la prima volta,tutto il «lato oscuro»,ancora inespresso,di Cary Grant.
Il maestro del brivido non dirigerà mai una
pellicola della serie, ma è fuor di dubbio che
il cinema di 007 assume la struttura filmica di
Hitchcock e le conferisce una dirompente
iniezione di dinamismo.Ciò che in Hitchcock
rimane pura forma,il meccanismo rigido e rigoroso della suspense,in Bond è pura performance, la missione. Se, come scrisse Walter
Benjamin, «Il cinema è quella macchina che
fa vedere la Parigi di Proust senza Proust»,
allora il cinema di James Bond è quella serie
automatica che fa vedere i film di Hitchcock
oltre Hitchcock.
Zero Zero Uno
Sean Connery,effettivamente, costituisce davvero il lato oscuro di Cary Grant. La
parte cinica,sprezzante,tagliente e lucida,anche un po’ incivile del civilissimo borghese
medio alto, a caccia di amori tirati a lucido,
apparentemente ingenuo ma sotto sotto astuto e profittatore.Sean Connery,fisico da boxeur,
può anche essere,in effetti,la robusta versione working class del raffinato e mellifluo Cary
Grant. Connery assorbe Grant e lo riformula: ne fa affiorare le violenze trattenute e ne traccia il passaggio
dall’eros alla sessualità.
A proposito del rapporto Connery-Bond,poi,
non ci sono dubbi.Connery non recita Bond,
lo agisce. Connery
mette in movimento Bond,
lo accende
e lo spegne, lo
fa la-
vorare a contatto diretto con Acqua Aria Terra e Fuoco. Se Connery agisce Bond, Roger
Moore lo fa. Nei sette film in cui è coinvolto,
Moore non lavora, gioca. Gioca a fare Bond.
Lo fa e ci fa. Senza rete. Quando appare Timothy Dalton, è giunto il momento dell’interpretazione. Se Connery lo agisce e Moore
lo fa, Dalton, per la prima volta, recita Bond.
Ne dà una versione impostata,nel porgere la
battuta e innescare il gesto. È un Bond senza
istinto, che non agisce, ma si vede agire, come
in uno specchio. Pierce Brosnan recupera il
piglio dell’action conneryana.Se Connery agisce, Moore fa, Dalton recita, Brosnan esegue
Bond.A Brosnan non interessano né spessore né carattere, lui, diligentemente, è un attore-macchina.Cerca subito Connery ma resta
l’esatto opposto di Connery. Se Connery, infatti,accende e spegne 007,qui è James Bond
a fare il pilota, mentre l’attore, Pierce Brosnan, fa la macchina. È Bond, così, che spegne e accende Brosnan. Solo che l’esecuzione è compressa e spinta talmente a fondo che
dopo 4 film il personaggio di 007 finisce terminato, eseguito e definitivamente risolto.
È necessario,con Daniel Craig,pertanto, un nuovo inizio. Nel 1969, per un istante,
c’era stata un’intrusione di nome George Lazenby.Ma qui l’attore non c’è più,c’è solo 007,
il James Bond più puro che si possa immaginare.Che né agisce,
né fa, né recita,
né esegue.Lazenby è immediatamente
Bond,il personaggio senza l’attore,l’icona oltre l’interprete.Nemmeno la società dello spettacolo poté reggere a tanto,richiamando Connery per il film successivo,allettato da un compenso stratosferico.
Zero Zero Due
Il rapporto tra l’universo narrativo hitchcockiano e quello bondiano riguarda la dimensione del quotidiano.Hitchcock parte da
una situazione apparente di normalità, i personaggi e il mondo, per deragliare improvvisamente nell’assurdo e nell’angoscia.Il mondo di 007, invece, è già, da subito, pienamente anormale. Per il semplice fatto che non si
vedono mai persone normali. Sono tutti, immediatamente, spie, funzionari governativi,
uomini politici, trafficanti, ricchi folli, super
bellezze muliebri, sicari efferati. Il mondo è
esploso,“Il mondo non basta”, recita il motto sullo stemma della famiglia Bond.È il trionfo
della categoria dell’eccesso,che Hitchcock,in
fondo, ancora teneva a debita distanza, perché a interessarlo davvero era il campionario, non esiguo in verità, delle debolezze dell’uomo.
Rispetto al motto classico hollywoodiano,bigger than life,rimane tuttavia una differenza sostanziale. L’eccesso di Via col vento riguarda ancora la Storia, la guerra civile
americana.L’eccesso di Il mago di Oz riguarda
ancora la Fantasia, il fiabesco del passaggio
dall’infanzia all’adolescenza. Il mondo di James Bond riguarda pervicacemente il Quotidiano. Questo è il lato Free Cinema, Nouvelle Vague,Cinema/Verità della serie di 007.
Niente Storia o Fantasia,ma soltanto il trionfo
del Quotidiano. Il cinema per le strade, o nei
cieli, o sott’acqua, o nelle viscere della terra,
tutti i giorni.Che si tratti di salvare il Mondo,
è infatti, ormai, una cosa di tutti i giorni: una
Cronaca Nera Universale, che risiede ormai oltre tutti gli eccessi.
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Zero Zero Tre
L’agente segreto 007 lavora in spazi e
luoghi che sono siti di vacanza e di villeggiatura. Isole caraibiche, località sciistiche, città
d’arte: tempo libero e tempo di lavoro s’intersecano uno sull’altro. Se lo spazio manca
(il mondo è piccolo) anche il Tempo rimane,
tutto quanto, all’insegna dell’eccesso. Svago
ed esercizio professionale sono la stessa cosa, nel sigillo della missione. La missione è la
dimensione in cui tempo di lavoro e tempo
libero si confondono. Anche il matrimonio,
ovvero il momento immediatamente riconoscibile come sfera intima, il proprio matrimonio in Al servizio segreto di Sua Maestà e
quello dell’amico in Vendetta privata, sono
luoghi della missione.Non sfuggono al fuoco
nemico. L’agente segreto non ha privacy, o
meglio, sfera pubblica e sfera privata costituiscono una cosa sola. Lo smarrimento dei
confini tra lavoro e svago, tra sfera intima e
sfera pubblica,segna già una caratteristica del
primissimo cinema bondiano,che sarà presto
uno dei punti cardine del movimento del ’68.
Nella fedeltà assoluta alla missione,in cui anche il personale si fa politico, 007, nell’anno
1962, è già tutto oltre il ’68.
Zero Zero Quattro
La missione, nonostante si chiami missione, non riguarda la fede, né l’ideologia, né
la morale.Si prendano i gadget bondiani:penne che emulsionano gas venefico,orologi che
nascondono radio video trasmettitori, astucci che esplodono a un fischio stabilito. Nell’universo della narrazione cinematografica,
i gadget costituiscono la più radicale messa in
questione della funzione di racconto conosciuta convenzionalmente come “Arrivano i
nostri!”.I Nostri,la cavalleria,l’esercito,la polizia, sono il simbolo dell’autorità costituita,
ossia lo Stato e la Nazione. I gadget, che assolvono per Bond alla funzione dell’arrivano
i nostri, sono strumenti di salvezza che non
arrivano mai,perché ci sono già.La missione
non è il teatro in cui si mette in scena l’autorità, politica e morale, di un ente, lo Stato, riconosciuto come dominante e salvifico, che
arriva, a tempo debito, a sanare il conflitto.
I gadget sono sempre presenti, calorosamente a disposizione. Sono prodotti culturali puri, che valgono per l’utilizzo cristallino
che se ne fa. La missione, allora, non è la testimonianza di una fede,politica e morale,nel
senso di “avere una missione da compiere”:
è una scuola di sopravvivenza, esattamente
come la vita stessa. La missione è lo spazio
della Cultura che è diventato immediatamente
effettuale. L’agente 007 ha dei gadget, che sono tutti prototipi, una concezione usa e getta.Più che matrici industriali,però,questi sono trattati come squisiti artefatti artigianali,
che valgono giusto il tempo dell’uso. Il “rea-
zionario” Bond ha una concezione dei gadget in cui il valore d’uso prevale su quello di
scambio (d’altronde, Q è presentato esplicitamente come un Sublime Maestro Artigiano).Pur non prendendo mai una vacanza,007
è oltre la schiavitù del lavoro.
Zero Zero Cinque
L’agente 007 si sottrae all’effetto agenda dei mass media.L’effetto agenda è ciò che
i media decidono si debba assolutamente dire e mostrare al pubblico. Un universo concentrazionario, quasi un lager, di eventi e notizie da comunicare per forza. I cattivi bondiani,scienziati puntigliosamente attaccati al
Potere, sono individui inesorabilmente “mediatici”, perché stabiliscono un effetto agenda apocalittico per l’ordine mondiale. Come
se non fosse già abbastanza apocalittico il sommario di una qualsiasi news.Non si vede mai,
invece, uno 007 davvero potente, alle prese
con gli impacci e i fastidi della celebrità e del
successo. Nessuna Tv, o radio, o settimanale
intervista mai l’agente 007. Bond, a differenza di Batman,Superman o l’Uomo ragno,diligentemente tallonati dai media, non ha alcun appeal mediatico. Sembra del tutto fuori
dallo spazio dei media.Bond è l’individuo che
si serve della tecnologia ma resta fuori,si trova oltre la pressione tirannica dei media tecnologici.
Zero Zero Sei
Il cinema di James Bond lavora sulla dimensione del reportage di viaggio, vocazione intrinseca alla storia del cinema inglese, patria del documentario, la scuola di Brighton,vocazione che David Lean,un fervente ammiratore di 007, riformulava nella cornice, incisiva e netta, del colossal hollywoodiano. I film di 007, allora, non sono affatto
film d’autore.Sono film scritti dagli edifici,dalle traiettorie,dai viaggi,dai luoghi geografici e
naturali che vanno a visitare.Negli anni in cui
esplode la politica degli autori al cinema,Bond
fa dell’autore un funzionario Spectre.Il mondo, tutto lo spazio e il tempo del mondo, scrive direttamente il film, senza la mediazione
di alcun demiurgo. Il sogno di Spielberg, costretto invece, senza quello 007 che avrebbe
tanto voluto dirigere,a dimostrare la propria
raggiunta maturità d’autore.In Bond,invece,
basta l’inventore,che tuttavia non fa,Ian Fleming.La serie 007 è come una cattedrale medievale,frutto di tanti Artisti (Terence Young,
Sean Connery,Ken Adam,John Barry,Maurice Binder,Vic Armstrong, Peter Hunt,Ted
Moore…) e nessun Autore.In una parola sola, l’arte oltre l’autore.
Zero Zero Sette
007 conserva la curiosità per l’esotico,e
il gusto per l’imprevisto. Gli altri eroi contemporanei, quelli in maschera, non hanno il
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gusto dell’imprevisto, ma il dovere dell’imprevedibile. Essi non custodiscono la curiosità per l’esotico, per l’Altro, talmente sono
preoccupati della propria, tormentata Alterità.007 non è frutto di alcuna mutazione,genetica come Hulk o psicologica come Batman. Egli è l’uomo di tutti i giorni, hitchcockiano, che da agente segreto di se stesso,
diventa agente al servizio segreto di Sua Maestà.Non è una mutazione,è un investimento.
Restando al di qua della mutazione,può viaggiare per il mondo, attraverso le sue meraviglie. Il mondo non basta perché risulta pur
sempre infinito, questo mondo qui, con tutti
i suoi portenti e tesori. Ecco spiegata la parsimonia con cui le produzioni bondiane,consapevolmente,ricorrono agli effetti digitali,a
favore di stuntman,acrobazie reali,riprese dal
vivo.
Accanto a questa vocazione antica,ulissica, 007 sta già nel futuro. Il tratto più clamoroso, abbiamo detto, è l’immunità mediatica. Bond è immune ai mass media e al loro
nefasto, spectrale, effetto agenda. Non è una
mutazione, è una strategia di resistenza. 007
antepone il comportamento alla comunicazione. Non ha costumi, doppie identità (“Il
mio nome è Bond, James Bond”, null’altro),
caverne, laboratori segreti o pianeti lontani.
Non si tormenta con la questione del rapporto
fra l’Io e il Mondo. 007, infatti, è oltre la questione dell’Io.
Zero Zero...
Il campo di azione di 007 è del tutto immanente all’età della tecnica, restando immune dalla sua tirannia. 007 è l’uomo della
tecnica che fa della tecnica un mezzo, e non
uno scopo.Anche il cinema,allora,è un mezzo, e non uno scopo. L’autore cinematografico (il cattivo autore, s’intende, anche se…),
dal canto suo, fa del cinema uno scopo: scopo del cinema d’autore è precisamente l’autore e il suo unico grande Film. La serie 007
fa del film un mezzo il cui scopo è lo spazio
infinito del mondo (il mondo non basta…)
fatto cinema.Questo mondo.Lo spettatore di
007 impara qualcosa che sapeva già: fare della tecnica una téchne, e non un Moloch spietato. I cattivi, qualche scienziato pazzo, o industriale megalomane, o guru dispotico fanno della téchne un idolo sanguinario.
Per riuscire in questa missione decisiva, bisogna essere oltre. Dimensione che,
via Hitchcock, è stata raggiunta. Non solo
la téchne, ma tutti gli oltre dell’uomo contemporaneo, il sesso, la violenza, la politica, la comunicazione, l’identità, la vita e la
morte sono tutti già qui, nel mondo, infinitamente accessibili. Senza pregiudizi. Il 21°
film di 007, Casino Royale, dimostra ampiamente questa ricerca dell’oltre perduto
e ritrovato.