SANTA TERESA DI GESU` BAMBINO E DEL VOLTO SANTO
Transcript
SANTA TERESA DI GESU` BAMBINO E DEL VOLTO SANTO
Infanzia spirituale SANTA TERESA DI GESU’ BAMBIN O E D E L VO LTO SA N TO 2 Come ...fiori raccolti nel giardino del Carmelo cottolenghino collana Flos Carmeli Scricciolo. Povera, piccola cosa, come uno spicciolo. Piccola, ma gioiosa cip, cip, tin, tin sono note di speranza; è la musica di un canto che il cuore carezza. E il poco rende tanto. Scricciolo Edizioni © testi del Monastero cottolenghino IL CARMELO i Flos Carmeli Collana Secondo della collana “Flos Carmeli”, questo quaderno contiene articoli e spunti per meditare. I testi, scritti dalle Suore del Monastero cottolenghino “Il Carmelo”, sono fiori recisi e raccolti nel giardino della Vergine; pagine che offrono il profumo del dialogo ininterrotto con il Signore Gesù, nella gioia di vivere nell’hortus conclusus. La Vita contemplativa cottolenghina è questo restare-dimorare alla presenza di Dio, nel cuore della Chiesa e della Piccola Casa, con i fratelli di fede, per il mondo a bene del quale si offrono preghiere e suppliche. ii Chi Siamo Suore di Vita contemplativa dell’Istituto religioso fondato da San G. B. Cottolengo e distinto in due "Famiglie": Suore di Vita Contemplativa e Suore di Vita Apostolica, approvato dalla Santa Sede come Congregazione di diritto pontificio il 20/6/ 1959. San Giuseppe Benedetto Cottolengo fondò l’opera da lui denominata Piccola Casa della Divina Provvidenza che, dopo la sua morte, è popolarmente detta “Cottolengo”. Come le donne del Vangelo che seguivano e servivano il Signore, poniamo a fondamento della nostra vita umana e spirituale Dio e la sua gloria, e viviamo con gioia e gratitudine la totale appartenenza a Lui, felici di essere « serve dei poveri», sicure di ritrovare nella lode a Dio e nella carità verso i fratelli la piena realizzazione come persone e come donne. Viviamo serenamente abbandonate in Dio, alla sua Divina Provvidenza, e dalla nostra vita scaturiscono: umiltà, gioia, semplicità, servizio vicendevole, costante gratitudine: Deo gratias sempre! Con la celebrazione della Liturgia delle Ore ci uniamo alla grande Preghiera di Gesù, Mediatore unico, per offrire al Padre la Lode perfetta a nome di tutti e per ogni necessità. iii La vita al Carmelo cottolenghino… è vita di contemplazione e di preghiera. È un ripercorrere nella meditazione quotidiana del Vangelo, il cammino segnato da Gesù per i suoi discepoli. È un confondersi, quasi un esistere senza essere notati, tra i personaggi biblici; è un partecipare alla scena evangelica come dietro le quinte. È rivivere le emozioni e gli atteggiamenti più spontanei dei personaggi che circondano Gesù, in modo particolare nel momento più difficile e vero della Passione. È un essere loro, tra di loro, imitare i loro gesti. La stessa contemplazione diviene allora quasi una specie di ricordo, o meglio la sensazione di compiere, nella propria vita spirituale, un cammino già compiuto dietro a Cristo, decifrato stranamente dalla narrazione evangelica. È così che il percorso attuale dello spirito verso Gerusalemme e il Calvario, si sovrappone, confondendosi, col percorso storico del Cristo e dei personaggi intorno a Lui. Si ha la sensazione di percorrere, oggi nella vita, un cammino già fatto una volta, che già sappiamo dove tende e dove sbocca. Avviene come se le pie donne del Vangelo, come se Maria, la Madre di Gesù, Maria di Cleofa, Maria di Magdala e Giovanni, fossimo noi, in una presenza vera, ma sfumata nella scena che ripete i loro gesti. Il cammino che il cristiano compie oggi sulle orme di Cristo è un cammino fatto insieme, tanto più qui al Carmelo dove il cammiiv nare insieme oggi alla sequela di Gesù diviene imitazione del cammino concreto, fatto insieme, dei discepoli accanto a lui nella Passione e nel contempo imitazione dello stesso gesto d’Amore di Lui. Qui, cammino reale e cammino simbolico, spirituale, si confondono, si intrecciano in sfumature diverse. L’uno diviene l’immagine concreta dell’altro. Mentre dunque siamo ancora sulla strada del nostro cammino simbolico e non vediamo che la notte davanti a noi, dobbiamo guardare al cammino reale del Cristo e dei discepoli, un cammino già percorso nella contemplazione, al fine di crescere nella fede e nella certezza che, come quel cammino concreto sfociò nella resurrezione, così il nostro attuale cammino spirituale, alla sequela del medesimo Cristo, sfocerà nella Vita eterna. La notte che avanza non è la notte dell’angoscia e della morte, bensì quella della Pasqua, questa certezza si radica nel nostro ricordo, perché stranamente abbiamo già percorso, nella contemplazione, questo cammino. Queste parole vogliono essere l’espressione di una comunità contemplativa che narra la certezza di camminare insieme nella fede dietro al Cristo e sostiene ogni persona nelle sue trepidazioni e difficoltà. v Santa Teresa di Gesù Bambino Dottore della Chiesa Maestra di Vita spirituale S. Teresina con l’esempio della sua vita condotta in solitudine, nel nascondimento ci apre un cammino di una sbalorditiva attualità. Secondo il suo carisma fondamentale, essa fa volgere progressivamente il cuore umano, centrato su se stessa, verso il Padre celeste, verso Cristo che dà senso alla vita e la apre all’universalità. 6 I N FA N Z I A S P I R I T UA L E Infanzia Spirituale Nei Manoscritti di S. Teresina si trova 491 volte il termine “bambino”, 75 “infanzia”. È abbastanza facile confondere la via d’infanzia con l’infantilismo. Non c’è nulla di più sbagliato ed è facile scivolare in questo errore. Teresa Martin, ad un certo punto della sua adolescenza tentata d’infantilismo, certamente non vuole ricadervi a 22 anni! Essa ebbe chiara coscienza del pericolo corso nel momento in cui venne liberata la notte della sua conversione: “Il 25 Dicembre 1886 ricevetti la grazia di uscire dall’infanzia; in una parola, la grazia della mia completa conversione… Dovevo spogliarmi dei difetti dell’infanzia” (Man. A, 45) È chiaro che l’infanzia spirituale è tutt’altra cosa dell’infantilismo. L’infanzia spirituale è quella di cui Gesù disse: “Se non diventerete come bambini…” (Mt. 18,3) certamente Gesù non orienta i suoi discepoli verso l’infantilismo. Quando disse anche: “Lasciate che i bambini vengano a me…” (Mt. 9, 14), quando li abbraccia, li benedice è toccato dalla loro debolezza, dalla loro fiducia. Sono i segni della vita filiale che Gesù stesso vive in rapporto al Padre. Egli vorrebbe che tutti gli uomini vivessero in questa confidenza totale. “Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 7 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Gli disse Giuda, non Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”. Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la 8 mia pace. Non come la dá il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,” (Gv.14, 10-30) Questa è la vita filiale di Gesù, il Figlio di Dio per natura. Egli ci introduce in questa via attraverso il Battesimo che ci rende figli di Dio. 9 E S S E R E S E M B R A R E A P PA R I R E Essere, sembrare, apparire ? S. Teresina con l’esempio della sua vita condotta in solitudine, nel nascondimento ci apre un cammino di una sbalorditiva attualità. Secondo il suo carisma fondamentale, essa fa volgere progressivamente il cuore umano, centrato su se stessa, verso il Padre celeste, verso Cristo che dà senso alla vita e la apre all’universalità. Viviamo nella società del fracasso, delle immagini, della facciata: si assumono atteggiamenti, ci si prepara la faccia per comparire in pubblico, nel tentativo di mascherare un’inconfessata debolezza. Paradossalmente luoghi nascosti in cui la natura è ancora pressoché vergine sono meta assai ricercata e frequentata, come non mai. Ciò esprime l’esigenza spirituale inscritta nel più profondo del cuore umano. Prosperano le sette e le nuove religiosità che orientano a una dimensione trascendentale, attraverso le varie tecniche di concentrazione, di meditazione, di ricerca d’equilibrio interiore. Teresa, pur non avendo vissuto la formidabile evoluzione di questi ultimi tempi, ci meraviglia per la sua attualità. Certe costanti sfidano i secoli. Giovanissima, essa dimostra una spiccata tendenza alla solitudine e al silenzio. Con la cugina Maria Guerin, giocava a fare l’eremita, alternando con lei l’azione alla contemplazione. 10 Si preparò alla Prima Comunione, con mezz’ora quotidiana di orazione mentale e ben presto senti che il Carmelo sarebbe stato il deserto dove Dio voleva che si nascondesse. Le espressioni: granello di sabbia, atomo, rosa sfogliata traducono i sentimenti della carmelitana che desidera nascondersi nel Volto di Gesù, perché Egli stesso ce ne ha indicato la strada: “Occorre rassomigliare a Gesù il cui Volto fu velato”. Il Padre svela il suo Volto attraverso il Volto di Gesù: questa è una dimensione nuziale che si vive nel deserto, anticipando le Nozze del Cielo. “Io penso semplicemente che il Cuore del mio Sposo mi appartiene come io appartengo a Lui solo; Gli parlo nella solitudine di questo Cuore e cuore, in attesa di contemplarlo un giorno viso a viso”. Tutti ciò si vive oltre il sentimento, in un atto di fede affinato da uno sguardo ostinatamente fisso su Gesù. Allora tutto si semplifica e fugge la paura di ritrovarsi soli con se stessi, perché “io è un Altro” (M. Zundel). Solo nella misura in cui si accoglie questo “Altro” si può passare dal sembrare all’essere in tutta la sua pienezza. Il cuore dell’universo, entra nella compassione di Dio e diventa capace d’abbracciare il suo desiderio di comunicarsi agli uomini. Teresina rinunciò ad apparire per permettere a Dio di vivere in lei e ritrovare in Lui tutti gli uomini. Così si realizzano pienamente le parole del Cantico: “Attirami; noi correremo alla fragranza dei tuoi profumi. O Gesù, non occorre dire: Attirandomi, 11 attira le persone che amo. Questa sola parola: Attirami basta. Lo comprendo, Signore: quando un’anima si lascia sedurre dal profumo delizioso dei tuoi aromi, non potrebbe più correre da sola; tutte le persone che ama vengono trascinate dietro a lei… come un torrente, gettandosi con impeto, nel mare, trascina con sé tutto ciò che incontra lungo il suo corso, così l’anima che si tuffa nell’oceano senza limiti del tuo amore, attira con sé tutti i tesori che essa possiede… Signore, Tu lo sai: io non ho altri tesori che le anime che ti è piaciuto unire alla mia” (M.C.) 12 ABBASSAMENTO Abbassamento La grande scoperta di S. Teresina: Dio è essenzialmente, fondamentalmente Amore misericordioso che s’abbassa sino all’uomo, colmando l’abisso che separa il Creatore (Es. 3,14) dalla sua creatura. Questo abisso è colmato dal mistero dell’Incarnazione del Verbo nel grembo di Maria. Egli s’è talmente abbassato da farsi piccolo bambino nella greppia di Betlemme. L’abbassamento di Dio s’accentua nella vita di Gesù sino a condurlo a quello della Croce. (cf. Fil. 2,5-8) Teresa cita tre volte questo passo nei suoi scritti: ciò è assai significativo. E al proprio nome di religiosa aggiunge “del Santo Volto”. L’Amore vuole ancora scendere più in basso: ecco il terzo, ultimo grado di abbassamento: l’Eucaristia. In questo Sacramento non c’è neppure più la realtà umana (un bambino, un crocifisso); rimangono solo del pane e del vino: Dio ci dona un cibo. Potrebbe l’Amore scendere più in basso? scrive Teresa: “L’Eucaristia rappresenta l’estremo limite del tuo Amore dopo aver reso visibile il tuo volto adorabile, Tu vuoi nasconderti sotto un velo più spesso ancora di quello della natura 13 umana”. “Tu vivi nascosto nell’Ostia per me”. “Nell’Ostia contemplo il colmo del tuo annientamento”. Si conosce l’amore intenso di Teresa per l’Eucaristia, luogo del dono assoluto dell’Amore crocifisso e Risorto. La Santa s’è incamminata essa pure sulla via dell’abbassamento: follia! Ma “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini “. (1 Cor. 1,25) 14 SETTIMANA SANTA Settimana Santa Stiamo celebrando il cuore della Rivelazione cristiana, il cuore del mistero di Dio: “Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil. 2, 6 – 8) Oggi i parametri che orientano e reggono la vita delle Comunità religiose generalmente sono: assicurare la nostra presenza, difendere le proprie caratteristiche, imporre delle scelte, mirando ad una sempre maggior autonomia e ad assicurarsi il potere. Questa la nostra ordinaria sapienza, sempre minacciata dall’individualismo a geometria variabile che invoca a propria difesa il buon senso, il realismo: un modo elegante per giustificare le proprie scelte. 15 Kenosi e piccola via Di fronte, a specchio, sta la Sapienza di Dio che confonde le nostre umane sapienze (cf. 1 Cor. 1,27), dalle più basse: interessi, carriera, alle più nobili: l’ideale, l’eroismo… Gesù non ha rivendicato nulla, anzi s’è spogliato di se stessa; è ciò che in linguaggio teologico è detto Kenosi. Con questo modo d’essere Gesù non solo ci offre un esempio, un modello alla nostra ammirazione, ma uno stile di vita al quale Egli desidera fortemente iniziarci. Che possiamo farne di un paziente apprendistato, sostenute dalla potenza dello Spirito Santo. Teresa con la sua piccola via offre precisamente questo metodo di vita. Il tema è evangelico. Matteo, in modo forte, netto, senza riserve, scrive: “Non fatevi chiamare maestri, perché avete un solo Maestro: Cristo”. (23,11) E Giovanni con ineguagliabile dolcezza: “Non vi chiamo più servi, vi chiamo amici. (15,15) Teresa, a suo modo, ne sa qualcosa; essa è maestra delle novizie “facente funzione” all’ombra di Madre Gonzaga: una maestra con così poca presenza. Così scarso potere e tuttavia di molta autorità della quale essa stessa dubita: è veramente mia?con un tale peso di sapienza che pare impossibile trovare in una creatura di quella età “Agli occhi delle creature – scrive Teresa – tutto mi riesce bene; io percorro la via degli onori. Per quanto è possibile 16 nella vita religiosa. Comprendo che non per me, ma per le altre io devo passare per questa strada che pare tanto pericolosa. Effettivamente, se io comparissi agli occhi della Comunità una religiosa piena di difetti, incapace, priva d’intelligenza e di buon senso, sarebbe improbabile che lei, Madre, si facesse aiutare da me”. È una situazione che noi giudichiamo assai spiacevole, colma di colpi di spillo che non carezzano certamente l’amor proprio, ma delle quali Teresa, pur accettando complimenti dalle Novizie, ne ride: “Talvolta desidero ricevere altre cose, anzi che lodi. Lei sa, Madre che io preferisco l’aceto allo zucchero. Mi stanca un cibo troppo dolce, perciò Gesù permette che mi venga presentata un’insalatina assai aspra, con molto aceto e spezie amare. Vi manca niente, se non l’olio… Questa insalatina mi è offerta dalle Novizie nel momento in cui meno me l’aspetto.” (Man. C) Teresa sa per scienza ed esperienza, ormai dottorale, che non è saper vivere ad introdurci nella Kenosi del Cristo, ma un modo di vivere in relazione agli altri che diventa propositivo. Un modo di vivere che già Paolo propone alla Comunità di Filippi attraversata da conflitti e rivalità, tensioni e invidie: l’autorità si deve fondare sulla dimenticanza di sé, sull’umiltà, sul saper perdere. Un modo nuovo di stare con gli altri che “Cancella” di colpo il nostro io postosi al centro, per collocarlo al suo giusto luogo, come creatura in dipendenza da Dio. Non siamo noi a sceglierci il posto nella vita; ce lo ha dato il Creatore: in Lui noi siamo chiamati a riposare d’un riposo attivo, compiendo le opere dell’Amore. 17 Alleanza Noi siamo insieme a causa di Gesù. La Comunità religiosa non si costruisce per contratto fra i suoi membri, ma sul fondamento di una alleanza d’Amore da parte di Dio. Occorre, quindi, guardare a Lui, come a Colui che ci fa dono di stare insieme e giustifica la nostra esistenza: “Noi non siamo migliori dei fannulloni, degli scioperati, tuttavia Gesù ci ha difese nella persona di Maria Maddalena…; anche cristiani praticanti, gli stessi preti ci giudicano parassite, invitandoci a servire come Marta anziché consacrare a Gesù il vaso della nostra vita con i profumi in essa contenuti.” (Lett. 169) È tentazione. Dobbiamo avere un solo timore: incrinare, spezzare l’alleanza, semplicemente per mancanza di dono, per povertà d’amore. Per scongiurare questo rischio attenzione a non cedere alla tentazione dello straordinario: “Sento il bisogno, dice Teresina, il desiderio di compiere per te Gesù, tutte le opere più eroiche. Sento in me il coraggio d’un crociato, d’uno Zuavo pontificio; vorrei morire su un campo di battaglia per difendere la Chiesa.” (M. B. 2) Ma la vertigine dell’eroico è sovrabbondanza d’amore? Teresa sfiora questa illusione, così attraente e , grazie a Dio, se ne tiene lontana. Essa s’impegnerà a percorrere la “piccola via”, la via della Kenosi, non per interesse personale, né per disimpegno, ma unicamente per amorosa pietà, per amore di Gesù. 18 A BETLEMME CON S. TERESA DI G.B. A Betlemme con S. Teresa di G. B. Nel simbolo costantinopolitano che si proclama ogni domenica e nelle feste liturgiche durante la celebrazione dell’Eucarestia, diciamo: “Per noi uomini, per la nostra salvezza (il Figlio unigenito del Padre, Dio da Dio, Dio vero da Dio vero) discese dal cielo”. Discese: Dio è disceso, s’è abbassato fino a noi che mai avremmo potuto, da soli, innalzarci fino a Lui. Egli “era Verità e Vita presso il Padre; in quel momento si fece anche Via” (S. Agostino). Comprese bene S. Teresa di Gesù Bambino questo mistero: se il Figlio di Dio, Dio Egli stesso, s’era fatto Via discendendo - “spogliò Se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil. 2,5) – quella, anche per lei, era la via. Vi si incamminò, prontamente, la percorse in 24 anni di vita, di cui 9 al Carmelo di Lisieux, tenendo lo sguardo fisso su Gesù, e con passi d’amore che si facevano più veloci con l’approssimarsi della meta. Sul punto di lasciare l’esilio terreno, disse: “Non muoio; entro nella Vita”. Mentre era normale considerare la beatitudine celeste come una requies aeterna, Teresa vede nella morte l’entrata nella carriera 19 apostolica, come Gesù stesso che raggiunse nella morte, l’apice della sua azione redentrice. La Chiesa canonizzando Teresa nel 1925 e il Beato Giovanni Paolo II, proclamandola Dottore in Scientia Amoris nel 1997, la additarono al popolo quale modello di santità e definirono scienza la sua dottrina. Una suora di clausura, morta a 24 anni, dottore della Chiesa, maestra nella via dell’Amore. Che cosa ha fatto questa giovane per raggiungere in sì breve tempo la santità? Ha operato un “rivoluzione” che s’è imposta con la potenza silenziosa della vita. Andando a Dio, non come al giudice supremo, ma come alla misericordia e all’Amore assetato di comunione, come Padre infinitamente amante dei suoi figli, Teresa ha ribaltato il fondamento stesso della teologia del suo tempo. Ella sognava “una piccola via, diritta e breve , una piccola via affatto nuova, accessibile a tutti”. Viviamo in un secolo di invenzioni – scriveva -, un ascensore sostituisce vantaggiosamente le scale. Non è più il caso di salire e io sono troppo piccola per salire la scala della perfezione. Lessi nelle Scritture: “Chi è fanciullo venga a me”. Teresa ha trovato il suo ascensore; Gesù che si abbassa su di lei, la prende e la solleva verso il Padre, nello Spirito Santo. “E’assai meglio andare per la piccola via dell’infanzia spirituale, con la consapevolezza della propria debolezza, con la fede pura e l’abbandono totale preferibile a tutte le estasi”. 20 E’ la via non facile alleata dell’eroismo quotidiano. Nella vita di Santa Teresina non si notano opere di spicco, al punto che una monaca del Carmelo di Lisieux, si andava domandando che cosa si sarebbe potuto scrivere di lei nel menologio. La pagina preparata per il suo processo di canonizzazione è assai povera; vi si parla dei modesti uffici da lei esercitati in monastero, con l’aggiunta che “in suor Teresa tutto era semplice”. Anziché sforzarsi di salire, quindi, lei è discesa e nel nascondimento, nella dimenticanza di sé ha realizzato la sua vocazione. Aveva compreso per singolare grazia dello Spirito Santo, e ciò insegnava alle novizie che “il Signore non ha bisogno delle nostre belle azioni; né dei nostri sublimi pensieri “. Egli non venne a cercare quaggiù né “ l’ingegno, né i talenti…Gesù predilige la semplicità ”. Sr Teresa non si lascia abbagliare dalle opere ammirate dal mondo: l’umiltà profonda e le illuminazioni della fede le ricordano che le opere più grandi senza l’amore sono nulla. L’intuizione originale che ispira e dirige la sua spiritualità è lo spirito d’infanzia che deve animare i nostri rapporti con Dio, Dio che in questo tempo adoriamo Bambino, in una culla, bisognoso di tutto, fragile, incapace di difendersi. Con l’infanzia spirituale, siamo al cuore della folgorante realtà evangelica. Nel cuore del Padre non si può che trovare Amore e misericordia. Teresa comprese ciò assai bene, capì che compito primario dei figli è lasciarsi amare, cioè lasciarsi salvare e divinizzare per rassomigliare sempre di più a Lui, perciò si consacrò non alla giustizia divina, come s’usava all’epoca, ma all’Amore. 21 Da quel giorno, affermava la santa, l’Amore la compenetra, l’avvolge. “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli “. (Mt 18,3) Conquistata da questa verità basilare, Teresa prende a modello, sino al termine della sua vita, il bambino più piccolo che, a detta di Gesù, sarà il più grande nel Regno dei Cieli (cf Mt 18,4). Queste parole sono indirizzate a tutti, poiché lo spirito non ha età. Restare sempre fanciulli, ricorda la Santa di Lisieux, cioè riconoscere il proprio nulla, aspettare tutto da Dio, non affliggersi per le proprie debolezze, anzi, goderne, perché esse glorificano il Padre: tocchiamo qui uno dei punti più importanti della spiritualità cristiana. “Quanto più si riconosce umilmente la nostra debolezza e povertà, tanto più Dio si abbassa fino a noi per colmarci dei suoi doni”. A pochi giorni dalla sua morte Teresa esclama: “E’ così dolce sentirsi debole e piccola”. Ella è tanto intelligente da preferire alle umiliazioni e al disprezzo l’oblio: “essere il granellino di sabbia oscuro, calpestato dai passanti”. E quando il Signore le manifestò il mistero del “volto velato” nel tempo della malattia del padre, Teresa si inabissò con Gesù nell’oscurità totale che l’aveva colta. Aveva letto in Isaia del Servo di Javeh “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in 22 lui diletto”(53, 2-3). Fu affascinata e travolta da questo mistero: “Anch’io desideravo essere senza splendore, né bellezza, trovarmi da sola a pigiare l’uva nel torchio, ignorata da tutte le creature: non ho mai desiderato la gloria umana; bramo ardentemente l’oblio”. E’ quanto di meglio si possa desiderare contemplando il mistero del Natale di Gesù. Quello desiderato e vissuto da S. Teresina non è però un oblio che sfocia nella pusillanimità, anzi! Esso la lancia arditamente nelle grandi imprese a gloria di Dio. La via dell’infanzia spirituale, la piccolezza evangelica, si può conciliare con la magnanimità più ardita, perché la spinta ad agire proviene unicamente dall’Amore di Dio. L’Amore é il maestro per eccellenza, insegna tutto ed é il mezzo più efficace e sicuro per giungere alla perfezione. “Alla fine della vita saremo esaminati sull’Amore”. (S. Giovanni della Croce) Teresina é la Santa del puro amore che aveva orrore dell’amore mercenario. Il 29 luglio 1894, le monache della Comunità estrassero a sorte alcuni detti; a lei toccò: “Se ad ogni istante ti si domandasse : che cosa stai facendo?, la tua risposta dovrebbe essere: amo”. Ne fu felice la piccola suora e disse: “E’ l’eco della mia anima... Al buon Dio non ho mai dato altro che amore”. E al momento di comparire davanti a Dio, tra le più acerbe sofferenze, rivolgendosi alla sorella Celina, le ripeté con vigore: “No. Non mi pento di essermi offerta all’Amore”. Da sempre aveva sognato in grande; avrebbe voluto essere, per Gesù, apostola, missionaria, martire, finché bruciata in cuore da 23 quella aspirazione che era follia coltivare, lesse il passo di Paolo nella 1 Cor. 12 e 13 e il suo intimo si calmò. Aveva trovato la “via più eccellente”: la Carità. Da quel momento i suoi giorni scorsero come martirio d’Amore, come aveva ardentemente chiesto nell’Atto di offerta all’Amore misericordioso. La barchetta della sua vita si spinse a vele spiegate nell’oceano della confidenza e dell’Amore, abbandonandosi senza riserve alla più audace confidenza in Dio. “La confidenza e soltanto la confidenza deve portare all’Amore”. Piena di gioia esclamò: “O Gesù, ho trovato finalmente la mia vocazione: la mia vocazione é l’Amore”. La confidenza l’aveva condotta all’abbandono, manifestazione suprema dell’Amore. Aveva preso a modello il bimbo che si addormenta in braccio a sua madre (cfr Sal 13) e prediligeva fra tutte la pericope evangelica della Provvidenza del Padre, come si legge in Mt 6. Aveva compreso che la formula perfetta dell’abbandono é la santificazione del momento presente: “Non voglio pensare che al momento presente” afferma negli ultimi giorni della sua esistenza terrena. Tre anni prima aveva composto la poesia: “Solo per oggi”; in seguito 24 ore erano troppe per lei, le bastava il momento presente. Così é discesa la “Piccola Teresa” che vive in Monastero al modo di Maria a Nazareth: giorni sempre uguali in una vita asso24 lutamente ordinaria; nessuna visione, né stimmate, né fenomeni mistici... Solo l’offerta silenziosa, la fedeltà a Dio in ogni istante, nel nascondimento, nel dono di sé fino all’eroismo. Sr. Teresa comprese che la carità fraterna é tutto su questa terra (cf Mt 25), perciò la esercita in Monastero in modo concreto, con tatto e delicatezze squisiti, incarnando l’eroismo della piccolezza nella fedeltà silenziosa. Tutto e solamente per Amore. Un prelato ha detto argutamente di lei: “Teresa nei suoi rapporti con Dio ha soppresso la matematica”. Sua regola era la semplicità; ha una sola preoccupazione: piacere a Gesù in tutte le cose, qualunque siano le azioni che si compiono. Non sono esse a santificare le persone, sono invece i santi che, nella carità, rendono grandi anche le minime azioni. La S. Famiglia di Nazareth fu per Teresa il modello al quale si ispirò costantemente. Fin da bambina, era attratta dalla S. Vergine che, all’età di dieci anni, la guarì da una strana malattia. Nel Carmelo, terra mariana per eccellenza, la sua devozione alla SS Vergine divenne dimestichezza che si manifestava ad ogni istante. A Lei affidò la cura della propria vita e delle novizie di cui era aiuto-maestra. Ciò che maggiormente colpisce e rapisce Teresa nella contemplazione del mistero di Maria é il fatto che la Madre di Dio passò inosservata tra la folla anonima delle sue compaesane. “Ella é più Madre che Regina” scrisse. I piccoli hanno bisogno della mamma , non della regina; per loro la mamma é sempre regina! 25 Il messaggio di S. Teresina é chiaro: la santità consiste in una disposizione del cuore che ci rende umili e piccoli tra le braccia di Dio, consapevoli della nostra povertà e fiduciosi, sino all’audacia, della sua bontà di Padre. Per Teresa la santità non é altro che la vita quotidiana divinizzata dall’Amore; una santità che si può trovare e praticare ovunque, accessibile a tutti. Il santo é l’umile di cuore che cammina con tutta semplicità sul sentiero che la Provvidenza gli ha tracciato e il cui lavoro quotidiano, spesso faticoso, non ha altri testimoni all’infuori di Dio. La piccola Teresa ha ricondotto la santità al trionfo dell’Amore, espresso con mirabile finezza d’istinto, nella poesia “Viver d’Amore”. Viver d’Amore é dare senza tregua senza pretesa di compensi umani. Ah, senza misura io do, ben certa che non si calcola quando pur si ama! Viver d’Amore é, mentre Gesù dorme, trovar riposo nei tempestosi flutti. Non temere, Signor, che io ti svegli! In pace attendo il celeste approdo. Presto la Fede squarcerà il suo velo; la Speranza per me é vederti un giorno; 26 Carità é una vela gonfia che mi spinge: Vivo d’Amore! Amare, essere amata ( amo perché sono amata) e dal cielo ritornare sulla terra per far amare l’Amore: questo fu il sogno supremo realizzato da S. Teresa di Gesù Bambino. La via dell’infanzia spirituale è la scuola del puro amore. La Chiesa, nelle parole del papa Pio XI, alla Messa di canonizzazione, fece sua la supplica della monaca di Lisieux: “O Gesù ti supplico di abbassare il tuo sguardo divino su un gran numero di piccoli. Ti supplico di sceglierti, in questo mondo, un esercito di piccoli, degni del tuo Amore”. E’ importante anche ricordare il rapporto tra la “piccola via” di Teresa e la sua prova di fede: 18 mesi di oscurità totale negli ultimi mesi della sua vita. Una prova indicibile di cui la santa ha quasi paura a parlare e dalla quale non sarebbe uscita senza la continuità con la piccola via. Per essere passata in quel tunnel comprese “che ci sono davvero anime senza fede”; di esse fu sorella e sedette alla loro tavola. Su parecchi quotidiani del 27 novembre 2008 compare la foto della Santa accanto a quella di Gramsci. Nella stanza del malato c’era una foto della Santa che egli non chiese di rimuovere. Veramente la “piccola Teresa” é arrivata a tutti. 27 Lungo la strada verso Betlemme essa ci ha accompagnate, sussurrandoci parole che solo i piccoli comprendono. Giunte alla Capanna disadorna, rifugio di animali e di poveri pastori, sostiamo in silenzio. Qui é disceso, qui abita il Re del Cielo, il Figlio di Dio fatto carne, fatto Bambino. Un Bambino simile a tutti i bambini, caratterizzati dalla piccolezza, dall’umiltà, dalla semplicità, dall’abbandono confidente e dall’audacia, sapendo del loro irresistibile potere sul cuore dei genitori. Un bambino non spaventa nessuno, a nessuno nuoce, a tutti regala il suo sorriso innocente, dilatando i cuori, aprendoli alla speranza. E se questo Bambino é Dio, c’é solo più spazio all’estasi, come insegnava il nostro Beato Paleari. Il Natale é la festa dei piccoli, i veri grandi nel Regno dei Cieli. A Lui, al “Piccolo mendicante divino di Natale”, vuole continuare ad accompagnarci S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, dottore nella scienza dell’Amore. Tutto il mistero del Natale, della nascita di Gesù a Betlemme, é estremamente semplice e per questo é accompagnato dalla povertà e dalla gioia. Il mistero del Natale é certamente un mistero di povertà e di impoverimento: Cristo, da ricco che era si é fatto povero per noi e soprattutto per amore dei più poveri. Tutto a Betlemme é povero, semplice e umile e, per questo non é difficile da comprendere per chi ha l’occhio della fede del bambino a cui appartiene il Regno dei Cieli come ha detto Gesù. (Mt 6,22). 28 La semplicità della fede illumina tutta la vita e ci fa accettare con docilità le grandi cose di Dio. La fede nasce dall’amore; è la nuova capacità di sguardo che viene dal sentirsi amati da Dio... La gioia non era solo dei contemporanei di Gesù, ma é anche nostra; anche oggi il Verbo della vita si rende visibile e tangibile nella nostra vita quotidiana, nel prossimo da amare, nella via della Croce, nella preghiera e nell’Eucarestia, in particolare nell’Eucarestia di Natale, e ci colma di gioia. 29