VIDEOSORVEGLIANZA Regole da rispettare a tutela della Privacy

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VIDEOSORVEGLIANZA Regole da rispettare a tutela della Privacy
VIDEOSORVEGLIANZA
Regole da rispettare a tutela della Privacy
Analisi del provvedimento generale sulla videosorveglianza emanato dall’Autorià
Garante per la protezione dei dati personali il 29 aprile 2004 e degli adempimenti imposti
a chi utilizza sistemi di videosorveglianza. Le difficoltà d’interpretazione e d’applicazione
nella sistematica del Codice della Privacy.
1. Tra vecchie regole e nuove regole poche differenze, ma l’equilibrio tra riservatezza ed
esigenze di tutela della sicurezza rimane difficile.
Il Codice in materia di protezione dei dati personali (Codice della privacy) tutela il diritto alla
riservatezza, diritto costituzionalmente garantito1.
Il diritto alla riservatezza, anche in considerazione del continuo progredire della tecnologia,
risulta insidiato anche a causa del proliferare di sistemi elettronici – digitali in grado di
raccogliere immagini e suoni. In particolare il diritto alla riservatezza risulta insidiato dai
sistemi di videosorveglianza che vengono installati da privati, enti pubblici e persone
giuridiche in genere a tutela del patrimonio, delle persone e più in generale per fini di
sicurezza; ciò avviene sebbene sia statisticamente dimostrato che la proliferazione dei sistemi
di videosorveglianza non sempre ha una concreta efficacia deterrente.
In questo quadro il Garante per la protezione dei dati personali (Garante della Privacy), in
attesa di dare esecuzione al disposto dell’art. 134 del Codice della Privacy2 che prevede
l’emanazione di un codice deontologico sulla videosorveglianza, ha specificato quali sono le
regole che devono essere rispettate da chi decide d’installare ed utilizzare un sistema di
videosorveglianza. Si è così giunti all’emanazione da parte dell’autorità Garante di un
provvedimento a carattere generale sulla videosorveglianza emesso in data 29.4.043.
Il provvedimento in realtà non stravolge la materia già regolamentata dalla medesima autorità
con l’emanazione in data 29.11.00 di un decalogo sulla videosorveglianza4, decalogo
purtroppo di fatto rimasto lettera morta.
1
Per approfondimento dell’argomento del diritto alla riservatezza nell’ordinamento costituzionale segnalo l’articolo di Massimo
Prosperi consultabile a questa URL: http://www.dirittoproarte.com/dirarti/costituzione.htm .
2
Art. 134. del Codice della Privacy - Codice di deontologia e di buona condotta
1. Il Garante promuove, ai sensi dell'articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento
dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini, prevedendo specifiche modalità di trattamento e
forme semplificate di informativa all'interessato per garantire la liceità e la correttezza anche in riferimento a quanto previsto
dall'articolo 11.
3
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1003482 .
4
DECALOGO 29.11.2000.
Chi intende svolgere attività di videosorveglianza deve osservare almeno le seguenti cautele, rispettando comunque il principio di
proporzionalità tra mezzi impiegati e fini perseguiti:
1. Tutti gli interessati devono determinare esattamente le finalità perseguite attraverso la videosorveglianza e verificarne la
liceità in base alle norme vigenti. Se l’attività è svolta in presenza di un pericolo concreto o per la prevenzione di specifici reati,
occorre rispettare le competenze che le leggi assegnano per tali fini solo a determinate amministrazioni pubbliche, prevedendo che
alle informazioni raccolte possano accedere solo queste amministrazioni.
2. Il trattamento dei dati deve avvenire secondo correttezza e per scopi determinati, espliciti e legittimi (art. 9, comma 1, lett.
a) e b), legge 675/1996).
3. Nei casi in cui la legge impone la notificazione al Garante dei trattamenti di dati personali effettuati da determinati soggetti
(art. 7 legge 675/1996), questi devono indicare fra le modalità di trattamento anche la raccolta di informazioni mediante
1
Il nuovo provvedimento del Garante è stato elaborato soprattutto per aggiornare le regole in
materia di videosorveglianza a quanto previsto dal nuovo Codice della Privacy che come noto
ha abrogato la legge 675/96 sostituendola.
Paragonando il nuovo provvedimento sulla videosorveglianza al vecchio decalogo si capisce
chiaramente come di fatto le regole siano rimaste per molti versi le stesse, vi è una
precisazione dei principi e degli adempimenti che devono essere posti in essere dal titolare del
trattamento che effettua la videosorveglianza.
L’interferenza nella vita privata altrui attraverso le telecamere trova nel provvedimento
dell’autorità Garante della privacy un deterrente.
Va rilevato, peraltro, che l’intento non dovrebbe essere quello di evitare la proliferazione dei
sistemi di videosorveglianza, finalità questa non di competenza dell’autorità Garante; ma
semplicemente la regolamentazione nell’utilizzazione dei sistemi di videosorveglianza,
considerato che l’esigenza di tutela della sicurezza è un diritto sentito a livello di opinione
pubblica tanto quanto è sentito il diritto alla riservatezza.
2. Le critiche al provvedimento generale sulla videosorveglianza.
Il provvedimento del Garante in esame è stato oggetto di aspre critiche5, le quali possono
essere o meno condivise ma che, in ogni caso, non risolvono il problema di base che consiste
negli adempimenti che spettano a coloro che utilizzano un sistema di videosorveglianza.
Adempimenti che devono essere rispettati se non si vuole correre il rischio d’incorrere nelle
pesantissime sanzioni previste dalla legge.
Una critica che può essere certamente mossa al provvedimento sulla videosorveglianza
riguarda la complessità della struttura giuridica utilizzata per regolamentare la materia,
complessità che in alcuni casi non rispetta perfettamente la terminologia tecnica utilizzata dal
legislatore sin dalla legge 675 del 1996.
Queste “incongruenze”, che di seguito verranno evidenziate analiticamente, hanno
contribuendo, ad oggi, alla scarsa o errata applicazione del provvedimento spesso perché nella
apparecchiature di videosorveglianza. Non è prevista alcuna altra forma di specifica comunicazione o richiesta di autorizzazione al
Garante.
4. Si devono fornire alle persone che possono essere riprese indicazioni chiare, anche se sintetiche, che avvertano della
presenza di impianti di videosorveglianza, fornendo anche le informazioni necessarie ai sensi dell'art. 10 della legge n. 675/1996. Ciò
è tanto più necessario quando le apparecchiature non siano immediatamente visibili.
5. Occorre rispettare scrupolosamente il divieto di controllo a distanza dei lavoratori e le precise garanzie previste al riguardo
(art. 4 legge 300/1970).
6. Occorre rispettare i princìpi di pertinenza e di non eccedenza, raccogliendo solo i dati strettamente necessari per il
raggiungimento delle finalità perseguite, registrando le sole immagini indispensabili, limitando l’angolo visuale delle riprese, evitando quando non indispensabili - immagini dettagliate, ingrandite o dettagli non rilevanti, e stabilendo in modo conseguente la
localizzazione delle telecamere e le modalità di ripresa.
7. Occorre determinare con precisione il periodo di eventuale conservazione delle immagini, prima della loro cancellazione, e
prevedere la loro conservazione solo in relazione a illeciti che si siano verificati o a indagini delle autorità giudiziarie o di polizia.
8. Occorre designare per iscritto i soggetti - responsabili e incaricati del trattamento dei dati (artt. 8 e 19 della legge 675/1996)
- che possono utilizzare gli impianti e prendere visione delle registrazioni, avendo cura che essi accedano ai soli dati personali
strettamente necessari e vietando rigorosamente l'accesso di altri soggetti, salvo che si tratti di indagini giudiziarie o di polizia.
9. I dati raccolti per determinati fini (ad esempio, ragioni di sicurezza, tutela del patrimonio) non possono essere utilizzati per
finalità diverse o ulteriori (ad esempio, pubblicità, analisi dei comportamenti di consumo), salvo le esigenze di polizia o di giustizia, e
non possono essere diffusi o comunicati a terzi.
10. I particolari impianti per la rilevazione degli accessi dei veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato devono essere
conformi anche alle disposizioni contenute nel d.P.R. 250/1999. E' altresì necessario che la relativa documentazione sia conservata
per il solo periodo necessario per contestare le infrazioni e definire il relativo contenzioso e che ad essa si possa inoltre accedere solo
a fini di indagine giudiziaria o di polizia.
Per gli impianti di videosorveglianza finalizzati esclusivamente alla sicurezza individuale (ad esempio, il controllo dell’accesso alla
propria abitazione) si ricorda che questi non rientrano nell’ambito dell’applicazione della legge 675/1996, ricorrendo le condizioni di
cui all’art. 3. Occorre, però, che le riprese siano strettamente limitate allo spazio antistante tali accessi, senza forme di
videosorveglianza su aree circostanti e senza limitazioni delle libertà altrui. Occorre inoltre che le informazioni raccolte non siano in
alcun modo comunicate o diffuse. Altrimenti si rientra nell’ambito di applicazione generale della legge 675/1996 e devono, quindi,
essere rispettate tutte le indicazioni di cui ai punti precedenti.
TUTTO CIO’ PREMESSO IL GARANTE: segnala ai titolari del trattamento interessati, ai sensi dell’art. 31, comma 1, lett. c), della legge
n. 675/1996, la necessità di conformare il trattamento dei dati ai principi della legge n. 675/1996 richiamati nel presente
provvedimento.
5
Videosorveglianza,
la
criminalità
http://www.interlex.it/675/corrado18.htm .
ringrazia
di
Corrado
Giustozzi
-
26.07.04.
Su
www.interlex.it
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difficoltà, laddove si percepisce come notevole lo sforzo che deve essere fatto per essere in
regola, alla fine si preferisce ignorare la legge e sorvolare su quelli che sono i doveri imposti a
chi vuole videosorvegliare!
In sostanza l’inadempimento alle regole sulla videosorveglianza nasce e rimane più per scarsa
volontà che per concreta impossibilità ad adeguarsi.
Molte critiche (specie quelle inerenti la durata di conservazione delle immagini) riguardano il
fatto che alcune regole sarebbero sono in realtà concretamente ad esclusivo favore di coloro
che dalla videosorveglianza hanno solo da perdere, non certo per i cittadini “rispettabili”.
Chi scrive, pur muovendo delle critiche al provvedimento del Garante, ricorda che il quadro
normativo in materia nasce da un esigenza generale, sentita a livello europeo, di bilanciare in
maniera efficacie l’esigenze di sicurezza con il diritto di riservatezza dei cittadini; l’impegno
della nostra autorità è lodevole in relazione allo scopo astratto cui tende. Su di una cosa il
Garante mette d’accordo tutti: la presenza di telecamere è in grado di modificare il
comportamento dei cittadini, anche di coloro che malintenzionati non sono, pertanto è
necessario che vengano rispettate delle regole che, pur lasciando a ciascuno il diritto di tutelare
il proprio patrimonio o la propria persona, non permettano che la videosorveglianza leda in
maniera costante la riservatezza di cui i singoli cittadini devono godere in base agli art. 13 - 16
della nostra costituzione.
3. Che cosa s’intende per videosorveglianza ?
Una critica che certamente deve essere mossa al provvedimento sulla videosorveglianza è che
lo stesso non definisce in maniera concreta che cos’è un sistema di videosorveglianza.
Solo nelle premessa del provvedimento si legge: “… Per altro verso va
evidenziato che nel triennio di applicazione del predetto
provvedimento (il decalogo) sono stati sottoposti all’esame
dell’autorità numerosi casi, attraverso reclami, segnalazioni e
richieste di parere i quali evidenziano un utilizzo crescente
spesso non conforme alla legge, di apparecchiature audiovisive
che rilevano in modo continuativo immagini, eventualmente
associate a suoni, relative a persone identificabili, spesso
anche con registrazione e conservazione dei dati”.
E’ certo che una definizione del genere, oltretutto desunta da una premessa e quindi non
esplicita, lascia parecchio perplessi.
Il dato significativo è che l’elemento differenziante sarebbe la ripresa d’immagini di persone
identificabili, senza alcuna necessità che vi sia anche l’elemento sonoro, mero “optional” della
videosorveglianza. La lettura approfondita del provvedimento dell’autorità Garante fa capire
inoltre che se le persone riprese siano o meno identificabili ciò è un aspetto legato alle finalità
della videosorveglianza e non propriamente attinente caratteristica ontologiche intrinseche
della videosorveglianza.
Quindi non è necessario per essere o meno di fronte ad un sistema di videosorveglianza che si
riprendano soggetti identificabili (cioè siamo in presenza di videosorveglianza anche se i
soggetti ripresi non sono identificabili, o meglio quando i dati personali dei soggetti ripresi
sono dati non identificabili).
Significativo è che la “raccolta” delle immagini per essere definita “videosorveglianza” deve
avvenire in maniera continuativa.
Ma cosa significa l’aggettivo continuativo?
Continuativo è ciò che è caratterizzato da continuità, cioè da una estensione ininterrotta nello
spazio o nel tempo.
Nel caso della videosorveglianza rileva il tempo o anche lo spazio?
Poiché la limitazione spaziale (l’area videosorvegliata) di una telecamera è un fattore legato
alla tecnologia, quanto più rileva è senza dubbio il fattore temporale.
3
Ma la videosorveglianza continuativa può essere intesa sotto due aspetti differenti: uno
potenziale, con riferimento alla tecnologia, l’altro concreto, con riferimento al funzionamento
effettivo.
Infatti, potenzialmente un qualsiasi impianto di videosorveglianza è in grado di funzionare in
maniera continuativa, cioè 24 ore su 24, e molto spesso così avviene.
Ma concretamente molti impianti di videosorveglianza, pur potendo funzionare
ininterrottamente, nella realtà vengono attivati solo in certe ore o fasce orarie ovvero
modificano la loro attività al verificarsi di un determinato evento.
Probabilmente l’autorità Garante con il termine “continuativa” voleva riferirsi ad una
caratteristica potenziale degli apparecchi, ma il problema comunque non si esaurisce qua.
Infatti, da un punto di vista strettamente tecnico la videosorveglianza è continuativa quando è
in tempo reale, ossia allorché il numero di fotogrammi per secondo è di 25.
Il c.d. frame rate, cioè la velocità di ripresa, corrisponde al numero delle immagini che un dato
apparecchio è in grado di catturare e volendo registrare ogni secondo.
Ma esiste un valore del frame rate al di sotto del quale le immagini raccolte da un sistema di
videosorveglianza non possono più essere considerate continuative?
Per la verità, al di sotto di 25 fotogrammi al secondo, le riprese non sono più fluide e per valori
più bassi del suddetto si può arrivare a parlare di una sequenza d’immagini più che di un vero e
proprio filmato.
Oltretutto il frame rate “basso” è utilizzato solo per motivi di spazio sui supporti di
registrazione e in caso di alcuni eventi i sistemi di videosorveglianza sono oramai in grado
d’intervenire in automatico e passare alla ripresa in tempo reale (25 fotogrammi al secondo).
Inoltre di fatto l’evoluzione digitale rende una qualsiasi videocamera digitale una apparecchio
fotografico e spesso anche viceversa.
E’ quindi il numero di fotogrammi al secondo che determina se una ripresa è o meno
continuativa? Se si, qual è questo numero?
Come bene si comprende il solo fatto che tutti questi dubbi possano nascere dalla lettura di una
definizione implica che la definizione in se non è da considerarsi tale.
A ben vedere una definizione di sistema di videosorveglianza mancava anche nel decalogo
emanato il 29.11.00 (v. nota 4). La mancanza è rimarcata dal fatto che al punto 6.2.4 del
provvedimento del 29.4.04 il Garante si premura invece di evidenziare che cos’è un
videocitofono!
Richiamando quanto scritto nelle premesse del provvedimento sulla videosorveglianza dal
Garante, bisogna rilevare come anche un telefono cellulare UMTS è in grado di effettuare
videochiamate in tempo reale (a condizione che la banda di trasmissione dati disponibile e sia
congrua) ed è potenzialmente un sistema di videosorveglianza!
Sul punto, occorre senz’altro maggior chiarezza, in particolare sarebbe utile una definizione
che identifichi i sistemi di videosorveglianza in maniera certa.
La definizione corretta di sistemi di videosorveglianza che si suggerisce è la seguente:
“Insieme di impianti e apparati che utilizzano tecnologie ottiche, magnetiche, elettroniche e
digitali in grado di riprendere e se necessario registrare immagini per un periodo di tempo
programmato, e che sono potenzialmente in grado di raccogliere dati identificabili”.
4. Considerazioni generali e ambito di applicazione.
Ma andiamo con ordine. Il Codice della privacy definisce come Dato Personale qualunque
informazione che permetta l'identificazione di una persona fisica o di una persona giuridica,
anche in via indiretta, compresi i suoni e le immagini.
La videosorveglianza si realizza in due modi: attraverso la semplice ripresa d’immagini,
oppure attraverso la registrazione d’immagini.
Ripresa e/o registrazione d’immagini in ogni caso costituiscono trattamento di dati personali.
I supporti tecnologici in cui vengono memorizzate, cioè registrate, le immagini raccolte dagli
4
impianti di videosorveglianza e gli stessi impianti di videosorveglianza, in caso di semplice
ripresa, costituiscono quindi uno strumento tecnologico contenente, o comunque atto, al
trattamento di dati personali.
In generale si può osservare che i sistemi di videosorveglianza sono in grado di raccogliere
automaticamente dati personali.
L’automazione nella raccolta di dati personali è un elemento che differenzia i sistemi di
videosorveglianza da altri strumenti elettronici utilizzati per il trattamento di dati. Si pensi ad
esempio ad computer nel quale generalmente i dati personali raccolti devono essere molto
spesso immessi manualmente da un operatore.
Oltretutto i dati raccolti attraverso un sistema di videosorveglianza sono, generalmente, dati
identificativi per eccellenza; dati cioè che permettono l’identificazione di un individuo
indipendentemente da qualsiasi altro dato; basta in molti casi paragonare un’immagine reale
del soggetto con una proveniente da un sistema di videosorveglianza per verificare o meno la
corrispondenza.
In sostanza, un sistema di videosorveglianza è uno strumento atto a raccogliere e trattare dati
personali di terzi, ed il titolare di tale trattamento (con ogni probabilità) è il soggetto che
acquisisce ed utilizza i dati raccolti con il sistema di videosorveglianza, anche se la raccolta
delle immagini avviene attraverso terzi soggetti all’uopo incaricati.
E’ molto importante tenere presente quando le norme del Codice della Privacy si applicano,
cioè chi sono i soggetti che sono tenuti a seguire dette norme e soprattutto quando.
Il comma 3 dell’art. 5 del Codice6 della Privacy stabilisce che lo stesso codice non si applica
alle persone fisiche che, pur trattando dati personali di terzi, non svolgono alcun tipo di
diffusione o di raccolta sistematica di detti dati.
In sostanza ciò significa che le persone fisiche (i privati cittadini), le quali per fini di tutela
personale o del loro patrimonio, utilizzano sistemi di videosorveglianza a protezione di loro
personali interessi, non sono tenuti a rispettare quanto indicato dal Codice della Privacy e dal
Provvedimento del Garante 29.4.04 sulla videosorveglianza.
Ciò a condizione, ovviamente, che non vi sia da parte di questi privati cittadini diffusione dei
dati personali da essi raccolti e che tale raccolta non sia a carattere sistematico. Queste persone
fisiche sono comunque tenute a rispettare le disposizione del Codice della Privacy di cui agli
artt. 157 e 318, cioè non devono cagionare danni ai soggetti ripresi e debbono essere rispettati
degli standard di sicurezza dei dati raccolti9.
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Art. 5. del Codice della Privacy - Oggetto ed ambito di applicazione
3 - Il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all'applicazione
del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni caso le
disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31.
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Art. 15. del Codice della Privacy - Danni cagionati per effetto del trattamento
1 - Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo
2050 del codice civile.
2 - Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11.
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Art. 31. del Codice della Privacy - Obblighi di sicurezza
1 - I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante
l'adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non
autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
9
Nel 2001 la Corte di Cassazione (sentenza 8573/2001) aveva ritenuto che l'interferenza involontaria nella vita altrui, realizzata con
impianti di videosorveglianza, non violava la Privacy. Per la precisione, la V Sezione Penale della Corte di Cassazione aveva annullato
una sentenza emessa in grado di appello che condannava il proprietario di un'autorimessa, il quale, utilizzando una telecamera
puntata sulla strada per prevenire furti, già avvenuti in precedenza, si era procurato indebitamente immagini relative allo svolgimento
dell'attività lavorativa di una signora. La Suprema Corte, dopo aver precisato che il nostro ordinamento non riconosce alcun diritto di
documentazione della vita privata altrui, se non con il consenso dell'avente diritto o in presenza di causa di giustificazione, afferma
che, qualora, come nel caso in questione, le immagini siano state procurate involontariamente e nell'esercizio di un proprio diritto ad
autotutelarsi (da furti nell'autorimessa), il reato non può sussistere per difetto dell'elemento soggettivo (dolo), a causa della
mancanza della rappresentazione, da parte del soggetto agente, del carattere antigiuridico del fatto.
5
La regola che chiunque cagiona ad altri un danno ingiusto per effetto del trattamento di dati
personali è tenuto al risarcimento di detto danno ai sensi dell’art. 2050 del Codice Civile
(Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose)10 si applica quindi a chiunque utilizza dati
personali, quindi anche ai privati cittadini. La norma (art. 15) quindi parifica il trattamento dei
dati all’esercizio di attività pericolosa, con un importante inversione dell’onere della prova a
carico del titolare del trattamento.
Al di fuori dei privati cittadini, e tenuto conto del limite sopra indicato, l’utilizzo dei sistemi di
videosorveglianza è lecito solo e nella misura in cui sono rispettati i principi e le indicazioni
imposte dal Codice della Privacy e dal provvedimento del Garante sulla videosorveglianza
29.4.04.
Il trattamento dei dati personali da parte del titolare deve avvenire sempre in maniera lecita e
corretta, per scopi determinati e legittimi. L’art. 11 del Codice della Privacy11, introduce
l’importante concetto di finalità del trattamento dei dati in base al quale gli stessi dati devono
essere pertinenti e completi con le finalità che il titolare si propone di conseguire; quindi i dati
che il titolare si propone di raccogliere e che successivamente tratta non devono essere
eccedenti rispetto alle medesime finalità che egli si è prefisso. Nella sostanza se un negozio
vuole installare una telecamera per effettuare un controllo accessi di una porta non potrà
registrare le immagini, la finalità indicata obbliga di utilizzare il sistema solo in ripresa e non
in registrazione perché la finalità prefissa può essere perseguita solo con un intervento diretto.
5. I principi che regolano la videosorveglianza.
Con il provvedimento del 29 aprile 2004 il Garante della Privacy ha introdotto quattro principi
fondamentali.
- Principio di Liceità: i dati devono essere trattati in maniera lecita, cioè secondo le
prescrizioni normative. In base a questo principio il trattamento di dati raccolti attraverso un
sistema di videosorveglianza è possibile solo se fondato su uno dei presupposti di liceità
previsti dal Codice della Privacy. Tali presupposti, indicati dal Garante, si differenziano a
seconda del soggetto titolare del trattamento dei dati.
a) Sistemi di videosorveglianza utilizzati da persone fisiche
Per questi soggetti si è detto che il Codice della Privacy non è applicabile se essi non svolgono
alcun tipo di diffusione o di raccolta sistematica delle immagini ricavate mediante il sistema di
videosorveglianza. Se la raccolta delle immagini avviene invece in via sistematica o con
diffusione, allora si incorre nel caso che verrà esaminato alla successiva lettera b).
Nel provvedimento sulla videosorveglianza il Garante ha tuttavia precisato che nell’uso delle
apparecchiature volte a riprendere aree esterne ad edifici (perimetrali di muri e recinti,
parcheggi, zone carico e scarico, accessi, uscite d’emergenza) il trattamento deve essere
effettuato avendo cura di limitare l’angolo di visuale alla sola area da proteggere, evitando
di riprendere i luoghi circostanti o non rilevanti.
10
Art. 2050 Codice Civile
Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per natura dei mezzi adoperati, è tenuto
al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
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Art. 11. del Codice della Privacy - Modalità del trattamento e requisiti dei dati
1. I dati personali oggetto di trattamento sono:
a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento intermini
compatibili con tali scopi;
c) esatti e, se necessario, aggiornati;
d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;
e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello
necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.
2. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere
utilizzati.
6
Al fine di evitare di incorrere nel reato di cui all’art. 615 bis del Codice Penale12,
l’installazione di sistemi di videosorveglianza in immobili privati, all’interno di condomini e
loro pertinenze (box, posti auto), sebbene non soggetta alle disposizioni del Codice della
Privacy, deve essere effettuata con cautele per salvaguardare diritti dei terzi.
L’angolo di visuale deve essere rigorosamente limitato agli spazi che necessitano di
videosorveglianza e che comunque sono di pertinenza, rimanendo esclusa la possibilità di
riprendere (anche senza registrazione) cortili, pianerottoli, scale o garage comuni. Quando
si tratta di telecamere che, anche per breve tempo, riprendono pianerottoli o porzioni di scale al
passaggio di persone o cose, esse devono essere segnalate con idonea informativa, dando corso
cioè ad uno di quegli adempimenti che varranno descritti più avanti.
Trova invece piena applicazione il Codice della Privacy se la ripresa di aree condominiali
viene effettuata da più proprietari o condomini, oppure dall’amministrazione del
condominio. In tale caso andrà non solo indicata la presenza delle telecamere, ma dovrà anche
essere effettuato l’avviso circostanziato di cui si dirà con precisione sempre più avanti.
In ogni caso l’installazione e l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza è lecita solo se è
riscontrabile un’effettiva esigenza di prevenzione da situazioni concrete di pericolo, di regola
costituite da illeciti verificatisi in precedenza, ovvero laddove vi siano attività che comportano
la custodia di danaro o valori.
b) Sistema di videosorveglianza installato da persona giuridica
L’art. 2313 del Codice della Privacy stabilisce che il trattamento di dati personali da parte di
privati o enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato.
Le persone fisiche non obbligate alla normativa sulla Privacy non hanno l’obbligo di reperire il
consenso da parte dei soggetti eventualmente ripresi.
I privati che debbono seguire le norme del Codice della privacy, le persone giuridiche e gli enti
pubblici economici invece possono trattare lecitamente i dati raccolti attraverso un sistema di
videosorveglianza solo in presenza del consenso da parte dell’interessato, ovvero se si rientra
in uno dei casi indicati dall’art. 2414 del Codice.
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Art. 615 bis del Codice Penale - Interferenze illecite nella vita privata
Chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata
svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde mediante qualsiasi mezzo d'informazione
al pubblico le notizie o le immagini, ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il
fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri
inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione d'investigatore privato.
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Art. 23. Codice della Privacy - Consenso
1. Il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso
dell'interessato.
2. Il consenso può riguardare l'intero trattamento ovvero una o più operazioni dello stesso.
3. Il consenso è validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente
individuato, se è documentato per iscritto, e se sono state rese all'interessato le informazioni di cui all'articolo 13.
4. Il consenso è manifestato in forma scritta quando il trattamento riguarda dati sensibili
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Art. 24. del Codice della Privacy - Casi nei quali può essere effettuato il trattamento senza consenso
1. Il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella Parte II, quando il trattamento:
a) è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge,da un regolamento o dalla normativa comunitaria;
b) è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l'interessato o per adempiere, prima della conclusione
del contratto, a specifiche richieste dell'interessato;
c) riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti odocumenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità
che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria stabiliscono per la conoscibilità e pubblicità dei dati;
d) riguarda dati relativi allo svolgimento di attività economiche, trattati nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto
aziendale e industriale;
e) è necessario per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l'interessato e
quest'ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di
volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un
convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l'interessato. Si applica la disposizione di cui
all'articolo 82, comma 2;
f) con esclusione della diffusione, è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000,
n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali
finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto
aziendale e industriale;
g) con esclusione della diffusione, è necessario, nei casi individuati dal Garante sulla base dei principi sanciti dalla legge, per
perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati, anche in riferimento all'attività di gruppi bancari e di
7
Tra i casi espressamente indicati dal legislatore rilevano, ai fini della videosorveglianza, i
trattamenti di dati e quindi la raccolta d’immagini da parte di soggetti effettuati con un sistema
di videosorveglianza:
- per l’adempimento di un obbligo di legge;
- con il libero ed espresso consenso dell’interessato;
- con “bilanciamento degli interessi”.
Si deve ritenere che, sempre, molto difficilmente rilevino con riferimento alla videosrveglianza
i casi indicati dal legislatore alle lettere c) e d) dell’art. 24 del Codice della privacy e che
marginali siano i casi di cui alle lettere e), f), h), i) della medesima norma.
Ciò significa in sostanza che o vi è una norma oppure un regolamento che impone ed autorizza
l’utilizzo del sistema di videosorveglianza15, ovvero in difetto è necessario generalmente
reperire il consenso da parte dell’interessato.
Peraltro il Garante si è reso conto che: “In caso di impiego di strumenti di videosorveglianza
da parte di privati ed enti pubblici economici, la possibilità di raccogliere lecitamente il
consenso può risultare, in concreto, fortemente limitata dalle caratteristiche e dalle modalità
di funzionamento dei sistemi di rilevazione, i quali riguardano spesso una cerchia non
circoscritta di persone che non è agevole o non è possibile contattare prima del trattamento.
Ciò anche in relazione a finalità (ad es. di sicurezza o di deterrenza) che non si conciliano con
richieste di esplicita accettazione da chi intende accedere a determinati luoghi o usufruire di
taluni servizi”16.
Per tale motivo il Garante ha inteso regolamentare l’istituto del bilanciamento degli
interessi, che trova la sua formulazione alla lettera g) dell’art. 24 del Codice della Privacy17 ed
attuazione nel provvedimento sulla videosorveglianza 29.4.04 al paragrafo 6.2.118.
Infatti, il Garante specifica che la rilevazione delle immagini può avvenire senza consenso
società controllate o collegate, qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse
dell'interessato;
h) con esclusione della comunicazione all'esterno e della diffusione, è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di
lucro, anche non riconosciuti, in riferimento a soggetti che hanno con essi contatti regolari o ad aderenti, per il perseguimento di scopi
determinati e legittimi individuati dall'atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, e con modalità di utilizzo previste
espressamente con determinazione resa nota agli interessati all'atto dell'informativa ai sensi dell'articolo 13;
i) è necessario, in conformità ai rispettivi codici di deontologia di cui all'allegato A), per esclusivi scopi scientifici o statistici, ovvero per
esclusivi scopi storici presso archivi privati dichiarati di notevole interesse storico ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto
legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali o, secondo quanto
previsto dai medesimi codici, presso altri archivi privati.
15
L’adempimento di un obbligo di legge si realizza allorché il titolare del trattamento, ad esempio per uniformare la propria struttura
aziendale ad un obbligo imposto da una norma di legge, installa ed utilizza un sistema di videosorveglianza. Un esempio può chiarire
la questione. L’art. 2050 del Codice Civile (Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose) stabilisce che: “Chiunque cagiona danno
ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non
prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”. Proprio l’ultima frase della norma (se non prova di avere adottato
tutte le misure idonee a evitare il danno) pone a carico del soggetto che esercita attività pericolosa una responsabilità di carattere
oggettivo, cioè che pone a suo carico la responsabilità di un eventuale evento dannoso se prima non prova di aver adottato tutte le
misure conosciute dalla tecnica per evitare il danno. Quindi se viene accertato che un impianto di videosorveglianza all’interno di una
industria che svolge attività pericolosa (si pensi ad un altoforno) può essere uno strumento che diminuisce il rischio di incidenti ecco
che il sistema di videosorveglianza è lecito, indipendentemente da quelli che possono essere i diritti degli interessati e il loro
consenso. Qui il sistema di videosorveglianza svolgerebbe una funzione di importanza superiore (la tutela della sicurezza e della
salute) rispetto ai diritti di riservatezza astrattamente lesi dall’impianto di videosorveglianza.
16
Punto 6.1 comma 2 provvedimento generale sulla videosorveglianza 29.4.04.
17
Art. 24. Codice della Privacy - Casi nei quali può essere effettuato il trattamento senza consenso – Comma 1 Lettera g): “con
esclusione della diffusione, è necessario, nei casi individuati dal Garante sulla base dei principi sanciti dalla legge, per perseguire un
legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati, anche in riferimento all'attività di gruppi bancari e di società
controllate o collegate, qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell'interessato”.
18
Provvedimento generale sulla videosorveglianza - Punto 6..2.1. Profili generali
Un’idonea alternativa all’esplicito consenso va ravvisata nell’istituto del bilanciamento di interessi (art. 24, comma 1, lett. g), del
Codice). Il presente provvedimento dà attuazione a tale istituto, individuando i casi in cui la rilevazione delle immagini può avvenire
senza consenso, qualora, con le modalità stabilite in questo stesso provvedimento, sia effettuata nell’intento di perseguire un legittimo
interesse del titolare o di un terzo attraverso mezzi di prova o perseguendo fini di tutela di persone e beni rispetto a possibili
aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, o finalità di prevenzione di incendi o di sicurezza del lavoro.
Considerata l’ampia serie di garanzie e condizioni sopra indicate, non appare necessario che il Garante, per alcuni trattamenti in
ambito privato di seguito indicati, prescriva ulteriori condizioni e limiti oltre quelli già richiamati in premessa.
8
dell’interessato qualora vengano rispettati tutti gli adempimenti imposti dal provvedimento
generale sulla videosorveglianza e la stessa videosorveglianza “sia effettuata nell’intento di
perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo attraverso mezzi di prova o
perseguendo fini di:
- tutela delle persone o di beni rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine,
danneggiamenti, atti di vandalismo;
- finalità di prevenzione incendi;
- finalità di sicurezza del lavoro”.
Si tratta di un ragionamento teso a giustificare da un punto di vista giuridico il fatto che, in
determinate circostanze pratiche, non è possibile reperire in via anticipata il consenso dal
soggetto interessato al trattamento dei suoi dati.
Si pensi all’ipotesi di un sistema di videosorveglianza installato in un negozio.
Senza l’istituto del bilanciamento degli interessi qui in esame, sarebbe sempre necessario
chiedere il consenso al trattamento (la ripresa o la registrazione delle immagini) a tutti i
soggetti che entrano nel negozio; a quelli che negano il consenso, bisognerebbe quindi
impedire di entrare ovvero bisognerebbe fare in modo che non vengano ripresi !
Essendo questa un’ipotesi tutt’altro che praticabile, giustamente il Garante rileva che, se vi è
un legittimo interesse da proteggere (anche precostituendosi un mezzo di prova), ad esempio
che non venga danneggiato o rubato un determinato bene esposto al pubblico, ed è noto che la
videosorveglianza è in grado di assolvere concretamente a tale funzione, allora, in presenza di
tutti gli altri elementi di tutela indicati nel Codice della Privacy e nel provvedimento generale
sulla videosorveglianza, si ritiene non necessario il preventivo consenso dell’interessato (come
di norma è richiesto), in quanto l’interesse tutelato attraverso la videosorveglianza viene
ritenuto equivalente (e quindi bilanciato) con il diritto alla riservatezza di quel del soggetto che
potrà essere ripreso dal sistema di videosorveglianza, anche senza il suo consenso.
In sostanza, richiamando l’esempio sopra citato, il diritto alla riservatezza viene ritenuto
bilanciato dal diritto alla prevenzione da danneggiamenti o furti e si ritiene comunque tutelato
da tutti gli adempimenti richiesti dalla legge, anche in assenza di consenso dell’interessato.
Appare importante sottolineare come l’operatività dell’istituto del bilanciamento degli interessi
sia strettamente correlata allo scrupoloso adempimento degli oneri previsti per chi utilizza
sistemi di videosorveglianza. Infatti, il mancato adempimento farebbe crollare l’operatività di
questo istituto con la conseguenza che i trattamenti effettuati non potrebbero considerarsi
autorizzati e ove posti in essere sarebbero trattamenti effettuati senza consenso con l’astratta
possibilità d’applicazione della disposizione della sanzione penale di cui all’art. 167 del
Codice della privacy.
c) Sistema di videosorveglianza installato da soggetti pubblici
Le problematiche della privacy legate agli enti pubblici non vuole essere in questa sede
oggetto di un approfondimento completo, la questione merita di essere approfondita a parte e
mi riservo di farlo in futuro.
Al momento mi limito nel richiamare alcuni punti fissati dal Codice della privacy e dal
Garante in materia.
“Un soggetto pubblico può effettuare attività di videosorveglianza solo ed esclusivamente per
svolgere funzioni istituzionali (art. 18-22 del Codice della Privacy) che deve individuare ed
esplicitare con esattezza e di cui sia realmente titolare in base all’ordinamento di riferimento.
Diversamente, il trattamento dei dati non è lecito, anche se l’ente designa esponenti delle forze
dell’ordine in qualità di responsabili del trattamento, oppure utilizza un collegamento
telematico in violazione del Codice”.19
Si sottolinea comunque che la differenza principale con quanto previsto in precedenza consiste
nel fatto che la videosorveglianza per fini istituzionali non è soggetta al preventivo consenso
19
Paragrafo 5.1 comma 1 provvedimento sulla videosorveglianza 29.4.04.
9
dell’interessato, come stabilisce l’ultimo comma del paragrafo 5.2 del provvedimento sulla
videosorveglianza che richiama l’art. 18 comma 4 del Codice della Privacy.
Non è quindi lecito, nemmeno per un soggetto pubblico, procedere ad una videosorveglianza
capillare di intere aree cittadine, riprese integralmente e costantemente e senza adeguate
esigenze.
Del pari è vietato il collegamento telematico tra più soggetti, a volte raccordati ad un "centro"
elettronico, che possa registrare un numero elevato di dati personali e ricostruire interi percorsi
effettuati in un determinato arco di tempo.
Risulta parimenti priva di giustificazione l’installazione di impianti di videosorveglianza al
solo fine di controllare il rispetto del divieto di fumare o gettare mozziconi, di calpestare
aiuole, di affiggere o di fotografare o di altri divieti relativi alle modalità nel depositare i
sacchetti di immondizia entro gli appositi contenitori20.
Contrariamente a quanto prospettato da alcuni enti locali, l’informativa agli interessati deve
essere fornita nei termini illustrati nel paragrafo 3.1 del provvedimento sulla videosorveglianza
(che verrà spiegato più avanti) e non solo mediante pubblicazione sull’albo dell’ente, oppure
attraverso una temporanea affissione di manifesti.
Tali soluzioni possono concorrere ad assicurare trasparenza in materia, ma non sono di per sé
sufficienti per l’informativa che deve aver luogo nei punti e nelle aree in cui si svolge la
videosorveglianza.21
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare il Garante specifica che: “Benché effettuata per la
cura di un interesse pubblico, la videosorveglianza deve rispettare i principi già richiamati”.
I principi richiamati sono quelli di liceità, proporzionalità, necessità e finalità in esame. Ciò
significa che l’ente pubblico per perseguire le sue finalità con la videosorveglianza è
comunque soggetta a tutti gli altri adempimenti previsti dalla legge eccetto che richiedere la
manifestazione del consenso da parte degli interessati. Insomma non si applica il principio di
bilanciamento degli interessi, non è necessario.
Viceversa, quando l’ente pubblico non agisce per fini istituzionali, ma ad esempio di
autotutela, si deve ritenere che l’ente pubblico è soggetto alle medesime regole imposte ai
privati operando nei confronti dei terzi interessati come un normale soggetto di diritto privato.
Un dubbio rimane, se ad esempio il corpo forestale dello Stato, che annovera certamente tra i
suoi fini istituzionali la salvaguardia del patrimonio boschivo del nostro paese, decidesse di
videosorvegliare determinate aree per fini di prevenzioni incendi sarebbe costretto a tappezzare
le aree boschive di avvertimenti circa la presenza di telecamere? Secondo il Garante si.
Un discorso delicato è poi quello relativo alle attività per monitorare l’accesso di veicoli a
centri storici o a zone di traffico limitato, attività per le quali i comuni sono e rimangono
soggetti al d.P.R. 22/6/99 n. 250 che all’art. 3 dispone che tali impianti di videosorveglianza
raccolgono dati sugli accessi rilevando immagini solamente in caso di infrazioni; la
conservazione delle immagini è limitata al periodo necessario a contestare le infrazioni.
Peraltro il comma 4 dell’art. 3 dispone che: “Ferme restando le disposizioni di cui alla legge
31 dicembre 1996, n 675 e successive modificazioni (cioè l’attuale Codice della Privacy) ed
integrazioni (cioè il provvedimento sulla videosorveglianza) i dati rilevati sono accessibili per
fin di polizia giudiziaria o di indagine penale”. Ciò significa che comunque ci deve essere
adeguata informativa come di seguito specificata. Ciò appare confermato dal fatto che:
“Benché effettuata per la cura di un interesse pubblico, la videosorveglianza deve rispettare i
principi già richiamati, come specifica il paragrafo 5.1 del provvedimento sulla
videosorveglianza”.
20
21
Paragrafo 5.1 commi 5 e 6 provvedimento sulla videosorveglianza 29.4.04.
Paragrafo 5.2 provvedimento sulla videosorveglianza 29.4.04.
10
- Principio di Necessità22: i dati debbono essere pertinenti completi, esatti e aggiornati in
rispetto alle finalità per i quali sono raccolti e trattati. In base a questo principio ciascun
sistema informativo e relativo programma vanno conformati già in origine in modo da non
utilizzare dati relativi a persone identificabili quando le medesime finalità possono essere
raggiunte impiegando dati anonimi, va quindi escluso ogni uso superfluo. Il principio di
necessità crea certamente una serie di problematiche che qui vengono semplicemente
enunciate. Innanzitutto il Garante, richiamando il fatto che la sola presenza di telecamere
comporta una influenza nel comportamento delle persone, rimarca il fatto che ciascun sistema
informativo e il relativo programma informatico vanno conformati già in origine in modo da
non utilizzare dati di persone identificabili quanto sono sufficienti dati anonimi, inoltre il
Garante stabilisce che software va configurato in modo che periodicamente i dati registrati
vengano cancellati automaticamente.
Deve essere evidenziato come il Garante dia per scontato che la videosorveglianza avvenga
mediante sistemi digitali che registrano le immagini su supporti riscrivibili. Per la verità in uso
esistono molti sistemi analogici, a cassette, che sfuggono ad una programmazione automatica
della macchina e che non sono governati da un software programmabile.
Il principio di necessità rimane comunque un momento critico di attuazione del provvedimento
in quanto esso sfugge al diretto controllo del titolare del trattamento ed è proprio invece di chi
produce, installa e/o imposta i sistemi di videosorveglianza. Il titolare del trattamento deve
quindi, al momento della dell’installazione, pretendere che la stessa avvenga con rispetto del
principio di necessità.
Un esempio per cercare di approfondire l’argomento.
In un negozio si rileva la necessità di monitorare una parte del locale aperta al pubblico con un
sistema di videosorveglianza poiché, in quella zona, in cui sono riposti vari beni, i furti
avvengono costantemente nonostante l’installazione di un impianto antitaccheggio (i malfattori
strappano le etichette antitaccheggio in quanto si trovano in una parte remota dei locali). In
base al principio di necessità il sistema potrà riprendere soggetti identificabili (la finalità è di
protezione dei beni rispetto a possibili furti per cui è necessario poter individuare il malfattore)
ma certamente la registrazione delle immagini dovrà essere di breve durata e la cancellazione
avvenire in modo automatico per sovraregistrazione. Se quel medesimo sistema venisse
installato solo per monitorare l’eventuale sovraffollamento di una data zona del negozio (al di
là del fatto che probabilmente non supererebbe il principio di proporzionalità di cui si parla al
prossimo punto) certamente le riprese non potrebbero riguardare dati identificabili dei soggetti.
La difficoltà maggiore è quindi limitare, già in origine, quello che tutte le telecamere sono
generalmente in grado di fare, cioè “zoomare”.
Ci si domanda quindi se questa limitazione deve essere intrinseca (cioè il sistema non deve
essere in grado di zoomare) o estrinseca (cioè programmabile). Cercando d’interpretare le
parole del Garante si è portati a ritenere che la limitazione deve essere riferita al caso concreto,
cioè estrinseca perché altrimenti in commercio ci dovrebbero essere telecamere di tipo diverso
alcune limitate altre no (un po’ come accade per le motociclette depotenziate per i
neopatentati) Il problema vero è stabilire quando questa limitazione è poi effettiva. Le
moderne tecnologie infatti permettono molte operazioni, soprattutto in fase di
programmazione, ma non permettono di apporre “sigilli” alle funzioni di zoom! Appare chiaro
22
2.2. Principio di necessità
Poiché l’installazione di un sistema di videosorveglianza comporta in sostanza l’introduzione di un vincolo per il cittadino, ovvero di
una limitazione e comunque di un condizionamento, va applicato il principio di necessità e, quindi, va escluso ogni uso superfluo ed
evitati eccessi e ridondanze.
Ciascun sistema informativo e il relativo programma informatico vanno conformati già in origine in modo da non utilizzare dati
relativi a persone identificabili quando le finalità del trattamento possono essere realizzate impiegando solo dati anonimi (es.,
programma configurato in modo da consentire, per monitorare il traffico, solo riprese generali che escludano la possibilità di
ingrandire le immagini). Il software va configurato anche in modo da cancellare periodicamente e automaticamente i dati
eventualmente registrati.
Se non è osservato il principio di necessità riguardante le installazioni delle apparecchiature e l’attività di videosorveglianza non sono
lecite (artt. 3 e 11, comma 1, lett. a, del Codice).
11
che anche questo principio lascia aperti molti problemi che l’evolversi della tecnologia potrà
solo incrementare.
- Principio di Proporzionalità: i dati non devono essere eccedenti rispetto alle finalità e
devono essere conservati solo per il tempo necessario in relazione ai quali sono raccolti e
trattati. In base a questo principio bisogna commisurare la necessità del sistema di
videosorveglianza al concreto rischio che vuole essere evitato con l’installazione dello stesso
sistema, escludendo quindi la videosorveglianza in aree che non sono soggette a pericolo, con
particolare riferimento a quei sistemi installati a mero fine di prestigio; la videosorveglianza è
lecita solo se è rispettato questo principio sia in relazione a “se installare” sia in relazione a che
“cosa e quali apparecchiature installare”. Sul punto si richiama integralmente il paragrafo 2.3
del provvedimento generale sulla videosorveglianza23 che deve essere letto con attenzione.
Procedendo ad una analisi dettagliata è necessario evidenziare i seguenti precetti.
- Si deve evitare la rilevazione di dati in aree che non sono soggette a concreti pericoli
analogamente con riferimento ad attività che non sono soggette a pericoli o per le quali non
ricorre un’effettiva esigenza di deterrenza, esempio tipico sono le telecamere che vengono
installate per meri fini di apparenza o di "prestigio.
- Prima d’installare un sistema di videosorveglianza (anche se il Garante utilizza il termine
ambiguo di “attivare”, come se fosse utile e possibile installare e non attivare un sistema di
videosorveglianza) è necessario valutare che altre misure sono da considerarsi insufficienti
o inattuabili, in sostanza la videosorveglianza dovrebbe essere l’estrema ratio.
23
2.3. Principio di proporzionalità
Nel commisurare la necessità di un sistema al grado di rischio presente in concreto, va evitata la rilevazione di dati in aree o
attività che non sono soggette a concreti pericoli, o per le quali non ricorre un’effettiva esigenza di deterrenza, come quando, ad
esempio, le telecamere vengono installate solo per meri fini di apparenza o di "prestigio".
Gli impianti di videosorveglianza possono essere attivati solo quando altre misure siano ponderatamente valutate
insufficienti o inattuabili. Se la loro installazione è finalizzata alla protezione di beni, anche in relazione ad atti di vandalismo,
devono risultare parimenti inefficaci altri idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti, sistemi di allarme,
misure di protezione degli ingressi, abilitazioni agli ingressi.
Non va adottata la scelta semplicemente meno costosa, o meno complicata, o di più rapida attuazione, che potrebbe non
tener conto dell’impatto sui diritti degli altri cittadini o di chi abbia diversi legittimi interessi.
Non risulta di regola giustificata un’attività di sorveglianza rivolta non al controllo di eventi, situazioni e avvenimenti, ma a fini
promozionali-turistici o pubblicitari, attraverso web cam o cameras-on-line che rendano identificabili i soggetti ripresi.
Anche l’installazione meramente dimostrativa o artefatta di telecamere non funzionanti o per finzione, anche se non comporta
trattamento di dati personali, può determinare forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi
pubblici e privati e pertanto può essere legittimamente oggetto di contestazione.
La videosorveglianza è, quindi, lecita solo se è rispettato il c.d. principio di proporzionalità, sia nella scelta se e quali apparecchiature
di ripresa installare, sia nelle varie fasi del trattamento (art. 11, comma 1, lett. d) del Codice).
Il principio di proporzionalità consente, ovviamente, margini di libertà nella valutazione da parte del titolare del
trattamento, ma non comporta scelte del tutto discrezionali e insindacabili.
Il titolare del trattamento, prima di installare un impianto di videosorveglianza, deve valutare, obiettivamente e con un approccio
selettivo, se l’utilizzazione ipotizzata sia in concreto realmente proporzionata agli scopi prefissi e legittimamente perseguibili.
Si evita così un’ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli altri interessati.
Come si è detto, la proporzionalità va valutata in ogni fase o modalità del trattamento, per esempio quando si deve stabilire:
•
se sia sufficiente, ai fini della sicurezza, rilevare immagini che non rendono identificabili i singoli cittadini, anche tramite
ingrandimenti;
•
•
•
se sia realmente essenziale ai fini prefissi raccogliere immagini dettagliate;
la dislocazione, l’angolo visuale, l’uso di zoom automatici e le tipologie - fisse o mobili - delle apparecchiature;
quali dati rilevare, se registrarli o meno, se avvalersi di una rete di comunicazione o creare una banca di dati, indicizzarla,
utilizzare funzioni di fermo-immagine o tecnologie digitali, abbinare altre informazioni o interconnettere il sistema con altri gestiti dallo
stesso titolare o da terzi;
•
la durata dell’eventuale conservazione (che, comunque, deve essere sempre temporanea).
In applicazione del predetto principio va altresì delimitata rigorosamente:
•
anche presso luoghi pubblici o aperti al pubblico, quando sia di legittimo ed effettivo interesse per particolari finalità,
la ripresa di luoghi privati o di accessi a edifici;
•
l’utilizzazione di specifiche soluzioni quali il collegamento ad appositi "centri" cui inviare segnali di allarme sonoro o visivo,
oppure l’adozione di interventi automatici per effetto di meccanismi o sistemi automatizzati d’allarme (chiusura accessi, afflusso di
personale di vigilanza, ecc.), tenendo anche conto che in caso di trattamenti volti a definire profili o personalità degli interessati il
Codice prevede ulteriori garanzie (art. 14, comma 1, del Codice);
•
•
l’eventuale duplicazione delle immagini registrate;
la creazione di una banca di dati quando, per le finalità perseguite, è sufficiente installare un sistema a circuito chiuso di sola
visione delle immagini, senza registrazione (es. per il monitoraggio del traffico o per il controllo del flusso ad uno sportello pubblico).
12
-
-
-
-
Su questo precetto il Garante precisa che se la finalità della videosorveglianza è finalizzata
alla protezione di beni, anche in relazione ad atti di vandalismo, devono risultare inefficaci
altri idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti, sistemi d’allarme, misure di
protezione degli ingressi, abilitazioni agli ingressi.
Come se non bastasse non va adottata la scelta semplicemente meno costosa, o meno
complicata, o di più rapida attuazione, la quale potrebbe non tener conto dell’impatto sui
diritti degli altri cittadini o di chi abbia diversi legittimi interessi, tale precisazione da parte
del Garante, a giudizio dello scrivente, è sovrabbondante perché astrattamente un sistema
di videosorveglianza non è mai necessario, si pensi ad esempio al fatto che per controllare
che in un determinato negozio non venga rubata della merce basterebbe ingaggiare 10, 100,
1.000 o 10.000 guardie. Non si deve guardare a quanto si spende, dice il Garante, viene
prima il diritto alla riservatezza. Questo ragionamento è senz’altro poco chiaro perché non
si stabilisce il limite all’onere economico che spetta al soggetto che vuole tutelarsi
adottando un semplice sistema di videosorveglianza, piuttosto che ingaggiare una squadra
di sorveglianti. Il limite potrebbe essere, per i privati e gli enti pubblici economici, la
lesione del reddito o del profitto, cioè, valutati gli eventi che si voglio evitare con
l’installazione delle telecamere si dovrebbe verificare se il perdurare di detti eventi in
assenza del sistema di videosorveglianza, questi eventi incidano economicamente in
maniera maggiore che ad esempio l’ingaggio di un certo numero di guardiani. Anche
questo ragionamento appare troppo complesso e soggetto a differenti interpretazioni, il
punto dovrà essere rivisto dal Garante rimanendo altrimenti la questione sempre aperta, in
ogni caso. Indirettamente nell’ambito della sicurezza il Garante ha comunque individuato
l’ordine d’importanza dei sistemi di scurezza. Ad esempio per quanto concerne il controllo
delle differenze inventariali esseo deve avvenire primariamente attraverso l’installazione di
impianti antitaccheggio e impianti anti intrusione, solo l’inefficacia di questi sistemi può
consentire, laddove anche il controllo da parte di eventuali addetti è inefficace (ciò
essenzialmente dipende dal loro numero), l’utilizzo della videosorveglianza.
E’ vietato l’uso di telecamere a fini promozionali - turistici o pubblicitari, evidenziandosi
che la videosorveglianza è ammessa solo se rivolta al controllo di eventi, situazioni o
avvenimenti. In sostanza una videocamera che riprende una determinata località e invia
tale immagine direttamente in un sito web non è ammissibile se attraverso web cam o
cameras-on-line si rendono identificabili ad un pubblico aperto i soggetti ripresi. Per
analogia si può ritenere non corretto il comportamento di chi, utilizzando un sistema di
videosorveglianza, rivolge in visione al pubblico le immagini riprese in tempo reale, ad
esempio esponendo al pubblico il video delle immagini riprese. Tale comportamento viene
per lo più utilizzato per evidenziare la presenza del sistema di videosorveglianza (a volte
con l’esposizione del video nella vetrina di un negozio o in bella vista a lato di una cassa).
Tuttavia l’indicazione della presenza delle telecamere deve essere fatta attraverso
l’informativa di cui al precedente punto 3.1 e non attraverso la proiezione al pubblico delle
immagini riprese. Cioè la finalità del sistema di videosorveglianza non può essere
perseguita diffondendo le riprese ad un numero indeterminato di soggetti. In difetto viene
leso senz’altro il principio di proporzionalità e probabilmente distorto quello di finalità,
con possibili gravi conseguenze circa la liceità delle immagini eventualmente raccolte. E’
plausibile poi che tale comportamento possa generare danno all’interessato con
ripercussioni evidenti a carico del titolare (si ricorda l’art. 2050 del Codice Civile). Diversa
è la situazione, ad esempio, di una banca che in tempo reale trasmette le immagini della
porta del caveau su un video esposto al pubblico. La differenza sta nel fatto che l’area
ripresa non è soggetta al transito di possibili interessati; gli interessati di norma potrebbero
essere, eccetto i funzionari e i dipendenti della banca, solo dei malintenzionati !
La proporzionalità del trattamenti agli scopi deve essere valutata continuativamente.
13
- Principio di Finalità: i dati devono essere raccolti e trattati per scopi determinati, espliciti e
legittimi. In base a questo principio il titolare del trattamento può perseguire con la
videosorveglianza solo finalità di sua pertinenza, esclusivamente per scopi determinati,
espliciti e legittimi.
Il Garante ha invece constatato che taluni soggetti (pubblici e privati) si propongono
abusivamente, quale scopo della videosorveglianza, finalità di sicurezza pubblica, prevenzione
o accertamento dei reati, finalità queste che invece competono solo ad organi giudiziari o di
polizia giudiziaria oppure a forze armate o di polizia.
Ciò significa, (come scrive Corrado Giustozzi sub nota 5) che, ad esempio, la sorveglianza di
aree pubbliche, scuole, musei, contro il vandalismo non può essere svolto da istituzioni diverse
dalla polizia, alla quale evidentemente occorre rivolgersi per fare installare telecamere
laddove serva… e ammesso soprattutto che la polizia abbia tempo e possibilità di occuparsi
anche di queste cose. Non concordo pienamente con questa presa di posizione, spesso
l’installazione di un sistema di videosorveglianza viene effettuata per “fini di sicurezza” che
vengono, a torto, ritenuti sempre legittimi e prevalenti sulla privacy dei cittadini. Sono gli
organi di PS che costituzionalmente hanno il dovere – potere di controllare l’ordine pubblico,
per quale motivo altri soggetti devono ritenersi legittimati a farlo?
Diversi i casi in cui i sistemi di videosorveglianza sono in realtà introdotti come misura
complementare volta a migliorare la sicurezza all’interno o all’esterno di edifici o impianti
ove si svolgono attività produttive, industriali, commerciali o di servizi, o che hanno lo
scopo di agevolare l’eventuale esercizio, in sede di giudizio civile o penale, del diritto di difesa
del titolare del trattamento o di terzi sulla base di immagini utili in caso di fatti illeciti. In ogni
caso possono essere perseguite solo le finalità comunicate attraverso l’informativa, ossia
direttamente conoscibili attraverso comunicazioni e/o cartelli di avvertimento al pubblico (fatta
salva l’eventuale attività di acquisizione di dati disposta da organi giudiziari o di polizia
giudiziaria), e non finalità generiche o indeterminate, tanto più quando esse siano
incompatibili con gli scopi che vanno esplicitamente dichiarati e legittimamente perseguiti
(art. 11, comma 1, lett. b), del Codice). Le finalità così individuate devono essere
correttamente riportate nell’informativa.
6. Adempimenti.
6.1 Informativa - Il primo e fondamentale degli adempimenti richiamati dal Garante, a cui il
titolare non può sottrarsi, è costituito dall’obbligo d’informare tutti i soggetti che potranno
potenzialmente essere ripresi dal sistema di videosorveglianza.
E’ necessario cioè informare gli interessati che stanno per accedere o che si trovano in un’area
videosorvegliata. Inoltre il titolare deve avvertire gli interessati se le immagini raccolte con il
sistema di videosorveglianza vengono semplicemente rilevate oppure registrate e deve
informare anche delle finalità del trattamento.
L’informativa circa la presenza di sistemi di videosorveglianza deve avvenire sempre, anche
in occasione di spettacoli pubblici o attività pubblicitarie e deve fornire gli elementi previsti
dall’art. 13 del Codice della Privacy, anche con formule sintetiche ma chiare.
Il Garante ha dato un’indicazione di massima dell’avviso sintetico che può essere affisso in
aree esterne, precisando che in luoghi diversi dalle aree esterne l’avviso semplificato va
integrato con almeno un avviso circostanziato, il quale deve riportare tutti gli elementi
indicati nell’art. 13 del Codice della Privacy. Il supporto con l’informativa semplificata:
- deve essere collocato nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze ma non
necessariamente a contatto con la telecamera;
- deve avere formato e posizionamento che lo rendano immediatamente visibile;
- può inglobare un simbolo d’immediata comprensione (il logo o l’immagine di una
telecamera);
- non è necessario che sia indicata la presenza di tutte le telecamere, ma è necessario
14
che tutte le aree che vengono videosorvegliate siano dotate degli appositi cartelli di
avvertimento.
Ecco un esempio di avviso semplificato:
AREA
VIDEOSORVEGLIATA
La registrazione* delle immagini è effettuata da nome del titolare del trattamento
Per fini di **
Art. 13 D.lgs 196/03 – Codice in materia di protezione dei dati personali
* Se le immagini non vengono registrate è necessario sostituire il termine “registrazione” con
il termine “rilevazione”.
** Dovrà, inoltre, essere specificata la finalità del trattamento che, potrà essere di:
- tutela delle persone rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine;
- tutela dei beni rispetto a possibili furti, rapine, danneggiamenti o atti di vandalismo;
- (ovvero le prime due opzioni assieme) tutela delle persone e dei beni rispetto a possibili
aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo;
- prevenzione incendi;
- sicurezza del lavoro.
Non è ammissibile l’indicazione di fini generici come: “ per motivi di sicurezza”.
6.2 Informativa circostanziata - Nei luoghi diversi dalle aree esterne l’informativa semplificata
va integrata da almeno un avviso circostanziato, esposto e visibile, che riporti gli elementi
dell’art. 13 del Codice della Privacy.
Un esempio di tale avviso circostanziato viene qui sotto riportato, esso è ipotizzato per un
esercizio commerciale aperto al pubblico (come un negozio), ove viene effettuata la
registrazione delle immagini, in ogni caso tale documento andrà redatto in base alle specifiche
esigenze del titolare unitamente al documento delle scelte di cui si parlerà in seguito:
AREA VIDEOSORVEGLIATA
INFORMATIVA ai sensi dell’art. 13 D.Lgs 30.6.03 n. 196
Codice in materia di protezione dei dati personali
Tizio e Caio S.n.c. con sede in xxxx, Via xxxx n. x, in qualità di titolare del trattamento dei dati, ai sensi
dell’art. 13 del D.Lgs 196/03 ed in attuazione di quanto previsto dal provvedimento del Garante della
Privacy 29.4.04 in materia di videosorveglianza rende la seguente informativa, ad integrazione
dell’informativa semplificata esposta nelle aree videosorvegliate.
- Finalità del trattamento dei dati
I dati personali degli interessati acquisiti attraverso il sistema di videosorveglianza vengono trattati per
fini di xxxxxxxxx.
- Modalità del trattamento dei dati
I dati raccolti (immagini) vengono registrati per un periodo di xxxxxx ore lavorative del nostro esercizio
commerciale, decorso il quale vengono cancellate automaticamente per sovra registrazione. Il sistema
di videosorveglianza permette di effettuare ingrandimenti di particolari. I dati non vengono incrociati,
associati o interconessi a nessun’altro sistema di raccoglimento di dati personali.
- Natura del conferimento dei dati ed eventuali conseguenze del rifiuto
Il trattamento dei dati avviene senza il preventivo consenso dell’interessato in relazione al
bilanciamento dei nostri interessi con le necessità di prevenzione enunciate. In ogni caso i dati degli
interessati sono necessari e verranno trattati per le finalità enunciate, essi sono indispensabili per poter
accedere al nostro esercizio commerciale.
- Comunicazione e diffusione dei dati
I dati raccolti non vengono comunicati o diffusi, salvo i casi in cui essi ci vengano richiesti dalle
15
competenti autorità per lo svolgimento di indagini e/o per la repressione di reati. Le persone fisiche
incaricate ad utilizzare l’impianto di videosorveglianza, in particolare di visionare le immagini registrate,
sono indicate nominativamente nella documentazione delle scelte depositata presso questo esercizio.
- Diritti dell’interessato
L’interessato potrà esercitare i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs 196/03 di cui sotto, con le modalità di
cui all’art. 9 del medesimo D.Lgs, rivolgendosi al responsabile del nostro esercizio commerciale.
Art. 7. Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti
1. L'interessato ha diritto di ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche
se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L'interessato ha diritto di ottenere l'indicazione:
a) dell'origine dei dati personali;
b) delle finalità e modalità del trattamento;
c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l'ausilio di strumenti elettronici;
d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell'articolo 5,
comma 2;
e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono
venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L'interessato ha diritto di ottenere:
a) l'aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l'integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi
quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o
successivamente trattati;
c) l'attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto
riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale
adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto
tutelato.
4. L'interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della
raccolta;
b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per
il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
L’avvertimento circa la presenza delle telecamere è necessario in relazione al principio di
necessità. Infatti la videosorveglianza costituisce un sostanziale vincolo alla libertà dei
cittadini, che può estrinsecarsi anche solo in un condizionamento del loro comportamento. E’
per questo motivo che viene vietato ogni uso superfluo di telecamere.
Ovviamente è possibile sempre richiedere agli interessati un espresso consenso al trattamento.
Per farlo, in tale caso, dovrà essere loro sottoposta idonea informativa e dovrà essere
documentato il consenso per iscritto. Tale ipotesi è da ritenersi sostanzialmente impraticabile
per tutti gli esercizi commerciali.
6.3 Designazione degli incaricati al trattamento dei dati - Il titolare del trattamento deve
designare per iscritto tutte le persone fisiche incaricate che vengono autorizzate ad
utilizzare gli impianti di videosorveglianza e, se compatibile con le finalità, a visionare le
immagini registrate in conformità con il disposto dell’art. 30 del Codice.
In ogni caso tali addetti devono essere in un numero ristretto, specie se il servizio è affidato a
collaboratori esterni nei confronti dei quali il Garante si premura di fare alcune osservazioni
per sottolineare che l’affidamento della gestione del sistema di videosorveglianza ad “esterni”
non può concretizzarsi in un espediente per eludere le norme sulla Privacy, in particolare il
divieto di comunicazione dei dati (salvo i casi di consenso espresso). Cioè il soggetto esterno
incaricato deve svolgere prestazioni strumentali e subordinate alle scelte del titolare. Il Garante
sollecita anche corsi di formazione del personale all’utilizzo corretto dei sistemi di
videosorveglianza.
6.4 Durata della conservazione delle immagini in caso di registrazione - Il Garante precisa che
va limitata rigorosamente la creazione di banche dati quando è sufficiente installare un sistema
a circuito chiuso di sola visione delle immagini senza la loro registrazione (monitoraggio del
traffico, controllo del flusso ad uno sportello ecc.).
In caso di registrazione delle immagini la durata della conservazione delle stesse deve essere
commisurata alla necessità adatta a raggiungere lo scopo perseguito.
In generale la conservazione delle immagini deve essere della durata di poche ore, al massimo
ventiquattro ore. Sono fatte salve eventuali esigenze di conservazione per tempi più lunghi in
base alle festività o alla chiusura fisica delle aree protette dal sistema di videosorveglianza
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(negozio chiuso). Tempi ancora più lunghi, sino ad una settimana, sono concessi in quei luoghi
che per esigenze tecniche (mezzi di trasporto) o per l’alto rischio dell’attività svolta dal
titolare (ad esempio le Banche, i depositi di merci preziose) può essere necessario monitorare
le immagini dei giorni antecedenti per verificare che i luoghi non siano stati oggetto di studio
da parte di potenziali criminali. L’allungamento dei tempi di conservazione delle immagini è
fatto eccezionale, derivante solo dalla necessità di osservare un evento già accaduto o prevenire
un pericolo realmente incombente, fatto questo che andrà eventualmente richiamato nel
documento delle scelte.
Il sistema di videosorveglianza deve essere programmato per operare al momento
prefissato, se possibile deve effettuare la cancellazione automatica delle immagini
registrate, anche con sovra registrazione, comunque in maniera da rendere inutilizzabili le
immagini cancellate.
Peraltro deve essere sottolineato il fatto che, specie gli esercizi commerciali aperti al pubblico
nelle sole ore diurne, vi è quindi una sostanziale differenza tra le immagini riprese alla
presenza del pubblico e quelle a locali chiusi. Infatti, in assenza di pubblico sarebbe un valido
espediente predisporre il trattamento dei dati (la registrazione delle immagini) su piani diversi
in base alla presenza o meno di pubblico: cioè da un lato le registrazioni che riguardano le aree
nelle ore di affluenza del pubblico (cioè con la certezza di avere a che fare con dati personali di
terzi) e dall’altro le registrazioni delle aree nelle ore in cui non è prevista la presenza di
pubblico (ove la presenza di terzi sarebbe un evento anomalo).
6.5 Documentazione delle scelte - Il titolare deve documentare le ragioni delle scelte effettuate
in un atto autonomo, il quale dovrà essere conservato presso il titolare (o il responsabile ove
designato). Tale documento dovrà essere redatto per iscritto (sarà bene dargli anche data certa).
Il documento delle scelte deve indicare quali soluzioni operative del sistema di
videosorveglianza sono state adottate e i motivi di tali scelte che dovranno essere suffragati, se
del caso, da casi precedenti che hanno imposto la scelta indicata.
Il documento delle scelte deve quindi indicare:
- se sia sufficiente, ai fini della sicurezza, rilevare immagini che non rendono identificabili i
singoli cittadini, anche tramite ingrandimenti, ovvero se sia realmente essenziale, ai fini
prefissi, raccogliere immagini dettagliate e per quale motivo;
- quali dati vengono rilevati e se essi vengono o meno registrati e, in tale caso, per quale
periodo di tempo verrà conservata la registrazione e il motivo di tale scelta, indicando
eventualmente i casi precedenti a cui si fa riferimento per giustificare tale scelta;
- se ci si avvale di una rete di comunicazione o una banca di dati indicizzata, ovvero se si
utilizzano funzioni di fermo-immagine o tecnologie digitali, anche se abbinate ad altre
informazioni o interconnesse con altri sistemi gestiti dallo stesso titolare o da terzi, ed il
motivo di tale scelta;
- se avviene la ripresa di luoghi privati o accessi di edifici e per quale motivo;
- se vengono utilizzate specifiche soluzioni quali il collegamento ad appositi "centri" cui
inviare segnali di allarme sonoro o visivo, oppure l’adozione di interventi automatici per
effetto di meccanismi o sistemi automatizzati d’allarme (chiusura accessi, afflusso di personale
di vigilanza, ecc.) ed il motivo di tale scelta;
- se avviene l’eventuale duplicazione delle immagini registrate e per quale motivo;
- i soggetti designati quali incaricati del trattamento dei dati (a visionare le immagini), anche se
soggetti “esterni” al titolare, e la diversificazione dei diversi livelli di accesso al sistema e
all’utilizzo delle informazioni con esso raccolte, anche con riferimento alle eventuali esigenze
di manutenzione.
Si tratta in sostanza dell’obbligo per il titolare di documentare le scelte effettuate ed i motivi
specifici che le giustificano.
Il documento delle scelte, che costituisce una chiave di lettura del sistema di sicurezza
installato, dovrà essere conservato presso il titolare e dovrà essere messo a disposizione degli
17
organi di controllo preposti ove richiesto e degli interessati che, muniti di un documento
d’identità valido, intendano far valere i diritti di cui all’art. 7 del Codice della Privacy.
6.6 Misure di sicurezza - Se i dati vengono conservati dovranno, inoltre, essere protetti da
idonee misure di sicurezza, in modo da ridurre il rischio di perdita accidentale dei dati o di
accesso non autorizzato ovvero di trattamento non consentito o non conforme alla finalità
indicata. In particolare la banca dati, ove vengano raccolte le immagini registrate, deve essere
sempre protetta da una doppia chiave fisica o logica.
Le misure minime obbligatorie, indicate all’art. 33 del Codice della Privacy e specificate
nell’allegato B al Codice, dovranno essere rispettate al fine di evitare le sanzioni di carattere
penale previste dal Codice stesso24.
La seconda parte del paragrafo 3.3.2 del provvedimento sulla videosorveglianza dispone:
“Alcune misure, c.d. “misure minime”, sono obbligatorie anche sul piano penale. Il titolare
del trattamento che si avvale di un soggetto esterno deve ricevere dall’installatore una
descrizione scritta dell’intervento effettuato che ne attesti la conformità alle regole in
materia”.
Tra queste regole il Garante richiama espressamente l’allegato B al Codice della Privacy il
quale dispone: “Il titolare che adotta misure minime di sicurezza avvalendosi di soggetti
esterni alla propria struttura, per provvedere alla esecuzione riceve dall'installatore una
descrizione scritta dell'intervento effettuato che ne attesta la conformità alle disposizioni del
presente disciplinare tecnico”25.
Va detto che la terminologia usata dal Garante nel provvedimento sulla videosorveglianza è
soggetta a differente interpretazione e può far nascere gravi incomprensioni.
La confusione nasce per l’utilizzazione fatta dal Garante del termine INSTALLATORE che
genericamente identifica il soggetto che installa un sistema di videosorveglianza, ma che è
anche il termine utilizzato per individuare il soggetto che, su incarico del titolare, provvede a
conformare un determinato sistema alle misure minime di sicurezza volute dal Codice della
Privacy. Lampante è la differenza che c’è tra l’installatore del sistema di videosorveglianza e
l’installatore delle misure minime di sicurezza.
Infine, nel documento programmatico della sicurezza (DPS), ove redatto, bisognerà
ovviamente tenere conto del sistema di videosorveglianza.
6.7 Verifica preliminare - Quando il sistema di videosorveglianza è potenzialmente lesivo di
diritti, libertà fondamentali e/o dignità dei cittadini è necessario interpellare
preventivamente il Garante per una verifica preliminare circa la liceità del suo utilizzo.
In particolare il Garante prescrive la verifica preliminare quando il sistema di
videosorveglianza preveda una raccolta d’immagini collegata e/o incrociata e/o confrontata con
particolari dati personali (quali ad esempio quelli biometrici), oppure con codici identificativi
di carte elettroniche o con dispositivi che rendono identificabile la voce (sistemi di
riconoscimento vocale); la verifica preliminare occorre anche quando le immagini sono
digitalizzate o indicizzate, cioè risulta possibile una ricerca automatizzata o nominativa (ad
esempio quando inserendo nella banca dati delle immagini registrate un nominativo è possibile
consultare tutte le immagini che lo ritraggono), ovvero, infine, nel caso di videosorveglianza
dinamico - preventiva che non si limiti a riprendere luoghi in via statica, ma rilevi percorsi o
caratteristiche fisionomiche (riconoscimento facciale) o eventi improvvisi, oppure
24
Art. 169. Misure di sicurezza
1. Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall'articolo 33 è punito con l'arresto sino a due anni o
con l'ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro.
2. All'autore del reato, all'atto dell'accertamento o, nei casi complessi, anche con successivo atto del Garante, è impartita una
prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in
caso di particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento e comunque non superiore a sei mesi. Nei sessanta giorni
successivi allo scadere del termine, se risulta l'adempimento alla prescrizione, l'autore del reato è ammesso dal Garante a pagare una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione. L'adempimento e il pagamento estinguono il reato.
L'organo che impartisce la prescrizione e il pubblico ministero provvedono nei modi di cui agli articoli 21, 22, 23 e 24 del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, in quanto applicabili.
25
Paragrafo 25 Allegato B al Codice della Privacy
18
comportamenti non preventivamente classificati.
In tali casi deve essere il Garante, in via preventiva, ad autorizzare il trattamento (anche
attraverso autorizzazioni generali.
6.8 Notificazione - L’art. 37 del Codice della Privacy26 viene richiamato dal Garante nel
provvedimento sulla videosorveglianza solo per ricordare che l’adempimento della
notificazione deve essere effettuato dal titolare esclusivamente se rientra nei casi specifici
indicati dalla norma di legge.
La notificazione al Garante della Privacy è una dichiarazione con la quale un soggetto
pubblico o privato rende noto al Garante per la protezione dei dati personali l’esistenza di
un’attività di raccolta e di utilizzazione dei dati personali da egli svolta quale autonomo
Titolare del trattamento.
La notificazione viene fatta esclusivamente in via telematica (sul sito web
https://web.garanteprivacy.it/rgt/) con l’ausilio di firma digitale, successivamente la
notificazione
viene
inserita
in
un
registro
pubblico
(sul
sito
web
https://web.garanteprivacy.it/rgt/NotificaEsplora.php) consultabile da tutti gli interessati.
Con riferimento alla videosorveglianza tra i vari trattamenti che impongono la notificazione al
Garante rilevano sostanzialmente due fattispecie:
a) trattamento di dati che “indicano la posizione geografica di persone od oggetti mediante
una rete di comunicazione elettronica” (art. 37 comma 1 lett. a);
b) trattamento di “dati registrati in apposite banche di dati gestite con strumenti elettronici
relative a comportamenti illeciti o fraudolenti” (art. 37 comma 1 lett. f).
Con riferimento all’ipotesi sub a) va detto che il Garante con chiarimento del 23.4.04, ha
stabilito che la norma (art. 37 comma 1 lett. a) si riferisce alla localizzazione di persone od
oggetti ed è quindi riferita alla rilevazione della loro presenza in determinati luoghi, mediante
reti di comunicazione elettronica gestite o accessibili dal titolare del trattamento. Il trattamento
va notificato quando permette d’individuare in maniera continuativa - anche con eventuali
intervalli - l’ubicazione sul territorio o in determinate aree geografiche, in base ad
apparecchiature o dispositivi elettronici detenuti dal titolare o dalla persona, oppure collocati
sugli oggetti. La localizzazione deve comunque permettere di risalire all’identità degli
interessati, anche indirettamente attraverso appositi codici. Non devono essere quindi
notificati al Garante i trattamenti di dati personali che consentano solo una rilevazione non
continuativa del passaggio o della presenza di persone o oggetti, effettuata, ad esempio, all’atto
di:
26
Art. 37. Notificazione del trattamento
1. Il titolare notifica al Garante il trattamento di dati personali cui intende procedere, solo se il trattamento riguarda:
a) dati genetici, biometrici o dati che indicano la posizione geografica di persone od oggetti mediante una rete di
comunicazione elettronica;
b) dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, trattati a fini di procreazione assistita, prestazione di servizi
sanitari per via telematica relativi a banche di dati o alla fornitura di beni, indagini epidemiologiche, rilevazione di malattie
mentali, infettive e diffusive, sieropositività, trapianto di organi e tessuti e monitoraggio della spesa sanitaria;
c) dati idonei a rivelare la vita sessuale o la sfera psichica trattati da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro,
anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale;
d) dati trattati con l'ausilio di strumenti elettronici volti a definire il profilo o la personalità dell'interessato, o ad analizzare
abitudini o scelte di consumo, ovvero a monitorare l'utilizzo di servizi di comunicazione elettronica con esclusione dei
trattamenti tecnicamente indispensabili per fornire i servizi medesimi agli utenti;
e) dati sensibili registrati in banche di dati a fini di selezione del personale per conto terzi, nonchè dati sensibili utilizzati per
sondaggi di opinione, ricerche di mercato e altre ricerche campionarie;
f) dati registrati in apposite banche di dati gestite con strumenti elettronici e relative al rischio sulla solvibilità economica,
alla situazione patrimoniale, al corretto adempimento di obbligazioni, a comportamenti illeciti o fraudolenti.
2. Il Garante può individuare altri trattamenti suscettibili di recare pregiudizio ai diritti e alle libertà dell'interessato, in ragione delle
relative modalità o della natura dei dati personali, con proprio provvedimento adottato anche ai sensi dell'articolo 17. Con analogo
provvedimento pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il Garante può anche individuare, nell'ambito dei
trattamenti di cui al comma 1, eventuali trattamenti non suscettibili di recare detto pregiudizio e pertanto sottratti all'obbligo di
notificazione.
3. La notificazione è effettuata con unico atto anche quando il trattamento comporta il trasferimento all'estero dei dati.
4. Il Garante inserisce le notificazioni ricevute in un registro dei trattamenti accessibile a chiunque e determina le modalità per la sua
consultazione gratuita per via telematica, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici o presso il proprio Ufficio. Le notizie
accessibili tramite la consultazione del registro possono essere trattate per esclusive finalità di applicazione della disciplina in materia
di protezione dei dati personali.
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- registrazione di ingressi o uscite presso luoghi di lavoro, tramite tessere elettromagnetiche,
codici di accesso o altri dispositivi, a meno che, mediante la rete di comunicazione elettronica,
sia possibile tracciare gli spostamenti di interessati in determinati luoghi o aree sul territorio,
non devono essere inoltre trattati dati biometrici, perché in tal caso la notificazione è
necessaria;
- rilevazione di immagini o suoni, anche con impianti a circuito chiuso, presso immobili o
edifici ove si svolgono attività del titolare del trattamento (locali commerciali, professionali o
aziendali, nonché le relative aree perimetrali, adibite a parcheggi o a carico/scarico merci,
accessi, uscite di emergenza), a meno che, anche mediante interazione con altri sistemi, il
titolare possa rilevare le diverse ubicazioni o spostamenti di una persona o di un oggetto in
determinati luoghi o aree sul territorio.
Non sono quindi da sottoporre a notificazione i trattamenti di dati raccolti con i sistemi di
videosorveglianza installati in luoghi di lavoro o nelle aree pertineziali (parcheggi, ingressi ed
uscite, zone di carico e scarico) in quanto non costituiscono sistemi di rilevazione continuativa.
Tuttavia vi è obbligo di notificazione se il sistema di videosorveglianza interagisce con altri
sistemi di controllo o di sicurezza quali ad esempio i badges, consentendo di rilevare
l’ubicazione e gli spostamenti di soggetti all’interno dell’area videosorvegliata in maniera
continuativa.
Con riguardo all’ipotesi sub b) (dati registrati in apposite banche dati gestite con strumenti
elettronici relative a comportamenti illeciti o fraudolenti) il Garante, sempre nel chiarimento
del 23.4.04, ha stabilito che non devono essere notificati i trattamenti effettuati da soggetti che
utilizzano banche dati centralizzate o sistemi informativi gestiti autonomamente da altri
soggetti - titolari del relativo trattamento - e che, pur comunicando a questi ultimi alcuni dati
personali, non hanno alcun potere decisionale in ordine alle finalità e alle modalità del
trattamento e agli strumenti utilizzati in tali ambiti.
Ciò anche quando, per mere ragioni tecniche, una copia della banca dati gestita dal terzo,
autonomo titolare del trattamento, sia depositata presso il soggetto abilitato unicamente a
consultarla in tale forma. Viceversa il Garante precisa che non sono sottratti all’obbligo di
notificazione (che quindi che vi è obbligo di notificazione) dei trattamenti di immagini o suoni
che, benché registrati temporaneamente, siano inseriti in apposite banche dati elettroniche
relative a comportamenti illeciti o fraudolenti (punto 6, lett. e del provvedimento n. 1/04).
Ciò significa che i trattamenti di dati effettuati attraverso sistemi di videosorveglianza installati
ad esempio presso un’azienda per finalità di tutela delle persone o del patrimonio non devono
essere notificati, anche se le immagini vengono temporaneamente conservate.
Viceversa se quelle stesse immagini vengono inserite in una apposita banca dati relativa a
comportamenti fraudolenti (finalizzata cioè alla costituzione di prove in campo giudiziario) il
trattamento deve essere notificato.
7. Rapporti di lavoro.
Il Garante ha ricordato esplicitamente il divieto imposto dall’art. 4 della Legge 330/7027
(Statuto dei Lavoratori). In sostanza la citata norma pone il divieto di controllo a distanza dei
27
ART. 4 Legge 330 del 1970 (Statuto dei lavoratori) - Impianti audiovisivi
È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del
lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto
previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna.
In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di
tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondono alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in
mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro
un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli
impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato dei lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze
sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19
possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
20
lavoratori, sia all'interno di edifici, sia in altri luoghi di prestazione del lavoro.
Tuttavia se un impianto di videosorveglianza è installato in un’azienda e le immagini riprese
non consentono un controllo indiretto dell’attività dei lavoratori, in quanto ad esempio l’angolo
di visuale dell’impianto è limitato ai soli accessi ai luoghi di lavoro, allora in questo caso sarà
sufficiente informare i dipendenti dell’installazione dell’impianto e delle sue finalità anche
mediante l’informativa prevista dal Codice della Privacy.
Viceversa se l’impianto di videosorveglianza fornisce la possibilità di un controllo a distanza
dell’attività dei lavoratori è necessario il preventivo consenso delle rappresentanze sindacali
ovvero l’autorizzazione del competente Ufficio del Lavoro. La norma dello statuto del
lavoratori, che risale al 1970, faceva riferimento genericamente alle apparecchiature di
controllo richieste da esigenze organizzative e produttive ovvero da sicurezza del lavoro. Un
primo dubbio che nasce è se l’evoluzione sociale e tecnologica dal 1970 ad oggi permetta
d’interpretare la norma nel senso di comprendere, tra le esigenze organizzative e produttive,
anche le finalità di tutela dei beni e delle persone rispetto a possibili reati.
Infatti è noto che spesso, specie all’interno di esercizi commerciali aperti al pubblico (negozi,
grandi magazzini o supermercati), la finalità della videosorveglianza è proprio la tutela dei
beni rispetto a possibili furti, rapine, danneggiamenti o atti di vandalismo. Pertanto l’angolo di
visuale delle riprese spesso coincide direttamente con il luogo di lavoro dei commessi, pur non
essendo affatto la finalità del trattamento il controllo a distanza dei lavoratori.
In questi casi come ci si deve comportare?
Il Garante, richiamando lo statuto del lavoratori, ha perso l’occasione per chiarire l’argomento.
Infatti, se la finalità della videosorveglianza è la tutela dei beni rispetto a possibili furti, rapine,
danneggiamenti o atti di vandalismo, le immagini raccolte, ancorché riguardanti dei lavoratori,
potranno essere utilizzate solo ed esclusivamente per i fini di tutela indicati.
Le immagini non potranno mai essere utilizzate per monitorare l’attività dei dipendenti e/o
profilare il loro status lavorativo.
Ciò significa che le immagini, in cui viene eventualmente ripreso il lavoratore, non potranno
mai essere utilizzate per contestare allo stesso inadempimenti lavorativi o profilare il suo
comportamento nel luogo di lavoro, ne tali immagini potranno essere utilizzate in un qualsiasi
contesto giudiziale come prova contro il lavoratore ad eccezione di immagini riguardanti atti
compiuti dal dipendente e diretti contro i beni tutelati dal sistema di videosorveglianza (ad
esempio un furto), solo in questo ultimo caso le immagini potranno essere utilizzate in quanto
pertinenti alle finalità indicate.
Oltretutto le immagini raccolte potranno essere visionate solo ed esclusivamente dai soggetti
incaricati, i quali non potranno nemmeno riferire dei comportamenti dei dipendenti ripresi ai
loro superiori, essendo questa una finalità non prevista, a meno che, come detto, i
comportamenti rientrino in quelli per i quali il sistema di videosorveglianza vuole essere
deterrente (e cioè seguendo l’esempio furti e rapine o atti di vandalismo).
Il dato normativo comunque impone in ogni caso necessario ottenere il consenso delle
rappresentanze sindacali o dell’ufficio provinciale del lavoro, consenso che potrà essere più
facilmente ottenuto ove il datore di lavoro e titolare del trattamento dimostri il corretto
adeguamento alle norme sulla privacy in tema di videosorveglianza.
Infatti, l’adeguamento alle norme sin qui esaminate, impone che le immagini riprese e/o
registrate non potranno mai essere utilizzate ai fini di controllo dell’attività dei dipendenti,
salvo il caso di reati da questi commessi nell’esercizio dei loro compiti lavorativi.
E’ la finalità del trattamento che quindi rileva.
In ogni caso sono inammissibili le telecamere in luoghi non destinati direttamente all'attività
lavorativa quali bagni, spogliatoi, docce, armadietti, luoghi ricreativi.
8. Limiti imposti da altre leggi e casi particolari.
Il Garante si è premurato di ricordare che limiti all’uso dei sistemi di videosorveglianza sono
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posti dalle vigenti norme civili e penali in materia d’interferenze illecite nella vita privata, di
tutela della dignità, dell’immagine, del domicilio e di tutti gli altri luoghi in cui l’ordinamento
riconosce analoga tutela (toilette, camere degli alberghi, cabine, spogliatoi). Il Garante ha
quindi ribadito che in relazione a quelle disposizioni di leggi o regolamenti che individuano
esplicitamente la possibilità di installare sistemi di videosorveglianza presso stadi, impianti
sportivi, musei, biblioteche statali, archivi di stato o navi adibite a trasporto passeggeri, se sono
trattati dati relativi a persone identificate o identificabili, vanno rispettate le disposizioni del
Codice della Privacy.
Da ultimo il Garante ha precisato che rimangono ferme le disposizioni del Codice Penale che
vietano le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni salvo i casi d’indagini svolte dalle
forze dell’ordine su autorizzazione dall’autorità giudiziaria.
Negli ospedali e nei luoghi di cura e' ammesso il monitoraggio di pazienti ricoverati in
particolari reparti (es. rianimazione). Potranno accedere alle immagini solo il personale
autorizzato e i familiari dei ricoverati.
Nelle scuole l’installazione di sistemi di videosorveglianza è ammissibile solo quando
strettamente indispensabile (es. atti vandalici) e solo negli orari di chiusura della scuola.
Il Garante specifica poi che la registrazione delle immagini è più invasiva della semplice
ripresa. Tuttavia la ripresa può risultare eccedente o sproporzionata quando sono già adottati
altri dispositivi di controllo o vigilanza.
9. Videocitofoni.
Il Garante, senza dare una definizione di che cosa debba intendersi precisamente per sistema di
videosorveglianza, ha ritenuto opportuno regolamentare anche l’uso dei videocitofoni dandone
in questo caso una precisa definizione (apparecchiature, dislocate abitualmente all’ingresso di
edifici o immobili in corrispondenza di campanelli o citofoni, per finalità di controllo dei
visitatori che si accingono ad entrare). Al di là dell’errore generale sul punto si può rilevare che
per il Garante i videocitofono sono ammissibili se tesi ad identificare coloro che si accingono
ad entrare in luoghi privati, a condizione che non avvenga alcuna registrazione. Tuttavia della
loro esistenza deve essere data notizia attraverso un’informativa agevolmente rilevabile (una
scritta “videocitofono” dovrebbe essere sufficiente), salvo ovviamente quando non sono
utilizzati per fini esclusivamente personali (art. 5, comma 3 del Codice), ad esempio all’interno
di una privata abitazione.
Altri dispositivi di rilevazione e controllo, invece, spesso non sono facilmente individuabili
anche per mancanza di informativa o per la loro collocazione non altrimenti segnalata. In
alcuni casi, poi, più telecamere collocate anche all’interno di un edificio (pianerottoli, corridoi,
scale) si attivano contemporaneamente e, sia pure per un tempo limitato, riprendono le persone
fino all’ingresso negli appartamenti. In questi casi, vista la corrispondenza di un tale sistema ad
un sistema di videosorveglianza (sebbene non vi sia una definizione precisa di quest’ultimo)
sarà necessaria un’adeguata informativa.
10. Sanzioni.
Ma cosa succede se non si rispettano le disposizioni del Garante in tema di Privacy?
In tale caso si è passibili di varie sanzioni.
In particolare il provvedimento 29.4.04 stabilisce che le misure necessarie prescritte con il
provvedimento sulla videosorveglianza devono essere osservate da tutti i titolari di trattamento.
In caso contrario il trattamento dei dati è, a seconda dei casi, illecito oppure non corretto ed
espone:
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- all’inutilizzabilità dei dati personali trattati in violazione della relativa disciplina (art. 11,
comma 2, del Codice28);
- all’adozione di provvedimenti di blocco o di divieto del trattamento disposti dal Garante
(art. 143, comma 1, lett. c del Codice) e di analoghe decisioni adottate dall’autorità giudiziaria
civile e penale;
- all’applicazione delle pertinenti sanzioni amministrative29 e penali30 (artt. 161 e seguenti
del Codice).
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Art. 11. del Codice della Privacy - Modalità del trattamento e requisiti dei dati
2. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere
utilizzati.
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Art. 161. del Codice della Privacy - Omessa o inidonea informativa all'interessato
1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 13 è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da tremila
euro a diciottomila euro o, nei casi di dati sensibili o giudiziari o di trattamenti che presentano rischi specifici ai sensi dell'articolo 17 o,
comunque, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, da cinquemila euro a trentamila euro. La somma può
essere aumentata sino al triplo quando risulta inefficace in ragione delle condizioni economiche del contravventore.
Art. 162. del Codice della Privacy - Altre fattispecie
1. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, lettera b), o di altre disposizioni in materia di
disciplina del trattamento dei dati personali è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquemila euro
a trentamila euro.
2. La violazione della disposizione di cui all'articolo 84, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da cinquecento euro a tremila euro.
Art. 163. del Codice della Privacy - Omessa o incompleta notificazione
1. Chiunque, essendovi tenuto, non provvede tempestivamente alla notificazione ai sensi degli articoli 37 e 38, ovvero indica in essa
notizie incomplete, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a sessantamila euro e con
la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell'ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, in uno o più giornali
indicati nel provvedimento che la applica.
Art. 164. del Codice della Privacy - Omessa informazione o esibizione al Garante
1. Chiunque omette di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dal Garante ai sensi degli articoli 150, comma 2, e 157 è
punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da quattromila euro a ventiquattro mila euro.
Art. 165. del Codice della Privacy - Pubblicazione del provvedimento del Garante
1. Nei casi di cui agli articoli 161, 162 e 164 può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione
dell'ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, in uno o più giornali indicati nel provvedimento che la applica.
Art. 166. del Codice della Privacy - Procedimento di applicazione
1. L'organo competente a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni di cui al presente capo e all'articolo 179, comma 3, è il
Garante. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. I
proventi, nella misura del cinquanta per cento del totale annuo, sono riassegnati al fondo di cui all'articolo 156, comma 10, e sono
utilizzati unicamente per l'esercizio dei compiti di cui agli articoli 154, comma 1, lettera h), e 158.
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Art. 167. del Codice della Privacy - Trattamento illecito di dati
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno,
procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in
applicazione dell'articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste
nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno,
procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 17, 20, 21, 22, commi 8 e 11, 25, 26, 27 e 45, è
punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni.
Va precisato che con sentenza del 9.7.04 n. 30134 la Corte di Cassazione sez. III Penale ha stabilito che le semplici violazioni formali.
le irregolarità procedimentali e le inosservanze che producano un “vulnus” (cioè una violazione) minimo all’identità personale del
soggetto interessato alla sua Privacy le quali tuttavia non determinano alcun danno patrimoniale, sono escluse dal precetto penale di
cui all’art. 167”.
Art. 168. del Codice della Privacy - Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante
1. Chiunque, nella notificazione di cui all'articolo 37 o in comunicazioni, atti, documenti o dichiarazioni resi o esibiti in un
procedimento dinanzi al Garante o nel corso di accertamenti, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o
documenti falsi, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art. 169. del Codice della Privacy - Misure di sicurezza
1. Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall'articolo 33 è punito con l'arresto sino a due anni o
con l'ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro.
2. All'autore del reato, all'atto dell'accertamento o, nei casi complessi, anche con successivo atto del Garante, è impartita una
prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in
caso di particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento e comunque non superiore a sei mesi. Nei sessanta giorni
successivi allo scadere del termine, se risulta l'adempimento alla prescrizione, l'autore del reato è ammesso dal Garante a pagare una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione. L'adempimento e il pagamento estinguono il reato.
L'organo che impartisce la prescrizione e il pubblico ministero provvedono nei modi di cui agli articoli 21, 22, 23 e 24 del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, in quanto applicabili.
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Inoltre il Garante, nell’enunciare i principi di necessità e di proporzionalità, dichiara
espressamente che la violazione di detti principi implica l’illiceità dell’attività di
videosorveglianza. L’illiceità comporta come primo effetto l’inutilizzabilità dei dati raccolti e
l’applicabilità anche di sanzioni penali (con la reclusione da sei a diciotto mesi ai sensi dell’art.
167 del Codice della Privacy, articolo richiamato alla nota n. 24).
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Riassumendo in breve
I sistemi di videosorveglianza possono riprendere persone identificabili solo se, per
raggiungere gli scopi prefissati, non possono essere utilizzati dati anonimi.
La raccolta e l’uso delle immagini sono consentiti solo se fondati su presupposti di liceità:
cioè, per i soggetti pubblici, quando siano necessari allo svolgimento di funzioni istituzionali
e, per i privati, quando siano necessari per adempiere ad obblighi di legge o effettuate per
tutelare un legittimo interesse.
Prima di installare un impianto di videosorveglianza occorre valutare se la sua utilizzazione
sia realmente proporzionata agli scopi perseguiti o se non sia invece superflua. Gli impianti
devono cioè essere attivati solo quando altre misure (sistemi d’allarme, altri controlli fisici o
logistici, misure di protezione agli ingressi ecc.) siano realmente insufficienti o inattuabili.
Va valutata, inoltre, da parte di chi utilizza telecamere una serie di aspetti: se sia realmente
necessario raccogliere immagini dettagliate; la dislocazione e la tipologia delle
apparecchiature (fisse o mobili).
Chi utilizza telecamere deve perseguire finalità determinate e di propria pertinenza.
I cittadini che transitano nelle aree sorvegliate devono essere informati della rilevazione dei
dati. L’informativa deve essere chiaramente visibile ed indicare chi effettua la rilevazione
delle immagini e per quali scopi.
In caso di registrazione, il periodo di conservazione delle immagini deve essere limitato: a
poche ore o al massimo 24 ore, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in
relazione a indagini. Per attività particolarmente rischiose (es. banche) è ammesso un tempo
più ampio, che non può superare comunque la settimana.
Quando si intende installare sistemi di videosorveglianza che prevedono un intreccio delle
immagini con altri particolari (es. dati biometrici, voce) o in caso di digitalizzazione delle
immagini o di sorveglianza che valuti percorsi e lineamenti (es. riconoscimento facciale) è
obbligatorio sottoporre tali sistemi alla verifica preliminare del Garante.
Non sono ammesse attività di rilevazione immagini a fini promozionali, turistici o
pubblicitari, attraverso web cam o cameras-on-line che rendano identificabili i soggetti
ripresi.
Prima dell’installazione e dell’attivazione di un impianto di videosorveglianza si deve stabilire:
la dislocazione, l’angolo visuale, l’uso di zoom automatici;
se è sufficiente, in base alle finalità prefisse, rilevare immagini che non rendono identificabili
i singoli soggetti (escludendo ad esempio gli ingrandimenti), se quindi è essenziale o meno
raccogliere immagini particolarmente dettagliate;
quali dati andranno rilevati e se andranno o meno registrati;
se per i dati rilevati verrà utilizzata una rete di comunicazioni o una banca dati;
Art. 170. del Codice della Privacy - Inosservanza di provvedimenti del Garante
1. Chiunque, essendovi tenuto, non osserva il provvedimento adottato dal Garante ai sensi degli articoli 26, comma 2, 90, 150, commi
1 e 2, e 143, comma 1, lettera c), è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
Art. 171. del Codice della Privacy - Altre fattispecie
1. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 113, comma 1, e 114 è punita con le sanzioni di cui all'articolo 38 della legge 20
maggio 1970, n. 300.
Art. 172. del Codice della Privacy - Pene accessorie
1. La condanna per uno dei delitti previsti dal presente codice importa la pubblicazione della sentenza.
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se la banca dati eventualmente utilizzata verrà indicizzata e se verranno utilizzate funzioni di
fermo immagine o tecnologie digitali;
se alle immagini verranno abbinate altre informazioni o se il sistema verrà interconnesso con
altri sistemi gestiti dal titolare o da terzi;
la durata della conservazione delle immagini, necessariamente temporanea, e la
cancellazione automatica alla scadenza del tempo di conservazione;
quando sia legittimo ed effettivo l’interesse per particolari finalità, in luoghi pubblici o aperti
al pubblico, la ripresa di luoghi privati o di accessi ad edifici;
l’utilizzazione di specifiche soluzioni quali il collegamento a centri cui inviare segnali
d’allarme, o l’adozione di sistemi automatizzati d’intervento (chiusura accessi, afflusso
personale di sorveglianza);
la duplicazione delle immagini registrate;
la creazione di una banca dati quando è sufficiente installare un sistema a circuito chiuso o
comunque privo di registrazione (ad es. monitoraggio del traffico o controllo del flusso ad
uno sportello).
Adempimenti da ricordare
Installare nelle aree videosorvegliate cartelli di avvertimento circa la presenza delle
telecamere.
Predisporre l’informativa circostanziata nelle aree chiuse.
Redigere la documentazione delle scelte.
Verificare se è necessario effettuare la verifica preliminare e/o la notificazione al Garante.
Milano, 16 marzo 2005
Il presente documento non è divulgabile senza consenso dell’autore
Avv. Andrea Forte
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