habana blues - Amici del Cabiria

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habana blues - Amici del Cabiria
HABANA BLUES
Sito: http://wwws.warnerbros.es/movies/habanablues/
Anno: 2005
Altri titoli: HAVANA BLUES
Data di uscita: 18/11/2005
Durata: 110
Origine: CUBA – FRANCIA – SPAGNA
Genere: COMMEDIA – DRAMMATICO – SENTIMENTALE - MUSICALE
Produzione: MAESTRANZA FILMS, ICAIC, PYRAMIDE PRODUCTIONS
Distribuzione: WARNER BROS. ITALIA
Regia: BENITO ZAMBRANO
Attori:
ALBERTO YOEL GARCIA
RUY
ROBERTO SANMARTIN
TITO
YAILENE SIERRA
CARIDAD
ZENIA MARABAL
LUZ MARIA
MARTA CALVO'
MARTA
ROGER PERA
LORENZO
TOMAS CAO
ALEX
JULIE LADAGNOUS
JULIE
Sceneggiatura: BENITO ZAMBRANO - ERNESTO CHAO
Fotografia: JEAN-CLAUDE LARRIEU
Musiche : DAYAN ABAD - EQUIS ALFONSO - DESCEMER BUENO - KIKI FERRER - MAGDA ROSA GALVAN JOSE' LUIS GARRIDO - JUAN ANTONIO LEYVA - KELVIS OCHOA
Montaggio: FERNANDO PARDO
Costumi: VLADIMIR CUENCA
Trama:
Ruy e Tito sono due giovani musicisti cubani. Suonano insieme e condividono un grande sogno: quello di diventare famosi e
lasciare l'Havana. Tito vive con sua nonna, mentre Ruy ha moglie, Caridad, e due figli. Ruy e Caridad sono molto legati e si
amano sempre profondamente, ma non riescono più a comunicare e il loro rapporto sembra destinato alla rottura. Un giorno,
mentre Ruy e Tito sono assorti nei preparativi di quello che dovrà essere il loro primo concerto, ricevono la notizia dell'arrivo
di Martha e Lorenzo, due produttori discografici spagnoli venuti a Cuba alla ricerca di nuovi talenti. È finalmente arrivata
l'occasione della loro vita, quella che aspettavano da tempo...
Critica:
"In principio fu 'Buena Vista Social Club' (1999) di Wenders. Come 'The Blues Brothers' di Landis resuscitò il blues 'Buena
Vista Social Club' resuscitò la musica di Compay Segundo & Company aprendo la strada a epigoni come il minore 'Musica
cubana' (2005) di German Kral, che scelse una strada meno documentaristica e più fiction. 'Habana Blues', coproduzione tra
Spagna, Cuba e Francia diretta dallo spagnolo Benito Zambrano, è solo fiction con molti momenti musicali. (...) Musica
vibrante e personaggi molto veri. Non manca la critica politica alla Cuba che proibisce i Beatles e non entusiasma più i
giovani attratti dal capitalismo (l'ex moglie di un rockettaro scappa a Miami con prole). O Castro si è distratto (a differenza
che nel telecomandato Comandante di Stone) o è diventato più democratico. Ai posteri l'ardua sentenza." (Francesco Alò, 'Il
Messaggero', 18 novembre 2005)
"Due musici cubani cercano fortuna, mettono a rischio affetti ma poi fanno scelte diverse: sfruttato dalla feccia capitalista uno,
fedele a Fidel Castro l'altro. Non solo c' è bella musica, ma il film dello spagnolo Benito Zambrano dà molte informazioni su
Cuba ('Il paese che vietò i Beatles'), con qualche battuta non casuale: 'Qui sono rimasti solo i musicisti e gli sfigati'. Struttura
classica col concerto finale, divertente, un bel piglio narrativo, caratteri simpatici, vedute non turistiche di uomini, cose e
paesaggi." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 19 novembre 2005)
In Habana Blues, i ragazzi di Cuba - forse figli troppo giovani di un padre, Fidel Castro, troppo vecchio, rispettato e
combattuto tra mille contraddizioni - parlano della musica della loro terra, del desiderio e sogno di restare nell' isola, della
necessità di andar via, anche come clandestini, tra mille pericoli, ribellioni e lacerazioni. A Roma - per discutere un film che,
presentato a Cannes e uscito in Spagna con molto successo, è stato preso dalla Warner Bros per la distribuzione e uscirà
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persino in Usa - ripetono le stesse cose i due giovani protagonisti «fortemente cubani» nella realtà, Alberto Joel e Roberto
Sanmartin, i due musicisti Ruy e Tony della storia. «Occorrono tanti soldi a Cuba - dicono - per avere un passaporto, per
ottenere un permesso d' espatrio per lavoro. Poi oggi altre frontiere, in Spagna, in Francia, si sono chiuse». Li ascolta, spesso
intervenendo, il regista Benito Zambrano, iberico, ma che ha studiato e vissuto a lungo a Cuba e di questa terra si considera
cittadino elettivo. Il film, interamente girato a Cuba e co-prodotto con la Spagna, si vedrà al prossimo Festival dell' Avana
malgrado in diverse sequenze ci siano critiche al regime di Castro. «E' un onore - affermano gli attori e il regista - ma certo
sarà proiettato lontano dai centri clou - aggiungono con una punta d' ironia - Poi qualcuno dirà che il pubblico ha scelto di non
vederlo. Eppure, c' è molto amore per Cuba in ogni personaggio e il film non sta né con Castro né con i cubani "contro" di
Miami. E' uno sguardo musicale, sociale e doloroso su un Paese dove l' economia è allo stremo e la gente vive ormai come in
un limbo, schiacciata da un embargo americano sempre più belligerante mentre tanti cubani se ne vanno da clandestini, come
accade nel film». Il pubblico ha amato il film anche per il sound e perché, dopo il successo di Buena Vista Social Club,
sentiva il bisogno di rinsaldare un legame con la musica cubana. La pellicola rivela tutti i fermenti delle band underground
locali, rock, attente a ogni variazione di ritmo caraibico, all' hip-hop, al reggae, all' heavy metal, soprattutto al rock fusion.
Dice Zambrano: «Spero che Habana Blues generi interrogativi non politicamente estremisti. Tra castrismo e anticastrismo, nel
film c' è chi resta e chi se ne va, ma il copione ci dice anche che l' anima idealista di Cuba non è quella di Portorico». Gli
attori: «Cuba non cerca affari sporchi: si interroga sul suo domani, sull' ala degli Stati Uniti in America Latina sempre più
pesante. Ci chiediamo, con l' attrazione-repulsione che da sempre Cuba ha per gli Usa: per sopravvivere, la nostra isola dovrà
vendere spiagge e antichi palazzi? Chi sarà al governo cercherà di fare affari per i ricchi o per tutti i cubani, per coloro che
non hanno dimenticato i sogni di un socialismo iniziale, durato come un paradiso sino al crollo dell' Unione Sovietica?».
(Giovanna Grassi, Il Corriere della Sera - 19/11/2005)
Con Soy Cuba, Habana Blues forma un casuale ma efficace ‘ieri e oggi” cubano che descrive la traiettoria storico/sociale
compiuta negli ultimi 40 anni dal paese caraibico. Come introduzione è bene chiarire che non siamo dalle parti del
wendersiano e nostalgico Buena Vista Social Club ma in un contesto più affine a quello degli assatanati “commitments”
dublinesi di Alan Parker. Ruy e Tito sono due musicisti, amici per la pelle, che sognano il successo lontano da Cuba.
L’occasione sembra arrivare con l’audizione presso una produttrice spagnola con la quale Ruy, sposato con due figli, ha anche
una relazione sessuale. Le aspettative dei due sono frustrate dall’evidente sfruttamento culturale da parte della producer e,
posti davanti a una scelta che cambierà le loro esistenze, le loro decisioni saranno diametralmente opposte. Nonostante la
connotazione musicale, che rivela grandi fermenti nel mondo delle band giovanili, il film è fortemente ispirato dalle
contraddizioni che animano la Cuba di oggi: da un lato il desiderio di fuga e dall’altro il forte radicamento con il passato. Ruy
e Tito rappresentano in modo perfetto queste tendenze, antitetiche, che i due superano grazie al sentimento dell’amicizia, più
forte di ogni divergenza. (Emiliano Morreale, Film TV - 29/11/2005)
Per Variety è «un’anarchica lettera d’amore a Cuba e alla sua musica elevata a stile di vita». E le Lettere d’amore possono
peccare di ingenuo entusiasmo, ma spesso toccano iL cuore. Sei anni dopo Solas, che nel circuito festivaliero raccolse un
numero impressionante di premi, lo spagnolo Benito Zambrano torna a Cuba, dove si è diplomato in regia, per raccontare La
storia di due giovani musicisti che sognano di diventare famosi e Lasciare L’Avana. L’occasione si presenta con l’incontro di
una coppia di scopritori di talenti spagnoli, decisi a lanciarli in Europa come vittime del regime castrista. Ora ai due amici
tocca fare i conti con l’attaccamento a un Paese che fino a quel momento non avevano dovuto mettere in discussione. La forza
principale di Habana Blues, presente all’ultimo Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, è netta trascinante musica
rock-soul fusion ma i suoi simpatici personaggi sono descritti con occhio attento (il suono è registrato tutto in diretta),
evitando ogni facile folklore. (Claudio Masenza, Ciak - 15/11/2005)
Cuba fonte inesauribile d'ispirazione, suggestioni e luoghi comuni. Pare il suo destino. E, da visitatore o da osservatore, è
difficile non cascarci. Tra orgoglio e miseria, tra bellezza decaduta, incoercibile allegria e conti che non tornano finendo con il
logorare anche amicizie e amori, ecco due ragazzi dell'Avana, bravi musicisti per talento, passione e volontà malgrado gli
infiniti problemi materiali che li assediano, originali musicisti condannati però dall'isolamento del loro paese.
L'occasione storica s'affaccia con l'arrivo di uno staff discografico spagnolo capitanato da una talent scout femmina: tanto
politicamente corretta all'apparenza quanto carica di pregiudizi nella sostanza. Predica bene (rispetto delle identità) ma razzola
male, cominciando col farsi un giretto sessuale con uno dei due. Ma alla fine, dilaniati dalla tentazione di lasciare l'isola e
andare (probabilmente a sputtanarsi) in Spagna e per un momento divisi, i due amici ritrovano solidarietà e dignità
rispondendo di no alla sirena spagnola. Resteranno.
Realizzata certamente con le migliori intenzioni questa commedia agrodolce è una (pur simpatica) minestra riscaldata. Il
regista, che cubano non è, dice che lui non voleva piombare lì e dire ai cubani quello che devono o non devono fare per
rispettare se stessi, ma è proprio quello che ha finito col fare. (Paolo D'Agostini, La Repubblica - 23/11/2005)
In principio fu Buena Vista Social Club (1999) di Wenders. Come The Blues Brothers di Landis resuscitò il blues, Buena
Vista Social Club resuscitò la musica di Compay Segundo & Company aprendo la strada a epigoni come il minore Musica
cubana (2005) di German Kral, che scelse una strada meno documentaristica e più fiction. Habana Blues , coproduzione tra
Spagna, Cuba e Francia diretta dallo spagnolo Benito Zambrano, è solo fiction con molti momenti musicali. Protagonisti sono
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due amiconi rockettari che sognano il contratto con un’etichetta spagnola per scappare da Cuba. Gianni Minà e Oliviero
Diliberto li prenderebbero a schiaffi. Accetteranno compromessi politici, sessuali (splendida scena a letto con la stagionata
manager spagnola) e dovranno decidere se andare via da Cuba vale al punto da svendere il loro paese all’estero. Musica
vibrante e personaggi molto veri. Non manca la critica politica alla Cuba che proibisce i Beatles e non entusiasma più i
giovani attratti dal capitalismo (l’ex moglie di un rockettaro scappa a Miami con prole). O Castro si è distratto (a differenza
che nel telecomandato Comandante di Stone) o è diventato più democratico. Ai posteri l’ardua sentenza. (Francesco Alò, Il
Messaggero - 19/11/2005)
Naturalmente siamo a Cuba, e naturalmente si canta e si suona. I protagonisti, difatti, sono dei veri componenti di un gruppo
rock che aspirano alla celebrità. Sembrano sulla buona strada quando entrano in contatto con loro degli spagnoli che pensano
di farli esibire a Madrid purché, emigrando, si impegnino a dir male del regime castrista. Quei cantanti non hanno fatto mai
politica anche se dei loro parenti sono scappati a Miami e la moglie di uno di loro medita di fare altrettanto per raggiungere la
madre emigrata da un pezzo, però all’idea di lasciare Cuba, con la certezza di non potervi più far ritorno, ci pensano su un po’
e poi, alcuni, rinunciano. Il successo, anche lì, lo raggiungeranno egualmente. La storiella è un po’ facile, con snodi
prevedibili e con un atteggiamento nei confronti della politica a Cuba pronto a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, però
quel rock latino che si fa ascoltare ad ogni svolta, con cantanti o bianchi o di colore indubbiamente molto bravi (sia pure senza
nemmeno sfiorare le vette di Buena Vista Social Club), merita di esser preso in considerazione. Il regista, del resto, che è lo
spagnolo Benito Zambrano, con studi di cinema proprio a Cuba, è riuscito a muoversi tra le pieghe di quell’azione molto
scontata con indubbia disinvoltura. Qua disegnando con acume i personaggi e i loro caratteri, là seguendo le loro evoluzioni (e
le conclusioni cui arrivano) senza cedere troppo al sentimentalismo e alla retorica. Con una asciuttezza di modi, anzi, e con
una sincerità che gli consentono anche di ridarci un ritratto attorno di una Cuba minore, tra povera gente in quartieri poveri,
dove la musica sembra valere molto più del pane; e del companatico. Lo coadiuvano, attenti, tutti gli interpreti, specie quelli
scelti in mezzo a veri gruppi rock. Più in primo piano degli altri, Roberto Sanmartin, un meticcio cui è affidata la parte di
quello che, pur afflitto da problemi familiari, deciderà di non partire, e Alberto Joel García Osorio nel personaggio, bianco di
pelle, che all’inizio, invece, si era fatto tentare dalla proposta di emigrare in vista del successo. Anche quanti però si muovono
di sfondo convincono. Tutti con facce vere. (Gian Luigi Rondi, il Tempo - 23/11/2005)
Amicizia virile, tradimenti, sogni di successo cubano, tramonti da cartolina sul lungomare dell’Avana tra funk, hard rock e
punk: “Habana blues” ha l’energia pulsante e il vigore dell’idealismo giovanile, con l’entusiasmo di piccoli e grandi progetti
che saldano vincoli, ma si arenano nell’impossibilità pratica dell’esecuzione. Tutto già visto ed ascoltato centinaia di volte su
vinile, raccontato con l’ingenua passione di chi prova a dar voce ai ragazzi, tra le ambizioni e l’umiltà della gente comune che
non si rassegna ai compromessi, ai ricatti erotici, continuando a nutrire speranze segrete ed aspirazioni.
Due amici vogliono diventare celebri e conquistare le classifiche internazionali, e superando le questioni familiari preparano
un concerto in un grande teatro per farsi scritturare da due importanti produttori spagnoli. Sono cartoline sotto la pioggia da
Cuba, in una pellicola che si lascia pigramente vedere, sorseggiando doppio rhum e pinacolada, in una jam-session con poco
blues sulla musica che continua a girarci intorno.
Zambiano, che ama il suono della chitarra di Carlos Santana, all’opera seconda dopo “Solas”, conosce il valore della
solidarietà etnica, gli imbarazzi e i disagi nell’instabilità dell’economia sommersa e il desiderio di lasciare un’impronta
nell’universo musicale. Nella freschezza di una storia di fratellanza e complicità ideale, con l’affetto di chi ha visto tutte le
speranze morire per gelosia e ripicca, il film mostra la semplicità nell’assaporare il gusto dell’esistenza. “Habana blues”, che
ha chiuso la sezione “Un certain regard” a Cannes 2005, cerca di raccordare le armonie dei giovani con la storia musicale di
un’isola che sta lentamente smarrendo ritmi e sorrisi; un romanzo popolare d’autore, che riconosce la paternità caraibica dei
battiti moderni e insegna a costruire personali chimere riproducendo sconfitte e delusioni superabili da una primordiale
felicità. Leggero e politico, carico di banali e prevedibili ovvietà, “Habana blues”, è un ritratto in bilico tra tradizione ed ansia
di modernità, nel rigoroso rispetto delle origini sociali, ma con il desiderio fisico di fondere ed integrare esperienze opposte.
(www.fice.it)
Note:
- PRESENTATO IN CONCORSO AL 58MO FESTIVAL DI CANNES (2005) NELLA SEZIONE "UN CERTAIN
REGARD".
-Goya Awards 2006
Won Goya Best Editing: Fernando Pardo
Won Best Original Score: Juan Antonio Leyva, José Luis Garrido, Equis Alfonso, Dayan Abad, Descemer Bueno, Kiki
Ferrer,Kelvis Ochoa
Nominated Goya Best Director: Benito Zambrano
Nominated Goya Best Production Supervision: Ernesto Chao, Eduardo Santana
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