Donne. Per la rinascita morale, civile, culturale ed istituzionale dell

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Donne. Per la rinascita morale, civile, culturale ed istituzionale dell
Donne. Per la rinascita morale, civile, culturale
ed istituzionale dell'Italia. Riprendiamoci la parola
Roma, Conservatorio di Santa Cecilia - 11 marzo 2011
Introduzione di Joëlle Casa, Segretaria nazionale FLC CGIL
In piena celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia sarebbe utile riflettere sul
ruolo svolto dalle donne nella costruzione dell'Italia. Lo faremo in altre sedi. Di
certo con la fondazione dello Stato si apre la questione sociale e la cosiddetta
“questione femminile”: inizia il lungo cammino di emancipazione, frustrato
pesantemente dalla dittatura fascista, fino alla conquista del diritto di voto.
Da qui la narrazione delle donne cambia. La donna acquisisce libertà
individuale e le grandi vittorie degli anni sessanta e settanta sono un esito
conseguente, scritto nella nostra Costituzione.
Il movimento delle donne in Italia ha svolto una operazione veramente
“rivoluzionaria” perché le donne si sono finalmente poste come soggetto
autonomo, libere di decidere della propria vita.
A questo non seguirono sufficienti misure: la società civile italiana non è stata
in grado di recepire fino in fondo la portata di questo cambiamento e oggi,
addirittura, c’è perfino un ritorno indietro. Fare i figli è diventato un fatto
privato. Li fai e non lavori e, comunque, non fai carriera.
Abbiamo così sperimentato che i diritti legali e politici non portano in
automatico e conseguentemente al rispetto morale e al riconoscimento. La loro
relazione sociale e storica è molto più complessa.
Dobbiamo ancora fare i conti con un’educazione dei sentimenti e con una
cultura etica profondamente imbevuta di pregiudizi confessionali che
assegnano alla donna una posizione prevalente nella sfera della famiglia, ma
non in quella socio-politica.
Oggi vogliamo toccare il mondo dei valori e contestare un modello di donna
madre-prostituta che purtroppo sta conoscendo una straordinaria notorietà e
diffusione nella pubblicità dei media. Tuttavia sembra che qualcosa stia
cambiando da quando si è incominciato a costatare che l’accusa di sessismo
danneggia l’immagine dell’impresa che la pratica, con conseguenze negative
sulle sue vendite.
Dobbiamo dire che la legislazione italiana in materia pubblicitaria è molto più
blanda di quella di altri paesi europei e che c’è, soprattutto, una minore
sensibilità delle parti in causa, dei committenti e dei pubblicitari che dicono di
seguire il volere dei clienti. Eppure il codice di autodisciplina della pubblicità in
Italia afferma che bisogna “Rispettare la dignità delle persone in tutte le sue
forme ed espressioni ed evitare ogni forma di discriminazione.
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Certo, la pubblicità non crea nulla di nuovo ma rispecchia la società alla quale
si rivolge. In Italia, l’uomo sembra avere un unico pensiero, un’ossessione e la
pubblicità gioca sui doppi sensi che fanno sorridere per la pochezza e la
rozzezza e fanno male nello stesso tempo.
Auguri di buone feste da ragazze vestite da babbo natale che dicono: “Noi ve la
diamo anche a noleggio”, per noleggi di veicoli commerciali, auto e furgoni.
“Fidati te la do gratis” per una montatura di occhiali.
“Se non ve la siete fatta d’estate fatevela d’inverno” per macchine BMW e
MERCEDES, una pubblicità solo per l’Italia.
E perfino cose peggiori e irripetibili.
Domandiamoci perché in Italia questo è possibile.
E che dire della pubblicità per le sedi staccate dell’Università di Bologna. Ogni
città è rappresentata da una ragazza con scritto su “molto petto” Cesena,
Rimini, Forlì, Ravenna. Si suppone che i ragazzi sceglieranno le sedi non per la
specializzazione ma seguendo altri criteri la mora, la bionda e così via ma
viene anche da chiedersi come sceglieranno le ragazze…Forse le ragazze non
dovrebbero andare all’Università e nessuno si è posto la domanda!
O donne puttane quindi o donne casalinghe, madri o sante, antichi canoni che
il femminismo degli anni sessanta aveva cercato di cancellare:
“Né puttane né madonne. Solo donne” si gridava allora e oggi dopo il caso
Ruby non si può negare che esista una problematica femminile tutta da
analizzare e di cui si debba discutere.
Siamo ben oltre lo stereotipo della modella sdraiata sul cofano di una macchina
sportiva.
Questa immagine della donna è molto offensiva per le donne come per gli
uomini perché il genere femminile viene rappresentato come un esercito di
prostitute, le quali normalmente la darebbero a pagamento e gli uomini come
un esercito di utilizzatori finali, i quali farebbero fatica a procurarsi prestazioni
sessuali non a pagamento.
Da questo tipo di messaggio dovrebbero quindi sentirsi tutti offesi, uomini e
donne. Eppure non abbastanza voci si levano, da entrambi le parti, per
protestare.
Mancanza di etica pubblica? Un silenzio dovuto ad una sottovalutazione?
Indifferenza?
Copertura e complicità della classe dirigente italiana? Della Chiesa?
A queste domande bisognerà trovare delle risposte per cambiare.
La società non può più far finta di niente e la società siamo noi.
Non si tratta quindi solo di dignità delle donne, di tutte le donne, ma di dignità
maschile, di tutti gli uomini. Anzi, data la superiorità di presenza degli uomini
nei posti di comando, direi che la questione riguarda prima di tutto gli uomini, i
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loro comportamenti e il modo di trasmissione dell’immagine delle donne
dell’establishment.
Si è confusa la libertà sessuale con il libertinismo e ovviamente la prostituzione
non è libertà sessuale e non ha niente da che vedere con il 68. La libertà non è
sudditanza, non è dipendenza dal papi di turno.
La “vera” libertà economica è quella che viene dal lavoro perché il lavoro ti dà
dignità e ti libera socialmente.
Ma nel nostro paese la povertà cresce e le donne non trovano lavoro mentre
tutti hanno diritto ad un lavoro, donne e uomini. Lo dice la nostra Costituzione.
Secondo l’ISTAT la disoccupazione giovanile raggiunge in Italia il 29,4%. Un
giovane su 3 è disoccupato e per le donne una su 2.
Noi siamo convinti come sindacato della Conoscenza che solo la cultura ci
salverà, e non il denaro, ed è per questo che difendiamo il diritto allo studio
per tutti e l’istruzione pubblica, perché con la conoscenza cresce la
consapevolezza di sé e del mondo, la coscienza della dignità umana e dei
propri diritti, il desiderio di autodeterminazione. La libertà.
Dai giornali e dalla televisione invece emergono uomini al potere con la
generosità del monarca/padrone e, in generale, una pressante richiesta di
sesso “disimpegnato” del genere maschile in una società povera, attratta dal
denaro.
Ma gli uomini italiani sono veramente così? Non lo crediamo. Per questo
chiediamo loro e diciamo loro, ribellatevi anche voi a Berlusconi e alla sua
orgia di Stato.
Scendete anche voi nelle piazze, al nostro fianco, per dire basta.
E queste donne sono davvero, normalmente consapevoli delle conseguenze di
questa scelta? Non lo crediamo.
Abbiamo a che fare con una sofferenza esistenziale e mentale quotidiana delle
donne, legata ad un cambiamento sociale e legislativo di arretramento, alla
mancanza di sostegno e mezzi per la partecipazione attiva alla vita del nostro
paese, al mondo del lavoro, alle responsabilità imprenditoriali ed istituzionali.
Non starò a leggervi i dati perché sappiamo tutti che si tenta di relegarla ai
margini della società, e in parte lo è, e che siamo in fondo alla classifica
europea. Questo è.
Trent’anni fa le donne si deprimevano sul senso di colpa oggi è sul senso di
vuoto, sulla noia, sulla solitudine nelle troppe responsabilità da affrontare, una
vera trasformazione psicopatologica.
Non c’è nessun paese europeo in cui la rappresentanza del corpo della donna
sia così degenerata, e l’Italia appare agli occhi del mondo come una società
spaccata a metà tra indignazione e indulgenza, l’immagine di un problema
culturale forte tra uomini e donne.
La frequenza e la ripetitività di queste pubblicità fanno dell’Italia un caso di
studio per i messaggi ai quali siamo costantemente sottoposti.
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Allora diciamolo in modo chiaro oggi, e ovunque domani, che un vecchio che
sta con una giovane donna non è una cosa normale, ed io su questo da donna,
da madre e da docente mi voglio indignare, perché è chiaro che quest’uomo
usa il suo potere economico.
Inoltre, chi rappresenta le istituzioni ha il dovere di comportarsi in modo
dignitoso e ha il dovere di rispettare gli altri, uomini o donne che siano.
Diciamo ancora che il mondo dello spettacolo e della cultura non è solo quello
che ci presentano i rotocalchi. E’ un mondo di lavoro onesto e di fatiche. E’ un
mondo che come quello della Conoscenza sta soffrendo di privazioni e di
indifferenza inferte giorno dopo giorno, metodicamente, da questo governo. E’
un mondo anche esso fatto di resistenza, che cerca di sopravvivere con dignità
a questa catastrofe culturale che colpisce duramente e drammaticamente il
nostro paese.
Abbracciamo la cultura perché abbracciare la cultura significa aiutare il nostro
paese a risorgere, aiutare tutti noi, aiutare l’Italia, un patrimonio culturale che
appartiene all’umanità.
Ma indignarsi non basta, bisogna partecipare e lavorare per cambiare le cose
nella realtà quotidiana.
Dobbiamo recuperare un punto di vista femminile differente che faccia della
libertà un segno distintivo di emancipazione morale e rispetto e non di
manipolazione e corruzione.
La situazione in Italia è molto grave, e non è allarmismo, perché su essa pesa
una cultura diffusa che resiste alla critica radicale dei costumi.
Le donne non devono più stare in disparte e devono trovare la forza di
ribellarsi e avere la volontà di prendere in mano anche il loro destino, sociale e
morale.
Devono pretendere rispetto, volere autonomia e una carriera costruita senza
“dover vendere il proprio corpo”.
Dopo tutte le iniziative di questi ultimi tempi, dopo le nostre raccolte di firme,
quelle della FLC CGIL sono arrivate a quasi 1700 firme, dopo questo risveglio
tanto atteso, il giorno dopo non può, e non deve, essere uguale a prima.
La nostra è una rivolta etica e non moralistica come vogliono far credere.
Vogliamo affermare la dignità delle istituzioni, delle donne in quanto cittadine,
andare oltre l’opposizione politica per diventare opposizione etica.
Solo così potremmo cambiare la nostra società e avere un parlamento con
meno corrotti. Abbiamo bisogno di più presenze al femminile nei ruoli
istituzionali.
Dopo trent’anni di TV spazzatura, di pubblicità regresso con donne
possibilmente suddite, raramente colleghe, ma sempre e comunque in una
posizione subordinata, mai autonome o libere, la vera emancipazione non è
avvenuta.
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Il berlusconismo mette in scena le miserie di un modello di virilità che colpisce
non solo la dignità delle donne ma, per primo, quella degli uomini ed essi
dovrebbero riflettere sulle loro responsabilità e complicità rispetto a quel
modello perché molti di loro preferiscono non vedere il problema.
Non esistono le donne “permale” e quelle “perbene”, il femminismo lotta da
sempre contro questa contrapposizione e non dobbiamo ridurre la vicenda a
comportamenti immorali e da condannare.
Dietro la donna “oggetto” c’è la tragedia della precarietà che colpisce
maggiormente le donne, c’è il mercato del sesso con il sostegno delle madri e
dei padri, un degrado familiare che non esiste in nessuna altra parte del mondo
civilizzato; è inaudito che si manifesti in Italia, patria della sacra famiglia, del
presepe, sede del Vaticano e in cui la chiesa ha sempre partecipato
attivamente alla vita politica e sociale del paese. Ci sono dei silenzi assordanti.
A questo aggiungiamo altre costrizioni ambientali e sociali che spingono le
donne a vendersi, un consumismo spietato e selvaggio che da soggetto rende
la donna “oggetto”, lo ha detto il Presidente della Repubblica, c’è il disincanto
di una generazione di giovani donne che non possono permettersi di fare le
brave madri.
Una nazione implica una comunanza e una condivisione, una presa di
responsabilità collettiva che in Italia non c’è a sufficienza.
Oggi noi vogliamo prendere coscienza della necessità di un nuovo Risorgimento
per l’Italia “Se non ora quando?”.
Ma attenzione non vogliamo essere prese e usate solo quando c’è bisogno di
rafforzare la nazione.
Lavorare per la rinascita di questo paese significa, per le donne di oggi,
riappropriarsi di un simbolico femminile che è sempre stato decretato da altri.
In questo momento e in questo paese, ci sentiamo simbolicamente travisate
nell’immagine che i media danno di noi.
La società deve capire che non può esserci una democrazia compiuta senza la
libertà femminile sinonimo di autodeterminazione, donne viste non come un
accessorio, adoranti o subdole, ma secondo un modo alto di intendere la
politica, ed è per questo che abbiamo bisogno di coalizzare diversi soggetti,
non solo le donne.
Abbiamo bisogno di riaprire una grande stagione unitaria trasversale di tutte le
donne e di tutti gli uomini, ma per avere successo questa deve rimanere una
battaglia di genere e devono essere le donne a guidarla. Dobbiamo finalmente
praticare l’autodeterminazione.
Quindi unità e trasversalità per cambiare l’Italia e devono essere le donne,
prima di tutto, a volerla cambiare perché sono loro che devono promuovere e
produrre il cambiamento.
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Ci vuole un’altra Italia ed una rinascita simbolica di un’altra Italia.
Oggi il mondo ride di noi e le donne devono spingere il nostro paese a riaprirsi
al mondo.
Abbiamo bisogno di una nazione più giusta e più egualitaria, per tutti.
Parafrasando Ennio Flaiano vi dico
“Non chiedetemi dove andremmo a finire perché ci siamo già”.
È dunque l’ora di agire e reagire. Non c’è più tempo.
Voglio chiudere sulla speranza perché qualcosa sta cambiando e non dobbiamo
commettere gli errori degli anni sessanta.
Facciamo un patto generazionale e viviamo la nostra diversità di donna nella
società, partecipando e pretendendo, non confrontandoci tra sole donne ma
insieme ai nostri uomini, coinvolgendoli, e cominciando a trasformare la società
nella quale realizzare i nostri desideri, tra figli e lavoro, giovani e meno
giovani, madri e figli, eterosessuali ed omosessuali.
Dobbiamo dire alle nostre figlie che niente è acquisito per sempre. Bisogna
difendere le conquiste delle generazioni precedenti e portarne avanti altre.
Dobbiamo partecipare attivamente e con le nostre azioni far risorgere l’Italia
vera, quella nostra, di Nilde Iotti, Maria Montessori, Rita Levi Montalcini e
anche quella di Felicia Impastato, la mamma dell'indimenticato Peppino.
Parlo dell’’Italia delle nostre ospiti di oggi perché non siano più delle eccezioni
ma sempre di più parte della nostra quotidianità.
Una Italia che sta finalmente a pieno titolo in Europa, da protagonista, senza
ombre e senza vergogna.
Grazie a Ivana
A Michela
A Lidia
A Elena
A Titti
Ad Anna
Grazie di aver accettato di conversare insieme a noi su questi temi.
Grazie a Domenico Pantaleo senza il quale tutto questo non sarebbe stato
possibile.
Riprendiamoci la parola per la rinascita morale, civile, culturale ed istituzionale
del nostro paese.
Buona conversazione a tutte e a tutti.
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