Incontro per l`unità dei cristiani e la pace nel mondo

Transcript

Incontro per l`unità dei cristiani e la pace nel mondo
Diocesi di Caserta – Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso
«Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9)
Incontro per l’unità dei cristiani e la pace nel mondo
Caserta, 18 gennaio ore 11-13
Liceo classico e scientifico – Istituto Salesiano (Via Roma, 73)
Interverranno:
•
•
•
•
•
•
Mons. Pietro Farina, Vescovo di Caserta
Rappresentanti della Chiesa ortodossa
Rappresentanti delle Chiese evangeliche e pentecostali
Rappresentante della comunità ebraica
Rappresentante della comunità islamica
Rappresentante della comunità Bahai
BEATI GLI OPERATORI DI PACE
di Edoardo Scognamiglio
Il Messaggio di Benedetto XVI per la celebrazione della 46ª Giornata
mondiale della pace s’ispira alle parole di Gesù – «Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9) – e diventa un’occasione di grande
riflessione per fare il punto della situazione sulla crisi che avvolge il nostro
Occidente e per favorire una svolta positiva, il superamento della crisi stessa. Ciò
è possibile nel momento in cui diveniamo capaci di riscoprire e attuare la
dimensione trascendente della vita, del nostro essere persona, del lavoro, dei
rapporti sociali, delle stesse attività economiche e finanziarie. La pace – dono
messianico di Dio, promessa delle Beatitudini, e compito dell’uomo che cerca e
pratica la via della giustizia – corrisponde a un principio morale fondamentale,
ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo integrale, sociale, comunitario. Perché
l’etica della pace è l’etica della comunione e della condivisione.
Ispirandosi all’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII (11 aprile 1963),
di cui ricorrerà tra pochi mesi il cinquantesimo anniversario della sua
pubblicazione, Ratzinger mette in evidenza lo stretto rapporto tra la verità, la
libertà, l’amore e la giustizia per la costruzione di una convivenza pacifica a ogni
livello: locale e internazionale. La pace non deve più apparire come un sogno o
un’utopia, bensì come un bene di possibile realizzazione: la Beatitudine è sempre
una promessa che si realizza, un vangelo, una buona notizia che cambia il corso
della storia.
L’operatore di pace, scrive Ratzinger al n. 3 del suo Messaggio, «è colui che
ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani».
Gli operatori di pace amano, difendono e promuovono la vita nella sua
integralità. Nella difesa dei diritti fondamentali, condizione indispensabile per
favorire la pace, Ratzinger pone il diritto alla libertà religiosa come diritto di
testimoniare la propria fede e di annunciare e comunicare il suo insegnamento
(cf. n. 4) e il diritto al lavoro che è oggi molto minacciato in quanto è considerato
una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari.
La pace si potrà costruire nella misura in cui sarà favorito un nuovo modello di
sviluppo e di economia (integrale, solidale e sostenibile) dove ogni uomo si può
esprimere al meglio di sé, completamente, nella sua dimensione trascendente,
personale e sociale. Si può uscire dalla crisi finanziaria ed economica solamente
promuovendo la vita e favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla
crisi, un’occasione di discernimento e della massimizzazione del profitto e del
consumo. Nell’attività economica, l’operatore di pace instaura con i collaboratori
e i colleghi, con i committenti e gli utenti, rapporti di lealtà e di reciprocità. Si
deve, in altri termini, esercitare l’attività economica per il bene comune e non
solo per un profitto fine a se stesso. Ci si trova, così, a lavorare non solo per sé,
ma anche per dare agli altri un futuro e un lavoro dignitoso.
Il ruolo della famiglia e delle istituzioni civili è fondamentale nella pedagogia
della pace. Educare, infatti, alla cultura di pace, significa fare del dialogo, del
perdono e dell’amicizia il nostro stile di vita. Occorre diffondere la pedagogia del
perdono: il male si vince con il bene, e la giustizia va ricercando imitando Dio
Padre che ama tutti i suoi figli (cf. Mt 5,21-48). C’è una falsa pace che oscura i
valori della vera pace e che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta
verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta
nell’indifferenza. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione,
compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza. È Gesù a incarnare questi
atteggiamenti nella sua esistenza fino al dono totale di sé, fino a perdere la vita
(cf. Mt 10,39; Lc 17,33; Gv 12,25). Bisogna, quindi, dire “no” alla vendetta e
iniziare a perdonare.
Siamo convinti che la pedagogia della pace passi per la formazione al dialogo
e alla stessa pedagogia del dialogo.
Nel Discorso di Benedetto XVI in occasione degli auguri natalizi rivolti alla
Curia romana (il 21 dicembre 2012), si è affermato esplicitamente che «nella
situazione attuale dell’umanità, il dialogo delle religioni è una condizione
necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani come pure
per le altre comunità religiose. Questo dialogo delle religioni ha diverse
dimensioni. Esso sarà innanzitutto semplicemente un dialogo della vita, un
dialogo della condivisione pratica. In esso non si parlerà dei grandi temi della
fede – se Dio sia trinitario o come sia da intendere l’ispirazione delle Sacre
Scritture ecc. Si tratta dei problemi concreti della convivenza e della
responsabilità comune per la società, per lo Stato, per l’umanità. In ciò bisogna
imparare ad accettare l’altro nel suo essere e pensare in modo diverso. A questo
scopo è necessario fare della responsabilità comune per la giustizia e per la pace
il criterio di fondo del colloquio. Un dialogo in cui si tratta di pace e di giustizia
diventa da sé, al di là di ciò che è semplicemente pragmatico, una lotta etica circa
la verità e circa l’essere umano; un dialogo circa le valutazioni che sono
presupposte al tutto. Così il dialogo, in un primo momento meramente pratico,
diventa tuttavia anche una lotta per il giusto modo di essere persona umana.
Anche se le scelte di fondo non sono come tali in discussione, gli sforzi intorno a
una questione concreta diventano un processo in cui, mediante l’ascolto
dell’altro, ambedue le parti possono trovare purificazione e arricchimento. Così
questi sforzi possono avere anche il significato di passi comuni verso l’unica
verità, senza che le scelte di fondo vengano cambiate. Se ambedue le parti
muovono da un’ermeneutica di giustizia e di pace, la differenza di fondo non
scomparirà, crescerà tuttavia anche una vicinanza più profonda tra loro».