Le piroclastiti o pozzolane: un vetro vulcanico per le malte

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Le piroclastiti o pozzolane: un vetro vulcanico per le malte
FORUM
ITALIANO
CALCE
News
‐
1/09
‐
Febbraio
2009
Newsletter dell’Associazione Forum Italiano Calce ‐ www.forumcalce.it – [email protected] Le
piroclastiti
o
pozzolane:
un
vetro
vulcanico
per
le
malte
idrauliche
Testo di M. Antonietta De Paola, Beatrice De Rosa Le piroclastiti sono rocce di origine vulcanica, messe in posto a seguito di eruzioni violente di magmi, con la conseguente tempra del magma fuso e la liberazione esplosiva di gas compressi che danno origine ad una microstruttura vetrosa estremamente porosa con un’alta superficie specifica. Si tratta di rocce vetrose estremamente instabili sotto il profilo termodinamico, in quanto il processo di tempra ha impedito la formazione delle fasi cristalline stabili corrispondenti alla specifica composizione chimica del magma. Le piroclastiti sono, per composizione e microstruttura, in grado di reagire con la calce in presenza di acqua e a temperatura ordinaria, formando prodotti dotati di azione legante di tipo idraulico che in edilizia e architettura sono comunemente noti come ‘pozzolane’. E’ necessario specificare che la pozzolana da sola, anche finemente macinata , non indurisce al contatto con l’acqua: essa non è quindi un legante idraulico. Viceversa la pozzolana fa presa e indurisce solo in presenza di calce, e questo comportamento, dovuto ad un complesso di interazioni pozzolana, calce e acqua, è denominato ‘attività pozzolanica’. La
pozzolana
e
i
Romani
L'uso della pozzolana nelle costruzioni è molto antico. I Romani fecero un largo uso della pozzolana per quelle opere che esigevano Contenuto
Le
piroclastiti
o
pozzolane:
un
vetro
vulcanico
per
le
malte
idrauliche
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Le
Fornaci
di
Ispra
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Lavare
i
fumi
con
succo
di
lime?
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Salone
del
Restauro
2009
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Contatti
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Nota
Informativa
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Le
Foto
dei
Lettori
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solidità e nei lavori idraulici di grande importanza, come gli acquedotti, i moli e le gittate nel mare. La calce idraulica, a giudicare dal silenzio dei trattatisti su tale argomento, era loro del tutto ignota, quanto almeno nelle sue proprietà; consapevoli che malte di calce e sabbia non fanno mai presa nell’acqua, i Romani adoperavano moltissimo la pozzolana o in alternativa i laterizi pesti. Un noto esempio di uso di malte a pozzolane è quello della costruzione delle "pilae" del porto di Pozzuoli, grossi pilastri con fondamenta a mare su cui si impostavano archi imponenti, noto come molo Caligolano. Il nome deriva dalla nota leggenda sulla predizione che Caligola sarebbe divenuto imperatore solo se riuscito ad attraversare a cavallo il golfo di Pozzuoli. Caligola allora fece costruire il molo che prese il suo nome e cavalcò sulle acque verso Baia. Vitruvio a proposito delle pozzolane ci dice: “Si trasse nei dintorni di Baia e dei campi municipi situati alle falde del Vesuvio , una generazione di polvere che produce effetti stupefacenti, mescolata con calce e con pietruzze, essa ha non solo il vantaggio di procacciare agli edifizi FORUM ITALIANO CALCE News - 1/09 - Febbraio 2009
Grassello di calce, sabbia e pozzolana in rapporto di 1:2:2 per una malta idraulica Preparazione manuale di una malte idraulica a calce, sabbia e pozzolana durante un corso del Forum ordinari una grande solidità , ma ha inoltre la proprietà di comporre delle murature che si induriscono nell’acqua ; il gran numero di terre e di fontane cocenti, le quali denunciano un considerevole fuoco sotterraneo, cagionato dall’infiammazione dello zolfo , dall’allume o dal bitume , possono spiegare quella proprietà. Così il vapore del fuoco e della fiamma attraversando di continuo gli strati terrestri , li rende leggeri , e forma un tufo arido e senza umidità ; di tal che codeste tre materie ( la calce , le pietre e la pozzolana) modificate dalla violenza del fuoco , se si mescolano insieme ,formano corpo se vi si aggiunge dell’acqua. La miscela acquista in poco di tempo , per l’umidità che riceve, una così grande durezza, che ne’ il movimento delle onde, ne’ l’azione delle acque volgono a distruggerla” Pozzolane
in
Italia
I maggiori depositi di piroclastiti italiani si trovano nella Campagna Romana e nei Campi Flegrei. Le pozzolane della Campagna Romana si possono considerare come dei tufi granulari basaltici , leuciti, incoerenti. Sono costituiti da una massa fondamentalmente amorfa, vetrosa, della natura della lava fondamentale del vulcano laziale, cioè una leucite, in cui sono disseminati numerosi inclusi di svariata natura costituiti principalmente da leuciti e da pirosseni. L’alterazione dei leuciti produce spesso delle zeoliti, a volte dei feldspati (di origine secondaria delle leuciti) arrivando in ultimo alla caolinizzazione ; dai pirosseni derivano vari materiali ferrosi che colorano differentemente la massa (pozzolana rossa e pozzolana nera o scura). La serie di tufi quaternaria si deposero su terre e bassifondi salmastri o di acqua dolce della fine del Pliocene da cui il mare si era già ritirato. La serie statigrafica laziale , di cui le pozzolane fanno parte , può essere rappresentata nella sua generalità come segue: tufo granuloso, tufo litoide con pozzolana nera (superiore inferiore e intercolata), conglomerato giallo, pozzolana rossa , tufo granulare. La serie in realtà più varia e disordinata è quella in cui le pozzolane rosse stanno sopra ad altre grigie o scure. Un terzo e più recente strato costituisce le pozzolanelle. Le pozzolane provenienti dal sistema vulcanico Stabbiano sono diverse e indipendenti dalle precedenti. Sono sempre scure e si presentano in uno stato coerente , sono costituite da tufi pumicei che debbono essere polverizzati meccanicamente per poterli usare . Le pozzolane di origine laziale si trovano prevalentemente ad est e a sud di Roma, sulla sinistra del Tevere, mentre quelle di origine Stabiana si trovano a nord di Roma. Le pozzolane Fregee ebbero origine nel Quaternario e deposero su una piattaforma di tufo giallo compatto , frutto di un’attività vulcanica sottomarina avvenuta nel Quaternario , tra le più antiche formazioni rachitiche abbiamo quella di Cuma e di Monte di Procida. Su questa piattaforma sollevata , posteriori e più limitate eruzioni attraverso gli 2
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antichi camini o in nuove squarciature nella compagine dei tufi gialli si depositarono nuovi prodotti frammentari , incoerenti (tufi sciolti e pozzolane) che determinarono i sistemi dei crateri a recinto , di forma amplia e depressa. Le pozzolane flegree sono un impasto di lapilli di dimensioni variabili , con cristalli isolati di feldspati ( sanidino principalmente, labradorite, bitownite) , di pirosseni (augite), mica (biotite), oltre ad apatite e magnetite titanifera. La massa è prevalentemente grigio chiaro , a volte un po’ gialliccia; questa tinta si può modificare per la presenza di pomici bianche e di lapilli grigi . Le pozzonale del Viture
vi sono altre pozzolane caratterizzate dalla presenza di haujna. Si trovano in altre regioni della penisola numerosi depositi originati da trasporti calcico di materiale vulcanico (anche a grandi distanze) a cui seguirono spesso rimaneggiamenti alluvionali con alti materiali ; il loro valore tecnico , molto variabile è inferiore a quello delle vere pozzolane laziali e flegree. All’estero, materiali con le analoghe proprietà delle pozzolane italiane si rinvengono in parecchie località, i più noti sono i ‘trass’ della Renaria (nella Germania del sud), che hanno consistenza tufacea e vengono macinati per l’uso e il ‘santorino’ che si trova nell’omonima isola delle Cicladi. Come
valutare
l’azione
idraulica
di
pozzolana?
Da sempre le migliori pozzolane sono considerate le piroclastiti dei campi flegrei, commercialmente note come pozzolana di Bacoli, di colore giallo‐grigiastro. Ma la zona di origine e il colore non sono elementi sufficienti per valutare la qualità di una pozzolana. Anche la composizione chimica, se pur importante, non può essere da sola utile per giudicare il valore tecnico di una pozzolana, in quanto materiali pozzolanici a chimismo simili possono avere valori tecnici (pozzolanicità) differenti. Luis Vicat agli inizi del ottocento istituì un saggio di pozzolanicità, che consisteva nel titolare una soluzione di calce prima e dopo che è stata a contatto per un certo tempo con un dato peso di pozzolana. Ammettendo che la reattività di una pozzolana rispetto alla calce sia in rapporto col suo comportamento rispetto agli acidi e alle basi, Rivot intorno al 1850 propose un saggio che consiste nell’attaccarla con acido nitrico in determinate condizioni e successivamente con soluzioni di KOH, determinando il residuo risultante dalla differenza tra i due attacchi e la composizione delle porzioni passate in soluzione. Attualmente, i test più utilizzati e considerati efficaci per valutare l’attività pozzolana di un materiale sono quello di J. Chapelle risalente al 1958 e da Fratini (noto come saggio Rio‐Fratini) , quest’ultimo con alcune modifiche è adottato in ambito nazionale e europeo nella norma UNI EN 196‐5:2005. Le
fornaci
di
calce
di
Ispra
Se capitate dalle parti di Ispra, sonnolento paesino sulla sponda lombarda del lago Maggiore, fate una sosta per visitare le sue antiche fornaci. Non ve ne pentirete. Lo sfruttamento della roccia della zona per la produzione di calce ha origini antiche. Secondo testimonianze degli annali della Fabbrica del Duomo di Milano, erano attive già alla fine del 1300. L’area presentava, in effetti, le caratteristiche ottimali per questo tipo di attività. Numerosi affioramenti calcarei, in molti casi direttamente sulla costa, costituivano un’eccellente fonte di approvvigionamento della materia prima da lavorare. I numerosi boschi, poi, erano sfruttati per ricavare il combustibile per la cottura. La vicinanza al lago, ed al fiume Ticino, infine, permetteva il facile trasporto del materiale lavorato su chiatte apposite verso i mercati di smercio. In principio l’attività fu di tipo stagionale, parte integrante nella ciclicità delle produzioni agricole, alle quali forniva la preziosa calce viva, utilizzata come “correttivo” dei terreni. Le tecniche di lavorazione subirono un’evoluzione, affinandosi nel corso dei secoli. Dapprima, nel Medioevo, i forni non erano altro 3
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che vere e proprie fosse rivestite in pietra, nelle quali erano disposti il combustibile e le rocce calcaree. L’avvento della rivoluzione industriale oltremanica portò innovazioni pure su questa sponda del lago Maggiore. Durante il diciottesimo secolo, infatti, fu decisamente perfezionata una nuova tecnica, chiamata del “forno a imbuto”. Iniziò così la costruzione di ciminiere di altezza variabile, dai dieci ai quindici metri. Alla base, questa nuova tipologia di fornace misurava cinque metri di diametro. Il principio di funzionamento era tuttavia relativamente semplice, derivando in qualche maniera dalle vecchie fornaci in fossa. Il caricamento delle pietre avveniva dall’alto attraverso apposite aperture, mentre alla base del camino si trovava il fuoco. L’immane calore prodotto permetteva così la calcinazione della pietra in tempi relativamente brevi. Le fornaci divennero a ciclo continuo, ed il lavoro a tempo pieno, dando vita ad una classe di operai ed artigiani altamente specializzati. Nell’Ottocento, l’introduzione della ferrovia fece il resto. La fama di Ispra superò i confini lombardi, e le ditte che lavoravano la calce erano già una decina. I forni, accesi ventiquattro ore al giorno, erano posizionati a ridosso della riva del lago, ed il materiale caricato su grandi barconi. Le Fornaci, malgrado la significativa quota nell’economia della zona, diventarono antieconomiche, sopraffatte da moderni e “mostruosi” impianti industriali. La parola “fine” a questo tipo di attività si ebbe alla fine del 1960, con la definitiva chiusura della fornace Butti. Oggi, di quel passato operoso non rimangono che i resti, in alcuni casi fatiscenti, delle fornaci crollate sotto il peso impietoso degli anni o per mano dell’uomo. Alcuni forni sono stati trasformati in residenze private, rendendone difficile (ma non impossibile) la visita. Per chi giunge ad Ispra la prima volta, non sempre è semplice raggiungere il lago, poiché grandi giardini lo separano dal centro abitato. Comunque è davvero difficile smarrirsi, date le ridotte dimensioni del comune. Come accennato in precedenza, molte delle aree sulle quali sorgevano gli impianti per la lavorazione della calce, sono state acquistate da privati, compresi i moli degli antichi porticcioli. Questo costringe il visitatore ad abbandonare la strada del lago, continuando la passeggiata dietro ville private. Un breve tragitto conduce al promontorio detto “Monte dei Nassi”, per poi ridiscendere verso il golfo delle Fornaci. Proprio a pelo d’acqua, sono sopravvissute due fornaci in discreto stato di conservazione, meritevoli di visita. Durante alcuni periodi dell’anno, in passato, sono state organizzate diverse visite guidate alle Fornaci, come patrimonio storico di archeologia industriale. 4
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utilizzata indiscriminatamente in ogni situazione e in qualsivoglia intervento. Rafforzando il principio secondo cui le calci non sono tutte uguali e ogni restauro necessita di prodotti adeguati, spesso realizzati ad hoc. Lavare
i
fumi
con
succo
di
lime?
In un quotidiano di recente pubblicazione si parlava di «fumi acidi di un inceneritore lavati con un cocktail di acqua e lime, saporito frutto esotico». Ovviamente, i fumi acidi sono stati ‘lavati’ con una sospensione acquosa di calce. In inglese lime
(o
quicklime)
è ossido di calcio;
la calce idrata (idrossido di calcio) è slaked
lime; la calce idraulica è hydraulic lime; il latte di calce,
lime
milk;
l' acqua di calce, limewater, ecc. E’ importante predisporre un thesaurus dei termini inglesi riferiti alla calce: la stretta collaborazione tra Forum Italiano Calce e Building Limes Forum, faciliterà questa operazione. Salone
del
Restauro
2009
Il Forum Italiano Calce partecipa al Salone del Restauro di Ferrara 2009. Avremo uno stand nostro dove incontrarci, ricevere e scambiare materiale informativo. Durante la fiera il Forum organizza un convegno/tavola rotonda con tema: 'Quale
Calce?
Per
quale
Restauro?'
Un’occasione per riflettere e dibattere sull’esigenza di individuare, per ogni restauro, la calce (malte, intonaci, tinte ecc.) più idonea e compatibile al manufatto da restaurare. Rifiutando la prassi che una certa tipologia di calce (e un determinato prodotto) possa venire Appuntamento dunque è al Salone del Restauro di Ferrara dal 25 al 28 marzo 2009 e nella stessa sede, sabato 28 marzo ore 11.00, per il Convegno. 'Quale Calce? Per quale Restauro?'
Tutte le info su www.forumcalce.it e /o contattandoci via mail al [email protected] Contatti
Forum Italiano Calce Via Tosarelli, 3 ‐ 40128 Bologna Tel. 327.5328288 Fax: 051.364309 Mail: [email protected] Web: www.forumcalce.it Nota
Informativa
Questa Newsletter è basata sui contributi volontari dei partecipanti, non è finanziata da esterni e non è un periodico. Qualunque testo vi appaia non ha alcun tipo di cadenza predeterminata ne predeterminabile. Non è una testata giornalistica e non esiste editore. 5
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Foto
dei
Lettori
I visitatori del sito e lettori della nostra Newsletter sono invitati ad spedirci fotografie riguardanti il mondo della calce. La redazione selezionerà le più significative che verranno pubblicate. In questo numero ‘Tramonto di calce a Locorotondo’, inviata/condivisa da Piero Ruggero attraverso il sito Flickr dove il Forum Calce è presente con un album di foto. Tramonto in calce a Locorotondo 6