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SENTIREASCOLTARE
digital magazine APRILE N. 42
Hercules And Love Affair
Flight Of The Conchords
E così (il pop?) sia
PORTISHEAD
Anton Webern
Sebastien tellier
Steven R. Smith
NEPTUNE
Radical Matters
Cesare Basile
Gavin bryars
misOphone
Paris jungle
fuoco dalle banlieu
4 News
6 Turn on
D i r e t to r e
Edoardo Bridda
C o o r d i n a m e n to
Teresa Greco
Consulenti
a l l a r e da z i o n e
Daniele Follero
Stefano Solventi
Hercules And Love Affair, Flight Of The Conchords, Cesare Basile...
16 TUNE IN
Radical Matters, Neptune
26 Drop out
Paris jungle, E così (il pop?) sia-BAUSTELLE, PORTISHEAD
48 recensioni
Black keys, Brian jonestown massacre, cristina dona’, portishead, tindersticks...
94 We Are Demo
96 rearview mirror
breeders, Beck, Eddie bo, The August Darnell Years, Anthology Of Noise & Electronic Music
106 LA SERA DELLA PRIMA
Il petroliere, Il futuro non è scritto, Sweeney Todd
S ta f f
Gaspare Caliri
Nicolas Campagnari
Antonello Comunale
Antonio Puglia
Hanno
c o l l a b o r ato
Gianni Avella, Davide Brace, Paolo Bassotti, Filippo
Bordignon, Marco Braggion, Marco Canepari, Manfredi
Lamartina, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea
Provinciali, Italo Rizzo, Vincenzo Santarcangelo,
Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco
G u i da
s p i r i t ua l e
Adriano Trauber (1966-2004)
G r a f i ca
Edoardo Bridda
in copertina
Missill
SentireAscoltare online music magazine
Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05
Editore Edoardo Bridda
Direttore responsabile Antonello Comunale
Provider NGI S.p.A.
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totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi
mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare
111 I cosiddetti contemporanei
Anton Webern
SA 3
ne
Marissa Nadler ha firmato per Kemado e sta già lavorando al suo nuovo album che uscirà per l’etichetta newyorkese tra fine 2008 e inizio 2009. L’ultimo
disco era Songs III: Bird On The Water (Peacefrog,
2005). Marissa è attualmente in tour in Europa e sarà
in Italia il 5 aprile a Ravenna (Bronson), il 6 a Milano (Biko Club), il 7 a Modena (Galleria Vetusta), l’8
a Roma (Init), il 9 a Catania (TBA), il 10 a Firenze
(Pinocchio Jazz club)…
Nuovo disco per gli Sparks, dal titolo Exotic Creatures Of The Deep, in uscita 19 maggio prossimo…
Ritornano i Guillemots con il secondo disco, Red,
pubblicato il 21 marzo su Polydor/Universal…
Franz Ferdinand e Interpol live a Ferrara, al Band
Apart Festival, per la loro unica data italiana, i primi il 12 luglio, i secondi il 14, organizza Indipendente (www.indipendente.com)...
Il 19 e il 20 settembre prossimi a Milano al Rolling
Stone tornano i Killing Joke in formazione originale.
Il ritorno del batterista Paul Ferguson riappacificatosi
con il cantante Jaz Coleman al funerale di Paul Raven (il bassista che prese il posto di Youth nel 1982 e
morto per un infarto lo scorso 20 ottobre) ha ricomposto la formazione originale che si era sciolta nel
1987 dopo il lancio di “Brighter Than A Thousand
Suns”. La band sta realizzando l’ultimo album in studio, dal titolo ancora sconosciuto, al quale seguirà un
tour mondiale con partenza il prossimo 13 settembre
da Tokyo. Organizza Barley Arts (www.barleyarts.
com)...
Iggy Pop (con gli Stooges) si è esibito in una abbastanza irriconoscibile Ray Of Light di Madonna
agli ultimi Rock and Roll Hall Of Fame, in occasione
dell’ammissione della popstar (insieme a Leonard
Cohen e John Mellencamp tra gli altri)…
ze di Kid Congo, Ward Dotson, Terry Graham, Jim
Duckworth e Dee Pop, Dave Alvin, John Doe, Henry
Rollins, Mike Martt, Peter Case e Lemmy Kilmister,
insieme a foto rare e clips (www.ghostonthehighway.
com)…
Fa il suo ritorno nei negozi in doppio CD Pacific
Ocean Blue del Beach Boy Dennis Wilson. L’album
che risale al 1977 era da tempo fuori catalogo e sarà
di nuovo disponibile a partire dal 13 maggio su Caribou/Epic/Legacy...
A distanza di un anno ritorna Cristina Donà con alcune delle sue canzoni in versione acustica: Piccola
Faccia è disponibile dal 28 marzo su EMI. L’album
contiene anche due cover: Sing Your Name di Terence Trent D’Arby e I’m In You di Peter Frampton…
I Retribution Gospel Choir, side project dei Low
hanno esordito con un self titled prodotto da Mark
Kozelec, sulla sua etichetta Caldoverde Records;
l’album esce in Europa su Konkurrent. Il gruppo
comprende Eric Pollardalla batteria, Matt Livingston
al basso e Alan Sparhawk voce e chitarra - le ultimissime intanto danno Livingston fuori da entrambi i
gruppi, sostituito da Steve Garrington in tour (www.
myspace.com/retributiongospelchoir)...
Ritornano i Brian Jonestown Massacre dopo oltre 4
anni, con un album, My Bloody Underground, uscito
il 31 marzo, con la partecipazione di Mark Gardener
e Andy Bell (Ride), che si erano uniti al gruppo l’anno scorso nel corso del Truck Festival per eseguire il
classico dei Ride Drive Blind…
Si chiamerà Song’s in A&E il primo disco degli Spiritualized a 5 anni (il primo dalla malattia che ha colpito il leader Jason Pierce nel 2005), dal precedente
Amazing Grace, ed uscirà il 19 maggio prossimo…
Nuovo Ep su Domino per gli instancabili Animal
Collective: si chiamerà Water Curses, conterrà 4
canzoni ed uscirà il 5 maggio…
I NIN di Trent Reznor riappaiono con Ghosts I –
IV, 36 tracce strumentali ordinabili e scaricabili solo
online (sul modello Radiohead), frutto del lavoro di
dieci settimane durante l’autunno scorso. La prima
parte è scaricabile gratuitamente. Reznor sul sito ufficiale parla di “lavoro realizzato da una prospettiva
visuale” e rivela che si tratta dei primi quattro volumi
della serie (http://ghosts.nin.com/main/home)…
Sarà pubblicato a a giugno il nuovo album di Shara
Worden aka My Brightest Diamond, due anni dopo
il debutto con Bring Me The Workhorse. A Thousand Shark’s Teeth, verrà pubblicato come il precedente dalla Asthmatic Kitty…
E’ uscito in DVD Ghost On The Highway, documentario del 2006 di Kurt Voss sullo scomparso Jeffrey Lee Pierce e I suoi Gun Club, con testimonian-
Redacted, l’ultimo film di Brian De Palma, Leone
d’Argento a Venezia, non ha ancora una distribuzione
italiana e sarà probabilmente trasmesso presto da Sky
SA 5
TURN O
Hercules And Love Affair
Flight Of The Conchords
Concetti che si seguono e si accavallano: mitologia e minimalismo, synthpop e disco. Più
in profondità: antica Grecia e Philip Glass,
Yazoo e Chicago house. È il tragitto di Andrew Butler, trentenne sulla bocca di tutti per
via di un disco (#41) e di un singolo, Blind,
con un Antony Hegarty inaspettato angelo
strobo. Provetto pianista in tenera età nella
natia Denver, Andy svela il suo corpo mutante
all’incontro con Situation, retro del singolo
Only You di Yazoo che lo schiude all’elettronica degli ’80. Si inventa dj per i locali gay
di Denver pensando che sacro - il minimalismo - e profano - l’elettronica di consumo
– possano felicemente convivere (“ci sono
molte analogie tra la musica disco e le suite
di Glass e Reich”, diceva Arthur Russell), ma
la sostanza del concetto ha sicuramente un altro perché se circondato dalle mura eccitanti
della Grande Mela, e quindi, appena diciottenne, il Nostro vola a New York per studiare storia dell’arte a Manhattan e pari passo
alla passione per la mitologia greca, coltiva
l’attività di produttore che nel mentre sfocia
in una versione à la Kraftwerk del classico
di Gino Soccio, Runaway, destinata al ballerino Rashaun Mitchell. Gravitando nelle
sinistre notti newyorkesi, Andrew si imbatte
prima in Kin Ann Foxman – vocalist e disegnatrice di gioielli, partner di Butler nel pro-
getto DanceHomosDance – e poi in Antony
dei Johnsons all’epoca, più o meno nel 2003,
non certo il presenzialista di oggi.Decidono
di registrare qualcosa insieme ma entrambi
sono timorosi giacché l’uno, il produttore, è
alla prima seduta importante e l’altro, il cantante, poco affine alla cassa in quattro, ma
quando c’è un disegno dall’alto… Pulsazione moroderiana e cantato vertiginoso. Ercole
e le sue fatiche amorose hanno una colonna
sonora. La canzone dance perfetta, di quelle
immortali, tipo Your Love della coppia Jamie Principle e Frankie Knuckles per intenderci.Seguono sessioni con la stessa Kin Ann
e Nomi, amica delle CocoRosie e singer dal
taglio Alison Moyet (non poteva essere altrimenti) per un dream team monitorato da Tim
Goldsworthy e griffato, ovviamente, Dfa. Si
incrociano (Antony e Nomi in You Belong)
e si lasciano (la sola Kim Ann in Athene, la
sola Nomi nell’Hercules’ Theme, il canto di
Butler in This Is My Love) sapendo di appartenere a qualcosa di importante (vedasi
Blind). La cosa importante. Nella cover si
riconosce un Ercole che regge alto il moniker Hercules and Love Affair quasi fosse un
fardello, ma cosi non è. Dopo dodici fatiche
si è allenati, e quando c’è di mezzo l’amore
ogni sforzo è un valore aggiunto.
Gianni Avella
Due che arrivano dalla terra dei Maori, sbarcano in America con uno show su
H B O ( F l i g h t O f T h e C o n c h o rd s , a p p u n t o ) .
Bret McKenzie e Jemaine Clement in pochi anni dal palco con due chitarre e un
synth marcio si buttano a capofitto su canzoncine e scketch demeziali e creano un
piccolo culto. Folk parodia che mescola
Frank Zappa e Barry White, gli archetipi
del sessismo rock, della comicità teatrale
e del genere che più di ogni altro è profondamente ancorato all’America: il soul
(iniettato pesantemente di funky e rock).
Sembra una favoletta, ma i due pazzi neozelandesi l’anno scorso si son portati a
casa pure il Grammy per il miglior Comedy Album. E quest’anno ci sparano il
disco (in recensioni). Insomma dal 2002
a oggi solo 6 anni per arrivare sulla cima
dell’olimpo pop demenziale. Se non cred e t e a l l ’ h y p e a n d a t e a v e d e r v e l i s u Yo u t u be i nostri giullari. Nessun tipo di scenografia, pochi trucchi, tutto “vero”. Come
trent’anni fa succedeva da noi con Cochi
e Renato, o dopo con quel pagliaccio (che
poi tanto non era) di Rino Gaetano. In più
i due novelli ragazzi della generazione
post-Clerks hanno dalla loro il retroterra
d a s i t - c o m b e s t s e l l e r. L a s t o r i a è p r e s t o
detta: due sfigati che suonano un digi-folk
da baraccone e cercano di farsi un nome a
N e w Yo r k . I l l o r o p u n t o d i f o r z a è i l s a p e r
mescolare nelle canzonette i dialoghi comico demeziali con i loro interlocutori: il
manager che lavora al consolato neozelandese, la groupie overaged e qualche amic o . Tr a m a d i b a s e s u c u i c o s t r u i r e i n f i n i t i
siparietti e battute musicate al fulmicotone che prendono di mira i video e gli stili
musicali più famosi degli ultimi anni. Se
guardate le clip on-line troverete sicuramente una presa in giro del vostro artista
preferito. Il naturale prosieguo oltreoceano di quello che da anni sta proponendo
musicalmente Bugo, o, se vogliamo parlare con un orizzonte internazionale, Beck
Hansen. Flight Of The Conchords direttamente sbucati dagli anni ‘90 e naturalizzati americani. Il loro resta un punto di
vista che punge delicatamente e che non
vuole rinnovare i rodati stilemi della commedia; la coppia riesce sorprendentemente
a prendersi e a prendere in giro chiunque
a b b i a s c a l a t o l a f a m i g e r a t a To p 1 0 . D e menzialità che scala le classifiche e che
sbanca. Dateci un’occhiata (o un ascolto).
Risate assicurate!
M a r c o B r a gg i o n
SA 7
TURN O
Misophone
Gavin Bryars
Sinceramente non capisco se sia timidezza,
incapacità d’esporsi o assoluta avversione
al mostrarsi. Ad ogni modo, dopo 5 anni di
vita e 13 (fantomatici) album (non) registrati viene da chiedersi per quale motivo,
di un gruppo, non si conosca neanche lontanamente la faccia. Il domandarsi diventa del tutto lecito quando la prima opera
u ff i c i a l m e n t e p r o d o t t a è d e c a n t a t a d a p i ù
e più parti ed il mistero attorno al nome
i n q u e s t i o n e s ’ i n f i t t i s c e . D i ff i c i l e g i u n g e re a conoscenza di qualcosa riguardante i
Misophone: si sa che sono un duo inglese
(Carlisle più Bristol per la precisione), dai
n o m i S . H e r b e r t e M . A . We l s h e c h e i d u e i n
questione sono polistrumentisti. Fior fior
di polistrumentisti direi: in pratica sembra
non esserci strumento che non sappiano
far funzionare. Scrivo funzionare, perché
s u o n a r e è f o r s e f u o r i l u o g o q u a n d o s ’ a l l a rga il discorso ad elementare oggettistica.
Da una parte la formazione e l’educazione
musicale classica di S. Herbert che suona
più di 20 strumenti e ne impara a suonare
uno ogni settimana (a quanto si legge nella
b i o g r a f i a ) e d a l l ’ a l t r a l ’ i m p r e v e d i b i l i t à a rt i s t i c a d i M . A . Wa r d , r a b d o m a n t e d i s u o n i
o cercatore di note, che dir si voglia, sempre intento ad individuare potenziali strumenti e a farli “cantare”. Dei tredici al-
bum solo uno è arrivato a noi: Where Has
It Gone, All The Beautiful Music Of Our
G r a n d p a r e n t s ? I t D i e d Wi t h T h e m , T h a t ’s
W h e r e I t We n t . . . ( 7 . 5 / 1 0 ) , i l d e c i m o d e l la “serie”, che in Svezia, alla Knign Disk,
hanno avuto la buon’anima di pubblicare
e distribuire. Un disco che rivela l’eterogeneità dei suoi creatori, l’assoluta abilità
e naturalezza nel comporre. Le influenze
sulle quali i Misophone si basano, si mostrano via via: Daniel Johnson in particolar modo (con tanto di cover tributatagli:
Yo u C a n ’t B re a k A B ro k e n H e a r t ) , m u s i c a
klezmer ed est europea ascoltata e assimilata alla perfezione e l’incedere scapestrat o d i To m Wa i t s c o m e s f o n d o . P e r. p a r l a re di qualcosa di più recente si potrebbero
i n t e r p e l l a r e M . Wa r d , M i c a h P. H i n s o n
e i Beirut. Insomma l’imprevedibilità, la
varietà dei ritmi balcanici e slavi a connubio con un “ordine delle cose” tipicamente inglese. Un pop sensatamente melodico
a braccetto con ritmiche irrefrenabili ed
emotive. Il tutto acquietato da basi folk e
sentori tradizionali. La poliedricità strumentali e compositiva, in un’opera simile,
è inevitabile, quasi obbligatoria. O si hanno le capacità o non ci si prova nemmeno,
pena figuracce.
Mar co Canepari
Ve n e z ia , lo s a p e v a b e n e T h o ma s M a n n , è la
c ittà d e l n a u fr a g io , c h e a ff o n d a la s c ia n d o si dietro una scia di nostalgia dell’asciutto.
D e v e a v e r lo p e n s a to a n c h e R ic ha r d Ga v in
Br y a r s ( 1 9 4 3 ) q u a n d o , n e l 2 0 0 5 , in o c c a s io n e d e lla c in q u a n tu n e s ima Bie n n a le , g li è
s ta to p r o p o s to d i r ie s e g u ir e n e lla c ittà d e lla
la g u n a T he Sink ing O f T he Tita nic , o p e r a
aperta e semi-aleatoria sottoposta a continui
aggiustamenti, ad integrazioni ed aggiunte,
dall’anno della sua composizione (il 1969).
I l p r imo o tto b r e d i tr e a n n i f a , a ff ia n c a to
d a ll’ e n s e mb le A lt e r Eg o e d a i t u r n t a b l e s
d i P hilip J e c k, i l m u s i c i s t a a n g l o s a s s o n e
s i c ime n ta v a d u n q u e in u n a v e r s io n e ip e respansa - 70 minuti abbondanti - del brano
p u b b l i c a t o n e l n o v e m b r e s c o r s o d a To u c h
/ Wid e ( le p r e s c r iz io n i d e lla p a r titu r a o r iginale prevedono una durata variabile dai
1 5 min u ti a ll’ o r a a b b o n d a n te ) . I l f r u s c ia r e
d i g litc e s e le f e n d itu r e p r o f o n d e d i b a s s i,
in a p e r tu r a , s e mb r a n o p r o te n d e r s i a ll’ in f inito - un infinito lungo quindici minuti - a
mima r e l’ a e q u o r i m m e n s o , u n m a r e c h e è
p è la g o s , d is te s a s e n z a limiti, in c e s s a n te in c r e s p a r s i d i o n d e ; a r a p p r e s e n ta r e il mo v imento inquieto, l’andare cercando di quel
Tr a n s a tla n tic o c h e il 1 0 a p r ile d e l 1 9 1 2 s a lp a v a d a So u th a mp to n , d ir e z io n e N e w Yo r k ,
volgendo per sempre le spalle alla terra. Il
s u o , u n a tto d i a u d a c ia: c o n fo n d e re i p a t t i
che reggono il mondo ben distinto nei suoi
e le me n ti, s o mmu o v e r e o g n i c o n fi n e , s ra d i c a r e l’ a n tic o d io Te r min e , a ffro n t a re i l m a re
c o me f o s s e p ò n to s , p o n t e t r a t e r r e d i s t a n t i ,
il p iù n e c e s s a r io e d a r ri s c h i a t o d e i p o n t i .
Po i l’ in g r e s s o d e g li a r c h i p i a n g e u n a l a m e n ta tio f u n e b r e ( q u a s i u n e s t ra t t o d a u n a s i n f o n ia d i He nr y k M iko l a j G ó re c k i ) i n fra m me z z a ta d a lle v o c i r e g i s t ra t e d e g l i s c a m p a t i
a lla c a ta s tr o f e . E mu la e o m a g g i a q u e l l ’o rc h e s tr in a d i a r c h i c h e - s o n o p ro p ri o i s u perstiti a ricordare, è Bryars a raccogliere
c o n p a s s io n e in e s a u s ta t u t t e l e i n fo rm a z i o n i
r ig u a r d o l’ in c id e n te a n c o ra d i s p o n i b i l i - h a
c o n tin u a to a d in to n a r e u n r a g t i m e p e r i p a s s e g g e r i d e l Tita n ic s in o a l l e 2 . 2 0 d e l m a t t i n o , s in o a l mo me n to d e l l ’i n a b i s s a m e n t o t o ta le , n e l d ia f r a mma in f i n i t e s i m a l e d i t e m p o
che separa l’asciutto e il bagnato, la vita e
la morte.
Co lu i c h e d i Ve n e z ia è a t t u a l m e n t e i l p ri m o
c itta d in o s i c h ie d e v a , al c u n i a n n i fa , s e p o trebbe immaginarsi un “ben navigare”, un
n a v ig a r e c h e n o n v io li i l n e f a s a rg o n a u t i c o .
N e l g e s to e r o ic o d e ll’ o rc h e s t ri n a c h e s u o n a
A u tu m n , c u i G a v in Br y a rs t ri b u t a , i n fi n d e i
c o n ti, la s u a in c e s s a n te ri c e rc a , s t a t u t t a l a
r is p o s ta a q u e ll’ in te r r o g a t i v o .
Vincenzo Santarcangelo
SA 9
TURN O
Una notte insonne del 2001. Non ricordo nulla,
né mese né stagione, se non che Morfeo e le
sue braccia non ne volevano sapere. Mi giravo
e rigiravo nel letto mentre dalla Tv scorreva il
palinsesto notturno di MTV - all’epoca noto
come Chill Out Zone - che di tanto in tanto
qualcosa di buono la passava. Mi assento per
una sigaretta e avverto dalle casse del mio vecchio tubo catodico ripetute note di piano presto
seguite da un sinistro synth che fa tanto Wyatt.
Torno in camera e osservo il video: non lo conosco, mai visto prima. Perdo il nome in sovrimpressione ma non posso esimermi dall’osservare un curioso figuro capellone e barbuto,
armato di skate che si rotola, si affanna e corre
tra i sentieri angusti di un bosco. Colpisce un
passante che fa jogging ma è lui a sanguinare dalla fronte, forse per una colluttazione o
forse – probabile – perché nella vittima, fotografia dell’apparente uomo omologato, si rivede in una proiezione che vuole a tutti i costi
schivare. Ferito e barcollante, raggiunge una
scogliera ai piedi di un mare cristallino dove
lo attende una batteria, e lui, armatosi di bacchette, può finalmente sedersi e suonarla. L’eldorado. Il giorno dopo, soccorso da un amico
insonne come e più del sottoscritto ma schivo
alla nicotina, vengo a sapere che il video si
intitola Oh Malheur Chez O’Malley e che il
figuro capellone e barbuto è francese, si chiama Sebastien Tellier e interpreto il surrealismo
del clip come un eterno Peter Pan che sfugge
dalle convenzioni sociali o meglio, da un genitore che lo vuole tutto salvo che musicista;
Ipotesi, quest’ultima, che muore sul nascere
visto che il padre di Tellier, chitarrista, negli
anni ’70 militava nei progger d’oltralpe Magma, colloquiando – in kobaiano! – col collega
Christian Vander di ipotetiche (surreali) saghe
tra il pianeta Kobaia e la terra. Pertanto il piccolo Sebastien non poteva non crescere musicista o quanto meno sognare di diventarlo. Ma,
parole sue, la musica del genitore – i Magma
erano una esperienza angosciante e spigolosa: progressive nell’accezione più sinistra del
termine – gli risultava noiosa, preferendogli il
mezzo ma non il fine: non progressive dunque, ma sicuramente un approccio progressivo
al concetto di cantautore. I nomi in ballo sono
due, uno inevitabile, l’altro evidente: Serge
Gainsbourg e Robert Wyatt, saccenza e art
pop da bistrot bohemien nel ventre del french
touch. I primi ad intuire le potenzialità del No-
stro furono gli Air, che avendolo ascoltato in
un sampler della francese Source (insieme ai
Phoenix e al futuro Bot’Ox Cosmo Vitelli) lo
scritturano per la personale Record Makers. Il
debutto di Tellier, L’Incroyable Vérité, avviene nel 2001 e fa il paio con le nuove uscite
di Air e Daft Punk ritagliandosi una elitaria
credibilità anche in virtù di un momento storico prodigo di quiete - ci si affacciava al New
Acoustic Movement – e artefice del fenomeno
Badly Drawn Boy. Inaugurato dalla strumentale
Oh Malheur Chez O’Malley, il pattern gioca di
chiaroscuri anglo-francofoni, tra palesi richiami wyattiani (la citata Malheur, i due terzi de
la Trilogie Chien L’Enfance d’un Chien e Une
Vie de Papa, la bellissima Black Douleur forte di un arrangiamento esemplare) e siparietti
da vaudeville parigino (Kazoo III, la Trilogie
Femme), digressioni à la Syd Barrett cittadino canterburiano (la voce in Kissed By You è
pressoché identica) e ballate cosmiche cinte da
un mellotron più Air - vedi The Virgin Suicide
- che prog (Universe, Fantino). Segue gli Air
nella tournée del mediocre 10 000 Hz Legend
(Discovery dei Daft Punk fu un’altra cosa…)
e si accompagna al theremin della brava – “la
più brava” secondo Robert Moog - Pamelia
Kurstin per una notorietà che comincia a lievitare grazie anche all’inclusione (e l’appoggio
di Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel) di
Fantino nella soundrack di Lost In Traslation
della Coppola. Per il disco successivo la posta
in gioco si fa seria e vengono chiamati Philip Zdar alla produzione (Cassius tra i tanti),
Quentin Dupieux (meglio noto come Mr Oizo),
la Bulgarian Symphony Orchestra e nientemeno
che Tony Allen all’epoca noto (solo) come il
drummer di Fela Kuti e non certo di The Good,
The Bad And The Queen. Politics spiega deliziose influenze bossanova (Wonderafrica) e
la consueta verve Wyatt riletta, questa volta,
come usavano gli Scritti Politti di Songs To
Remembers (Mauer), ma la sensazione è che
Tellier si stia scrollando (o voglia scrollarsi)
di dosso quell’aura da chansonnier pseudobusker e farsi musico maiuscolo, saltimbanco
(Zombi), crooner parodistico (Bye Bye), poppy
(League Chicanos), electro (La Tuerie), spettatore (i soli archi di Slow Lynch) e collante di
umori in quel miracolo di melodia battezzato
La Ritournelle: un ricamo d’archi che pare benedetto, piano di contrappunto e Allen di contorno; poi un crescendo e il basso, funk e spes-
Sebastien tellier
so, tête-à-tête alla voce per una delle più belle
canzoni del corrente millennio. Tanto quasi da
oscurare l’altro miracolo del disco, Broadway,
nel quale gli archi giganteggiano tra fiati e tangenze emotive. Seguono date in compagnia di
Royksöpp e Magic Numbers ma la complessità
del nuovo corso, improbabile da ripetersi on
stage, ripiega in set intimamente acustici dove
Tellier, mentre si gode lo sdoganamento di La
Ritournelle (da vedere anche il video diretto
da Mr Oizo) e Broadway nelle piste da ballo
grazie ai remix di Turzi e Mr Dan matura l’idea
di un disco spoglio di qual si voglia orpello e
figlio della penombra. Una sola seduta datata
2006 chiamata Session (nel regno unito uscirà
come Universe e comprenderà anche contributi
dalla soundtrak di Narco) frutto della simbiosi
col pianista francese Simon Dal Mais che scarnifica parte del repertorio di Tellier in varia-
zioni talvolta meglio delle originali (League
Chicanos) o degne delle stesse (La Ritournelle, Broadway), regalandoci un inedito (Classic, quasi una versione ralenti di Oh Malheur)
e la toccante cover de La Dolce Vita a firma
Christophe, icona parigina di origini italiane
(vero nome Daniel Bevilacqua) famoso per le
Ferrari e la combine con Jean Michel Jarre. Le
musiche per film lo affascinano (Midnight Express di Moroder è uno dei suoi dischi preferiti) e nel 2007 lo ascolteremo nella pellicola di
Mr Oizo, Steak, ed Electroma dei Daft Punk
dove avrà modo di pianificare con Guy-Manuel
de Homem-Christo le strategie per il prossimo
album, Sexuality (in recensioni), sospeso tra
downtempo Royksöpp e retro-pop Air, senza
dimenticare l’impronta di chi siede alla produzione. È maturo Sebastien, e si sente.
Gianni Avella
SA 11
TURN O
Quando capiterà - e so che prima o poi capiterà - chiederò a Cesare Basile alcune cose.
Come si sente, innanzitutto. Poi, ad esempio,
se crede che un disco possa ancora inquietare, scuotere l’anima, metterla all’angolo,
farle del bene. Oppure gli chiederei se la Sicilia è oggi per lui più un alibi o il guinzaglio che gli permette di strattonare un desiderio selvatico di libertà, di giustizia, di
normalità. Ma normalità che non significhi
quiete, la banale epifania del conformismo,
del vivere comodo su quel dolore soffocato
che così bene riusciamo a non sentire. Da
buoni spettatori. Con l’insensibilità che ogni
giorno ci vaccina i sensi, l’anima, il cuore.
Sconfitti sedentari, flemmatici per abulia e
non per dignità. A Cesare inoltre domanderei: sai che questo tuo sdegno per la pigrizia emotiva è lo stesso declamato da Erri De
Luca nel suo recente spettacolo Chisciotte e
gli invincibili? Scrittori che recitano e cantano: la cosa non ci stupisce più. Ma a Cesare lo farei notare, perché quel suo fare rock
sia pure americano fin dentro le ossa tradisce
una inguaribile propensione - me lo permetta - cantautoriale, somigliando talora ad un
diversivo, alla via di fuga di uno scrittore
mancato. Ma lasciamo stare, che è argomento ozioso e non è tempo, non è il caso, di
oziare. Semmai sarebbe il caso di domandare, con fare un po’ dylaniano, come si sentì
Cesare – “how does it feel?” - durante i suoi
tanti trasferimenti. Se era più la sofferenza
o il sollievo o l’ansia eccitata di esperienze
nuove, quando sul finire degli Ottanta lasciò
dietro di sé Catania e l’avventura Candida
Lilith – il suo primo importante gruppo - per
Roma e i Kim Squad, altra città altra band.
Eppoi, ancora, il ritorno a Catania e i Quartered Shadows, rispettivamente rampa di
lancio e carburante per decollare su Berlino,
dove stava accadendo in pratica la Storia e
il rock sembrava voler lasciarci un’impronta importante. Imperversavano i Novanta, i
Quartered Shadows apparivano lanciati ma
dopo il secondo album non riuscirono a tenersi assieme. E quindi altra città – ancora Catania - ma nessun’altra band. Come si
sentì, Cesare, durante quell’ennesimo ritorno? Questa forse la domanda più importante. Perché in quel ritorno nasceva un cantautore rock di razza. Che avrebbe debuttato
con La Pelle (Lollypop, 1994), appassionata
processione di sgarberie lancinanti e dolceagre. Le coordinate c’erano già tutte, blues,
folk e rock usciti dalla pancia di quel mostriciattolo che ci portiamo dentro e che a volte
parla con parole indimenticabili (dal suono
indimenticabile). Come ben sanno i Waits e i
Dylan, i Cave e i Lanegan. Ci sarebbero voluti quattro anni per dargli un seguito, quello
Stereoscope (Blackout / Mercury, 1998) che
pur allentando la tensione non uscì di troppo
dalla cerchia d’apprezzamento dei fan. Nessuno stupore, eppure ci sarebbe un’altra domanda da fare, riguardo alla consistenza, al
senso, al peso del proprio lavoro in rapporto
a quello che il mondo ti riconosce.
Il mondo che non si scomoda troppo, né s’infastidisce, malgrado lo sguardo di Basile
sempre più acuto e sferzante, sintesi cruda e
spigolosa, atterrita e struggente: Closet Meraviglia (Viceversa / ExtraLabels, 2001) è il
disco che lo proietta d’autorità nel ristretto
novero degli autori rock nostrani, di quelli e son pochi - che possono immischiarsi senza
timore con calibri internazionali quali Hugo
Race, senza contare i compatrioti Manuel
Agnelli e Roy Paci. Il solco era tracciato,
non potevano più stupire album come Gran
Calavera Elettrica (Mescal / Sony, 2003) e
Hellequin Song (Mescal / Sony, 2006), non
per l’intensità dei testi (al solito in inglese e
in italiano) e delle musiche, non per un nome
come John Parish alla produzione, poi ancora Agnelli e Race, Nada, Marta Collica,
Lorenzo Corti... Una corte dei miracoli in
piena regola, con al centro lui che intanto
può permettersi di produrre lo straordinario
Tutto l’amore che mi manca (On the Road
Music Factory / Venus, 2004) di Nada, prove
tecniche da grande vecchio del rock, pensa
te, lui che sembra non esser mai stato giovane in quel circo cialtroncello e spietato.
Il 2008 ci porta il sesto titolo solista di Basile, Storia di Caino (in recensioni), la sua
implosione in una maturità cantautoriale che
non teme di rivelarsi come figlia irrequieta
e forse un po’ avariata dei De André e dei
Ciampi, incrociando voce e chitarre con Robert Fisher dei Willard Grant Conspiracy. Per cui ecco, vedete, alla fine non potrei
fare a meno di chiedergli nuovamente: come
ti senti, Cesare? Per vedere se in risposta mi
arriva il conforto di un mezzo sorriso.
cesare basile
Stefano S olventi
SA 13
TURN O
Rural ruin, urban decay. It’s a sad and beautiful world diceva qualcuno. Steven R. Smith
è come l’ultimo cavaliere della tavola rotanda, l’ultimo dei Mohicani, l’ultimo guerriero
di Nanto, l’ultimo uomo sulla terra, l’ultimo
testimone di un mondo andato in rovina. Te
lo immagini passeggiare tra i ruderi di edifici abbandonati, con il sole all’orizzonte e
un senso di mestizia languida e serpeggiante.
Come le note della sua sei corde. Steven R.
Smith ha qualcosa dell’Harry Dean Stanton di
Paris Texas. La barba di sicuro, lo sguardo
allucinato probabilmente. E’ un altro che sta
provando il brivido sottopelle dell’apocalisse
californiana a venire. Rispetto agli altri sballati dell’east coast più psichedelica però, Steven è come un erudito intellettuale immigrato
dalla vecchia Europa. Nato a Fullerton, ma
presto stabilitosi a San Francisco, è uno dei
numi tutelari di quel movimento ideal-musicale ribattezzato Jewelled Antler Collective.
Nei Mirza prima e nei Thuja poi conosce infatti i due deus ex machina del progetto: Loren Chasse e Glen Donaldson. La filosofia
è del resto simile, se non pressoché identica
per tutti e tre: concepire musica che risenta dell’ambiente circostante, ne incorpori gli
elementi di senso, ne amplifichi le capacità
suggestive. Si parla di musica registrata “sul
campo” con l’uso dei famosi “field recordings”. Il Jewelled Antler Collective professa senza retorica un senso di comunione con
l’ambiente e la natura alla maniera di novelli
cantori panteisti e rappresenta un po’ il corrispettivo psych folk rurale del noise urbano,
sempre più dissonante e harsh che arriva dalle
metropoli e da fenomeni di costume come il No
Fun Fest. Steven R. Smith collabora appunto
con i Thuja, si ritaglia un suo spazio personalissimo con il progetto Hala Strana dedicato
al recupero delle tradizioni folk balcaniche e
poi si concentra sulla sua carriera solista con
all’attivo ormai diversi dischi. Nell’aprile
del 2008 una messe di uscite e ristampe più o
meno recenti è occasione quanto mai propizia
per tornare a segnalare il suo nome, considerando anche che mai come ora i parti musicali
riconducibili all’universo del Jewelled Antler
Collective sono molteplici. Si segnalano di
recente infatti un ultimo e bellissimo disco
di Of, il progetto ambient di Loren Chasse, in
uscita su Ultra Hard Gel con un lavoro intitolato The Sun & Earth Together e un disco
solista di Donovan Quinn, altro affiliato Jewelled per via dei Verdure e degli Skygreen
Leopards, che di recente si è visto con un
lavoro dal titolo October Language. I Thuja
sono riapparsi di recente con un disco omonimo per Important Records, che riassume un
po’ tutte le diverse sfaccettature del progetto:
dissonanze languide e lisergiche, improvvisazione anarchica e libera, un umore d’ambiente che può collimare con l’isolazionismo vero
e proprio. Un lavoro del tutto personale e libero dagli schemi. Quanto all’attività solista
vera e propria di Steven R. Smith, c’è un momento di particolare fertilità discografica. E’
prima apparso su Digitalis tra la fine del 2007
e l’inizio di quest’anno con un disco nuovo
intitolato Owl, dalla caratteristica non secondaria di essere un disco folk cantato e per di
più registrato in mono, poi si sono succedute ben due ristampe su due etichette diverse.
Il bellissimo e personalissimo The Anchorite
che era uscito nel 2006 su Important, esclusivamente in formato vinile e che ora vede
la luce in cd, con artwork diverso, per Root
Strata, l’etichetta del Tarentel, Jefre Cantu
Ledesma. Contemporaneamente su Ultra Hard
Gel viene ristampato Antinomy del 2004, un
altro dei suoi migliori lavori di sempre. Ma
ad inizio 2008 l’attenzione e la curiosità maggiore viene destata dal progetto Ulaan Khol,
nuova ragione sociale di Steven, con cui in
qualche modo continua il discorso iniziato da
Crown Of Marches, disco del 2005 dove il
Nostro si concentrava sul feedback contrariamente all’umore intimidito delle sue sortite
folk. Il progetto Ulaan Khol prosegue quindi
lungo le stesse coordinate, quelle cioè di una
psichedelia chitarristica abrasiva e rumorosa,
che fa convivere il Neil Young più “elettrizzato” con i fantasmi più noisy della psichedelia
storica, dai Fushitsusha ai Flying Saucer Attack,
passando per i Velvet Undeground di Sister
Ray. Un disco intitolato I è stato dato alle
stampe in questi primi mesi del 2008 da Soft
Abuse, con l’avvertenza però che si tratta del
primo capitolo di “una trilogia massimalista”
denominata da Steven Ceremony e che nei
prossimi mesi continuerà con altri due capitoli. Restiamo sintonizzati. A giudicare dalla
qualità di questo primo capitolo i seguiti non
dovrebbero essere inferiori alle aspettative,
ormai piuttosto alte.
Steven R. Smith
Antonello Comunale
SA 15
TUNE
Neptune
Tetsuo sale sul palco
L’universo dei Neptune e quello di Tetsuo, due realtà che si comprendono e si
compenetrano. Un’immaginaria fusione tra organico ed inorganico, tra umano e
robotico che squarcia il velo su una inevitabile riflessione filosofica sulla nuova
carne. Testo: Stefano Pifferi e Massimo Padalino
Ascoltare la musica del terzetto bostoniano
ha lo stesso impatto del lasciarsi trascinare
dentro il cult movie di Shinya Tsukamoto.
La sensazione di disagio e di spaesamento
all’ascolto dello sferzante noise-rock atonale e fuori dai canoni dei tre è la stessa che si
prova di fronte allo sgranato b/n di Tetsuo.
The Iron Man. Nella pellicola antesignana
del cyberpunk cinematografico con gli occhi
a mandorla il protagonista è costretto ad accettare passivamente la graduale quanto inesorabile trasformazione metallica del proprio
corpo, quasi impossibilitato a sottrarsi da
una attrazione irrazionale verso il farsi macchina. Nelle musiche del combo americano si
avverte la stessa malsana attrazione tra uomo
e macchina, ma con uno scarto fondamentale: è il metallico, infatti, ad essere piegato
ai voleri dell’umano. La genesi della band è
nota. Nel 1994 lo studente d’arte Jason Sanford ha due grossi interessi, la scultura e la
musica. Pedina strategica importantissima,
per la band ai suoi inizi, la confluenza di
questi due interessi con l’autocostruzione
dei propri strumenti musicali: “Non sapendo niente della costruzione di strumenti, mi
sono buttato nel progetto. La prima creazione era insuonabile, ma funzionava se eri disposto a scarnificarti una mano. Ebbe però
buoni riscontri, così continuai, raffinando il
mio metodo e studiando. Quando un po’ di
chitarre furono finite decisi di riunire un po’
di musicisti per provare a suonarle. All’inizio pensavo ad una sorta di performance da
inscenare una volta soltanto, ma il risultato
fu più “musicale” di quanto mi aspettassi”.
Metà installazione, metà concerto “rock”, le
infuocate prove live del gruppo convincono,
quindi, Sanford a continuare in pianta stabile
col gruppo. Facile prevedere che la fusione
tra le due passioni finisse col dar vita ad una
via personale al rock. La scoperta, poi, che
quelle chitarre apparentemente caricaturali
offrissero un range di possibilità sonore non
convenzionali, atipiche ha incanalato il trio
verso nuove sperimentazioni, come ci conferma il polistrumentista Mark W. Pearson:
“Con l’evolversi della band, le chitarre sembrarono porci una questione: perché fermarsi qui? Reinventare uno strumento esistente,
costruendolo con materiali inusuali è solo il
primo passo; perché non inventare altri nuovi strumenti?”La via maestra è segnata; la
partita iniziata. L’uomo vive ormai in totale
simbiosi con le sue macchine, Tetsuo docet.
Così, dopo qualche cambio di formazione, i
Neptune si stabilizzano in un trio che vede
oltre al fondatore (impegnato grosso modo
con chitarra baritono, organo e voce) anche
Mark W. Pearson (grosso modo chitarra baritono, basso, synth fatti in casa, percussioni
e voce) e Daniel Boucher (grosso modo batteria, attrezzi percussivi vari e voce). Resta
però di base una certa apertura alla collaborazione che ne fa un’entità open-ended,
sempre pronta a joint-venture più o meno improbabili con artisti visuali e indagatori del
rumore. Il punto focale del suono della band
risiede, però, sempre in quegli autocostruiti
strumenti, di cui è possibile vedere una curiosa carrellata nella sezione “Instruments”
del sito. Chitarre, bassi, drum-kits, sintetizzatori e oscillatori; ogni tipo di strumento è
autoassemblato partendo da una accozzaglia
di lamiere, residui dell’era industriale, scarti e avanzi di fabbrica del terzo millennio.
Ingovernabili, selvaggi, quasi dotati di una
propria vita, quei patchwork caratterizzano
da subito il sound dei tre forgiandone, nel
vero senso della parola, il mood post-industriale. Non che il legame musica-strumenti
homemade sia una novità. Senza tirare in
ballo l’Intonarumori di Russolo o le invenzioni di Harry Partch, basterebbe pensare
agli Einsturzende Neubauten degli esordi,
quelli che nel retrocopertina del memorabile
esordio Kollaps si facevano beffe della pachidermica strumentazione dei Pink Floyd
ritratta in Ummagumma. Martelli pneumatici, chiavi inglesi, trapani e lastre metalliche
sostituivano la strabordante e canonica strumentazione floydiana fornendo l’ideale punto di partenza per un suono “industrialmente
rock” che avrebbe influito pesantemente su
decenni di prove successive. Quale che sia
l’ispirazione, i Neptune non raggiungono il
parossismo destrutturate dei primi EN. Restano circoscritti in un ambito prettamente
rock e alla forma-canzone che, seppur tentato da svisate free-form, si deforma personalmente quasi esclusivamente per mezzo degli
inaciditi suoni atonali della strumentazione.
Questo almeno agli inizi dell’avventura. Le
coordinate, infatti, sono quelle di un noiserock abrasivo, percussivo e dal taglio industriale di cui perfetto esempio sono Intimate
Lightning (2004) e Patterns (2006): un misto di destabilizzante avanguardia sonica e
swansiana cupezza, calato sul versante più
arty e groovey dell’industrial (gli olandesi
Kong, ad esempio). Dopotutto i tre affermano
che i Neptune “rocks like The Fall, clangs
like Neubauten and drones like Faust”. Da
qualche anno a questa parte, però, il trio ha
intrapreso una personale via all’improvvisazione che, nonostante fosse presente in alcuni precedenti esperimenti minori (il 3” cd-r
5 Songs li vede giocare con paranoica elettronica d’accatto), prende decisamente il sopravvento nelle ultime uscite insieme ad una
maggiore consapevolezza dei propri mezzi
espressivi. L’album della svolta, se di svolta
si può parlare, è l’Untitled LP (Golden Lab,
2007) in cui i Nostri incrociavano le armi
con tre terroristi sonici del calibro di Jessica
Rylan (Can’t), Donna Parker e Kevin Micka.
Nelle cinque pieces del vinile il suono si aggruma e si dilata. Si fa sempre più meccanico, ripetitivo, ossessivo: sorta di industrial
Devoluto nell’iniziale Thorns (10 minuti di
sibili e pulsioni quasi cyber-tribali) o ipnotico sabba drumless in #26 in cui i drones
malefici di Donna Parker, fanno ristagnare
l’aria lungo i 16 minuti del pezzo. E se in
Untitled l’improvvisazione si fa via maestra
per una forma di musica ipnotica e circolare,
nel nuovo Gong Lake (Table Of Elements,
2008, in recensioni) le strutture si fanno
completamente free-form ed i tre, ancora e
sempre alfieri “De L’Arte Degli Strumenti Autocostruiti”, eccellono al loro meglio.
Gong Lake suona aberrante. Buio e teatrale
SA 17
TUNE
Vi interessate di musica contemporanea?
E se sì, quali compositori?
(M) Certo. Apprezzo Marcus Fjellstrom,
Charlemagne Palestine e Pauline Oliveros
così come Fennesz, Gert-Jan Prins ed altri.
Ascolto molto Asmus Tietchens anche se non
credo c’entri con la domanda. Ci sono molti
artisti americani come Growing, Wzt Hearts
e Double Leopards che sono molto preparati
in materia.
I pattern ritmici hanno molto peso nella
vostra musica; chi ha influenzato questo
aspetto?
(D) Wow, bella domanda. Essendo un batterista sono stato influenzato da molti batteristi e percussionisti ma anche dai patterns
ritmici che possono crearsi nella quotidianità. Tergicristalli, lavatrici, le ruote della
bicicletta…tutto può generare meravigliosi ritmi. Una delle mie batteriste preferite,
nonché immensa ispirazione è Katrina degli
Ex. È fantastica.
(J) Nessuno di noi ha un percorso musicale tradizionale. E di solito non tendiamo a
categorizzare le cose in termini di “ritmo”
o “melodia”. Per noi, la batteria può essere uno strumento melodico e la chitarra uno
percussivo.
come pochi altri. I Neptune sono concettualmente vicini agli Einsturzende Neubatuen. Il
dir molto con poco. Come testimonia anche
la seguente intervista cumulativa.
Gong Lake rimanda a qualcosa dei primi
Swans e EN. Voglio dire, una musica che
seppur rock è già qualcosa di altro. È solo
una impressione?
(Mark) Mi piacerebbe che fosse così. L’idea di
mischiare strutture basicamente rock con suoni
“altri” mi interessa molto. Tutto ciò che possiamo ascoltare al mondo è musica, anche se dipende molto dal come scegliamo di ascoltarlo.
(Dan) C’è indubbiamente una relazione tra le
band che citi e noi. Dopotutto suoniamo rock
ma in un contesto inusuale.
(Jason) Cerchiamo di suonare come se non
avessimo mai ascoltato altra musica… evitando i cliché musicali e ponendoci sempre
delle questioni. In questo senso compararci
con EN e Swans non è impreciso; non proviamo a copiare il loro suono, ma come loro
partiamo da una prospettiva concettuale di
reinvenzione delle possibilità sonore…
Noise band è una definizione adeguata per
i Neptune?
(D) Non ci considero una noise band e mi trovo
in difficoltà con quel termine. Non c’entriamo
molto con la scena noise. Suoniamo spesso con
band dal taglio noise ma credo che i Neptune
siano più una rock band.
(M) Noise è decisamente un ambiguo termine
molto alla moda che racchiude tutto ciò che esiste tra le manipolazioni da mixer in feedback al
rock discordante. Non rifiuto la definizione, ma
preferirei il termine “sound” piuttosto che noise.
(J) Siamo spesso inseriti nel calderone noise.
Non è propriamente esatto dato che non siamo
interessati alla creazione del wall of sound caratteristico di molta noise music. Per noi lo spazio
negativo tra i suoni è importante quanto i suoni
stessi. Usiamo di solito il termine “experimental
rock”, sebbene sia vago e non soddisfacente.
Immagino i vostri live come qualcosa di
stordente e magari pericoloso per la salute
fisica del pubblico. Come reagisce la gente
ai vostri particolari live-set?
(D) Varia da posto a posto; alcuni vanno fuori di testa mentre altri restano con le braccia
incrociate.
(J) Di solito la gente è veramente eccitata
nel vederci. Dietro i nostri strumenti c’è il
presupposto che non siano necessariamente facili da suonare, ma richiedano posture
inusuali da parte nostra, come fossimo dei
performers impegnati a ingaggiare una sorta
di lotta che comporta uno sforzo fisico notevole. In questo senso, se non si è interessati
alla nostra musica, si può sempre assistere
alle nostre performance.
Sembra esserci una ricerca filosofica dietro il vostro approccio “man vs machine”
(o man with machine). È vero o è una mia
impressione?
(M) Vero. I nostri live sono delle lotte. A vol-
te a vincere sono le macchine.
(J) L’idea di “man vs. machine” è una premessa sbagliata. Gli umani sono, per definizione,
una specie capace di usare degli strumenti, e
immaginare il contrario è un nonsense. Perciò secondo noi è importante dare la giusta
considerazione agli strumenti che usiamo e
al modo in cui li usiamo, assumendocene le
responsabilità perché essi sono parte di ciò
che siamo. Credo che la nostra musica affronti questa questione, non in opposizione, ma
suggerendo uno spettro di nuove possibilità.
In termini di materiali che usiamo, essi tendono ad essere inorganici, ma ciò non significa innaturali. Siamo gente di città e questi
sono i materiali che ci vengono naturalmente
in mano. Una ultima nota sul nostro rapporto
con le macchine: quando siamo a casa preferiamo andare in bicicletta o a piedi piuttosto
che guidare automobili.
Ci sono band alle quali vi sentite affini per
l’approccio?
(D) Si, abbiamo molti amici col nostro stesso
approccio
(M) Certamente. Credo che l’ultimo dei Sightings sia illuminante. Suoni scontrosi e songwriting alla perfezione. La mia attuale band
preferita è These Are Powers da Brooklyn.
Suonano basso preparato, chitarra, percussioni acustiche ed elettroniche con voce eterea.
E la scena di Boston? Ci sono band come
voi da quelle parti?
(M) Ci sono band sperimentali, ma non tutte
girano in tour. Tenete d’occhioo Jessica Rylan, Astronaut, Ho-Ag, Greg Kelley.
(J) La band più eccitante per me al momento
è These Are Powers, da NY e Chicago. Anche
Can’t da Boston e Sword Heaven da Columbus. Boston ha una scena grande e varia, e anche una delle migliori radio in circolazione:
altre ottime band di Boston sono gli Ho-Ag e i
Big Digits. Ma delle band menzionate, i Can’t
di Jessica Rylan sono quelle più affini a noi,
per via dei suoi fantastici synth fatti in casa,
anche se la sua musica è unica e molto diversa
dalla nostra.
SA 19
TUNE
Radical Matters
L’arte dei rumori fissati
Label tradizionale ma anche netlabel, di derivazione post-industrial, mescola
ricerca sonora ed artistica, ispirandosi alle avanguardie del ‘900. Abbiamo
raggiunto il suo fondatore Sandro Gronchi, che ci ha delineato e approfondito le
tematiche e le dinamiche d’azione del suo progetto artistico-musicale.
Testo: Nicolas Campagnari
Qua n t e e t i c h e t te in Italia nascono e muoiono
n el v o l g e r e d i un cam bio di stagione ? Tr opp e, e q u a n t i c r edono ancora che per me tte rn e i n p i e d i u na e aderire alla filos ofia sia
s uff i c i e n t e a v ere un P C e un collegame nto a
In t e r n e t ? Tr o p p i. E cco perché quando inc a pp i i n u n a l a b e l com e R adical Matter s, che
n o n n a s c e c o n l’idea di pubblicare qualche
d i s c o d i a m i c i m a con l’intento di dive nta r e
u n p u n t o d i r iferimento per tutto l’ unde rg r o u n d m u s i c ale – che mai come in questo
m o m e n t o si g u arda allo specchio e c e r c a di
cap i r e d o v e st a andando -, pensi che le din am i c h e c h e f a nno emergere una realtà piutt o s to c h e u n ’ a ltra non sono poi tan to c a mb i a t e d a q u a n do il computer era ancora un
l u s s o c h e s i p otevano permettere in pochi.
S e d o v e s s i m o incasellare Radical Matters,
che è si a l a b e l tradizionale ma anch e ne tla b el , b i so g n e r e bbe chiam are in causa la sc e n a p o st - i n d u st r ial che ha steso la sua ombr a
l u n g o g l i a n n i O ttanta e N ovanta e c he r e cen t e m e n t e h a conosciuto le luci d e lla r ib al ta . M a n o n temete, non c’è un bric iolo di
n o s ta l g i a e a marcord in R M, al contra r io, la
sua pr oposta sonor a c omposta da u n a s e tta n tina tr a usc ite f isic he e digita li me tte in s c e na c onte nuti sonor i a ll’ a va ngua r d ia r is p e tto
a l nostr o te mpo.
Un altro suo elemento che co l p i s c e è l a
c ommistione tr a r ic e r c a sonor a e d a r tis tic a ,
a ppa r e nta ta c on le a va ngua r die a r tis tic h e e
spe r ime nta li de l ‘ 900, c he dona n o a l p r o g e tto pr of ondità e multidime nsiona lità .
Un’operazione così ambiziosa – o v v e r o
unir e a va ngua ndie music a li a d a v a n g u a rdie a r tistic he – potr e bbe da r e l’imp r e s s io n e
dell’asetticità di un procedimen t o i n v i t r o ,
ma quello che sorprende dell’e s p e r i e n z a è
il f a tto di r iusc ir e a d unir e la p r o f e s s io n a lità c on una pa ssione pr of usa in tu tti i s u o i
a spe tti, da gli e la bor a ti pa c ka gin g h o me ma de a lla c ur a e ste tic a de l sito we b p a s s a n d o
a ttr a ve r so ma nif e sta z ioni pa r a ll e le , c o me le
insta lla z ioni a Piombino e Xpe r ime n ta 0 3 .
Pe r a ve r ne una pr ova ba sta imme rg e r e o c c h i
e orecchie nelle uscite “fisiche” , n e l l e q u a l i
è f a c ile nota r e un e vide nte sincr e tis mo s tilistic o c he na sc e c omunque da u n a ma tr ic e c omune . Abbia mo il post- ind u s tr ia lis mo
r e z n o r ia n o d i P T- R , la e b m te c h n o s p o r c a d i
C he e t a h, il q u a s i p o s t r o c k d i M o unt a in Of
The C a r dio d Sna ke , f in o a d a r r iv a r e a l c u lmin e d e lla p r o p o s ta mu s ic a le d i R M o v v e r o
il p r o g e tto s o n o r o o mo n imo c h e a l mo me n to
c o n ta b e n 8 d is c h i e a n c h e p e r q u e s to me r ita
u n d is c o r s o a p a r te .
È Sa ndro Gro nc hi, tito la r e d e ll’ e tic h e tta e
d e l p r o g e tto s o n o r o , c h e a r ma to d i u n a s tr u mentazione essenziale – ben documentata
d a lle n o te c h e a d o r n a n o g li a r tw o r k – f a tta d i g ir a d is c h i, f o n o g r a f i h o me ma d e , w a lk ma n , v in ili mo d if ic a ti, e ff e tti a p e d a le e
u n mix e r, r ie s c e a s p a z ia r e d a ll’ a b r a s iv a r is c r ittu r a e s e g u ita d a l v iv o s u o n a n d o v in ili
mo d if ic a ti d e l n o is e r a me r ic a n o A M K d e i
d u e He le g y /Y g e le h, p a s s a n d o a t t r a v e r s o l e
ma g lie d i u n a s o r ta d i d a r k a mb ie n t in tr e c c ia ta a mu s iq u e c o n c r e te d i D e mo no la tr y ,
P k Sug g e s tio n e G o e tia ( r e g is tr a te p r in c ip a lme n te in n e c r o p o li e s o tte r r a n e i c a r ic h i
d i s u g g e s tio n i p a r a n o r ma li) , f in o a d a r r iv a r e a lla r e c e n te c r u d e z z a e r u mo r o s ità d i M a c a b r e Rite s c h e r if le tte u n ’ a ttitu d in e b la c k
me ta l ma r ib a lta ta e tr a s f o r ma ta in u n g r id o
d i d o lo r e d e ll’ e r a c o n te mp o r a n e a .
Complessità, prospettive oblique, senso
d e ll’ e s tr e mo : c o mp o n e n ti e s s e n z ia li d i Ra dical Matters che la rendono al principio
d iff ic ilme n te a v v ic in a b ile e in te lle g ib ile ,
infatti solo uno sguardo attento, paziente
e c o n s a p e v o le p u ò s c h iu d e r e u n ’ e s p e r ie n z a
e s o te r ic a e d e n s a d i s ig n if ic a ti n a s c o s ti, s icuramente diretta a pochi, anche perché la
lu c e d e i r if le tto r i r is c h ie r e b b e d i s n a tu r a r n e
il senso. Abbiamo allora raggiunto via mail
il f o n d a to r e Sa n d r o G r o n c h i, c h e c i h a d e lineato e meglio approfondito le tematiche e
le d in a mic h e d ’ a z io n e d e l s u o p r o g e tto a r tis tic o - mu s ic a le .
I nna nz it ut t o v o r re i s a pe re c o s a t i ha s pint o a c re a re R a dic a l M a t t e r s .
S o n o s e m p r e s t a t o a ff a s c i n a t o d a l l a s c u o l a
te d e s c a d e l Ba u h a u s e d a q u e l l o c h e h a p ro d o tto n e lla n o s tr a c u lt u ra . Q u e s t a fa s c i n a z io n e , n e g li a n n i p o i, s i è s e m p re i n t re c c i a ta alla musica. Dopo un po’ di esperienze
nell’arte visiva e nella didattica dell’arte,
n a s c e l’ id e a d i f a r e E d i z i o n i d ’A rt e p e r i ru mo r i. Co s ì d a q u a lc h e t e m p o n e h o fa t t o u n a
priorità nelle mie giornate: registrare idee,
c o n c e tti, s e g n i, e me tte rl i i n s c e n a .
È e v ide nt e c o m e in R M l ’e s p e r i e n z a mu s i c a le r a ppre s e nt i s o lo u n a s p e tto d e l l ’e ti c he t t a , in e f f e t t i c o m p o n e n ti ti p i c h e d e l l e
a r t i s pe r im e nt a li s o no fa c i l me n te r a v v i s a bili (l’attenzione per l’oggetto-packaging,
la pro pe ns io ne a lle i n s ta l l a z i o n i s o n o re , c o m e a P io m bino e X p e r i me n ta l ’a n n o
s c o r s o ) . P uo i dirc i qu a l i mo v i me n ti a r ti stici, e non solo, ti hanno maggiormente
inf lue nz a t o ?
D i s ic u r o i g r u p p i d i r ice rc a v i s i v a d e l l a s e c o n d a me tà d e l s e c o lo s c o rs o , o p e re d i c o n fine tra design e arte visiva (come l’Optical
Art, il Movimento Arte Concreta, la Poesia
Vi s i v a e P e r f o r m a t i v a ) m a p i ù c h e o p e r e o
autori direi che ad avermi maggiormente
in f lu e n z a to s o n o le e s p e ri e n z e a c u i q u e s t e
v is io n i mi h a n n o in iz iat o , e i n q u e s t i t e rm i ni sono per me legate sinesteticamente al
r u mo r e , a ll’ a s c o lto c o m e e s p e ri e n z a e s o t e r ic a . L’ A s c o lto in f a tti, h a s e m p re c o s t i t u i t o
il comune denominatore di molte delle mie
esperienze trascorse, da qui nasce RM-ED/L.
L’ e s te tic a d e ll’ e s tr e mo è i l c a rd i n e d i q u e ste edizioni, è la fascinazione di percepire
f o r z a r e i c o n to r n i d e ll e i d e e e d e l l e c o s e .
Po i la mu s ic a p e r c h iu d e re i l c e rc h i o : s o n o
cresciuto ascoltando black-occult metal
( He llha m m e r , Ba t ho r y ), p o i i l d a rk (B a u ha us , Vir g in P r une s , D e a th I n J u n e , C u rre nt 9 3 ) , la p s ic h e d e lia (A mo n D ü ü l , H i g h
Tide ) , la d o d e c a f o n ic a (We b e r n , K u r ta g ) .
I n g e n e r a le mi a ff a s c in a l ’i d e a d e l l a re g i s tr a z io n e in te s o s ia c o m e s t ru m e n t o d i ri -
SA 21
TUNE
p ro d u z i o n e c h e com e strumento pretta me nte
c r e a t i v o , c o s ì per i dischi come per i libri.
D a i n a s t r i d i etnomusicologia dei rituali
t r a d i z i o n a l i d ell’Africa e del Tibet, ai Libri
Il l eg g i b i l i d i B runo Munari.
I l p ro g e t t o so n oro omon imo ti vede im pe g n a t o c o n g i r a dischi mod ificati, fo nogr af i ar t i g i a n a l i , locked grooves; ci racconti
c o m ’ è n a t a q uesta necessità di esprimersi
con d e l l a st r u m en tazion e che viene più f aci l m e n t e a sso ciata all’h ip -hop o alla dance?
P er q u a l c h e a nno dal 1997 al 2003, mi sono
d edi c a t o a l l a p roduzione di opere vis ive c he
and a v a n o d a l l ’ optical prim a alla poes ia visiv a e p e r f o r m a tiva poi, realizzando c on que s t e u l t i m e r i c e r che anche una tavola r otonda
o n l i n e su l t e ma A rte E N uove Tecn ologie .
D a t e m p o , i n oltre, mi occupo anche della
d i d a t t i c a d e l l ’ a rte, con particolare in te r e sse
p er l ’ a n a l i si dei modelli cibernetic i e c os t ru t t i v i st i n e llo studio dell’attività me nta l e e p e r c e t t i v a im plicata in questi pr oc e ssi.
Da q u e st e t r a c ce poi il passaggio e spr e ssiv o d a l “ g e st o al suono” è stato un p r oc e sso
n at u r a l e . L o strumento poi che più di tutti
m i p e r m e t t e v a di sperimentare un “sistema
ci be r n e t i c o - c o struttivista” nella co str uz ion e s o n o r a e r a la macchina-giradischi, dove
p o g g i a r e m a t e r iali diversi e per sfreg a me nto
o t t e n e r e su o n i con uno o più microf oni util i zza t i a l p o st o delle puntine, facendo inoltr e
i n t e r a g i r e q u e sto input anche con l’output
i n d i v e r se m a niere in m odo da otten e r e “ inf l u e n z e ” d i r e t te e controllabili. Solo dopo,
c e r c a n d o d i a pprofondire questa intuizione
h o sc o p e r t o c erti precedenti storici a c a va l-
lo tr a spe r ime nta z ione sonor a e a r te c o n te mpor a ne a da Ot om o Yoshihid e , a l B o y d
Ric e de gli a lbor i, da Philip Jec k a C hr ist ian M arc lay. La mia c ur iosità n e llo s p e r imentare è sempre stata più forte d e l l ’ a n a l i s i
de l la vor o di a ltr i a utor i pe r c ui, a n c h e s e in
buona c ompa gnia , in qua lc he mo d o h o c e rc a to di por ta r e a va nti que sto m io in te r e s s e
in ma nie r a a utoc tona e d or igina le . So n o n a ti
così bizzarri set-up basati sull ’ e s a l t a z i o n e
dei feedback dello stesso segn a l e , d o v e i l
c uor e r ima ne il siste ma “ gir a d is c h i- c a s s e /
diff usor i” modif ic a ti a ll’ oc c or re n z a f in o a
f a r li dive nta r e ve r i e pr opr i “ ogg e tti s o n o r i”
come in quelli implicati nelle r e g i s t r a z i o n i
di PK Sugge stion. Utiliz z o pun tin e , mic r o f oni, c a sse a c ustic he , disc hi a u to c o s tr u iti
con materiali eterogenei, vini l i p r e p a r a t i
sempre utilizzando la tecnica d e l “ f o r c e d
locked grooves”, tutto questo p e r ò h a u n a
forte componente elettroacusti c a , o v v e r o
spesso riesco a costruire set-u p d i q u e s t o
tipo senza l’utilizzo di nient’al t r o c h e n o n
un po’ di pile e a ttr e z z a tur e po r ta tili, p o iché per me è fondamentale cos a s u s c i t a u n
suono in un dato ambiente acus t i c o e c o m e
que sto ne inf lue nz a la c ontinuità , c o s a q u e sto “ smuove ” pe r “ simpa tia ” , qu a li f e n o me nologie a c c a dono.
c h é , a n c h e a d is c a p ito d i u n a c e r ta c o e r e n z a
c o mu n ic a tiv a , in q u e s ta s c e lta c ’ è imp lic ito
u n p u n to d i v is ta o p e r a tiv o , d o v e l’ u n o s i r iv e r s a n e ll’ a ltr o ; p o ic h é il s u o n o h a la s te s s a
n a tu r a d e lla lu c e , d e lla ma te r ia , c o n s id e r o
q u e llo c h e f a c c io u n a c o s a s o la . I n q u a lc h e
modo, questi due aspetti dell’etichetta si
s o mig lia n o mo lto a n c h e f is ic a me n te : le E d iz io n i s o n o mu ltip li d ’ a r te d i a lb u m c o n c e ttuali, pezzi unici in serie, curati e prodotti
in te r a me n te d a l s o tto s c r itto , a r tig ia n a lme n te , u n o p e r u n o ; c o s ì a n c h e le mie p u b b lic a z io n i s o n o r e s o n o in r e a ltà “ a s c o lti” , f is s a ti,
d i d in a mic h e a c u s tic h e c h e mi d iv e r to a d in n e s c a r e c o n me c c a n ic h e a r tig ia n a li, s e mp r e
d iv e r s e , u n ite d a ll’ e n tu s ia s mo e la me r a v ig lia d e ll’ e s p e r ime n to c o mp iu to .
Radical Matters è anche netlabel con le
We b E d i t i o n s / S o u n d s o u rc e s , c h e v a l o re
g li a t t r ibuis c i ne ll’ e c o no m ia de ll’ e t ic he t ta?
Co n s id e r o le We b E d itio n s u n a v e r a e p r o p r ia
c o lle z io n e p u b b lic a , u n p a r tic o la r e “ mu s e o ”
del rumore. La serie delle Soundsources
sono per me proprio il cuore della ricerca
s u l r u mo r e d i o g n i a r tis ta c o in v o lto . Sic u r a me n te q u e s to tip o d i e d iz io n i, in p a r tic o la r e
la s e r ie d e g li E P, h a a n c h e il p r e g io d i a ttir a r e g li a ff e z io n a ti d e i v a r i a u to r i c o in v o lti,
mentre la serie delle soundsources, per il
lo r o p a r tic o la r e f o r ma to , n o n d i c o s ì “ f a c ile ” f r u iz io n e , s o n o d a c o n s id e r a r s i o ltr e
che una curiosità, una vera e propria web
r e s o u r c e , u n a s o u n d lib r a r y in c o n tin u a imp le me n ta z io n e .
Come si concilia l’ultrafeticismo delle
Collectors Editions con la modernità usa
e g e t t a t ipic a de lle We b E d i ti o n s / S o u n ds o urc e s ?
Se prendiamo le Soundsources, in questo
caso la “modernità” diventa strumentale,
o v v e r o il f o r ma to d e l lo o p d ’a u t o re s i s p o s a
molto bene con il formato dell’archivio o
d e lla lib r e r ia d ig ita le , p o i c h é o l t re a re n d e re
p r a tic o l’ a s c o lto , q u e s te p a rt i c o l a ri re g i s t ra z io n i p o s s o n o d iv e n ta re s t ru m e n t o a c u s t i c o
s e s u o n a to in a ltr i c o n t e s t i , c o m e q u e l l o i n s ta lla tiv o , o mu s ic a le , s e p e n s a t i c o m e c a m p io n i d a s u o n a r e e ma ni p o l a re . D i v e rs a m e n t e l a s e r i e d e g l i E P We b E d i t i o n s p o s s o n o
rientrare nel concetto di “Multipli” d’arte,
in f a tti c o n f id a n d o n e lla p a s s i o n e d e l “ fa i d a
te ” d e i c o lle z io n is ti in t e re s s a t i , i l d o w n l o a d
d i q u e s ta s e r ie , p e r me t t e a c h i è i n t e re s s a t o
d i r ic o mp o r r e c o n i s u o i m e z z i (s t a m p a n d o ,
sagomando e incollando il packaging ed i
vari inserts e masterizzando il relativo cdr),
di creare una collezione “unica”, poiché ogni
c o p ia p r o d o tta s a r à c o s ì u n p e z z o u n i c o (s i
pensi anche solo alla stampa dell’artwork),
s e mp r e u g u a le n e l c o n t e n u t o m a s e m p re d i v e r s a n e lla s u a f is ic ità . O g n u n o a v rà l a s u a
c o lle z io n e , c r e a ta d a s e s t e s s o , a rt i g i a n a l me n te , c h ia ma n d o a p a rt e c i p a re a l p ro c e s s o
c r e a tiv o e d e d ito r ia le d i q u e s t e e d i z i o n i a n c h e il s e mp lic e a s c o lta t o re c h e c o s ì e n t re rà
a f a r p a r te d e l g io c o .
Rig u a r d o a lle Co lle c to r s Ed i t i o n s , n o n s o n o
a ltr o c h e e d iz io n i “ a p e rt e ” , l e d e fi n i re i re a d y - o n - d e m a n d , f o r s e i n q u e s t ’i d e a s t a l a
m o d e r n i t à ” d e l l a p r o p o s t a , d i ff e r e n t e m e n t e
d a lle p iù u s u a li L imited Ed i t i o n s s o n o re a liz z a te d i v o lta in v o lt a a s e c o n d a d e l l e ri chieste da parte di distributori ed acquirenti
Com e m ai hai de c iso di m ant e n e re la s t e s sa de nom inaz ione Radic al M a t t e r s pe r i
due proge t t i, que llo sonoro e que llo de lla
labe l?
I n r e a ltà na sc ono “ in sie me ” ma n o n “ in s ie me”. Ho deciso di mantenere il n o m e d e l l e
Ediz ioni a nc he pe r la pubblic a z io n e d i a lc uni pe r sona li la vor i in a mbito s o n o r o p e rSA 23
TUNE
(anc h e i n q u e sto cerco di lavorare tr a sve rs a l m e n t e , c o i nvolgendo negozi, rivenditori
o n l i n e , b o o k sh op di musei, gallerie) a nc or a
u n a v o l t a r e a lizzati artigianalmente come
m u l t i p l i d ’ a r t e , pezzi “quasi” unici, ma te o ri c a m e n t e se nza limitazione alle copie dis po n i b i l i .
tismo di St r ukt ur , Roc c he t t i, Ba d Se c t o r ,
l’ a r te c onc r e ta di AM K, Parodi , l’ a r te c o n c e ttua le di The Hat e r s, GX Ju pit t e r- La rse n, il c ubismo di c e r ti Te le phe rique o She e
Re t ina St im ulant s, l’ a ppr oc c io “ p e r f o r ma tivo” di Ze ro Kam a, M ic hae l W. F o r d, i l
supr e ma tismo di M Z412, e tc …
R a d i c a l M a t t ers fa riferimento ad una
s ort a d i i m m aginario P ost-Ind u strial c onf i n a n t e s p e s s o con il Black Metal (penso
a l l a re c e n t e w eb release d el nor ve ge se
Utar m e a l v enturo p rogetto “B la c k Ind u st r i a l G r i moire”). C osa p ensi de llo re c e n t e s d o g a n amento, di queste realtà, o
p er m e g l i o d i re, in che rap p orto cre di c he
s ti a n o c o n l a cu ltura pop olare?
H o s e m p r e i n terpretato “concettua lmente”
e m i h a n n o s empre interessato, forse per
u n v i z i o p r o f e ssionale, a certi gen e r i de ll a m u s i c a m o derna e contemporanea che se
i n t e r p r e t a t a i n chiave storiografica riporta
a l l e t e n d e n z e impostate dalle arti visive del
‘ 9 0 0 , a d e s e m pio autori come i pri missimi
Bath o r y , Ve n o m, mi hanno interessato per
l ’o ri g i n a l e i n terpretazione dell’imma gina ri o g o t i c o - si mbolista, inventando le tte r a lm e n t e i l “ s u o no” o per meglio dire i rumori
d i q u e l l ’ i m m a ginario fatto di “m ostr i” se nza v o c e c h e n ella tradizione mistic a oc c id ent a l e v i v o n o sulla soglia di m anosc r itti e
cat t e d r a l i , q u a li custodi di un infern o di de m o n i p si c h i c i e conoscenze ermetiche . Così
com e v e d o n e l la stessa chiave “visiva” molti
i m p o r t a n t i a u t o ri della scena experime nta l,
ad e se m p i o l o stretto legam e tra T he Loop
O rc h e st r a , P a n icsville, S .O.T.N .E. ecc…
c o n l e t e c n i c h e del surrealismo, il radicale
es pr e ssi o n i sm o (dichiaratam ente A z ionista )
di Su d d e n In fan t, R udolf E b.E r, l’ e spr e ss i o n i sm o a st r atto di A trax Morgu e , Whiteh o u se , l ’ i n f orm ale di D aniel Me nc he e
Lu c a s A b e l a , l’attitudine programmatica e
ci ne t i c a d i O t o L ab, K inetix, il dadaismo di
B i g C i t y O rc hestra, LT Mu rnau , l’ a str a t-
Per concludere vorrei sapere q u a l c o s a d i
più sui t uoi c ollabor at or i più s t re t t i, o v vero Pietro Riparbelli (sound a r t i s t c o n
parecchie uscite per RM) e An d re a S o z z i
( le sue t e ne brose e sugge st ive f o t o a do rnano spe sso gli ar t wor k di RM) .
Con tutti e due ho spe sso suona to n e g li a n n i
– oltr e c he a c r e sc e r e – insie me in v a r ie f o rmazioni, anche effimere, di ric e r c a s o n o r a
tr a il da r k, il bla c k e lo spe r ime n ta le , q u e s to
è stato un percorso comune pa r a l l e l o a l l a
strada che ognuno di noi ha p o i c o l t i v a t o
da solo, pe r que sto dive nta f a c ile la c o mu nic a z ione tr a di noi: Andr e a è u n f o to g r a f o
se nsibile c he c ontinua a sta mpa re a ma n o , a l
buio, le sue impressioni; sono ra p i t o d a c e r t i
f e nome ni c he r ie sc e a c a ttur a r e , p e r q u e s to
sono nati degli incontri anche t r a l e n o s t r e
produzioni: recentemente ho ut i l i z z a t o u n o
de i suoi sc a tti in Mac abre Rite s ma è s ta to a nc he c oinvolto, c ome a utor e - r e p o r te r, in
a lc une pa r tic ola r i pr oduz ioni (P. K. Sug g e stion, Goe tia) .
Con Pie tr o c ontinua da se mpr e u n a r e c ip r o c a c or r isponde nz a sugli svilupp i d e lle n o stre ricerche a volte anche co n d i v i d e n d o ,
c ome r e c e nte me nte , pr oge tti e c o lla b o r a z io ni sonor e . I l suo a ppr oc c io a l f a r e r ic e r c a
c on pr oge tti c ome PT- R e K11 ( c h e h o a v u to
il pia c e r e di pubblic a r e in va ri f o r ma ti) è
per me una garanzia di qualità e o r i g i n a l e
pe r sona lità inte r pr e ta tiva , da lla c o s tr u z io ne di harsh beat noise con mani p o l a z i o n i d i
c a mpioni sonor i r e gistr a ti e in d ir e tta d e l
pr imo, a lle a ttua li r ic e r c he in a m b ito r a d io noise del secondo, già sconfina t e i n n u o v i
or iz z onti sonor i.
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VENDITA PER CORRISPONDENZA TEL. 055-3280121, FAX 055 3280122, [email protected]
DISTRIBUZIONE DISCOGRAFICA TEL. 055-328011, FAX 055 3280122, [email protected]
WAS (NOT WAS)
MARK STEWART
“Boo!”
“Edit”
CD
Rykodisc
Was (Not Was), il
seminale ed indistruttibile progetto
del produttore Don
Was con il fratello
David, torna dopo
una lunga ibernazione con un nuovo album, “Boo!”.
Coadiuvati
da
moltissimi ospiti, i
fratelli Was, hanno
creato un lavoro la cui struttura
si regge fra testi
tutt’altro che convenzionali, ritmiche Funk, metriche R&B, Zappa e
John Coltrane. Quasi come se non fosse cambiato nulla. Pazzesco
il lavoro in fase di produzione, curato dagli stessi David e Don Was.
Partecipano al disco: Kris Kristofferson e Bob Dylan.
PLANTLIFE
QUIET VILLAGE
“Time Traveller”
“Silent Movie”
CD Rapster
Usciva nel
2004 “The
Return
of
Jack Splash”,
l’acclamato debutto
dei Plantlife, risultato
poi
disco
dell’anno per la BBC Radio 1 di Gilles Petterson. Personaggi come Gnarls Barkley, Mos
Def, Pharell Williams, DJ Jazzy Jeff, The Chemical Brothers e RJD2 se ne sono innamorati sin da subito. Con “Time Traveller”, Jack
Splash e soci, continuano quella esplorazione
musicale che li ha resi grandi. Soul anni 70,
funk, rock, elettronica/disco anni ’80, hip-hop
anni ‘90 e caleidoscopici ideali futuristi.
JAY HAZE
"Love & Beyond"
CD/2LP
Tuning Spork
In un’epoca in
cui gli ascolti
sono velocissimi e schizofrenici, Jay
Haze realizza un disco che rivitalizza
il senso di un artist-album. Già dietro
i progetti Fuckpony, con tre acclamati singoli su Get Physical, BPicth
e Cocoon, e Sub Version con Michal
Ho e Paul St.Hilaire, Jay si occupa
anche delle etichette Contexterrior,
Junion e Futuredub. “Love & Beyond” è un doppio CD che si sviluppa tra una prima parte FuturisticPop ed una seconda strumentale
costruita su parti elettroniche.
CD Crippled Dick...
Concepito e registrato tra Londra,
Vienna, Bristol e
Berlino, “Edit” è il
6° lavoro di Mark
Stewart ed il suo
ritorno
solista
dopo le collaborazioni con Tricky,
Massive Attack,
Chicks on Speed, Adult e Primal
Scream. Unico ed
inimitabile, come
sempre radicale
e politicamente impegnato, Stewart alterna momenti astratti a ritmi
schizofrenici ed esplosivi che da sempre gli sono cari sin dai tempi di
The Pop Group. Contiene la cover di ‘Mr. You’re Better Man Than I’
degli Yardbirds alla quale partecipa anche Ari Up dei The Slits.
“Sexuality”
CD/LP !K7
Dopo 3 ricercati singoli
usciti per la
Whatever
We Want ed
alcuni remix
eseguiti per
Gorillaz, Cosmo Vitelli,
The Osmonds, François K, i Quiet Village arrivano al loro debutto. Formato da Joel Martin
e da Matt Edwards (aka Radio Slave) e con il
nome preso in prestito dal capolavoro exotic
di Martin Danny, il duo riesce elabora in maniera unica e personale le influenze legate alle
colonne sonore italiana, alla disco, all’acidrock ed al soul. Quando i suoni vintage diventano moderni, e viceversa.
THE VEGETABLE ORCHESTRA
"Remix"
CD Karmarouge
Gli strumenti
convenzionali
vi annoiano a
morte? Bene,
fate come The
Vegetable Orchestra ed avete risolto il problema.
Il collettivo di Vienna, infatti, usa una
strumentazione tutta sua: carote che
diventano flauti, zucche che fungono
da basso, porri come violini e cetriolipercussioni. Ne esce fuori un suono orchestrale in cui si fondono musica sperimentale contemporanea, Free Jazz,
Noise e Dub. Partecipano all’album
di remix: Ricardo Vilalobos, Luciano,
Gabriel Ananda, Frank Martiniq, Oliver
Hack, Märtini Brös, Anja Schneider...
SEBASTIEN TELLIER
CD Record
Makers
3° album in
studio
per
Sebastien
Tellier dopo
il debutto de
“L’Incroyable
Véritè” ed il
successivo
“Politics”. I suoni creati da Tellier si collocano
con l’usuale eleganza francese fra un Serge
Gainsbourg in chiave moderna ed un’immaginaria colonna sonora morriconiana. Il nuovo disco
“Sexuality” contiene 11 brani che confermano in
pieno il talento di Tellier, uno dei maggiori esponenti della musica francese moderna al pari di
Air e Daft Punk. Proprio Guy Manuel De HomemChristo dei Daft Punk ha prodotto il disco.
APPARAT "Remixes And
GREGOR SAMSA
CD Shitkatapult
A neanche un
anno di distanza dall’ottimo “Walls”,
Sascha Ring
aka Apparat,
raccoglie in un doppio CD una magnifica collezione di remix. Divisa in
due capitoli, Apparat Remixes e Remix Apparat, la selezione contiene
le rivisitazione fatte dallo stesso Apparat per altri produttori, nella prima
parte. Viceversa, i remix più riusciti
fatti da altri sui brani di Sascha, nella seconda. Fra una cosa e l’altra, i
migliori produttori ed i remix più introvabili, sono su questo doppio CD.
Non fatevelo sfuggire.
CD Own Recs.
I kafkiani Gregor Samsa,
provenienti
da Richmond,
Virginia, sono
stati
un’assoluta rivelazione nel 2006, anno in
cui è uscito il loro secondo album,
“55:12”. Il nuovo disco, “Rest”, è altro no è che una deliziosa conferma.
Il suono delle band è un qualcosa di
mistico ed obliquo di chiara matrice
post-rock. Parti Ambient dilatate,
atmosfere che ricordano quelle del
periodo d’oro di casa 4AD, struttura
che gioca fra implosioni ed esplosioni
stile Mogwai e Godspeed You! Black
Emperor, Codeine e Low. Grandiosi.
Parts To Be Frickled"
"Rest"
SA 25
DROP OUT
PORTISHEAD
IL DOLCE DOMANI DEI PORTISHEAD
Di rado un ritorno agognato può sorprendere, tanta è l’attesa che gli si crea attorno. Eppure,
un nuovo disco dei Portishead rischia di coniugare cronaca e classicità in un solo colpo. Triphop? Manco l’ombra. Testo: Giancarlo Turra
S
. . t. r a n a f a c c e n da, la musica che diventa o
n as c e A r t e a l l o stato puro: così non f osse ,
u s e r e s t i a l t r e parole per definirla. Mestiere,
ro u t i n e , so t t o f ondo. Sostantivi che ma le si
acco m p a g n a n o a B eth Gib b on s, G eof f Barro w e A d r i a n U tley, ovvero una sciantosa
del c o t t a g e a c c anto e due strumentisti, uno
navi g a t o e d e sp erto, l’altro giovane e visionario . D a c h e si affacciarono alla r iba lta ,
t i m id a m e n t e e facendo parlare quasi e sc lus i v a m e n t e i l o ro dischi, la scossa libe r a ta
t r a i n t e r v a l l i c ronologici sempre più dilatati
m ai h a c e ssa t o di risuonare.
E cco l i q u i d i nuovo, “trenta-quara nta - c inq u a n t a e q u a l cosa” sui quali la c lessidra
n o n h a g r a n c hé infierito, manco volesse
s o t t o l i n e a r n e una volta in più l’attua lità . A
m ag g i o r r a g i o n e in questo 2008, nel qua le do p o r i n v i i , d u bbi, procrastinazioni inf inite
– i P o r t i s h e a d hanno riaperto le porte del
l o r o u n i v e r s o rivelandocelo assai mutato e
n o nd i m e n o r i conoscibile. Perché se non ti
ev o l v i m u o r i r iavvolgendo il loop di c iò c he
e r i , t i t r a s f o r mi da regista a burattino, da
fi ne d i c i t o r e a noioso barbogio. R isc hia nd o a n c h e , e g li esempi non si contano, di
s cre d i t a r e e m e ttere in discussione la bontà
e l a G r a n d e z z a del passato. N on qui: spinti
da s i n c e r a e un poco altera onestà, i Nos t ri h a n n o t o l t o il sigillo a un nuovo ma z z o
di c a r t e , r e sp i rato l’aria che tira da qua lc he
s t ag i o n e i n q u a e ne hanno restituito la lor o
i nt e r p r e t a z i o n e . Il risultato, lapalissia na m en t e b a t t e z z ato T h ird, vi è racconta to c on
abb o n d a n z a d i particolari nella sezione r e cen si o n i , m e n tre qui per bocca dello ste sso
Adri a n ( i n t e r v istato da B illboard) vi a ntic ip i amo c h e “ Non som iglia per niente a Dummy o a l d i sc o om onim o, m a ne è senz’ altro il
f r at e l l o / so re l l a m aggiore arrivato più av an-
ti lungo la strada.” Dove quel p i ù a v a n t i
rima con “avant” ma non con q u e l l a f o r m a
di psic he de lia hip c osì Nova nta. So r p r e n d e ,
Third. È un disco maturo che - i n q u a n t o
ta le - a r r iva dopo pur a gga nc ia n d o s i a l “ p r ima ” . Rughe e blue s d’ e siste nz a c h e s p o s ta no il f uoc o da l noir a l da r k, da H itc h c o c k a
Lync h. Un ga p c he non te nte r e mo d i r is o lv e r e in e qua z ioni ma c he , sic ur a m e n te , s i a n dr à c olma ndo di signif ic a ti e c ol la n ti p e r c h é
dietro a una scelta coraggiosa c o m e q u e s t a
c’è un passato altrettanto pesant e .
Era il 1994, e ancora scossi d a l s a l u t o a l
( por c o) mondo di Kur t Cobain, in iz ia mmo
a percepire gli scossoni assestat i d a u n o d e i
numerosi capolavori che videro l a l u c e t r e
anni prima di quella tragedia.
I nc a lc ola bile l’ inf lue nz a di Blue L ine s ,
sull’onda dell’hip-hop sperimen t a l e d i q u e i
Er ic B. & Rakim r ingr a z ia ti ne lla b u s ta in terna dell’lp - cioè su rime ral l e n t a t e e i n
secondo piano e su “turntabilis m ” v i r t u o s o
e dila ta ti f onda li - si pr e nde a d a b b r a c c ia r e la ba ssa ba ttuta , e spa nde r la . N a s c e q u e l
downte mpo poi degenerato in m u s i c h e t t a
da aperitivo e sushi, mentre ne l f r a t t e m p o
la ste ssa ma tr ic e - il br e a kbe at - a c c e le r a
e s’ e sa spe r a ne lla jungle . Ba r r ie r e r e s id u e
tr a r oc k e pista da ba llo c he si s q u a g lia n o
se mpr e più r a pide f a nno il r e sto , a n d a n d o a
comporre l’humus vitale da cui s i d e c o l l a .
Fu la psic he de lia a pplic a ta a ll’ h ip - h o p , il
più te r r a te r r a de i ge ne r i o c osì - s b a g lia n doc i - lo r e puta va mo. Lo c hia ma mmo , c o e r e nte me nte , trip- hop, a nc he se q u e lla c o n nota z ione a ve va più a c he f a r e c o n la s k u n k
c he l’ LSD, e i suoi timbr i viv id i a p p a r te ne va no a l c hill- out dopodisc otec a r o p iù c h e
a i Se ssa nta . Da lì c omunque di s c e s e la d e ge ne r a z ione ma instr e a m in mille mu s ic h e tte
d ’ e s tr e ma v a c u ità , a ll’ a c id ja z z p iù s p o mp o ,
a l Tr ic k y s e n ile , v ia v e r s o u n n u lla a ll’ e n n e s ima p o te n z a . A me n , g ia c c h é i p r e s u p p o s ti e r a n o b e n a ltr i e , in r e tr o s p e ttiv a , r is u lta
la mp a n te c h e l’ imp u ls o f o s s e q u e l tr e n ta tr e
g ir i d a lla c o p e r tin a s e mp lic e ma in d e c if r a b ile , p o r ta to r e s a n o d i v ir u s c h e s u lle p r ime non sapevi come interpretare ma che ti
conquistavano con archi leggiadri e disco
subacquea, incastri ardimentosi di ritmo e
melodia, azzardi rumoristi ed elevazione
lir ic a . Se l’ o g g i p e r c e r ti v e r s i s i c h ia ma
Bur ia l c h e s a ld o tie n e in ma n o il te s timo n e
d i Go ldie e ( p u r n e ll’ ab i s s a l e d i v e rs i t à ) D J
Sha do w , il f ilo s ’ a r r o t o l a fi n o a i M a s s i v e
A t t a c k, a q u e l Wild B u n c h , f i g l i o - c o m e
Spe c ia ls e P o p Gro up / M a r k S te w a r t - d i
u n a d e s o la ta c itta d in a m u l t i ra z z i a l e (n o n c h é r is e r v a u n iv e r s ita r i a p e rd i t e m p o ) c h i a mata Bristol. Giusto. Parliamo di collettivi.
N o n d i b a n d in s e n s o tra d i z i o n a l e . C o n c e t t o
a n c h ’ e s s o in v ia d i s g r e t o l a m e n t o g ra z i e a l
p o s t r o c k c h e a Br is to l n o n m a n c a d ’a rri v a re e di tal fattura si compone la cartilagine
Po r tis h e a d , a g g r e g a to a s e n t i r l o ro d i “ v i c i n i d i c a s a c o n u n a fo r te p a s s i o n e p e r i l j a z z
SA 27
DROP OUT
e i l ro c k ” . G l i am ici-per-così-dire c onquis t e r a n n o u n s u ccesso inatteso in Inghilterra,
u n d i sc o p r e se nza fissa dei “critics poll” di
f i n e a n n o g i à vincitore del Mercury Prize
e, b o t t o f i n a l e , 150.000 copie vendute ne gli
S t ati U n i t i se n za una tournée promoz iona l e . N o n s ’ e r a mai visto, o quasi. Il fatto è
che l a f o r z a e la G randezza di D u mmy ( Go!
Di s c s, 1 9 9 4 ; 8.5/10) stanno dentro e f uor i
n o n a u n a m a t ante ed eterogenee tra diz ioni,
com e g l i a l i e n i che in X F iles “sono già tr a
n o i ” e c h i s s à da quanti anni. Da tre, almeno,
c o n s i d e r a n d o che appunto nel ’91 a Bristol
i l pr o g e t t o p r e nde form a per mano d e l poc o
p i ù c h e v e n t enne Geoff Barrow. Barrow
v a n t a u n a g a v etta presso il locale studio di
r e g i s t r a z i o n e Coach House e l’ami cizia di
M assi v e e Tr i c ky. In Homebrew , gemma dim en t i c a t a d e l ’ 92 di N en eh C h erry ( e x Rip,
Ri g & P a n i c , ulteriore pezzo sullo sca c c hie re), f i r m a u n a Som edays anticipo di f utur o,
n o n c h é e c c e l sa love song che scorre su una
citazione pianistica beethoveni a n a . S t r a d a
tutta in disc e sa , gia c c hé f ioc c a n o r e mix p e r
Pr im al Sc re am e De pe c he M o de e a v v ie ne l’incontro con Beth Gibbons, c a n t a n t e d i
sette primavere più vecchia che s c a t e n a n e l
r a ga z z o la voglia di un pr oge tto tu tto s u o .
Beth cantava nei pubs (scappa d a r i d e r e , a
imma gina r se la …) e d è c a ta liz z a to r e d ’ e c c e zione per lo slancio creativo d e l b i e n n i o
seguente, lungo il quale vengo n o p o s t e l e
fondamenta del palazzo Portish e a d . A r r i v a
l’esperto chitarrista Adrian U t l e y ( c l a s s e
1958, un pa ssa to c oi Jaz z M e sseng e r s ) e d è
il toc c o c he ma nc a , se ppur de f ila to ( ma è u n
progetto, non un gruppo: ergo no n i m p o r t a ) .
Parallelamente all’esordio, il tr i o l a v o r a a l
c or tome tr a ggio To Kill A De ad M a n , o ma g gio a i f ilm spionistic i de i Se ssa n ta ( n e l q u a le essi stessi recitano) e che è c o r r e l a t i v o
visivo de l disc o in a r r ivo. For s e . Ra p p r e se nta una de lle più r obuste f ont i is p ir a tiv e ,
pure il primo palesarsi del gioc o s o t t i l e t r a
r e a ltà e p e r c e z io n e , tr a il v e r o e i s u o i a v a n z i ( c o n c o r d a , v e r o , ma e s tr o A nt o nio ni? E
p u r e le i, n o , M r. Hit c hc o c k? ) . L a G o ! D is c s
f iu ta l’ a ff a r e e li me tte s o tto c o n tr a tto . Po c o
d o p o D u m m y è n e i n e g o z i e il r e s to è s to r ia ,
anche e soprattutto del cuore.
Già, perché avevamo trovato la perfetta
c o lo n n a s o n o r a , s e p r o p r io n o n d e ll’ in v e rno dei nostri scontenti, certo dell’autunno.
Elegante, ricca di suggestioni visive, colta
c o me u n a P ia f r in g io v a n ita in u n a c ittà imma g in a r ia , tr a n u v o le g r a v id e d i p io g g ia c h e
n o n s i s c a te n a n o d a v v e r o ma i, v ic e v e r s a la s c ia n o a d d o s s o u n a c o ltr e d ’ u mid a tr is te z z a .
Più le g a ti a lla tr a d iz io n e d i c o mp o s ito r i p e r
la c e llu lo id e c o me La lo Sc hif r in ( c a mp io n a to in S o u r Tim e s ) e Be r nha r d He r r m a nn,
o ma g a r i a d a v v e n tu r ie r i d e lla s te r e o f o n ia e
d e ll’ e le ttr o n ic a d e lla g e n ia d i u n J o hn Ba rry (quelle chitarre; gli echi e i rimbombi
d e ll’ o n d a s o n o r a ) e u n Os ka r Ska la , i t r e s i
p r o p o n e v a n o s c o s ta ti d a i r if le tto r i c o me in te lle ttu a li timid i ma s e n z a s p o c c h ia , tu tt’ a l
più ironici e a capo chino sulla musica. Così
lontani - e per questo così vicini - da quei
f r a te lli M a s s iv e A tta c k c u i s mu s s a n o il la to
b l a c k i n n o i r, r a c c o g l i e n d o n e d a m a e s t r i
lo spirito senza imitarne la forma. Dotati
dell’umiltà di un nome importante, poco o
n u lla c ita to a p r o p o s ito d i Po r tis h e a d , q u a le
q u e llo d e i Ta lk Ta lk d e l l a s v o l t a “ p o s t ” . I l
lo r o b a tte r is ta P a ul We bb è r in g r a z ia to d a lla Gibbons nelle note di copertina e tornerà,
ma in ta n to c h iu d e u n p e z z o n o n in d iff e r e n te
d e l c e r c h io . Simile è la d is ta n z a a p p a r e n te, tutta britannica, tra autore e contenuto,
e v id e n te n e lla n e w w a v e ( e c c o lo , il le g a me all’oggi) che nei suoi predecessori di
“ n o n r o c k ” in te lle ttu a le ; c o mu n e la te c n ic a
d i s tr a n ia me n to p a r te c ip a to e in f in e a c c o stabili le tessiture, il rendere l’ascoltatore
p a r te c ip e d e lla p r o p r ia f r a g ilità e mo tiv a e
delle incertezze latenti. Se si eccettua la
r itmic a c o llo c a ta in a v a n ti n e l mix e i ta g li
o r iz z o n ta li d e llo “ s c r a tc h in g ” , g li a mb ie n ti
d i Wa n d e r in g S ta r - a r mo n ic a e h a mmo n d in
f a n ta s ma tic a d ia lo g a r e p iù u n b a s s o ip n o tic a me n te f is s o - s o n o s o ttr a tti d a La u g h in g
S to c k , me n tr e I t’s A F ire n e c o s titu is c e f u lgida outtake virtuale. Non rinunci a nulla di
q u e s to a lb u m s tr e p ito s o , d a lle la me d i th e r e min c h e f e n d o n o u n ’ a c c o g lie n te tr is te z z a
(M y s te r io n s ) a l tr e mo lo c o s ì J a me s Bo n d d i
c o r d e e r in to c c h i d i s o n a r (S o u r Ti m e s ) , a l
ja z z in c a me r e d ’ e c o d u b -h o p (i l t ri s d ’a s s i S tr a n g e r s /P e d e s ta l/Bi s c u i t ) a l m a g i s t ra l e
c o mp ita r e la s c u o la b r i s t o l i a n a t ra s i n c o p i
d i r u lla n te e d u b b i Sou l I I S o u l ( It C o u l d
B e S we e t) . Ba s te r e b b e a fa rn e i l c a p o l a v o ro che è, non ci fosse il valore aggiunto di
u n ’ a n s ia s ta tic a c h e at t a n a g l i a p e r t u t t i i
suoi cinquanta minuti e si scioglie in due
mo me n ti s te lla r i, s ta g l i a t i s u l l ’e c c e z i o n a l i tà a p ie n e ma n i e i c a m p i o n a m e n t i d ’a u t o re
tr a s f ig u r a ti. C’ è u n mo n d o i n t e ro ra c c h i u s o
nel gassoso soul dal cuore dilaniato, ferito
c o n o r c h e s tr a e tw a n g c h i t a rri s t i c o Ro a d s e
in q u e lla p e r f e tta “ to r ch s o n g ” d a G e n e r a z io n e X c h e r is p o n d e a l n o m e d i G l o r y Bo x .
Sis te ma ta c o n in te llig en z a i n c h i u s u ra , d o n d o la s u u n c a mp io n e d i I s a a c H a y e s v e r s o
f o n d a li d o lo r o s i, s e i c o rd e c h e s c o rt i c a n o e
p a r o le a ltr e tta n to ( “ D a m m i u n m o t i v o p e r
a m a r t i , d a m m i u n m o t i v o p e r e s s e re d o n n a ,
v o g lio s o lo e s s e re u n a d o n n a ” ). A rri v a , i m p r o v v is o , u n b r e a k b e a t e l o s e g u e u n u rl o d i
pena che commuove e fa male, infine cala il
s i p a r i o . S c r o s c i a n o s o lo a p p l a u s i .
D iff ic ile imp r e s a d a r e u n s e g u i t o , o l t re t u t to mentre cresce un clamore mai inseguito
(nelle interviste, peraltro rare, Beth non è
ma i p r e s e n te ) : c o n la s o l a p o t e n z a d i t a n t a
b e lle z z a s i s c a la n o le ch a rt s , i v i d e o - v e ri e
p r o p r i min i f ilm - c a r i c h i d ’i n q u i e t a n t e ro manticismo trainano il disco ed è successo.
Pe r a p p r o f itta r e d e ll’ h y p e i n m o d o c re a t i v o ,
i s in g o li s o n o c o r r e d a t i d a re m i x e i n v e n zioni, i migliori del cesto sciorinati nella
me z z ’ o r a d e l min i So u r Ti m e s ( G o ! D i s c s ,
1 9 9 4 ; 7 . 3 /1 0 ) , d o v e u n T h e m e Fro m To K i l l
A D e a d M a n d i p u r o d is t i l l a t o B a rry a c c o m pagna quattro riletture del brano omonimo
tr a o mb r e d i ja z z a c id o , t ri p -l o u n g e a ffa t t o
s c o n ta to e d j- a r t d i v e c c h i a s c u o l a . S u d i e s s e
s v e tta u n a s e n s a z io n a le e g ra ffi a n t e o p z i o n e
r o c k in tito la ta A ir b u s Re c o n s t r u c t i o n , g i o c o
a l r imp ia ttin o c o l q u a le - m e n t re e s p l o d e l a
m o d a t r i p - h o p e Tr i c k y s i i n f i a m m a c o m e
N e a r ly Go d - i l t e r z e t t o g e s t i s c e l a f a m a
c o n o c u la te z z a . To c c a a t t e n d e re i l 1 9 9 7 p e r
la r e p lic a , s a g a c e me n te i n t i t o l a t a Po r t i s h e a d ( G o ! D is c s , 1 9 9 4 ; 7 . 8 / 1 0 ) e i m p r o n t a t a
solo in parte al già detto (ben sottolineato
n e l p ia n is mo c la s s ic o d i U n d e n i e d , i n q u e l lo ambientale colmo di blues metafisico
We s te r n E y e s e n e lla c h i ru rg i c a O v e r ; m e n o
SA 29
DROP OUT
n el la f e d e l e a lla linea Seven Months) , c oncen t r a t o se m m ai sul guardarsi allo spe c c hio
e s c o p r i r e i l v elo del cambiam ento. Rif iuta
i l br a n o t r a i n a n te, l’opera, ed è ragione vole
che l e v e n d i t e saranno m inori ma l’a c c omod ars i n e i c u o r i no. P arla chiaro anche l’ imm ag i n e i n c o p e rtina, roba da Lynch pr e sta to
al l a v i si o n a r i a B B C dei sixties, che ra c c hiud e u n a B i l l i e Holid ay inasprita da ec topla s m i d i p i a t t i Technics e saliscendi c hita rri s t ic i ( C o wb o ys; la sua gem ella E ly sium),
o rch e st r a z i o n i da diva psicotica (A ll M ine ),
s os p e n si o n i i r r eali (la suprem a belle z z a di
Onl y Yo u ; i l jazz orbitante Mourning Air)
s e n o o r r o r o se (H um m ing), crescendo di f itt i zi o c a n d o r e ( H alf D ay C losing, “ ispirata
d a g l i U n i t e d States O f A merica”: q ue stion e n o n d i g e o grafia ma di Storia). La resa
d e l l e e m o z i o n i pare chiudersi su sé stessa
i n g r u m i d i s ignificato, fram m enti di sol u z i o n i c h e a t traggono e imprigionano nei
l o r o v o r t i c i . S enza che baleni il proposito di
u s ci r n e , b e n i nteso. A sorpresa, dopo dodici m e si si d a alle stampe il piacevole lusso
Ro se l a n d N Y C L ive (1998; 7.2/10), sor ta di
“bes t o f ” i m m ortalato nel luglio prec e de nte ,
i n fi o r e t t a t o d i m isurata orchestra e ottoni
p u n t u a l i , su o n a to nel senso pieno e ve r o de l
t ermi n e ; u n g e sto di razza che spie ga e ff icace m e n t e i m e ccanismi tecnici della ma gia
p o rt i sh e a d i a n a e regala più d’un brivido. Si
s p a r i s c e , d o p o, tornando in quell’alveo di
s i l e n z i o d a l q uale si era venuti. Inglesi, e
v a b e n e , m a più isolani che isolati, attenti
a l l a l o r o p a s s ione che prima o poi viene a
g al la . N e è p i eno O ut O f Season (G o Disc s,
2 0 0 2 ; 7 . 5 / 1 0 ) , intestato alla G ibbon s e a un
Ru s t i n ’ M a n che altri non è che il signor
Web b , e si se n te eccome nella filigr a na son o ra e i n t a l u n e sospensioni strumen ta li. La
fa da padrone una revisione de l f o l k - r o c k
da pr imi a nni ’ 70, tr a “ que l” N ic k o ma g gia to in Drak e e le sc he gge Pe nt a ng le , m a
a tte nz ione , pe r c hé Re solv e è u n a ma i e s istita Fait hf ull c he r ile gge Coh e n. S i n c e r o
e umbr a tile , intr e c c ia off usc a te v ib r a z io n i
anche sinistre nella luminosa f a m i l i a r i t à
a c ustic a ( M y ste rie s) , ve na ta d’e r r e b ì ( To m
The M ode l) e c a me r istic a a ma r ez z a ( S h o w) ,
volta a sc ivolosi ibr idi ( una Spi d e r M o n k e y
di ne r voso or ie nta lismo, il ja z z g r e g o r ia n o
Romanc e ).
Fuori da qualsiasi stagione che non sia la
sua, è un culto da amare senza condizioni,
anche in ragione del suo non parafrasare il
gruppo madre in chiave unplugged come ci si
poteva attendere (tranne che nella novembrina Funny Time Of The Year, dal titolo ironicamente fuorviante). Più facilmente, ne tiene
conto mentre rivisita la tradizione. Il resto
è attualità: il ritorno dopo undici anni - che
volete che siano? - col terzo atto, coerente nell’esprimersi come sa e deve, pescando equazioni logiche (il krautrock che, via il
Duca Bianco berlinese, preconizzò la nuova
onda) e cesellando un rock intinto d’introspezione, fantasma fin qui recondito e mai
placato. E’ nel passato illustre dei pionieri
che il gruppo pesca, viaggiando nella coda
della cometa di Faust e Silver Apples, infilando la testa dentro alla tremante emotività Joy Division e offrendo accenni di jazzismo libero e liberato. Vi troverete questo e
parecchio altro, tra cui il lascito folk della
Gibbons solista. Soprattutto, la certezza di
un disco capace di crescere con gli ascolti,
di raccontare l’adesso perché maneggia alla
perfezione tanti fertilissimi ieri. Siamo, per
questo, più ammirati e riconoscenti che mai.
Vale la pena sedersi e attendere, certe volte.
SA 31
DROP OUT
Paris Jungle
Fuoco dalle banlieu
L’infuocata scena musicale parigina viene da lontano: un
frullato degli ultimi dieci anni, tra robotiche Daft Punk,
Beastie Boys e DFA, mescolato all’hip hop ibrido delle banlieu
e ispirato all’estetica dubstep inglese. In continuità con
la rovente guerriglia urbana che nei Novanta incendiava la
capitale, vista nel realismo de La Haine di Kassovitz. Fino
all’oggi di Missill, Dinamite MC, DJ Vadim e DJ Netik.
Testo: Marco Braggion e Teresa Greco
SA 33
DROP OUT
S egn a l i d a P a rigi, fum o elettrico me sc ola t o c o n l e i n f l u enze del C om m onw ealth br it ann i c o : i l b h angra indiano che spopola e si
m es c o l a c o n l ’ hip-hop, l’aria di rivoluz ion e d i r e t t a m e n te da L a Hain e delle ba nlie u e a n c o r a i n fiamme. Gli ingredienti della
n u o v a sc e n a musicale nascono dall’ e ste tic a
f r u l l a t a e s c o mposta degli ultimi dieci anni,
i n f a r c i t a d a l funk electro robotizzato dei
Daft P u n k e d a lla “così lontana così vic ina “
New Yo r k d e i B eastie B oys e della DFA, da
e t i c h e t t e e l e c t ro che nascono come funghi:
E d B a n g e r, I nstitubes, Citizen e Kitsuné.
M a n o n è s o l o p-funk, baby. La ritmica da
d anc e f l o o r si m escola con l’hip h op me t i cci o d e g l i a bitanti delle rue e dei Ca mpi
El i si : B- b o y s e B -girls che usano la music a
c o m e u n ’ a r m a per esprimere e manifestare
d i s s e n s o . I l t u tto ereditato di striscio dalla
c o n t r o c u l t u r a dubstep, da personaggi oscuri
com e K o d e 9 , Warrior Qu een e altr e f a c c e
t r a sv e r s a l i d e lla Soul Jazz, la London che
s m o n t a i c o n f ini ad ogni singolo, r ie la boran d o i r i c o r d i del passato roots trapia nta nd o l i n e l “ m u s i c pot“ presente e vivissimo.
Passato prossimo urbano
Prima di parlare della nuova g e n e r a z i o n e ,
f a c c ia mo un pa sso indie tr o. I l p a s s a to d e lla
c a pita le de i ga lle tti da noi è a rr iv a to a ttr a ve r so le imma gini te le visive : r ic o r d ia mo in
pa r tic ola r e que i f uoc hi c he illumin a v a n o le
notti di pe r if e r ia e que l se nso d i in s ta b ilità
e di impote nz a c he tr ova va sf og o s o lo n e lla
gue r r iglia ur ba na . La tr a duz ione s u p e llic o la di que sto f e e ling l’ a bbia mo v is ta n e l f ilm
di M at hie u Kassovit z , La Haine ( L’ o d io ) ,
in que i Nova nta c he da noi r ibol liv a n o n e lle
a ule de i tr ibuna li e c he la str a d a l’ a v e v a no persa di vista. La storia è p r e s t o d e t t a .
1995: sia mo ne lle ba nlie ue , a L e s M u g u e ts ,
il giorno e la notte successivi a l l a r i v o l t a
urbana con la polizia, scatena t a s i d o p o i l
pestaggio durante un interroga t o r i o d i u n
r a ga z z o de l qua r tie r e , Abde l I c h a h , 1 6 a n n i,
c he è or a in c oma . I l f ilm se gu e le v ic e n d e
di tr e r a ga z z i, un e br e o, un ma gh r e b in o e u n
a f r ic a no, tr e modi diff e r e nti di a ff r o n ta r e la
vita e le stor ie c ontinge nti c he ac c a d o n o in torno a loro. Abdel poi morirà, s c a t e n a n d o
ulte r ior me nte la f ur ia de lla r ivo lta e la r e -
a z io n e d i u n o d e i p r o ta g o n is ti, Vin z ( Vinc e nt C a s s e l) . P r e m i o p e r l a m i g l i o r r e g i a
a l Fe s tiv a l d i Ca n n e s 1 9 9 5 , L’ o d io h a s e g n a t o l ’ a ff e r m a z i o n e d i K a s s o v i t z c o n u n o
s tile f o r te : r itmo s e r r a to , r e a lis mo e s a s p e rato, concatenazione per accumulazione,
b ia n c o e n e r o liv id o a c c o mp a g n a to in mo d o
s in c o p a to d a u n a c o lo n n a s o n o r a c h e me s c o la reggae, hip hop, rap e ritmi urbani, un
suono meticcio che ingloba un meltin’ pot
usato come arma per rivendicazioni sociali.
I s p ir a to a u n f a tto v e r o d i c r o n a c a s u c c e s s o
tr e a n n i p r ima n e lle r o v e n ti p e r if e r ie p a r ig in e , L’ o d io è p a r l a t o i n “ v e r l a n ” , s t r e t t o
dialetto parigino che accentua il realismo
e la v e lo c ità d e i d ia lo g h i. Film d ia lo g a tis s imo q u in d i, “ u r b a n lin g o “ e s tre e t ta lk in g :
n o n p o te v a e s s e r e a ltr ime n ti. I l p r o ta g o n is ta
Vi n z , i l r a g a z z o e b r e o p i e n o d i r a b b i a c h e s i
f a r is p e tta r e c o n la v io le n z a , n o n c o n o s c e n d o a l t r i m e z z i , s i i s p i r a a l Tr a v i s B i c k l e d i
Ta x i D r iv e r , r ic h ia ma n d o lo a n c h e n e ll’ ic o n o g r a f ia , e r ic o r d a n d o l’ a n a lo g o p e r s o n a g g io d i M o to r c y c le Bo y in Rumb le Fis h d i
C o ppo la , s u l mo d e llo d e i ta n ti re b e ls with o u t a c a u s e d i j a m e s d e a n i a n a m e m o r i a e
c a r a tte r i s imili me s s i in s c e n a d a Sc o r s e s e e
Spike Le e , tr a g li a ltr i. A n c h e s e a d iff e r e n z a d e g li e s e mp i p r e c e d e n ti, i p e r s o n a g g i d e
L’ o d io n o n s o n o m o s s i d a c o n f l i t t i i n t e r n i ,
ma e s te r n i e le g a ti a l c o n tin g e n te . I l r e g is ta
p o i d a l s in g o lo e p is o d io d e lle b a n lie u e a lla rg a il q u a d r o a tu tta la Fr a n c ia ( l’ a p o lo g o
f in a le s u lla f in e d e lla s o c ie tà , c h e r ip r e n d e la s c e n a in iz ia le d e ll’ u o mo c h e p r e c ip ita
dal cinquantesimo piano): la Francia come
simbolo dell’Occidente devastato dall’odio,
dai conflitti razziali, dalla violenza da cui
n e s s u n o è e s c lu s o . L a c a d u ta d e ll’ u o mo c h e
si vede a inizio film è infatti quella che poi
si esplicita per tutta la sua durata.
I l f ilm h a s u s c ita to n u me r o s e p o le mic h e a lla
s u a u s c ita in Fr a n c ia , p e r la c r u d a r a p p r e s e n ta z io n e d e lla p o liz ia f r a n c e s e , la q u a le h a s c o n f e s s a to d a s u b ito la p e llic o la . E
g u e r r ig lie u r b a n e e r iv o lte s i s o n o c o n tin u a te a r ip e te r e : è c r o n a c a q u o tid ia n a o r ma i d a
parecchi anni. Già a fine 2005 Kassovitz,
che nel frattempo aveva tenuto un basso
p r o f i l o s u l l ’ a rg o m e n t o , a v e v a p o l e m i z z a t o
d a l s u o b lo g ( w w w. ma th ie u k a s s o v itz . c o m/
b lo g /) c o n l’ a llo r a min is tr o d e ll’ in te r n o N ic o la s Sa r ko z y , il q u a le a v e v a in v o c a to la
r e p r e s s io n e n e i c o n f r o n t i d e l l e ri v o l t e n e l l e
b a n lie u e . L’ o d io è a n ch e p e l l i c o l a s t ra c o l ma di musica, usata come concatenazione
tra una scena e l’altra, mentre si procede
per continue accumulazioni: come nel ‘68
s i a s c o lta v a l’ u r lo d i I mm i g r a n t S o n g p ri m a
d i in d o s s a r e l’ e s k imo ed u s c i re a m a n i fe s t a r e , n e i N o v a n ta il r o c k v i e n e s o s t i t u i t o c o n
il r e g g a e d i Bo b M a rl e y ( i n a p e r t u r a c o n
B u r n in g A n d Lo o th in g , m e n t re v e n g o n o l u n gamente mostrate immagini - di repertorio
- di scontri con la polizia, della Parigi che
b r u c ia in c a n d e s c e n te ) e c o n l a b l a c k m u s ic ( I s a a c Ha y e s c o n T h a t L o v i n g Fe e l i n g ,
T h e G a p Ba n d ) , l’ h ip h o p e i l ra p (i B e a s ti e
Bo y s , Cu t K ille r p iù ta rd i c o n M c S o l a a r ,
A s s a s s i n ) , i l f u n k ( C am e o , Z a p M a m a ) , i n
un mix inscindibile dalle immagini.
Forward to present
Oggi il problema violenza urbana resta,
anche se non fa più notizia, anche se i TG
s o n o d is ta n ti a n n i lu c e d a l re a l e . N e l l ’e ra
Sa r ko z y la Fr a n c ia c h e s c i o p e ra , l a P a ri g i c h e f a tr e ma r e c o n l e s u e m a n i fe s t a z i o n i
g li s c r a n n i imb o ttiti d e i p a l a z z i d e l p o t e re e
b lo c c a p e r u n a s e ttima n a l a M e t rò , l a g e n t e
SA 35
DROP OUT
che si r i b e l l a all’im m obilism o della c la sse
d i ri g e n t e so n o segnali che si traduc ono a nc h e i n m u s i c a , che fanno smuovere lo stile
g l o b a l i z z a t o . Il padre storico di que sto mis c u g l i o p r o l i f ico è Manu Chao che con la
s ua M a n o N e g ra ha aperto nuovi orizzonti,
nuove vie.
M a s e q u e l g r uppo era (e rimane) un culto
m ain st r e a m , g li eroi di oggi non so no sull a b o c c a d i t u tti, anzi, sono da scopr ir e a tt rav e r so l e c o nnessioni e le amicizie sulla
r e t e , q u a s i u n passaparola da nerd fanzinari.
Im p o ssi b i l i t a t i a trascorrere i w eeke nd ne ll a ca p i t a l e d e l l’haute couture, ci muovia mo
a t t r a v e r s o i l download e le connessioni, i
fo ru m e i c o m m enti m yspaceiani di f a n e nt u s ia st i , l e c l i p su YouTube e le poch e usc it e u ff i c i a l i . E rinasce improvvisamente la
s en sa z i o n e d e lla m usica dei prim i Nova nt a, q u a n d o l a jungle di Gold ie impazzava,
q u an d o l a f r e s chezza della scoperta stupiv a a n c h e i p i ù agguerriti tradizionalisti de l
q u att r o . D a q uelle connessioni nacq ue r o f ig l i p r o r o m p e n ti che sfottevano il tempo e le
m o d e : d r u m ’ n ’ bass, nu-jazz, big bea t e tr a nc e . O g g i d a l network bisogna tagliare col
m ac h e t e l e f o glie dei parassiti im pesta nti e
c e r c a r e d i u s c ire vivi dalla Paris Jungle.
I l f e n o m e n o n on coinvolge solo le folle di
r a v e r s o d i h eadbangers da festiva l, bensì
d i v e n t a s e m p r e più una questione di stile.
S t i l e c h e c o i nvolge le nuove 4 vie. Basta
con M . C . - i n g , rapping, graffiting e tur nta b l i sm : o g g i c i misuriamo con t-shirting, de s i gn i n g , f e a t u ring e agit-poshing. L a str a da
t ras l o c a su l l e passerelle della moda ? I vol ant i n i c i c l o st ilati diventano flyers, gli slog an d i v e n t a n o riff e i fruitori di questa mus i c a p o r t a n o t utto su un piano mondano: jet
s et v s. i m p e g no. P oli opposti o facc e de lla
s t essa m e d a g l ia?
L’ i n c o n t r o f r a moda e politica, fra musica
e l e t t r o n i c a e passerelle/palchi l’avevamo
g i à v i s t o n e l l ’ascesa di un personaggio in
b i l i c o t r a i d u e mondi: M.I.A .. L a pa siona r i a d e l r i t m o e della contaminazione delle
i n fl u e n z e e t n o-bhangra, nel 2007 ha inf uoc a t o i p a l c h i e le consolle dei DJ di tutto il
m o n d o . S a r à per la bella presenza, saranno
i s u o i m o d i schietti e le sue dichia r a z ioni
s en z a p e l i su l la lingua, ma M.I.A . è dive nt a t a u n s i m b o l o per la nuova generazione di
n o n so l o t e e n . La sua musica è quello c he più
di globa liz z a to possia mo a sc olta r e , o v v ia me nte pr ove nie nte da una de lle c a p ita li d e lla music a se nz a c onf ini. I l punto d i p a r te n z a
e di sc a mbio di suoni è a nc or a u n a v o lta la
London Ca lling, c he ha da se mp r e s f o r n a to
talenti giovanissimi e schietti ( v e d i , t a n t o
pe r dir ne una , l’ a ltr a r r iot- te e n c h e è La dy
Sove re ign) . Que llo c he oggi pas s a a l d i là
de lle bia nc he sc oglie r e di Dov e r è la s to ria del ritmo: Giamaica e Mag h r e b , I n d i a
e ghetto americano. Tutto comp r e s s o i n u n
f ile *.z ip di pa tc ha nka ne w glob a l à p o r te r,
c he a tte nde di e sse r e e splor a ta e – s o p r a ttutto - ballata.
M-I-Double S-I-Double L avec la Crew
La guida per sopravvivere al caos suburbano
parisien è una lei. Il suo nome di battaglia:
Missill. La bella jeune-fille inizia a muov e r s i c o m e g r a ff i t t a r a e d e s i g n e r a l l ’ o m b r a
della crew BMC. Il suo percorso artistico
si avvicina sempre di più alla musica e nel
1999 è resident alle serate “Rumble in the
Jungle“ al Batofar e al Glaz’art parigini;
n e l 2 0 0 3 s b a n c a a l f e s t i v a l Tr a n s m u s i c a l e s
di Rennes a fianco di nomi del calibro di
A m p F i d d l e r, J a y l i b , K o w a l s k i , K r u d e r e
F i s c h e r s p o o n e r, p o i f i n a l m e n t e a 2 2 a n n i i l
debutto con Mash Up (Discograph, ottobre
2005), acclamato dall’elettrocritica mondiale come uno dei migliori mix dell’anno.
Ancorato saldamente alla cultura del break hip-hop mescolata con qualche accenno
d i e l e t t r o n i c a e f u n k y, p i ù d a l l e p a r t i d e l l e
crew “old-school“anni 80 di Africa Bambataa che alle transizioni rock dei Beastie,
la lunga compilation propone già qualche
spunto di riflessione electro. In breve tempo
s i a ff e r m a c o m e u n a d e l l e v o c i p i ù f r e s c h e
e pronte ad accogliere i suoni che stanno
trasformando il suo territorio. Oggi esce il
n u o v o d i s c o : Ta r g e t s ( B M C - D i s c o g r a p h /
Self, 10 marzo 2008, su SA #41). E il salto
di qualità c’è tutto. Anzi di più. I featuring
spaccano, inseriscono idee e anima global,
brainstorming ritmico e voglia di novità
stilose, senza compromessi; le tracce autoprodotte dalla street punker sono perfetto
post-Daft, acidità concentrata per le folle che assistono ai suoi show (andatevi a
g u a r d a r e s u Yo u Tu b e q u a l c h e f i l m a t o t a n t o
per vedere la popolarità del missile terraaria). Ma chi sono questi alfieri del nuovo
SA 37
DROP OUT
suono urbano? I nomi sono molti e variegati, ma le diversità che si incontrano stanno
t u t t e s u u n Tr a n s E u r o p e E x p r e s s c h e p a r t e
da Londra e arriva allo stile, dal vecchio
break anni ‘90 ai flash dei paparazzi. La
nouvelle vague ha una base solida di beat
che guarda alla moda, e in questo frangente
i punti di contatto con il punk sono molteplici. Il no-future è nato più che sui dischi
s u i n e g o z i d i Vi v i e n n e We s t w o o d e s u l l e
copertine dei magazine indipendenti, sulle
pin e sulle borchie, sulle creste e sul nuovo modo di vivere la musica, lasciando da
parte il passato e dichiarando (per pochissimo) l’indipendenza. Oggi sappiamo che
la separazione dallo star system è durata
un batter d’occhio e che estromettersi dal
mercato è (stato) un sogno. Con il senno di
poi, perché non prendere come base l’appartenenza allo star system e smontarlo con
suoni che spaccano? Distruggere il sistema
da dentro? Prima di trarre conclusioni avventate, torniamo alla cronaca. La base del
nuovo sound “urban punk“ la costruiscono due personaggi che con il ritmo hanno
scolpito la loro carriera. Il primo è Dynamite MC: lui è l’anello di congiunzione
c o n l e e s p e r i e n z e d e l d r u m ’ n ’ r a p p i n g t a rgato UK. Roni Size, Reprazent, e Scratch
P e r v e r t s r i e m e rg o n o d i p r e p o t e n z a d a l l e
macerie della fine dei Novanta. Dynamite
ha partecipato a quel New Forms (1997)
che ha rinnovato le nostre convinzioni sul
ritmo. Da lì in poi è partito tutto di nuovo: grazie a quella bomba oggi si celebrano
i neri baccanali dubstep, senza quel disco
niente sarebbe com’è. Dopo le innumerevoli collaborazioni con crew e DJ, dopo aver
scritto tracce per i mondi virtuali del videogame bestseller Need For Speed, il nostro
rapper ha ben pensato di produrre dischi da
solo. Oggi ritorna a segnalare la sua presenza attraversando la manica, rappando su
q u e l l ’ i n n o r a g g a c h e è F o r w a rd , u n a c o s a
che collega Kingston al vecchio continente
attraverso un’attitudine blackissima; e poi
n e l l a a c i d - p r o p To x i c k , c h e f a t r e m a r e i ‘ r a gazzi bestia’ newyorkesi spaccando il culo
p u r e a l l e d i s c e n d e n z e s m a r r i t e d e i R AT M .
L’ a l t r o è D J Va d i m , d i r e t t a m e n t e d a l l a
f r e d d i s s i m a S a n P i e t r o b u rg o a t t e r r a c o n
delle cose da paura a Londra. Old school
N i n j a Tu n e , a m i c o d ’ i n f a n z i a d i M a r k B ,
mago del sampling e innovatore sulle linee
di un jazz-rap quasi d’obbligo per quegli
anni di scazzo consapevole. Oggi collabora
c o n D J J a z z y J e ff n e l l a s u a e t i c h e t t a B B E
e con il gruppo rapper One Self (Blu Rum
1 3 e l a b r a v a m o g l i e t t i n a Ya r a h B r a v o ) . I l
f e a t u r i n g d e l s u o g r u p p o ( C h o o s e To C a re )
è puro acid rap con una cassa che spacca
e che pianta delle fondamenta di cemento
c h e s o s t e n g o n o l ’ i n t e r o Ta r g e t s . S u q u e s t e
gittate sono molti i giovani talenti che costruiscono piani di loft sciccosi. La foto
ricordo si compone magicamente di person a l i t à u n d e rg r o u n d , e p r o p r i o p e r q u e s t o à
la page. Il secchionerd è il tre volte campione del mondo di turntablism DJ Netik:
uno che mangia vinile, un cosmopolita che
fa ballare le generazioni di tutto il globo,
superbassi e distorsioni in acido nella sua
Dark Moon; c’è poi la bella e impossibile
m o d e l l a v o c a l i s t v e n e z u e l a n a : Ye t h z , u n a
partecipazione che fa tremare la regina
M.I.A.. Kema è la Pull Up The People del
2008, Mueve Lo la risposta al fulmicotone che fa piazza pulita di Nelly e di tutto
quello che avevate sentito sul versante discolatino. Sostando in Sudamerica c’è pure
il cuginetto Edu-K, uno che ha sostituito
la “p“ del p-funk con la “b“ del baile funk
brasiliano, vocalist da paura in Kabrake,
da far invidia a Kavinsky o a Sebastian (figli acidi della nidiata electrofrenchdisco).
Uno che va a suonare con la nostra reginetta nelle carceri francesi, tanto per capire il tipo. Per concludere il quadretto ci
sono pure Nine Lives The Cat, il combat
DJ australiano e il mito jungle reggae Junior Red.
Combat posh?
Missill ha ripristinato le idee e gli stati
di agitazione del punk, la cultura del post
breakbeat, tutto frullato con le sonorità
Chemical Brothers e la sensibilità dancehall del cuore di Londra. Il risultato è una
nuova cultura osmotica in continuo mutamento, senza certezze, aperta a qualsiasi
contaminazione e per questo – seppur ancorata a stilemi old-school – postmoderna.
La politica ci entra di striscio, i proclami
e gli slogan non sono che gadgets per abbellire, paillettes e glitter dei vestiti nuovi
dell’imperatrice jungle, che dichiara, rag-
giunta per mail: “Non so se la mia musica
ha del potenziale politico. È concepita per
f a r f e s t a , n o n h o l a p re t e s a d i e s s e re a c c o s t a t a a M a n o N e g r a o R AT M . L o ro s o n o
leggende! Sto solo portando avanti la mia
p ro p o s t a e n o n v o g l i o e s s e re c o i n v o l t a i n
politica. Penso che il mondo sia malato e
non vedo l’ombra del cambiamento. Più
g i ro i l m o n d o e p i ù m i a c c o rg o d e i d a n n i
che l’uomo ha fatto”. La guerra è iniziata.
D a l l a s t r a d a s i p a s s a a l l ’ a u t o s t r a d a i n f o rmatica, dai manifesti alle pagine MySpace.
Questo è il nuovo modo di fare controcultura. La musica resta un ingrediente che
condisce le notti e le amicizie, “ha il pot e re d i f a r i n c o n t r a re l a g e n t e , è u n m o d o
d i c o m u n i c a re ; m a g u a rd a n d o c o m e g i r a i l
m o n d o , c i v o r r à m o l t o d i p i ù p e r c a m b i a re
le cose”. Non ci hanno ancora preso tutto,
Parigi val bene una Missill.
SA 39
DROP OUT
E così (il pop?) sia
Torniamo a parlare di Amen, l’ultima notevole fatica dei Baustelle, perché tra i rinterzi e le
botole che ne cospargono la superficie capita d’imbattersi in “attori non protagonisti” capaci
d’innescare link dall’inconsueta, penetrante densità. Accendiamo la luce su quattro di essi, così
diversi nelle intenzioni, negli ambiti operativi, nelle potenzialità. Così misteriosamente affini.
Pasticche nel beverone
M u o v e r s i c o n equilibrio tra dischi buoni e
m e n o b u o n i n on è poi così difficile. Basta
e s s e r b r a v i a smorzare l’entusiasmo che a
v o l t e t i p r e n d e , attendere che la fiamme lla
s i c o n s u m i p r ima di assumersi quel rischio
d i t r o p p o . C h e poi sennò rim balza nella r e te
v i t a n a t u r a l d u rante, e quel voto es a ge r a to
t i s i a p p i c c i c a addosso com e un tag impe r it u ro . Q u i n d i : cautela. U n’impresa no n c e r to
d i ff i c i l e , d i c i am o pure che è roba da me d i an i . I l p r o b l ema è che ogni tanto ti c a pita
q u el d i sc o c h e ti si annida dentro, non sme tt e d i sq u a d e r n are m essaggi a diversi live lli
d i p r o f o n d i t à e com plessità, dallo sf r igolio
e p i d e r m i c o d el pop al cigolio angoscioso
d el l’ a v a n g u a r dia (non necessariame nte mus i c a l e ) . A l l o r a è un po’ più difficile ritrarsi,
n i cc h i a r e , f a r e lo gnorri. C ’è un dove r e ne l
p i a c e r e p r o p r i o come c’è una ragione nella
fo l l i a , c o sì n o n puoi fare a meno di addita r e
q u el t i t o l o t r a i tanti, affinché altri n e c olga n o il p e so e l a portata sulle cose del mondo
p o p - r o c k . E f anculo la cautela.Il pane gir ic o
è de d i c a t o a l l’ultim a fatica dei B a uste lle ,
g i à i n c e n s a t o nella recensione del numero
s co r so . I l c u i valore ci è sem brato n ote vole
f i n d a s u b i t o , salvo poi irrobustirsi con gli
a s c o l t i , c o n l a decodifica dei segni e segnali
d i c u i è p e r v a so. C i sembra un alb um imp o r t a n t e c o m e lo furono a suo tempo - solo
p er d i r n e q u a l c uno - K o D e Mondo de i CSI,
H a i p a u ra d e l buio? degli A fterh ou r s, Tra s pa re n t e d i M arco P aren te. Oppure - più
l o n t a n o n e l t e m po - L a voce del pad rone di
Batt i a t o , c o sì come - più di recente - Soci al i sm o t a sc a bile degli Offlaga D isc o Pax.
Di s c h i n o n n e c essariam ente bellissimi, non
e s e n t i d a p e c che. Ma importanti appunto
p er q u e l l a t e n s ione che li spinge a costr uir-
si una rete di rimandi, allusioni e r e l a z i o n i
tr a e poc he , stili e f e nome nolog ie c u ltu r a li
dive r se , inne sc a ndo link c he de fin is c o n o u n
or iz z onte c oe r e nte ma e spa nso, s e mp r e c h e
l’ a sc olta tor e de c ida di sta r e a l g io c o , d ’ in ve stir e c ur iosità , pa ssione , imp e g n o n e l d isve la me nto de i live lli na r r a tivi.
Botole disseminate nella trama testuale e sonora, preziosismi che puoi scambiare per abbellimenti vezzosi finché non allarghi l’angolo di ripresa e intravedi una mappa, una
sensibilità strutturata e convergente. Prendete, in Amen, il caso del singolo Charlie fa
surf: melodia parecchio adesiva per non dire
scontata, chitarre impetuose, tastiere e archi
per una bolgia iperpop su cui impazza un
laconico sarcasmo anti-giovanilista e antianti-giovanilista ad un tempo. Un bel coacervo di espedienti se volete, ma intanto occorre prendere nota dell’introduzione d’arpa
a cura di Beatrice Martini - giovane artista
multidisciplinare prossima al debutto solista
- e degli ammiccamenti (la contro-citazione
del titolo, le allusioni nel testo, l’ispirazione generale) ad una installazione – Charlie
Don’t Surf - dell’artista(?) provocatore (?)
Maurizio Cattelan, che a sua volta schiude
altri “rimbalzi” musicali e cinematografici,
dai Clash a Francis Ford Coppola. Un muoversi tra popular e avanguardia, tra culto ed
emergenza che li porta ad avvalersi di Beatrice Antolini - multistrumentista neopsych
sodale dei Jennifer Gentle, già un album
alle spalle - così come della poetessa Francesca Genti (autrice delle liriche di Dark
Room), del mitologico musicista etnojazz
etiope Mulatu Astatke - alle prese con vibrafono, percussioni e Fender Rhodes - e di
Alessandro Alessandroni, storico compositore romano già al lavoro con Morricone e
Cattel an: Bidibidobidib oo
SA 41
Beach house
DROP OUT
Umiliani che ha orchestrato Spaghetti Western e addirittura suonato il sitar ne Il liberismo ha i giorni contati. Per non dire dei
rimandi impliciti ed espliciti (gli omaggi a
Lee Hazlewood, Pasolini, Baudelaire...),
nonché le tipiche carrellate mnemoniche
come nella struggente Alfredo, giocando ad
oscillare con una certa - voluta - forzosità
tra presente e passato più e meno remoto,
gettando improvvisi bagliori su una Storia
recente troppo poco metabolizzata affinché
si possa chiudere pacificamente nei libri. Il
passaggio alla multinazionale di turno - la
Warner in questo caso - degli ex indipendenti/frugali Baustelle avvenuta ai tempi di
La Malavita (2006), fu un passo coerente al
disegno che oggi si compie, di drogare cioè
con pasticche pop birbantelle il beverone
indistinto della contemporaneità, nel tentativo tanto più struggente quanto velleitario
di scuotere la vita emotiva dell’individuo/
ascoltatore strattonandolo per i timpani via
cervello e cuore. Volendosi pop nella sua
accezione più viva: emulsione edibile di rovello avanguardistico.Ci pare giusto anzi
stimolante quindi lasciare che Amen ci seduca. Ma a modo suo, rendendoci cioè amanti
attivi in cerca di risposte e forme e volti e
indirizzi. Per questo torniamo ad affrontarlo scegliendo quattro punti di osservazione
diversi, quattro segnali di rinterzo per raccogliere la sfida e lanciarne altre.
Stefano Solventi
Beatrice Martini
fragile folgorante tenacia
Una porta che cigola. La sirena di un’ambulanza che d’un tratto invade, violentandolo, lo spazio. Ma la ragazza non si scompone: come fosse protetta da una pellicola
di tenacia, i sensi affondati nel compiersi di
un’epifania sonora per arpa e percussioni.
Anzi, quel cigolio e quell’ululato sono agenti accidentali proprio come il cacciavite o il
rotolo di cartone adoperati per complicare
la consuetudine di un’arpa, la stupenda consuetudine del più immaginifico e surreale tra
gli strumenti. Il luogo è il Sound Metak, negozio milanese di strumenti musicali gestito
da Xabier Iriondo. Il tempo è l’aprile del
2007. La ragazza è Beatrice Martini, arpista e percussionista fiorentina, classe 1985.
Beatrice Martini
Tra i motivi per cui l’ex terrorista della sei
corde per Afterhours e A Short Apnea si
è interessato a lei, c’è probabilmente quella
determinazione che lavora - senza mai travalicarla - sotto la soglia di una solenne delicatezza. La performance documentata nel
dvd in mio possesso si apre con The Crown
Of Ariadne, composizione del 1979 a firma Raymond Murray Schafer, oltre venti
minuti di rapimento ora etereo ora febbrile
per arpa e percussioni (tom, cavigliere, woodblocks, shaker, wind chimes...) che già le
valsero il Premio delle Arti 2006. C’è poi la
breve Divertissement à l’espagnole di André
Caplet, un intermezzo tanto “antico” - è del
1924 - quanto brioso, prima del palpitante
valzer Elégie pour la morte d’un berger di
Bernard Andrès. Avrete capito che l’ambito
in cui Beatrice ama muoversi è quello della
colta contemporanea, ma un dichiarato amo-
re per le sperimentazioni (minimale, elettronica, atonale, improv) e per la molteplicità/
multiformità delle manifestazioni artistiche
(teatro, letteratura, architettura, danza, grafica...) conducono la sua calligrafia in una
zona di confine tra indistinto e contaminazione, dove location, scenografia, posa, tratti
somatici, luci, colori, suoni, gesti, esattezze
e imperfezioni collidono in una performance fragile e coerente. Come già in 3 Meters,
video realizzato nell’agosto del 2005 da Dubravka Sekulic, camera fissa su una candida
Beatrice intenta a percuotere con un cucchiaio dodici bottiglie di vetro riempite con colla vinilica, latex, farina, latte... Un ingenuo,
puro, ingegnoso inseguimento del “suono
bianco”, percussivo e armonico, esistenziale
e utopico, tenace e minimale. Ferma restando l’importanza della “messinscena” come
enunciato irrinunciabile: tutto è scarno ma
accogliente, tiepido e schivo dal parquet alla
luce radente, essenziale ed evocativo dalla
veste al drappo sospeso (un patchwork realizzato con sagome floreali ritagliate da mappe e quotidiani) che la ricoprono, rendendola
ascetica e angelica, ninfa curiosa e inarrestabile alla scoperta di quel cha accade quando
accadono le emozioni. Una cura dei dettagli,
della fragranza e delle sfumature votata al
concepimento di una indagine intima anzi interiore, sulle tracce dell’immaginifico residuo nell’esistenza reale, un esercizio d’intelligenza femminile che ipotizza evidenti link
con l’opera di Joanna Newsom, Cocorosie,
Juana Molina, per non dire della ricerca ormai divinizzata di Bjork e della frusta arcaicità operata dall’ultima PJ Harvey. E’ grazie a Myspace - pensate un po’ - che Iriondo
si è accorto di lei. Così come Alessandra
Fabbri, attrice e coreografa, che l’ha voluta
in Hydrology, spettacolo di danza andato in
scena al TANZherbst Festival di Dresda nel
novembre 2007, stessa città dove si è tenuto
ImproWinter 08, settimana dedicata all’arte
improvvisata nel quale è stato presentato un
evento concepito durante alcuni workshop
condotti da Markus Stockhausen – trombettista e compositore figlio del grande Karlheinz - con la fattiva partecipazione della
Martini. Anche Francesco Bianconi è uno
di quelli folgorati su Myspace. L’intervento di Beatrice in Amen è una gelatina fiabesca d’arpa a mo’ d’introduzione del singolo
Charlie fa surf, appena un frammento quindi
però posto in prima fila a caratterizzare il
sound dei Baustelle anno 2008. Ulteriore peculiare ingrediente di un album che, strato
dopo strato, dettaglio dopo dettaglio, suggerisce una elaborazione sofisticata di elementi semplici, una frugale metabolizzazione di
memorie e teoremi, di passato che realizza
un presente che non consente di auspicare
futuro. Per Beatrice invece il futuro c’è e significa una collaborazione live con Robert
Lippok dei To Rococo Rot al Brighton Festival 2008, in programma una performance
per organo, arpa, percussioni ed elettronica.
Quindi arriverà il primo album, Scores For
Fingertips On Tiptoe, in uscita entro l’estate. Ne riparleremo.
Stefano S olventi
SA 43
DROP OUT
Beatrice Antolini
Ricami floreali in doppiopetto
il Big Saloon di BEATRICE ANTOLINI
P r i m a d i A m e n , p r i m a d e l c o n t r a t t o m a j o r,
prima che la “Milano da bere” si impossessasse delle corde vocali sgualcite di Bianconi e Co. trasformandole in una versione aggiornata e decisamente pop di Luigi
Te n c o e S e i r g e G a i n s b o u r g , i B a u s t e l l e
vivacchiavano con dignità nel sottobosco
indie nostrano. Un universo a sé stante,
con proprie regole, tuttora in perenne fibrillazione, dove non è poi così difficile
imbattersi, tra le tante promesse mancate,
anche in qualche piccolo fenomeno di culto destinato a crescere in fretta. Qualche
anno fa quel fenomeno si chiamava proprio Baustelle. Ora il testimone sembra
passato nelle mani di Beatrice Antolini.
Due storie apparentemente diverse le loro,
che in Amen uniscono fortune e capacità.
Il merito è della band di Montepulciano,
che chiama l’artista bolognese a musicare
Steinway e a prestare gli strumenti in Spag h e t t i We s t e r n , o t t e n e n d o n e l p r i m o c a s o
uno strumentale al pianoforte malinconico
quanto “surreale” e nel secondo un brano dal suono a dir poco esplosivo. Episodi
che al di là delle responsabilità dirette di
chi suona, fanno riflettere ancora una volta sulla poliedricità, la voglia di contaminarsi, la creatività di una musicista capace
di cambiare d’abito con estrema facilità.
Del resto non è mai stato un mistero. Ce ne
eravamo accorti già nel 2006, al momento
della pubblicazione del suo esordio discografico e ne abbiamo ulteriore conferma
ora che ritroviamo Big Saloon di nuovo
sugli scaffali dopo un opera di restyling –
musicale e grafico – ad opera dell’artista
e del Madcap Collective. Allora come oggi
trentaquattro minuti di musica sconclusionata, esplosiva, eccitata da cambi di ritmo
repentini, in cui si mescolano obliquità
m e l o d i c h e d i s c u o l a b a r r e t t i a n a , p i a n o f o rti sotto anfetamina, fugaci scenari onirici,
ritratti a pennarello che sbordano, finezze
jazzate. Si segue il flusso delle parole tra
pistole laser e batterie che sembrano macc h i n e d a s c r i v e r e ( To p o g ò – D a n c i n g M o u se) e ci si ritrova a bazzicare tra morbidezz e q u a s i t r i p - h o p ( M o v e d F ro m A To w n ) ; s i
saltella su ritmi sincopati e battiti di mani
a l l ’ u r l o d i w e a re k i d s w i t h t h e m i c ro p h o n e
( B re a d & P u p p e t s ) e s i f i n i s c e c o l c i t a r e
vecchi sketch di Benny Hill (Lazy Jazy);
si apprezzano crepuscolari malinconie al
p i a n o f o r t e ( Tu r t l e & P e a c h I n L o v e ) f i n ché non arriva il turno delle balere cubane
(Monster Munch). La nuova veste è una
rimasterizzazione ad opera di Davide Cristiani del Bombanella Studio, un’operazione di chirurgia estetica che pur mantenendosi fedele alle vecchie registrazioni,
dà nuovo lustro alla scrittura dell’Antolini, giocando sulla definizione degli strumenti, ripulendo le melodie, innalzando il
disco da semplice home recording a opera
di lo-fi “coscienzioso”. Il minimo per una
musicista capace di conquistare con il suo
charme anche i piani alti della discografia
ufficiale.
Fabrizio Zampighi
Francesca Genti
Uno sguardo pop al quotidiano
Non è difficile cogliere il senso della
presenza di Francesca Genti in Amen dei
Baustelle. C’è un medesimo sentire che la
accomuna al gruppo, come ci rivela la poetessa, raggiunta per mail: “Ascoltando a
manetta tutti i dischi dei Baustelle mi ha
colpito la nostra consonanza poetica, mi
ha proprio stupita, per questo ho voluto
mettermi in contatto con loro. La durezza e vitalità delle loro canzoni, penso - e
spero - sia la stessa dei miei versi. Quello
che mi piace in Amen è il coraggio di compromettersi con la contemporaneità, non
solo criticandola, ma anche subendola. E
cercando un senso sempre e comunque. Un
atteggiamento veramente romantico e temerario. Penso che i Baustelle non si mettano mai in cattedra a criticare dall’alto lo
stato delle cose, ma ci affondino dentro,
patendo il mondo e tutte le sue contradd i z i o n i ” . U n r i t r a t t o c h e t r a c c i a l e c o o r-
dinate della band toscana, che la Genti ha
voluto conoscere da fan, attraverso una
lettera: “Mi sono presentata cercando di
fare una bella figura, quindi scrivendo una
mia poesia. Mi sono proposta per una collaborazione, sebbene pensi che i Baustelle
non abbiano assolutamente bisogno di un
paroliere, perché i loro testi sono molto
belli”. Classe 1975, torinese trapiantata
a Milano dove lavora alla Rizzoli come
redattrice, Francesca (che cita tra i suoi
numi tutelari Aldo Palazzeschi, Nanni Balestrini e Rossana Campo), ha all’attivo
un paio di libri di poesie, Bimba Urbana
(Emilio Mazzoli, 2001) e la raccolta che
l’ha imposta all’attenzione, Il vero amore
non ha le nocciole (Meridianozero, 2004),
folgorante esempio di metapop poetico,
p i c c o l i a f f r e s c h i m e t r o p o l i t a n i p o s t m o d e rni espressi con grazia, che affermano in
realtà una poetica dura e spietata, e uno
sguardo critico verso la contemporaneità
( A l l ’ E s s e l u n g a d e l l ’ a m o re : c o m p ro u n g e -
Francesca Genti
SA 45
DROP OUT
l a t o / a f o r m a d i s o l e . / ( i l s o l e v e ro / h a
m e n o c o l o re / i l v e ro a m o re / n o n h a l e
nocciole). Ha da poco pubblicato su Coniglio Editore un libro di narrativa, Il cuore
delle stelle. Aggiornatissimo catalogo dei
maghi (2007), sorta di disvelamento ironico del mondo della magia odierna, con
tutto quello che di ciarlatanesco comporta
(“quello che volevo mettere alla berlina in
questo testo, che è una parodia della letteratura new age, era proprio il lato prosastico e mistificante dell’esoterismo”), un
lato della nostra “società dello spettacolo”
che pretende di rendere tutto commerciab i l e , s v i l e n t e . Va d a s é , i l v o l u m e h a i n tenti parodistici che hanno generato anche
fraintendimenti (“l’operazione è riuscita
talmente bene che nessun libraio ha capito
che si trattava di un’opera di narrativa ed
il libro è stato messo nel reparto dedicato
all’esoterismo…”).
Dopo essersi proposta a Francesco Bianconi, la collaborazione si è quindi concretizzata nei versi di Dark Room, un incedere
morriconiano da colonna sonora anni ’70
di cui è autrice e cantante Rachele Bastreghi (“Francesco mi ha mandato via mail
una melodia: io ho scritto il testo che lui
ha successivamente rimaneggiato”) e che
sembra richiamare Io e te nell’appartamento da Sussidiario illustrato. La dark
ro o m c o m e l u o g o c h i u s o d e l s e s s o , s c e l t o
espressamente dalla Genti, come ci rivela: “Ho ascoltato il pezzo, mi è sembrato
morbido e malinconico e ho subito pensato
che volevo metterci una stanza, un posto
chiuso, fuori dal mondo. Rachele ha una
voce molto gattosa e sensuale, quindi ho
pensato di fare una canzone che parlasse
di sesso. La mia idea era scrivere un nuov o P e n s i e ro s t u p e n d o , m a a M i l a n o , n e l
2008”. Chissà che questa proficua collaborazione non possa continuare.
Teresa Greco
Maurizio Cattelan
assurde provocanti derive
Un provocatore di grana grossa, ma forse
anche un genio. Artista oppure piazzista
di se stesso e - perché no - entrambe le
cose. Colui che - furbescamente - rivela il
lato oscuro. Insomma, su Maurizio Catte-
La
rivoluzione siamo noi
lan si può liberamente pensare di tutto e
questo sostanzia la sua arte, se di arte si
può parlare. Se di arte si sia mai potuto
lecitamente - con cognizione, autorevolmente - parlare. In ogni epoca e forma e
luogo. Se ci prendiamo questa licenza è
solo per il link attivato dai Baustelle in
Amen, ovvero in Charlie fa surf, il famigerato singolo che cita inversamente (col
titolo) ed esplicitamente (“…ma le mani
chiodate…”) un’installazione di Cattelan,
C h a r l i e d o n ’t s u r f ( 1 9 9 7 ) , d o v e s i p u ò
angosciosamente ammirare un simpatico
ragazzino incappucciato dalla sua felpa
e seduto anzi inchiodato (appunto) ad un
banco di scuola. Il titolo dell’opera è - ve
ne sarete accorti - a sua volta una citazione, anzi due: del pezzo dei Clash, ovviamente, ma anche dell’asserzione ultrasbruffona del colonnello-surfista Kilgore
in Apocalypse Now, il capolavoro (forse)
di Francis Ford Coppola. Episodio cui
Strummer e soci s’ispirarono componendo
il loro celebre - diciamo così - contrappass o . Tr e p i c c i o n i p r e s i c o n u n a f a v a m e s sa lì un po’ di sbieco, condimento poco
evidente ma sottilmente invasivo, quasi
invisibile (e infatti da me colpevolmente
l a ball ata di trotsk y
ignorato al momento di stendere la recensione di Amen) e non essenziale, però caratterizzante o comunque agente di rilievo
nella misticanza di segni e segnali di cui
il disco si sostanzia.
To r n a n d o a C a t t e l a n , t i r a r e i n b a l l o u n
nome come il suo significa inserirsi in un
solco scomodo e assieme ammiccante, essendo le sue “provocazioni” - o se preferite “perturbazioni” - sempre estremamente
popolari, conditio sine qua non per l’impatto shockante delle stesse. I codici sono
immediatamente fruibili affinché il messaggio arrivi nel minor tempo possibile col
suo carico di delizioso veleno, ad azione
fulminea e/o differita secondo i casi. Fulmineo fu ad esempio il messaggio (e lo
s c a n d a l o ) d i S e n z a Ti t o l o ( 2 0 0 4 ) , t r e b a m bini fantoccio impiccati ad un albero di
Piazza XXIV Maggio a Milano, tanto che
q u a l c u n o p e n s ò d i a r r a m p i c a r s i p e r e s t i rparli (cadendo rovinosamente - e graziaddio - nel compimento dell’eroico gesto).
I d e m d i c a s i p e r i l c e l e b r e p a p a Wo y t i l a
abbattuto da un meteorite in La Nona Ora
(1999). In entrambi i casi c’è altresì un riverbero semantico ed esegetico che agisce
a vari livelli di concomitanza culturale,
penetrando trame prettamente artistiche
come già in opere più “esoteriche” quali
A Perfect Day (1999) - dove il gallerista
Massimo De Carlo venne letteralmente attaccato con lo scotch ad una parete - e La
b a l l a t a d i Tr o t s k i ( 1 9 9 7 ) , o v v e r o u n c a vallo imbalsamato appeso al soffitto con
u n ’ i m b r a g a t u r a . L’ i m p o r t a n z a d e l c o n t e s t o
- una stanza barocca, la piazza di Milano
- più che un retaggio situazionista sembra obbedire al progetto pubblicistico del
Nostro, attento a tradurre scenograficamente le pulsioni espressive in gioco con
fulmineo adattamento ready-made. Una
velocità fruitiva che discende da moduli
stilistici complessi ma ben riconoscibili,
mai privi di agganci potenti con la cultura
popolare che ne dissimulino la strutturazione. Nell’Adolf Hitler inginocchiato di
Him (2001) e nel sacco riempito con macerie del Padiglione d’Arte Contemporanea (distrutto in un attentato terroristico)
di Lullaby London (1994), lavorano simbolicamente e materialmente frammenti di
memoria, archetipi o a rischio di amnesia,
in ogni caso fondanti il tessuto della memoria collettiva come somma di esperienze culturali, sociali, individuali.
E qui torniamo ad Amen. Al lavoro di recupero e ricircolo operato con ossessiva e
sempre più curata maniacalità da Bianconi
e compagni. Alla critica/analisi cui sottopongono il presente partendo sempre da
un confronto in atto con un passato a sua
volta criticabile. Al senso di deriva - ecco
un altro rivolo situazionista - in ciò che
accade. All’assurdità che permea le relazioni tra individui e oggetti nello spazio
vitale, quasi non fosse altro che uno spazio mentale. Sentitevi liberi di sentirci un
disperato assalto alla fortezza del senno
s m a r r i t o . Ve l l e i t a r i o , d i s p e r s i v o , e q u i v o co forse. Anche furbo, nella peggiore delle ipotesi: ma generoso e quindi vivo. Se
vi par poco.
Stefano S olventi
SA 47
RECENSIONI
The Black Keys
A n t o n N e w c o mb e
Apr i l e
Anti Atlas – Between Two/Between
Voices (One Little Indian, 2008)
Genere: trip-lounge
C’ è sta to un te mpo in c ui il tr ip - h o p p a r e v a
l’ e nne sima de lle nuove f r ontie re e - p e r u n
paio d’anni, almeno - ne sono v e n u t e f u o r i
cose buone e addirittura ottime . S o l o c h e ,
c ome a c c a de in ogni ge ne r e , dietr o a i M a s sive At t ac k e a i Luke Vibe r t so n o s p u n ta ti
gli Alpha o i Groove Ar m ada - e v a a n c o r a
bene, tutto sommato - e in un b a t t i b a l e n o
s’ è a r r iva ti, c ome nulla f osse , a lle c o mp ila tion da Buddha Bar. Il problem a è c h e , p e r
un suono c he si r e gge su de lic a ti e q u ilib r i
e ricerca delle atmosfere, le i n v e r e c o n d e
c a dute ne lle c olonne sonor e da s a u n a n e w a ge r a ppr e se nta no il ne mic o, c o s ta n te me n te
a ll’ e r ta ta nto qua nto gli sc ivolon i n e l la c c a to buonismo pr og da supe r ma r ke t. N o n s e r v e
a c onvinc e r e Ne d Bigham e Ch r is Huf f o r d
l’evidenza che il genere sia d a l u n g i a l l a
f r utta , c he se a nc he i più Gr a n d i s o p r a v v ivono non pr opr io in f or missima ( c o me D e l
Naj a, uomo solo al comando) o c a m b i a n o )
dir e z ione ( i ve stiti nuovi de i Port is he a d) , a i
r inc a lz i toc c a mor ir e a c a usa de lla s e le z io ne na tur a le . Non è suff ic ie nte a l lo r a v a n ta r e
l’ inf lue nz a di M ahle r e l’ a sc o lto d i S t e v e
Re ic h se a mmor bi c on un c d d i p u r a ta p pe z z e r ia str ume nta le e un a ltr o - c o r r e la tiv o
cantato del primo - in cui rinco r r i f a n t a s m i
la c c a ti e c e de voli, buone inte n z io n i e c a ttive abitudini. Non bastava un p r i m o d i s c o
già in c a r nie r e , bisogna va r e plic a r e c o n q u e sto doppio e chiamare cantanti d i v e r s i p e r
ognuna de lle otto tr a c c e ( c ’ è pe r s in o il J e f f
Buc kle y de ’ noartri The Niro) , p e r u n r is u lta to c he sa di pupa z z e tti Be t h Or t o n imp r igiona ti ne l c hill- out e c ingue ttii s imil- Ka t e
Bush in pomposità sinte tic he . S i s a lv a s o lo
l’ a e r if or me Spring Lullaby c on o s p ite Yuki
Chikudat e , ma figurarsi se re d i m e q u e s t a
c olonna sonor a da sa ba to ita lia n o , tr a s u s h i
e f r a nge tte , c omple tini f ir ma ti e Ca y e n n e in
se c onda f ila . Ci r if le tti su, pe r u n a ttimo ti
a r r e ndi a ll’ ide a c he non sia ma l e r ila s s a r s i.
Poi r ia sc olti il tutto un’ a ltr a v o lta , s c o rr i i titoli e ti vie ne qua si da r imp ia n g e r e
i Tange r ine Dre am di Phae dra . L’ a d e s i v o
in c ope r tina inf or ma c he Grazia h a d a t o a l
disc o il ma ssimo de i voti. Ah, b e h , a llo r a …
( 4.5/10)
Giancarlo Turra
B52’s - Funplex (Lo, gennaio 2008)
G e n e r e : h o u s e i n t h e r ’ n ’ r pa r t y
C’ è Ste v e O s b o r n e d ie tr o a l n u o v o ma k e u p
d e i r e d iv iv i B5 2 ’s e s i s e n te . I l d is c o mo n ta
c a s s e h o u s e e f iltr i d a n c e y, in g r e d ie n ti c h e
il p r o d u tto r e in n e s ta n e l v e n tr e p o p ’ n ’ r o ll
come nessun altro perché proprio lui era
dietro ai bottoni del bel Get Ready dei
New Order e proprio per questo lavoro la
b a n d h a d e c is o d i a s s o ld a r lo . Fu n p le x in f a tti è formalmente questa scocca luccicante:
e s p e d ie n ti h o u s e in ta g lia ti r o c k a b b illy, s a lis c e n d i tr a s tr o f a e r ito r n e llo , e le ttr o n ic h e
a l s a p o r d i b ig b e a t ( Fa t Slim e n o n p o c o ) ,
e s o p r a ttu tto i r iv e r b e r i a r io s i d e lle c h ita r r e
( tr a tta te , ma s e mp r e a ff ila tis s ime ) c h e s o n o
in pratica la specialità dell’uomo.
Dietro al mutuante arrangiativo c’è però a
sua volta della sostanza: l’hook di Pump
a g g io r n a , s e n z a p e r d e r c i, il p ia tto f o r te d e l
q u a r te tto . È u n a s to r ia d i b a ttu ta e b a ttito d i
ma n i s ix tie s , c h ita r r a e le ttr ic a ma c h a e u n
d ia lo g o d i c o p p ia p e r la s e r ie H a z le w o o d /
Sin a tr a ma d e c is a me n te s f r o n ta to e , o v v ia mente, punk. Ci risiamo dunque, con testi
p iù to s ti p e r g iu n ta : tr a in & O u t s e s s u a li (“Sperm and Gelly”, “G Spot”, “ready to
p u mp ” e c c . ) , s q u a llid i tr a d ime n ti e s c o r r ib a n d e d a m e r c a t o s e s s u a l e - c h i r u rg i c o .
I n s o s t a n z a , i B ’s c i d i c o n o c h e s e q u e s t i
sono tempi per certi versi più sfrontati degli
O tta n ta , c ’ è d a a ff ila r e la la ma e c a lc ia r e in
b o c c a il d iv e r time n to e tu tto c iò o v v ia me n te ma s c h e r a to c o n i b e i te mp i a n d a ti, c o n il
f u n Se s s a n ta c a lif o r n ia n o ( H o t Co r n e r ) , b ila n c ia n e c e s s a r ia e p a r a d o s s a le p e r mu o v e n d o s i n e lla ma n ie r a p iù e ff ic a c e tr a in g e n u ità
e d is v e la me n to . I l mito d e l r e s to e r a tu tto
lì e qui ritorna, se non fosse che i quattro
n o n v o g lio n e p p u r e p e r d e r e il tr e n o d e ll’ a ttualità e dei grandi numeri. Non sorprende
p e r ta n to a s c o lta r e in Funp le x c a n z o n i c o mme r c ia li e FM c o me J u lie t o f S p ir its o p p u r e Lo v e I n Th e Ye a r 3 0 0 0 d o v e è t u t t a u n a
f a c c e n d a d i b u o n a p r o d u z io n e . E n o n s i ta c e
n e mme n o , u n a c a n z o n a c c ia f u n k y h o u s e a lla
M in o g u e me n o p e r f o r ma n te c o me E y e s Wid e
O p e n . Pr o d o tti a s s o lu ta me n te p r e s c in d ib ili a cui il ritornello-metà-Ottanta-bruttino
d e lla title tr a c k n o n o p p o n e u n g r a n c h é , s e
n o n f o s s e p e r q u e llo s p r o lo q u io d a p r e d ic a to r e e q u e lla , d ic ia mo , ma te r ia n o n a llin e ata. La diagonale c’è: zampate da vecchie
b e s tia c c e c o me q u e s te s ’a s c o l t a n o p e r b u o n a me tà d e ll’ a lb u m e t e n g o n o v i v o u n d i v e r time n to n o n a u to mat i z z a t o (n o n d e l t u t t o
a lme n o , s e n tite a n c h e i l c o l p o d i c o d a K e e p
Th is P a r ty G o in ’ ) . S e a g g i u n g i a m o i l b u o n
la v o r o d i O s b o r n e e q u al c h e b e l p e z z o s e n z a
s e e s e n z a ma il r is u lta t o n o n d i s p i a c e a ffa t to . ( 6 . 8 /1 0 )
Edo ardo Bri dda
Be-hive – Beautiful Freaks (Seahorse
Recordings, aprile 2008)
Genere: post grunge
Pa s s a to d a c o v e r b a n d , i n v i t a d a l 2 0 0 3 , a rri v a n o d a Fiu g g i i Be - H i v e e a l l ’a t t i v o h a n n o
già un EP che può godere di discreti elogi
e p a r e c c h io p a s s a p a r o l a . B e a u t i fu l F r e a k s
r a p p r e s e n ta il lo r o p ri m o a l b u m c o m p i u to e completo e riprende alcuni dei brani
i n e v i t a b i l m e n t e l a s c i at i d a p a r t e d u r a n t e
le r e g is tr a z io n i d i A w a k e fu l e p . I p a s s a t i
da gruppo “fotocopia” hanno influito sulle
c a r a tte r is tic h e d e l s u o n o d e l l a fo rm a z i o n e :
c o n tin u i r ic h ia mi a g li a n n i ’8 0 e ’9 0 , g ru n g e
come campo giochi nel quale sbizzarrirsi,
p s ic h e d e lic a , p u n k e d e l e t t ro n i c a a c o l m a r e i v u o ti. Co mp o s iz io n i e s a l t a t e d a t e c n i c a
n o te v o le e a ff ia ta me n t o . In e v i t a b i l e s o t t o lineare come siano le chitarre a dominare
la s c e n a e in e v ita b ile s o t t o l i n e a re c o m e l e
s o mig lia n z e c o n Ev e rc l e a r e B u s h s i s p re c h in o . I l p r o b le ma è c h e , d i q u e i g ru p p i , i
Be - H iv e s e mb r a n o lo s p e t t ro . Ve rs i o n e p a l lida, pacata senza mordente ed un minimo di
c a ttiv e r ia . L a b a tte r ia p ro v a p i ù v o l t e a ri n g h ia r e , mo r d e n d o e f a ce n d o ri v o l t a re l e c h i ta r r e , ma n u lla p iù . L e v o c i ri m a n g o n o m o d e r a te , q u a s i c a s tig a te , l o n t a n e d a s u s s u l t i ;
le c a n o n ic h e “ e s p lo s io n i ” ri m a n g o n o i n v i t a
per pochi istanti, spegnendosi nel giro di
q u a lc h e b a ttu ta p e r ma n c a n z a d i c o m b u s t i b ile . A lla lu n g a u n p o ’ d i n o i a . (5 . 5 / 1 0 )
M ar c o Can e pari
Bill Dixon With Exploding Star
Orchestra – Self Titled (Thrill Jockey, 8
febbraio 2008)
Genere: freejazz
Si è detto giustamente, per descrivere in
p r e c e d e n z a la Ex plo di n g S ta r O rc h e s tr a ,
c h e e s s a r a c c h iu d e il m e g l i o d i C h i c a g o n e l la s u a v e s te ja z z e r o c k , o a l m e n o c o l o ro c h e
h a n n o “ g r a v i t a t o a t t o r n o a l l ’ a s t r o To r t o i s e ” ,
SA 49
RECENSIO
highlight
Cesare Basile - Storia di Caino (Urtovox / Audioglobe, 4 aprile 2008)
G e n e r e : r o c k c a n ta u t o r i a l e
R e d u c e invincibile da una sconfitta inappellabile: ecco quel che sembra il C e s a r e B a s i l e a n n o 2 0 0 8 ,
se st o a l b um da solista e una sc r ittur a c he ha sme sso di c r e de r e a ll’ a c c u mu la z io n e d i s e g n i, ma te r i a l i e v olumi, alla necessità di sfondare grazie all’impeto di un rock gra ff i a n t e , m i n a c c i o s o . C o s ì ,
m a l g r a d o la squadra di m usicisti più o me no “ e c c e lle nti” ( ide a lme nte c a p e g g ia ti d a l p r o d u c e r J o h n
P a r i sh ) , malgrado il corredo di chitarre, violini, percussioni, armonica , p i a n o f o r t e , h a r m o n i u m ,
d i d j e r i d oo, cori e quant’altro, è un disco che suona scarno, essenziale, tr o v a n d o i n q u e s t o u t i l i z z o
p a r si m o nioso degli ingredienti la c hia ve di una str a or dina r ia inte nsità . A l s e r v iz io d i te s ti in f a r c iti
d i r i m a ndi biblici, riflessi neri di una contemporaneità malata, incapace d i t e n e r s i a s s i e m e p e r c h é
i m p e g n a ta in una perenne rimozione di sé, della corruzione che la invade c o m e u n a m e t a s t a s i v o r a c e .
L e d o d i ci - apostolicamente - tr a c c e si muovono quindi in un la c onic o lir is mo p r o s s imo a ll’ u ltimo D e A ndr é , c u i i l r e a d i n g
a sc i u t t o di B asile ammicca spe sso, si tr a tti di uno spurgo impe tuoso e sc or tic a to ( la n e v r a s te n ia N ic k C a v e d i Ca n to d e ll’ o s s o )
o d ’ u n a scheletrica trepidazione ( i Cale xic o r a de nti e ina c iditi di Gli agne lli) . M a i c o s ì “ i t a l i a n o ” , i l B a s i l e , f e r m a r e s t a n d o l a
r a d i c e a mericana, che lo porta a ste mpe r a r e Fossat i e Howe Ge lb ne lla s p le n d id a s e q u e la d i mo r b id e s e n te n z e d e A l l ’ u n c i n o
d i u n so g no, a dissanguare L ane gan in A tutte ho c hie sto me rav iglia, a c io n d o la r e le g n o s o c o me u n Wa it s ma r io n e tta in 1 9
m a rzo . U n solo pezzo in inglese , W hat Else Hav e I To Spur M e I n To Lo v e , o l t r e t u t t o a ff i d a t o a l l a v o c e d i R o b e r t F i s h e r d e i
Wi l l a r d G ran t C on sp iracy, a l solito pa stoso/ombr oso c ome un nipotino d o lc ia s tr o d i C a s h. L’ e s s e n z a d e l d i s c o e d e l B a s i l e
a n n o 2 0 0 8 si trova da qualche pa r te tr a l’ a sc iutta ve e me nz a de lla title tr a c k , l’ in d o le n z ita p ie ta s d i S u l m o n d o e s u lle lu c i e
u n a M a ria degli am m alati che è pr opr io que lla pr e ghie r a c on l’ a nima ne l la p o lv e r e c u i il tito lo f a p e n s a r e . ( 7 . 5 /1 0 )
Stefano Solventi
t enu t i i n si e m e dalla personalità di Rob M azu re k , d a l l a sua tromba e dalla sua visione
d efla g r a n t e . U n’idea di gruppo, inso mma .
P er r e c e n si r e questo capitolo dell’esplosion e c h i c a g o a n a abbiamo però bisogno di un
cam b i o d i f u o co, di far riferimento a un e pis od i o b i o g r a f i co di Mazurek che esu la da lla
com p a g i n e c h e dava tanta anim a al pr e c e d ent e We A re From S omew here E lse . I l f a tt o è l ’ i n c o n t r o tra R ob e un altro astr o de lla
t ro m b a , i l m a e stro (è davvero un ins e gna nte
d i m u si c a ) Bi l l D ixon - una voce che disse
m o l t o n e l c o r o della N ew T hing – in oc c a s i on e d e l G u e l p h International Jazz Fe stiva l
e d i u n s o u n d check che, a quanto pare, ha
l as c i a t o M a z u rek senza fiato (un pr oble ma ,
p er u n t r o m b e ttista).D a lì chiacchie r e ling u i st i c h e e so p rattutto quella raffina tissima
fo rm a c o n v e r sa zionale che il jazz (sp e c ie se
f r e e ) r i e s c e a volte a essere; il risultato, e
c i si a n o d a t e stimoni, sono le tre tracce di
Bi l l D i x o n Wi th E xplodin g S tar O rche stra,
d o v e i p r o t a g onisti, più che un collettivo di
m u s i c i s t i m e s si assieme per esprimere una
k o i n è , s o n o l o ro due, cioè Dixon e Mazurek;
è b e l l o v e d e r e c om e tutto è apparecch ia to pe r
loro – anzi per Bill Dixon, pri n c i p a l m e n t e
- , pe r c hé dia loghino libe r a me nte; c o me lo r o
c onduc a no, ma , a l c ontr a r io, c o me r ie s c a n o
a na sc onde r si e a se mbr a r e un se mp lic e c o n tr ibuto tr a gli a ltr i a gli sf e r r a gli e a lle s f e rz a te f r e e , a i le nti e a i f or ti, a lle f r a s i e a lle
fasi.Ne esce una collaborazione a n i m a l e s c a ,
dove la trombe di Bill e di Ro b f i n i s c o n o
or a c ol ba r r ir e viole nte me nte , o r a c o n l’ e s se r e f iltr a te e dime sse , sc oppie tta n ti o o s c u r e ( pr inc ipa lme nte in Entranc e s / Two ) . D o potutto Dixon suonò c on ta nti g r a n d i n o mi,
da Coleman a Coltrane, e ciò c h e p i a c e d i
que sto disc o è la sospe nsione d e l te mp o ; la
Exploding Star Orchestra non è p i ù o n d a
lunga – e tortoisiana – dei Nov a n t a “ p o s t ”
che scoprirono la New Thing. È u n f l u s s o
che, ad oggi, lascia agli elefant i d e l j a z z d i
e sse r e e ff e r ve sc e nti. ( 7.3/10)
G a spare Caliri
Black Crowes – Warpaint (Silver
Arrow, 4 marzo 2008)
Genere:
american roots
Sette gli anni per tornare sulle s c e n e , r i c c h i
d i a v v e n ime n ti c h e p e n s a v a mo a v r e b b e r o
la s c ia to in d o te in s a n a b ili f e r ite . I litig i e le
d ia tr ib e tr a i f r a te lli R o bins o n c u lmin a r o n o
n e l 2 0 0 2 in u n o s c io g lime n to p o c o a mic h e vole e nelle irrilevanti, rispettive carriere
s o lis te ; n e l f r a tte mp o C hr is d iv o r z ia v a d a lla mo g lie e d e r a u n ’ u lte r io r e te g o la a c a d e r e
sulla sua testa. Legittimo supporre che, a
un certo punto, i legami di sangue debbano
a v e r li c o n v in ti a s e p p e llir e l’ a s c ia d i g u e rr a : r is a le a l 2 0 0 5 il r ia v v ic in a me n to , q u e l
c o mp r e n d e r e c h e , s e le la n c e tte p iù d i ta n to non potevano tornare indietro, qualcosa
d a d ir e a n c o r a c ’ e r a . M a n c a v a n o s o lo d e gli ingranaggi da sostituire, in particolare
il c h ita r r is ta M a rc F o r d r i m p i a z z a t o d a l
le g g e n d a r io Lut he r D ic kins o n ( a s s id u o f r e q u e n ta to r e d i A le x C hilt o n e Ta v F a lc o ) p e r
concretizzare un nuovo disco e voilà, ecco
fatto.
Co n s id e r a te le p r e me s s e , b e n c h é s tilis tic a mente nulla sia mutato le tracce di quanto
accaduto consegnano un ulteriore senso di
maturità, una reazione vigorosa come non
a c c a d e v a d a a n n i. N o n h a n n o ma i in n e s c a to r iv o lu z io n i, i Bla c k Cr o w e s : d a lo r o n o n
c i s i a tte n d e r is c r ittu re d e l l e m a p p e o a l l a rg a m e n t i d i c o n f i n i t r a i p i ù t r a d i z i o n a l i
c o i q u a li c o n f r o n ta r s i n e l ro c k . Le c o o rd i nate rimangono fedeli a un’epoca classica
considerata tra le più felici, la transizione
fine Sessanta-primi Settanta che osservava
b e a t e p s ic h e d e lia c e d ere i l p a s s o a g l i S to ne s b is b o c c ia n ti c o n c ad a v e ri b l u e s e n u o v e
le v e d e l c a lib r o d i Lit tl e Fe a t. C i s i g u a rda indietro da sempre in casa Robinson, e
b e n v e n g a c h i ma n tie n e v i v a l a m e m o ri a c o n
s c r ittu r a d i r a n g o e d e s e c u z i o n e b ri l l a n t e .
Sp e tta a d a ltr i, o g g i c o m e a i t e m p i d i S h a k e
Yo u r M o n e y M a k e r , i l c o m p i t o d i e s p l o r a r e
e ibridare.
D a b u o n i s u d is ti, i Co r v i i n fo n d o n o d u n q u e
tu tta l’ a n ima in u n d ic i b ra n i (e l a n e g ri t u d in e p r o r o mp e s a n g u ig n a d a Wa l k Be l i e v e r
Wa lk ) s e n z a ma i p e r d e r e d i v i s t a e q u i l i b ri o ,
mis u r a , g u s to p e r la c i t a z i o n e c o l t a (G o d ’s
Got It uno stomp omaggio del reverendo
C ha r lie J a c ks o n) . Pr el e v a n o c o c c i g l o ri o si per lucidarne l’attualità, perché se lo fa
Bo bby Gille s pie a t a rg h e a l t e r n e , l o r o c i
s o n o d a p p r ima n a ti e i n s e g u i t o c re s c i u ti nel cuore sonoro di cui sopra. Gli spetta
d i d ir itto q u e s ta mu s ic a , e l o s a n n o . Q u e s t o
s p ie g a la tr a s c in a n te G o o d b y e D a u g h t e r s O f
Th e R e v o lu tio n , i c o r i a l a t i s u l p a s s o s o t tr a tto a Lo w e ll Ge o r g e p e r We Wh o S e e T h e
D e e p , l’ a c u s tic a s e r e n i t à c h e v i b ra e d i p i n g e q u a d r e tti to c c a n ti c o m e O h J o s e p h i n e e
Lo c u s t S tre e t. Pe r ò s u E v e rg re e n a l e g g i a u n
n o n s o c h e d i “ d o p a to ” e Wo u n d e d Bi rd i n c o lla e r r e b ì e u n a f ia mm e g g i a n t e s l i d e s u l l e
atmosfere vagamente beatlesiane del disco
d i Ga r y Lo ur is , g u a r d a c a s o p ro d o t t o p ro prio dal buon Chris Robinson. Su mattoni
s o lid i c o me la c u r a d el l ’i n t a rs i o e l e a rg o mentazioni che un po’ ti aspetti e un po’ no,
Wa r p a in t in ta v o la d is c o rs i a n t i c h i e c i ò n o n o s ta n te me r ite v o li d ’ a t t e n z i o n e . Tra g e n u i n a me n te “ r e tr o ” e a r tifi c i o s a m e n t e “ n u o v o ”
è f in tr o p p o f a c ile s c e g l i e re . (7 . 3 / 1 0 )
Giancarlo Turra
The Black Keys - Attack & Release
(Nonesuch, 1 aprile 2008)
Genere: blues rock
Str a n a c o p p ia q u e lla fo rm a t a d a i B l a c k
Keys, da sempre artefici di un blues rock
sanguigno ed elettrico, e da Brian Burton
a lia s D a ng e r M o us e (G n a rl s B a rk l e y, G o SA 51
RECENSIO
ri l l a z , T h e G rey A lbu m), insiem e per il se con d o a l b u m d el gruppo su N onesuch ( dopo
u n a l u n g a m i l i tanza in F at Possum). La lor o
c o l l a b o r a z i o n e era nata in occasione di un
d i s c o c h e a v r e b bero dovuto scrivere pe r Ike
Tu rn e r , p r o g e tto abortito dopo la sc ompa rs a d e l l a l e g g e nda R’n’B lo scorso di cembre.
P ro g e t t o c h e si così è trasform ato in Attac k
& R e l e a se . C i s i chiede cosa sia cambia to in
t ermi n i d i e c o n omia di gruppo: il pr oduttore n o n h a f a t t o altro che riempire il sound
s c a r n i f i c a t o d el duo di Akron, che assume
q u i s e m b i a n z e più piene e stratificate. Ci
s i i n t e n d a su i termini della questio ne : gli
i n g r e d i e n t i so n o tutti al posto giusto, da i
b l u e sa c c i t o r vi e grezzi (I G ot Min e ) alle
s ou l b a l l a d a c ide zeppeliane (L ies) e lise rg i ch e ( A l l I E ver Wanted), alle inf lessioni
b eat g a r a g e d el gruppo (R em em be r W he n
S i d e B ) . I n p i ù allora, qua e là la struttura
b a s e v i e n e a r r icchita (synth, effetti , tocchi
d i d r u m m a c h ine, cori e controcanti) , c ome
n el la sp e t t r a l e e suggestiva R em em ber W he n
S i d e A e i n P s ychotic G irl, country psych
b a l l a d , i n s i e me all’uso di strumenti quali
o rga n o , m o o g , banjo e a un’attenzio ne spe c i a l e p e r m e l odie e arrangiamenti. Questo
fa g u a d a g n a r e in varietà e coesione a ll’ a lb u m , e se m p i o di contaminazione eq uilibr a t a c h e d à n u o va linfa al gruppo. U n a buona
ri p a r t e n z a q u i n di. (7.0/10)
Teresa Greco
Black Francis – Svn Fngrs (Cooking
Vinyl, 3 marzo 2008)
Genere: indie-rock
Che C h a r l e s Thompson IV non sapes se sta r e
con l e m a n i i n mano era cosa più che r isputa
d a t a l a s u a v a sta carriera discografica post
P i x i e s , m a , a l l a luce di questo suo ultimo ep,
l a s u a p r o l i f i c ità, più che estrema passione,
p o t r e m m o d e f inirla quasi come vera e pr op ri a d i p e n d e n za. Sono passati soltan to c inq u e m e si d a B luefinger che il N ostr o, se mp r e s o t t o l o p seudonimo Black Francis, si
r i p r e s e n t a c o n un mini album che tanto mini
n o n è . S e t t e c a nzoni per un totale d i ve nti
m i n u t i a b b o n d anti di sano e tirato ro c k e le tt ro a c u st i c o sc h izzato di punk e blue s. Pr op ri o c o m e i l t i tolo dell’ep, Svn Fngrs , a nc he
l a p r i m a t r a c cia, The Seus, sembra essere
s en z a v o c a l i t anto è ruvido e graff ia nte il
ri ff d e l l a st r o f a su cui l’ex leader dei Pixie s
si c ime nta in una sor ta di r a p sb ile n c o , f in o
a ll’ a pe r tur a me lodic a de l r itor n e llo c h e c i
libe r a da lla c la ustr of obia iniz ia le . I n f a tti, le
tr a c c e r e sta nti, nonosta nte la lo r o e te r o g e ne ità , si muovono tutte su que ll e z ig z a g a n ti
e inc isive me lodie c he ha nno r a p p r e s e n ta to
e r a ppr e se nta no a tutt’ oggi il v e r o e p r o pr io ma r c hio di f a bbr ic a de l Nos tr o . È c o me
se in sole sette canzoni fosse r i p e r c o r s a l a
sua intera carriera discografica : d a i P i x i e s
( Ga r ba ge He a p) a Bla c k Fr a nc is ( W h e n T h e y
Come To Murder Me) passando p e r F r a n k
Bla c k ( Ha lf Ma n) . Char le s Tho m ps o n I V :
un mostr o sa c r o a se tte dita . ( 6. 5 /1 0 )
Andrea Provinciali
Bobby & Blumm – Everybody Loves (Morr
Music, 4 aprile 2008)
Genere: pop
Gentile morbidezza artica. Tre p a r o l e c h e
sinte tiz z a no pe r f e tta me nte la p r o p o s ta mu sicale contenuta nell’esordio d i B o b b y &
Blumm, ovve r o la sve de se Bobb y Ba b y ( E llinor Blixt) e il già noto te de sc o F. S. Blu mm
(Frank Schültge). Una voce fem m i n i l e c h e
piroetta delicatamente su tred i c i c a n z o n i
minima li e sc he le tr ic he , oltr e mo d o . I n f a tti,
è solta nto il suono pulito, a lgid o e d e s s e n ziale di una chitarra a costituir e l a b a s e d i
tutte le tr a c c e . Me noma le c he te mp e s tiv a me nte f a nno la lor o c ompa r sa a n c h e u n p ia no, una celesta e glitcherie varie , a l t r i m e n t i
il r isulta to f ina le r isc hie r e bbe ad d ir ittu r a d i
toccare temperature sottozero. I l p a r a g o n e
più vic ino è que llo c on Susa nna ( c o n o s e n z a The Ma gic a l Or c he str a ) : ste ss o min ima lismo sonor o, ste ssa e te r e a a tmos f e r a , s te s s e
la titudini gla c ia li. Ma è l’ a ppr o c c io v o c a le
a planare a quote molto più ba s s e r i s p e t t o
a que lle side r a li r a ggiunte da lla n o r v e g e s e .
Rispetto agli album di quest’ult i m a , i n f a t t i ,
Eve r ybody Love s r ie sc e a d a nno v e r a r e c a n zoni dalle melodie molto più a c c e s s i b i l i e
di più f a c ile a sc olto. E c iò no n è d a c o n side r a r si e sc lusiva me nte c ome u n d e me r ito ,
a nz i. Not At Home , B To B e I n Fu tu r e Pr e se nt, ma non solo, sono f r a gili c a n z o n i p o p
di tutto r ispe tto c he si f a nno ben a s c o lta r e :
sogna nti, quie te e le gge r e a l pun to g iu s to .
Bobby & Blumm: una va lida ve rs io n e ta s c a bile di Susa nna . Sic ur a me nte un b u o n r ime dio c ontr o l’ a f a e stiva c he ve r r à . ( 6 . 3 /1 0 )
Andrea Provinciali
Bochum Welt - R.O.B. (Rephlex, 4 marzo 2008)
G e n e r e : IDM
Album doppio e senz’altro celebrativo per
il v e te r a n o Re p h le x G ia n lu ig i D i Co s ta n z o : d a u n a p a r te u n a c o lle z io n e d i r a r ità a
inserirsi nel solco del revival “intelligent”
p r imi N o v a n ta , d a ll’ a ltr a u n d is c o d ’ in e d iti
c h e p o i ta li n o n s o n o d a to c h e le s u g g e s tio n i e g li a mb ie n ti s o n o – me r a v ig lio s a me n te
- i me d e s imi. N e s s u n a f u g a in a v a n ti d u n q u e , n e a n c h e c o mp lic a z io n i f r a tta li, G ia n lu ig i a ttin g e a llo s c i- f i v e r s a n te e mo z io n a le
d e ll’ e tic h e tta d i R. J a me s , p r e c is a me n te la
p la c e n ta e le ttr o n ic a c h e s ’ in te r s e c a c o n il
g u s to d e l v e c c h io c o mp a g n o To m M id d le to n
( e q u a lc o s a a e r e a a lla Se e f e e l) ma n o n s o lo .
R. O . B m i s s a t r a c c e O t t a n t a e d r u m ’ n ’ b a s s
dal taglio morbido, il lato più smaltato
dell’aicd trova la braindance più essenziale.
Co mp lic e u n r itr o v a to in s e g n a me n to K r a f twerk e un amore “adulto” per i videogiochi
( c h e e v ita a c c u r a ta me n te o g n i g io c o s p e e d y
di cui non c’è proprio alcun bisogno ora), il
doppio tomo parla di un’astronave in rotta
v e r s o c a s a , il mo tiv o è u n G r a a l p a r tic o la rme n te s e n tito d i q u e s ti te mp i, u n a c la s s ic ità I D M v o lu ta , r ic e r c a ta e a lla f in e tr o v a ta .
Co n s in te s i e u miltà ( e d e v ita n d o c o s ì a lc u n e tr a p p o le d e l c ir c u ito M u - Z iq Re p h le x
quali il culto della personalità e gli eccessi
d i e g o ) , D i Co s ta n z o r ip a g a e s i p o r ta mo lto
v ic in o a q u e llo c h e è s e n z ’ a ltr o il c u o r e d e lla f a c c e n d a . ( 7 . 0 /1 0 )
Edoardo Bridda
Breeders – Mountain Battles (4AD, 11
aprile 2008)
G e n e r e : s o 90’ s i n d i e
Ci sono cose che paiono non cambiare mai
e s ic u r e z z e c u i, p r e s to o ta r d i, to c c a r in u n ciare. Giusto così, perché altrimenti non ci
s a r e b b e r o ma i e v o lu z io n i e r iv o lg ime n ti, n é
ta n to me n o r ito r n i a c a s a . D a u n lu s tr o a b b o n d a n te le s o r e lle Kim e Ke lle y D e a l n o n
d a v a n o in f a tti p iù n o tiz ie , r in ta n a te n e lla
tr a n q u illità d e lla p r o v in c ia a me r ic a n a a c o n c e d e r s i tu ff i n e ll’ imme n s ità d e l lo r o p a s s a to
e s o p r a ttu tto Kim , i m p e g n a t a t r a i l 2 0 0 4 e
il 2 0 0 5 c o n la r e u n io n d e i P ix ie s . Tr a p p o la
s u a d e n te , il g u a r d a r s i in d ie tr o : c r e d i d i p o s s e d e r e a n c o r a il v ig o r e d e i v e n t’ a n n i o la v is io n e d e i tr e n ta , ma in r e a ltà le c o s e ta lv o lta
s ta n n o d iv e r s a me n te . Ti o s tin i a c o mu n ic a -
r e c o l mo n d o là f u o r i u s a n d o l ’u n i c a l i n g u a
c h e c o n o s c i, q u e lla s te s s a c h e fra t t a n t o h a
p e r s o e lo q u e n z a e r a c c o l t o p o l v e re , s e b b e ne sia lungi dal presentarti nei panni della
p e tu la n te r e d u c e . Su ll’ o n d a d e i c o n c e rt i c o i
r e d iv iv i Fo lle tti, Kim s i è d u n q u e m e s s a
a ll’ o p e r a c o n l’ u ltima fo rm a z i o n e n o t a d e l le /d e i Br e e d e r s ( Ke lle y , o v v i a m e n t e , p i ù i
c o mp r ima r i J o s e M e del e s e M a n d o L o p e z ) .
N o n è l’ u n ic o e le me n to i n c o m u n e c o n Ti t l e
Tk : d i q u e s t’ u ltimo è m a n t e n u t a l a d e t e rm i nazione ad allontanarsi da comodi modelli
a ff id a n d o s i a tr a me p iù ri fl e s s i v e . La m o s s a
s i r iv e la mo d e r a ta me n t e v i n c e n t e , i l g u i z z o
c h e c o n s e n te u n a s g h em b a s u ffi c i e n z a , g a r a n tita u n p o ’ a f a tic a d a i s i b i l i e i s u s s u rri
d e lla title - tr a c k , d a u n a Is t a n b u l c h e p a r e
tr a tta d a i d is c h i s o lis ti d i M a u re e n Tu c k e r ,
d a l c h ia r o s c u r o s u c u i p o g g i a n o N i g h t O f
Joy e Spark. S’è detto moderatamente, però,
p o ic h é s g r a d ite n o v ità fa n n o i l l o ro i n g re s s o s o tto f o r ma d i u n ’ e se c u z i o n e fi a c c a (o d i
una convinzione assente, come se ci fosse
u n c a r te llin o d a timb r are … ) e p e n n a s c a rs a mente incisiva qualora ligia a più consone
f o r me . Co n le p ia c e v o l i e c c e z i o n i d e l l ’i n i z ia le r u tila r e O v e rg la z e d e d e l l a s q u a d ra t a
Wa lk I t O ff, le r e s ta n ti c o m p o s i z i o n i o s c i l la n o tr a c a r in e r ia c h e s a d ’a c q u a fre s c a e ,
p e r la p r ima v o lta , p u r a e s e m p l i c e b ru t t e z z a
( B a n g O n n o n v a d a n es s u n a p a rt e ; Re g a l a m e E s ta No c h e la s tr ic a d i b u o n e i n t e n z i o n i
la v ia d e ll’ in f e r n o ) . A q u e s t o g i ro l e a s s o l v ia mo , ma c i p ia c e r e b b e c h e l e (n o n p i ù ) ra gazzotte Deal si rendessero conto di come,
p ia n p ia n o , s tia n o p e r d e n d o i l t re n o . A q u e l
p u n to , f o r s e , n o n s a r e b b e m e g l i o s o p p ri m e r e la lin e a ? ( 6 . 4 /1 0 )
Giancarlo Turra
Brian Jonestown Massacre – My Bloody
Underground (A / Goodfellas, 31 marzo
2008)
Genere: shoegaze, raga rock
Ci stavamo quasi preoccupando per la salute (e soprattutto per la chioma) del buon
Anton: discograficamente stitico da almeno
otto anni, ci aveva lasciato con un album
datato 2003 bello come il sole. Si chiamava
o rg o g l i o s o Q u e s t a è l a n o s t r a m u s i c a , e d e r a
completo come solo i progetti maturi e definitivi possono essere, un classico scherzo
d e l d e s t i n o , s o p r a t t u t t o p e r l ’ A n t o n r ’ n ’ r.
SA 53
RECENSIO
La stellina appuntata al petto, meglio, la
medaglia al merito conseguita dopo anni di
droghe e botte da orbi in quella che – grazie a Dig, il famigerato documentario - assumeva la classica parabola pop americana
dove a una caduta corrisponde il sempre
n e c e s s a r i o r i s c a t t o . Ti t o l i d i c o d a ( l ’ e p p ì
We A re T h e R a d i o d e l 2 0 0 5 ) e f i n e .
Ma conclusi i Promessi Sposi che si fa?
N e w c o m b e r i m e t t e i l v i n i l e s u l p i a t t o e t o rna daccapo. All’inizio della storia. Niente vecchiaia country rock per lui ma tanta
droga e un altro – irrinunciabile - giro in
giostra. E allora vai, ti seguiamo, tra citazionismo e fede, fede che per l’uomo è
pagana adorazione, anzi, un uragano che lo
rifionda (e ci rifionda) nella confusione di
un primo grande amore.
È testardo Anton. E fa qualcosa di speciale con My Bloody Underground, uno zibaldone di shoegaze eroinomane e loop à
l a Va l e n t i n e , f e e d b a c k r o c k e r a g a , p e r s i no un solo al pianoforte tragicomico intit o l a t o We A re T h e N i g g e r s O f T h e Wo r l d .
E c ’ è t a n t a , t a n t a g e n e r o s i t à . To h p u r e l e
menti dei Ride Andy Bell e Mark Gardener ad accompagnarlo per quello che non
v u o l e e s s e r e a l t r o c h e u n m a n i f e s t o o rg o g l i o s o . L’ e n n e s i m o d i t o m e d i o r i v o l t o a l
famigerato sistema a cui l’uomo oppugna
una casa discografica (figuriamoci… la A
come Anarchia, Records) e un rinnovato
sogno, forse neppure troppo feticista, ma
senz’altro puro come sporche sono le note
di quest’album.
Non fermatevi alle lungaggini alla produzione vacillante (quando e se si può chiamare tale), quel che conta è lo spirito. E non
la tracklist. Roba sconvolta come GoldenF ro s t ( v o c a l i s m i M o r r i s o n / Wa r s a w e a r r a n g i a m e n t i M y B l o o d y Va l e n t i n e ) , i n c u r s i o n i
nel pallone psych neozelandese via Kranky
(Auto-Matic-Faggot For The People) e
o m a g g i a l M r. J o n e s i n d i a n o c h e n o n p o s s o n o m a n c a r e ( W h o ’s F u c k i n g P i s s e d I n M y
We l l ) . I l t u t t o d i s o r d i n a t a m e n t e m a s s a c re e
c i s i a m o c a p i t i , s e i M y B l o o d y Va l e n t i n e
sono ai blocchi di partenza di un’imminente tournée, Anton è già pronto a sfidarli,
f ro m t h e u n d e rg ro u n d o v v i a m e n t e .
C’è della bellezza in tutto ciò. (7.0/10)
Edoardo Bridda
highlight
Foot Village – Friendship Nation (Tome, 10 marzo 2008)
Genere:
new tribal madnes s
Excepter – Debt Dept. (Paw Tracks, 25 marzo 2008)
Genere: industrial-tribal madnes s
Ne parlavamo qualche tem p o f a a l m o m e n t o d i i s p e z i o n a r e i l s o t t o b o s c o d e l l a N e w Tr i b a l A m e r i c a .
Or a e c c oli qui, in tutto il l o r o s p le n d o r e in a c id ito : E x c e p te r e Fo o t Villa g e , o v v e r o c o s ta e s t e c o s ta
ove st. Ovve r o c ome de c lin a r e la n u o v a a me r ic a tr ib a le in f o r me o p p o s te , ma u g u a lme n te d e v a s ta n ti.
Più “ sola r i” i c a lif or nia ni Fo o t Villa g e , in te n ti a c o n iu g a r e , e s a s p e r a n d o la , la f r e e f o r m d e lla s ta gione psic he de lic a de i ’ 60 a b a s e d i e n e rg ia , n o n s e n s e e lu s tr in i.
Più maleficamente ossiani c i g l i E x c e p t e r, q u a s i c h e l a c o l t r e d i g r i g i o c e m e n t o n e w y o r c h e s e f o s s e
un pr olunga me nto de ll’ I ng h ilte r r a ta tc h e r ia n a . Co me s e Willia ms b u rg f o s s e la n u o v a Sh e ff ie ld o u n a p r o te s i a n co r p i ù m a l e o dor a nte e ma la ta de lla Lon d r a d e i T h r o b b in g G r is tle .
No e le c tric ity hardc ore . N o ja m m in g . No d r u m c irc le s . Q u e s t o i l c r e d o d e i q u a t t r o i n v a s a t i c a p i t a n a t i d a B r i a n M i l l e r ( c a p o
de lla De a thbomb Ar c ) a lle p r e s e c o n q u e llo c h e è r e a lis tic a me n te l’ e s o r d io lu n g o d o p o la r a c c o lta Fuc k T he F u t u r e D e a t h bomb Ar c . Wor ld music pe r p e r if e r ie u r b a n e d e l te r z o mille n n io . Co n tin u o p e r c u o te r e a me lo d ic o , u r la e g r id a n o n s e n s e , fi l a str oc c he e sla nc i a c a ppe lla d a d e m e n tia p re c o x . I q u a ttr o s u p e r a n o , s u l te r r ito r io c o mu n e , g li in c e n s a ti A a : s e q u e l l i e ra n o ro b a
da mercato globale groove y, q u e s t i s o n o r o b a d a c h i a m a t a a l l e a r m i . Z e r o m e l o d i e , z e r o m o d u l a z i o n i d i s y n t h . Q u i c ’ è s o l o l a
primordiale forza del tamb u r o e d e l l a p e r c u s s i o n e m e s s a a l s e r v i z i o d i u n s u b s t r a t o t e o r i c o o r i g i n a l i s s i m o ( l a c o s t i t u z i o n e d i
una nuova na z ione , ve di Fuc k T he Futur e ) .
I quattro remix che chiudo n o i l d i s c o ( A a , S i l v e r D a g g e r s , Tu s s l e e R o b e d o o r, r i s p e t t i v a m e n t e ) n o n s o n o s e m p l i c e c o r o l l a r i o ,
ma dimostr a no la c onside r a z io n e d i c u i g o d o n o a ll’ in te r n o d e lla s c e n a we ird &we ird e r a me r ic a n a .
Il sestetto newyorchese m e t t e i n v e c e i n s c e n a l a d e g e n e r a z i o n e d e l s u o n o t r i b a l e e d o s s e s s i v o c o n u n t a g l i o m a r c a t a m e n t e
industr ia l. Sa mple s, synth a c a s c a ta , v o c i c o me la me n ti p s ic o tic i o n e n ie d r o g a tis s ime , D e b t D e p t. è a r c h ite ttat o s u i n s i s t i t e
str a tif ic a z ioni di suoni e a tmo s f e r e te tr e , a l limite d e l p lu mb e o . Tr a l’ u s o e x tr a - v a g a n te d i o g n i t i p o d i e l e t t r o n ic a m i n i m a l e e
l’ inc onsue ta f or ma - c a nz on e ( a n ti) p o p s u c u i le v o c i d e i 4 /6 d e l g r u p p o s i f o n d o n o e c o n f o n d o ma le f ic h e c o me q u e l l e d e i m a estri inglesi sapevano fare , c h e è c i f r a s t i l i s t i c a p o r t a n t e d e l l ’ a l b u m è p e r ò l ’ u s o d e l l e r i t m i c h e m a r z i a l i e d i s t o r t e , s t r a v o l t e
e str a nite a se gna r ne lo sc a r to e la p e c u lia r ità . L’ imp r e s c in d ib ilità , v e r r e b b e d a d ir e , d i u n a lb u m c h e è lo z e n i t h c re a t i v o d i
qua nto pr oposto f inor a .
Anc he qui a r e gge r e l’ imp a lc a tu r a s a r c a s tic a me n te s o c io - f ilo s o f ic a d e l c o n c e p t- a lb u m d i p r o te s ta a n tic o mme r c i a l e , è u n a ri c e r c a de lir a nte su nuove s o c ie tà p ir a mid a li e c o s p ir a z io n i a n ti- c o n s u mis tic h e .
Un ve r o e pr opr io sonic ri tu a l e a rd r u m s a c r ific e . ( 7 . 5 /1 0 )
S t e f a n o P i ff e r i
Carnifull Trio – Welldonia! (Riotmaker /
Warner Music Italia, 28 marzo 2008)
Genere: electrofunk indierock
I disc or si sul f unk ita lo da qua lc h e a n n o a
que sta pa r te pa ssa no se mpr e pe r la Rio tma ke r. Se c i me ttia mo poi l’ e le c tro ( r é tr o ) d e r iva ta da lla Sc uola Fur ano o la ma lin c o n ia
wa ve - hop de l tr e nte nne me dio d e g li A m a r i,
in bilic o tr a sindr omi di Pe te r Pan e c o n tr a tti
a te r mine , il bingo è ma te ma tic o . L’ e s te tic a
indie del Bel Paese è quindi pia c e v o l m e n t e
c ostr e tta a misur a r si c on il pop, in tr e c c ia n do a d ogni usc ita de lla pic c ola g r a n d e e tic he tta di Udine de lle ma glie str e ttis s ime c o n
i l r i t m o e l ’ e l e t t r o n i c a . L’ e c o d e l l a p i c c o l a
“revolution“ friulana si fa sentire sempre
più pesantemente sul panorama mainstream:
ogni nuovo numero di catalogo ci assicura
q u a lità e f r e s c h e z z a , d iv e r time n to e – p e rc h é n o ? - c la s s e .
I l r ito r n o d e l tr io d i L u c a Ca r n if u ll p r o s e g u e la d ir e z io n e p r e s a u n p a io d ’ a n n i f a d a l
c o mb o s u i b in a r i d e l f u n k r o c k . Se M o d a ma r e a p r iv a a s o lu z io n i e d ir e z io n i e te r o genee, lasciando però qualche ingenuità e
imp e r f e z io n e d o v u te p r o b a b ilme n te a ll’ a n s ia d a d e b u tto , o g g i i n o s tr i c a v a lie r i s f o g g ia n o l’ a r te d e lla c o s tr u z io n e d e l r itmo in
maniera compatta, con una produzione che
in a lc u n i p u n ti r a g g iu n g e l e v e t t e p -fu n k d i
newyorkese memoria. Andiamo con ordine.
Il disco varia fra tre coordinate di base: la
sensibilità melodico rock (inevitabilmente
u n a c a n z o n e d ’ a mo r e p e r i l s i n g o l o c h e s a rà
M a m a U b a ) , il r ic h ia m o d e l l a fo re s t a p u n k
(Ho t C hip e Le Tig re n e l l a v e l o c e N o i v o i
a lc o o l) e i l F u n k c o n l a e ff e m a i u s c o l a ( i n
Ka is e r fu n k e n e lla s tu p e n d a ‘O p u z z o n e ) .
M a il b e llo a r r iv a n e l m e z z o : l a d i s c o . Eb b e n e s ì: Ti fa c c io c a u s a (e d e f f e t t o ) è l ’i n n o
d e r iv a to d a lle r itmic h e c h i c a n n i ‘8 0 d e l l e
r a g a z z e c in c in me s c o la t e a u n t e s t o c h e v a
SA 55
RECENSIO
o l t re i l p o p d i D ariella & C .; Steam y Wonde r
a n c o r a i n z o n a dancefloor vira dal la parte
d ei p a d r i D a f t P un k (assonanza non c a sua l e c o n l e a c c elerate di Steam Machine ). Si
co n c l u d e p o i con un’enigmatica e pe r que s t o si n g o l a r e avventura nella progre ssività
di 1 0 0 e st a t i .
L’u n i c a p e c c a in questo dischetto stiloso e
co n sa p e v o l m e nte uber-kitsch, è che il dive rt i m e n t o d u r a t roppo poco. Meno di me z z ’ or a
d i d i s t i l l a t o r i tmico non basta. La bottiglia
fi n i sc e t r o p p o presto. D irete voi che molte
v o l t e b a s t a l a qualità; ma se le premesse ci
s o n o , p e r c h é non tentare di fare il botto?
N o i l o a s p e t t i amo, intanto ci mangiamo la
p aff u t a b a t t e r i a “chocolate glazed“ de lla c op e r t i n a . L a p r ossima volta rischiate di più.
P ro b a b i l m e n t e sarà un successo.(7.0/10)
M a r c o B r a gg i o n
Casa (e autori vari) – Remake (Dischi
Obliqui, 2008)
G e n e r e : e l e t t r o n ic a t r a d u t t i v a
Av e v a m o l a sc iato i C asa con il loro sple nd i d o e so r d i o e aspettavamo con sper a nz osa
curi o si t à i l se condo disco. Ma, punto pr imo,
i l s e c o n d o d i sco dei Casa non è un disco
s u o n a t o d a i Casa, tranne una traccia live
m o n o , l a p r i ma (Tutti Impazziscono Per I
Tu o i O c c h i D i C am m ello Ma Lui No) , pe r a l t r o g i à c o n tenuta, nella versione studio,
i n Vi t a P o l i t i c a D ei C asa. R om picap o r isolv i b i l i ssi m o , se scopriamo quel che si na s co n d e d i e t r o R emake, cioè un progetto in
c u i g l i “ a b i t a t ivi” hanno commissionato dei
rema k e - n é c o ver, né remix, con un a pr e ss o c h é t o t a l e l ibertà di approccio, tranne la
d u ra t a o b b l i g a ta, 5 m inuti – ad alcuni gr upp i “ a v a n t ” i t a liani, da cui poi hanno se le zi on a t o u n a d ecina di risultati.
P u n t o d u e , m a i avrei pensato di rispo lve r a r e
q u ell a st o r i a d ella traduzione, della sua dif fere n z a c o n l ’ a dattamento, e invece è d’ uop o . M e t t i a m o ci nei panni dei gruppi a c ui è
s t at o r i v o l t o i l “call for papers”; ognuno di
l o ro a v r à d o v uto selezionare un crite r io di
p erti n e n z a e u n livello di traduzione , c ioè
u n p u n t o , i n su perficie o in profondità dove
t ro v a r e u n t e r r eno com une con ciò c he si va
a d a d a t t a r e , c i oè la traccia live di partenza.
Ci sa r à st a t o c hi si è attaccato alla fra se c he
d à i l t i t o l o a l brano, facendo risultare la tr a d u zio n e p i ù “ f edele” – è il caso di GG Haka
Func is, o a nc or a di più di Dre ss e d/U ndre s se d, dove si ma ntie ne la str uttu r a c o n il te sto in f ondo, dopo un r umor ismo s tr is c ia n te
come un lombrico mosso da sy n t h d i g i t a l i .
Oppur e c hi, più in pr of ondità , a v r à g io c a to sul minima lismo c ui si dà c o r d a in Tut ti… ne lla ve r sione or igina le e a v r à a g ito s u
una ma nc ia ta a ppe na di note – s e n tite A c idhe ad, ma a nc he la te c hno d’ n ’ b d i L u c a
Dal Lago. Oppur e a nc or a c hi av r à la s c ia to
impe r sc r uta bile il pr opr io r a gio n a me n to a ttor no a l r e ma ke ( Radiom ilingo , p e r e s e mpio). I Casa comunque sia stan n o g i o c a n d o
sull’ a utor ia lità , sulla diff e r e nz a tr a c u r a te la
e c ompila z ione , e ha nno sc e lto l e tr a c c e p e r
r e stituir c i c ome la pe nsa no, per c h é in f o n do, come dice Francesco Spine l l i , “ s o n o l e
nostr e c a nz oni, a pa r la r c i di noi” – e v e r r e b be da c hie de rgli, “ e que lle a ltr u i? ” .
Certo, bisogna verificare il risu l t a t o , o l t r e
il pia no c onc e ttua le c he da solo v a r r e b b e il
disco. Per esempio è possibile a n d a r e a l l a
r ic e r c a di un a ppiglio su c ui r ic o s tr u ir e u n
f ilo r osso, una c ontinuità . La s p e r ime n ta z ione ? For se un gusto r ic onosc ib ile ? Pr o ba bile , ma poc o. I l f a tto – te r z o p u n to – è
c he l’ a sc olta tor e sa in pa r te nz a d e l le g a me
c he tutte le c a nz oni ha nno tr a di lo r o , e q u e sto non può c he c r e a r e r e la z ioni n e ll’ a s c o lto, forse fittizie, forzate, ma p r e s e n t i , e i l
passaggio da una canzone all’a l t r a v e d e i l
nostro orecchio sempre alla ric e r c a d i u n a
c ontinuità se mpr e disa tte sa . Ch e s ia q u e sto l’ e le me nto di c oe sione de l d is c o ? Se n za smettere di domandarcelo, a s p e t t i a m o i l
prossimo colpo di teatro dei C a s a , n u o v o
stupor e . ( 7.0/10)
lo r o ma r c a p r e f e r ita d i c h ita r r e s ia X e r o x .
Se si presta bene orecchio, però, qualcosa
d i in s o lito e me rg e d a lle u s u a li n e b b ie c a tr a mo s e d i q u e s to D o I t - f o s s e r o t u t t i c a p a c i
a creare paesaggi del genere, poi.
C’è, per esempio, melodia (più di quanta
si pensi) e c’è un canto che non è più un
la me n to s o d ig r ig n a r d i d e n ti: in M e m o r ie s
A d e B l a c k b u r n s e m b r a i l N e i l Yo u n g d e l l a
min i- o p e r a B ro k e n A r ro w; H ig h Co in , p u r
n e lla s u a r e ite r a z io n e , h a u n a s o r ta d i h o o k ;
e F re e n o t F re e s a r e b b e q u a s i i d i l l i a c a , d a
c a r to lin a a n n i ‘ 6 0 , s e n o n f o s s e in te r r o tta d a
q u e i r iff c ic c iu ti a lla F la m ing Lips p r i m a
ma n ie r a . Pe r c h é a lla f in e , i q u a ttr o ma s c h e rati restano le teste psichedeliche di sempre,
c o n il lo r o n o to a r ma me n ta r io g a r a g e - p s y c h
v is io n a r io , d e v o tis s imo a Sy d e il Ca p ita n o
Cuordimanzo. Quindi non vi sembri strano:
q u e s to d is c o lo a v e te d a v v e ro g ià s e n tito .
Pe r ò , a d e s s o è
a n c o r a p iù b e llo di prima. E,
forse, la verità è
che i Clinic non
possono suonare
altro che come i
Clinic. Insomma,
il dubbio posto in
a p e r tu r a d i r e c e n sione resta; sta
u n p o ’ a n o i d e c id e r e s e q u e s ti L iv e r p o o lia n i c i h a n n o p r e s o
d i n u o v o in g ir o , o s e c e l’ h a n n o s o lo f a tto
c r e d e r e . A mle tic a me n te , ( 6 . 9 /1 0 )
r a ff i n a t e s o l u z i o n i d ’ a r r a n g i a m e n t o .
Co s ì, la v o c e lig ia a d u n fl e m m a t i c o t ra s p o r to e il n o n p ic c o lo a i u t o d e i s o l i F ra n c e s c o G a r o lf i a lla c h i t a rra e S t e fa n o C a rr a r a a l p ia n o f o r te , la D o n à t o rn a s u l l u o g o
d e i p r imi d e litti s v e la n d o c i t u t t o l ’i m p e t o
lu n a r e d i u n a S te lle b u o n e , i l t re p i d o a ffl a t o
f o lk d i L’ a r id ità d e ll’ a r i a (c h e n o n s a re b b e
s p ia c iu to - p r e s u mo - a S a n d y D e n n y ) , e
u n a title tr a c k d a lla m o rb i d a , ra g g ri c c i a n t e
te n s io n e . So r p r e n d e men o p o i i l c a re z z e v o l e
mis te r o d e ll’ e s ta tic a G o c c i a c h e l ’a l l a m p a n a ta c r u d e z z a d i M a n g i a l u o m o , f r u t t i c o l t i
d a lla c o n tr o v e r s a o p e r a s e c o n d a N i d o , m e n tr e D o v e s e i tu - d a l l ’ o m o n i m o t e r z o o p u s
- si conferma stupenda anche nei minimi
termini di una delicata apprensione, forse il
miglior pezzo licenziato da Cristina.
A r a p p r e s e n ta r e la p iù r e c e n t e fa t i c a c i s o n o
U n iv e r s o - q u a s i c a me ri s t i c a n e l fru g a l e o rd ito p ia n o e v o c e - e u n a S e t t e m b re i n c o p p ia c o n Giulia no “ N e g r a ma ro ” S a n g i o r g i ,
c h e c o me è n o to s a c a n t a re i n u n m o d o s o l o
ma p e r f o r tu n a a lme n o n o n e c c e d e e i l v a l z e r
p r o c e d e a o n d a te b a r c ol l a n t i e v o rt i c o s e c h e
è u n p ia c e r e . Stu p is c on o m a n e a n c h e t ro p p o in f in e d u e c o v e r c o m e S i g n Yo u r N a m e
d i Te re nc e Tre nt D ’ A r b y e I’m In Yo u d i
P e t e r F r a m pt o n, n o n p ro p ri o d u e a rt i s t i d i
riferimento per la galassia indie. Del resto
s u lla s tr a d a d e l p o p d ’ a u t o re l e u n i c h e p i e tre miliari che contano sono le canzoni, e
queste sono semplicemente buone canzoni.
I l c h e c i p o r ta v ic in o a l n o c c i o l o d e l l a q u e s tio n e , c r e d o . ( 7 . 0 /1 0 )
Antonio Puglia
Stefano Solventi
G a spare Caliri
Cristina Donà - Piccola Faccia (Capitol
/ Emi, 28 marzo 2008)
Daniel Lanois – Here Is What Is (Suma,
18 marzo 2008)
Clinic – Do It (Domino / Self, 11 aprile
2008)
G e n e r e : c a n ta u t o r at o f o l k
Un po’ a sorpresa, ad appena sei mesi da
L a q uinta s ta g io ne to r n a Cr is tin a D o n à c o n
u n a lb u m c h e me n tr e f a a n to lo g ia n e a p p r o f itta p e r me d ita r e s u l p r o p r io s o n g w r itin g .
Riducendo alla loro essenza dieci episodi
d e l r e p e r to r io o r ig in a le d i c u i s a p e v a mo g ià
la spiazzante intensità, quel nudo aggirarsi
tr a in s id ia e d o lc e z z a , ma d i c u i f o r s e n o n
avevamo ancora apprezzato abbastanza la
s c r ittu r a , v u o i p e r l’ in te r p r e ta z io n e s o p r a le
r ig h e d e g li e s o r d i - c h e s p o s ta v a l’ a c c e n to
s u u n a p e r s o n a lità ta n to v o litiv a e s e lv a tic a
q u a n to mis te r io s a - , v u o i p e r le s e mp r e p iù
G e n e r e : a mb i e n t a m e r i c a n r o c k
Un ruolo importante e allo stesso tempo
p o c o a p p r e z z a to , q u e llo d e l p ro d u t t o re . Ep pure riesce faticoso immaginare la storia
d e lla mu s ic a r o c k s e n za l ’a p p o rt o d e i G e o r g e M a r t in, d e i P hil S p e c to r , d e g l i S te v e
A lbini; s i è c e r ti c h e s e n z a c o s t o ro - e d e c i n e d ’ a ltr i - le c o s e s a r e b b e ro a n d a t e d i v e rsamente. Il problema è che a costoro tocca
operare nell’ombra, suscitando l’interesse
specifico degli studiosi e dei maniaci che
si leggono anche le più minuscole note di
c o p e r tin a . M a l c h e v a d a, p u o i s e m p re d i re l a
tu a e p u b b lic a r e q u a lc h e d i s c o , m a n o n i l l u -
Genere: psych, garage, pop
Sarà poi vero quel che ormai p e n s a n o i n
molti, ovvero che i Clinic, gira c h e t i g i r a ,
f a nno se mpr e lo ste sso disc o? O è s e mp licemente parte di un’immane b u r l a c h e s i
perpetua coscientemente ad o g n i u s c i t a ?
Il dubbio è più che legittimo , u n a v o l t a
inf ila to ne llo ste r e o il suc c e ss o r e d e l p u r
buono&tosto Visitations (2006 ) : d i r e c h e
move nz e , c a de nz e , a tmosf e r e s o n o , e h m,
familiari è un bell’eufemismo – a d e s s e r e
sma liz ia ti, ve r r e bbe a nc he da pen s a r e c h e la
SA 57
RECENSIO
d erti c h e l ’ a l o ne d’indifferenza venga diss ol t o . C o sì è per il canadese D aniel La nois,
c h e h a m e s s o le dorate mani in alcuni dei
d i s c h i p i ù b e l l i degli anni O ttanta e Nova nta
con N e v i l l e Broth ers, D ylan, G abr ie l, U2;
h a i d e t t o n i e nte, ma già prima il ragazzo
avev a u n a l i st a lunga assai di collab or a z ion i c o n B r i a n Eno e Martha A nd T he M uf fi n s. U n o c h e possiede un tocco gassoso e
r i c o n o s c i b i l i s simo, Daniel, anche quando si
m i s u r a c o n u n a tradizione m usicale d’ oltr e o cea n o d e l l a quale attenua il senso d ’ a ppa rt ene n z a a l l a terra, per sottolinearne vic e v e r s a i l l a t o s ognante. Piccoli film acustici,
i s u o i , a n c h e i n questo sesto album, lungo il
q u ale l a m b i sc e e osserva dall’esterno i te rr i t o r i b a t t u t i assieme ai nomi di cui sopra,
fi n o a c o n f o n dere le carte su quanto di suo
v i fo sse c o l à ( p arecchio, direm m o… ) .
S e si e c c e t t u a n o un pugno d’interme z z i pa rl at i c o n E n o , gli “am bienti” allestiti r a c c on-
ta no un’ intimità c la ssic a c he si mo d e r n iz z a
sia qua ndo è r uvide z z a blue s ( Be lls O f O a x ac a odor a di Wait s e Coode r ) c h e q u a n d o
s’ imme rge ne lla pa stor a lità c ou n tr y ( p r e s soché ovunque nella corposa s c a l e t t a ) . S i
f a nta stic a su una Band a i c a nc elli d e l p a r a diso - Gar t h Hudson f igur a tr a g li o s p iti - e
si torna all’estrazione classica ( i l g i o i e l l o
Lov e c hild tr a nsita da pia nismo r o ma n tic o a
un toc c a nte dia logo di slide e vo c e ) , ma n te ne ndo c osta nte l’ a ppr oc c io visiv o a lla s te sur a e a ll’ e se c uz ione de i br a ni. U n ’ A me r ic a
della mente, quella di Lanois, e s a m i n a t a e
r a c c onta ta in 16:9 se nz a indugia r e in e v a n e scenti anemie, mantenendo altr e s ì i l s e n s o
de lla tr a diz ione c he si a da tta a i t e mp i e d u n que non muor e . A dispe tto di qua lc h e p ic c o lo indugio, la pe llic ola di He re I s W h a t I s
scorre affascinante e autoriale, e p e r c i ò t i
sc opr i a f r e que nta r la sove nte . ( 7 . 0 /1 0 )
Giancarlo Turra
Daniele Brusaschetto – Circonvoluzioni
(Bosco, aprile 2008)
G e n e r e : c a n ta u t o r at o a c i d o
To r n a Br u s a s c h e tto e c o n lu i la s u a p o e tic a
d e ll’ e s s e n z ia le . Su s s u r r a ta e p p u r ta g lie n te , v e rg a ta s u p a r o le c h e o d o r a n o d i p o e s ia
p iù c h e s u i s u o n i, c o me e r a c o n s u e tu d in e in
p a s s a to . A ff in e p iù a M e z z a L una P ie na c h e
a lle e v o lu z io n i c a ta s tr o f is te d i Bluv io la e
P o e s ia To ta le D e i M us c o li, Cir c o nv o luz io ni m o s t r a a p p i e n o l ’ e g o c r u d o d i u n a u t o r e
la c u i p e r s o n a lità n o n p u ò r ima n e r e s tr e tta
in u n p u g n o c h iu s o . D is c o d i s u o n i s u s s u rr a ti o a p p e n a a c c e n n a ti, d i lie v i a lte r n a n z e e
s c a r ti, tr a ( mo lto ) a c u s tic o e ( p o c o ) e le ttr ic o , c o n s p r u z z i d i a n a lo g ic o e s a p ie n te u s o
d e l d ig ita le : s c o r ie g litc h , tr ip - h o p d e g e n e r a to , e le ttr o n ic a d i s ( o tto ) f o n d o s i a lte r n a n o
alle note acustiche. Ma anche disco di rivoli
d i p a r o le c h e s o n o c o n f e s s io n e in d iv e n ir e ;
sì, perché as usual sono le lyrics del Brusa
highlight
Long Blondes – Couples (Rough Trade, 11 aprile 2008)
Genere: pop, wave
To c c a a mmetterlo: da parte nostra non c’erano chissà quali aspettative p e r l ’ a l b u m n ° 2 d e l l e L o n g
Bl o n d e s. P iù che per malafede , pe r sta tistic a : sa lvo e c c e z ioni, il sopho m o re re c o rd c a d e s p e s s o
c o m e u na mannaia sul collo delle malcapitate band fino a poco prima ince n s a t e . P i ù c h e a l t r o , q u e l l a
f o r m u l a colta e ruffiana assie me di wa ve - pop da c a me r e tta , sor ta di ibrid o P ulp- Smith s - Sio ux s ie
( c o n u n a vocazione da star de l pop a lla Abba , a se ntir lor o) , se mbr a va tan to c o mp iu ta in s é d a a mm e t t e r e soltanto la ripetizione . Se pe r ò c ’ è una c osa di c ui c i e r a va mo ac c o r ti u n a n n o e me z z o f a
c o n S o meon e To D rive You Home , è che le ragazze - e i due ragazzi - d i S h e ff i e l d e r a n o d o t a t e ,
so p r a t t utto, di personalità. E d è pr opr io que sto c he f a de l lor o se c ondo d is c o e s a tta me n te c iò c h e
o g n i se c ondo disco dovrebbe esse r e , ovve r o un de c isivo e signif ic a tivo balz o in a v a n ti. Co up le s ( u n
q u a s i - c oncept, che gioca ancora una volta con certe angosce suburbane) è u n a l b u m - s t a t e m e n t , c h e s a d i s p e n s a r e s o r p r e s e e
p i a c e r i i naspettati. L a presenz a in studio de l dj e r e mixe r Erol Alkan ( il f u tu r o p r o d u c e r p iù r ic e r c a to d ’ A lb io n e ? Si a c c e tta n o
s c o m m e sse) deve aver certo giocato un ruolo decisivo in questa semime t a m o r f o s i d i s c o - p o p ; i s y n t h a c c a t t i v a n t i m e s c o l a t i i
f a l se t t i a m m iccanti di una Kat e Jac kson se mpr e più ga ttosa e se xy - Ce nt u r y , To o Cle v e r B y H a lf, G u ilt - s o n o i l c o r o n a m e n t o
d i u n sogno m etapop à la Paul Morley, una Kylie Minogue che fronteggi a i B a n s h e e s , o u n a G w e n S t e f a n i c h e s i s t r u s c i a s u
A l a n Ve ga e Martin R ev.
A g g i u n g iamo a questa zam pata di stile – c he da sola te r r e bbe in pie di no n s o lo tu tto il d is c o , ma u n ’ in te r a c a r r ie r a – u n a c r e sc i t a e sp onenziale nella costruz ione de i pe z z i e ne gli a r r a ngia me nti, c on q u e lle lir ic h e d a M o r r is s e y /J a r v is C o c ke r in g o n n e l l a a n c or più ficcanti affidate a soluz ioni sonor e più va r ie ( The Couple s , i n t a l s e n s o , è u n c a p o l a v o r o ; m a a n c h e l ’ a l g i d a e
r o b o t i c a N ostalgia). P oi, a conf e r ma di una ma ggior e sic ur e z z a - sf r ontate z z a ? - , me ttia mo c i p u r e c h e R o u n d Th e H a ir p in d à
f i n a l m e nte sfogo a quella ven a spe r ime nta le già visiona ta in a lc une ve c c h ie b - s id e , me n tr e a ltr o v e s i r e c u p e r a u n a c e r ta r u v id e z z a p o p w ave, revivalista e postmode r na , ma se mpr e c on gusto, inte lli g e n z a e - e c c o c h e r ito r n a la p a r o la c h ia v e - p e r s o n a l i t à . I nsomma, abbiamo l’impressione che questa sia una delle rare ban d i n g i r o c h e s a d a v v e r o m a n t e n e r e c i ò c h e p r o m e t t e .
(7.4/10)
Antonio Puglia
il v e r o c e n tr o n e v r a lg i c o d e l l a s u a m u s i c a ,
l’asse intorno a cui ruota tutto il resto. Il
c o n s u e to , a rg u to e d ev a s t a n t e c a n t a u t o ra to, metà sarcastico e metà malvagio. Uno
s g u a r d o s u l/n e l q u o tid i a n o c o m e u n B a t t i a to in a c id ito e ta g lie n te o u n B u g o d e l i ra n t e
ma s e n z a lo s c a z z o , in b a s e a l l ’a n g o l a z i o n e
s e c o n d o c u i lo s i a s c o l t a . U n o c h e g u a rd a i l
mo n d o me n tr e a n n e g a in u n b i c c h i e r d ’a c q u a
(I l R u s c e llo Ne lla Ta z z a ), c o n q u e l l a s t e s s a
d is p e r a ta e o s tin a ta d i s t a n z a . E s e n o n c ’è
v ita s e n z a r e s p ir o , b e h , i l B ru s a c ’h a ri d o n a to , p e r l’ e n n e s ima v o l t a , u n a g ra n b o c c a t a
d ’ a r ia a ma r a . ( 7 . 0 /1 0 )
S t e f a n o P i ff e r i
The Dirtbombs – We Have You
Surrounded (In The Red / Goodfellas, 26
febbraio 2008)
Genere: bl ack street-punk
Parla di rado Mick Collins. O meglio, fa in
modo che il peso delle sue argomentazioni si
imponga quando ha qualcosa da comunicare. Tradotto in termini più prosaici, pubblica
un disco ogni due/tre anni e che iddio - o
chi ne fa le veci - lo benedica. Quattro le
primavere che, nello specifico, separano dal
predecessore Dangerous Magical Noise (essendo il doppio If You Don’t Already Have
A Look del 2005 generosissima raccolta di
brani sparsi su singoli e compilation) questo
album, inizialmente pensato come un e.p. e
viceversa sviluppatosi strada facendo. Non
usurare la propria creatività significa averne
profondo rispetto e provarlo al proprio pubblico: l’ex Gories conosce e traduce in pratica il teorema nel solito modo, vale a dire
allestendo un omaggio alle musiche che più
ama tramite composizioni deraglianti, che
sulle prime dici monolitiche e invece rivelano cura del dettaglio ed eclettiche capacità
autoriali. Non mancano i richiami agli illustri concittadini Stooges (anneriti in torbido
hard blues per It’s Not Fun Until They See
You Cry, dialoganti con Bolan e Diddley in
Leopardman At C & A, ingoiati dal paranoico gorgo della title-track), eppure rappresentano l’eccezione, incastonati come sono
tra glam malinconico sottratto agli Sparks
(Sherlock Holmes) e LCD Soundsystem regrediti nel garage (Wreck My Flow), wavefunk in buccia pop da far impallidire mezza
Albione (Indivisible) e ipotesi di Brian Eno
SA 59
RECENSIO
ancora dotato di glitter e piume (La Fin Du
Monde lambisce favolosamente i territori del
collettivo Elephant 6). Basta e avanza a perdonare i quattro minuti di incomprensibile
onanismo noise Race To The Bottom, meglio
se sommato a una Fire In The Western World
- cover del mitico Fred Cole (Lollipop Stoppe, Dead Moon) - che a passo di parata fa
tutt’uno di California ‘80 e Londra ’77 o a
quella Ever Lovin Man che Jon Spencer non
riesce più a scrivere da un decennio.Se dopo
un tale sfoggio di policromo, robusto talento
credete ancora a chi sproloquia di revival,
non avete la più pallida idea di come vadano
le cose nel 2008. Quanto avremmo desiderato ascoltare dalla reunion di Iggy e compari,
lo abbiamo oggi nel quarto asso calato dai
Dirtbombs. (7.4/10)
Giancarlo Turra
The Envelopes – Here Comes The Wind
(Brille Records / Self, 22 febbraio 2008)
G e n e r e : a lt e r n at i v e p o p
Non son capace d’arroccarmi fino allo sfinimento sulle mie posizioni, non sono in grado
di non farmi influenzare da ripetuti commenti opposti al mio. Capita che tutto questo (a
volte) si riveli una fortuna. Disco, da me sottovalutato, ma incensato da più parti, Here
Comes The Wind, degli Envelopes è effettivamente lavoro che convince piano piano.
Al debutto nelle orecchie sembra già sentito, l’ennesimo pop suonato da giocolieri
mancati (vedi Architecture In Helsinki, Of
Montreal fino a risalire ai Gorky’s Zygotic
Mynci), capaci “solo” di prendersela con le
note. Trasformandole, colorandole. E invece… oltre alle melodie c’è di più. Svedesi,
francesi, gli Envelopes tornano dopo tre anni
di silenzio con questo album e passano nuovamente l’esame. Non lasciatevi ingannare
dalla copertina: il disco è tutt’altro che lugubre e scuro. Sonorità vivaci, timbri differenziati, sempre originali, muovono un lavoro
senza precise definizioni. Il rischio dell’indecifrabilità e susseguente incompletezza
viene corso per tutti i 33 minuti di durata
dell’album, a volte la cadute sono fragorose
(Put On Hold su tutte), ma è lo stile da nuovi
Pastels che convince. Ed è normale se ci si
incaponisca cercando tutte le influenze sulle
quali il quintetto si fonda (Talking Heads,
Pixies, B-52’s per citare i nomi celebri), ma
non è di certo cosa strana se ci si ritrova a
dover leggere e rileggere che le loro canzoni
son come “baciate dal sole”. (6.3/10)
Mar co Canepari
Feet Of Mud – Self Titled
(Improvvisatore Involontario / Wide,
marzo 2008)
Genere: psych-jazz
Che il nome di questo trio sia legato alla pellicola americana del 1924 dallo stesso titolo,
non è dato saperlo. Ma poco importa, anche
perché riferimenti veri e propri all’omonimo film non compaiono affatto. Questa volta, l’ennesimo cambio di pelle di Francesco
Cusa targato Improvvisatore Involontario
sa di psichedelia. Il trio, capeggiato dal tastierista Federico Squassabia, affonda le
sue radici nella fusion e nel jazz elettrico
post-davisiano, strizzando l’occhio, in alcuni casi, anche al funk anni ’70 (No Loser,
Blue Mosquitoes, On The Dance Floor), ma
concedendosi volentieri anche esplorazioni ipnotiche (David’s Eye) Di Cusa si è già
detto tutto e il contrario di tutto. Il camaleontico batterista impiantato a Bologna e
mentore dell’etichetta in questione (sempre
più guida e punto di riferimento del nuovo
jazz italiano) con il suo stile plastico, che
va ben oltre lo swing, riesce a creare le combinazioni musicali più improbabili, sempre
con una grande ironia di fondo. A completare
il tridente, il contrabbassista Stefano Senni,
in apparenza il più anonimo dei tre, ma non
nella sostanza (basti ascoltare l’introduzione, tutta sua, dell’onirica Dormi Dormi). Ma
sono, in ogni caso, sempre le tastiere a condurre i giochi, liberandosi in assolo dal sapore inconfondibilmente jazzistico a tappeti
di suoni elettronici che si cospargono a macchia d’olio sulla sezione ritmica. Un album,
questo primo lavoro di Feet Of Mood, di cui
Squassabia può ben andare fiero (in quanto vero protagonista) e un altro mattoncino,
il nono, nella costruzione della nuova casa
dell’improvvisazione italiana che, a dispetto
del nome, Cusa e compagni stanno erigendo
assai “volontariamente”. (7.0/10)
Daniele Follero
Flight Of The Conchords – Self Titled
(Sub Pop, 22 aprile 2008)
Genere: acoustic pop-folk
Dopo essersi beccati un Grammy per il loro
EP The Distant Future (Sub Pop, 2007) ed
essere diventati famosi in America per la
loro commedia su HBO, i neozelandesi Jemaine Clement e Bret McKenzie si fanno
produrre il primo disco “vero”
da Mickey Petralia (già in Midn i g h t Vu l t u r e s d i
Beck e in Light
& Sound di Ladytron). Più che
un disco, una raccolta delle canzoncine che intervallano il loro
s h o w, b r e v i s k e t c h e p a s t i c h e c h e r i c o r d a n o
il palco più che lo studio, un modo diretto
di proporsi tipico degli attori di fiction.
Se lasciamo da parte la patina commerciale
e il bisbiglìo tendente al gossip, c’è comunque da stare contenti: chitarra acustica
e ritmiche hip-hop basate su synth lo-fi e
percussioni midi-tamarro, come se Fiorello
e Baldini si mettessero a fare un dischetto tanto per passare il tempo chiamando
a r a p p o r t o q u e l f i g o d i G a i n s b o u rg ( F o u x
du Fafa) e quei pazzi dei Montefiori Cocktail. Cosetta da poco? Ascoltando le tracce che usciranno sulla lunga distanza a fine
mese, ci si imbatte in un funkettino degno
di Shabba Ranks (Boom) e del Prince più
commerciale (Think About It, The Prince of Parties), pezzettini alla DEVO che
scimmiottano il duca bianco (Bowie appunto), ninne nanne pseudo-indie che fanno il
verso alla generazione shoegazers (Leggy
Blonde) e protoelettronica ottanta fra Kraftwerk e Pet Shop Boys (Robots).
La chiave di lettura per tentare di capire il
lavoro resta comunque la parodia innestata
sul testo divertente e sull’imitazione di stil i d i s p a r a t i , c o n v e rg e n t i a l m a i n s t r e a m d a
classifica americano. Il fatto è che questi
due matti riescono a produrre un dischettino che fa a gara con i gruppi indie-pop più
i s t i t u z i o n a l i e “ a ff i d a b i l i ” . S a r à l a m a n o
d e l p r o d u t t o r e , s a r à l ’ h y p e p o s t - G r a m m y,
ma alla fine le tracce girano. I nuovi Simon
& Garfunkel dello sfottò. Direttamente dal
pianeta fusi di testa.(6.8/10)
M a r c o B r a gg i o n
Frightened Rabbit – The Midnight Organ
Fight (Fat Cat, 14 aprile 2008)
Genere: indie rock
N e a n c h e s e i me s i s o n o p a s s a t i d a l l a p u b b l i c a z io n e /r is ta mp a d e l d e b u t t o d e i F ri g h t e n e d
Ra b b it, Sing s T he G r ey s ( u s c i t o n e l 2 0 0 6
p e r H it T h e Fa n ) , c h e l a F a t C a t , s fru t t a n d o il c la mo r e p o s itiv o s c a t u ri t o d a e s s o , d à
a lla lu c e il s u o s e g u ito , Th e M i d n i g h t O r g a n Fig ht. Q u e s ta imp az i e n z a l a d i c e l u n g a
s u q u a n t o l a c a s a d i s co g r a f i c a p u n t i m o l t o
s u q u e s to tr io s c o z z e s e . E c o m e d a rl e t o rt o
q u a n d o le q u a tto r d ic i n u o v e c a n z o n i c o n fermano e migliorano quanto di buono era
già emerso dall’esordio. Se in questo era
u n a p iù imp r o v v is a ta m a c o n v i n c e n t e fre n e s ia a d o le s c e n z ia le a d e t t a re i l p a s s o , i n c lin e a c e r to e mo v e r s a n t e B r a i d e i n t re c c ia ta a l tip ic o in d ie r o c k a c a v a l l o d e l 1 9 9 0
( Se ba do h, p e r in te n d e rc i ), i n Th e M i d n i g h t
O r g a n Fig ht tu tto c iò v i e n e u n p o c o a rg in a to a f a v o r e d i u n a re l a t i v a o ri g i n a l i t à
r a g g i u n t a . Tu t t e i b r a n i p r e n d o n o l e m o s s e
da un bislacco folk acustico dalla ritmica
in c a lz a n te e r ip e titiv a s u c u i u n c re s c e n d o
elettrico, impreziosito da fiati e tastiere,
va ad aggiungersi claustrofobico. Ma è la
c o mp o n e n te v o c a le , c h e ri c h i a m a a l l a m e mo r ia a d d ir ittu r a i C o u n ti n g C ro w s , a d o nare profondità e ariosità al tutto. Quindi,
q u e l l ’ u rg e n z a e m o z i o n a l e d e l p r i m o a l b u m
non viene abbandonata, ma viene in parte
sacrificata a beneficio del risultato finale:
e p is o d i c o me Th e M o d e r n L e p e r , Fa s t Bl o o d
e Ke e p Yo u r s e lf Wa r m s o n o o t t i m i e s e m p i
di contagiosa vivacità trasognante. C’è da
a g g iu n g e r e c h e a lla lu n g a l ’a l b u m s i s o v ra c c a r ic a r is u lta n d o f in tro p p o ri p e t i t i v o , m a
s ia mo s ic u r i c h e a lla terz a fa t i c a ri u s c i ra n n o a s o p p e r ir e a n c h e a q u e s t o . (6 . 7 / 1 0 )
Andrea Provinciali
Fuck Buttons – Street Horrrsing (ATP
Recordings, marzo 2008)
Genere: elettronica
I l p ia c e r e d e lla d is to r s i o n e , d e l s u o n o m a n i p o la to e f iltr a to a ll’ inv e ro s i m i l e . R i e m p i rsi le orecchie di rumori e colmarsi la testa
di conseguenza. Andrew Hung e Benjamin
J o h n P o w e r f a n n o d ’ ec h e g g i , d i r i s o n a n z e
s tr id u le , s tr e p ita n ti, c h i a s s o s e i l l o ro c a m pogiochi. Duo inglese, Bristol loro città di
p r o v e n ie n z a e “ a tte s ta t o d i q u a l i t à ” m a c o n
SA 61
RECENSIO
highlight
Mark Stewart – Edit (Crippled Dick Hot Wax, aprile 2008)
Genere: cros sover hard funk
I n t e r v i s tato in una data della scorsa tournée all’altezza della compila trib u t o d e l l a S o u l J a z z , M a r k
S t e w a r t era ubriaco ed esalta to, felice come non gli capitava da un bel p o ’ . S e n t i v a l ’ a d r e n a l i n a
sa l i r e d entro quel corpo sm is ur a to e sopr a ttutto c on c a sa /f a miglia /f iglio /e tà tu tto a p p o s to c a p ta v a
i l s e g n a le chiaro di un tempo. In pratica aveva fame. Fame atavica. Pura p a s s i o n e r a g a z z o n a d a l l e
p a r t i d e l 100% genuino.
Re c e n t e mente, di quella firm a c hia r issima a bbia mo a vuto c onf e r me a nc or p iù e lo q u e n ti. I n M o n ito rp o p Vo l .1. il nostro si cimenta va in una performance oratoria da Oscar. Og n i f a n p o s t - p u n k d o v r e b b e
a s c o l t a r e e prendere appunti. E ancor più vicini al presente, ecco l’articol o / c o m m e n t o t r a c k b y t r a c k
d e l n u o v o album dei Portishea d, un lunga disa mina de l disc o dove la par o la f u n k a s s u me u n c o n n o t a t o magico e ancestrale. Certo, il bristoliano non stava parlando di Th i r d m a d e l s u o E d i t e d i u n a r i n a t a p a s s i o n e p e r u n a
p r i m i g e nia folgorazione, il fun k. I l f unk ugua le r itmo ugua le vibe . I l pr in c ip io d i tu tto c h e r ie s p lo d e o r a , d o p o c h e Ste w a r t h a
f a t t o i n c etta di applausi di pubblic o e me dia e a de sso, a sua volta , r e stitu is c e .
E d i t è l ’album del super ritorno. Il lavoro che ci si aspettava soltanto ne i s o g n i , u n a t r a c k l i s t d a l l ’ e s t e t i c a v i s c e r a l e f o n d a t a
s u l g r o o ve e giocata a trecentosessanta gradi con il meglio della black in f a t t o d i m u s i c a . I l p l a t t e r s p a c c a : t i i n f i l a u n a R i s e
A g a i n c he è un deciso funk jazzato con piglio soul e attitudine bass-hip h o p - o l d - s k o o l . S p r e m u t a d i g h e t t o s e n z a t e m p o . P o i
t r o v i a m o una T he Puppet Mas te r c he ti sintoniz z a la r a dio politic a a ff og a n d o n e lle s in c o p i d e i s y n th u n a d e f o r ma z io n e d u b l i s e rg i c a. Non vi è dubbio alcuno, troviamo anche un grande Sherwood qu i : b a s s i i r r e s i s t i b i l i e b a s i r a g a m u ff i n , e q u a l i z z a z i o n i
f u n a m b o liche, un sound incon f ondibilme nte On- U. Gioc o c he un Ste wa r t p iù in c h ia r o ( e me lo d ic o ) c h e ma i c o n d u c e c o n la
c o n su e t a corrosiva veracità av va le ndosi de ll’ a iuto di ve c c hi a mic i e di qu a lc h e n o v ità s tilis tic a . A s c o lta te v i, u n a ltr o g r a ff ia c c i o : l a t amarrissima cover yardbirdsiana (Mr You’re Better Than I) cantat a i n d u o a s s i e m e a l l a m a s c o l i n a A r i U p ( r i t o r n a t a a l l a
g r a n d e anche lei con le Slits).
I n s o s t a nza, Edit è l’album più completo e impattante del bristoliano: ripr e n d e i l c a l e i d o s c o p i o u b r i a c a n t e d e i p r i m i d u e a l b u m
s e n z a r i nunciare alla produzione professionale (quella dell’omonimo) e c e r t e c o s e t e c h n o c o m e a v r e b b e r o d o v u t o c o m p a r i r e
i n Co n t r ol D ata (Freak C ircus ) . A diff e r e nz a de l pa ssa to pe r ò, a bbia mo u n u o mo c h e f a q u a d r a to a tto r n o a lla s u a c o s a . M e tte
i n f i l a i l primo amore e il dub, l’hip hop e il metal (versante hardcore). N o n m a n c a p r o p r i o n u l l a , s a c c h e g g i / c a m p i o n a m e n t i a
g o g o e un omaggio al buon Carpenter musicista (Almost Human) compres i .
P o c h i d ubbi, Edit è una dichiarazione d’apocalittica appartenenza black ch e n o n c o n o s c e c l a s s i n é r i v e n d i c a z i o n i s e n o n q u e l l e
d i u n so u nd che non ha eguali ( e r iva li) . Chia ma te lo Sna ke . ( 8.0/10)
Edoardo Bridda
n o i se a m e r i c a n o (B u tth ole Su rfers) e spe ri m e n t a z i o n e g iapponese (Boredoms, Melt
Ban a n a ) b e n c hiari in testa, i F uck Buttons
s ’ac c o st a n o n otevolm ente ai B lack Dic e de g l i e so r d i : se m brano aver raccolto qua nto il
g r u p p o n e w y o rchese ha lasciato per strada
d o p o Be a c h e s & C anyons. Si perdono negli
ech i , n e l l a so vrapposizione di tracc e e le tt r i c h e e d e l e t t roniche, abbandonano a loro
s t esse d u e t a stiere per poi mutarle, a lte r a rl e, s t r a v o l g e r e sin nei minimi particola r i. I n
p o ch e p a r o l e , drone al servizio dell’ e le ttr on i ca . S t re e t H o rrrsing, loro primo lp, è dif fi ci lm e n t e d i g e ribile: è crudo, torme ntoso,
q u as i i n u m a n o , m a gode del gran pregio de l
ragg i u n g i m e n t o di una quadratura al te r min e d e l t u t t o . Insomma squarta, massacra,
lancina l’udito, ma, allo scocc a r e d e l 5 3 °
minuto ( a lla c onc lusione de l dis c o ) c i s i r itr ova a ssue f a tti, dr oga ti da ta n ta c r u d e ltà
in note, da tutto ciò che i due h a n m e s s o
dentro: psichedelia, drone, sint e t i z z a t o r i a
pie de libe r o, voc i str a z ia nti e r itmic a b a tte nte . I l de butto di Sweet Love F o r P l a c e t
Earth inga nna : un c a r e z z e vole d e la y d i p ia no sembra condurre in un mon d o e s t a t i c o ,
il r inc or r e r si di note tr a nquillizz a , s o g n a n te. Ma piuttosto che raggiungere l ’ e t e r e o , i l
brano trascolora nel buio: una d i s t o r s i o n e
cambia l’orizzonte, adombra. Si n t e t i z z a t o r i
e voc i c r ude e d a spr e c onquist a n o la s c e na dominando gli altri elemen t i . M e l o d i a
e rumore, melodia contro rumor e , i l d u e l l o
e ff e r a to c he si c onsuma lungo tu tto Str e -
e t Ho r r s ing . I l r i t m o p r o v a a f a r s i s p a z i o ,
p u ls a n te , c a v e r n o s o , n e lla s u c c e s s iv a R i b s
O u t, ma n o n c i s i a llo n ta n a d a lle p r o f o n d ità in c u i s i è s c e s i. U n ip n o tic o e la n c in a n te e c o in d u s tr ia le p e r c o r r e tu tta O k a y,
Le t’s Ta lk A b o u t M a g ic . Fin o a q u a n d o le
ritmiche tornano a tracciare forme, a dar
v ita a d u n a imma g in a r ia c a te n a d i mo n ta g gio: nastro, pressa, saldatura… è lamiera
che muta, cambia forma. La scia industrial
s i r ip e r c u o te a n c h e s u lle s u c c e s s iv e tr a c c e .
Accompagnata da aspra voce indecifrabile
O k a y, Le t’s Ta lk A b o u t M a g ic s i p r o tr a e p e r
d ie c i min u ti s in o a in c a s tr a r s i in R a c e Yo u
To M y R e d ro o m - S p ir it r is e . D i s t o r s i o n e ,
a n c o r a e a n c o r a . A n c h e q u a n d o le c o s e s e mb r a n o “ me tte r s i p e r il me g lio ” , e la q u ie ta
B r ig h t To m o r ro w r e g a l a q u e s t a s e n s a z i o n e ,
c ’ è s e mp r e in a g g u a to l ’a l t e r e g o . L’o p p o s t o
truce, inumano. Risvegliano una recondita
p a r te d e ll’ a n ima i Fu c k B u t t o n s , d a n n o v o c e
a ll’ o c c u lto , a ll’ a b b a n d o n a t o . C i ò c h e fo rs e
s ’ e r a d ime n tic a to , c o p e rt o d a s t ra t i d i m o l le z z a ; u n a c r u d e ltà la t e n t e ri a n i m a t a d a g l i
esperimenti messi in scena dal duo. Come
c r e a tu r a r ip o r ta ta in v it a . (7 . 8 / 1 0 )
Mar co Canepari
Fuzz Against Junk – Netti Netti (Invada,
4 febbraio 2008)
Genere: avantprog
“Invada Records is one hell of a strange
record company”. E di follia in follia, ha
d e c is o d i p u b b lic a r e i Fu z z A g a i n s t J u n k ,
p u n tu a liz z a n d o – f o r s e a p re v e n i re l ’e q u a z io n e tr a s c e lta e p r e f e re n z e s t i l i s t i c h e – c h e
il mo tiv o è la lib e r tà d i e s p re s s i o n e d a l o ro
dimostrata. Fuzz Against Junk; già il nome
è u n g io c o s e ma n tic o r i c c h i s s i m o , d o v e p e rd e r s i ( a lme n o c h i h a v erv e s e m i o l o g i c a ) s o p r a u n ’ id e a s e mp lic e ; v u o i v e d e re c h e a b b i a mo g ià tr o v a to il c o r r e l a t i v o o g g e t t i v o , c i o è
c h e b a s ta la r a g io n e s o c i a l e ? N o n è p ro p ri o
c o s ì . I l l e g a m e m u l t i pl o t r a F u z z e J u n k è
c e r to s in to mo d i c o mpl e s s i t à , e N e t t i N e t t i
è tu tto tr a n n e c h e mo n o l i t i c o . Il p ri m o b ra n o ( R u s ty F in g e r s ) s e m b r a e s s e r e f i g l i o d i
u n ’ o s c u r ità d e c la ma to r i a c h e c a l a s u i S o f t
M a c hine , ma p o i ( Tr a n e To N e p t u n e ) c e r t e
c o s e c i r ic o r d a n o I a n A n d e r s o n – e i J e th ro
Tull to r n a n o , mis c h ia ti a i K i n g C r i ms o n , i n
a ltr e o c c a s io n i ( S e v e r a l C h a p t e r s ). In s o m ma , p r o g , s i d ir à , c o n u n g ro u n d u n p o ’ p i ù
c o lto d e l s o lito . N o n p ro p ri o , n e a n c h e o ra .
N e tti N e tti è s ì u n a d is am i n a d e l p ro g i n g l e se – essendo la band un sestetto di Bristol -,
con escrescenze in libera eiaculazione; ma
d e c id e , s e n z a e s s e r e p er q u e s t o p i o n i e ri s t i c o , ma p u r s e mp r e in tere s s a n t e , u n i n c ro c i o
tr a q u e lla tr a d iz io n e e a l t re c o s e .
25 fa un uso free-jazz del sassofono, con
a mb ie n ta z io n i d a l L iv e d i U m m a g u m m a d e i
P ink F lo y d; d i p iù , N e v e t t H a s N e w Wo rd s
( Co n c re te G o d ) r ic h ia m a g l i H a w k w i n d , e
s i s e n to n o in g ir o a n c h e i s o l i t i T h i s H e a t
– p e r s in o u n c a n to p a r i p a ri a B e e fh e a r t, i n
u n c a s o ( Yo u Wi l l S e e M e U n d e r R o c k s A n d
S to n e s ) . A n d a n d o a in d a g a re s u l l e b i o g ra f ie , s p u n ta a n c h e D a mo S u z u k i , c h e i s e i
h a n n o a c c o mp a g n a to r e c e n t e m e n t e .
SA 63
RECENSIO
A v e l o s v e l a t o, possiamo dunque dire che
q u e s t o d i s c o è un’intersezione tra primo
k r a u t e l ’ o m o logo inglese, creando coppie
c o n s u e t e e i n consuete: i Faust con i This
Hea t , i C a n c o n i H aw kw ind, e via dic e nd o . N i e n t e d i nuovissimo, certo, m a c iò c he
con t r a d d i st i n g u e i FA J è l’aspetto sc ia ma n i co d e l l a r e l azione; sicché tra F uzz e Junk
l ’an d i r i v i e n i è di ricchezza m etaforic a , c r e a
d u e m o n d i c h e si modificano a vicenda –
com e q u a n d o si dice a una persona “se i una
b es t i a ” , e l ’ a mico diventa bestiale, ma a nche l a b e st i a più amichevole.
Non b a st a v a l eggere il nome, ma rifle tte r c i
s op r a h a d e t t o m olto. (7.0/10)
G a spare Caliri
Galactic – From The Corner To The
Block (Anti/Goodfellas, marzo 2008)
Genere: hip-hop
Vi r i c o r d a t e quando si dava il rock come
d efu n t o ? R i n a cque di lì a un paio di sta g i o n i c o l c r o s sover e il “post”, zittendo i
fret to l o si i n d o vini. L a qual cosa infonde un
p o c h i n o d i s p eranza anche in chi segue le
s ort i d e l l ’ h i p - h op, da un lustro sempr e più
o ccu p a t o a i n censarsi, infilato in un vic olo
c i e c o t r a a u t o referenzialità e celebrazione.
E s o l d i . Ta n t i , che allontanano dalla str a da
e an d r e b b e a n cora bene, m a pure distolgono
g l i a r t i st i d a l cuore del discorso, la musica, c h e a l su o meglio sa essere evoca tiva e d
avanguardistica
come poche.
Tu t t o q u e st o sfog o p e r e v i d e n z iare u n a so l a c o sa:
che
o g g i g i o rno
v a d i l u s s o se,
arri v a t i a D i c emb r e , c i t r o v i amo
i n m a n o u n a cinq u i n a r a p m e r itev o l e . N e l l a q u ale
r i s c h i a d i f i n i re - anche per la pochezza dei
con t e n d e n t i : n o n è tuttavia colpa su a - que s t o e n n e si m o disco dei G alactic, for ma z ion e p r o v e n i e n t e da N ew O rleans, della qua le
o n o r a l a t r a d i zione sonora suonando la più
p are t e d e l l e b a si cui sono affidate le r ime
d i u n b e l m a n ipolo di personaggi. Tr a i più
n o t i sf i l a n o A mp F idd ler (sospeso , te r r ign o , a c i d o : c o s ì fa suo I Want P eace, l’ a ltr o
br a no me mor a bile de l c d) , M r. L if e la r e d iviva Ladybug M e c c a un te mpo n e i D ig a ble
Plane t s.
Ora: il rischio latente in opera z i o n i d i t a l
fatta è che l’ascolto si riveli s f i l a c c i a t o e
pr ivo d’ unità . Non qui, gr a z ie a u n ta p p e to
sonor o c he r e c ita da pr ota gonis ta , in tr e c c io
pla stic o di gr oove ( l’ a tta c c o d i … A n d I ’ m
Out) e inge gno c he non pr e va r ic a b e n s ì in te gr a le r ime . Da una Bounc e Ba b y r o v e n te
crocevia di funk e mambo a un c a p o l a v o r o
di gospe l na r c otiz z a to qua l è Fin d M y H o m e
si r invie ne pa r e c c hio di c he god e r e , e ta n to
pe r dir e : e sube r a nti ma r te lla me n ti ( W h a t Yo u
Ne e d, Hustle Up) , Ge or ge Clint o n a lle p r e s e
c on lo swing ( il br a no omonimo ) , n e r b o r u te
move nz e pr inc ia ne ( Square biz), f i a m m a n t e
e r r e bì squa r c ia to d’ ur ba nità ( Tu ff Lo v e ) .
E que sto giusto pe r invoglia r v i a f a r li v o str i, que sti r ic c hi c inqua nta min u ti n o n p r ivi di difetti, ovvero una chiusu r a c h e s a d i
r ie mpitivo - il te de sc o, c i disp ia c e , n o n è
funky - e un paio di tracce so t t o t o n o . A l
lor o me glio, c omunque , i Ga la tt ic i v is i p a llidi de lla Louisia na r e ga la no m e tic c ia to d i
Be ast ie Boys e Root s c he odor a in c o n f o n dibilme nte de lla “ Big Ea sy” ( S e c o n d A n d
Dry ade s un mode r no Dr. John? ) . Ba s te r e b be solo un piz z ic o di c ontinuità p e r la s c ia r e
un segno ancor più profondo: ne l f r a t t e m p o ,
r e stia mo in pia c e volissima , spe s s o e s a lta n te
a tte sa . ( 7.4/10)
Giancarlo Turra
Headlights – Some Racings, Some
Stopping (Polyvinyl, 19 febbraio 2008)
Genere: indie-pop
Con Some Rac ing, Some Stop p ing q u e s t a
giova ne ba nd de ll’ I llinois c onfe r ma e migliora quanto di buono era già e m e r s o d a l
lor o inte r e ssa nte de butto de l 2 0 0 6 , K i l l
The m With Kindne ss. Se nz a tan ti f r o n z o li gli Headlights riescono a cos t r u i r e d i e c i
se mplic i c a nz oni pop ta nto morb id e q u a n to
intr ise di nosta lgic a a lle gr ia . Tr e n ta tr é minuti di contagiosa immediatezz a m e l o d i c a .
Non una nota di tr oppo, non un ep is o d io f u o r i luogo. I l lor o è c la ssic o indie - p o p ta rg a to Polyvinyl, ma c on una viva cità v ir a le d a
non a ve r e e gua li ne l c a ta logo. L a p r ima v e r a
non a spe tta va a ltr o c he l’ a r pe g g io in iz ia le
di Ge t Your He ad Around I t per i n o n d a r e i l
mondo c on i suoi c olor i a c c e si e lu min o s i e
c o n c e d e r e a l s o le d i s c a ld a r e a c c o r d a n d o s i a ll’ a lle g r ia e ma n a ta d a Ch e r r y Tu lip s e
Ca tc h Th e m A ll. P o i s o n o l e m a l i n c o n i c h e
o p a c ità d e lla title d tr a c k e d i M a r k e t G ir l
a intonarsi con i pastelli gentili della sera
e r ip o r ta r e q u e lla g iu s ta f r e s c h e z z a s ta g io n a le . I s o g n i n o ttu r n i s o n o a ff id a ti, in v e c e ,
a lla b e llis s ima J a n u a r y : n o s ta lg ic o b o z z e tto
a c u s tic o d o v e s o n o a d d ir ittu r a i ma i d ime n tic a ti Be dhe a d a d e s s e r e e v o c a ti. Pr o p r io la
d e lic a te z z a s tilis tic a d i q u e s t’ u ltimi s e mb r a a ttr a v e r s a r e in f ilig r a n a tu tti g li e p is o d i
d e ll’ a lb u m. Po i c i s o n o i J e s u s A n d M a r y
C ha in d i D a r k la n d . M a s o p r a ttu tto c ’ è ta n to , ta n to , ta n to p o p a n n i Se s s a n ta . So me Ra cings, Some Stopping: un’indimenticabile
a s s o la ta g io r n a ta p r ima v e r ile . (7 . 0 /1 0 )
Andrea Provinciali
Il Genio - Il Genio (Disastro Records /
Cramps, 21 marzo 2008)
Genere: electropop
Lei è Alessandra Contini, bassista. Lui è
G ia n lu c a D e Ru b e r tis , c h ita r r is ta e ta s tie r is ta g ià a l la v o r o c o n g li St udio da v o li. M e s s i a s s ie me f a n n o I l G e n io , d u o s a le n tin o c o i
s o g n i s o n ic i in in tr ig a n te lib e r a u s c ita te mp o r a le e s p a z ia le . Pe r d ir e , o s te n ta n o v e r v e
incalzante e acidità giocosa come balocchi
P iz z ic a t o F iv e (A q u e s to p u n to ) , c o s m i c o
d a n d y s mo s ix tie s in g e la tin a e ig h tie s ( F o rtu n a è s e r a ) , m o d e r n a r i a t o i t a l o w a v e c o n
g e r mi ja p & f r e n c h ( Le b u g ie d i F r a n ç o is ) .
U n a c e r ta p r o p e n s io n e a l g r a d o z e r o u ltr a p o p li a v v ic in a a ll’ a g r a s p ir ito s a g g in e d e i
M a is ie - q u e l c i a r l a r e c o n a r i a s v a m p i t a d i
cose complesse o viceversa - cui il canto
d a n in f e tta s v e n e v o le d i A le s s a n d r a r e g a l a n u a n c e s a p p i c c i c o s e t t e e b e ff a r d e . Ve d i
q u e lla Tu tto è c o m e s e i tu c h e s p e d is c e St e f a nia R o t o lo t r a b r u m e s p a c e y e m i r a g g i
d e s e r tic i, u n a No n è p o s s ib ile c h e s n o c c io la
disarmante bignami della teoria “never on
mo o n ” , o p p u r e - s o p r a ttu tto - q u e lla P o p
p o r n o c h e s e mb r a u n a r e d iv iv a I lo na St a lle r c ir c u ita d a g li Hum a n Le a g ue .
Q u a n d o in v e c e me tto n o a s s ie me le v o c i f a n n o a n c h e d i p iù , o v v e r o titilla n o f a n ta s ma tic h e o le o g r a f ie g a in s b o u rg h ia n e s e mp r e in
b ilic o tr a c a r ic a tu r a e c ita z io n e ( La p a th e tiq u e ) , c o r t o c i r c u i t a n d o s p e s s o e v o l e n t i e r i
tr a ir o n ia e d is in c a n to c o me d e i Ba us t e lle a n d r o id i ( A p p liq u e ) . G l i p e r d o n i a m o d i
b u o n g r a d o q u a lc h e g r a t u i t o ro s a ri o d i s t e r e o tip i, tip o il p r o f lu v i o d i s t e re o t i p i fi l m i c i a p e r d e r e d i U n a g ia p p o n e s e a Ro m a e G l i
e ro i d e l k u n g fu . Pe r il s e m p l i c e m o t i v o c h e
sono divertenti col giusto peso specifico,
in s id io s i s e n z a ma i s me t t e re l a m i s e p ro v o cante e/o birbantella. Non stupisce quindi
r in v e n ir e il n o me d i M r J e n n i fe r G e n tl e i n
p e r s o n a M a r c o Fa s o lo t ra i “ s u p e rv i s o ri a rtis tic i” , n é c h e v e n g a n o d i s t ri b u i t i d a l l a D i s a s tr o Re c o r d s , n e o n a t a e t i c h e t t a n e l l a g l o r io s a f a mig lia Cr a mp s . (6 . 8 /1 0 )
Stefano Solventi
Jason Collett – Here’s to Being Here
(Arts and Crafts, 27 marzo 2008)
G e n e r e : AOR
Non accade spesso che nel disco di un canta u to r e la p r e s e n z a d e l p r o d u tto r e
s ia o n n ip r e s e n te ,
a l p u n to d a to gliere talvolta la
s c e n a a l p r o ta g o n is ta . Ve n g o n o in
me n te il v itu p e rato ruolo di Phil
Sp e c to r in D e a t h
o f a L a d ie s M a n
d i L e o n a r d Co hen o il sound paludoso imposto da Daniel
L a n o is a Time o ut o f M i n d d i B o b D y l a n .
Pe r q u e s to s u o n u o v o la v o ro J a s o n C o l l e t t s i
è a ff id a to a lle c u r e d i H o w i e B e c k , c o l l e g a
e c o n c itta d in o d i To r o n t o , c h e s e g n a i l d i s c o
c o n to c c h i r a ff in a ti e u n s u o n o p u l i t o , s c i n tilla n te . I n p o c h i s e c o n d i d i m e n t i c h i a m o i l
v o r tic o s o s o u n d d e i B ro k e n S o c i a l S c e n e ,
s to r ic i c o mp a g n i d i v iag g i o d i C o l l e t t : b a s t a
p r e s ta r e a tte n z io n e a c o m e i rro m p e l ’e l e t t ri c ità in S o r r y Lo r i, s e n z a f u r i a , s e n z a f o l l i a .
Ch a r ly n , A n g e ls o f Ke n s i n g t o n p o t re b b e a p p a r te n e r e a g li A po s t le o f H u s tl e d e l l ’o s p i t e
Andrew Whiteman, ma è solo un episodio di
un percorso eclettico, non il riferimento al
s o u n d d i u n a s c e n a c h e u n p a i o d i a n n i fa p a reva in grado di innovare il rock.In Collett
c’è un’eco di Dylan. Non nella voce stessa,
p iu tto s to n e l s u o u s o , i n c e rt i i n d u g i e c e rte f o r z a tu r e . I l r is u lta t o d e l l ’u n i o n e c o n u n
s u o n o ta n to r if in ito , m i d d l e o f t h e ro a d s i
s a r e b b e d e tto tr e n t’ a n n i fa , fa p e n s a re a l d i s c o c h e la G e ff e n a v r e b b e v o l u t o d a D y l a n e
SA 65
RECENSIO
d al la B a n d i n vece del frettoloso P la ne t Waves , o a l To m Petty di T h e L ast D J , tanto
d evo t o a l l a l e g gerezza da non poter e vita r e
d i a c c o m p a g n arsi a L indsay B ucking ha m.
H er e ’s t o Be i ng H ere, fedele ai suoi mode ll i , si l a sc i a a scoltare senza intoppi, s i la sc ia
“ g u i d a r e ” , p e r intenderci. Ma la maggior
p a r t e d e l l e c a nzoni passano nell’autoradio
s e n z a l a s c i a r e il segno. Che cosa rimarrà?
Hen ry ’s S o n g , perfetto esercizio di n e oc la ss i c i s m o , u n a delle canzoni dell’a nno, se
d o m a n i m a t t i na ci dovessimo svegliare nel
1 9 7 4 , e N o t O ver You, splendida davvero,
che p a r e p r e sa in prestito ai F leetw o od Ma c .
(6 . 4 / 1 0 )
Pa olo Ba s s otti
John Zorn – The Dreamers (Tzadik, 19
febbraio 2008)
Genere: John Zorn
Com e m o l t i a lbum del John Z orn “in libe r a u s c i t a ” ( s i vuol dire, il John Zorn non
i n g a b b i a t o n e i due stereotipi, per ce r ti ve rs i sp e c u l a r i , del compositore serioso e de l
t o rt u r a t o r e d i strumenti), anche T he Dre am er s si p r e st a ad essere idealmente suddiv i s o i n d u e m e tà forzatamente giustapposte.
D a u n a p a r t e agisce, genuina e potente, la
fas c i n a z i o n e p er l’esotico, al solito de c lin a t o i n i n n u m erevoli forme. Ecco allora le
v i ra t e su r f d e lle iniziali Mow Mow e Ulul a t i ( c o n t a n t o di om aggio al m aestro Pie ro
Umil i a n i ) , i l j azzettino very cool di A Raid
On C o t t o n f a i r e quello screziato klez me r di
To ys ; l a so u n d track m usic di O f Wonde r And
Cert a i n t y , l e suggestioni zigane di Mystic
Ci rc l e s e q u e l le mediorientali di N e k ashim.
P o i , a u n c e r t o punto delle sessioni di r e g i s tr a z i o n e , M arc R ib ot (chitarra), Jamie
S a ft ( t a st i e r e ) , Trevor D u n n (basso ) , Joe y
Baro n ( b a t t e r ia) e C yro B ap tista ( pe r c uss i o n i ) d e v o n o essersi ricordati di essere
q u ell o c h e so n o - passatemi l’espedie nte r e t o r ic o : a c o m porre, come sempre, è il solo
Zo rn . E a l l o r a ecco le solite menate pr ogfu s io n - S a n t a n a di A nulikw utsayli, Ex odus e
Ra k sa sa , t r e b r ani che da soli finisc ono pe r
d i l a t a r e a d i smisura la percezione appa r e nte
d el la d u r a t a d i un album già proliss o motu
p rop ri o . U n a flora tanto diversificata e un
o rga n i c o d a d ream team non possono che
m a n d a r e i n s ollucchero i frequentatori del
Verb o Z o r n , c h e si ritroveranno a gongola r e
highlight
Portishead – Third (Universal, 28 aprile 2008)
Genere: kraut, folk
I n c e r ti c a si se mbr a impo s s ib ile n o n la v o r a r e s u lle a s p e tta tiv e c r e a te e lì r ima s te . D ummy e P o r tishe ad posse de va no de lle d iff e r e n z e , il s e c o n d o ma tu r a v a a lc u n e in tu iz io n i d e l p r imo s e n z a tu tta v ia
perdere di vista una coere n z a e s t e t i c a c h e g i à p r o f u m a v a d i m i t o . D i ff e r e n t e l ’ a n a l o g i a t r a l ’ a l b u m
omonimo e il nuovo Thir d d e i P o r t is he a d, d o v e n o n c i s o n o s c a r t i m a d i s t i n z i o n i , n e l q u a l e n o n
si parla di continuità ma d i r o t t u r e . I n m e z z o , è v e r o , c i s o n o d i e c i a n n i m a n o n s i g n i f i c h e r e b b e r o
granché se alla base del nu o v o p l a t t e r n o n c i f o s s e u n a s c e l t a a r t i s t i c a f o r t e e a l t r e t t a n t o n e t t a . P e r i
Portishead invecchiare ha s i g n i f i c a t o t o g l i e r s i d e l t u t t o d a i c o n f o r t i d e l l ’ h a s h i s h , d a i s u o n i t a t t i l i e
spaziali, e in un certo sen s o a b d i c a r e a u n a l u c i d a d i s p e r a z i o n e f a c e t o f a c e d i f r o n t e a l l o s p e c c h i o .
Una bia nc a e a sc iuttissim a a u to a n a lis i c h e T hir d o p e r a s o p r a t t u t t o i n s e n s o a r r a n g i a t i v o s e g n a n d o
un confine e tagliando fu o r i o g n i p o s s i b i l e a p p e a l c i n e m a t o g r a f i c o , v i n t a g e o s o u l f u l l c h e s i a . N e l l e n u o v e t r a c c e , i n f a t t i ,
non troviamo né uno scra t c h , n é u n b a s s o d u b , n é p u n t i n e v i n t a g e c h e g r a c c h i a n o , i n p o c h e p a r o l e , e s c l u s e l e p o s e d i P l a s t i c ,
il Tr ip Hop è solta nto un r ic o r d o lo n ta n is s imo e c o n e s s o s p a r is c e p u r e l’ id e a d ’ a mb ie n te s o n o r o ( q u e lla s tilo s a s o u n d t ra c k
hitchcockiana) a restringe r e i l c a m p o i n u n t u b o l a r e p a t t o a n g l o - t e d e s c o .
Si punta dir itto a lla minim a l ( d a r k ) w a v e f in e Se tta n ta e lo f a a s u o n d i k r a u t r o c k e d i u n s u o c o r r is p e ttiv o mo tori k c o n t e m p o raneo (la techno) e a siffa t t e r e g o l e , p u r e i l s o u l v i e n e c o n v e r t i t o a l m a r r o n e b u c k l e y i a n o c o n u n a G i b b o n s a g i o c a r e v o c a l i z z i
molto me no f a lse tta ti e p iù r o c k in o p p o s itio n ( q u a n d o n o n n e l p iù c o n te mp o r a n e o c r ip tic o f o lk ma g ic o ) e c h i t a rre / e ffe t t i a
dibattersela tra Joy Divis i o n e u n r a n g e d i t a p p e t i c h e v a n n o d a u n t r i b a l e G u r u G u r u t i r a t o a l l ’ o s s o a u n a c a s s a s c o r t i c a t a
fino a un crudo settaggio d r u m m a c h i n e . I n m e z z o ( s p l e n d i d o e a l t r e t t a n t o a r c i g n o ) , i l l a v o r o “ p o v e r o ” d e l l e t a s t i e r e a m i r a r e
a nc or più indie tr o, f ino a i Silv e r A p p le s , l’ a n te p r ima K r a u t ta rg a ta Se s s a n ta ( We Ca r r y O n ) . Ro b a q u a d r a a c id r o c k i n s o m m a ,
una due note tenute dritte e c o s ì i c a m p i o n a m e n t i d ’ a r c h i , a n c h ’ e s s i d e c o r t i c a t i p e r u n s o u n d c h e n o n l a s c i a s c a m p o s e n o n n e i
mome nti più diluiti, tr a un r ic h ia mo a lle n o s tr a n e s o u n d tr a c k a n n i Se s s a n ta ( H u n te r ) e q u a l c h e d e l i z i o s o m o t i v o d ’ a n t e g u e r r a
( il sipa r ie tto De e p Wate r) . N o n v ’ è d u b b i o c h e l ’ i n i z i a l e f a s c i n o d e l l a v o r o r i s i e d e p r o p r i o i n q u e s t o s p i a z z a n t e c a m b i a m e n t o
di c ui il singolo M ac hine G u n s i f a f o r mid a b ile p o r ta v o c e : p e n s a te a u n c a n to G r a c e Slic k a p ic c o s u ll’ o r r o r e a c e d e re i l p a s s o
a un plotone be a ts di ka la s h n ik o v e u n a L u f tw a ff e d i s y n th s v o la z z a n ti. E p p u r e T hir d n o n è i l d i s c o c h e c e r c a d i f i n i r e s u l l a
cover di The Wire a tutti i c o s t i , è d i p i ù , u n l a v o r o g e n e r o s o c h e a t t r a v e r s o l a s o t t r a z i o n e d a c l i c h é è i n g r a d o d i r e g a l a r e
( un e se mpio su tutti: l’ a s s o lo f r e e ja z z d e n tr o la b a lla d M a g ic D o o r s ) . L o s c u l t o r e l a v o r a s e m p r e p e r s o t t r a z i o n e d a l b l o c c o
di marmo, che in questo c a s o è u n p r o p r i o r e t r o t e r r a d i g i à v i s t o e g i à f a t t o d a c u i e m e rg e u n a s t a t u a a l l ’ i n g l e s i t à t e d e s c o f i l a ;
ma – ma tita blu a c a nc e llar e c o n ma e s tr ia – n o n è q u e s to il p u n to . D i f a tto ma i la d e p r e s s io n e f u a n a liz z a ta in mu s i c a c o n t a n t a
se ve r a e c ine ma tic a pr of o n d ità . ( 8 . 0 /1 0 )
Edoardo Bridda
in una sor ta di sc ia r a da c olle ttiv a c h e c iclicamente si ripete - grossomo d o a d o g n i
a d ogni usc ita disc ogr a f ic a de l n e w y o r c h e se. Gli altri, i neofiti o gli sc e t t i c i , c e l i
imma ginia mo r e a gir e disor ie nta ti, s tr a n iti,
tormentati da un po’ di fastidio, r i f u g i a t i a l
sic ur o ne gli a nf r a tti di una r ive re n te e timo r osa e poc hé . Non foss’altro che p e r r a g i o n i
deontologiche, dovremmo schi e r a r c i d a l l a
pa r te de i pr imi. Ma i c ome sta vol ta s imp a tiz z ia mo a pe r ta me nte pe r i se c ondi. ( 5 . 5 /1 0 )
Vincenzo Santarcangelo
Kiko – Slave Of My Mind (Different
Records, 21 aprile 2008)
Genere:
progres sive deep minimal
I l s u o n o d i K ik o r ip r e n d e mo lte d e lle le z io n i d e i D e pe c he M o de e d e l l ’ e l e t t r o n i c a
N o v a n ta , a ttu a liz z a n d o le c o n l’ a mb ie n t c h e
imp a z z a o r ma i d a te mp o s u tr a ie tto r ie mo r o d e r d e e p . L’ o p e r a z i o n e d i r e t r o s p e z i o n e
p r o p o s ta in q u e s t’ o r a d i e le ttr o n ic a p u n tig lio s a me n te p r o g r e s s iv a , o n d e g g ia tr a r icordi che guardano alla trance nordica dei
Vibr a s phe re ( n e lla v ib r a n te title tr a c k ) a
s o n o r ità w a v e d a r k à la D ur a n D ur a n ( S o
Tim e ) e a tu tto q u e l s o g n o e le c tr o p o p c h e h a
ma r c h ia to a f u o c o l’ e s te tic a n e ll’ e le ttr o n ic a
p a ile tta r a d i q u a s i tr e d e c e n n i f a . I l v ia g g io
d e l p r o d u tto r e f r a n c e s e p a s s a c o n tin u a me n te tr a q u e s ti d u e p o li: d a n c e f lo o r e ma lin c o n ia , c a s s a in q u a ttr o d e e p e s tr u me n ti d a
c o mb o p o p . A b e n v e d ere n o n p o s s i a m o c h e
d e s id e r a r e q u e s to p e r b a l l a re e m u o v e rc i i n
s ic u r e z z a . Sic u r e z z a d i u n a m u s i c a c h e n o n
stupisce più, ma che punta su pochissimi
p a r tic o la r i a d e ff e tto : i l p a n n i n g fl u i d i s s i mo e d e s p lo s iv o d i P la i s i r D ’Et è , l a c l a s s i c a c a s s a titilla ta d a i f il t ri n e l l a w a v e o s c u ra
d i P re lu d ia , l ’ o m a g g i o a l g i à c i t a t o D a v e
G a h a n in S o Tim e , l e p r o g r e s s i v e c a v a l c a t e
N o v a n ta d i 7 m in u te s e Ph -1 , l a c i t a z i o n e
in c r o c ia ta a i N I N e a i N e w O r d e r i n Wo r l d
E n d R o c k U p . N ie n te d i n u o v o , m a d a q u e s t o
a lb u m p a r tir a n n o d e i r e m i x d a p a u ra , c re d e te c i. Su p e r p r o d u z io n e e p a l e t t e s o n o ra fu o ri
d a lla n o r ma . E d Ba n g e rs , ri c re d e t e v i e c o min c ia te a b a lla r e a n c h e l a d e e p . A d e p t i d e l
SA 67
RECENSIO
s uo n o R ö y k so p p : potrebbe essere u na r ive l a z i o n e . Tu t t i gli altri lo sentiranno in modi
d i v e r s i , m a s e mpre e comunque sottopelle.
I l b r i v i d o s u lle spiagge della decadenza
d e e p s t a q u a . Tuffiamoci e sguazziamo nel
m ae l st r o m a n c ora una volta.(6.7/10)
M a r c o B r a gg i o n
Kooks – Konk (Emi / Virgin, 11 aprile 2008)
Genere: rock, pop
Non e r a e sa t t a m ente il piatto più fre sc o in
t avo l a , l ’ e so r dio dei K ooks, ma sape va c onced e r e q u a l c h e sfizio anche all’asc olta tor e
p i ù sm a l i z i a t o. Se In side In / In side Out
(2 0 0 6 ) a v e v a un pregio, era quello di a z zecc a r e i su o i bei centri in maniera r e la tiv ame n t e “ i n so lita” – cioè più rock or ie nte d,
e me n o i n d i e & trendy - rispetto alle band
c o e t a n e e , p u n tando in ultimo luogo verso
u n su o n o e u n target decisam ente ma instr e a m . R i s u l t a t o : 2 milioni di copie vendute,
e s u sse g u e n t e trasformazione dei raga z z i in
q u es t i o n e i n r ockstar anni ‘70. C on tutto c iò
che d i n e g a t i v o può conseguirne. C ome de fi n i r e st e q u a l cosa com e D o You Wan na ( c he
fa, p r e ssa p p o c o, “do you wanna make love
t o m e ” su u n t r emendo ritmo simil disc o) se
n o n c o m e i l peggiore dei cliché, roba che
s cri v i q u a n d o troppe groupies ti hanno da to
a l l a t e s t a ? B asterebbe questo esempio per
l i q u i d a r e se n za troppi rim pianti K o nk, ma
s en t i a m o c o m unque il dovere di ag giunge re c h e : 1 ) l a produzione dell’egregio Tony
H o f f e r c o n f e r isce quell’arom a califor nia no
t u t t o c l a p p i n g e coretti (cfr. Shine On) che
affi o r a i n si st e n tem ente fra un assolo AOR e
u n a s t r i z z a t a d’ugola alla Sting; 2) il fatto
d i a v e r r e g i st r a to negli studi di R ay Davie s
– i K o n k , a p p u nto - deve aver stuzzic a to una
cert a v e n a k i n ksiana (Mr. Maker), che però
s i a n n a c q u a n ella totale e palese mancanza
d i i r o n i a d e l tutto; 3) l’emotività Smiths /
M or r i sse y c h e fa capolino qui e lì c oz z a tit ani c a m e n t e c on rocckoni da stadio d e l c a lib ro d i L o v e I t A ll, cose che m anco i Raz orl i g h t p i ù c o m piaciuti e piacioni (loro ha nno
q u alc h e b e l l a canzone, però). (4.0/1 0)
Antonio Puglia
Langhorne Slim – Self Titled (Kemado /
Goodfellas, 28 aprile 2008)
Genere: country folk
C i s o n o v o l u t i quattro anni, una specie di
e te r nità , pe r da r e un se guito a W he n T he
Sun’s Gone Down. Me glio c osì. I l b u o n Se a n
Scolnick, per gli amici Langhor n e S l i m , h a
a vuto te mpo e modo pe r c ova re u n a lb u m
lungo c ome si de ve . Ovve r o: str in g a to , e n e rgic o, se nz a un mome nto c he se m b r i b u tta to
lì a r ie mpir e . Lui e i suoi War E a g le s - P a u l
De f iglia a l ba sso e Ma la c hi De Lo r e n z o a lla
ba tte r ia - snoc c iola no in tr e dic i tr a c c e a ltr e tta nti motivi pe r tor na r e a c hi e d e r s i c o me
sia possibile oggi, a nno 2008, p r o v a r e a n cora eccitazione per una music a c h e n u l l a
possie de d’ ine dito, c he de lle no v ità n o n h a
la f e bbr e , non sa
pr opr io c he f a rsene.
Spazio allora al
folk
rimagliato
di
squinternata
ebbrezza errebì
(l’hammond, gli
ottoni, i cori) in
Re be l Side of He av e n, strattonato
bluegrass prima
e psyc h- blue s poi ne lla tr a volg e n te S h e ’s
Gone , ve na to ir ish ( il f iddle , la f is a r mo n ic a ) ne lla c a r e z z e vole e inc a lz a n te S p in n in g
Compass, r a vviva to boogie c on e s iti v a u d e ville (vibrafono, pianoforte) ne l l e d e l i c a t e
tr e pida z ioni di Worrie s. C’è c h e c o n u n a
voc e c osì - se lva tic a tr ia ngola zio n e M c Go wan-Gor don Gano- Tom Pe t t y i n n a ff i a t a
a mie le e nitr oglic e r ina - puoi p e r me tte r ti
di tutto, a nc he la te ne r e z z a più in d o le n z ita, con buona pace delle mamm o l e t t e à l a
Jam e s Blunt ( le tte r a lme nte polv e r iz z a to in
Cole tte ) e de gli or ma i bolliti B e n Ha r pe r
( ve di que lla Diamonds And Gold c o n l’ o rg a no e il c ontr a bba sso a stilla r e ar d e n te s ie r o
soul).
Una voce e una flagranza strume n t a l e c h e t i
r a c c onta no qua lc osa di vivo e v e r o , in ta n to
c he si spe lla no il c uor e e gr a ttu g ia n o u g o le
se c ondo il c a so. Che si tr a tti di a c r e s c o r r iba nda r ’ n’ r da Eddie Coc hr an rin g a llu z z ito
House m ar t ins ( The Hone y moon ) , d ’ u n a c r u da f r a nc he z z a Cat St e ve ns ( Hum m in g b ird ) ,
d’ una sgua ia ta te ne r e z z a dyla n ia n a in O h
Hone y o di que lla He llo Sunshin e b a tte n te e
ie r a tic a c ome un John Lydon ir r e tito Ve lv e t
Unde r ground.
C’ è insomma un’ impe tuosa na tu r a le z z a d ie -
tr o a q u e s te c a n z o n i, c o s ì o v v ie e c o s ì p a lp ita n ti c o me l’ e me r ito c o u n tr y f o lk d i R e s tle s s , c o n q u e l t e s t o c h e r e s p i r a s p e r a n z e
e timori tra archetipo e contemporaneità.
G r a n d is c o p e r u n o d e i mig lio r i u n d e r 3 0 in
c ir c o la z io n e . ( 7 . 3 /1 0 )
Stefano Solventi
q u a lità d e l s u o n o e d u n c e rt o c o ra g g i o n e g l i
a r r a n g ia me n ti ( u n p la u s o a l p ro d u c e r C h a rlie Fin k , le a d e r d e i N o a h A n d T h e W h a le ) . N o n è u n f e n o me n o l a M a rl i n g , s e m m a i
una che sembra sinceramente rispettare anzi
a m a r e q u e l c h e f a . A l la p r i m a m a n o d i u n a
lu n g a p a r tita . Pr e s u mo . (6 . 8 /1 0 )
Stefano Solventi
Laura Marling - Alas, I Cannot Swim
(Emi, 11 febbraio 2008)
Genere: folk
L a u r a M a r lin g n o n h a a n c o r a d ic io tt’ a n ni, l’aria non appariscente anzi vagamente
tormentata sotto al biondo selvaggio della
chioma. A vederla te la immagineresti nel
r u o lo d i c o n c o r r e n te g e n u in a ( e s f ig a te lla )
d i u n a Av r i l L a v i g n e , a l l a t e s t a d i u n o t r a i
milio n i d i g r u p p u s c o li a lte r n a tiv i c h e in f e stano il suolo angloamericano. E invece no.
L ib e r i d i e s e r c ita r e tu tta la d iff id e n z a d i c u i
siete capaci, ma la qui presente inglesina
( d a E v e r s e ly, d in to r n i d i Re a d in g ) è b e n d e terminata a recitare il ruolo di cantautrice
f o lk . G e n u in a me n te .
Ce lo d ic o n o le c a n z o n i d e l s u o a lb u m d ’ e s o rd io , f o d e r a te d ’ u n a c o n s a p e v o le z z a imp r e s s io n a n te . Po i t’ imp o n i d i s me tte r e d i p e n s a r e a ll’ e tà d e ll’ a u tr ic e e te n ti d i a p p r e z z a r le
per ciò che sono. Ciò che sono: piano, archi,
o rg a n i e t a s t i e r i n e , c h i t a r r e n a t u r a l m e n t e mo lte a c u s tic h e , q u a lc u n a e le ttr if ic a ta f in o
a ll’ imp e r tin e n z a - p e r b r u me tr a d itio n a l r is o lte c o n a c c o mo d a n te d is in v o ltu r a , s p e s s o
s o s te n u te d a u n a h y b r is o mb r o s a e ta mb u r e g g ia n te q u a s i A rc a de F ire ( a d e s e m p i o
n e lla b e lla Yo u ’ re No G o o d ) . Q u a n t o a l l a
voce, è capace di freschezza indolenzita
Be t h Or t o n c o n u n p iz z ic o d i ma la n imo C a t
P o w e r , d i e s tr o p u lito Lis a Lo e b e g r a z i a
v ib r a n te Sa ndy D e nny , d i f r e n e s i a a c u t a
c o me a v r e b b e p o tu to Suz a nne Ve g a q u a lo r a
s i f o s s e s b r ig lia ta To r i A m o s q u a n d o a n c o r a
e r a in te mp o ( il v a lz e r in o in s id io s o d i M y
M a n ic A n d I ) . C ’ è f i n t r o p p o s e l f - c o n t r o l ,
una ostentazione di maturità-ad-ogni-costo
che tiene un po’ al guinzaglio le melodie,
a ff o n d a n d o i l c o l p o r a r a m e n t e a m a i f i n o
alle estreme conseguenze (ci si avvicina
f o r s e n e ll’ a ff r a n to s tr u g g ime n to d i N i g h t
Te r ro r , c h e n o n s p ia c e r e b b e a z io La ne g a n,
o n e lla ma lin c o n ia d o lc ia s tr a d i Ta p A t M y
Win d o w) . R e s t a i l f a t t o c h e i d o d i c i p e z z i
filano che è un piacere, non ultimo per la
Logoplasm & Punck – Drunk Upon Thy
Holy Mountain (Setola Di Maiale, marzo
2008)
Genere: field recordings
M e tà J o d o r o w s k y, me tà t re k k i n g d e l l ’a n i m o .
Flu s s o d i c o s c ie n z a in p re s a d i re t t a + ri e l a borazioni postume da parte del duo Paolo
Ippoliti e Laura Lovreglio (Logoplasm) e di
A d r ia n o Z a n n i, a . k . a . P u n c k . D r u n k U p o n
T hy Ho ly M o unta in c o n s i s t e d i u n a u n i c a ,
lunga traccia in cui i suoni trovati durante
u n w e e k e n d d e ll’ e s ta te 2 0 0 7 v e n g o n o s t ra v o lti e r ic o mb in a ti s in o a d e s s e re i rri c o n o scibili e tramutarsi in un qualcosa di nuovo.
U n f lu s s o s o n o r o me la n c o n i c o , u n ’o n d a c h e
mo n ta s in o a d ila g a r e , u n ri t u a l i s m o a s t ra t ta me n te c o n c r e to n e l p i e g a re l a q u o t i d i a n i tà d e l s ib ilo d e l v e n to o d e l l o s c a m p a n e l lio d e lle mu c c h e a l p a s c o l o , d e l c i n g u e t t a re
p la c id o d i u c c e lli o d e l l a m e c c a n i c a v o c e d i
u n n a v ig a to r e p e r a u to a d u n a fo rm a d i p o e s ia s o n o r a in c o n tin u o d i v e n i re .
U n p e r c o r s o me r a v ig lia t o , u n t re k k i n g i n t e r io r e . I n c ima a lla mo n t a g n a s i t ro v a l o s fi nimento dell’estasi, l’appagamento di ogni
s e n s o , la n a tu r a le f u s io n e c o n e n e l l a N a t u ra. E ci si sente ubriachi di cotanto sentire.
( 7 . 0 /1 0 )
S t e f a n o P i ff e r i
Low Frequency Club – Self Titled (Polka
Dots, 7 marzo 2008)
Genere: electro
Si fa presto a essere folgorati dal giro DFA /
LCD Soundsystem e a riproporre la mattanza
new wave/elettrohouse per giovani danzatori d’ Italia. I Low Frequency Club, all’esordio su album s/t dopo l’EP Emotional Phunk,
fanno più o meno questo, senza cattivi risultati né gloria sfavillante. Come introduzione
saremmo apposto così, se non fosse che leggendo le biografie dei musicisti si rimane incuriositi dalla loro presunta provenienza, chi
dai Bosqujo, chi dai Seymourfunk, tutti dal
SA 69
RECENSIO
funk davvero proveniente dal topos di James
Brown. I motivi del cambiamento? Ancora, ci
sono rimasugli del funk nella trasformazione
electro? E, ultima domanda; c’è stato giovamento nella svolta? Dummy sembra trovare
un buon compromesso tra il battito incessante dell’ambiente di cui all’inizio e un basso che denuncia quello che la voce dichiara,
cioè un calore soul (lo stesso di Everytime)
prestato all’ancheggiamento. Fa molto meglio Enjoy, senza voce e con un’articolazione
pienamente anni Novanta (addirittura Orb?)
– che forse sarebbe più interessante provare
a miscelare con il funk, piuttosto che quella
solita electro di scuola wave che ormai ha
fatto scuola e ripetizioni. Ma tant’è, la voce
torna piacevole, la pasta dei synth (sintetici)
emula l’analogia (Thinkin’ About The Funk)
o – strano – gli Ottanta (You Don’t Know Me),
il battito torna sui quattro quarti – dove non
si intende cassa dritta ma pulsazione – i brani, per dirla tutta, ad uso dei dj – vedi Night
In Green, citazione Air/Kraftwerk compresa. Solo con Programs? arriva del vero electrofunk, ma è troppo poco (ma abbastanza
buono) per rispondere a modo alle domande
poste. (6.0/10)
G a spare Caliri
Luke Lukas - Super Wurthluss (Lepers,
marzo 2008)
Genere: lo-fi folk
Be n qua ttr o nuove usc ite in s imu lta n e a
pe r la be ne a ma ta Le pe r s Pr odu tc io n s , tu t-
te me r ite v o li n o n f o s s e p e r il s e mp r e r a g guardevole rapporto qualità-prezzo, tra le
q u a li q u e s to Sup e r Wur thlus s , u s c ita a tip ic a r is p e tto a ll’ a n o ma lo c a ta lo g o d e lla f r e e d o w n lo a d la b e l b a r e s e . N e l r o o s te r le b b r o s o
il texano (?) Luke Lukas sembra infatti il
b a mb in o c o n la p is to la d i le g n o tr a i te p p is te lli a r ma ti d i s c a c c ia c a n i, ma la s u a mo rb id a a c id u la r e mis s io n e lo - f i p r o c e d e in e s o r a b ile , c o n s a p e v o le c h e n o n c ’ è v itto r ia ma
neanche sconfitta per chi procede sul lato
defilato della strada. Loser totale, slacker
s e n z a s c a mp o , mic r o p u n to d i v is ta c o l c u o r e in v e n a d i s a r c a s mo e d e lir io . Ch e p o i in
f o n d o è u n a r o b a s e mp lic e e b a n a le . E il d if ficile è proprio questo. Quanti ne abbiamo
s e n titi e r is e n titi d i ma la n imi s v a mp iti c o me
highlight
Singer – Unhistories (Drag City, 25 marzo 2008)
Genere: post/slow-soul
H o l e t t o , nella presentazione di questo disco, che i componenti suonano c o m e s e f o s s e r o i n s t a n z e
d i v e r s e , e non si sentissero – il che è ovviamente accompagnato da un “p e r ò ” , “ p e r ò c ’ è u n p e r ò ” ,
c i o è i l f a tto che l’effetto di insieme presenta delle legature e non della fac i l e c a s u a l i t à . U n a m e t a f o r a
p e r i l s u cco della questione potrebbe essere una porzione della stessa pol p a s u d d i v i s a n e i p i a t t i d e i
c o m m e n sali di tavoli diversi.
F a t a l m e nte tutto questo m i ha r ic or da to il Capt ain Be e f he ar t de lla tr ota; ma c e r to s e a v e s s i le tto
c h e i n f o rmazione ci sono Todd Rittman e Adam Vida (rispettivamente s e c o n d a c h i t a r r a e l ’ u l t i m o
b a t t e r i st a degli U .S . Maple), tutto sarebbe stato più chiaro fin dall’inizio .
I n U n h i stories di S in ger c’è anche la magica arte del contrappunto, ma n o n e l e v a t a a u n i c o c r i t e r i o
c o s t r u t t i vo, anzi come fattore di uno smembramento il cui risultato è la l e n t e z z a d e l l o s l o w - c o r e e u n g i o c o s u l l a t r a d i z i o n e
a m e r i c a n a (come nella chitarra de ll’ iniz ia le Slow Ghosts). Le voci, estratte d a l c o n t e s t o , s p e s s o i n c o r o , s o n o v i t t i m e d e l l ’ i n d i e
t u t t o ( v e r a novità, piacerà o me no, r ispe tto a gli U.S.M.) , ta nto c he il c a nt a to a v o lte r ic o r d a g li u ltimi 9 0 D a y M e n. A s c o lta n d o p e r ò P lease, Tell The Justice s We ’ re Fine , ne l pa r tic ola r e , si gusta la d iff e r e n z a d i to c c o tr a q u e lli e i Sing e r ; p e r s e n tir e
u n b a t t i t o (sim ile, bom ba!, ad a lc une inve nz ioni de gli Xiu Xiu di Knif e P la y ) c h e l a s c i a i n d i ff e r e n t i i m u s i c i s t i m a p e r c u o t e
l ’ a sc o l t a tore in un ballo strania nte ; a suo modo, un pic c olo c a pola vor o.
To r n a n d o al generale, l’impost azione di scollatura tra le parti è quella che q u a l c h e a n n o f a s i s a r e b b e d e t t a d e l p o s t r o c k , o l t r e
c h e d e l math dei Maple. L a vec c hia c a r a de str uttur a z ione , ma c on impor t a n ti d iff e r e n z e ; q u i ( D u m b S m o k e ) e s s a è r e a l i z z a t a
t r a m i t e v ocalità sfacciatamente soul e interventi di chitarra che sono quas i e s c l u s i v a m e n t e a c c o r d i , c o n t r a p p u n t i o m i n i a s s o l i
b l u e s ( P arty Lessons); non c’è mai un riff angolare, per intenderci. Il ve r o l e g a m e a l p o s t è f o r s e l a b a t t e r i a , m a n o n a l p o s t
d i v u l g a t a, ma a quelle forme p r ototipic he di svinc ola me nto da una str uttu r a c h e c o mp a r iv a n o in Twe e z d e g li Slint , p e r e s e mp i o , e c h e qualche anno dopo avr e bbe r o r ie la bor a to i Don Caballe ro - e s u c u i a v r e b b e r i c a m a t o a n c h e K e v i n S h e a , c o i s u o i
S t o r m ’ n ’Stress (la prima m età di Div ining) , misc e la ndole a pr ove nie nz e f r e e - ja z z .
L a c h i t a rra richiama allora sol o qua e là Beefheart, ma per una sorta di su a v e r s i o n e p i ù d e s e r t i c a e f i g l i a d e g l i a n n i N o v a n t a
( P a rt y L e ssons), come è naturale che sia. In effetti è questo che rimane; u n a d e s e r t i f i c a z i o n e c h e p e r ò n a s c e d a l c a l c o l o s u l
( b u o n ) e ccesso della scrittura, dal barocchismo virtuoso, per così dire. Un d i r a d a m e n t o c a r n o s o , l a r a r e f a z i o n e d i u n ’ a r i a c h e
r i m a n e f r izzante. (7.1/10)
G a spare Caliri
P o t S m o k e r , v a lz e r in i o p p i a c e i c o m e S o m e o n e To Lo v e e c io n d o la m e n t i d a h o b o l u n a ri
c o me Kin d a D o wn ? E p p u r e , s e i l g i o c h i n o
a n c o r a f u n z io n a a l p u n t o d i i n c a n t a re o s b a lo r d ir e s e c o n d o i c a s i, è p e rc h é o g n i t a n t o
spunta qualcuno che conosce l’ingrediente
mis te r io s o . U n o c o me L u k e , a d e s e m p i o . C a p a c e d i v a g a r e la s c iv o e v i s i o n a ri o c o m e u n
Ba r re t t a lla f r u tta ( P eo p l e Are C o n f u s i o n ) ,
d i s te mp e r a r e lo Yo un g d i Po c a h o n t a s e i
N e ut r a l M ilk Ho t e l p iù d i a fa n i c o n fa rra g i n o s a d is in v o ltu r a ( Le ft Wi n g Bl u e s ), d i s b ri g l i a r e a rg u z i e v o c a l i s u b e a t b o x s i n c o p a t o
c o me d e i Be t a Ba nd b u s k e r (Ma s s i v e To n e ) ,
p e r p o i r iv o g a r c i n o n u n a m a d u e t i t l e t r a c k ,
in v e r s io n e b a lla tin a a c c o ra t a p ri m a (d i s t i l la n d o f r u g a le te n e r e z z a O k k e r v i l R i v e r ) e
b r a d ip a e b b r e z z a p o i ( t i p o u n B e c k c o l p i e d e n e lla f o s s a r ie mp ita a s c o t c h ).
E non vi ho ancora detto di quanto suoni
to c c a n te Le t G o , v o c e , u n a p i a n o l i n a e l a
ma lin c o n ia p iù d o lc ia s t ra d e l m o n d o . A n d a te . Sc a r ic a te . G o d e te . (7 . 2 /1 0 )
Stefano Solventi
Maninkari – Les Diables Avec Ses Chevaux
(Conspiracy Records, novembre 2007)
Genere: epic post-rock, folk
I Go ds pe e d Yo u! Bla c k E mp e ro r c i m a n c a n o d a mo r ir e . E q u e s to è u n fa t t o . A l c o s p e t to di un poderoso (per suoni e per durata)
d o p p i o a l b u m r e a l i z z at o d a u n d u o c h e a i
c a n a d e s i d ic e e s p lic ita m e n t e d i i s p i ra rs i , i l
p e n s ie r o n o n p u ò c h e r i t o rn a re a L i f t Yo u r
Sk inny Fis ts L ik e An t e n n a s To H e a v e n .
Ce r ti f r a n g e n ti d i te n s i o n e a s s o l u t a , l a m p i
imp r o v v is i d i me lo d ia a b b a g l i a n t e , d i s s o nanze che sanno far male come un calcio
n e i d e n t i , q u e i c a m p i on i d i v o c i r e g i s t r a t e .
M e r a v ig lie e a n c h e , p erc h é n o , d i fe t t i , c h e
d ic o n o d i s e n s ib ilità s e n z ’a l t ro a s s a i p ro s s i me , d i u n a s c r ittu r a a t ra t t i a l l i e v a s i n t ro p po disciplinata.
E di alcune peculiarità: una passione che
in tu ia mo v is c e r a le p e r u n fo l k a rc a i c o e d i s t u r b a t o , t a u m a t u rg i c o e d o s c u r o ( c h e , p e r
r e s t a r e a l l ’ o g g i , e p er i n t e n d e r c i , g u a r d a
p iù a Gr a ils e St e v e Vo n Ti l l c h e a D i r t h y
Thre e e C lo g s ) ; u n a c u ra p a rt i c o l a re ri v o l ta a lla c o mp o n e n te p e rc u s s i v a d e l l e u n d i c i lu n g h e s u ite s tr u men t a l i (U n e I m p a s s e
D a n s La Lu m ie re , U n e Pi e c e Ro c h e s s e ) ; l a
r ic e r c a s u i timb r i c o n d o t t a c o n ri g o re e p a SA 71
RECENSIO
z i e n z a g r a z i e anche all’utilizzo di strumenti
d es u e t i ( P a rt i c ipation Mystic I e II, Cross i ng T h e E c h o ) , appartenenti a cultur e lont ane ( Co n st ru it Sur U ne E chelle P o ussie rre ) o p r e p a r a ti (U n Malaise D ’Ivresse ); il
s o s t e g n o , s e m pre disponibile, mai abusato,
d i u n ’ e l e t t r o n ica che non è m ai prima ttr ic e
(Vol D e Nu i t ) e la fascinazione evidente pe r
l a c l a s s i c a c o ntemporanea e l’improvvisata
(Ope n i n g P i a no).
R i s p e t t o a l l ’ E P d’esordio, essenziale come
u n a l a m a , q u e s to L es D iables Avec Se s Che vau x si p e r d e inevitabilmente in lunga ggin i e c o l p i a v uoto, ma le intuizioni geniali
d i s s e m i n a t e n el corso di quasi due ore di
m u s i c a s o n o così numerose che ai fratelli
Cha r l o t , p e r i l m om ento, ci piace pe r dona r e
d avv e r o t u t t o . (7.3/10)
spia tta te f r ia bili, r uvidi mir a ggi d i c h ita r r a
e que i ba mbini c hia ma ti a c a nta r e c o n implume se r iosità tipo la Guns Of B r ix to n d i
Sandinista ( ve di The Hunt) . Epp o i il c io n d o lio obliquo ne l bla ndo- f unk di B o m b s Awa y ,
c ome una f le bo di sde gno non c o n v e n z io na le , c he a gua r da r be ne inne r v a tu tto q u e l
f a r e mistic a nz a di f olk r e siduo , s o llu c h e r o
e r r e bì, da nc e - f unk ve tr osa , gosp e l ma r z ia le
e br a ma spa c e y. L’ e ff e tto è va g a me n te z a p pia no a nz i me glio pe nsa r e a d e i C o u n t r y
Joe And The Fish c e ntr if uga ti, s tr iz z a ti, in f e ltr iti, implosi ne l va go se nso d ’ imp o te n za d’oggidì. Considerati anche i v i d e o a d
a lz o z e r o r e pe r ibili ne ll’ e diz ion e e n h a n c e d
del cd, otteniamo una malferma, p a l p i t a n t e ,
f r a gile , sc hiz of r e nic a , in f in de i c o n ti r a c c oma nda bile ir r e quie te z z a . ( 6.9/1 0 )
Vincenzo Santarcangelo
Stefano Solventi
Miss Massive Snowflake - Queen’s
Headache (North Pole / Starbage Music,
26 febbraio 2008)
Mojomatics – Don’t Pretend That You
Know Me (Ghost Records / Audioglobe,
11 aprile 2008)
Genere: avant electro folk
L’u o m o è S h a n e D e L eon, già trombe ttista e
v o ca l i st n e i R ollerb all, scellerati sp e r ime nt at o r i d a P o r t l a nd. Il progetto Miss M a ssive
S n o w f l a k e l o v ede a capo di un man ipolo di
i n ca l c o l a b i l i com pagni di merende ( pr ove n i e n t i d a u n numero non meglio precisato
d i b a n d ) , a r m a ta brancaleone col cu or e ind o m i t o , l a v e r v e genialoide ed il fare sga ng h er a t o p e r u na calligrafia tutta scon c e r to e
apprensio ne, una
svam pita me r a viglia inner va ta di
psichedelia a ma rognola
c a pa c e
d’im pasta r e soul,
hip-hop, c ountry ed elec tr o- pop
com e un Pr inc e
sballottato Be t a
B and ( Swing Of
H air), così c ome
di e v o l u z i o n i w ave-soul che stempe r a no
Ji m O ’ R o u r k e e i prim i U ltravox! ( Fossil
Fi s s u re ) , p e r n on dire del B rian E no a bba ci na t o S p a r k l e horse in C ake o del sa r c a smo
rap d a sb r a g o Beastie B oys in Who Wre c k e d
T h e P a rt y .
Ta s t i e r i n e e sbuffi di tromba, cinguettii
s i nt e t i c i e st r ali di banjo, drum m ac hine e
Genere: rock’n’roll, country, blues
L’ a tte sa e r a ta nta pe r il r itor no d e i M o jo ma tic s, ba lz a ti pr e pote nte me nte a lle c r o n a c h e
de ll’ indie tr ic olor e pe r un dis c o – S o n g s
For Faraway Lov e rs – che sec o n d o a l c u n i
si pote va r ia ssume r e c osì: non c’ è n ie n te d i
più moderno di ciò che è antic o . D e t t a i n
soldoni, meglio preoccuparsi d i f a r e b e l l e
c a nz oni, indipe nde nte me nte da lle c a te g o r ie
e dagli stili. Buttarla dunque sul r o c k ’ n ’ r o l l
da a mplif ic a tor i sva lvola ti e c hita r r e s u o n a te c on una va nga piuttosto c he c o l p le ttr o .
De c lina r e i pr opr i umor i su un co u n tr y p o lve r oso di un’ imma ginif ic a Amer ic a s u d is ta
e pr ole ta r ia . Un uovo di Colomb o c u i in I ta lia , se c ondo a lme no qua nto dic o n o g li s te s s i
Mojomatics, nessuno sembrava d a r e m o l t o
c r e dito.
Don’t Pre te nd That You Kno w M e n o n
smuove di un millime tr o il duo v e n e to d a lle
lor o c onvinz ioni. Ta nt’ è c he , dic ia mo lo s u bito, l’effetto sorpresa cade do p o l ’ a t t a c c o
– c omunque pote nte e a ff ila to – d e lla p o d e r osa Wait A W hile . Se quindi l’a mb ito b a z zicato dai Mojomatics è sempr e l o s t e s s o ,
r e sta ina lte r a ta a nc he la c a pa c ità d i s c r ittu ra, che porta in dote una serie d i b r a n i c h e
gir a no f luidi e or e c c hia bili. È il c a s o d e l
r oc k’ n’ r oll e sa gita to di Cle an M y S in s , d e l
blue s in ove r dr ive r e tr oda ta to d i A s k in ’ F o r
A B e tte r Circ u m s ta n c e , d e l b e a t in g o lf a to d i
a lc o l d i H o le I n M y H e a r t.
Re s ta d ie tr o l’ a n g o lo u n a v a g h is s ima s e n s a zione di esercizio di stile, seppur di buona
f a ttu r a . Co me s e me s s e u n a d ie tr o l’ a ltr o le
c a n z o n i p e r d e s s e r o p a r te d i q u e lla f r e s c h e z z a d i c u i g o d o n o e f a n n o g o d e r e q u a n d o in vece ballano da sole. Sarà pure il vecchio
g io c o d e l r o c k d i c u i p a r la v a n o g li St o ne s ,
o f o r s e il s e g n o d i te mp i in c u i n e lla mu s ic a
formato mp3 si pensa di più al particolare
che non all’opera generale. Il problema è
che sullo scatto i Mojomatics convincono.
Su lla lu n g a d is ta n z a a r r iv a n o u n p o ’ c o l f ia to n e . ( 6 . 5 /1 0 )
Manfredi Lamartina
Murnau – L’angelo memore (Seahorse,
marzo 2008)
Genere: post-rock
Co s a c ’ e n tr a u n ma e s tr o c o me Fr ie d r ic k
Wilh e lm M u r n a u c o n u n g r u p p o ita lia n o ,
di Reggio Calabria, che tenta da 4 anni di
s b a r c a r e il lu n a r io a ttr a v e r s o le p iù d is p a r a te e s p e r ie n z e ? L’ e s p r e s s io n is mo : f o r s e la
chiave sta tutta in quella corrente. Il loro
s u o n o , r ic o n d u c ib ile d ir e tta me n te a l mo v ime n to te d e s c o è il le g a me d ir e tto , il c o n tinuo richiamo all’arte del regista tedesco.
I M u r n a u r is u lta n o , in u tile d ir lo , v is io n a r i,
eterei. Basso ipnotico e suono riverberato
d i c h ita r r a s o s p e n d o n o a p iù r ip r e s e . I l lo r o
p r imo d is c o , p u b b lic a to d a lla Se a h o r s e d o p o
anni di apparizioni dal vivo e demo, suona
c o me c o mmis tio n e tr a p o s t- r o c k e s h o e g a z e
ed in fondo era ciò che ci si aspettava. I
s u o n i g o d o n o c o mu n q u e d i u n a d is c r e ta p e rs o n a lità , la lo r o c a r a tte r iz z a z io n e a v v ie n e
p e r me r ito d i u n a r itmic a d e c is a , imp o r ta n te , d i s e n to r i p r o v e n ie n ti d ir e tta me n te d a gli anni ’80 e di una voce, per così dire,
somma, pontificante. Il cantato in italiano,
s c e lta c o r a g g io s a p e r u n g e n e r e c o l s u ff is s o
” p o s t” d a v a n ti, d o n a s e n to r i d a c a n to g r e g o r ia n o ( La c r im e e c e n e re e S e ta ) ; g l i s t e s s i
te s ti s f io r a n o p iù e p iù v o lte l’ a p o c a littic o e
il te tr o , n o n o s ta n te n o n p o s s a n o v a n ta r e p ic c h i lir ic i o f o r ti tr a tti id e n tif ic a n ti. I l me r ito p r in c ip a le d e lle p a r o le r is ie d e p e r ò n e l
p e r f e tto a d a tta me n to a lla d ila ta z io n e d e lle
c o mp o s iz io n i, p e c u lia r ità c h e a s s u me il d is c o n e l s u o d is te n d e r s i n e i min u ti. U n ’ o p e r a
in e v ita b ilme n te o r ig in a le n e lla s u a o s c u r ità
e p r o f o n d ità , c h e r ip o r t a i n m a n i e ra i n n e g a b ile a i P e r t ur ba z io ne , a i C u r re n t 9 3 o p i ù
genericamente al più scuro post rock anni
’ 9 0 . ( 6 . 3 /1 0 )
Mar co Canepari
Mystery Jets – Twenty One (Rough
Trade, 24 aprile 2008)
G e n e r e : i n d i e , n e w b r i t , ‘80 s p o p
Q u e s ti q u a ttr o v e n te n n i s o n o g l i u l t i m i a rrivati fra quelli a cui è toccato in sorte di
te n e r e a lta la b a n d ie r a d e l n u o v o i n d i e p o p
londinese post-Libertines, insieme ad amici
c o me J a mie T e l’ e s o r d i e n t e La u ra M a rl i n g ,
n o n c h é i p iù n o ti
A r c tic M o n k e y s
e K la x o n s . G ià
d a i n o mi s n o c c io la ti in q u e s te
due righe potete
f a r v i u n ’ id e a d e i
M y s te r y J e ts ; a g giungiamo
che
dietro
questo
Twe nty O ne ( g i à
il s e c o n d o a lb u m)
c ’ è Ero l A lka n,
d j g e tto n a tis s imo – s i v o c i fe ra c i s a rà l u i
n e l p r o s s imo Fr a n z Fe r d i n a n d – e p ro d u t t o re
q u a s i d i c a s a a lla Ro u g h Tra d e , c o n s i d e ra n d o c h e il s u o n o me s ta a n c h e d i e t ro a l l a c o n te mp o r a n e a u s c ita d e lle L o n g B l o n d e s .
L e g g e r i ma n o n tr o p p o , q u e s t i ra g a z z i s e m b r a n o v o le r r e c u p e r a r e t u t t o c i ò c h e s i s o n o
p e r s i n e l d e c e n n io c h e l i h a v i s t i n a s c e re :
quegli ’80 di cui riprendono, provandoci
u n c e r to g u s to , a lc u n i s t i l e m i ri c e rc a t a m e n te k its c h – d ir e mmo , s i m p a t i c a m e n t e t ru z z i
– a p a r tir e d a H id e a wa y , s o rt a d i B ro n s k i
Be a t in f io r e tta ti d a c h i t a rra F ri p p / b o w i a n a ,
o M J , c o lma d i r if e r imen t i a U 2 / Po l i c e . D e i
K la x o n s me n o e s a lta ti, v e rre b b e d a d i re ; m a
le lo r o r a d ic i s o n o in r e a l t à i n e v i t a b i l m e n t e
( in d ie ) p o p ( d a Str o k e s e Li b e rt i n e s i n g i ù ),
c o me mo s tr a n o le ta n te c a n z o n c i n e i n b i l i c o f r a r u ff i a n e r i a e i n t e l l i g e n z a , a rg u z i a e
d iv e r tito p a r a c u lis mo , d i c u i a l c u n e a b b a s ta n z a g r a d e v o li ( Two D o o r s D o w n s u t u t te ) .
Più c h e ma i s v e tta n te - v e d i l a n a s c o s t a t i t l e
tr a c k - , l ’ u g o l a d e l l e a d e r B l a i n e H a r r i s o n ,
in u n imp r o b a b ile e q u il i b ri o fra s l a c k s g ra z ia to Cla p Yo u r H a n d s S a y Ye a h e c e rt o l i ri SA 73
RECENSIO
highlight
Sun Kil Moon – April (Caldo Verde, 1 aprile 2008)
Genere: slowcore
C h i s i a spettava un bel pesce d’aprile da Mark Kozelek deve rimandare. L’ u s c i t a d i A p r i l f i s s a t a p e r
i l p r i m o aprile rappresenta tu tto fuorché un innocuo scherzo. Questo ter z o a l b u m s o t t o i l m o n i k e r
S u n K i l Moon è la classica opera monumentale in puro stile Red House P a i n t e r s , c h e i l N o s t r o h a
p r e p a r a t o e confezionato con una c ur a e un’ a c c or te z z a pr e ge voli f r e ga nd o s e n e a lta me n te d e lla f r e n e s i a c o nsumistica occidentale. Perché per addentrarsi tra le pieghe di qu e s t o d i s c o o c c o r r e t e m p o ,
m o l t o t empo. Undici canzoni per la bellezza di quasi un’ora e venti min u t i d i d i l a t a z i o n e s o n o r a ,
d i l i e v i arpeggi chitarristici, di sommesse melodie vocali. Insomma, se t t a n t 1 a q u a t t r o m i n u t i d e l
m i g l i o r e Mark Kozelek. Quello dei primi album dipinti in quella casa r o s s a c h e t r o p p o s p e s s o h a
o s p i t a t o la nostra disperazione accarezzandola materna. Infatti, rispetto a i p r e c e d e n t i d u e l p A p r i l è
si c u r a m ente quello più riuscito. Che il Nostr o non si f osse ma i sta c c a to c o mp le ta me n te d a ll’ a p p r o c c io mu s ic a le d e lla s u a p r im a b a n d era cosa ben nota già da i la vor i pubblic a ti a nome pr opr io, ma c o n i Su n K il M o o n q u e l c o r d o n e o mb e lic a le in v e c e d i
sf i l a c c i arsi naturalm ente si è r inf or z a to pe r sc e lta . Que ste ipnotic he , r ipe titiv e e le n tis s ime c a n z o n i c i r ip o r ta n o in tima me n te
n e l g r e m bo dei R ed H ouse Pain te r s. Un’ inve r sa e voluz ione c he se mbr a e so r c iz z a r e id e a lme n te p r o p r io q u e lla s o litu d in e c a n ta t a d a s e mpre in tutti gli album. Un’ossessione, questa, che in April semb r a n o n c e r t o a t t e n u a r s i , m a m a t u r a r e , a c q u i s t a n d o l a
d o l o r o s a consapevolezza che novità non sempre fa rima con onestà e orig i n a l i t à . C o s ì t r o v i a m o u n K o z e l e k s i c u r o d i s é , s e n z a
a n s i a a l cuna di rinnovarsi, gettarsi a capofitto in ciò che gli riesce meglio , o v v e r o d a r e f o r m a a r t i s t i c a a l l a d i s p e r a z i o n e , a l l a
n o st a l g i a , alla solitudine, per l’ a ppunto. La ma linc onia a c ustic a di Los t Ve r s e s , il c la u s tr o f o b ic o c r e s c e n d o e mo z io n a le d i
To n i g h t The Sky – sicuramente il migliore episodio del disco – e la legg e r e z z a m i n i m a l e d i To n i g h t I n B i l b a o r a p p r e s e n t a n o
s e n z a d ubbio il meglio del suo repertorio, facendoci capire l’unicità e l’i n f l u e n z a d e l l a s u a a r t e . E q u a n d o i n L i k e T h e R i v e r
e i n U n l it Hallway è addirittura Will “Bonnie ‘Prince’ Billy” Oldham a im p r e z i o s i r e l a l i n e a v o c a l e , a l l o r a n o n r e s t a a l t r o d a
f a r e se non inchinarci com m os si.
P i ù c h e un pesce di aprile, Kozelek ci ha fatto un magnifico regalo: ci h a d a t o l a p o s s i b i l i t à d i r i p r e n d e r c i i l n o s t r o t e m p o ,
f a c e n d o c i sentire di nuovo a ca sa , tr a que lle qua ttr o mur a r osse , sic ur e e p r o te ttiv e c o me il g r e mb o ma te r n o . ( 7 . 2 /1 0 )
Andrea Provinciali
s m o Je ff Bu c k ley, si fa portavoce di un e sis t e n z i a l i s m o d a cameretta che ben si sposa
c o n c e r t e a t m osfere ’80 alla Smiths/Aztec
Cam e r a ( n o n a caso, in Half In Love With
El i za b e t h c ’ è lo zampino di S tep h en St re et). ( 6 . 7 / 1 0 )
Antonio Puglia
Neon – Oscillator (Spittle, 2008)
G e n e r e : p r o t o - i n d u s t r i a l , e l e t t r o n ic a
O n d e e o s c i l lazioni, insistenti, durature,
i p n o t i c h e , o sc ure. L a si può fare s e mplic e ; e p p u r e l o stupore (e perplessità) di chi
p r e s e n z i ò a l Bananamoon di Firenze in
q u ell ’ i n v e r n o 1979 rende necessario un dis co r so u n p o ’ più com plesso.R eset. Un’ e tichett a d i r i st a mpe può agire per alcune vie .
P u ò o p p o r t u n a mente rim ettere in cir c ola z i o n e c o s e e s aurite dai cataloghi, oppure
fare d e l l a r i c e rca, e attuare dei mecc a nismi
di a ssoc ia z ione ine dita tr a mite la r ip u b b lic a z ione ; oppur e a nc or a , può inc a po n ir s i s u u n a
sc e na , e r isf ode r a r la . Sa pe te già , s e u ltima mente siete stati attenti, quale sc e l t a h a f a t t o
la Spittle Re c or ds; ma oggi a ndia mo u n p o ’
oltr e il ma nif e sto pr ogr a mma tic o d e ll’ e tic he tta f ilo- post punk ita lia no. O s c illa to r d e i
Ne on è inf a tti un pr e z iosissimo r ito r n o , s ì,
ma sopr a ttutto una nuova possib ilità d i c o nosc e nz a c he ovvia f ina lme nte a u n a c a s s e tta
ir r e c upe r a bile – a doc ume nta r e l a p r ima a p parizione dal vivo del duo prot o - i n d u s t r i a l
dal nome luminescente e artific i a l e , p r i m a
a nc or a de l suo pr imo singolo; u n a f o to g r a fia con almeno due punti di for z a . I l p r i m o
f ilologic o, a nz i me ta f ilologic o, c io è d i u n a
filologia di secondo livello. G i à a l l o r a s i
f a c e va una ope r a z ione di mode rn a r ia to , a n dando a pescare dal kraut più osc u r o e m e n o
“suonato”, attraverso il synth a n a l o g i c o
d’annata, “rinnovato feticcio post-punk”,
c o m e a ff e r m a g i u s t a m e n t e Vi t t o r e B a r o n i
n e llo s p le n d id o a r tic o lo c o n te n u to n e l b o oklet. Lo si faceva in Inghilterra, con pose
mitte le u r o p e e a s p e r ime n ta r e le p o s s ib ilità d e lle p a s te s o n o r e d i q u e g li o g g e tti b o rb o r ig ma tic i – u n n o me s u tu tti? I C a b a re t
Vo lt a ire , c o me d imo s tr a n o le r a c c o lte d e lle
lo r o p r ime p r o d u z io n i.
M a a q u a n to p a r e q u e s to a v v e n iv a , tr a Se ttanta e Ottanta, anche a Firenze, capitale
insospettabile per altri versi; pensate che,
a sostegno della natura proto - di questa
u s c ita , la r e g is tr a z io n e f u c u r a ta d a M a s simo Michelotti e Maurizio Fasolo, di lì a
p o c o – c o n A le x Sp a lc k – p iù n o ti c o l n o me
P a nko w … M a u n a l t r o v a l o r e i n d i s c u s s o
d i O s c illa to r è l a t r a n c e i n d o t t a d a q u e s t a
mu s ic a , min ima lis ta n e l s e n s o – s o lito , p e r
c e r ti a mb ie n ti – c h e v a d a To ny C o nr a d a lle
mic r o - w a v e d e i N o v a n t a . U n m a g m a i m m a tu r o c h e r ib o lle le n to i n l u n g h e t ra c c e c h e
ma i in iz ia n o e ma i f in i s c o n o , m a a v v e n g o n o , a mb ie n ta li e p r o ta g o n i s t e i n s i e m e , c o m e
una prova ingegneristica che rivela il suo
imp a tto mu s ic a le . O n d e e o s c i l l a z i o n i …
( 7 . 5 /1 0 )
G a spare Caliri
Neptune – Gong Lake (Table Of Elements,
19 febbraio 2008)
Genere: noise free-form
Se n e l p e n u ltimo U n t i t l e d ( G o l d e n L a b ,
2007) l’improvvisazione si fa via maestra
p e r u n a f o r ma d i mu s ic a i p n o t i c a e c i rc o l a r e , n e l n u o v o G o ng L a k e l e s t ru t t u re s i fa n n o c o mp le ta me n te f r e e - fo rm e d i t re , a n c o ra
e s e mp r e a lf ie r i “ D e L’ A rt e D e g l i S t ru m e n ti Autocostruiti”, eccellono al loro meglio.
Ch ita r r e f a tte d i s c a r ti m e t a l l i c i , c o rp i c o n tu n d e n ti imp r o p r ia me n t e e i m p ro v v i s a m e n t e
assurti al far musica, e poi le mille trovate
s e n z a n o me . Se n z a a n te c e d e n t i a n c h e l ’e l e t tr o n ic a u s a ta . Sy n th e o s c i l l a t o ri t a l m e n t e
s f r a n ti n e l s u o n o d e s u e t o -c o n c re t o , d a p re s e n ta r s i a lle n o s tr e o r ec c h i e c o n t i m b ri c h e
atipicissime: magre, metalliche, piene di
e c h i a le g g ia n ti e a p p a s s i t i . In d e c i fra b i l i .
U n a c a s a f a n ta s ma , q u e s t a a b i t a t a d a i b o s to n ia n i N e p tu n e , d av v e ro “ i n e s p ri m i b i l e ” . J a s o n S . S a n f o r d , M a r k W. P e a r s o n e
Daniel Boucher arrivano oggi al loro apice
c r e a tiv o . G li a n n i s p e s i fra l i n e -u p v a ri a b i li donandosi ad una oscura, quanto tenace,
c a r r ie r a u n d e rg r o u n d , h a n n o g i o v a t o e c c o me . E a d e s s o g o n g o la no l a p i ù t e t ra m i s t u ra
d i Sw a ns e This He a t ( Ye l l o w Ri v e r ) . C o n
ta n to d i v o c e , J a s o n ne l c a s o , a ri p ro p o rc i
il M ic ha e l Gir a d ’ e p o c a . P i c c o l e s c u l t u r e
d i s u o n o , le lo r o : o r a o s s e s s i v o e s t ra p p a t o
( P u r p le S le e p ) , a ltr e v o l t e (Pa r i s G re e n ) i n
p r e d a a d e lir i f u n k y a tt ra v e rs a t i d a u n a a n i ma metallica (prossima ai primi Godflesh).
G o ng L a k e s u o n a a b e r ra n t e . B u i o e t e a t ra l e
c o me p o c h i a ltr i. I N e p t u n e s o n o c o n c e t t u a l me n te v ic in i a g li Eins tu r z e n d e N e u b a tu e n .
I l d ir mo lto c o n p o c o . (7 . 5 / 1 0 )
Ma s simo Padalino
Nico Greco – Parade Of The Paper
Soldier (Seahorse, aprile 2008)
Genere: songwriter
L a tip ic a b e lla s to r ia q u e l l a d i N i c o G re c o :
SA 75
RECENSIO
l ’ a p p a s s i o n a t o di musica, che tenta la sua
s t rad a e a l l a fine riesce nell’im pre sa pubb l i c a n d o ( a l m e no) un disco. N ato 34 a nni f a
i n A b r u z z o , c o m incia a studiare la c hita r r a
d a q u i n d i c e n n e , e porta avanti gli studi c onn u b i a n d o l a p ratica con la scrittura dei suoi
s t essi b r a n i . Suona dal vivo, canonic a ga v et ta d a “ p r i n c ipiante”, girovagando pe r la
cos ta a d r i a t i c a . C on gli anni, intanto , me tte
a s s i e m e u n a n otevole collezione di dischi,
a s c o l t a n d o q u alsiasi cosa (nelle influenze
m ett e n o m i d a B ob D ylan a P rin ce) e f inis ce c o n l ’ a p r i re, nel 2001, un negozio tutto
s u o . A f i n e 2 007 arriva il primo contratto
f i r m a t o c o n P aolo Messere per la Seahorse
Rec o r d i n g s. Che pubblica il suo primo la voro . D i sc o c h e a prim o acchito appar e c la ss i c o , q u a s i t r a dizionale. Cantautorato, folk,
s t ru t t u r e c o n v e nzionali, incedere da ba lla te
a m e r i c a n e . M a, andando ad analizzare più
a f o n d o a r r a n giamenti e strumentazioni, si
s co p r e u n m o n do che gode di caratte r istic he
b en d i ff e r e n t i . Innanzitutto, N ico, è a bile
p o l i st r u m e n t i sta: oltre a cantare e suona r e
l a ch i t a r r a , i m braccia il basso, si dile tta c on
l ’h a m m o n d e con le tastiere e sa come c omp o rt a r si c o n i ritmi di una batteria. I noltr e
l ’ a l b u m p u ò vantare una sua variegatura.
App a r i z i o n i d ’ armoniche e chitarre “ la gnos e ” d a n n o q u a lche connotato blues al tutto.
Un d e b u t t o d i screto rivelante una dignitosa
c a p a c i t à d i s c rittura, che però troppe volte
s i ri t r o v a a c o zzare con le ritmiche f ine ndo
i n ev i t a b i l m e n t e fuori posto, ben dista nte da
u n a m e ssa a f uoco. (6.0/10)
Mar co Canepari
Our Brother The Native – Make Amends
For We Are Merely Vessels (Fat Cat,
marzo 2008)
Genere: post-rock
A t t e n z i o n e , mammut in arrivo! Post-rock
al t am e n t e e v o c ativo, dilatato e atmosf e r ic o.
Grosso m o d o all’incrocio tra Mogwai e gli
app e n a sc i o l t i GY !B E per intendersi. Buoni
i p a t t e r n s d e l l a chitarra, a volte app a r e nte m en t e t r a t t a t a , di Joshua B ertram e le intr us i on i d i l o o p e synth a creare una atmosf e r a
s os p e sa e f l u i da. D a rivedere la voce distort a e f i l t r a t a c he nei m om enti m iglio r i se mb r a u n a v a r i a n te simil-black metal, in quelli
p e g g i o r i l a n e nia nonsense dei Sigur Ros.
Di s t u r b a n t e e a volte fastidioso, continua -
me nte osc illa nte tr a r ic e r c a de l s u o n o p e rf e tto e a nne ga me nti in un oc e a no d i la c e r a n te tristezza, ma in definitiva a ff a s c i n a n t e .
Ce r to a r r iva r e a lla f ine de l 78 mi n u ti d e ll’ a lbum è una impresa degna di u n i r o n m a n ,
pe r ò in que sto c a so, vista a nc he la g io v a n e
e tà de i tr e , va le la pe na te nta r e . ( 6 . 5 /1 0 )
S t e f a n o P i ff e r i
Paolo Benvegnù – Le Labbra (La Pioggia
/ Venus, 15 febbraio 2008)
Genere: pop d’autore
Le Labbra non tr a disc e a ssoluta me n te l’ e rmetismo di Benvegnù, anzi. N e c o n s o l i d a
a nc or più i c onf ini pr ote gge ndon e la Ve r ità ,
la Sua Ve r ità . La ste ssa c he ve nn e c o r te g g ia ta e r a ggiunta be n qua ttr o a nni f a in P i c c o l i
f ragilissimi f ilm
– de butto solista
dopo l’ e spe r ie nz a
Sc ism a –, a c c a r e z z a ta e ba c ia ta in 14- 19, l’ep
uscito lo scorso
ge nna io, e inf ine
inna lz a ta e c ustodita in que sta
sua ultima f a tic a
a utopr odotta . Ve r ità c he pe r ò ma i
viene rivelata. Come se render l a p u b b l i c a
significasse corromperla. Essa è r i m a s t a e
r ima ne pr ivile gio di poc hi, se n o n a d d ir ittur a e sc lusiva de l suo Ama nte. A p r e s e rvarla ci pensano queste undici t r a c c e c h e ,
muove ndosi c on sic ur e z z a tr a p o p d ’ a u to re, incursioni jazz e digression i a r t - r o c k e
impr e z iosite da un ottimo la vo r o d i o r c h e str a z ione sottosta nte , c onf e r man o la ma tu r a z ione stilistic a r a ggiunta da l N o s tr o . I n fatti, stavolta, non si registran o c a d u t e d i
tono dal punto di vista musica l e . U n p o p
d’autore che, oltre alla miglior e t r a d i z i o n e
ita lia na , r ie sc e a d e voc a r e pe r f i n o i R a dio he ad ( c ome ne l f ina le str ume ntale d i La p e ste ) ta nto è r ic e r c a ta la c ostr uz io n e a r mo n ica delle canzoni. Lo sforzo ma g g i o r e , o r a ,
r isie de ne l c ompre nde re la poe tic a d e ll’ a lbum. Pr e sunz ione , a utor e f e r e nzia lità e p r e te nz iosità : que ste sono le ma gg io r i c r itic h e
mosse a Be nve gnù da c hi si se n te e s c lu s o a
pr ior i da lla sua a r te . Ma in Le L a b b r a q u e sta sensazione di emarginazion e n o n è c h e
u n ’ illu s io n e in iz ia le , u n a r e s is te n z a me n ta le a q u a lc o s a c h e d i r a z io n a le h a v e r a me n te
b e n p o c o , p e r c h é f a c e n te p a r te d e ll’ in c o n s c io c o lle ttiv o . Pe r e n tr a r e a l s u o in te r n o
occorre attenzione e arrendevolezza allo
stesso tempo: farsi inebriare dalle parole
s e n z a c h ie d e r e , f a r s i s e d u r r e d a lle me lo d ie
senza desiderare. Una resa incondizionata,
u n ’ in e v ita b ile d e r iv a , p r o p r io c o me a v v ie n e
tra due amanti. Ecco: l’Amore. Questo, il
tema principale dell’album. Inteso in ogni
s u a p iù d is p a r a ta a c c e z io n e . C’ è q u e llo f is ic o d i La s c h ie n a , q u e llo s o ff e r to e d r a mma tic o d i I l Ne m ic o ( in d u b b ia me n te il p iù r iu s c ito e c o mmo v e n te e p is o d io d e ll’ a lb u m) ,
q u e llo ma la to d i La p e s te , q u e llo id e a le d i
1 7 8 4 , q u e llo s a c r o e p r o f a n o d i A m o re s a n to e b la s fe m o . Pr o p r io c o me le la b b r a p e r
l’appunto: che baciano, sussurrano, urlano,
mordono, sfiorano, pregano, per rimanere,
in f in e , s e n z a p a r o le . Vir tù , q u e lla d i c o n c e d e r e e mo z io n a lità e p r o f o n d ità a lle lir ic h e s e n z a ma i s c iv o la r e in a lc u n s a n r e me s e /
ita lo id e lu o g o c o mu n e , d a n o n s o tto v a lu ta r e
in q u e s ti te mp i d i s u p e r f ic ia lità e a p p a r e n z a
d ila g a n ti. Sic u r a me n te u n o d e i mig lio r a lb u m ita lia n i d e l 2 0 0 8 . “ Tu n o n s e i d a s a lv a re , s e i d a in n a lz a re , d a r im a n e re s e n z a fia to
p e r n o n p a r la re ” ( 7 . 2 /1 0 )
Andrea Provinciali
P.W. Long – God Bless the Drunkard’s
Dog (Southern, aprile 2008)
Genere:
punk-blues
The Hi-Risers – Once We Get Started
(Rock&Roll Inc, aprile 2008)
Genere: rock’n’roll dei primordi
Lo davamo per disperso, smarrito dietro le
s u e a ttiv ità e x tr a - mu s ic a li c o me c r itic o c u l i n a r i o ( ! ) i n q u e l d i N Y. E i n v e c e e c c o l o
q u i. E ta n to p e r s g o mb r a r e il c a mp o d a d u b b i o mis u n d e r s ta n d in g , d ic ia mo s u b ito c h e è
p u r e in g r a n d e f o r ma .
M is te r Pr e s to n Wr ig h t L o n g to r n a a d is ta n z a d i q u a lc h e a n n o d a Re me mb e r e d ( 2 0 0 3 ) ,
p e r d e il s u ff is s o Re e lf o o t ma r ip r e n d e il d iscorso da dove lo aveva lasciato. Anzi, da
p o c o p r ima . E s a tta me n te r ip r e n d e il d is c o rs o in te r r o tto d a i M ule ( e d a i c u g in i La ug hing Hy e na s ) , q u e l c o n c e n tr a to d i p u n k blues e tradizione americana suonato fuori
d a i c a n o n i c h e a ttr a v e rs ò i ’9 0 c o n 2 o t t i m i
a lb u m. L o n g n e r ip r e n d e l ’a t t i t u d i n e s c h i e t ta e la r ic ic la in c h ia v e p i ù i n t i m a e p e rsonale. Elettricità e slide, southern rock e
b lu e g r a s s , b o o g ie ’ n ’ r o l l c h e s a d i p o l v e ro s e
la n d e e s to r ie q u o tid ia n e d i p e c c a t o e re d e n z io n e , in d e f in itiv a. S u o n a t o i n m a n i e ra
a g g r e s s iv a e c a n ta to c o n l a ra b b i a e l ’u g o l a
b r u c ia ta d i c h i n e h a v i s t e e v i s s u t e t a n t e .
E s e p e n s a v a te c h e q u e s t o p o t e s s e e s s e re i l
canto del cigno, beh, non avete fatto i conti
con PW Long, un uomo solo al comando.
( 6 . 7 /1 0 )
Sta n d o a lle n o te b io g ra fi c h e , g l i H i -R i s e r s s u o n a n o “ e n e rg e t i c , s o n g - o r i e n t e d
ro c k ’ n ’ ro ll” . E c o me da r l o ro t o rt o , s o p ra t tu tto u n a v o lta a s c o lta t e l e 1 4 t ra c c e d i q u e s t o d i s c o ? E n e rg i c i l o s o n o e c c o m e , c o s ì
c o me in f is s a to ta le c o n u n i m m a g i n a ri o c h e ,
a f a r la b r e v e , p o tr e b b e e s s e re q u e l l o d i H a p p y D a y s . Ca mic ia b ia n ca e c ra v a t t i n a s t re t t a
e nera. Facce da ragazzi per bene, composti
ed educati, i tre sono completamente fermi
a g li a n n i ’ 5 0 e ’ 6 0 . Ca p a c i , c i o è , d i s p a ra r e g e mme p o p d a d u e m i n u t i e m e z z o n e t ti l’una che trascinano senza indugi verso
il c e n tr o d e lla s a la d a b a l l o . R o c k a b i l l y e
r h y t h m a n d b l u e s , c o un t r y, d o o - w o p e s u r f
si mescolano in dosi uguali al più sano e
p u r o s p ir ito r o c k ’ n ’ r o ll . E s e p e n s a t e c h e l a
p r ima f r a s e c a n ta ta d e l d i s c o è O n c e w e g e t
s ta r te r, we c a n n o t s to p ! b e h , a v e t e p re s e n t e
q u a l è il c o n te n u to d e l d i s c o . D i v e rt i m e n t o ,
n u lla d i p iù , n u lla d i m e n o , a n c h e s e i l b e l l o
s e mb r a lo f o r n is c a n o d a l v i v o . (6 . 4 / 1 0 )
S t e f a n o P i ff e r i
R.E.M. - Accelerate (Warner, 1 aprile
2008)
Genere: rock
D iff ic ile te n ta r e d i s p ieg a re p e rc h é i l ri t o rn o
a l f u tu r o d e i R. E . M . p u ò d i rs i t u t t o s o m m a to r iu s c ito . D iff ic ile p er n o n d i re a n t i p a t i c o ,
p e r c h é p o i ma g a r i v ie n v o g l i a d i fa re c o n f r o n ti c o n imp o r ta n ti b a n d p a ri e t à . La s c i a mo s ta r e . L imitia mo c i a d e n t ra re n e l m e ri t o
d i q u e s ta u ltima f a tic a d e l t ri o d i A t h e n s .
In primis, come tutti saprete, i propositi
a v a n t- p o p a v v ia ti c o n l ’o t t i m o U p fi n i s c o n o
tr a le o r tic h e . Sa r à p e r g l i e s i t i n o n s e m p r e b r illa n ti c o n s e g u iti i n R e v e a l e A r o u n d
T he Sun, o p p u r e s a r à - c o m e d i c h i a r a n o
e s s i s t e s s i - l a r i n n o v a t a u rg e n z a d e t t a t a d a i
SA 77
RECENSIO
t emp i c h e c o r r ono. Q uale che sia il me ta f ori co v i a g r a , i l qui presente A cceler ate non
s u o n a a ff a t t o come un album di me zza età.
Il p i g l i o è f i n da subito im petuoso in se ll a a l b a sso i m pellente e alle chitarre r if r a tt e, r u v i d e , sf r angiate. Tu chiamalo se vuoi
h a r d c o r e q u e l puntare al sodo senza sconti
d i L i v i n g We l l Is T he B est R evenge, che gli
H ü sk e r n o n so no poi così lontani, me ntr e la
s ucc e ssi v a M a n -Sized Wreath im pasta wa ve ,
erre b ì e p si c h edelia con estro incand e sc e nte
e ac i d u l o c h e s embra spiovere in dir e tta da
Gr e e n .
Adre n a l i n a p e r adrenalina, m ettete in c onto
quella Horse To
Water che potr e bbe passare per una
C atapult ancora
più a rotta di c ollo e chitar r e unghiose, co sì c ome
la title trac k c he
m escola
distorsione con tr olla ta
e pungolo wa ve
tipo - che ssò – i
b ene a m a t i S o un d , senza scordare ovvia m en t e i l si n g olo Supernatural Super se rious
col su o j i n g l e jangle birbone altezz a - più
o m e n o - D o cu ment.Sono insomma quella
m i s c h i a d i v e cchio e nuovo che ti a spe tte r e s t i i n c a s i del genere, compresa la gara
ad im i t a r e se stessi – titolo virtuale di que s t a r e c e n si o n e : Im itation of R .E .M. - c he se
d a u n a p a r t e i ntristisce (a pensarci bene, è
l a p r i m a v o l t a che gli accade) dall’a ltr a bis o g n a a m m e t t ere che… gli riesce piuttosto
b ene . F e r m a r estando la collaudata se nsa zi on e d i g e n u inità, che a questi live lli di
f a ma è u n a s pecie di miracolo (a pensarci
b ene , c o n l o r o è la regola).
P er d i r e , se H ouston da un lato sem b r a limit a r s i a c i c a t r i zzare le diverse inqu ietudini
t arg a t e N e w Adventu res In H i-F i e Fables
Of T h e R e c o n struction, possiede altr e sì una
“feb b r e c i v i l e ” com e m inim o dignitosa ( olt re a d u n h a m mond dall’acidità qua si Nick
Cav e ) . Vi c e v e rsa, una Sing F or T he Submar i ne i n c a p r i c c ia valzer, e-bow ed ec topla s m i B e a c h Bo y s mirando all’etera sole nnità
d i U p c o n p e r ò una scrittura vacua come i
p egg i o r i m o m enti di A rou n d T he Sun, r ipa rand o i n e c c e s si d’arrangiamento che d’ a l-
tr onde c i possono sta r e c on un p r o d u tto r e
c ome Ja c knif e Le e ( già a l la vo r o c o n E d itor s e Ka sa bia n) .
Tanto per celia aggiungiamo ch e l a v o c e d i
Stipe suona be nissimo c on le sue r u g h e n u o ve di zecca pasturate a nicotin a ( e v i d e n t i
in Hollow M an) e c he I ’ m Gon n a D J p r o vocherà sorrisetti di sufficienza c o n l e s u e
moine da c ugine tta biz z osa di P o p S o n g ’ 8 9
c he f lir ta c on la ma tur a I t’s The E n d O f Th e
World. Poco più di mezz’ora in f i n d e i c o n t i ,
ne ssun c a lo di te nsione , poc hi i p ic c h i, d isc r e to il pe so spe c if ic o: ne lla r a g g u a r d e v o le disc ogr a f ia di que sta a dor a bile b a n d , A c celerate non si colloca certo in p r i m a f i l a ,
ma è di que i titoli c he sc a lpita e s g o mita p e r
gua da gna r si gli a ltopa r la nti. ( 6. 5 /1 0 )
Stefano Solventi
Retribution Gospel Choir – Self Titled
(Caldoverde / Konkurrent, 28 marzo
2008)
Genere: rock
Alan Sparhawk confeziona con R e t r i b u t i o n
Gospe l Choir il pr oge tto de lla p o r ta a c c a n to, r ie mpie la sta nz a d’ a mplif ic a to r i, in v ita
Matt Livingston ad occuparsi d e l l e q u a t t r o
c or de , c hia ma Er ic Polla r d a pe s ta r e s u i ta mbur i ( se nz a c ur a r si tr oppo de l c as in o ) , q u in di lascia a Mark Kozelek l’one r e e l ’ o n o r e
di orga niz z a r e la se r a ta ( le ggi: la p r o d u z io ne ) . La moglie Mimi Pa r ke r f a u n a c a p a tin a
giusto pe r ve de r e se i r a ga z z i h a n n o b is o gno d’ uno spuntino, c a soma i d’ u n c o r e tto in
Bre ak e r, pe z z o qui in ve r sione b e n p iù tu rgida di que lla pr e se nte in Drum s & G uns ,
cosa che del resto accade ad u n a f o s c a e
pa lpita nte Tak e Your Time . Già , p e r c h é A la n
e compagni di merende si prend o n o l a l o r o
se r a ta di libe r tà e da nno f uoc o a lle p o lv e r i,
anche se tutta l’elettricità e la v e e m e n z a e
la disinvoltur a di que sto mondo n o n p o tr e b be r o sba r a glia r e la be n nota c a llig r a f ia in dolenzita.
Se ntite vi que lla W hat She Turn e d I n to c h e
pur e sc ior ina una a llur e pop- r o c k in a u d ita pe r il Nostr o, o una Some bo d y ’s S o m e o ne all’insegna di un hard blues i n g r u g n i t o :
resta pur sempre quella vibraz i o n e s o t t o ,
un’inquietudine partecipe da ca n t o r e d e l l a
c onte mpor a ne ità c he non molla l’ o s s o e c h e
esala evidente tra gli umori e l e s c a r i c h e
qua si St one Te m ple Pilot s di T h e y K n e w
Yo u We ll, p e r n o n d ir e d e l r u g g in o s o ma la n imo d i D e s tro y e r e H o le s I n O u r H e a d s
( tip o J a s o n M o lina s tr a tto n a to d a i C r a z y
Ho r s e ) . P a r a d o s s a l m e n t e , q u e s t o d i s c o c h e
s v e la a s p e tti in e d iti d i Sp a r h a w k ,
sembra in realtà
precedere tutta la
sua produzione,
un viaggio alla
s c o p e r ta
d e lle
s p in te p r o p u ls iv e
d e l v e r b o s lo w c o re, un risalire alla
r a d ic e c h e f r u tta
una generosa, pote n te imme d ia te z z a ( d i s ta mp o Hüs ke r D ü in F o r H e r B lo o d
e in b ilic o tr a N ic k C a v e e D re a m Sy ndic a t e in E a s y P re y ) .
D i p iù : s e mb r a c h e n o n a b b ia ma i f a tto a ltro, e caspita se ne ha combinate di robe
m e m o r a b i l i . Ve r r e b b e d a d i r e c h e l e u g g e
v is c e r a li e a c id u le d i Kid s - q u a s i u n a p o c r if o y o u n g h ia n o - s o n o q u e llo c h e g li ( c i)
a u g u r ia mo d a o g g i in p o i. ( 7 . 1 /1 0 )
Stefano Solventi
s o n r a p ito d a i Ve lv e t U n d e r g ro u n d (S i g n
La n g u a g e ) , la to s ta d e v o l u z i o n e k i n k s i a n a
( P h o n e Co ffin s ) , e p p o i – c e r t o - q u e i d u b
o p p ia c e i e g a r r u li c o m e s p i ri t e l l i fa n g o s i ,
u n c e r to p ig lio in s id io s o e s b ru ffo n e J o n
Spe nc e r e lo s la c k e r is m o s p a e s a t o d a B e c k :
tu tto c iò , c o n f r o n ta to e u n i t o a l re c e n t e l a v o r o s o t t o l ’ e g i d a I n st r u m e n t s O f S c i e n c e
A n d Te c h n o l o g y - c h e q u i n d i t e c n i c a m e n t e
n o n è u n p r e d e c e s s o r e - s e m b ra v o l e rc i ra c c o n ta r e u n o Sw if t in te n t o n e l l e p ro v e t e c n i c h e d i u n a c a r r ie r a , c h e s e m m a i h a i l t o rt o
di venirci proposta come una carriera vera
e propria.
Resta il fatto che in questo stuzzicarsi, in
questo mettersi alla prova per delimitare gli
a mb iti e i limiti d e lla p ro p ri a a z i o n e a rt i s t i c a , c ’ è u n c e r to f a s c in o . M a n o n c ’è S w i ft .
L’ a u to r e è il g r a n d e d i s s i m u l a t o , c o l u i c h e
si defila lasciandoci un frammento di sé,
c u r io s o ma in s o d d is f a c e n t e , u n g i o c o d i m e mo r ie d a r ic o s titu ir e , i l c a n o v a c c i o s u c u i
u n g io r n o s a r a n n o s c r it t i i l a v o ri “ s e ri ” .
Nell’attesa, prendiamo atto con un pizzico
d i g o d u r ia e ta n ta p e r pl e s s i t à . (6 . 0 /1 0 )
Stefano Solventi
Richard Swift - As Onasis (Secretly
Canadian, 4 aprile 2008)
Rio Mezzanino - Economy With Upgrade
(Danza Cosmica / Audioglobe, 10 aprile
2008)
Genere: garage blues
Dunque, eccoci ancora a Richard Swift. Il
q u a le s e n e e s c e s ta v o lta c o n u n d o p p io a lb u m, d ie c i c a n z o n i p e r d is c h e tto , q u a r a n ta p iù o me n o i min u ti c o mp le s s iv i. Q u a n ta p la s tic h e tta s p r e c a ta , v ie n e d a d ir e . M a
v a b b è , le c if r e d i v e n d ita n o n s mu o v e r a n n o
certo le superclassifiche, per cui pazienza.
Probabilmente alla base di questa bizzarra
s c e lta d o v r e b b e r o e s s e r c i g li s te s s i mo v e n ti
c h e in f o r ma n o la mu s ic a , u n g a r a g e - e r r e b ìd u b p e r v a s o d i me mo r ia e f a n ta s mi. Più c h e
r if a r s i a i mo d i d e i r u g g e n ti Six tie s , s e mb r a
c h e il c a r o Sw if t te n ti d i r ip r o d u r r e le s itu a zioni emotive provocategli dall’ascolto di
q u e i d is c h i, p r e s u mib ilme n te v in ili d i me d ia d u r a ta d a i s o lc h i p a r e c c h io b is tr a tta ti a
b is tr a tta r e in c is io n i o r ig in a li g ià p r o f u ma te
di carboneria e mistero.
I b lu e s f a n g o s i c o me F le t w o o d M a c a r c a ic i e d e s a u s ti ( Va n d e r v e ld e B lu e s ) , il tu rg o r e
s g r a n a to Sm a ll F a c e s (S M 6 0 ) , il p r imitiv is mo St o ne s (Yo u r M o m ) , u n R o y Or bi-
Genere: folk rock
Un debutto ma di quelli parecchio meditati,
a n z i s me r ig lia ti, d ic ia m o p u re s t a g i o n a t i . E’
u n f a tto c h e s i a v v e r te c o n c h i a re z z a , s p ri z z a d a o g n i s o lc o d i q u e s t o E c o n o m y Wi t h
Upgrade, ed è un bene. I Rio Mezzanino
sono un quintetto di Firenze che si sbatte
d a l ‘ 9 7 tr a in c is io n i e co n t e s t , fi n o a m e t t e re a punto questo sound robusto e vibrante
c h e c h ia ma in c a u s a b ru m e t e x -m e x , a c i d e r ia ja z z - f o lk , me ta s ta si s o u l , i n g ru g n i m e n t i n o i r, o s t i n a z i o n i i p n o t i c h e p o s t - b l u e s e ,
vabbè, facciamo basta così.
Vo g lio d ir e : s e n tite v i P h o e n i x , q u e l l a s p e c i e
d i La ne g a n f o lg o r a to s u l l a v i a d ’u n a b o s s a
languida, tra il cazzeggio di vibrafono e la
v io la c h e s o ff ia ma lin c o n i a . O p p u re : i l t a n g o
c o u n tr y c o i s o llu c h e r i a c i d i d i v i o l o n c e l l o e
c h ita r r a in Win te r G h o s t , ro b a c h e n e a n c h e i
Thinde r s t ic ks c o lti d a fre g o l a G i a n t S a n d .
E a n c o r a : lo s tr u g g ime n t o o ri z z o n t a l e d i S i x
F e e t U n d e r , v o c e e c o ri s u l b o rd o n e d ’a rc h i tr a p e r c u s s io n i in c a l z a n t i c h e c i s e n t i l a
SA 79
RECENSIO
t ene r a c u p e z z a dei L amb chop e i ca pr ic c i
es o t i c i d e i M orph in e.
E p o i v o r r e i dirvi la fum osa chime r a spa g h ett i w e st e r n di H and Searchin, l’enfasi
p as t o sa d i w u rlitzer e violoncello in Lie s,
i d E U S c o l c u ore in ambasce di F ire , una
Don k e y c h e s’ aggira tra morbidi ectopla smi
G u n C l u b e c artigli ossessivi F or Car nati o n . E i n f i n e , permettetem i, una non me no
che st u p e n d a Moquette capace di diluir e
m o l e c o l e Th i n White R ope e impr endibili
s i n to m a t o l o g i e crimsoniane in una sierosa
i n q u i e t u d i n e Tim B uckley.
Un d i sc o c h e è com e aggirarsi al con f ine tr a
s og n o e r i sv e g lio, tra incubo e miraggio, tr a
ci ne m a e d e se rto. C hapeau. (7.3/10)
Stefano Solventi
Sebastien Tellier – Sexuality (Record
Makers / Audioglobe, 17 marzo 2008)
Genere: synthpop francese
È ma t u r o S e b a stien, si sente, si sapeva e cosi
l o s i v o l e v a : naif e prom ettente nel de butt o , e l e g a n t e e sardonico nel divenir e . È la
s t o r i a d i u n a vita
p as sa t a a d a sc olt are , g i o c o f o rza,
p ro g ( p i ù l a Cant erb u r y d i R o b ert
Wya t t c h e i “paterni” Magma) e
i con e d i m a d ret erra ( l e g g i S erge
G a i n s b o u rg i e ri e
J ean Mi c h e l Ja rre
o g g i ) , a sso r bend o n e l ’ e sse n z a tanto che criticarlo sa r e bbe
c o m e s t i g m a t i zzare i Baustelle - giusto un
n o m e - p e r a ver ascoltato troppo Ba ttisti.
P o i c e r t o , f r e q uenti quello (gli A ir) f r e que nt i l ’ a l t r o ( M r Oizo) e l’incontro col “ Chr is t o” f r a n c e se , nella silhouette di Manue l de
Hom e m , n o n p uò che essere terreno.
Di et r o i c o m andi di S exuality c’è l’uomo
d e i D a f t P u n k e la figura di Sebastien si
d e u m a n i z z a i n corpo elettronico c ome un
J a r r e f o r m a c anzone, orbitando nel sottile
con f i n e c h e d i vide i R oyksöpp dagli Air pe r
arg o m e n t a r e u n concetto, la sensualità , qua s i s e m p r e i n d o w ntem po (Look, U ne He ure ,
l a b e l l i ssi m a Manty) e seguito da sc ic c ose
b al la d c h i l l y quali R oche, F ingers Of Ste e l
e E l l e o l e v i g a ti fraseggi soft-core, Pomme ,
che tra ansimi femminei e pass i o n a l i s y n t h
rendono pienamente l’idea. Il c a n o v a c c i o ,
insomma, ripiega in un elegan t e s u r p l a s s
c he tolte a lc une e c c e z ioni tipo la s p a c e d isc o ( tr a l’ a ltr o il pr imo singolo ) d i S e x u a l
Sportswe ar, l’ e r r e bì à la Justin Timb e r la k e
di Kilome te r e il pop – un po’ Be a c h Bo y s
ma a nc he ta nto Pla stic Be r tr a n d – d i D iv ine c onc ilia c ol pr of umo di don n a . Ch iu d e
L’ Amour Et La Viole nc e : pia no e v o c e c h e
c ommuovono, c oda c osmic a so ‘ 7 0 ’s e la
ste ssa notte a r ive stir e . Cha pe a u . ( 7 . 5 /1 0 )
Gianni Avella
Burial Hex - The Ritual of Abduction
(Second Sleep, 2008)
Knunn - Downhead Rabbit Tarots
(Second Sleep, 2008)
Ottaven – Il Futuro del Passato (Second
Sleep, 2008)
Genere: noise
Tris di uscite per la neonata S e c o n d S l e e p
tutte rigorosamente sul forma t o p i ù c o o l
della scena noise, ovvero l’ant i c a m a m a i
dimenticata cassetta. Partiamo c o n l a s t a r
d’ oltr e oc e a no Bur ial He x, alle p r e s e c o n
suoni pr ove nie nti da va r ie pe r c u s s io n i me ta llic he a c ui si a ggiungono r iv e r b e r i d istor sioni e volga r ità va r ie . Un su o n o ma r c io
c a ta str of ic o e a sf issia nte . il c la s s ic o s p a rtito alla Maurizio Bianchi si ar r i c c h i s c e d i
quel nichilismo e sporcizia che c o n t i n u a a
c ontr a ddistingue r e le pr oduz ion i d e ll’ a me ricano.
Tor nia mo in ita lia c on Knunn a k a Fr a n c e sc o Ra uc c i, gia c onosc iuto c ome Le x e s , c o n
sonor ità più tipic a me nte ha r shno is e . I n q u e sto nuovo progetto Francesco d à m a g g i o r e
e nf a si a lla c ompone nte te ne br os a e d r o n a n te ma se mpr e c olma di odio ( le g g a s i d is to rsioni a llo sta to br a do) a l c ui i n te r n o s e mbr a no a gita r si c r e a tur e da ll’ oltre to mb a . U n
nome da te ne r e d’ oc c hio. Conc lu d ia mo c o n
un ve te r a no de lla sc e na noise /po s t h a r d c o r e
ita lia na , ovve r o Giova nni Don a d in i ( Wi t h
Love ) a ka Cane dic oda c on il mo n ik e r Ot t ave n c he da se mpr e c ontr a ddistin g u e le s u e
sor tite soliste . I l f utur o de l pa s s a to lu n g o i
suoi be n 60 minuti snoc c iola il m e g lio d e lla
sua pr oduz ione : bor bottii a na lo g ic i, ta s tie re vintage, distorsioni corpose e c o r p u l e n t e ,
c on un la to B be n c a r a tte r iz z a to d a a tmo s f e -
r e p iù me d ita tiv e e d is o la z io n is te ; u n a p a lu d e d i lu g u b r i lo o p s a lie n a n te . L a c o n f e z io n e
a mo’ di bomboniera con all’interno, oltre
la c a s s e tta , u n s o r ta d i s k e tc h b o o k v e rg a to
C a ne dic o da , r a p p r e s e n ta u n v a lo r e a g g iu n to d e te r min a n te . Tu tte e tr e le u s c ite d e n o tano il carattere transnazionale di un scena,
q u e lla f r e e - n o is e , c h e s ta ma r c h ia n d o a f u o c o q u e s ta f in e d i d e c e n n io . ( 7 . 0 /1 0 )
Nicol a s Campa gnari
Sera Cahoone – Only As The Day Is Long
(Sub Pop, marzo 2008)
Genere: folk
A n n i p a s s a t i a f a r e d a s p a r r i n g p a r t n e r, a
s u o n a r e p e r, a d a c c o m p a g n a r e i n s t u d i o e
s u l p a lc o q u a lc u n o d i p iù f a mo s o o f o r tif ic a n o o s c h ia n ta n o le a mb iz io n i. Se r a Ca h o o n e , d o p o a v e r a iu ta to le s o r ti d e i C a r is s a ’s
Wie r d e d e i “ c o n s e g u e n ti” Ba nd Of Ho rses (impegnandosi dietro la batteria), dopo
a v e r g ir o v a g a to a s s ie me a I ro n & Wine e d i
Lo ng Wint e r s , d o p o a v e r d u e tta to c o n P a t r ic k P a r k e Lis a Or t h, è f in a lme n te r iu s c ita a tr o v a r e u n ’ e tic h e tta e f a r s i p r o d u r r e
u n d is c o f ir ma to d a le i e n e s s u n a ltr o ( Se r a
Ca ho o ne , il s u o p r imo la v o r o s o lis ta d a ta to
2 0 0 6 , e r a u n a u to p r o d o tto ) . Si d ir e b b e f in a lme n te , p e r c h é , u n in timo e r if le s s iv o ta le n to
s e r p e g g ia p e r tu tta la d u r a ta d i q u e s to O nly
As T he D a y I s L o ng . A tte n z io n e f o c a liz z a ta
s u v o c e e c h ita r r a a c u s tic a , ma r c h i d i f a b b r ic a d a c a n ta u tr ic e c a n o n ic a , a r r a n g ia me n ti d ’ a r c h i e a c c e n n i d i b a s s o p e r d is tin g u e r e
i contorni. Sera si muove secondo i dettami
d e l p iù r e c e n te f o lk c a n ta u to r ia le a me r ic a n o
d e i v a r i e g ià c ita ti I ro n & Wine , Ba nd Of
Ho r s e s p iu tto s to c h e M . Wa r d e C a t P o wer. Le note di chitarra, calde e corpose,
s o r r e g g o n o u n a v o c e c h e s a r e n d e r s i f le b ile e d e lic a ta a ll’ o c c o r r e n z a . I l b a g a g lio c h e
Sera si porta dietro è la sua storia stessa,
il disco suona come le sue terre: il natio
Co lo r a d o , le M o n ta g n e Ro c c io s e e tu tto c iò
che consegue a questa idealizzazione e la
s u c c e s s iv a e a ttu a le c a s a d i Se a ttle c o n f u s a
n e lla ma lin c o n ia d e l n o r d o v e s t. ( 6 . 5 /1 0 )
M ar c o Can e pari
So! – Stolen Time (Seahorse - Fridge /
Goodfellas, marzo 2008)
Genere: post-rock
Po s t- r o c k , in I ta lia , è s in o n imo d i Se a h o rs e Re c o r d in g s . L’ e tic h e tta d i Pa o lo M e s s e r e
continua infatti imperterrita il suo lavoro di
piccola vedetta del “dopo rock” nostrano,
scandagliando con cura i fondali sabbiosi
e poco illuminati dell’indie autoctono per
s c o v a r e o g n i v o lta n u o v e d e c l i n a z i o n i d i u n
genere che, almeno nel Bel Paese, sembra
n o n c o n o s c e r e c r i s i . L’ u l t i m a i n o r d i n e d i
te mp o è la p r o p o s ta d e i S o !, g i o v a n e fo rma z io n e to s c a n a c o n a l l ’a t t i v o u n s o l o EP
a u to p r o d o tto – A l l Wo r d s A n d N o F e e l i n g s
M a k e J a c k A D ull d e l 2 0 0 6 -, fe l i c e c o n nubio di esplosioni elettriche e sussurri,
g e r mo g lia r e d i d is s o n an z e e s u o n i s t ra n i a n ti, cadenze in controtempo e ragnatele di
a r p e g g i. U n a s c r ittu r a c h e i n S t o l e n Ti m e
e lu d e a g ilme n te g li s te cc a t i d i g e n e re , m u o v e n d o s i c o n c o g n iz io n e d i c a u s a t ra j a z z /
h a r d c o r e – M o m m o th ’s S t e p – e n o i s e h a rd /
p s y c h – U n d e r Th e Ki n g ’s C o n t ro l -, p ro g r e s s io n i a r io s e – Le g Go d t – e r i t m i d i s p a r i
– I H a te Ca n d ie s - e s c i o r i n a n d o u n s u o n o
c o mp a tto p e r e n n e me n te i n p ro c i n t o d i d e bordare. Ottime capacità espressive e brani
d a lla d u r a ta “ r id o tta ” - q u a s i s e m p re s o t t o
i c in q u e min u ti – f a n n o i l re s t o , d i s t ra e n d o
a b ilme n te l’ a s c o lta to r e d a i p o s s i b i l i p u n t i
d e b o li – q u a lc h e s p u n t o m u s i c a l e n o n p ro prio originalissimo – e regalando mezz’ora
d i mu s ic a s tr u me n ta le e n e rg i c a e a s s a i g o d ib ile . ( 6 . 6 /1 0 )
Fabrizio Zampighi
Someone Still Loves You Boris Yeltsin –
Pershing (Polivynil, aprile ’08)
Genere: indie pop
A 1 7 a n n i, q u a n d o p r o v i a fa r ri d e re d u e ra g a z z e , p r o b a b ilme n te n o n p u o i n e m m e n o i m ma g in a r e c h e la tu a tr o v a t a , 7 a n n i d o p o , s i a
a n c o r a in g r a d o d i f a r s o g g h i g n a re m i g l i a i a
di persone… In
f o n d o , i So me o ne still loves you
Bo r is
Ye lts in ,
s o n o c o me la lo r o
u s c ita d a d ic ia s s e tte n n i: u n n o mignolo fresco,
simpatico e allo
s te s s o te mp o a rg u to . P e r s hing ,
lo r o
seconda
o p e r a , s u c c e s s iv a a l s o rp re n d e n t e e a c c l a ma to d e b u tto Br o o m (d a t a t o 2 0 0 5 ), c o n t i SA 81
RECENSIO
n u a s u l l a s t r a da intrapresa. Non si monta
l a t e s t a , n o n tenta d’apparire ciò che non
è: si m o st r a c ome lavoro semplice, di f a c i l e l e t t u r a , m a allo stesso tempo d otato di
s pu n t i i n t e r e ss anti. Q ualcosa che s’ a sc olta
s u M T V, m a c hi, solitamente, ascolta MTV
n o n c o m p r e n d e a fondo e lim ita ad un ba tt i t o d i p i e d e e dondolio di testa. Invece, i
4 ra g a z z i d i S p ringfield, Missouri, a ggiung o n o a l t r o . S pin li ha definiti come “ nuovi
S h i n s” e d i n effetti, oltre la m elodia , a nc h e i n q u e s t o caso c’è di più. La capacità
d i c o m m i st i o n are ottim amente e po i pe r f e z i o n a r e l ’ i n t r eccio tra armonie po p facili
faci l i e u n a p iù im pegnativa scrittu r a è il
fi o re a l l ’ o c c h iello del gruppo: ciò c he ne l
corso d e l t e m p o “cresce”, m igliora , ma tura e p e r m e t t e di traslocare ad un etic he tta
a ff e r m a t a e c onsiderata come la Polivynil.
Per sh i n g d o v e va rappresentare il pa ssa ggio
d al la t a r d o a d o lescenza al principio de ll’ e tà
adu l t a , e c o sì è stato. Il cosiddetto “ song wr i t i n g ” si p e rfeziona, le strutture c a nz on e c r e s c o n o , puntualizzano. Risulta quasi
i n ev i t a b i l e p a r agonarli ai coetanei Vam pire
Wee k e n d o a g li S p oon , sino ai già nomina t i S h i n s. I r i c ordi di B room rimang ono c om un q u e v i v i : Modern m ystery è una pa le se
c o n s e c u t i o e anche i temi trattati dai testi
no n s’ a l l o n t a nano eccessivam ente da que lli
cant a t i n e l p r i mo disco (am ori condivisi, f ini t i e r i m p i a n ti). Ma è la forza delle c a nz oni c h e m i g l i o r a, sin da G lue girls si r ima ne
a t t ac c a t i a l l a chitarra di Will Knauer e alla
vo ce a r i o sa d i R obert C aldw ell senza tr oppa
fat i c a . E c o m e da adolescenti ci s’inna mor a
di u n m o t i v e t t o senza troppo im pegno, c osì
s i sc o r r e P e rshin g, con leggerezza, soff e rm a n d o s i s u l l e armonie vocali serenamente
p o p d i T h i n k I w anna die ed H eer s r isve g l i a n d o l a t a n t a, tanta nostalgia che s i pr ova
v ers o i Be a c h B oys. (6.5/10)
Mar co Canepari
Son Lux – At War With Walls & Mazes
(Anticon / Goodfellas, 3 marzo 2008)
Genere: electro songwriting
Di et r o i l n o m e Son L ux si cela un per sona gg i o m o l t o i n t e ressante, una sorta di ibr ido
m u si c a l e t r a tradizione classica, ele ttr onica e st r u t t u r e ritm iche che richiaman o l’ hip
h o p p i ù a s t r a tto. Ryan Lott, ventinovenne
n at iv o d i D e n v er (ma con trascorsi migr a -
tor i c he lo ha nno por ta to a d a ttr a v e r s a r e in
lungo e in la rgo gli Sta te s, da ll a Ca lif o r n ia
a New York, passando per il C o n n e c t i c u t )
il suo primo approccio con la m u s i c a l o h a
c ome p ia n is ta , in
una f a mig lia n e lla qua le le le z io ni di mu s ic a e r a no un “ m u s t ” . E
f or se p r o p r io p e r
que sto , u n a s o r ta
di f o r z a tu r a imposta d a i g e n ito r i, ha s u b ito a b bando n a t o l ’ i d e a
di in t r a p r e n d e r e
la carriera di concertista, ma no n q u e l l a d i
c ompositor e . La f or ma z ione c la s s ic a h a r a p pr e se nta to un punto f e r mo ne lla s u a v ita d i
music ista , a nda ndo a d a r r ic c hir e v ia v ia le
sue nuove e spe r ie nz e . Una stor ia c o me ta n te
a ltr e , c he a ff onda le r a dic i ne lla mu ltic u ltur a lità a me r ic a na , di que ll’ un iv e r s o f a tto
di ta nti mondi c he è la soc ie tà s ta tu n ite n se . Dopo va r ie e spe r ie nz e di c o mp o s iz io n e ,
qua si c ome se f osse la sinte si d i ta n ti te n ta tivi, la r a c c olta di un a lbum d i f ig u r in e
dur a ta a nni, vie ne a lla luc e il su o p r imo la vor o disc ogr a f ic o, a l te r mine d i u n a g e s ta z ione pe r lo me no tr ie nna le . A t Wa l l Wi t h
Wall And Maze s è una sor ta di c o n c e p t a lbum (con tanto di Prologo ed E p i l o g o ) c h e
sinte tiz z a a lla pe r f e z ione i tr a sco r s i d i L o tt.
Un viaggio in continua trasform a z i o n e n e l
qua le il pia nof or te è il pr ota g o n is ta in d isc usso, pur non pr e nde ndo ma i il s o p r a v vento. Le composizioni, quasi t u t t e b a s a t e
sul songwr iting, c ome se f osse r o s ta te c o n c e pite solo pe r pia no e voc e , son o a r r ic c h ite
da arrangiamenti spiazzanti, ch e a c c o s t a n o
sezioni di archi e beats abstra c t h i p h o p ,
minimal-ripetitivismo, gesto or c h e s t r a l e e
teatralità. Qualcosa, insomma, c h e s t a t r a
il dr e a m pop e le ttr onic o de l D u o A l i a s &
Tar sie r e l’ e str o di Suf j an St e v e ns e D ir t y
Proj e c t or s. Con il sigillo inc on f o n d ib ile d i
c a sa Antic on. L’ iniz ia le Bre ak b e n s in te tiz z a l’ a tmosf e r a di un a lbum tutto b a s a to s u i
toni sc ur i, gioc a to sulle sf uma tu r e , ma c h e
r isulta , a tr a tti, pa r a dossa lme nte , mo n o c o lor e . Un via ggio ma c a br o, da i tito li b r e v i e
la pida r i ( We apons, War, Raise , B e tr a y ) , t u t t i
domina ti da un’ osc ur ità c he non r i e s c e m a i
a tr o v a r e la lu c e . Pe s s imis mo c o s mic o o limiti c o mp o s itiv i? N e l d u b b io , la p ie n a s u f f ic ie n z a . ( 6 . 8 /1 0 )
Daniele Follero
Susumu Yokota - Love Or Die (Lo, gennaio
2008)
G e n e r e : IDM
C’ è u n p o ’ d i me la n c o n ic o f o r ma lis mo , d e ll a m a t u r i t à b i t t e r s w e e t e d e l l a r a ff i n a t e z z a
– a h ilu i, a h in o i - in n o c u a n e l n u o v o d is c o
d i Yo k o t a . S a r à l ’ a l b u m i d e a l e p e r q u a l c h e
p a s s a g g io in p la y lis t a d u lt c h ill ma ma te r ia u n p o ’ b o ls a a ll’ a s c o lto c a s a lin g o . Co me
d ir e , a lc u n i d if e tti d e l Sy lv ia n d i s e mp r e c h e
s ’ a v v ic e n d a n o a u n a n e w a g e mo lto c la s s y.
A mancare non è certo la generosità spesa
n e i ta n ti p ig me n ti c h e , c o n s a p ie n z a e mis u r a , f o r ma n o il p la tte r : u n g ir o to n d o a tto rno ai Novanta a
me s c o la r e
r e s idui wave, IDM,
qualche
cassa
a mb ie n t
house,
d r u m’ n ’ b a s s e e f f lu v i n o ir a p r o fusione. Semmai
è q u e l p r o f u mo
di
r is a p u te z z a
e facile decoro
contemporaneo,
l’aspetto che più impatta la seduzione di
queste trame elettro-strumentali. Amore o
mo r te , d ic e Yo k o ta ma è il d iff ic ile a d a tta me n to q u o tid ia n o q u e llo d i c u i p a r la . Pic c o li mo ti n ip p o n ic i d e ll’ a n imo c h e a lle v o lte
s i r is o lv o n o in u n a b e lle z z a a p e r d e r e ( T h e
Sc r e a m o f a Sa g e . . . ) e a ltr e tta n te r e g a la n o
qualcosa di non completamente appagante
( T h e D e s tin y o f th e L ittle Bir d ) . ( 5 . 5 /1 0 )
Edo ardo Bri dda
Suzy Mangion – The Other Side Of The
Mountain (Pickled Egg Records, 28
gennaio 2008)
Genere: dream folk
Q u e llo d i Su z y M a n g io n è u n a u s te r o e g a rb a to u mo r e d i Br ita n n ia . L’ a ltr o la to d e lla montagna che nasconde una vallata fatta
d i o rg a n i g o tic i, c a n ti e c c le s ia li, r o ma n z e
gentili, doppie voci. Suzy mette in musica
le inquietudini delle piccole donne della
c a mp a g n a a n g lo s a s s o n e , i m i n i m i s q u a rc i d i
paesaggio che valgono un universo intero.
A cantare questo
piccolo
mondo
antico l’ex (?)
p e rfo rm e r d e i m i sconosciuti
ma
e ffi c a c i G e o r g e .
In q u e s t a m u s i c a c ’è c e rt a m e n t e
q u a l c o s a d e l fo l k
b ri t a n n i c o
dei
Sessanta, ma non
si preclude una
dose di repertorio classico e da camera, così
c o me u n ’ o mb r a le g g e r a m a m a rc a t a d e g l i a c q u a r e lli e te r e i f ir ma ti H u g o L a r g o e Yo u n g
M a r ble Gia nt s , e u n n e p p u r e t a n t o o p a c o
gusto per l’armonia vocale ricercata (che
s ia s u lla s c ia d i Eny a o L i z Fr a z e r ). Q u e s t o
e s o r d io s o lis ta c o n v in c e , p e rc h é d i c h i a ra t a mente anti-rock, anti-hype, anti-fenomeno
d a c u lto s o tte r r a n e o , a n t i -fre t t a d a d o w n load. Deliziosamente rétro, inattuale, fuori
moda, fuori tempo. Insomma una faccenda
q u a s i e s c lu s iv a p e r i p o c h i c h e ri u s c i ra n n o a
c o n c e d e rg li q u e l min im o d i t e m p o c h e v i e n e
r ic h ie s to d a lle p r o p o s te m e n o o v v i e . G l i h i g h lig h t, p u r in u n a r a c co l t a o m o g e n e a e b e n
studiata come questa, si segnalano subito
a lle o r e c c h ie : O h io Th e H o m e l a n d c o n q u e l
r itmo d a ma r c e tta p a e s a n a v a l c e rt a m e n t e u n
p o s to in u n a r ie d iz io n e d i Th e Wi c k e r M a n ;
E v e n in g s A t H o m e c h e è u n s e m p l i c i s s i m o
e b r illa n te d is tilla to f o l k c o n c o re t t o ; Ma n y
H a p p y R e tu r n s c h e s e m b ra p re s a d a l p e ri o d o d i me z z o d e i C o c t ea u Tw i n s ; g l i u m o ri da osteria mitteleuropea che trasudano
d a Co m e I n B y S te a lth e a n c o ra l a ro m a n z a c a n ta ta in ita lia n o d i Il Mo n d o E’ Q u i e
l’ in c u b o e le ttr o s imil Pi a n o M a g i c d i T h e
M a rc h P a s t. Su z y p r o b a b i l m e n t e è s o l t a n to l’ u ltima s a d n e s s q u e e n c h e a r r i v a s u g l i
s c a ff a l i d e i d i s c h i ( o p e g g i o a n c o r a , c o m e
mp3 nei vostri hard disc), ma c’è qualcosa
n e lla s u a p o s tu r a c la s s i c a e i n t i m i d i t a c h e
la s e g n a n e tta me n te r is p e t t o a l l e a l t re . P re n detela pure come un equivalente musicale
di Emily Dickinson o delle sorelle Bronte.
In pratica quello che ha cercato di essere
P J Ha r v e y n e l s u o u lti m o d i s c o , ri u s c e n d o ci solo in parte. Suzy Mangion, appunto, ci
r ie s c e in p ie n o . ( 7 . 2 /1 0 )
Antonello Comunale
SA 83
RECENSIO
Tapes ‘n Tapes – Walk It Off (XL / Self, 11
aprile 2008)
The Autumn Defense – S/t (Broken
Horse, 25 febbraio 2008)
Genere: indie rock
E m e r s o u n p a io d’anni fa dalla selva dei
b l o g d ’ o l t r e o c eano (la stessa che ha pa r tori t o i Cl a p Yo ur H ands S ay Yeah, pe r c a p i rc i ) , T h e L oon era stato un piccolo caso
i nd i e , p i ù c h e sufficiente per dare una be lla
s p i n t a a l l a c a r riera dei suoi creatori. I Ta pe s
‘ n Ta p e s n o n hanno certo perso quel treno,
an zi h a n n o sa puto afferrare al volo o gni oc cas i o n e p r o p i z ia per ritrovarsi, infin e , c hius i n e i l e g g e n d ari
Tarb o x S t u d i o s di
D a v e F r i d m a nn .
C o n l a su a inequ i v o c a b i l e mis t u r a d i P i x ies
e P a v e m e n t , la
pro p o st a d e i ragazz i d i Mi n n eap o l i s i n t r a t t e n eva
m a n o n b r i llava p e r o r i g i n alit à; a d e sso n o n si
e m a n c i p a a n c ora del tutto, ma guadagna in
cara t t e r e , i m p a tto e sostanza. C he non è a f f a t t o m a l e , s e ci si ritrova un anthem indie
rock c o n t u t t i i crismi com e Le R use , o la
s o l e n n i t à l u m inescente à la F laming Lips
d i C o n q u e st ; e se le stratificazioni e la c ur a
d ei d e t t a g l i r i mandano direttam ente a l la voro c h e l ’ i l l u st r e producer ha svolto pr opr io
con Wa y n e Co y ne e i suoi, qua e là eme rgono
s en t o r i d i M o dest Mou se, R .E .M., Ra diohe a d , B l a c k K e ys, Sunset Rubdown, perfino
Ech o & Th e Bun n ymen - insospetta bili pa d ri n i d i d e c i n e di band am ericane. Il punto
p e r ò n o n è q u anti – e quanto importanti –
s i an o i r e f e r e nti di questo Walk It Off ; ciò
che r e a l m e n t e conta è che, nell’insie me , si
ri v e l i u n a p i ù che solida raccolta di c a nz on i , c h e m e t t e i n luce una band nettame nte in
c r e s c i t a e s e m pre più consapevole (vedi le
d i n a m i c h e d e i brani, agili e sciolte; i tanti
cam b i d i t o n o e di umore; le inaspe tta te r is o r s e d i s p i e g a te). Più lo si ascolta, più si
h a l’ i m p r e ssi o ne che Walk It O ff sia uno di
q u ei d i sc h i - b a n diera che ogni tanto sbuc a no
fu o r i p e r r i c o r darci che l’indie rock è vivo e
v ege t o , e - c a spita - se la passa benissimo.
(7 . 3 / 1 0 )
Genere: folk, pop
Con più di un anno di ritardo a r r i v a a n c h e
dalle nostre parti il terzo albu m d e l s i d e
pr oje c t di John St ir r at t e Pa t Sa ns o ne ,
ma ggior me nte noti pe r il lor o la v o r o n e i g lo r iosi Wilc o. Se non a ve te ma i sen tito g li A u tumn De f e nse , toglie te vi subito d a lla me n te
il gr uppo di pr ove nie nz a : è ve r o c h e la b a s e
di pa r te nz a è se mpr e il f olk, ma le u rg e n z e
e i tormenti tutt’altro che addo m e s t i c a t i d i
Je ff Twe e dy non potr e bbe r o e s s e r e p iù d ista nti. Spe c ie se si pr e nde in e s a me q u e s to
lavoro omonimo, così soft e ac c u r a t a m e n t e
c e se lla to in a r r a ngia me nti e a tmo s f e r e d a r ic or da r e molto da vic ino c e r to e as y lis te n in g
c a lif or nia no a nni ’ 70, Jam e s Ta y lo r in p r imis. Fr a or c he str a z ioni a lla Ro b e r t K ir b y /
Nic k Dr a ke ( Cany on Arrow, a t r a t t i q u a s i
un pe z z o NAM) , ba r oc c hismi M a r v in Ga y e
( Fe e l You Now) e se ntor i e qua m e n te d iv is i
tr a Be at le s e CSN, è tutto un br a c c io d i f e r r o
fra ruggine e miele, fra pop acus t i c o e s o u l ,
f r a c la sse e ma nie r a , c on qua lc h e lu n g a g g ine di tr oppo c he , a lla f ine , a ppes a n tis c e u n
disco altrimenti lievissimo nell’ e s s e n z a ; n e l
c omple sso un a sc olto qua si didas c a lic o , ma
non per questo poco godibile. N o n d i m e n o ,
i f a n di Sky Blue Sky godranno s e n z ’ a l t r o
ne l r itr ova r e l’ e c c e lle nte Ne ls C line a f a r
libr a r e la sua c hita r r a in un pa io d i o c c a s io ni. ( 6.7/10)
Antonio Puglia
Antonio Puglia
The Drift – Memory Drawings
(Temporary Residence / Goodfellas, 8
aprile 2008)
Genere: post-rock
Post- r oc k nosta lgia . Ja z z - r oc k e d u b , M ile s
Da vis e Le e “ Sc r a tc h” Pe r r y. I c a lif o r n ia ni The Dr if t or c he str a no un dis c o , M e m o r y
Drawings, c he r ic hia ma il de butto N o ume na
e c on e sso tutta una se r ie di r ic o r d i p ia c e voli. La ba nd de ll’ e x- Ta r e nte l D a n n y G r o dy me tte in sc e na suite e c he ggian ti l’ e p ic ità
de i Godspe e d You! Bla c k Empe ro r ( I f Wis h e s We re Lik e Horse s, l’ e moz io n a le L a n d s
End) e lontane memorie Tortois e p r e - Wa r p
( Floating Truth, Golde n San d s ) r i f i n i t e
da lla tr omba di un Je ff Ja c obs c h e f a mo lto
Ame r ic a na . La te nde nz a è que lla d i la s c ia r s i
a nda r e a lunghe impr ovvisa z ion i d i s ta mp o
jazzistico, ma I
N o s tr i
rendono
a n c h e n e lla b r e ve durata con la
d e lic a ta I H a d A
Lis t A n d I Lo s t I t
c h e s e g u e il q u id
afro di Uncanny
Va lle y . Te mp o f a
per un disco del
genere si sarebbero spese fiumane di parole, ma oggi, a
te r z o mille n n io in c o r s o , le o r e c c h ie d i mo lti s o n o r iv o lte a ltr o v e . D e tto c iò , il la v o r o è
d i q u e lli r a ff in a ti. ( 7 . 0 /1 0 )
Gianni Avella
The Ruby Suns - Sea Lion (Sub Pop, 2008)
Genere: folk rock
U n b e l g ir o to n d o in to r n o a l M o n d o . E ’ g a r a n tito c o n i Ru b y Su n s . Q u e s ti “ s o li c o lo r
rubino” hanno origine nella lontana Nuova
Zelanda. Ad Auckland, più precisamente.
So n o a ttiv i s in d a l 2 0 0 4 e , a d ir e il v e r o ,
g r a v ita n o in to r n o a lla p e r s o n a lità d i mu s ic is ta c r e a tiv o d i Ry a n M c Ph u n . N o n a c a s o ,
a g li e s o r d i, s i e s ib iv a n o q u a li Ry a n M c Phun & The Ruby Suns. Coadiuvato qui da
A m e e R o b i n s o n e I m o g e n Ta y l o r, Ry a n e i l
s u o f id o d ic ta p h o n e ( n ie n t’ a ltr o c h e u n ta p e
recorder portatile) hanno svolto il lavoro
c r a s s o p e r la d e c in a d i c a n z o n i in s c a le tta . A f r ic a , Ta ila n d ia , N u o v a Z e la n d a . Ta n e
M a h u ta è u n q u a d r e tto c a n ta to in mā o r i,
c o m e s e f o s s e e s e g u i t o d a g l i I r o n A n d Wi n e ,
A d v e n tu re To u r è is p ir a ta a d u n a e s c u r s io n e
n e l So u th I s la n d ( N Z ) , Ke n y a D ig I t? in d o v in a te u n p o ’ v o i a c o s a s i r if à ( n o n o s ta n te
l’ in te r me z z o b a r o c c o ) . L a s tr u ttu r a è s e mp r e u n r o c k , f o lk y e b a s s o - c h ita r r a - b a tte r ia
b a s ila r me n te , c u i l’ e le ttr o n ic a d à ma n f o r te .
Etnico e sussurratamente psichedelico, il
d is c o è o r ig in a le . E s e Ta n e M a h u ta è in te r a m e n t e d e d i c a t a a l l a f o r e s t a Wa i p o u a , n e i
p r e s s i d i A u c k la n d , O le R in k a c e le b r a in v e c e u n g io v a n e M a s a i, in c o n tr a to d a M c Ph u n
n e l s u o p e lle g r in a g g io s in o a l M a a s a i M a r a
N a tio n a l Re s e r v e . D is c o d i mo d e r n a “ e x o tic
mu s ic ” , mu s ic a c h e p a r te d a lla f a s c in a z io n e
d i c u ltu r e lo n ta n e p e r r a p p r e n d e r n e il s u c c o
in u n p e c u lia r e s tile c a n ta u to r a le ( b e a tle s ia n o in R e m e m b e r ) , S e a Lio n e c c e lle n e lle
a r mo n iz z a z io n i s tr a v a g a n ti. M e r ito d e l ta -
l e n t o e t n o - m u s i c o g r a f i c o d i Ry a n M c P h u n .
( 7 . 0 /1 0 )
Ma s simo Padalino
Three Second Kiss – Long Distance
(AfricanTape / 5ive Roses, aprile 2008)
Genere: three second rock
I T h r e e S e c o n d K i s s so n o i n u o v i S h e l l a c .
Constatazione ovvia, e non soltanto alla
lu c e d e ll’ u ltima , s c ia lb a p ro v a d e i t re a m e ricani. È l’ormai comprovata maturazione
a f a r e d e l tr io b o lo g n es e u n i rri n u n c i a b i l e
p u n to d i r if e r ime n to p er c h i u n q u e s i a v v e n turi in un certo tipo di sonorità.
Q u e llo d e i T SK è , in f a t t i , u n p e rs o n a l e d i scorso di ricerca che – sebbene sviluppato
all’interno di un genere stra-abusato da anni
d i b a n a le imita z io n e – ri s u l t a t a n t o c e n t e l linato nelle sporadiche e meditate uscite,
q u a n to c u r a to e d a tte n t o a i m i n i m i d e t t a g l i .
E L o ng D is ta nc e , a lb u m c h e t i e n e a b a t t e s i mo la A f r ic a n Ta p e , n u o v a e t i c h e t t a d i J u l i e n
Fe r n a n d e z ( Ch e v r e u il, 5 i v e R o s e s ), n e ra p p r e s e n ta lo z e n ith c r e a t i v o .
Un sound riconoscibilissimo, quello dei
T SK . Tr o p p o a s s e r ir à q u a l c u n o , v e d e n d o i n
q u e lla o mo g e n e ità o d o r d i s t a n t i o o e c c e s siva dipendenza
d a i m a i ri n n e g a t i
m o d e l l i d i ri fe ri mento. Mai abbas t a n z a , s u g g e ri rà c h i s c ri v e , s e
q u e l l a fe d e l t à a d
u n s u o n o fa t t o si dogma, viene
esposta in maniera t a n t o l u c i d a e
condensata in una
mezzora di nevrosi chitarra-basso-batteria
d a u r lo , c o me a v v e n u to d i ra d o u l t i m a m e n te . A n g o la r e e s p ig o lo so , a s u s u a l , n e i s u o n i
d e lla c h ita r r a . E s s e n z i a l e n e l s u o ri d u z i o nismo strutturale che poi riduzionismo non
è . F r e n e t i c o e f r a t t u r at o n e i r i t m i s p e z z a t i
e a p p a r e n te me n te mo n c h i . N e rv o s o , a l l i mite d e ll’ is te r ia n e l s u o p ro c e d e re a s c a t ti. D e n s o , c o r p o s o , “ g r as s o ” e p p u re i n s i e m e
tagliente e acuminato.
È tu tto q u i il n u o v o al b u m d i u n t ri o o rmai classico. Un ingranaggio rodatissimo,
al quale il buon esordio dietro i tamburi di
Sa s h a Tilo tta , d e g n o f i g l i o d i c o t a n t i g e n i SA 85
RECENSIO
t o ri , a g g i u n g e un pizzico di fantasia ne l mod el la r e u n a b a t teria mobile e marziale , se c c a
e i rr u e n t a . È t u tto qui, come se foss e f a c ile
e/ o sc o n t a t o portare avanti un discor so de l
g e n e r e ( l a p a r ola coerenza dice qualcosa?)
d a b e n t r e l u s t ri e non mostrare affat to segni
d i c e d i m e n t o , minimi passi falsi o in c ide nti
d i p e r c o r s o . Come può succedere anche ai
m ae st r i , v e r o mr. A lbini? (7.5/10)
S t e f a n o P i ff e r i
Tindersticks - The Hungry Saw (Beggars
Banquet / Self, 2 maggio 2008)
G e n e r e : s o n g w r i t i n g , c h a mb e r p o p
Ci nq u e a n n i sono tanti (il periodo tr a sc or so
d al l’ u l t i m o Waiting F or T he Moon ) pe r una
b and i n st a n d by, ma non per i rediv ivi Tind ers t i c k s, a n c o ra nei pensieri dei tre a r te f ici S t a p l e s, F r azer e B oulter, reduci da i lor o
p ro g e t t i so l i sti. H anno allargato il nuc le o
d el g r u p p o ( c o n loro ci sono T homa s Be lh o m a l l a b a t t eria e Dan McKinna al basso)
i n a u g u r a n d o nel frattempo anche un nuovo
s t u d i o d i r e g i s trazione in Francia.
Th e H u n g ry S aw è album intim o e soff uso,
p i ù i n si n t o n i a con l’ultim o Stuart Sta ple s
s ol i st a ( L e a v i ng Son gs, 2006), stra c olmo
d i d o l e n z e e l anguori. Musicalment e siamo
v i cin i a l l a c h anson m alinconica alla Ga ins bo u rg , c o n l e consuete dosi C ohen, un c r oo n i n g s t r u g g e nte ricolmo d’archi che si fa
i p er l i r i c o n e l singolo The F licker Of A Litt l e G i rl , r o m a n tico in F eel T he Sun con il
s uo i n c e d e r e v a lzerato, soul L ambcho p ne llo
s t ru m e n t a l e E Type, corale nella title trac k .
C o n i l c o n s u e t o piano intrecciato agli archi,
p e r u n c h a m b er pop che in alcuni momenti
ri s u l t a l e z i o so (A ll T he L ove) correndo il r is ch i o d e l m a n ierism o. P iù Staples che Tind ers t i c k s, T h e H un gry Saw fa intendere il
p es o d e l N o st ro all’interno del grup po, non
a g g i u n g e n d o molto alla storia già scritta del
g ru p p o . (6 . 7 / 1 0)
Teresa Greco
Vandermark 5 – Beat Reader (Atavistic,
2008)
Genere: post-modern jazz
G i u n t o a l l a s ua decima prova in studio, il
q u i n t e t t o d e l sassofonista e clarinettista
c h i c a g o a n o K en Vandermark può vantare
u n a c o s t a n z a e un’inventiva che non fanno
se ntir e gli a nni c he pa ssa no. E n tr a to n e lla
se c onda de c a de di vita e a r r ic c h ito s i, d a d u e
a nni a que sta pa r te ( la r e gistr a z i o n e è in f a tti
da ta ta 19 e 20 dic e mbr e 2006) , c o n la f ig u r a de ll’ e str oso violonc e llista “ h e n d r ix ia n o ”
Fred Lonberg-Holm, l’ensembl e p r o s e g u e ,
in pe r f e tta c ontinuità c on il suo r e c e n te p a s sa to, il c a mmino ve r so il c onsolid a me n to d e l
suo stile jazzistico “post-mode r n o ” . S e l a
de f iniz ione non pia c e , lo si c on s id e r i p u r e
eclettico, inclusivo, caleidoscop i c o . R e s t a i l
f a tto c he il quinte tto r ie sc e , in ma n ie r a tr a sve r sa le , a d e la bor a r e una pr od u z io n e mu sic a le c he via ggia a ttr a ve r so il
jazz più classico,
l’avant rock, il
f r e e , e il “ Puntillismo”
a va ngua r dista non già
c ome un se mplice accostamento,
ma c ome uno stile be llo e c onsolida to.
La scrittura di
Va nde r ma r k, c osì c ome il f e e lin g imp r o v v isa tivo di tutti e c inque i music is ti, è q u a n to
di meglio ci si possa aspettare d a l j a z z d e l
nuovo millennio. Un jazz orma i m a t u r o a l
punto da riflettere su se stesso e s u l l a s u a
stor ia e di f a r e il ve r so sia a d Orne t t e C o le m an, sia a l ja z z c or e , a d Am id Dr a ke e a lle
spe r ime nta z ioni de ll’ AACM , tr ac c ia n d o u n a
line a di c ontinuità c on la tr a diz i o n e mu s ic a le di Chic a go, le ga ta indissolub ilme n te a lla
ne w thing più di qualsiasi altra c i t t à d e g l i
Sta te s. Be at Re ade r è c ostr uito s u o tto c o mposizioni, ognuna delle quali d e d i c a t a a d
un a r tista ( da l c ompositor e Gyo r g y Lig e t i,
a l ba tte r ista M ax Roac h, fino a l f o t o g r a f o
Walke r Evans) . A c ondur r e i gio c h i, in u tile dir lo, c ’ è Va nde r ma r k, a ff ia n c a to a l s a x
da ll’ ottimo Da ve Re mpis, pe r f e t to n e l r u o lo
di spa lla , di “ gr e ga r io” , a c ontr a p p u n ta r e ,
a lte r na ndo sa x te nor e e c ontr a lto , le s f u r ia te
del leader. Che ormai non rapp r e s e n t a p i ù
una novità : il suo f r a se ggio è c h ia r o , v irtuoso, inc onf ondibilme nte ja z z is tic o . Q u a lità che contrastano piacevolm e n t e c o n l e
a r dite z z e timbr ic he de l violonc ello d is to r to
di Lonbe rg- Holm, a dir poc o f an ta s io s o n e l
“ pr e pa r a r e ” lo str ume nto c on l’ u s o d i e ff e t-
ti elettronici, pedaliere e, addirittura di un
wah-wah, infondendo alle improvvisazioni
u n c a r a tte r e n o is e b e n s u p p o r ta to d a u n a s e z io n e r itmic a mo lto p iù v ic in a a l p o s t- r o c k
c h e a l c a r a tte r is tic o s w in g ja z z is tic o .
Co m p a s s S h a tte r s M a g n e t, c o n la s u a a lternanza di momenti funkeggianti a zone
o s c u r e d i imp r o v v is a z io n e n o is e , l’ in iz ia le F r ic tio n , i r iff q u a s i me ta l d i D e s ire le s s ,
esemplificano al meglio questo approccio
“ e n c ic lo p e d ic o ” d e l q u in te tto c h e , a d is ta n z a d i ta n to te mp o n o n h a a n c o r a p e r s o n e a n che una briciola della cretività degli esordi.
(7 . 5 /1 0 )
Daniele Follero
Von Bondies – We Are Kamikazes EP
(Break Through, 4 marzo 2008)
Genere: wave-pop
Be llo a v e r e d e i p ig ma lio n i, n e lla v ita . Co n
una spintarella o un consiglio, ti possono
f a c ilita r e n o n p o c o le c o s e , s p e c ia lme n te in
u n c o n te s to in ta s a to e p r o s s imo a l c o lla s s o
c o me il “ mu s ic b u s in e s s ” . Se r v ì a i Vo n Bo n d ie s l’ a p p a r ir e n e lla r a c c o lta S y m p a t h e t i c
S o u n d s O f D e tro it p a tr o c in a ta d a J a c k W hit e , g ia c c h é s i tr a tta v a d i v e tr in a d ’ e c c e z io n e
p e r i p a r te c ip a n ti e p e r u n a c ittà c h e n o n h a
ma i s me s s o d i r e s p ir a r e g li a c r i v a p o r i d e llo
s tr e e t p u n k , d e l g a r a g e r o c k e d e ll’ h a r d p iù
in c o mp r o mis s o r i e in s ie me d o ta ti d ’ in v e n tiv a . Ch e s f u g g e p e r lo p iù g li s te r e o tip i e s i
lega a doppio filo alle proprie radici nere.
E p p u r e , s u q u e s to q u a r te tto d i b e lla p r e senza in giro da ormai otto anni ha pesato
un’attitudine al “giusto mezzo”, che li ha
c o n f in a ti n e l r u o lo d i r in c a lz i lig i a l d o v e r e
ma lo n ta n i d a ll’ ir o n ic a f r e s c h e z z a d e i W hit e St r ipe s o d a lla mu s c o la r e s a g a c ia d e l v e te r a n o M ic k C o llins . A ff a tto d is p r e z z a b ili,
d is c h i c o me La c k O f Co m m u n ic a tio n e P a wn
S h o p p e H e a r t - q u e s t’ u ltimo e d ito d a lla Sir e
e p r o d o tto d a J e r r y Ha r r is o n! - s i p o s iz io navano con devozione nel filone stilistico
d i r if e r ime n to , d a l q u a le o ff r iv a n o q u a lc h e
b u o n a c a n z o n e s e n z a e m e rg e r e s u l l a m a s s a ,
e s a i c h e n o v ità . Ch is s à s e a ll’ e v id e n z a d i
cui sopra risponde questo e.p., trasferta su
la titu d in i p iù “ à la p a g e ” f r e q u e n ta te d a I nt e r po l e Blo c P a r t y ( p u r s e n z a l’ a mp io b u d g e t p r o d u ttiv o ) , d a lle q u a li s i d e v ia v e r s o
u n b e a t tin to d i p o p c h e p iù b r itis h n o n s i
p o tr e b b e . A rg o me n ti d iv e r s i d a l s o lito , n o n -
d ime n o la c a llig r a f ia è i n t a t t a : u n a m e d i o cre prova del nove che li tradisce qui più del
s o lito . G io v a n i e c a r in i , i Vo n B o n d i e s , m a
s e f o s s e r o r e s ta ti a n c h e d i s o c c u p a t i n e s s u n o
a v r e b b e a v u to a c h e r id i re . (5 . 5 / 1 0 )
Giancarlo Turra
Was (Not Was) – Boo! (Rykodisc, aprile 2008)
Genere: funk-pop
I Was (Not Was) di David Weiss e Don
Fagenson, noti come David Was e Don Was,
non pubblicavano un album dal 1990. Si trattava di Are You Ok?, lavoro disprezzato da
David, che lo trovava troppo commerciale,
al punto di rifiutare di partecipare alle registrazioni. Nel 1992 fu invece Don Was ad abbandonare le sessions di Boo!, ritenendo che
le canzoni fossero solo una stanca rilettura
di cose già fatte con successo dal gruppo.
Dopo 18 anni Boo! viene finalmente pubblicato, senza che nelle note e nei comunicati
stampa venga chiarito quanto risalga alle antiche registrazioni e quanto invece sia frutto
di sessioni successive alla reunion (il gruppo è attualmente in tour). È triste constatare
che non fa alcuna differenza, e che, soprattutto, Don Was non sarebbe dovuto tornare
sui suoi passi. Il disco non solo suona molto
datato, ma è anche quasi completamente privo di guizzi che lo rendano interessante o divertente. La forza dei Was (Not Was) è sempre stata la pazzia. Qualche esempio? Nella
prima formazione, malgrado si puntasse decisamente alla musica dance-funk, il basso
era affidato a Wayne Kramer degli MC5.
Hanno inciso Shake Your Head due volte,
invitando come ospite prima Ozzy Osbourne e poi Kim Basinger. Hanno proposto a
Richard Nixon di suonare in un loro brano.
Persino nel raggiungere il successo, con la
spudorata Walk The Dinosaur, ostentavano
la consapevolezza di chi prepara lo zucchero
filato perché non deve più dimostrare a nessuno di essere un grande chef. Invece Boo!
è tristemente senza fantasia. Certamente le
voci di Sweet Pea Atkinson e Sir Harry Bower sono sempre calde e convinte, e il funk
“generico” che le sostiene nella maggior parte delle tracce è un sottofondo piacevole. Il
sound è perfetto, grazie anche all’apporto
di giganti come Booker T. Jones all’organo
e Marcus Miller al basso, ma tanta correttezza formale aumenta solo l’impressione di
SA 87
RECENSIO
trovarsi davanti a un lavoro senza cuore. Si
lasciano ricordare Semi Intersting Week, Big
Black Hole, con il fantastico lavoro di sax e
batteria, e Mr Alice Doesn’t Live Here Anymore, che porta anche la firma di Bob Dylan
(forse risale ai tempi della sua collaborazione con Don Was, produttore di Under The
Red Sky nel 1990). A fare da contrappeso ci
sono però l’imbarazzante From The Head To
The Heart, che ci riporta al triste tempo in
cui Babyface pareva essere il nuovo guru
del Soul, il goffo tentativo di sperimentare
nuovi suoni in Needletooth, fino alla confusa
chiusura con lo spoken word di Green Pills
In The Dresser, affidato alla voce di Kris
Kristofferson. Viene spontaneo paragonare
questo disco a un altro ritorno simile, Two
Against Nature, l’album col quale gli Steely
Dan nel 2000 si facevano sentire dopo 20
anni. Fagen e Becker hanno dimostrato di
avere ancora qualcosa da dire, offrendo canzoni solide, un intelligente uso dei session
men, e perfino la capacità di provare nuove
strade (ricordate Negative Girl?). I Was (Not
Was) si accontentano invece di provare a
sembrare sempre gli stessi. Non ci riescono,
naturalmente. Sarebbe impossibile, sarebbe
un tradimento alla loro stessa natura, che ha
sempre messo in primo piano il gusto di sorprendere se stessi e il pubblico. (4.2/10)
Pa o lo Ba s s otti
White Denim – Workout Holiday (RCRD
LBL, marzo 2008)
Genere: garage rock
Ampiamente incensati da Rolling Stone come
uno dei gruppi da tener d’occhio per il futuro
(che non è sempre un bene per neonate formazioni: il successivo “montarsi la testa” è
quasi automatico), i White Denim vengono
dalla prolifica Austin, fucina a ruota libera
di nuove band. In vita da poco più di due
anni e nati dalle ceneri dei Parque Touch
(nei quali suonavano James Petralli e Joshue
Block, rispettivamente voce, chitarra e batteria; mentre Steve Terebecki era bassista dei
Peach Train), grazie ad un unico ep (Let’s
talk about it, diffuso attraverso iTunes) e al
successivo disco, Workout Holiday (inizialmente autoprodotto), son riusciti a mettere
in fila uno stuolo d’appassionati nel mondo
studentesco e giovanile americano in generale. Il successo prodotto da un incessante
passaparola e le continue resse ai loro numerosi concerti, hanno inevitabilmente destato
l’interesse di qualche manager, tanto che la
RCRD LBL (etichetta molto anticonvenzionale, che è più blog che casa discografica) ha
deciso, già in questo debutto di 2008, di metterli sotto contratto e stampare il loro disco
d’esordio. Il risultato è davvero interessante
per una formazione così giovane. La rabbia
e allo stesso tempo la freschezza che caratterizzano questo trio, possono muoverli per
parecchi anni a venire. Sembrano liberi, indipendenti, hanno voglia e capacità di provare.
Sanno distrarsi dal garage, loro ambiente naturale per accogliere a braccia aperte blues,
noise e psichedelia. Cresciuti accompagnati
dai dischi di Iggy Pop nonché di “santità”
Jimi Hendrix e la sua loquace chitarra, hanno però verso i Minutemen e la loro attitudine cruda, diretta, senza cornici una vera e
propria adorazione, tanto da rifarsi chiaramente al loro suono: commistione tra punk,
folk, funk e addirittura jazz. I paragoni con
Kings of Leon o, più altisonanti, con White Stripes, sono e
saranno inevitabili, ma una delle
più invidiabili caratteristiche della band è il saper
personalizzare e
personalizzarsi,
aggiungere
particolari determinanti. Il suono
deciso, delineato
e non raffazzonato o cianfrusaglistico che
scuote la maggiorparte dei gruppi garage, è
prova di un lavoro impegnativo alle spalle,
di una volontà d’insieme, d’apparire davvero
gruppo fatto e finito. Se non s’adageranno
sui complimenti ardenti, non dovremo costringerci a comprare Rolling Stone per leggere di loro. (7.0/10)
Mar co Canepari
White Williams – Smoke (Domino / Self,
24 aprile 2008)
Genere: electro-pop, gl am
Già c e le br a to da ll’ a ltr a pa r te d e ll’ o c e a n o ,
il de butto di Joe “ W hite ” Willia ms , v e n titreenne artigiano/sabotatore d i s u o n i d a
Cincinnati (ultimamente avvist a t o i n s i e m e
a l d e g n o c o mp a r e D a n D e a c o n) , è u n d ischetto facile facile che in realtà nasconde
u n g r a n d e me r ito : q u e llo d i s b a tte r e in f a c c ia a l p r e s e n te tu tta u n a tr a d iz io n e ( a lme n o
tr e n te n n a le ) d i e le c tr o - p o p p e r ic o lo s a me n te
g la mmy - o , s e p r e f e r ite , o b liq u o , s e c o n d o
la mig lio r e s c u o la Eno - , r iu s c e n d o n e l te n tativo di smascherarla e rivelarla nella sua
– f r iv o la e p p u r p r o f o n d a – a ttu a lità . Pu b blicato solo adesso in Europa da Domino
( la la b e l o r ig in a r ia è la Tig e r be a t 6 , il c h e
è tu tto u n p r o g r a mma ) , Smo k e me tte in lu c e
l’ a b ilità , a p p a r e n te me n te in n a ta , c h e il s u o
a u to r e d imo s tr a n e l me tte r e a s s ie me me lo die appiccicosissime ed intingerle in una
p a s te lla e le ttr o a c u s tic a d i s tr a mb e r ie a n a lo g ic h e e d ig ita li, a ttin te d ir e tta me n te d a lle a v a n g u a r d ie p o p d e lla s e c o n d a me tà ’ 7 0 .
Cita z io n is ta p r ima c h e a ma n u e n s e , Willia ms
p r e n d e d e i s a n i r itmi mo to r ik ( Ne w Vio le n c e , R o u te To P a lm ) , Ta k ing Tig e r M o unta in
By Str a te g y ( Th e S h a d o w) , i l s e m p i t e r n o
M a r c Bo la n ( I n Th e Clu b ) , M e ta l M a c hine
M us ic ( Lic e I n Th e R a in b o w) , i l B o w i e d e i
m o s tr i s p a v e n to s i (S m o k e ) , g li Spa r ks p o s tM o r o d e r ( H e a d lin e s ) , M y L if e I n T he Bus h
O f G ho s ts ( G o in g D o wn ) , u n p iz z ic o d i N e w
O r d e r ( Vio la to r ) e in f ila il tu tto in d ie c i c a n z o n c in e c o lte , b iz z a r r e e ir r e s is tib ili, b u o n e
p e r i d a n c e f lo o r p iù c o o l, a n c o r p iù p e r il
g ir a d is c h i d e l s a lo tto d i c a s a . L’ a r t p o p r ip a r te d a q u i. ( 7 . 3 /1 0 )
A le f è il c a o s p r imig en i o d a c u i t u t t o o ri g in a : in mu s ic a , p u r a c l a u s t ro fo b i a m e t a l l i c a Z ’ e v e n e b u l o s a d a rk - a m b i e n t A m b a r c h i .
B e t lo s la n c io v ita le d e l l e p ri m e c re a t u re c h e
p r e n d o n o f o r ma : le p e r c u s s i o n i d e l l ’a m e ri cano simulano la duplicazione per meiosi
d i c e llu le s c a r s a me n te d i ffe re n z i a t e , l a fo l a t a d i d ro n e n o i s y g e n e ra t o d a l l a
c h i t a rra d e l l ’a u s t ra l i a n o i l s o ffi o
divino che anima
i c o rp i . Lo s p i ri t o
c h e i n fo rm a e c h e
trasforma, come
già anticipato dal
titolo dell’album.
Gimel il ciclico
ritorno al nulla
o r ig in a r io , s ta s i s o n o r a c e rc a t a e d o t t e n u ta c o n c a mp a n e tu b o lari , p i a t t i e p ro fo n d o
c o n tin u o mu g u g n a r e d i fre q u e n z e s o t t o t ra c c i a . U n d i s c o p i ù Z ’ e v, c h e A m b a r c h i , m a
risulta ormai chiaro come anche il giovane
c h ita r r is ta a u s tr a lia n o s e m b ra o p e ra re q u a s i
p o s s e d u to d a u n a mis teri o s a e d i n q u i e t a fo rz a d iv in a . D ’ a ltr o n d e c o m e ri u s c i re b b e a l trimenti a portare a termine, in media, quasi
d u e la v o r i a ll’ a n n o ? ( 6 . 8 / 1 0 )
Vincenzo Santarcangelo
Antonio Puglia
Oren Ambarchi & Z’ev – Spirit Transform
Me (Tzadik, 18 marzo 2008)
G e n e r e : d a r k a mb i e n t
Nemmeno la ricerca sul sacro, nel 2008,
s e mb r a p o te r f a r e a me n o d e l s u p p o r to d e lle te c n o lo g ie . Pe r la r e a liz z a z io n e d i q u e s to
a lb u m Ore n A m ba rc hi h a r e g is tr a to u n ’ in g e n te q u a n tità d i ma te r ia le s o n o r o in v ia to
in s e g u ito v ia f ile s h a r in g a l s a n to n e Z’ e v ,
b lo c c a to a L o n d r a d a i p o s tu mi d i u n ’ o p e r a z i o n e p e r e r n i a . M r. S t e f a n J o e l We i s s e r, s i
s a , s i in te r r o g a s in d a g li e s o r d i s u ll’ o r ig in e d e l s u o n o , s u lla n a s c ita e la d iff e r e n z ia zione dei diversi linguaggi, sul significato
d e ll’ a lf a b e to e b r a ic o . E ’ a tte n to c a b a lis ta
e mistico sincero: non stupisce allora che
Sp ir it Tr a ns f o r M e e ma n i in u g u a l mis u r a la
s p ir itu a lità d e ll’ in iz ia to e la s e r ie tà d e ll’ a p proccio filologico al testo sacro.
SA 89
RECENSIO
LIVE
Black Dice + Kría Brekkan (Covo,
Bologna - Magnolia, Milano, 8/9 marzo
2008)
B i s o g n a v a i n v entarlo qualcuno che butta ss e a m m a r e ( a n zi nelle fogne), il be a t sf a vi l l a n t e e f i n troppo modernista della Città
dei Mo t o r i . E r ano necessari quanto il r itorno d e l n o i se d e i vari Wolf E yes e Pr ur ie nt
i (se p p u r a m mansiti) B lack D ice. Di loro,
s o p r a t t u t t o e i n definitiva, ci ha sempr e f a tt o i m p a z z i r e l a componente crusty techno,
q u e l l ’ a r t e d e l declinare la cassa in quattro
e f a c e n d o l a marcire, dandola in pasto alle
p a n t e g a n e m u tanti. Li amiamo per questo,
no n o st a n t e i l non im prescindibile Load
B l o wn . E l i a bbiamo amanti nonos tante le
n u m e r o s e p e r f ormance a corrente alternata
do v e se n z a t r o p pi patemi d’anim o può a nda r
d i l u s s o c o m e dar di stomaco.
In p r a t i c a , p u ò capitare che a Milano f a c ci an o i l m i r a c o lo e che a B ologna n on c olp i s c a n o q u a n t o avrebbero potuto. Come, è
t r o p p o c i c l i c o , che ogni volta che assisti a
un l o r o sh o w per ogni am ico che ti r if e r is c e d i u n a d a ta completamente scazzata e
c e n ’ è u n a l t r o che li incensa di lodi e con
t rasp o r t o . A n o i – E doardo B ridda e Ga spa r e
C al ir i – è t o c c a ta rispettivam ente la pr ima e
l a s e c o n d a so r te. A B ologna si è ass istito a
un t r i p d i n o i s e tronica psichedelica nie nte
m al e , e p p u r e asciutta da seccar le labbr a ; a
M i l a n o c i s i è gustato un rave per mutoidi
s cal c i n a t i n o t e vole per chi insegue il tr iba l i s m o a m e r i c a n o (com e nella L ettera Rubat a d i P o e , u n o scava e invece ciò che c e r c a
è s o t t o g l i o c chi, nel nome più noto, per la
gi o i a d e l l e o r e cchie).
R o si c a m e n t i a parte, non è andata male a
nes su n o d e i d ue se non per il tim ing . I l f orm a t p r e v e d e u n’ora e anche meno con i tre
a d e s t r e g g i a r s i tra percussioni mono, una
ch i t a r r a i m b r a cciata a mo’ di T h robbin’
G ri st l e e l e s olite elettroniche e c a sse ttine. I l t u t t o a v volto in una proiezio ne e le tt r o p s y c h c h e ci è piaciuta proprio perché
h a p r e s o d e n t ro tutto, musicisti compresi.
M a a Mi l a n o t u tti i preparativi a disp osiz ione d i b o t t o n e a vevano un obiettivo c hia r o e
a p p a g a n t e , c i oè fare in modo che nessuno
r e s ta s s e f e r m o; intento raggiunto grazie a
Eels
una pulsione techno massimale i n d u s t r i a l e ,
vicina al rumorismo, ma del tu t t o p r e s t a t a
a l movime nto, a lla sinc ope , a l p r imitiv is mo
di que l ta mbur o pe r c osso in m e z z o a mille dr um ma c hine . La c onc lusion e è a r r iv a ta
pe r sino a c ita r e i Bat t le s di Atla s – e le ttr o nic a a c a va llo; pe r c hi, un a nnetto f a , p r o pr io in que sta sa la vide il c omb o Willia ms Braxton, è una chiusura esaltan t e .
Dime ntic a va mo Kr ía Bre kkan o v v e r o K r istin Va ldottir, f u Mum e f u c onsig lie r a d e lle
Rings oltr e c he c ompa gna ne lla v ita e mu sic a le di Ave y Ta r e de gli Anim a l Co lle c tive - qui in versione arty freak a l l e p r e s e
c on un pr oge tto solista c he tr a u n “ s o r r y ” e
una ma nc ia ta di inf a ntilismi r iv e r b e r a ti r e ga la buoni mome nti di str a nia me n to q u a rtomondista sulla sc ia di que llo h a s s e lia n o .
Anc he pe r le i è va lsa la ste ssa mo r a le ma a
sor ti c a povolte . A Bologna ne l clu b d e ll’ in die bene, a Milano al Magnol i a m a l e . I n
que st’ ultimo c a so l’ inf a ntilismo n o n p o n e v a
ne a nc he il dubbio c he si tr a tta ss e d i u n a v e te r a na de ll’ unde rgr ound, tr a nne f o r s e q u a n do l’incastro di temi di tastier a s t r a l u n a t a
por ta va no il pe nsie r o a Not Av a ila b le . Pr o s
e cons dell’indipendentismo e d e l l ’ i d e a d i
lib e r a e s p r e s s io n e . So p r a ttu tto , n o n c ’ è p e z z a , q u e s ta g e n te v a f r e q u e n ta ta . L e s o d d isfazioni non sono cose automatiche.
Edoardo Bridda e G a spare Caliri
Eels – Conservatorio Sala Verdi, Milano
(7 marzo 2008)
Ok E, stavolta hai voluto fare qualcosa di
in s o lito . E r a d o v u to , d a te le r e c e n ti p u b b lic a z io n i r e tr o s p e ttiv e ( M e e t T he Ee ls e U s e le s s Tr ink e ts ) , e s o p r a ttu tto d o p o d u e s p e tta c o li d iff e r e n ti tr a lo r o c o me With S tr in g s
( 2 0 0 5 ) e No S tr in g s A tta c h e d ( 2 0 0 6 ) – c o me
dire, l’acqua santa e il diavolo. In perfetto
tema con l’autobiografia fresca di stampa
– Th in g s Th e G r a n d c h ild re n S h o u ld Kn o w
-, hai ben pensato di presentare un set di
c a n z o n i c h e r ia s s u me s s e la tu a v ita . “ M a r k
O liv e r E v e re tt, th is is y o u r life ! ” , h a c o s ì
dichiarato la voce fuori campo - Dio? il
r a g a z z o d ie tr o a l mix e r ? - a ll’ in iz io d e llo
s h o w. Pe r ò a n z itu tto , p e r q u a n to b e llo e illu min a n te f o s s e P a r a l l e l Wo r l d s , P a r a l l e l
L iv e s , il d o c u me n ta r io s u te e tu o p a d r e , lo
scienziato Hugh Everett III, non sappiamo
q u a n to la v is io n e in te g r a le f o s s e a d a tta in
quel contesto, specie per un pubblico non
a n g lo f o n o , s e n z a s o tto t i t o l i - c o n t u t t a q u e l la f is ic a q u a n tis tic a ! - e p e r g i u n t a s e n z a
p r e a v v is o ( c e r to , q u e s t o n o n g i u s t i fi c a i fi s c h i e le imp ie to s e u r la d i d i s a p p ro v a z i o n e
le v a te s i d a l p u b b lic o ) .
Fo r s e s ì, p o te v a mo a s p e t t a rc i i re a d i n g d a l
lib r o , ir o n ic i e to c c a n ti i n s i e m e , c h e h a i a ff id a to a T h e Ch e t, il tu o u n i c o c o m p a g n o s u l
palco per questo giro di concerti. Peccato
che i tuoi sketch comici, compreso quello
in c u i le g g e v i le r e c e n s i o n i d e i t u o i s h o w,
non sembravano così spontanei; la routine
e v i d e n t e m e n t e h a u n pr e z z o ( o f o r s e , c o m e
p e r tu tti i timid i c r o n i c i , i l t u o u m o ri s m o
a l l a l u n g a p u ò r i s u l t a r e f o r z a t o ) . Ve n e n d o a l
s o d o , s a p e v a mo g ià q u an t o C h e t – a l s e c o l o
J e ff r e y Ly s te r – f o s s e b ra v o , e s t a v o l t a n o n
s i è p r o p r io r is p a r miat o : c h i t a rra , p e rc u s s io n i, la p s te e l, o rg a n o , p i a n o , s e g a , p e rfi n o v o c e n e ll’ in a tte s a c o v e r d i G o o d Ti m e s
B a d Tim e s d e g l i Z e p p e l i n . F r a v o i d u e c ’ è
u n ’ in te s a p e r f e tta , c o m e s i è v i s t o n e l s i p a r ie tto a lle s tito p e r F l y s w a t t e r , q u a n d o v i
s ie te f u n a mb o lic a me n te s c a m b i a t i l e p o s t a zioni (piano e batteria) senza smettere di
s u o n a r e . Pe r ò , n o n o s tan t e l e s o rp re s e d e l l a
s c a le tta - h a i p e r f in o ri p e s c a t o S t r a w b e r r y
SA 91
RECENSIO
Bl o n d e , u n a b side dal tuo prim o album A
M a n C a l l e d E , e anche un bel po’ di pezzi
d a E l e c t ro - S h ock B lues -, questa veste c osì
i n t i m a e sc a r n a ha finito per far perde r e a lle
can z o n i t u t t e q uelle m eravigliose s f uma ture c h e a v e v a n o in studio, o com un que a c com p a g n a t e d a una band come si deve . Non
c h e l e v a r i e v ersioni spoglie fino all ’osso di
Bu s S t o p B o x er, Last Stop:This Town, Eliz ab e t h O n T h e B athroom F loor (brividi) e
l a c o n c l u si v a P.S. You R ock My World sia no
s t a t e s p i a c e v oli ma… Ok E, questa era la
t u a v i t a , e h a i voluto raccontarla ancor a una
v o l t a , c o m e m eglio ti pareva. Ti ringr a z ia mo
u g u a l m e n t e p e r questo. Ma adesso è a r r iva t o i l m o m e n t o di dare un seguito a Blinking
Li g h t s A n d O t her R evelations. O no ?
Antonio Puglia
Girls In Hawaii - Bronson, Ravenna (29
febbraio 2008)
S e su d i sc o l i avevam o letteralmen te c ons um a t i , a p a r t ire dall’ottimo esordio From
H er e To T h e re fino ad arrivare al rec e ntissim o P l a n Yo u r E scape, mai ci era capitato di
v ede r l i d a l v i vo. A colmare le nostre la c une
p ensa i l Br o n son di R avenna, com e a l solito
p arti c o l a r m e n te attento alla programma z ion e , c h e n o n s i lascia sfuggire l’occasione di
p r e n o t a r e u n a data del tour europeo in cui
s on o a t t u a l m e n te im pegnati i G irls I n Ha wai i . U n a sc e l ta che premia gli organ iz z a tor i , a n c h e d a l punto di vista delle presenze,
m a c h e so p r a t tutto apre gli occhi – come se
c e n e f o s s e s tato bisogno – su un a realtà
m u si c a l e t r a l e più interessanti del pa nor a ma europeo.
On st a g e , i N ostri non lesinano in e ne rgie ,
o ffr e n d o a l p ubblico un set vibrante in c ui
i l “so l i t o ” p o p im peccabile tratto distintivo
d el la p o e t i c a d ella formazione belga gua da g n a i n s p e s s o re grazie alle ottime armonie
v o ca l i e a u n a pparato strum entale c he si f a
corp o so e st r u tturato. Merito delle tr e c hit arre e l e t t r i c h e ma anche di tastiera, ba sso e
b at te r i a , i m p e gnate tutte a tracciare i c onf in i d i u n ’ e sp e r ienza m usicale stratific a ta ma
o m o g e n e a , a l l’occorrenza distorta, sopr a tt u t t o q u a n d o l e passioni filo-psichede lic he
p ren d o n o i l so p ravvento (The F og e Flavor).
I b r a n i sc o r r o no via in un attim o, si pa r li
d el le m a l i n c o nie in crescendo di Sho rt Song
From A S h o rt M ind o dell’elettro-pop mini-
ma le di Caspe r, de lle a tmosf e r e s o g n a n ti u n
po’ à la Thr ills di Sun Of The So n s o d e i r iff
ve loc i di Grasshoppe r, la sc ia n d o in b o c c a
un gusto dolciastro che altro n o n è s e n o n
la consapevolezza della caratur a s u p e r i o r e
di que sti Gir ls I n Ha wa ii. Un gi u d iz io , c r e dia mo, la rga me nte c ondiviso a nc h e d a l p u b blic o a c c or so, le tte r a lme nte r a p ito d u r a n te
l’ e sibiz ione de l gr uppo qua nto fe b b r ic ita n te
da va nti a l ba nc he tto CD a f ine co n c e r to .
Dead Meadow
Fabrizio Zampighi
Moha! + Ovo + Dead Meadow - Bronson,
Ravenna (18 marzo 2008)
Se r a ta a ll’ inse gna de i de c ibe l a l Br o n s o n d i
Ravenna, se è vero che nel giro d i t r e o r e s i
a lte r na no sul pa lc o Moha ! , Ovo e D e a d M e adow. Un cartellone interessant e , c a p a c e d i
a c c omuna r e tr e r e a ltà music a li d a ll’ e s te tic a
pr of onda me nte dive r sa ma simili p e r a ttitu dine e voglia di tr a sc e nde r e i limiti f o r ma li
de l r oc k tr a diz iona le .
A inaugurare questo sabba in o n o r e d e g l i
spigoli pensa il duo norvegese , r a p i t o d a l
r ulla r e se lva ggio de lla ba tte r ia – n o te v o le , in que sto se nso, la gr a nc a s s a me ta llic a
(crediamo) artigianale, complet a d i d o p p i o
pe da le e c olle ga ta a l la ptop di M o r t e n J .
Olse n - , da i r ive r be r i a c c e c a nti d e lla c h itarra elettrica, dai fraseggi sch i z o i d i d e l l a
ta stie r a c he si suc c e dono ve loc i n e i q u a r a n ta minuti di esibizione. Logari t m i i n n o t e
spa r a ti da l mur o di a mplif ic a to r i a lle s p a lle dei musicisti che sono il risu l t a t o d i u n a
simbiosi tr a c hi suona e , ne i mo me n ti me n o
dida sc a lic i, dive nta no inquie ta n te c a o s c o smic o. Qua ndo non r umor ismo g r a tu ito .
Disc or so dive r so pe r gli Ovo. A l s o lito ip notic a e intr a nsige nte c on il su o tr ib a lis mo
post- industr ia le a i c onf ini c on l’ h a r d c o r e ,
la formazione milanese si è pr e s e n t a t a s u l
pa lc o c ol viso c ope r to da ma sc he r e , p e r d a r e
il via a un c onc e r to c he si è tr a s f o r ma to b e n
pr e sto in una sor ta di r ito sc ia ma n ic o . Co n
St e f ania Pe dre t t i a sintonizzar e i p r e s e n t i
sui ba ssi f a ngosi de i suoi ma ntra , a v io le n ta r e la c hita r r a , a f a r si guida spir itu a le in u n
viaggio senza tempo verso un p i m i t i v i s m o
music a le sui ge ne r is. Con Br uno D o re lla i n
mezzo al pubblico a picchiare dur o s u s e d i e d i
pla stic a e bidoni r ove sc ia ti, a sg u in z a g lia r e
il f e e dba c k de l ba sso, a misc e la r e , c o me s u a
abitudine, teatralità ed eccessi. I l r i s u l t a t o
è pathos e intensità emotiva allo stato puro,
n e c e s s a r i a r e n d e r e in c is iv a u n a mu s ic a , p e r
s u a n a tu r a , p o c o in c lin e a i c o mp r o me s s i.
Sa lir e s u l p a lc o d o p o d u e s e t ta n to a v v in c e n ti n o n e r a imp r e s a f a c ile . E in f a tti g li
headliner della serata, pur garantendo una
p r e s ta z io n e d ig n ito s a – v a lo r e a g g iu n to , la
batteria alla Ian Paice di Stephen McCarty
- , h a n n o p a g a to p e g n o s u l p ia n o d e ll’ imp a tto visivo e dell’interesse suscitato. Colpa,
f o r s e , a n c h e d i u n s e t in iz ia to v e r s o la me z z a n o tte d i u n ma r te d ì s e r a – n o n mo ltis s ime
le presenze, drasticamente ridottesi verso
f in e c o n c e r to , q u a n d o a ll’ in te r n o d e l lo c a le
s i c o n ta v a n o me n o d i u n c e n tin a io d i p e r s o n e - , d i u n a b a n d a b itu a ta a b e n a ltr i s c e n a ri e forse non troppo motivata in una sede
ta n to e d u lc o r a ta , d i u n a f o r mu la d e r iv a tiv a
che dal vivo poco aggiunge a quanto già
ascoltato su disco. Né la voce strascicata di
J a s o n Simo n – s p e s s o e v o l e n t i e ri s o ffo c a t a
d a g l i s t r u m e n t i - , n e i r i ff a c i d i d e l l a s u a
Te le c a s te r, n é il b a s s o o n n i p re s e n t e d i S t e v e
K ille h a n n o p o tu to tr a s fo rm a re u n e s e rc i z i o
d i s tile , p e r q u a n to g r a d e v o l e , i n u n c o n c e rto me mo r a b ile , c o n b u o n a p a c e d e g l i o t t i m i
r is c o n tr i d i c r itic a – a s s o l u t a m e n t e g i u s t i fi c a ti, a lme n o s u d is c o – ra c c o l t i d a l l ’u l t i m o
O ld G ro wth .
Fabrizio Zampighi
SA 93
WE ARE DEM
WE ARE DEMO #26
I migliori demo giunti nelle nostre cassette postali. Assaggiati, soppesati, vagliati, giudicati dai
vostri devoluti redattori di S&A. Testo: Davide Brace, Stefano Solventi, Fabrizio Zampighi
Bobby Soul/Contesti Scomodi - Ometto
Fragil Vida - s/t
Lo u n g e m u si c per profondità interga la ttic h e , i p n o t i c o space jazz oppiaceo e funk
s ud a t i c c i o c h e si inscurisce di echi, r imb o m b i e f i a t i distanti (reminescenza della
To f f e e d i Va sc o R ossi, non necessar ia me nte
u n m a l e ) . S u t utto la calda e sensua le voc e
d i B o b b y S o u l a recitare e declamare come
u n c r o n i st a m aledetto che vuole tra ghe tta rci l u n g o u n v iaggio al term ine della notte :
s t o r i e d i f u m o, sogni, derive della mente,
p o es i e c y b e r p u nk, B lade R unner. A sor pr e sa
i n s e r t i e r i t o r nelli di soul torcibude lla tr e m e n d a m e n t e s exy e Blaxploitation. Non si
f a r à m i c a c h i amare Bobby Soul per niente,
eh! S u l l a c a r t a potrebbe sembrare in c r e dibil e o p r e t e n z i o s o ed invece il mix funz iona ,
i n t ri g a e c o n q uista. Q uesta notte pr e ndi la
m ac c h i n a e g i r atela senza meta, lasc ia ti a lle
s p a l l e l e l u c i e la città. Portati dietro solo
s i ga r e t t e , sc o t ch w hisky e la m usica di que s t i C o n t e s t i S comodi da Genova, benedetti
d al la v o c e d i B obby S oul. O h Yeah Ba be !
(v o t o : 7 . 0 /1 0 w eb: myspace.com/co nte stiscom o d i ) . ( d . b . )
Non si tr a tta va di un de mo a i te mp i d i . . . E
c osì noi e non si tr a tta di un de m o o r a , c h e
a f a r pa r la r e de i Fr a gil Vida pe n s a l’ o mo nimo secondo CD. Complice la m a n c a n z a
di una c a sa disc ogr a f ic a e di u n a d is tr ibuz ione uff ic ia le tutta via , sia mo c o s tr e tti
a relegare di nuovo il gruppo i n q u e s t a
rubrica, non senza qualche rimp i a n t o . S i
pe r c é l’ ottimo ja z z str ume nta le d a te a tro che la formazione emiliana p r o p o n e v a
qualche tempo fa si trasforma o r a i n u n a
proposta aperta alle contamina z i o n i , t r a
te sti r e c ita ti ( l’ ottima L’ ultimo fu n e r a le )
e music he da l sa por e suda me r ic a n o ( M a le de tto Amor) , c a nz one d’ a utor e ( L a r i v a
de ll’ Atte sa) e piccole parentesi i r o n i c h e
( Canzone e ste mporane a) . Se mpr e c o n g u sto e buona pe r iz ia te c nic a ( voto : 6 . 9 /1 0
we b: myspa c e .c om/f r a gilvida ) . ( f . z . )
Soyland Green - Final Superstereo
Tri o d a S a ssa r i attivo dal 2000, fann o pr ogp s yc h i n n e r v a ta di iridescenze slow cor e , un
i n cu b o t e c h n i c olor cioè tipo gli anni se ssa nt a v i st i a t t r a v e rso una lente distorta wa ve
n o i se , f r a m m e nti e frattaglie C rim so n, Lips,
M y B l o o d y Va lentine, D ivision, Pumpkins...
La c o sa m i g l i ore è la tenacia con cu i tr a sc in ano i l su o n o su territori stordenti, sia no
q u ell e c o r d e a l calor bianco, siano i c iond o l a m e n t i f o l k tra flauto e sax, un “ é pa te r
l e b o u rg e o i s” col cuore contrito non tr opp o l o n t a n o d a certo Mark Linkous. La cosa
p egg i o r e è l a voce, cui manca una dime nsion e f o r t e n e l t e ssuto sonoro, presenza tr oppo
i n ce r t a r i sp e t t o al resto. U rge farsi pr odur r e
c o m e s i d e v e . E una volta prodotti come si
d e v e , p o s s i a mo praticamente aspettarci di
t u t t o ( v o t o : 7 . 0/10 w eb: m yspace.co m/soyl and g r e e n ) . ( s.s.)
Single Sign On - Long Awaited
Intimations Disguised Into A Full
Scale Opera
Già recensiti nel 2006 in occasi o n e d e l l a
pubblic a z ione de l lor o pr imo E P, i Sin gle Sign On tornano ora tra le p a g i n e d i
We Are Demo con gli otto bran i d e l l o r o
pr imo CD lungo. Se a gli e sor d i s i p a rlava semplicemente di suoni m o r b i d i e
ovattati, qui ci si ritrova a traff i c a r e c o n
shoegaze e affini su mid-tempo a b a s e d i
dr um ma c hine , c hita r r e soff ic i, c o n tr o c a nti a più voc i e me lodie sog n a n ti r u bate a qualche scatola dei rico r d i d e g l i
anni ottanta. Buona omogeneità d i s t i l e
e un approccio musicale decisam e n t e p i ù
pr of e ssiona le r ispe tto a l pa ssa to , c o n tr ibuiscono a rendere ancor più app e t i b i l e i l
pr ogr a mma ( voto: 6.7/10 we b: my s p a c e .
c om/single signon) ( f .z .)
Penelope sull a Luna – My Little
Em p i r e
Registrato nella pseudo-tana di Giorgio
Canali – Il Natural Head Quarter Studio
Lorenzo Monni - Debris
I n c o n tr a mmo L o r e n z o M o n n i s u lle p a g in e d i Se n tir e A s c o lta r e a p p e n a u n a n n o f a . A llo r a , a i te mp i d i D e a th O f A Futur e
M a n, d e f i n i m m o p r o g r e s s i v e l a m u s i c a d e l N o s t r o , i n v i r t ù d i
una prima opera complessa, stratificata, retta su classicismi e
f r e q u e n ti c a mb i d ’ a tmo s f e r a , a c c e n n i f r e e e d ia lo g h i mu te v o li. Co n le u n d ic i tr a c c e d i D e b r is l e c o s e c a m b i a n o , s e è v e r o
che rispetto al passato tutto sembra suonare decisamente più
quadrato, sempre nell’ottica di una musica che rimane totale
e d i s tr u me n ta li c h e n o n s i a c c o n te n ta n o d i c ita r e ma a p p r o f o n d is c o n o in v e c e tu tte le d e c lin a z io n i d e l s u o n o . Se le in q u ie tu d in i d i T h e Bi g L a u g h c ita n o il k r a u tr o c k te d e s c o p e r p o i f o n d e r s i in u n a s s o lo d i c h ita rra fi n a l e s c u o l a
Pin k Flo y d , E m b r a c e s a d i ja z z e le ttr ic o la M ile s D a v is , I M e t Th e C r a f t s m a n m e s c o la d ila ta z io n i te mp o r a li e p e r c u s s io n i a f r o , Th e D a wn O f Th e Yo u n g D o l l s p a r t e
c o me u n a me lo d ia me d ie v a le g g ia n te p e r p o i s c iv o la r e in u n a s u ite p s i c h e d e l i c a . E’
lo stesso Monni ad occuparsi a parte qualche rara eccezione di tutti gli strumenti,
dimostrando, oltre a buone doti tecniche, come non gli manchino anche coraggio e
is p ir a z io n e ( v o to : 7 . 0 /1 0 w e b : w w w. lo r e n z o mo n n i. c o m) ( f . z . )
di Ferrara – My Little Empire dei Penelope sulla luna è una bella scoperta in bilico
tra post-rock e venature hard. Un connubio
in questo caso, felice, che porta i musicisti – due chitarre, batteria, tastiere e basso
– a contaminare le praterie arpeggiate delle nove tracce in scaletta con distorsioni
spacey e scenari extrasensoriali roboanti di
chiara matrice psichedelica. Verrebbe da paragonarli ai Vanessa Van Basten, per lo meno
nell’approccio generale, pur non mostrando
i Nostri attrazioni particolari per campionamenti e affini (voto: 6.7/10 web:myspace.
com/penelopesullaluna). (f.z.)
C p t. N i c e - L o s pa z i o è n o s t r o
Q u in te tto to s c a n o a ttiv o d a l 2 0 0 2 , in q u e s to
g a r r u lo E P f in g o n o u n a d is c e s a d a llo s p a z io
come Ziggy devoluti, c’invadono con una
p o p w a v e c h e f a s f r ig o la r e g li U ltr a v o x ! p iù
birboni, i Baustelle rapiti da una navicella
Ro c k e ts , i Pe c k s n iff tr a v o lti d a r a ff ic h e Ste r e o la b . U n a b r e z z a s a r c a s tic a s e r p e g g ia c o stante lungo i testi (in italiano) delineando
u n q u id p o e tic o /id e o lo g ic o p e r ic o lo s a me n te v ic in o a c e r ta in o p p o r tu n a d e me n z ia lità .
Pe r ò in s o mma s o n o a b b a s ta n z a d iv e r te n ti e
soprattutto sembrano avere le idee chiare
( v o to : 6 . 4 /1 0 w e b : m y s p a c e . c o m / c p t n i c e ) .
(s.s.)
I l M i r a gg i o - L u c e b i a n c a e p
Wave rock che digrigna una certa urgenza del
tipo prendi i primi Diaframma o i Syster Of
Mercy ed applica quel certo gusto mélo italico, vocali stese come drappi pietosi sul rovello delle chitarre (emblematica in tal senso la
title track). Gli esiti sono diseguali: bene fa
ad esempio Icona col suo ondivago caracollare psych-wave (tra esotismi Litfiba), maluccio invece La tua realtà (pericolosamente in
scia Renga), così così l’impetuosa Locomotiv
(dei Killing Joke senza delirio). S’avverte il
potenziale, ma c’è da lavorare sugli obiettivi,
sulla “vision” (voto: 6.0/10 web: myspace.
com/ilmiraggio). (s.s.)
B r i d g e Of D a r k l a k e - S t r a i n
Quartetto from Rovereto allestito nel 2003 e
già alla terza autoproduzione che sintetizza
i tentativi acustici ed elettrici forgiando 5
tracce psych rock. Il piglio è piuttosto d’antan, spaziando da acidità hard seventies a più
quiete e ombrose ancorché turgide ballad.
Ciò non toglie che sembrano esercizi di fiera retronostalgia orfani del retroterra grunge
che li avrebbe non poco nobilitati. Si salvano
a tratti palesando passo funk dinoccolato o
cincischii visionari che dribblano il sovraccarico e gli intestardimenti. Devono un po’
ripensarsi, secondo me (voto: 6.0/10 web:
myspace.com/bridgeofdarklake). (s.s.)
SA 95
rearview mi
The Breeders
Do We Love Them Now?
Dura , a l l e v o l te, fare i conti col passato e re siste re alla te ntazione di ripre se n ta r s i s u lle
s c e n e . N e s s u n o ti obbliga, specie se nel frattempo sono trascorsi anni e un sac c o d i c o s e
s o n o c a m b i a t e . Eppure, quando il tuo mestiere e la tua vita sono fare musica, n o n t i re s t a
m o l t a s c e l t a . A prescindere da quan ta gente è ancora disposta ad ascoltare que l c h e h a i
d a d i re . Testo: Giancarlo Turra
R e c i t a u n f a moso detto che dietro a ogni
g r a n d e u o m o ci sia una donna alt rettanto
g ran d e , a v o l t e più di lui. R aram ente o f or se
m ai è v e r o i l contrario e la cosa de sta non
p o c h i p e n s i e r i , di quelli sui massimi sistemi
che t o c c a n o l a musica incidentalme nte . A
b en a l t r e r i f l e s sioni indugiammo inv e c e tutt i n e l l ’ A n n o D om ini 1990, allorché Kim
Dea l u s c ì a l l o scoperto dichiarandosi altra
“t est a p e n sa n t e” del caleidoscopico me c c a n i s m o c h i a m a t o P ixies. L a ragazza str a mba
c o n i r a y b a n e il sorriso canzonatorio non si
l i m i t a v a a r e c i tare da spalla al suppo sto “ le ader m a x i m o ” Black F ran cis, per cui a vr e mm o d o v u t o a s coltarli meglio quegli impasti
v o c a l i e q u e l l e linee di basso che stavano
face n d o sc u o l a senza che ce ne accorge ssim o . L a r e sa d ei conti sarebbe giunta a br e v e, n o n d i m e n o al tempo vi era di che gode r e
s en z a c u r a r si d el domani. C om inciò a d e ss e r c h i a r o q u anto la band bostoniana fosse
g u i d a t a d a d u e polarità e lì risiedesse la f orza s u a e q u e l la di una m usica irrip e tibile ,
i n f l u e n t e c o m e poche altre nella recente
s t or i a . L’ a l t e r nare e unificare con una f e lic e
s c h i z o f r e n i a i muscoli e il cervello , il lato
m a s c h i l e e q uello femminile, innescò una
ri v o l u z i o n e p e r interposta persona di un dis ad a t t a t o d e i d intorni di S eattle. C on le r uot e i n m o t o , b a stò poi l’ascolto del s e c ondo
d i s c o so l i st a d i F rank B lack - già lanciato
s u l i d i c o n v enzionali dopo un passabile
es o r d i o - p e r spalancare la porta al r e vision i s m o e c o n s e gnare il ruolo di elemento di
ro t t u r a n e l l e mani di K im, mentre il ( se mp re p i ù p i n g u e ) Franco si piantava n e lla lin ear i t à d e l r o ck classico. Vai a sape r e c ome
s t a v a n o e ff e t t ivamente le cose e in fondo
p o co i m p o r t a spiegare la magia e n on se mp re c o n v i e n e provarci. Il rischio è d i sma r-
r ir lo, l’ inc a nte simo. Ac c a de talv o lta c h e i
pr oge tti pa r a lle li si e volva no f in o a s o r p a s sare per caratura ed esito il “gru p p o m a d r e ” .
Nel quale magari la fatica si s t a f a c e n d o
se ntir e , i c ontr a sti e le lotte di e g o d is tr a g gono e a llor a via c on le e va sion i a u to r iz z a te: ci si rimette in sesto, si osser v a s e s t e s s i
da f uor i r ipe nsa ndo il pr opr io r u o lo . U n misto di tutti questi aspetti e altr i a n c o r a l a
stor ia de lle Bre e de r s, poggia ta s u d u e d ischi grandissimi dai quali parte l a d i s c e s a ,
dipa na ta se c ondo un c osta nte sp a r ir e e r ie me rge r e umor a lme nte f e mmine o . Cu r io s a me nte spe c ula r e è l’ iniz io “ uff i c ia le ” d e lla
vic e nda , c he ve de la De a l f a r c o mu n e lla c o n
Tanya Done lly de lle c onc itta din e Thro w ing
M use s: l’ una si r ic onosc e ne ll’ a ltr a p e r la
comune militanza in formazion i s p l e n d i d e
all’ombra di figure predomin a n t i . S e r v e
lor o spa z io pe r r e spir a r e , un mez z o n e l q u a le incanalare canzoni che res t e r e b b e r o a
pr e nde r e polve r e ne l c a sse tto. No n f a c ile la
c oa bita z ione di Ta nya c on Kr i s t in He r s h,
e d e c c o sorge r e l’ ide a de lla luss u o s a v a lv o la di sf ogo. Ne c e ssita no di una s e z io n e r itmic a , c r e a ta pr e le va ndo l’ a mic a in g le s e J o se phine Wiggs da i dime ntic a b ili P e r f e c t
Disast e r e pia z z a ndo Shannon D o ug ht o n
a lla ba tte r ia ( nie nt’ a ltr o c he un o p s e u d o n imo pe r Br it t Walf or d de gli Slint , c o n o s c iu to in uno studio di registrazione a C h i c a g o ) .
I l nome , c he in ingle se signif ica “ ( a l) le v a tr ic i” , a r r iva se nz a tr oppo sf or z o d a lle impr e se a dole sc e nz ia li di Kim c o n q u e lla s o r e lla Ke lle y che entrerà in scen a p i ù t a r d i .
Se nz a tr oppa a ntic a me r a , il f ul min a n te d e butto a tr e nta tr e gir i Pod (4 A D , 1 9 9 0 ;
7.8/10)
rappresenta
l’evento
inatteso
dell’annata: una dozzina di br a n i p r o d o t t i
da uno Steve Albini non ancor a s u p e r s t a r
che lasciano a bocca spalancata, traghetto
d e l p ig lio f r a ttu r a to e d e la s tic o , d i q u e l c a r a tte r is tic o g io c a r e d i p ie n i e v u o ti d a lla
c la s s ic ità d i D o o little d e n t r o i l r i b a l t o n e
N e r v e r mind . M a tta tr ic e n e lla p o lic r o ma
p e n n a è - e s e mp r e r e s te r à - K im, g ià in g r a d o d i a n tic ip a r e I n U te r o ( G lo r io u s ! ) , ip o tiz z a r e d e g li She lla c d a l v o lto u ma n o ( l’ imme n s a c o v e r d e lla le n n o n ia n a H a p p in e s s I s
A Wa r m G u n ) e a d d ir ittu r a tr a tte g g ia r e c a ta to n ie f o lk ( O h ! ) . A c a n c e lla r e le e s ig u e f r a si sfocate contribuiscono le movenze tra
Se s s a n ta e Se tta n ta d i F o r tu n a te ly G o n e e
O n ly I n 3 ’s , la d d o v e a i p o s te r i s i tr a ma n d a ,
b a r o n e tti s tr a p a z z a ti a p a r te , l’ a n g e lic o p e r ò
s c o r tic a to ma s te r p ie c e I r is . U n p a io d i c a le n d a r i s f o g lia ti e d e c c o n e i n e g o z i l’ e . p .
Sa f a r i ( 4 A D , 1 9 9 2 ; 7 . 3 /1 0 ) . U n p o k e r d i
tr a c c e a p p ic c ic o s e c o me la g o mma d e l p o n te s e n z a a d d itiv i, s tr u g g e n te r ile ttu r a d i S a d
A b o u t U s d e g li W ho in c lu s a . G li s p ig o li a c c e n tu a ti to r n a n o s o lo n e lla title tr a c k , il r e s to e v id e n z ia u n a p e r s o n a lità s p ic c a ta , c o r i
celestiali tagliati in due da un violoncello,
s tr u ttu r e a r d ite c h e a b b r a c c ia n o me la n c o n ia
e d is to r s io n e ( D o Yo u Lo v e M e Kn o w? , D o n ’t
Ca ll H o m e ) . E ’ la f in e s tr a s u l f u tu r o p r o s s imo c h e n o n p r e v e d e Ta n y a , f o r tis s ima me n te
d e c is a a u n a c o s a s o lo s u a c h e b a tte z z a p o c o
d o p o Be lly , p r o g e t t o d i v a l o r e p e n a l i z z a t o
da qualche eccesso di zuccheri. Basta una
te le f o n a ta a K e lle y p e r f a r e in c a s a la s o s titu ta , g ia c c h é il ’ 9 2 o ff r e u n a v e tr in a d a n o n
ma n c a r e n e l to u r e u r o p e o d i s p a l l a a i N i rv a na s e d u t i i n c i m a a l g l o b o ( e n n e s i m o ,
e mo z io n a n te “ g r a z ie ” d ri t t o d a l c u o re d i u n
C o ba in t i m i d o f a n ) . C h i u s a l a q u e s t i o n e ,
u t i l e i n o l t r e a d a u m e n t a r e l ’ a ff i a t a m e n t o ,
u n c o mu n ic a to s ta mp a u ffi c i a l e a n n u n c i a l o
s c io g lime n to d e i Pix ie s , a ffra n c a n d o l a D e a l
d a u lte r io r i imp e g n i. S i s e n t e e c c o m e , a l l a
f in e d e lla to r r id a e s ta t e 1 9 9 3 : La s t S p l a s h
( 4 A D , 1 9 9 3 ; 8 . 0 /1 0 ) c o n d u c e a l l ’a l t a re l e
d u e o p e r e p r e c e d e n ti in u n a fe s t a d i s c a l e t t a
s e n z a f a lle b a c ia ta d a u n a m i n i -e p o p e a , p ro pulsa da elastico basso e chitarre raschiate
a in c o r n ic ia r e la p ig r a m e l o d i a s e x y. C a n n o n b a ll i n c a r n a c o s ì u n m o m e n t o s i m b o l o
dei Novanta e la sensazionale matrice di
ta n to in d ie - p o p - n o is e a v e n i re , t ra s c i n a n d o
il disco lungo una scalata delle classifiche
in q u e i f o lli f o lli a n n i. S i ra c c o g l i e u n p l a tino di lì a dodici mesi e la formazione dà il
me g lio n e l L o lla p a lo o z a e d i z i o n e ’9 4 , q u e l la d e l b u c o la s c ia to d a i N i rv a n a n e i c u o ri e
nello show-business. Qualità elevatissima
quella dispensata da una formazione nella
q u a le o r a s ie d e a lla b a t t e ri a J i m M a c p h e rs o n, in te n ta a c r is ta lliz z a re u n o s t i l e p a ra d ig ma tic o . Ch e è r o b u s t a m e n t e , s o l a rm e n t e
p o p ( I n v is ib ile M a n , l a re d i v i v a D o Yo u
Lo v e M e Kn o w? , D iv in e H a m m e r ) e ro m a n tic o c o n in te llig e n z a ( Ma d L u c a s , H a g ); d o ta to d i v ig o r e imp e n s a b i l e , z u p p o d i c o u n t r y d ’ I r la n d a ( D r iv in ’ O n 9 : u n c o m m i a t o
s tr u g g e n te ) , s u r f c a lifo rn i a n o (Fl i p s i d e ) e
SA 97
rearview mi
d e l p a s s a t o r ecente riconsegnato a nuova
v i t a ( No A l o h a, I Just Wanna G et Along);
g i à c h e c ’ è , non scorda di camminare su
cocc i a c u m i n a ti del panorama di sos pe nsion i R o i . Q u e l c he ti aspetti com pare a l mom e n t o o p p o r t uno, appone il sigillo della
p erf e z i o n e “ sui generis” schivando la pr e v e d i b i l i t à . B r utta bestia il successo, tigre
d a c a v a l c a r e solo se possiedi nervi sa ldi; il
p r o b l e m a è c he non puoi sapere se morde
f i n c h é n o n l e stai in groppa. A causa del
s ucc e sso i m p r ovvisa e al conseguen te ma r e
d i r e s p o n s a b i lità inadatto a una mentalità
“D IY ” , si l a m b isce il dram m a. Q uel c he pe r
al t ri m e n o f o rtunati fu tragedia, s i limita
p e r l e N o s t r e ai trafiletti di cronaca nera:
Kel l e y v i e n e arrestata nel 1994 per posse ss o d i d r o g a e spedita a disintossica r si ne l
f r e d d o M i n n e sota; nulla di male, non fosse
che l a c o sa i n n esca una diaspora def initiva :
l a Wi g g s p r e n d e casa a N ew York e s i pe r de
d e n t r o u n a s erie di progetti trascurabili,
m e n t r e K i m s i rifugia a Dayton, Ohio, con
M ac P h e r so n e prosegue a scrivere ca nz oni.
Di l ì a q u a l c h e m ese ne ha accum ulate a suf f i c i e n z a e f r e me dalla voglia di ren derle di
p u b b l i c o d o m inio, nondim eno è so la c on
J i m . E sse n d o la scena locale ricca di ge nte
s ul l a g i u st a l u nghezza d’onda (B ra iniac e
G u i d e d B y Vo ices, ad esem pio), coi c a r ne a d i N a t h a n F a rley e L u is L erma allestisce
g l i A m p s. S i c com e quando sei in diff ic oltà
t i ag g r a p p i a c iò che m eglio conosci, Pac e r
(4 A D , 1 9 9 5 ; 7.0/10) è il ritorno a casa tra
s t an z e u m i d e m a accoglienti, dentro l’ a tmo-
sf e r a intima e sc a nz ona ta de lla p r o v in c ia in
c ui si r ite mpr a l’ umor e . Me z z’ o r a a b b o n da nte di powe r pop ( She ’s A Gir l, Tip p City )
e a nni ’ 60 in ba ssa f e de ltà f a vor iti d a ll’ a mic iz ia c on Robe r t Pollar d, f iltr a ti d a lla le n te tr a sluc ida di una Kim più r o c a , b e n d isposta a caciara garagista n e l l a t r a c c i a
omonima, deviazioni new wave n o i s e - l a
sussulta nte Bre ak ing The Split S c re e n B a rrie r; il f ina le di Hov e rin - e a l ma r c h io d i
f a bbr ic a , le ggia dr o pe r Draggin g P a r ty e
f e stoso ne l gioie llino De dic at e d . L a v o r o
c he non dic i sma glia nte pe r qu a lc h e c o mpr e nsibile a c c a de mismo, se gna c o mu n q u e
una vittor ia sulle a vve r sità da ll’a s p e tto n o n
di rado piacevolmente inedito, s u p e r i o r e a
Go To The Sugar Altar ( Nic e , 19 9 6 ; 6 . 3 /1 0 ) ,
a utobiogr a f ic a r if le ssione de i K e l l e y D e a l
6000. Pe r ò: qua ndo si ha un pa s s a to g r a n d e
a lle ( imme dia te ) spa lle non è fa c ile r in u n ciarci. La caparbietà ha la megli o a n c h e q u i ,
e le Breeders rinascono dalle c e n e r i d e g l i
Amps, o me glio dive ngono da q u i in p o i a f f a r e pr iva to de lla più ta le ntuosa K im. I l ’ 9 7
vede la band onorare il triste i m p e g n o d e l
“ be ne f it” in onor e de llo sc ompa r s o Br a in ia c
Tim Taylor se nz a Ma c Phe r son, c h e n e l f r a ttempo ha messo su famiglia e s u o n a c o n i
Guide d By Voic e s; più ta r di la e x - Pix ie s e n tr a in studio pe r un lp c he non v u o l s a p e r n e
di c onc r e tiz z a r si. Pe r vic a c e , ins is te e s c r iv e
e registra, riprendendo a calca r e i p a l c h i
c on Ke lle y dopo se i a nni; a ddir ittu r a r a c c a tta pe r str a da una nuova line -u p c o n i c a va lli da tir o M ando Lope z , Ric ha r d P re -
s le y e J o s e M e de le s . Ch i l’ h a d u r a la v in c e ,
e g r a z ie a ll’ a iu to d i A lb in i Title T K ( 4 A D ,
2 0 0 2 ; 6 . 8 /1 0 ) v e d e la lu c e d o p o la p r e s tig i o s a p u n t a t a a l b r i t a n n i c o A l l To m o r r o w ’s
Pa r tie s . Se g n a il p a s s o , tu tta v ia , e s e n o n
e s a lta p e r lo me n o e v ita d i c a d e r e r o v in o s a mente: laddove non gioca di rimessa per
ma n c a n z a d i f ia to ( u n tr io d a p ilo ta a u to ma tic o ; l’ ig n o min ia d e lla F u ll O n I d le r ip e s c a ta d a g li A mp s ) , r e s titu is c e lo s v ilu p p o a rmo n ic o g r a ff ia n te e o b liq u o in u n a v a r ia n te
p a c if ic a ta , p e r s u a d e n d o in To o A liv e e F o rc e d To D r iv e . S o r p r e n d e e o ff r e i l m e g l i o
s le g a n d o s i d a i c lic h é , c o me p e r la s c iv o lo s a
e r e f r a tta r ia w a v e Th e S h e , le liv id e me ta f o r e ja z z a te in s ie me a e r e e e te s e ( O ff Yo u e
P u t O n A S id e : l e c o s e m i g l i o r i ) , l ’ o s c u r o
a mb ie n te me tr o p o lita n o d i S in is te r F o x y .
Rip e n s a n d o c i, mic a ma le d a g e n te c h e r e p u tavi morta. Era solo ibernato forse, quel
corpo in fase di risveglio grazie al tepore di
u n ’ a ttiv ità in s ta n c a b ile : s e g u e la r e g o la me n ta r e a ttiv ità c o n c e r tis tic a , u n a c e le b r a ta
reunion (estemporanea, ma non si può mai
d ir e … ) d e i Pix ie s e i f e s te g g ia me n ti s u l p a lco per il 25° anniversario della 4AD. La
ma tu r ità s i p r e s e n ta n el l a q u i e t e s u b u rb a n a
d i D a y to n , d a d o v e le De a l h a n n o c o n s e g n a to il q u a r to ta s s e llo d e l ro m p i c a p o . A l l a ri p r o v a d e g li a s c o lti, M o u n t a i n B a t t l e s ( 4 A D ,
2 0 0 8 ; 6 . 4 /1 0 , i n r e c e n s i o n i ) p a l e s a n o v i t à
n e g a tiv e n e lla f ia c c h e z z a e s e c u t i v a e i n u n a
p r e o c c u p a n te p e n n a p o c o i n c i s i v a a d e c c e z io n e d e lle c la s s ic h e Ov e rg l a z e d e Wa l k I t
O ff. Pe r c e p is c i, tr a il “ ca ri n o ” c h e n o n s ’i m p r ime e u n p a io d i b r a n i d a d i m e n t i c a re , l a
voglia di fuggire dai modelli inseguendo
u n a r if le s s iv a s c o n tr o s i t à . P e r o ra l a s u ffi c ie n z a è r a g g iu n ta r ico rre n d o a u n a t i t l e
tr a c k in te s s u ta d i s ib i l i e s u s s u rri , a u n a
I s ta n b u l c h e r e s p ir a la n a i v e t é d e l l a M a u re e n Tuc ke r s o l i s t a , a s i n u o s i c h i a r o s c u r i
c o me Nig h t O f J o y e S p a r k . A l p ro s s i m o a p puntamento - se mai vi sarà… - serviranno
a rg o m e n t i d i b e n a l t r o l i g n a g g i o , c o n s o n o
ai primi della classe. In caso contrario,
p r e n d e r e mo n o ta d e lla d e c a d e n z a e c i c o n s o le r e mo a l r ip a r o d e g l i s p l e n d o ri d i q u i n d ic i e r o tti a n n i f a . Pe r q u a n t o l o n t a n i , s o n o
s e mp r e lo r o a f a r c i d ir e c h e s ì , o g g i v i a m i a mo comunque, Breeders.
SA 99
rearview mi
ristampe
Beck - Odelay (Bong Load, 1996 - Universal,
marzo 2008)
Genere: cros sover/hip hop
Dieci anzi dodici anni fa accadde il miracolo. Non una rivelazione, ma una conferma.
Ovvero che un ragazzo esile, scarmigliato
e allampanato fosse in grado di tracciare
solchi dove proprio non si auspicava. Beck
Hansen, classe ‘70 da Los Angeles, già con
M e l l o w G o l d ( G e ff e n , 1 9 9 4 ) a v e v a s p i a z z a to l’auditorio grazie ad un intruglio sonico
inaudito: un piede nella fossa del folk più
tradizionale, l’altro scosso da fremiti lo-fi,
una mano sul turn-table e l’altra a schiacciare i tasti play e rewind di un boombox
caricato con le cassette più avventurose e
disparate. Si trattò di un esordio bruciante,
forte di un singolo geniale come Loser, roba
che ti rimane appiccicata fino a fine carriera qualsiasi altra cosa tu faccia. E sì che di
cose Beck ne doveva fare ancora molte e
non poco sorprendenti. A partire da questo
Odelay che due anni più tardi - e dopo la
parentesi di One Foot In The Grave (K Rec o r d s , 1 9 9 5 ) , f o l k s p a r t a n o p e r a n i m e s p e rse - ne ribadì definitivamente la calligrafia
e il verbo, previa la produzione dei Dust
B ro t h e r s - t r a g l i a r t e f i c i d i P a u l ’s B o u t i que (Capitol, 1989) dei Beastie Boys - che
figurano quali co-autori di quasi tutti i pezzi. Le tredici tracce dell’edizione originale
rappresentano infatti, oltre che una sequenza di canzoni parecchio godibili, uno dei più
autorevoli propositi/manifesto dei Novanta:
l’hip hop è l’atteggiamento unificante, il
battito che scombussola una orografia emotiva e stilistica a forte base country-folk. Il
che conferisce una tonalità bianca al tutto,
roba da caucasico coi neuroni spediti a compensare il gap nei confronti della componente nera annidata dietro le quinte, pronta
ad avventarsi sul proscenio sotto forma di
blues sgangherati, soul gracchianti e funk
robotizzati. Ma sia questi che le chincaglier i e p s y c h , g l i s p u rg h i n o i s e , l e d i g r e s s i o ni latin-tinge e i pungoli electro sembrano
condividere una stessa scaturigine: il vizio
formidabile dell’ascolto massivo e compulsivo, che finisce per plasmarti i sensi e il
sentire, quindi la forma stessa dell’espressione. Questo il destino del nerd tecno
tossico, con più mondo nella cameretta di
quanto il mondo
“reale” potrà mai
o ff r i rg l i .
Ecco
quindi che in un
errebì
strinito
come The New
Pollution
quel
jingle sciroccato
introduttivo, gli
hook di chitarra,
i sax, gli archi e
l ’ o rg a n i n o l i s e rg i c o s e m b r a n o p i o m b a r e d a
un’altra dimensione, proprio come il countr y b l u e s c h e g o rg o g l i a s o t t o l a p e l l i c o l a h i p hop di Hotwax o la fantasmagorica tromba
a chiosare il fosco ciondolio di Readymade. Apparizioni sognanti, frammenti sonici
di una realtà parallela ma omogenea, la cui
dislocazione spaziale nel sound ed il pressoché sistematico contrasto timbrico sembrano studiati ad arte per provocare sconcerto, rendendo ogni pezzo una concrezione
mnemonica coerente però quasi incredula di
sé. Composizioni che pur essendo sostenute
da una scrittura bella in senso canonico, acq u i s t a n o p i e n a m e n t e s e n s o s o l o n e l l ’ i n t e rpretazione dell’autore/assemblatore, di cui
r i f l e t t o n o l ’ a c u m e b i s l a c c o , l ’ a z z a r d o s u rreale, l’irriverenza sradicata. Ma la postmodernità non riesce, pur con la pervadente
schizofrenia ed il febbrile assedio, a strapparle tutte, quelle radici. Se ne stanno lì
che covano provocando nutritivi indolenzimenti, palpitazioni autentiche, rannicchiate
sotto perturbazioni clamorose ma non abbastanza invasive da impedir loro di venire
a l l a l u c e . Ve d i J a c k - A s s c h e s i c o m p i e c o m e
la più malinconica e dolciastra delle ballate, ma anche il country sgomento sotto il
bailamme di watt ed il passo nevrastenico
d i L o rd O n l y K n o w s . Va d a s é c h e l a f o r t u n a
dell’uomo - e di questo disco in particola-
re - si deve proprio alla flagranza di quello
“ s b a l o r d i m e n t o o rg a n i z z a t o ” , c h e i n t i t o l i
c o m e D e v i l ’s H a i rc u t , N o v o c a n e e W h e re
I t ’s A t t r o v a l a n c i n a n t e c o m p i m e n t o : s e v i
resta un senso come di Jon Spencer meets
Band Of Gypsys in un sogno frenetico Beastie Boys strattonato Flaming Lips, beh,
tranquilli, fa parte della sintomatologia.
Insomma, come dicevamo, è passato più di
u n d e c e n n i o . To c c a f a r e i c o n t i , s o p p e s a r e ,
celebrare. La deluxe edition in doppio CD e
immagine di copertina - quella celebre col
Komondor che salta, nient’altro che un cane
eppure vai a sapere cosa ti viene in mente a r t a t a m e n t e r i t o c c a t a , c i o ff r e c o m e b o n u s
del primo disco una intrigante Deadweight,
bossa languida e scivolosa punteggiata di
apparizioni trasognate, composta per la
soundtrack di Una vita esagerata (film del
‘97 per la regia di Danny Boyle), più due
i n e d i t i c o m e I n f e ro - f u r i b o n d o c a l d e r o n e d i
tutto ciò che ritenete possibile attendervi da
Beck - e una Gold Chains in bilico tra funk
blues stoniano ed il Prince più hip hop.
Il secondo volume fa mostra invece di remix
e b-side, e se le prime non incantano particolarmente (il cupo incalzare degli UNKLE
e l a t r a f e l a t a a s t r a z i o n e d i A p h e x Tw i n n o n
sembrano ingranare granché col piglio agro
d i W h e re I T ’s A t e l e a rg u z i e f i l a s t r o c c h e s c h e d i D e v i l ’s H a i rc u t , q u e s t ’ u l t i m a p i ù
adatta agli strapazzi hardcore-punk in Amer i c a n Wa s t e l a n d a c u r a d i M i c k e y P. ) , c a p i t a
altresì di pescare nel mucchio (sedici tracce
i n s c a l e t t a ) a u t e n t i c i g i o i e l l i . C o m e i l B a rre t t f r u g a l e e s q u i n t e r n a t o v i a H i t c h c o c k d i
S a - 5 , l a d o l c i s s i m a n a r c o s i f o l k d i B ro t h e r ,
una motoristica festa sixties tra Ramones e
Lips (Electric Music And The Summer People), sguaiati minimi termini blues (Devil
G o t M y Wo m e n ) e s o p r a t t u t t o q u e l l a d o p pietta finale che prima spedisce Jack-Ass
tra paneggi d’archi mesmerici anticipando
certe languide evanescenze Sea Changes
(Strange Invitation), infine facendone festa tex-mex con trombe, violini, chitarrine
in uno spagnolo caramelloso che non puoi
fare a meno d’immaginarti i Calexico annui r e i n c a n t a t i ( B u r ro ) . S e m b r a v a i m p o s s i b i l e
aumentare la stima per un originale già maestoso. Eppure è così. Diavolo d’un Beck.
(8.5/10)
S t e fa n o S o lv e n t i
Eddie Bo – In The Pocket With (Vampisoul
/ Goodfellas, 4 marzo 2008)
G e n e r e : v i n ta g e s o u l - f u n k
C’ e r a u n p o s to s o lo d a l q u a l e u n p e rs o n a g g i o
come Eddie Bo poteva provenire: un luogo
che due secoli fa costituiva il primo vero
e s e mp io d i - in c o n s a p ev o l e , m a n o n è q u e sto il punto - “melting pot” razziale. Là agli
s c h ia v i e r a c o n s e n tito ri t ro v a rs i e s u o n a re
i ta mb u r i c h e r ia lla c c iav a n o a l l ’A fri c a e l a
città rappresentava un crocevia tra bianco
e n e r o , a n g lo s a s s o n e e l a t i n o , fra n c e s i t à e
c u l t u r a a u t o c t o n a i n u no s t i l e u n i c o . D i v i t a ,
per prima cosa. New Orleans era questo e
mo lto d i p iù , e d a lì p r o v e n g o n o i v e n t o t t o
b r a n i d i q u e s ta r a c c o lta (i l v i n i l e , d o p p i o e
di qualità da audiofili, ne regala quattro in
p iù … ) , me r ito r io r e c u p e ro d i u n g e n i o p o c o
n o to a l d i f u o r i d e lle c e rc h i e d i s p e c i a l i s t i .
Per far breve una storia (no: un romanzo)
c h e il lib r e tto c u r a to d a B r y c e W h i te d o v e r o s a m e n t e a p p r o f o n d i s c e , s a p p i a t e c h e M r.
Edw in
J o s pe h
Bo c a g e i n i z i ò l a
c a r r ie r a d i p r o duttore/cantante/
arrangiatore già
d a lla me tà d e i
’50, impastando
s o u l e f u n k d i tir o
robusto e groove
serrato, infarcito
d a ma d id i o tto ni e propenso a
s tr u ttu r e b iz z a r r e , n e l q u a l e l a t a v o l o z z a d i
s tili d e lla c ittà n a ta le h a m o d o d i d i s p i e g a r s i in tu tta la p r o p r i a s e n s u a l e m o l t e p l i c ità ( p a r tic o la r me n te e v i d e n t i l a t ra d i z i o n e
p ia n is tic a d i P ro f e s s o r L o n g h a i r e H u e y
“ P ia no ” Sm it h, le p e r c u s s i o n i d e l l e t ri b ù
in d ia n e , le f a n f a r e c a r n e v a l e s c h e ). P ro i e t t ò
poi questo approccio attraverso i Sessanta
e i Se tta n ta f in o a o g g i fre q u e n t a n d o i l m e g lio d e lla s c e n a mu s ic al e c i t t a d i n a e p e rc h é
ma i s tu p ir s i, v is to c h e g l i z i i s u o n a v a n o c o n
King Oliv e r e Sidne y B e c h e t, c h e l e s e t t e
note erano trangugiate col latte materno e
c h e - d o p o le s u p e r io r i e i l s e rv i z i o m i l i t a r e - il r a g a z z o s i tr o v ò c o m e a m i c o L l o y d
P r ic e . O t t i m a m e n t e a s s e m b l a t o e d i s p o s t o
in o r d in e c r o n o lo g ic o , I n Th e Po c k e t Wi t h
p e r me tte q u in d i d i s e g u i re l ’e v o l u z i o n e d e l la c a r r ie r a d i Bo e , p a ra l l e l a m e n t e , q u e l SA 101
REVIEW MIRRO
l a d e l l a b l a c k music in toto, da un singolo
d el 1 9 5 5 c h e g ià scartavetra il blues ( Baby )
al l e sa r a b a n d e tautologiche come We Like
M a m b o ( c h i ssà che ne pensa D r. J ohn…) ,
d agl i o m a g g i a F ats D omino (I F oun d A Litt l e G i rl ) a u n soul costantemente peculiare
(ci t a z i o n i st a i n H orse With A F reeze Pt.1;
s bi l e n c o p e r Gotta H ave More; dalle tinte
i s pa n i c h e c i r c a F allin’ In Love A gain e Soul i n g ) . A p p r o d erà poi a un funk minimale e
i p n o t i c o , p r o ssim o a James B row n ma r ic c o
d i s p i g o l i e c u ra del dettaglio (C an I Be Your
M a i n S q u e e ze ; I’m A C arpenter P t 1; il c a p o l a v o r o G a rden O f O ur Trees), e non c ont ent o a m m i c c h erà ai P arliament ( R eborn, la
s ecc a L i v e I t Up) giusto per sfidarli con pari
el ast i c i t à ( W h e n T he F ingers O n T he Funk ),
as s o l d e r à L o n g hair tra le fila dei Famous
Fl a m e s ( Ca n You H andle It) e B ooke r T. in
qu ell e d e i F u nkad elic (Mama Here Comes
T he P re a c h e r) . Instancabile, tempra infine
d a m a e s t r o g l i eccessi di saccarosio tipici di
B a r r y W h i t e (C hained).
S t en t i a c r e d e r e a quanto sopra e alla sc a le tt a t u t t a , i d e m p er il fatto che B o sia tuttor a
at t i v o . Ti v i e ne da gridare vendetta a l c ie l o c h e l o c o n oscessero in quattro ga tti f ino
a o r a , a c a u s a della scarsa reperibilità dei
n u m e r o s i s s i m i dischi sui quali ha lavorato
negl i a n n i , c o s a che rende ancora più e sse nzi ale q u e st o d isco. C he inoltre la sc a le tta
s i a st a t a so v e n te prelevata da vinili d’ e poca - i n c e n d i e uragani hanno distrutto gr a n
parte d e l p a t r i monio del N ostro - e la qua lit à s o n o r a si c onservi buona, accresc e indici b i l m e n t e u n a gioia dell’ascolto p a r i solo
a q u e l l a d i v i vere che la stessa trasme tte .
U n ’a u t e n t i c a r ivelazione, d’im patto e godim e n t o i m m e d iati e soddisfazione duratura.
L i v e i t u p ! ( 8 . 0/10)
Giancarlo Turra
AA. VV. – The August Darnell Years 19741982 (Strut / Kizmiaz, 14 aprile 2008)
G e n e r e : l at i n d i s c o s o u l
Ecco cosa combinava il Ragazzo Creolo
prima della fama. Prima che il suo stilosissimo completo “zoot” divenisse di casa
nel mondo occidentale; prima che perfezionasse quell’ironico, geniale calderone
di pop, funk, swing e latinità che lo ha
consegnato agli annali. C’era dell’altro,
uguale ma diverso ma uguale. Sempre sta-
to un adepto della fusione, August Darnell,
in ciò perfetto figlio di quella Big Apple
dove ascoltava il pop beat bianco e il soul
sul medesimo apparecchio radio, bastava
spostare di qualche centimetro la rotella
del sintonizzatore. Cominciò così, con la
disco equatoriale e gustosamente ’50 di
D r. B u z z a r d ’s S a v a n n a h B a n d e c o l o r i t i
derivati, mettendosi poi a trafficare dietro
l e q u i n t e d e l s u c c e s s o n e T h e re B u t F o r T h e
Grace Of God dei Machine e approdando alla corte di Michael Zilkha, facendosi colà incoronare “house producer” della
scintillante
Ze
Records. Contribuì non poco a
forgiarne il suono, agendo ovviamente sul lato
black della faccenda nel rispetto dei compagni
di cordata James
W h i t e e Ly d i a
Lunch.
Cose
splendide che potevano accadere allora,
sull’onda di un’apertura mentale elargita
dal dopo punk in amplesso col funk, sudaticci genitori di un magnifico mezzosangue
cui si attinge tuttora in cerca d’ispirazione. Andateveli a sentire gli Aural Exciters e la Cristina da lui supervisionati e
qui puntualmente inclusi, scatenatevi con
quella che al tempo si etichettò come “mutant disco” e sbizzarritevi a ritrovarne gli
infiniti rimandi sparsi nell’oggi. Il resto è
storia nota che si riallaccia a quanto detto poco sopra: nel 1980 Darnell cambia
nome ispirandosi a un pessimo film con
Elvis Presley, rinasce Kid Creole e raduna le tre coriste Coconuts, ne sposa una e
n e l f r a t t e m p o c h i a m a d a l l a D r. B u z z a r d i l
percussionista schizzato Coati Mundi (al
secolo Andy Hernandez). Da lì in poi, il
G a n g s t e r Tr o p i c a l e p i ù f i c o d e l l ’ u n i v e r s o
inizierà la scalata al successo: quest’ora e
un quarto abbondante - generosa di chicche alla loro “prima volta” su CD - rappresenta ben più di un mero apprendistato. E’ l’irresistibile gettare le fondamenta
di una sorridente ma acutissima Leggenda
pop. (7.5/10)
Marie Queenie Lyons – Soul Fever (1970 Vampisoul / Goodfellas, 4 marzo 2008)
Genere: avanguardia musicale
L a s e r ie An Antho lo g y O f N o i s e & E l e c t r o nic M us ic r a p p r e s e n ta l a v e ra p u n t a d i d i a mante del già lussurioso catalogo Sub Rosa,
i n g r a d o d i a n t o l o g i z za r e e r i p r o p o r r e c o n
piglio creativo e non banale piccoli e grandi
n o mi c h e h a n n o c a r a tteri z z a t o l a ri c e rc a s o nora d’avanguardia, di stampo accademico
e non, indistintamente. Se gli altri episodi
s o n o s ta ti c a r a tte r iz z a t i d a u n b i l a n c i a m e n to tr a n o mi n o ti e me n o n o t i , i n q u e s t ’u l t i m o
a b b ia mo u n a n e tta p r e v a l e n z a d i m u s i c i s t i e
compositori meno conosciuti ma non meno
me r ite v o li. L a c o s a r i s u l t a p a r t i c o l a r m e n t e
gradita perché ci permette un approccio il
più possibile scevro di pregiudizi. Capita
così di scoprire le cupezze concretiste di
F r a nç o is - Be r na r d M â c h e o i s i b i l i e g o rg h e g g i s to c k a u s e n ia n i d e l t e d e s c o Wo l f Vo s t e ll. P i c c o l e m e r a v i g l i e c o m e i m o d e r n i e
pungenti drones squarciati da percussioni
me ta llic h e d e l b u lg a r o A n d r é B o u c o u re c hlie v . C ’ è s p a z i o a n c h e p e r l a p r e z i o s a e
c u r io s a r ie s u ma z io n e d i u n o d e i p ri m i e s p e r ime n ti s o n o r i d i C ha r l e ma g n e Pa l e s ti n e .
E questo per quanto riguarda il primo CD,
perché il secondo è tutto incentrato su un
a v v e n tu r o s o c o n c e p t c h e ri c o n s i d e ra d a v i c in o l’ u s o d e lla v o c e e d e l c a n t o n e l l a s p e ri me n ta z io n e mu s ic a le e s o n o ra . S i p a s s a d a l
n e o d a d a is mo d i M a uri c i o K a g e l a l l ’a v a n g u a r d ia a r tis tic a v e r a e p ro p ri a d e i v a ri V l a dim ir M a y a ko v s ky e R a o u l H a u s ma n n . In
mezzo una volgare e grezza registrazione
liv e d e l C a pt a in Be e f h e a r t d e i n o s t ri t e m p i ,
o v v e r o D a v id Tho m a s e i s u o i Pe re U b u . E
poi una devastante parentesi japanoise con
Gro und Ze ro e Ya ma ts u k a Ey e a l m i c ro fo n o , e l’ in d is p e n s a b ile d e m e n z a d i M a s o n n a
c h e in to n a u n a d e lle s u e d e fl a g ra z i o n i w h i te n o is e . Si to r n a p o i i n Eu ro p a p e r p e s c a r e u n r e c e n te Sut c lif f e J ü g e n d c o n i s u o i
storici e storicizzati power electronic e il
d u o b e lg a d i p e r f o r me r s C l u b M o r a l c h e c i
ricordano come il germe industrial avesse
a tte c c h ito b e n e a n c h e n e l c u o re d e l Ve c c h i o
Co n tin e n te . D iff ic ile d a re v o t i o s t a b i l i re
d e lle d is tin z io n i d i v a lo re t ra i v o l u m i , t u t t i
s o p r a il ( 7 . 5 /1 0 ) n e s s u n o e s c l u s o .
Giancarlo Turra
G e n e r e : s o u l d i v a c u lt
P o c o o n u l l a s i s a s u l l a s i g n o r i n a Ly o n s , a
parte che il suo disco restò episodio isolato e lei un mistero venuto salito su dal sud,
Louisiana per la precisione. Sparì infatti
dopo aver dato alle stampe questo Soul Fev e r, n o n o s t a n t e l ’ i n t e r e s s e d i J a m e s B r o w n
che - per tramite della più piccola Deluxe l e o ff r ì u n a c h a n c e p r e s s o l a K i n g . S c h i a c ciato dai rivolgimenti di un memorabile
1970, l’album passò pressoché inosservato
e per questo motivo i collezionisti se lo
combattevano fino a ieri l’altro a prezzi
m i c a m a l e . P r i m a d i t a g l i a r e t a l e t r a g u a rdo, Marie fece apprendistato nella band di
King Curtis e, lungo tutti i Sessanta, pres t ò l a v o c e a J a c k i e Wi l s o n , C o a s t e r s e a
nientemeno che Jerry Lee Lewis. Questo
prima di approdare alla corte del Godfather
Of Soul, pubblicare questo trentatre giri e
far perdere a tutt’oggi le proprie tracce.
Eppure: malgrado il culto, Marie Queenie
era lungi dal poter entrare nel novero delle
“ f u n k y d i v a s ” a l l a c o r t e d i B r o w n ( Vi c k i
A n d e r s o n , M a r v a W h i t n e y, Ly n C o l l i n s :
grandi e mai abbastanza lodate). A madam a Ly o n s m a n c a v a n o d u t t i l i t à i n t e r p r e t a t i va e fraseggio eclettico, sopperiti in parte
d a l l a g r i n t a e d a l d i n a m i s m o c h e s g o rg a n o
c o p i o s i d a Yo u r K e y D o n ’t F i t N o M o r e ,
I Wa n t M y F r e e d o m e d a l l ’ a c c o r a t a Tr y
Me. Sapeva padroneggiare i fondamentali, come altrove chiariscono il sensuoso
f l u t t u a r e d i S e e A n d D o n ’t S e e e u n a s t r a classica Fever rutilante d’ottoni e ammiccamenti, ma non era in grado di piazzare
la zampata per via dell’eccessiva fedeltà
alla linea; ci voleva ben altra personalità
per dare lustro a una scaletta invero non
esattamente memorabile al di là del già descritto, ondivaga e in alcuni frangenti gravata da arrangiamenti che rispediscono un
s a p o r e d i c a r t o l i n a ( l a s a l t e l l a n t e D a d d y ’s
H o u s e ; i v e l l u t i d i Yo u U s e d M e ) . D a t r o varsi qui, allora, le ragioni dell’immediata
caduta nel dimenticatoio, e chi può dire
dove sarebbe potuta arrivare la ragazza se
avesse deciso di tener duro. Così non fu,
t u t t a v i a , e n e l g i u d i c a r l a d o b b i a m o t e n e rne conto. (6.7/10)
Giancarlo Turra
Nicol a s Campa gnari
AA. VV. - An Anthology Of Noise & Electronic
Music Vol. 5, Fifth A-Chronology 1920-2007
(Sub Rosa / Audioglobe, 2008)
SA 103
rearview mi
(GI)Ant Steps #16
classic album rev
Charlie Haden
Microphones
Liberation Music Orchestra (Impulse!, 1969)
“The Glow” Pt.2 (2001 - K Records, marzo 2008)
U n a l t ro d i s c o figlio del Sessantotto. Un
al t ro u rl o d i r ivolta in m usica contro ogni
e g e m o n i a p o l i tica e culturale. Un esempio
di co m e l ’ a p p a rtenenza, il pacifism o, la pass i o n e p o l i t i c a p ossano opporsi alla v iole nza
e d e b b a n o e s s ere ricercati in ogni epoca e
co n o g n i m e zzo. C esellando una m ir iade di
s p i g o l i so n o ri .
Il tema centrale di molti grandi album degli
ultimi anni, pensate ad esempio a Ok Computer, a The Sophtware Slump o a The Soft
Bulletin, è il rapporto dell’uomo con la natura, la morte e la tecnologia. In “The Glow”
Pt.2, uscito nel 2001 e ora ristampato dalla
K Records con un CD supplementare, Phil
Elverum/Elvrum esplora tale relazione in un
modo assolutamente unico, sia per il punto di
vista impiegato, sia per le modalità di realizzazione. La natura domina su tutto. In essa
l’uomo si perde e si fonde. La morte, reale
e metaforica, è parte di un processo di annullamento della propria identità, accettata
con serenità, in quanto punto di partenza per
un processo di rinascita (c’è tra i pezzi del
secondo CD addirittura un brano intitolato I
Hope You Wish You’d Die). Non stupisce che
nelle note autobiografiche del suo sito Elverum affermi di essere morto in Norvegia nel
2002, prima di poter ritornare alla sua Anacortes (sul Pacifico, poco a sud del Canada)
e ricominciare a fare musica con un nuovo
nome - come impone ogni rito di passaggio
- non più The Microphones ma Mount Eerie.
Tale sottomissione alla forza e all’incanto
della natura segna naturalmente anche il rapporto amoroso. Elverum canta l’ambizione di
percepire il corpo della donna amata con la
stessa estasi con la quale sente il vento e il
mare. In I Felt Your Shape la presenza della
Vita arriva come un’epifania: “Ho sentito la
tua forma e ti ho sentito respirare/il su e giù
del tuo torace/ho sentito la tua primavera/le
tue nevi invernali”. C’è un’eco delle curiose
esplorazioni sessuali del Jeff Magnum di In
The Aeroplane Over The Sea, con la differenza che Elverum pare non avere reticenze
né paure nell’arrendersi al mistero.
La caratteristica più spiazzante dell’album
è il modo in cui viene trattata la tecnologia.
Persino indossare una maglietta sembra innaturale, e abbiamo un commovente climax
nel momento in cui il protagonista della title
L a sc u sa q u e sta volta è la Spagna d i Fr a nc o , i l m o m e n to la guerra civile del 1936,
qu an d o d a u n a parte della barricata si sc hie ran o l ’ e se r c i t o fascista del C om anda nte , le
t rup p e d i Mu s solini e i soldati di Hitle r e
d a l l ’ a l t r a i r i belli spagnoli uniti a militari
s t ra n i e r i g i u n t i volontariam ente al f r onte . I
pri m i v o g l i o n o instaurare una viole nta ditt at u r a m i l i t a r e , i secondi combatton o ne lla
s p er a n z a d i d ifendere il governo repubblic a n o r e g o l a r m ente eletto. Uno scontro che
darà g l i e si t i c he tutti conosciamo, ma c he
n e l l ’ i m m a g i n a rio di Charlie Haden – e non
s o l o n e l su o – rim arrà una pagina de lla stor i a t r a g i c a e gloriosa. Un esempio di come
l ’ a p p a r t e n e n z a, il pacifismo, la passione
p o l i t i c a , l a g i ustizia sociale, la solidarietà
po s s a n o o p p o r s i alla violenza e debb a no e ss ere r i c e r c a t i c on ogni m ezzo e in og ni e poca. A n c o r p i ù n egli anni sessanta de lla c ont roc u l t u r a i n c ui opera il contrabba ssista ,
m o m e n t o s t o r ico che diventa il principale
ri fer i m e n t o p e r brani contenuti in Libe rat i on Mu si c O rc h estra.
Il fu l c r o d e l l ’ opera sono i venti m in uti c he
l e g a n o i t r e e pisodi ripresi dalla tradizione
m usi c a l e sp a g nola, E l Q uinto R egimie nto,
L os C u a t ro G e nerales e Viva L a Q uinc e Briga d a , u n a su i te che raccoglie cors ivi free
j az z m a h a i n testa anche le m alincon ie tipich e d e l f o l k a n daluso. Tra chitarre c he mim a n o a c c e n t i di flamenco e ottoni dispersi
s u s t r a d e b o l l enti e polverose, ci si ritrova
a fa r e i c o n t i con sovrastrutture di pia no,
c o n t r a b b a s s o , percussioni, lasciate libere
di allungare il
te ma ,
pla sma r lo in le nte z z e ma r z ia li, lib e r a r lo d a l l e
regole armoniche tradizionali. F i n o a u n a
c onc lusione c he r ipr e nde un po’ le n o te p o ste in apertura.
Cur ioso il pr ose guime nto di p r o g r a mma ,
quasi un collage che poco ha a c h e v e d e r e
c on i br a ni di c ui si dic e va – pr o f o n d a me n te legati al periodo storico di ri f e r i m e n t o - ,
se non pe r a lc une te ma tic he . S o n g O f T h e
Unite d Front è una wor ke r s’ so n g mu s ic a ta da Ha ns Eisle r c he ne l disc o p e r d e il te sto originale di Bertold Brecht i n f a v o r e d i
un arrangiamento al pianoforte p i e n o d e l l a
forza e dell’orgoglio tipici del m o v i m e n t o
ope r a io; Song For Chè è una d i g r e s s i o n e
di nove minuti al contrabbasso c h e H a d e n
inve nta c on in te sta la f a mosis s ima H a s t a
Sie mpre di Car los Pue bla (p r e s e n t e , t r a
l’altro, in un piccolo estratto s o v r a i n c i s o ) ;
War Orphans è un pezzo scritto d a O r n e t t e
Coleman per piano, contrabbass o , b a t t e r i a ,
ottoni, c he si f a a ma r e ne lle pr ime b a ttu te e
dive nta un a lte r c o str ume nta le f u r io s o v e rso la c onc lusione ; Circ us ‘ 68 ‘ 6 9 è u n a ltr a
impr ovvisa z ione di Ha de n, c he n e lle in te n z ioni de ll’ a utor e a vr e bbe dovuto r e n d e r e in
music a la situa z ione pa r a dossa l e v e n u ta s i a
c r e a r e a d una c onve ntion de moc r a tic a in s e guito a d a lc une pr ote ste c ontr o la g u e r r a in
Vie tna m.
A c e se lla r e la mir ia de di spigoli d i L ib e r a tion Music Orc he stra, a unif or ma r n e i c o n tenuti, a rendere omogeneo il f l u i r e d e l l a
musica, pensano alcune mini-c o m p o s i z i o n i
di Car la Ble y – The I ntroduc tio n , Th e E n ding To The First Side , The I nter lu d e ( D r in k ing M usic ) –, c he poste str a te gi c a me n te n e i
punti di minor te nsione , r ipr e nd o n o lo s tile
ge ne r a le de l disc o. Con una We S h a ll O v e rc ome che sancisce definitivame n t e l a f i n e
de lle ostilità .
Fabrizio Zampighi
track si spoglia per lasciare splendere la segreta lucentezza della propria pelle. Del resto già nel brano di
apertura aveva implorato il vento di soffiargli via i vestiti. L’artefatto umano del quale Elverum si libera con più convinzione è
però la stessa musica rock. La forma dei pezzi e la loro disposizione nell’album, negano
ogni aspettativa del consumatore di canzoni.
I brani di “The Glow” Pt.2, galleggiano in
un mare fatto di silenzio e di impalpabile
rumore, decidendo da soli quando iniziare,
quando confondersi l’uno nell’altro, quando
prediligere il frastuono del feedback o quando lasciarsi accarezzare da un chitarrina leggera e storta.In questo disco gli strumenti
non suonano, succedono. Il risultato è un album unico, che richiede continui ascolti e
che mai si lascia completamente decifrare.
Nel 2001 molti sottolinearono il paradosso
che un lavoro tanto lo-fi potesse essere apprezzato pienamente solo in cuffia, in modo
di poter prestare attenzione a tutti i piccoli movimenti sismici di questa terra viva.
L’ascolto in solitaria è però limitante: proprio per il fatto di essere tanto inafferrabile
“The Glow” Pt.2 è destinato a essere qualcosa di nuovo ogni volta che viene vissuto, in ogni diversa condizione. Le tracce del
disco supplementare, versioni alternative e
outtakes, funzionano come note a margine
e non come appendice. Sono brevi schizzi,
aperture a ipotesi possibili (molto interessante è The Moon, il capolavoro dell’album,
proposta in una versione che pone in primo
piano il sax). Spingono a ritornare all’album
originale, alla sua perfetta sequenza, che si
apre con nubi temporalesche e si chiude con
la consapevolezza, dolce e inquietante, che,
anche nella più profonda solitudine, ci saranno gli insetti a sentire il calore del nostro
sangue. (9.0/10)
Pa olo Ba s s otti
SA 105
LA SERA DELLA PRIMA
Il petroliere
( d i Pa u l T h o m a s A n d e r s o n - U s a , 2 0 0 7 )
Vi e n e f u o r i d a l l a t e r r a , i l n u o v o f i l m d i
P a u l T h o m a s A n d e r s o n . Vi e n e f u o r i f l u i d o
e denso come il petrolio, e allaga il nostro
immaginario con la figura di Daniel Plainv i e w. I l p e t r o l i e r e è l a s t o r i a d i u n u o m o
c h e b u c a l a t e r r a , t r o v a i l p e t r o l i o , f a f o rtuna, e inesorabilmente si distanzia dagli
u o m i n i . N o n c i s o n o a ff e t t i d e c i s i v i n e l l a
sua vita, né donne, niente che porti il nodo
di un legame. Rifiuta qualsiasi cosa che si
avvicini all’umano: la famiglia, il figlio, il
fratello. Nelle sue mani tutto diventa strumento per bucare ed estrarre. Conta solo
il piacere della competizione e l’annientamento totale dell’avversario. È la storia di
un uomo felice di vivere nel deserto, dopo
che il deserto l’ha sistemato lui intorno,
radendo al suolo tutti ed ogni cosa. Il pet ro l i e re è u n f i l m p r o f o n d a m e n t e d i v e r s o
da quelli a cui ci aveva abituato Anderson.
Alle storie corali e multidimensionali, con
infiniti intrecci e mille personaggi – un cinema alla Altman, uno dei suoi grandi ispir a t o r i e m a e s t r i – P. T. A n d e r s o n s o s t i t u i s c e
il racconto di un personaggio, seguendo la
sua evoluzione, senza staccare mai la macchina da presa dal suo volto, dal suo corpo.
N o n f i n i s c e m a i d i e s s e r e c i rc o n d a t o d a l l o s c h e r m o D a n i e l P l a i n v i e w, c o m e s e u n a
lente d’ingrandimento si fosse posata sulla
sua vita e lo tenesse costantemente a fuoco.
Così che tutto diventa la triplice storia di
un’ossessione: quella di Plainview per il
successo, quella del regista per la potenza mimetica di Daniel Day-Lewis, quella
dello spettatore per il volto, gli sguardi, i
g e s t i d i u n p re d a t o re c h e s b u c a f u o r i d a l l a
viscere della terra poco prima che il Nov e c e n t o c r e p i t a s s e . L’ i n c i p i t è u n a f e s t a d i
idee: Daniel Plainview è sepolto nelle viscere della terra, con il piccone in mano
scava, fa breccia, rompe l’architettura min e r a l e d e l l a t e r r a , g l i s o t t r a e l ’ a rg e n t o , e i l
p i c c o n e s i f a s c i n t i l l a a c o n t a t t o c o n l a t e rra, diventa scintilla mentre le terra cede, e
Plainview sa il fatto suo, e infila la dinamite in una cavità, poi risale alla luce, il
deserto corre arido per chilometri intorno,
e in cima al pozzo scavato tira su gli attrezzi, ma sono davvero pesanti, e sta ancora tirando su quando la dinamite esplo-
de, e la polvere si alza, una nube spessa di
polvere che cova una sorpresa, il petrolio
esploso e impresso sulla bocca del pozzo,
nero sul deserto dorato, l’epifania del petrolio che esplode ed inverte il destino di
P l a i n v i e w, c h e m a l g r a d o t u t t o , n o n o s t a n t e
una gamba che si spezzerà, e una fatica da
pionieri, scova un giacimento di petrolio,
escogita la tecnologia della trivellazione,
scava il suo primo pozzo, e scardina la sua
posizione sociale diventando signore indiscusso di una piccola comunità, muscolose
squadre di uomini che lavorano per lui, che
si muovono con lui, città intere che si spostano nello sconfinato paesaggio americano
quando Daniel Plainview scopre altro petrolio ancora, e compra terreno per chilometri
interi, a prezzi stracciati. Dura quattordici
minuti almeno, l’incipit. Un quarto d’ora
di cinema puro, dove la storia cola dalle
immagini, e la figura di Daniel Plainview è
sbozzata nella luce, sgrossata nei controluce, intagliata nell’ombra. Potrebbe scorrere in perfetta autonomia, l’incipit: per tutta
la sua durata, le parole sono bandite, non
esiste personaggio che si pronunci, solo la
c o l o n n a s o n o r a d i J o n n y G re e n w o o d , i l
chitarrista dei Radiohead, vibra ed evoca.
E ti sale in testa una domanda, allora: cosa
ci fa un pezzo di cinema muto all’inizio di
un film girato nel 2007? Cosa ci sta mos t r a n d o P. T. A n d e r s o n a d e s s o ? A b b a s t a n z a
semplice: che il cinema nasce nello stesso
m o m e n t o d e l l ’ e s p a n s i o n e v i r a l e d e l l e f o rme industriali, che cinema e industria sono
i n d i s s o l u b i l m e n t e l e g a t i , e i n s i e m e c o n c o rrono a mettere in forma non solo dei modelli sociali – come quello della fabbrica,
con le sue gerarchie – ma anche un immaginario specifico, un preciso modo di vedere le cose. Al pari dell’industria, il cinema esplora il mondo, lo setaccia in lungo
e d i n l a rg o , l o t r a s f o r m a i n u n s e r b a t o i o d i
immagini ed in una miniera di storie. Due
valori mettono sullo stesso piano il cinema
ed il sistema industriale: la possibilità di
r e n d e r e v i c i n o c i ò c h e e r a l o n t a n o , e l a c i rcostanza di disporre delle cose come delle
loro immagini. Ovviamente, ciò comporta
una rottura epocale rispetto al passato. E
Anderson è attentissimo nella regia a rivelare il modo in cui il cinema conquista e
sfrutta il mondo: attraverso piani sequen-
za, lunghe carrellate, dolly che dall’alto
s’inabissano nelle profondità della terra,
o che s’impennano a rincorrere il getto di
petrolio, la macchina da presa sottolinea
l ’ o c c u p a z i o n e , l a c o l o n i z z a z i o n e d i p o rzioni di mondo dimenticate per secoli, ed
ora rese improvvisamente produttive. Ma il
g i o c o è a n c o r a p i ù r a ff i n a t o . I l m o t o r e d e l
film non è solo l’istinto predatore di Plainv i e w, m a a n c h e i l l u n g h i s s i m o c o n f l i t t o c h e
lega il destino del petroliere a quello di
E l i S u n d a y, u n g i o v a n e p r e d i c a t o r e – c o n
il faccino liscio e le espressioni ai limiti
d e l l ’ e p i l e s s i a d i P a u l D a n o . S o n o d u e p e rsonaggi antitetici. Ma agiscono nello stesso
modo, spudoratamente. Mentre Plainview
si assicura il potere economico, Eli Sunday piazza in cassaforte il potere religioso,
collezionando sostenitori e fedeli. Entramb i s o n o d u e t r u ff a t o r i . P l a i n v i e w c o m p r a l e
terre a prezzi stracciati, senza dichiarare
il petrolio sottostante. Sunday parla, bened i c e e a g i s c e i n n o m e d i d i o , s e n z a p i e g a rsi a nessun ordine precedente, ma fondando una propria setta. Ed il mondo sembra
farsi e disfarsi secondo la trama del loro
rapporto. Alla vicinanza iniziale si sosti-
tuirà il conflitto aperto. La lotta diventerà
addirittura fisica, e non mancheranno gli
s c h i a ff o n i m i c i d i a l i i n d u e s c e n e s p e c u l a r i
e bellissime. Ed il film sembra raccontare
l’inizio del Novecento, ed invece ci rivela il nostro tempo armato, dove sulla scacchiera della storia sono ancora i poteri religiosi e quelli economici a fronteggiarsi.
È dalla loro trama, dal loro intreccio, dal
modo in cui si evitano o si sovrappongono,
che la storia continua a prodursi. Così, se
I n t o T h e Wi l d m o s t r a v a a t t r a v e r s o u n a b i o grafia il lato solare dell’America moderna,
qui, in un perfetto controcampo, ritroviamo l’oscurità che pervade la storia. E viene
d a p e n s a r e c h e D a n i e l P l a i n v i e w, i n m e z z o
alle piste da bowling, dopo il dialogo in cui
si autoproclama dio, mentre finisce a colp i d i b i r i l l o E l i S u n d a y, s i a l ’ u l t i m o e r e d e
degli scimmioni spietati di 2001: Odissea
nello spazio. Solo che l’arma che impugna
non diventa più un’astronave che volteggia
nello spazio astrale, non è più il simbolo
di un progresso lontano, ma continua a uccidere, e far sprizzare sangue nero, dagli
uomini come dalla terra.
Giuseppe Zucco
SA 107
LA SERA DELLA PRIMA
Il futuro non è scritto
Sweeney Todd
(di Julien Temple - Irl anda/GB, 2007)
( d i T i m B u r t o n – USA / G B , 2 0 0 7 )
Le s t r a d e d i Julien Temple e di Joe Str umm e r s i e r a n o divise (a causa di una rivalità
d i q u e st ’ u l t i mo con Johnny R otten) qua nd o il r e g i st a a v eva com inciato a colla bor a r e
con i S e x P i stols (The Great Rock’n’Roll
S win d l e , 1 9 8 0), per poi riavvicinarsi solo
d o p o l o s c i o g limento del gruppo, anche se
g i à f i n d a l 1 9 7 6 aveva iniziato a filma r e i
Cl ash . Il f u t u ro n on è scritto è un do c ume nt ari o - o m a g g i o dedicato all’amico (scompa rs o i m p r o v v i sa mente nel dicembre del 2002) ,
u n r i t r a t t o a ff ettuoso dell’uomo Strummer
i n n a n z i t u t t o , che ne m ette in eviden z a luc i
e d o m b r e . N on esattamente un’agiografia
q u i n d i . Av v a l endosi degli archivi de l musici s t a i n g l e se e di num erose testim on ia nz e e
r i c o r d i ( d i a m ici, di musicisti, di fan quali
Bon o , Jo h n n y D epp, John C usack tra gli a lt ri ), i l f i l m r a ccoglie intorno a un fa lò num er o se p e r so n e che chiacchierano sull’ a rg o m e n t o , c o n in background la voce di Joe
che m a n d a m u sica – dalle trasmissioni r a dio
che c o n d u c e v a negli ultimi anni - . Sono pe r
l a m a g g i o r p a rte gli old friends de l pe r iod o a n t e c e d e n t e all’incontro con Mic k Jon es e s o c i , q u ando uno Strummer pre-punk
o c c u p a v a c a s e e cercava di farsi largo con
g l i 1 0 1 e r s . E mergono ideali, aspirazioni e
s co n f i t t e d i u na generazione per buona pa rt e p o i d e l u sa dal corso degli eventi, da lla
com m e r c i a l i z z azione della musica che ne ha
d e v i a t o l o s p i rito originario; chi non ne ha
s eg u i t o i l “ c a r r ozzone m ediatico” è sta to di
f a t t o e m a rg i n a to, come per molti di quelli lì
p res e n t i . I n si e m e al m otivo conviviale de gli
a m i c i r i u n i t i , e in parallelo con immagini
d i r e p e r t o r i o d ell’epoca (fra le quali si r icon o sc o n o f r a mmenti di If… di Anderson)
i l do c u m e n t a r io segue cronologicamente la
v i t a d e l m u si c ista, dai prim i anni a se guito
d e l l a f a m i g l i a in viaggio per il mondo (il
p adr e e r a u n d iplom atico sui generis di sinis t ra) a l l ’ e m e rgere di una personalità f or te e
com p o si t a , a l l ’ affermazione m usicale e a lla
cri s i i n t e r i o r e profonda che seguì al suc c e ss o m o n d i a l e c o n i C lash, agli ideali e a lla
v e i c o l a z i o n e di contenuti anche politici,
al l e t e n si o n i e al ruolo del manager Be r nie
R h o d e s , a l l o sfaldamento del gruppo e al
rapp o r t o a m b i valente con Mick Jone s. Fino
al rit i r o e a l r i torno con i P ogues e inf ine la
r ina sc ita c on i M e sc ale ros. E a l r ic o n g iu n gimento con Jones durante un c o n c e r t o d i
beneficenza. Non mancano i co m m e n t i d e i
pr ota gonisti ( Pa ul Simonon e sc lu s o , in d e c iso f ino a ll’ ultimo sul r ila sc iar e c o mme n ti sull’amico, come ha rivelato p o i Te m p l e
alla stampa), che ne tracciano u n r i t r a t t o
piuttosto completo. Con tono cr e p u s c o l a r e ,
il doc ume nta r io dive nta ma n m a n o u n d isc or so sul pe so de lla c e le br ità e s u l s e n s o
di responsabilità che Strummer s e n t i v a n e i
c onf r onti di c hi lo se guiva , de l d is a g io in te r ior e pe r la f a ma c onquista ta e la r a b b ia
pe r c ome si e r a e voluta la stor ia d e l g r u p p o
e il mondo intorno a sé. Negli u l t i m i a n n i i l
musicista aveva finalmente fat t o p a c e c o n
se ste sso e il suo pa ssa to, da i M e s c a le r o s in
poi, a ppa r e ndo piuttosto pa c if ic a to . I l f uturo non è sc ritto è perciò un r i t r a t t o n o n
c ompia c e nte , da pa r te di c hi ha v is s u to d a l
di dentro l’epopea punk e post-p u n k ( s u c u i
è r itor na to ne l 2000 c on The Filth And T he
Fury ancora sui Pistols, quest a v o l t a d a l
lor o punto di vista e non da que l lo d i M c L a r e n) .
Teresa Greco
Tim Bu r to n me s c o la a lla s u a ma n ie r a g o th ic
e mu s ic a l c r e a n d o u n ib r id o , u n h o r r o r c a n ta to n e l q u a le p a r o le e mu s ic a s o n o a s s o lu ta me n te in s c in d ib ili e q u in d i n o n d o p p ia b ili. I l f ilm è s ta to in f a tti s o tto tito la to .
I s p ir a to a u n f a tto d i c r o n a c a r o ma n z a to d a
un gruppo anonimo di scrittori (Salisbury
Sq u a r e Sc h o o l O f Fic tio n ) e p o i tr a d o tto in
mu s ic a l d a Ste p h e n So n d h e im e H u g h W h e e le r a Br o a d w a y n e g li a n n i ’ 7 0 , è a q u e s t’ u ltimo c h e il r e g is ta a me r ic a n o s i è is p ir a to
rielaborandolo. Un barbiere (chi se non il
s o lito J o hnny D e pp? ) c h e p e r v e n d e t t a s i
tr a s f o r ma in s e r ia l k ille r a r ma to d i r a s o io
nella Londra di metà Ottocento, cercando
l’ u o mo c h e l’ h a a llo n ta n a to d a lla s u a f a mig lia . I n q u e s ta c a c c ia c o in v o lg e l’ in n a morata Miss Lovett, una singolare ostessa
He le na Bo nha m C a r t e r ( e a n c h e q u i: c h i
a ltr i s e n o n le i, mu s a b u r to n ia n a ? ) . I l r e g istro è farsesco, iperrealistico, molto sopra
le righe, e il tutto si svolge in uno spazio
te tr o e s p o g lio i c u i c o n to r n i s e mb r a n o p e r ò
ingigantiti impressionisticamente (con le
c o n s u e te o mb r e ) a lla Bu r to n . Co me g li u ltimi suoi film visti, dalle tetre ambientazioni
d ic k e n s ia n e d e L a f a b b r ic a d i c io c c o la to a
q u e lle d e L a s p o s a c a d a v e r e .
N e l tr a s p o r r e d a mu s ic a l te a tr a le a f ilm mu sicato, è comunque rimasto l’impianto da
p a lc o s c e n ic o , c o me la lu n g h e z z a d e lle s c e n e , c h e ma l a d a tta n o in f a tti a i r itmi c in e ma to g r a f ic i e il p r e d o min io d e lle p a r ti c a n ta te
s u lla r e c ita z io n e ( è lo s te s s o c a s t a c a n ta r e ) ,
r e n d e n d o il tu tto n o n p e r f e tta me n te f lu id o .
I l f ilm p r o c e d e c o s ì p e r q u a s i tu tta la s u a d u r a ta , tr a s c e n e d ila ta te e g r a n d g u ig n o le s c h e
c h e p iù c h e in q u ie ta r e s e mb r a n o d a s o g n o ( o
me g lio d a in c u b o ) , in u n r itmo s o n n o le n to e
to r b id o c h e s o lo n e ll’ u ltima p a r te s i s o v v e rte, verso un rapido e rocambolesco epilogo.
Co n tu tta l’ ir o n ia n e i c o n f r o n ti d e lla s o c ie tà
londinese dell’epoca, ignara consumatrice
d i p a s ti s a n g u in o le n ti d u r a n te u n c o n s o lid a to e v itto r ia n o r ito p o me r id ia n o .
Te c n i c a m e n t e i n e c c e p i b i l e , c o m e a l s o l i t o
( g li ita lia n i D a n te Fe r r e tti e Fr a n c e s c a L o
Schiavo sono stati meritatamente premiati
a g li u ltimi O s c a r p e r le s c e n o g r a f ie ) , Swe e ne y To d d s o lo r a r a me n te e s c e d a l p r e v e d ib ile c lic h é d i g h o tic mu s ic a l h o r r o r, r iu s c e n d o
a tratti ad essere coinvolgente e credibile,
come se fosse quasi sempre schiacciato da
u n a me s s a in s c e n a tr o p p o p e s a n t e . N o n t ra spare se non a tratti l’ironia e il sarcasmo
n e i c o n f r o n ti d e lla s o c i e t à d e l t e m p o e d e i
s u o i r iti s a c r a liz z a ti. Pe c c a t o , u n a m a g g i o re
le g g e r e z z a in s e d e d i s c e n e g g i a t u ra e n e l l a
c o s tr u z io n e d e lle c a r a t t e ri z z a z i o n i a v re b b e
parecchio giovato al progetto, che è stato
f o r te me n te v o lu to d a l re g i s t a c h e h a t i ra t o
d e n tr o il s o lito D e p p i n u n g i o c o d i s e d u zione. Non perfettamente riuscito a questo
g ir o .
Teresa Greco
SA 109
I cosiddetti COntemporane
ANTON WEBERN
Un uomo in cammino verso la nuova musica
E’ s ta t o l ’ a l l i e vo più radicale di Schoe nbe rg e il mae stro di tutte le av anguardie d e lla
s e c o n d a m e t à del Novecento. Teorico del serialismo integrale e, soprattutto, di u n a
n u o v a c o n c e z i one della composizione musicale, Anton Webern non è solo il pad re d e l l o
s t r u t t u r a l i s m o della scuola di Darmstadt, ma anche il capostipite di una genera z i o n e d i
comp o si t o ri c h e ha m esso in discussione l’ asc olto music ale .Testo: Daniele Follero
“D e s t i n a t o a l fallimento totale in un sordo
mon d o d i i g n oranza e indifferenza, We be rn
i n es o ra b i l m e n te continuò a intagliare i suoi
d i a m a n t i , i su oi abbaglianti diam anti, de lle
cui m i n i e re a v e va una conoscenza p e rfe tta”
(Ig o r S t r a v i n sk ij)
Qua n d o P i e r re B oulez progettò la prima r e g i s tr a z i o n e i n t egrale dell’opera del Maestro,
c o m p r e s e l e c omposizioni fuori catalogo, il
ri s u l t a t o o c c u p ò appena sei cd. Tutta la c a rr i e r a c o m p o s i tiva di Anton Webern, infatti,
è ri a ssu m i b i l e in meno tem po di quello c he
o ccu p e r e b b e r o le sole sinfonie di B ee thove n
(che n o n e r a u n o assai prolifico). E p pur e , in
u n a m a n c i a t a d i ore, il com positore vie nne s e , l ’ a l l i e v o p iù intransigente e radicale di
Arn o l d S c h o e n b erg, è riuscito a da r e una
s pi n t a c o sì n uova alla m usica conte mpor a n ea, d a d i v e n t a re un vero e proprio simbolo
d el le a v a n g u a rdie musicali del N ove c e nto.
Nel su o l i b r o In C am m ino Verso L a Nuov a
M u s i c a , r a c c o lta postuma di scritti relativi
a d a l c u n e s u e conferenze sui nuovi metodi
com p o si t i v i d el serialismo, la sua f ilosof i a m u s i c a l e è esplicitata con una linearità
e u n a s i n t e t i c i tà così schiette, che lasciano
i n t e n d e r e b e n issimo le caratteristiche del
p e r s o n a g g i o e della sua musica. Dalle sue
p aro l e si c a p i sce quanto il cam m ino ve r so la
d i s s o l u z i o n e c o m pleta della tonalità r a ppr e s en t i p e r l u i u n percorso evolutivo obbliga to
p er a r r i v a r e a lla “nuova m usica”. Una mus i c a c h e s i l i beri totalmente della funzione
d i s c o r si v a d e l tem a, che vada verso la spa z i a l i t à d e l s u ono più che verso la linearità
d el lo sv i l u p p o tematico. S olo così, s e c ondo
l u i , sa r e b b e stato possibile il supera me nto
d el R o m a n t i c i sm o e dei suoi consolida ti ste reot i p i . I n q u esti suoi sem plici pensie r i è
r a c c h i u s o i l p rima e dopo della mu sica del
Novecento, ma forse neanche i l s u o a c u t o
inge gno a vr e bbe imma gina to c h e la s u a in f lue nz a a ve sse potuto giunge r e a ta n to . A llie vo di Sc hoe nbe rg, studiò c on lu i f in o a l
1908 e ne assimilò tutti i princ i p i t e o r i c i e
le c onvinz ioni r igua r do a l “ pr og r e s s o ” d e lla
music a . Ma que lla di un a llie v o c o mp le ta me nte in sintonia a c r itic a c on il ma e s tr o è
un’ imma gine d’ e ff e tto, a nc he s e p o c o r e a listic a , c hé di c ontr a sti tr a i du e c e n e f u rono, eccome. Non c’è dubbio , p e r ò , c h e ,
pur seguendo il suo intuito, We b e r n f o rg i ò
il suo pe nsie r o r a dic a le pa r te ndo p r o p r io d a
Sc hoe nbe rg e da lla sua ide a di c o mp o s iz io ne dodecafonica, basata sulla se r i e d i d o d i c i
suoni in r e la z ione tr a lor o gli u n i c o n g li
a ltr i. A volte la stor ia r ie sc e a f o r n ir e d e lle imma gini f or te me nte simboli c h e r is p e tto
agli eventi e significativamente r e a l i . E i n
que sto se nso, il dua lismo insito in Sc h o e n be rg, tr a tr a diz ione e mode r nità , s i è e s p r e s so alla perfezione proprio attra v e r s o i s u o i
più impor ta nti e f e de li a llie vi: A lba n Be r g
e lo ste sso We be r n. Me ntr e il pr imo , in c o n tinuità c on il pa ssa to, ha e voluto il s u o s tile
ma nte ne ndo f or ti r a ppor ti c on il s is te ma to na le e c on i ge ne r i “ c la ssic i” , su b lima n d o lo
in una sor ta di “ giusto me z z o” tr a p a s s a to e
f utur o, il se c ondo c on que l pa ss a to h a r o tto
completamente, appena dopo un p e r i o d o d i
tr a nsiz ione c he lui ste sso ha de c is o d i c a n c e lla r e da lla sua pr oduz ione .
L’ e s t r e m i s m o d e l n o b i l e d e c a d u t o
Eppur e , diff ic ilme nte le sue or ig in i a v r e b be r o f a tto suppor r e pr e se di po s iz io n e c o s ì
e str e me . Ma f or se è pr opr io la c o n tr a d d izione tra la vita e il pensiero c h e s p e s s o
genera le rivoluzioni (interiori e d e s t e r i o r i
c he sia no) . Figlio di un inge gn e r e min e r a -
rio, proveniente da una famiglia elevata a
rango nobiliare nel 1754, il giovane Anton
Fie d r ic h Wilh le m v o n We b e r n r ic e v e tte g li
studi musicali senza particolari problemi,
v iv e n d o u n a v ita a b b a s ta n z a a g ia ta , a lme no fino alla decadenza del titolo nobiliare,
d o p o la Pr ima G u e r r a M o n d ia le . A lla q u a le
f u c h ia ma to a p a r te c ip a r e , ma , p e r s u a f o rtu n a , f u c o n g e d a to p r e s tis s imo p e r in s u ff ic ie n z a d i v is ta . Ch e il s u o f u tu r o f o s s e n e lla
musica lo si intuì già dai suoi studi: lezioni
d i te o r ia d e lla c o mp o s iz io n e c o n Edw in Ko m a ue r , la u r e a in mu s ic o lo g ia a ll’ u n iv e r s ità
d i Vie n n a c o n Guido A dle r e , in f in e , il v e r o
e p r o p r io s o d a liz io c o n A r n o ld Sc h o e n b e rg ,
col quale studiò fino al 1908, anno della
c o mp o s iz io n e d e lla s u a p r ima o p e r a in c a ta lo g o , la P a s s a c a g lia o p . 1 , s a g g io d i c o n clusione dei suoi studi musicali. Divenuta
in s e g u ito u n a d e lle o p e re p i ù n o t e d i We bern, la Passacaglia non può, però, definirsi
u n ’ o p e r a id e n tif ic a tiv a d e l s u o s t i l e , ri s e n te n d o a n c o r a d i in f lu e n z e p o s t -ro m a n t i c h e e
b e n lo n ta n a d a lle e s p e ri e n z e d o d e c a fo n i c h e .
Per molto tempo, sulla scia del Maestro e
d e l s u o s e mp r e p iù c a r o a m i c o B e rg , We b e rn
s e g u ì, a ttr a v e r s o l’ a to n a l i t à , i l p e rc o rs o c h e
lo p o r tò a d a p p r o d a r e a l s e ri a l i s m o . C o m p o s iz io n i s ia v o c a li ch e s t ru m e n t a l i (Li e d e r, Ba g a te lle , Q u a r te t t i d ’a rc h i e c c … ) c h e
n o n s i d is c o s ta n o mo lt o d a l l e c o n t e m p o ra n e e c o mp o s iz io n i s c h o e n b e rg h i a n e . Il p ri m o
esperimento dodecafonico è datato 1925: i
Tr e Ca ntic i Sp ir itua li s e g n a n o l ’ i n i z i o d e l
nuovo corso, per lui e per tutta la musica del
N o v e c e n to , a d u e a n n i d a l l a s u a t e o ri z z a z i o n e d a p a r te d i Sc h o e n b e rg n e l fa m o s o a rt i c o lo ( p u b b lic a to , a p p u n to , n e l 1 9 2 3 ) i n t i t o l a t o
SA 111
I cosiddetti COntemporane
Kom p o si t i o n m it 12 Tonen. L a prima ope r a
com p l e t a m e n t e strumentale, scritta c on que s t a t e c n i c a è invece il Trio d’A rchi op. 20
(1 9 2 7 ) , n e l q u ale è già evidente l’in te r pr e t azi o n e a l q u a nto personale del serialismo da
p arte d i We b e r n. L e serie da lui ideate , sono
s p e s s o i n t r i c a te e le altezze raggruppate in
cel l u l e c h e so no variazioni l’una dell’ a ltr a .
U n a t e c n i c a c omplessa, ma che in sostanza
è v o l t a a l l a e conomizzazione del materiale
com p o si t i v o , u na caratteristica che d ive nte rà s e m p r e p i ù evidente nel catalogo we be rn i a n o . M a l a rivoluzione del compositore
v i en n e se n o n s i ferma certo qui. A ttr a ve r so
u n a r a d i c a l i z zazione delle tecniche se r ia l i , n e l l e s u e ultime opere, Webern applica
a t u t t i i p a r a metri musicali (altezza , inte ns i t à e , so p r a t t u tto, tim bro) l’organiz z a z ione
c h e S c h o e n b e rg aveva inteso invece per le
s ol e d i m e n si o n i verticale e orizzonta le de ll e al t e z z e . G l i strumenti vengono anch’essi
i n c l u s i n e l p r ocesso di serializzazione che,
n el f r a t t e m p o , prevede una riduzione se mp re m a g g i o r e del m ateriale melodic o, a nn u l l a n d o q u a l siasi relazione discor siva tr a
i s uo n i .
Serialismo
i n t e g r a l e e s pa z i a l i t à s o n o r a : l a
m u s i c a c a mb i a d i r e z i o n e .
Anzi l a perde
Il ri su l t a t o d i questi esperimenti è f onda m en t a l m e n t e duplice: da un lato, il se r ia lis m o i n t e g r a l e (così viene definita l’ a pplicazio n e d e l l e tecniche com positive se r ia li a
t u t t i i p a r a m e tri della com posizione ) por ta
a d u n a d i ff u s ione spaziale del suono mai
s per i m e n t a t a prim a; dall’altro, la riduz ione
d el m a t e r i a l e fino a quella che, solo in se g u i t o v e r r à d efinita tecnica “puntillistica”
( t e r m i n e m u t uato dalla pittura), tende ad
i s o la r e s e m p r e di più i singoli suoni fino a
rend e r l i i n d i p e ndenti gli uni dagli altr i e a d
es alt a r n e i l c o lore. L a musica, con i suoni
c h e v i a g g i a n o tra uno strumento a ll’altro,
abb a n d o n a t u t ti i suoi riferim enti d isc or siv i e l a s u a l i n earità e i rapporti tra le note
d i v e n g o n o r a p porti tra suono e silenz io, tr id i m e n s i o n a l i t à: la cosiddetta “melodia di
t i m b r i ” è i l r i sultato di questa riduzione ai
m i n i m i t e r m i ni, di questa sintesi estrema.
E ciò v a l e si a per le pagine per or c he str a ,
s i a p e r q u e l l e dedicate ai singoli strumenti
(s t ra o r d i n a r i o e sem pio ne sono le Variazioni
p er P i a n o f o rt e op. 27). L’abbellime nto, c a -
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r a tte r istic a ir r inunc ia bile de lla mu s ic a f in o
a poc o te mpo pr ima , pe r de tutto il s u o s ig n if ic a to, dive nta inutile di f r onte a ll’ e s s e n zialità spaziale e concettuale del l e r e l a z i o n i
tr a i suoni. Sc e lte stilistic he c he g li c r e a r o no non poc hi pr oble mi dur a nte il r e g ime n a z ista , c he de f inì la sua music a “b o ls c e v is m o
c ulturale ”, bolla ndola c ome “deg e n e r a ta ” e
impe de ndogli di f a tto qua lsia si a ttiv ità p r o f e ssiona le , c ostr inge ndolo a viv e r e f a c e n d o
il correttore di bozze e a com p o r r e s e n z a
ne ssuna a mbiz ione di pote r e se g u ir e le p r o prie partiture. Ma non fu solo i l r e g i m e a
non c ompr e nde r e e a snobba r e il s u o g e n io .
Le sue ide e f a tic a r ono molto a d e s s e r e me tabolizzate, tanto erano avangua r d i s t e .
Diff ic ile c a pir e f ino a dove sa r e b b e a r r iva ta que sta r ivoluz ione , que sto p e r c o r s o d i
capovolgimento del senso della m u s i c a , s e
uno stupido milita r e a me r ic a no u b r ia c o , d u r a nte l’ oc c upa z ione a lle a ta in Au s tr ia , n o n
l’avesse ucciso. Eppure, nonos t a n t e i l s u o
lavoro sia stato interrotto così b r u s c a m e n t e ,
gli e ff e tti si sono f a tti se ntir e mo lto p r e sto. La sua e r e dità è sta ta r a c c o lta s u b ito
dopo la sua morte da un gruppo d i g i o v a n i
c ompositor i c he lo ha nno e le vato a s imb o lo de lla Nuova Music a , que lla c h e a p a r tir e
da gli a nni ’ 50 si ide ntif ic he r à c o n u n a s c u o la, quella di Darmstadt, non a ca s o d e f i n i t a ,
a ppunto, “ post- we be r nia na ” . Ma n o n è c e r to
n e lla mitiz z a z io n e d e i v a r i St o c kha us e n e
Boulez che si esaurirà l’insegnamento del
M a e s tr o . Co n u n p o ’ d i e la s tic ità e d i p r o s p e ttiv a s to r ic a è f a c ile in tu ir e q u a n to le
tr a s f o r ma z io n i r a d ic a li w e b e r n ia n e a b b ia n o
in f lu ito , s p e s s o in d ir e tta me n te , s u lla mu s ic a
del secondo dopoguerra. A rigor di logica,
s e We b e r n n o n a v e s s e a p e r to la p r o s p e ttiva “spaziale” del suono, probabilmente oggi
non potremmo riflettere sull’ambient music,
s u l min ima lis mo , n é s u lle te c n ic h e d i r e g is tr a z io n e q u a d r if o n ic a . Stia mo e s a g e r a n d o ?
Può darsi. Ma spesso la storia, per essere
c o mp r e s a , n o n d is d e g n a l’ e s tr o imma g in a tiv o .
Opera Omnia
• Passacaglia per grande orchestra, op. 1 (1908)
• “Entflieht auf Leichten Kähnen” per coro
a cappella su testo di Stefan George, op. 2
(1908)
• Cinque Lieder su Der Siebente Ring per voce
e pianoforte, op. 3 (1907-08)
• Cinque Lieder da Stefan George per voce e
pianoforte, op. 4 (1908-09)
• Cinque pezzi per quartetto d’archi, op. 5
(1909)
• Sei pezzi per grande orchestra, op. 6 (190910, revisione 1928)
• Quattro pezzi per violino and piano, op. 7
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(1910)
Due Lieder su testi di Rainer Maria Rilke per
voce e pianoforte, op. 8 (1910)
Sei bagatelle per quartetto d’archi, op. 9
(1913)
Cinque pezzi per orchestra, op. 10 (1911-13)
Tre piccoli pezzi per violoncello e pianoforte,
op. 11, (1914)
Quattro Lieder per voce e pianoforte, op. 12
(1915-17)
Quattro Lieder per voce e orchestra, op. 13
(1914-18)
Sei Lieder su testi di Georg Trakl per
voce, clarinetto, clarinetto basso, violino e
violoncello, op. 14 (1917-21)
Quattro canti sacri, per voce e strumenti, op.
15 (1917-22)
Cinque canoni su testi latini, per soprano
acuto, clarinetto e clarinetto basso, op. 16
(1923-24)
Tre canti popolari sacri per voce, violino
(anche viola), clarinetto e clarinetto basso, op.
17 (1924)
Tre Lieder per voce clarinetto in mi bem. e
chitarra, op. 18 (1925)
Due Lieder per coro misto, celesta, chitarra,
violino, clarinetto e clarinetto basso, op. 19
(1926)
Trio per archi, op. 20 (1927)
Sinfonia per orchestra da camera, op. 21
(1928)
Quartetto per violino, clarinetto, sassofono
tenore e pianoforte, op. 22 (1930)
Tre Lieder su Viae inviae di Hildegard Jone,
per voce e pianoforte, op. 23 (1934)
Concerto per flauto, oboe, clarinetto, corno,
tromba, violino, viola e pianoforte, op. 24
(1934)
Tre Lieder su testi di Hildegard Jone per voce
e pianoforte, op. 25 (1934-35)
Das Augenlicht, per coro misto e orchestra, su
testo di Hildegard Jone, op. 26 (1935)
Variazioni per pianoforte, op. 27 (1936)
Quartetto per archi, op. 28 (1937-38)
I Cantata per soprano, coro misto e orchestra,
op. 29 (1938-39)
Variazioni per orchestra, op. 30 (1940)
II Cantata per soprano, basso, coro e
orchestra, op. 31 (1941-43)
SA 113
BENGA “Diary Odf An Afro Warrior”
(Tempa) CD/3LP
Diary Of An Afro Warrior è uno degli album più attesi di questo
2008. Se Burial ha guadagnato i vertici delle charts nel 2007, con
l’ esordio lungo per Tempa (dopo i devastanti mix per Planet Mu
) Benga è destinato a medesima sorte nel 2008. Per lui si sono
espressi favorevolmente produttori quali Gilles Peterson, Ricardo
Villalobos, Pete Tong, Zane Lowe, Annie Mac, Herve e Shy FX. Il
nuovo affondo del dubstep!
MIKE PATTON “A Perfect Place” (Ipecac) CD+DVD
A Perfect Place è un corto diretto da Derrick Scocchera, le musiche
curate da Mike Patton accompagano questo atipico noir con
protagonisti Mark Boone Junior (Batman Begins) e Bill Moseley
(The Devil’s Rejects). L’estro di Patton è a lavoro a pieno regime:
ci sono tutti i luoghi (non comuni) della musica popular: l’alter ego
operistico di Mike – nella traccia in italiano Il Cupo Dolore – i calienti
ritmi sudamericani – Batucada – lo swing del migliore jazz d’antan,
assieme ai tribalismi e a quel pop genuinamente trasversale che
Mike Patton ci ha fatto spesso assaggiare coi Mr. Bungle. Il DVD
contiene il film.
PETE MOLINARI “A Virtual Landside”
(Damage Goods) CD/LP
Nuova scommessa in casa Damaged Goods: la voce in falsetto
di Pete ha già conquistato la stampa d’oltremanica, solleticando
paragoni con alcuni leggendari folk-singer americani. Alchimie
blues, riscritture in clima pre-war, un timbro vocale essenziale
e la bontà di arrangiamenti essenziali ma vincenti. Associato a
Woody Guthrie, Jimmy Scott e Bob Dylan il nostro è un poeta
moderno coi piedi ben saldi nella tradizione.
EXCEPTER “Dept Dept” (Paw Tracks) CD
Grandissima rentrèe per il collettivo di Brooklyn già sotto
l’ala protettrice di 5 Rue Christine. Un suono che cresce in
intensità, raccogliendo maggiori contributi vocali ed una favolosa
stringatezza strumentale. Elettronica analogica figlia dei più
tortuosi percorsi new-wave, con canzoni propriamente definite
ed uno spirito ancora iconoclasta. File under: Mark Stewart &
The Mafia, Suicide e Throbbing Gristle.
TICKLEY FEATHER “S/T” (Paw Tracks/SRD) CD
Tickley Feather, al secolo Annie Sachs, si è fatta conoscere
accompagnando in tour gli Animal Collective nell’ultima serie di
date internazionali. Un pop notturno e stralunato il suo: homerecordings spesso realizzate con strumenti di fortuna e spirito
assolutamente minimale. Nonostante ciò una sensibilità che ha
suscitato paragoni con Kate Bush e addirittura Syd Barrett.
VALET “Naked Acid” (Kranky) CD
Honey Owens (già coi Jackie-o Motherfucker ed i Nudge) giunge
come Valet al suo secondo album , confenzionando brani dalla
struttura apertissima , in un coacervo di acid rock, music
ambient e tecniche d’incisione figlie della scuola dub. Contenuti
molto eterogenei ed un’ispirazione ampliata dalle presenze di
Mark Evan Burden (Silentist) e Adrain Orange (K Records).
EDDIE BO “In The Pocket With...”
(Vampisoul) CD/2LP
Una delle più attenibili raccolte in grado di mettere in luce il
genio del grande artista originario di New Orleans. Nome di
punta della scena funk internazionale a cavallo tra anni ‘60 e
‘70. Liner notes a cura del giornalista Bryce White. 28 tracce
nel cd, 32 nella versione doppio vinile. Un must da posizionare
a fianco di Meters e Dr. John!
ESSIE JAIN “We Made This Ourselves” (Leaf) CD
Debutto per la 29enne vocalist inglese assistita dal chitarrista
Patrick Glynn e dal batterista Jim White (Dirty Three, Will
Oldham, Nina Nastasia).Delizioso e minimale freak-folk con
spunti quasi cameristici per una voce che piacerà tanto agli
estimatori di Joanna Newsom quanto a quelli di Cat Power.
Impedibile.
Roma
9-10
MAGGIO
2008
Ara Pacis/Auditorium
Parco Della Musica/
Palazzo Dei Congressi
BORIS “Smile” (Southern Lord) CD/LP
Il nuovo album dei Boris presenta un approccio spiazzante al genere
hard, incamerando influenze esterne che vanno dal pop giapponese
alla musica per cartoni animati, senza in questo trascurare oscuri
tributi all’hair-metal degli anni ’80. Un gruppo che puntualmente
batte la strada del rinnovamento, Smile in questo non è eccezione,
ampliando ulteriormente lo spettro sonoro del gruppo, che spesso
è riuscito a far convivere in un contesto unico elementi di rock anni
’70, drone music e rumorismo.
DIMENSION X “S/T” (Sonic Invaders) CD
Una spaziale immersione nel mondo della più selvaggia
musica improvvisata, con retaggio e attitudine ‘punk’. I tre
marziani dietro a Dimension X sono Massimo Pupillo (basso,
Zu), Chris Corsano (batteria, nella touring band di Bjork e
sul disco Volta) ed il francese David Chalmin (chitarra ed
elettroniche). Dimension X rivisita archetipi impro-jazz, grazie
alla manipolazione elettronica e al vigore delle musiche più
estreme: siano esse hardcore, noise o industrial. Attingendo
ad un’abnorme libreria sonora – HYPERLINK “http://www.
archive.org” www.archive.org – che costituisce il fulcro del
progetto stesso. Atwork curato da Scarful.
I nostri artisti a
Brasilintime feat.Madlib & J Rocc (Stones Throws/Mochilla)
Murcof (Leaf ) • Nico Vascellari + John Weise + Stephen O’Malley (Conspiracy)
Pinch (Tectonic) • Yacht (Err) •Zu (Atavistic)
IN TOUR:
A HAWK AND A HACKSAW: 01/04 Milano, Biko Club - 04/04 Genova, Milk Club
(w/ Joe Lally) - 05/04 Ravenna, Bronson - 06/04 Anghiari (Ar), Sala Audiovisivi
Charalambides: 02/04 Padova, Carichi Sospesi - 04/04 Ravenna, Bronson
05/04 Pavia, Ortosonico - 06/04 Foligno (PG), Feedback - 08/04 Roma, Init
COLLEEN: 23/04 Padova, ex Chiesetta delle Zitelle - 25/04 Catania, Bonajuto
26/04 BAZZANO (BO), Rocca dei Bentivoglio
27/04 San Mauro Pascoli (Rn), Villa Torlonia
Holly Golightly & The Brokeoffs: 11/04 Ravenna, Bronson
12/04 Torino, Spazio 211
KODE9 & SPACEAPES: 04/04 Roma, Auditorium
SHAPE OF BROAD MINDS (Jneiro Jarel): 20/04 Bologna, Locomotiv
SLEEPING PEOPLE: 09/04 Forli’, Diagonal - 10/04 Brindisi, Goldoni
11/04 Roma, Sinister Noise - 12/04 Pescara, Mono
THIS WILL DESTROY YOU: 17/04 Milano, Leoncavallo - 18/04 Roma, Traffic
Witch: 23/04 Torino, Spazio 211
www.GOODFELLAS.it distribuzione / vendita per corrispondenza
via Fortebraccio 20/A - 00176 Roma (Pigneto) Tel. 06 21700139 Fax: 06 2148346 - e-mail: [email protected]
http://goodfellaspromo.blogspot.com/ www.myspace.com/goodfellasdistribution
I NOSTRI NEGOZI: ROMA Radiation Records - Circ.ne Casilina 44 (Pigneto) • FIRENZE Music Center - Via Martelli 33/R

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