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la disciplina della (in)utilizzabilità dei cd. precedenti di polizia tra
 www.canestrinilex.it 5/2004
[ LA DISCIPLINA DELLA (IN)UTILIZZABILITÀ DEI CD. PRECEDENTI DI POLIZIA TRA GARANZIE COSTITUZIONALI ED ESIGENZE DI SICUREZZA PUBBLICA ] No ©copyright ‐ 2004 Avv. Nicola Canestrini ‐ Studio legale Canestrini. Riproduzione libera se senza scopo di lucro, citando l’autore e la fonte www.canestrinilex.it, senza modificare i testi stessi (cd. "fair use"). Non costituisce attività di consulenza legale. Avv. Nicola Canestrini – PRECEDENTI DI POLIZIA
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Come è noto, in forza delle previsioni della l. 1 aprile 1981, n. 121 rubricata “Nuovo
ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza” è stato istituito presso il Dipartimento
di pubblica sicurezza del Ministero dell’interno un centro elaborazione dati (d’ora innanzi “C.E.D.”)
che raccoglie vari archivi.
In particolare, dal combinato disposto degli artt. 6, comma 1 lett. a) e 7, comma 1 della l.
121/81 citata emerge che nei medesimi archivi sono conservati i dati e le informazioni
1.
ricavati da indagini di polizia, ovvero
2.
risultanti da documenti della pubblica amministrazione o
3.
da sentenze o provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
L'art. 9 della stessa legge consente l'accesso ai dati e la loro utilizzazione agli ufficiali di
polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia, agli ufficiali di pubblica sicurezza, ai funzionari
dei servizi di sicurezza e all'autorità giudiziaria per gli accertamenti necessari per i procedimenti in
corso e nei limiti stabiliti dalle vigenti leggi processuali, specificando che è vietato l'uso dei dati per
finalità diverse da quelle inerenti alla tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e della prevenzione
e repressione della criminalità.
Tralasciando in questa sede ogni considerazione sulla creazione di banche dati di
“sorveglianza globale”1, contenenti oltretutto giudizi sulla stima e la reputazione degli
interessati, notizie sulle relazioni familiari ed amichevoli, e notizie “atte a lumeggiare la figura
dell’interessato”2, ci si vuole soffermare sulla utilizzabilità procedimentale e processuale
dei riscontri tratti dal C.E.D.
Infatti, in un procedimento penale la consultazione di tali archivi può risultare molto utile,
se non decisiva, e non solo durante le indagini preliminari: gli estratti del C.E.D. infatti possono
essere acquisiti al dibattimento sotto forma di tabulati quali prove documentali. Si pensi d’altro
canto all’utilizzo di tali archivi nei procedimenti amministrativi, ad esempio relativi al rilascio di
autorizzazioni di polizia (porto d’armi, ecc.), o relativi alle cd. misure di prevenzione di cui alla l.
1423/56.
Provocatoriamente, si potrebbe riproporre il quesito se il principale compito del sistema di controllo penale
moderno sia – oltre alla risposta alla criminalità - anche il governo delle classi subalterne; il riferimento va a
quell’insieme di meccanismi polizieschi che, anziché colpire l'infrazione di una norma o la lesione di un bene
giuridico, erano in grado di sanzionare un complessivo stile di vita. L'esercizio di tale funzione di
disciplinamento sociale avrebbe riprodotto all'interno dei nostri sistemi penali dei settori autonomi
dell'ordinamento connotati da uno spiccato carattere poliziesco, ciò che è stato chiamato da Luigi Ferrajoli,
«sotto-sistema penale di polizia», in cui non vigono le garanzie individuali pensate dai riformatori illuministi
ed il controllo sociale sanziona "individui" e non "fatti" criminali.
2 Si veda, in proposito, la “Relazione al Parlamento” del Garante della Privacy, 2001, p. 36 ss. nonché il
Bollettino, 16, gennaio 2001, del medesimo Garante, ove nella segnalazione dd. 11 gennaio 2001 vengono
espressi prudenti critiche al sistema attualmente vigente: basti pensare che la sola Arma dei Carabinieri
mantiene – contra legem, se non altro perché “in contrasto con sopravvenuti principi in materia di
protezione dei dati”- ca. 95 (novantacinque) milioni di pratiche cd. permanenti! Il Garante nella segnalazione
da ultimo citata considera inoltre „non giustificato“ che gli esiti del controllo di persone in servizi esterni
siano annotati anche nel C.E.D., quando lo stesso abbia dato esito negativo e non vi siano addebito a carico
del soggetto controllato. Si evidenzia che lo strumento per richiedere la cancellazione / rettifica di detti dati è
dato dall’articolo 10 l.121/81 citata nel testo, norma speciale rispetto alle norme del T.U. Privacy (d.lgs.
196/03).
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E’ evidente il pericolo di un grave vulnus dei diritti fondamentali, tra i quali quello alla
difesa, che comporta l’utilizzo indiscriminato di tali informazioni, formate senza alcuna possibilità
di partecipazione – o di contraddittorio! – dell’interessato o del suo difensore.
In questo senso è intervenuta dunque la disciplina sulla privacy, la quale – con una scelta
forse opinabile dal punto di vista sistematico, dato che la sua collocazione naturale parrebbe essere
il capo VII del titolo II del libro III del vigente codice di procedura penale rubricato “Sulle prove” –
con l’articolo 42 l. 31 dicembre 1996 n. 675 dapprima, ed ora con l’articolo 175 del D.LGS. 30
settembre 2003, n. 196 (T.U. Privacy) ha novellato l’articolo 10 della l.121/1981 che al secondo
comma espressamente recita3:
I dati e le informazioni conservati negli archivi del Centro possono essere utilizzati in
procedimenti giudiziari o amministrativi soltanto attraverso l'acquisizione delle fonti originarie
indicate nel primo comma dell' articolo 7 fermo restando quanto stabilito dall' articolo 240 del
codice di procedura penale.
3 Per maggiore comodità, si riporta l’intero articolo 10 l.121/81, rubricato “Controlli”:
“1. Il controllo sul Centro elaborazione dati è esercitato dal Garante per la protezione dei dati personali, nei
modi previsti dalla legge e dai regolamenti.
2. I dati e le informazioni conservati negli archivi del Centro possono essere utilizzati in procedimenti
giudiziari o amministrativi soltanto attraverso l'acquisizione delle fonti originarie indicate nel primo comma
dell' articolo 7 , fermo restando quanto stabilito dall' articolo 240 del codice di procedura penale . Quando nel
corso di un procedimento giurisdizionale o amministrativo viene rilevata l'erroneità o l'incompletezza dei
dati e delle informazioni, o l'illegittimità del loro trattamento, l'autorità precedente ne dà notizia al Garante
per la protezione dei dati personali.
3. La persona alla quale si riferiscono i dati può chiedere all'ufficio di cui alla lettera a) del primo comma dell'
articolo 5 la conferma dell'esistenza di dati personali che lo riguardano, la loro comunicazione in forma
intellegibile e, se i dati risultano trattati in violazione di vigenti disposizioni di legge o di regolamento, la loro
cancellazione o trasformazione in forma anonima. [cfr. peraltro le modifiche introdotte con l’articolo 4 del
D.L. 31 marzo 2005, n. 45].
4. Esperiti i necessari accertamenti, l'ufficio comunica al richiedente, non oltre trenta giorni dalla richiesta, le
determinazioni adottate. L'ufficio può omettere di provvedere sulla richiesta se ciò può pregiudicare azioni
od operazioni a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità,
dandone informazione al Garante per la protezione dei dati personali.
5. Chiunque viene a conoscenza dell'esistenza di dati personali che lo riguardano, trattati anche in forma non
automatizzata in violazione di disposizioni di legge o di regolamento, può chiedere al tribunale del luogo ove
risiede il titolare del trattamento di compiere gli accertamenti necessari e di ordinare la rettifica,
l'integrazione, la cancellazione o la trasformazione in forma anonima dei dati medesimi”.
L’articolo 7 l. cit., titolato” Natura e entità dei dati e delle informazioni raccolti”, invece recita: “Le
informazioni e i dati di cui all'articolo 6, lettera a), devono riferirsi a notizie risultanti da documenti che
comunque siano conservati dalla pubblica amministrazione o da enti pubblici, o risultanti da sentenze o
provvedimenti dell'autorità giudiziaria o da atti concernenti l'istruzione penale acquisibili ai sensi
dell'articolo 165-ter del codice di procedura penale o da indagini di polizia.In ogni caso è vietato raccogliere
informazioni e dati sui cittadini per il solo fatto della loro razza, fede religiosa od opinione politica, o della
loro adesione ai princìpi di movimenti sindacali, cooperativi, assistenziali, culturali, nonché per la legittima
attività che svolgano come appartenenti ad organizzazioni legalmente operanti nei settori sopraindicati.
Possono essere acquisite informazioni relative ad operazioni o posizioni bancarie nei limiti richiesti da
indagini di polizia giudiziaria e su espresso mandato dell'autorità giudiziaria, senza che possa essere opposto
il segreto da parte degli organi responsabili delle aziende di credito o degli istituti di credito di diritto
pubblico. Possono essere altresì acquisiti le informazioni e i dati di cui all'articolo 6 in possesso delle polizie
degli Stati appartenenti alla Comunità economica europea e di quelli di confine, nonché di ogni altro Stato
con il quale siano raggiunte specifiche intese in tal senso. Possono essere inoltre comunicati alle polizie
indicate al precedente comma le informazioni e i dati di cui all'articolo 6, che non siano coperti da segreto
istruttorio.”
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In sostanza, in forza della predetta innovazione legislativa, non potranno più essere
utilizzati come documenti – ed ovviamente non si potrà tenere conto del loro contenuto -i tabulati
ottenuti mediante stampa dei dati contenuti negli elaboratori elettronici del C.E.D., né la prova dei
fatti a cui i dati di riferiscono potrà essere ottenuta mediante deposizione testimoniale dei
verbalizzanti avente ad oggetto detti dati, ma andranno acquisiti di volta in volta (eventualmente in
copia, e quindi soltanto ove ancora esistenti e rintracciabili) le relazioni di servizio dei militari
operanti, le denunce o querele presentate, ecc.
Tali fatti, ovviamente, potranno essere altresì essere provati sulla base di deposizioni
testimoniali aventi ad oggetto il contenuto di tali “fonti originali” secondo le norme procedurali
applicabili4.
Qualora invece tali “fonti originali” non siano stati acquisite, le relative informazioni non
potranno essere utilizzate, a pena di violazione di legge censurabile (fino) in Cassazione secondo le
normative processuali applicabili5.
Si pone, per alto verso, e specificatamente per i principi che governano il procedimento
penale, il problema della compatibilità del sistema delineato con la presunzione di non
colpevolezza di cui al capoverso dell’articolo 27 della Costituzione: è intuitivo che la sola presenza
dei cd. precedenti di polizia di cui all’archivio del C.E.D. possa compromettere i diritti individuali
del singolo, soprattutto quando il precedente di polizia non sia ancora stato sottoposto al vaglio del
giudice naturale o, a fortiori, sia invece sfociato in una assoluzione6.
Peraltro, secondo i pressoché unanimi principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte di
Cassazione7, la cancellazione del dato dall'archivio informatico non è consentita neppure quando il
procedimento penale si sia esaurito con una sentenza di assoluzione (Cass., Sez. II, 11 febbraio
1994, Moretti), dato che, in questo caso, è possibile soltanto ordinare l'integrazione del dato
mediante l'annotazione della intervenuta decisione di proscioglimento (Cass., Sez. IV, 13 aprile
1992, Calia).
Tale indirizzo è stato ribadito in una ulteriore pronuncia con cui è stato precisato che, a
norma dell'art. 10 l. 121/81, il tribunale può ordinare la cancellazione dei dati soltanto quando essi
siano inesatti o illegittimamente acquisiti, potendo, invece, ordinarsene l'integrazione nell'ipotesi
di dati incompleti, come, appunto, si verifica allorché l'incompletezza derivi dalla mancata
annotazione dell'esito del procedimento conclusosi con l'archiviazione o il proscioglimento (Cass.,
Sez. I, 26 febbraio 1996, Somma).
La soluzione prospettata, che trova nella rettifica – rectius: integrazione - del precedente di
polizia con la sopravvenuta sentenza assolutoria il punto di equilibrio fra gli interessi coinvolti8 ,
Cfr. G.L. Fanuli, “Inutilizzabilità e nullità della prova” in Quaderni di Cassazione Penale, 2, 14; in termini,
Tribunale Fermo, 29 febbraio 2000, Di Pietro, in Arch. nuova proc. pen. 2000, 298.
5 Si evidenzia che nel processo penale la categoria della inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p. – applicabile anche
durante le indagini preliminari - non è passibile di sanatoria, né di acquiescenza tacita ex art. 183 (a) c.p.p.,
ed è notoriamente rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
6 Si pensi semplicemente ad una querela per furto segnalata nel C.E.D., reato per il quale l’interessato sia
stato assolto: la problematica è destinata a rafforzarsi vista la unione dei sistemi informativi in dotazione alle
forze di polizia (in Europa il cd. S.I.S., Schengen Infomation System).
7 Cfr., da ultimo, Corte di Cassazione, I, sentenza 85/99.
8 I tempi di aggiornamento rappresentano il punctum dolens della soluzione prospettata. Il T.U. Privacy,
cercando di riaffermare i principi di pertinenza, non eccedenza, attualità dei dati, colma la lacuna della
disciplina previgente con l’articolo 54, ove stabilisce che “fermo restando quanto previsto dall'articolo 11, il
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sembra non soddisfare appieno, anche perché pare non contrastare sufficientemente la cultura del
sospetto, che – si sa – può essere peggiore di ogni certezza.
Avv. Nicola Canestrini
Centro elaborazioni dati di cui all'articolo 53 assicura l'aggiornamento periodico e la pertinenza e non
eccedenza dei dati personali trattati (…)”
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