lavoro - Comune di Empoli

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lavoro - Comune di Empoli
Lavoro
di Stefania Passaglia
Quest’anno al Pozzale non è stata un’annata troppo buona per la produzione del miele. Abbiamo avuto parecchi problemi. Ad esempio da noi all’inizio
della primavera c’è stato il problema della sciamatura. Poi, con l’estate,
tempo della raccolta del polline e del miele, il tempo non è stato dei migliori e tra pioggia e cattiva stagione, alcune cassette sono rimaste senza api
regine e con poche api rimaste in genere. E’ andata che ci abbiamo rimesso una bella parte del raccolto di fine stagione.
Ho quasi finito di mettere il poco miele nei barattoli; la quantità prodotta è
molto inferiore all’anno scorso. Nel 2001 avevamo riempito circa 400 barattoli, equivalenti a un quintale di miele; quest’anno sono 100 barattoli, pari
a 30 chilogrammi di miele. Dalle notizie che ho sentito al telegiornale, il maltempo ha causato gravi danni a tutti gli apicoltori italiani, che richiederanno
lo stato di calamità naturale, cosa che da noi non potremo fare: immagino
che questi apicoltori non abbiano 14 alveari, come noi, ma molti di più. Il
brutto tempo dell’estate, che poi è la mia stagione preferita, oltre a impedirci di prendere il sole, ha penalizzato tutto quello che riguarda la nostra
azienda agricola. Vorrà dire che quest’anno tra agenti e detenute si litigherà
per prendere il poco miele; naturalmente sto scherzando, ma sarà un problema accontentare tutte.
le ragazze della Casa Attenuata alle prese con gli alveari
(foto T. Conti per “Anna”)
di Rosangela Aparecida Oliveira (ÒPretaÓ)
ed ecco Rosangela
Tutti sbagliano il mio nome,
io non mi chiamo Apoliveira,
ma Rosangela Aparecida
Oliveira. L’ultimo ar ticolo
che ho scritto l’ho iniziato
proprio come inizio questo,
a ff e rmando il mio vero
nome. Il risultato è stato
che anche lì hanno sbagliato il mio nome nella firma.
Per non incorrere più in
questo errore d’ora in poi
mi firmerò con il mio nome
apellido (soprannome) del
Brasile: Preta.
Anzi mi farò chiamare da
tutti Preta!
A parte l’errore del nome,
le cose non mi vanno male.
Solo le mie compagne di
lavoro si divertono a punzecchiarmi. Quando succede io mi sento male, scappo in infermeria e a volte mi
sono persino messa a pian-
gere. L’ultima volta che mi hanno punzecchiato ero a lavorare nell’azienda agricola e accudivo le mie amiche, quando
una di loro, forse per troppo affetto mi ha voluto “baciare”
sulla fronte.
Un dolore!
Io voglio bene alle mie amiche ma queste dimostrazioni di
affetto invece di intenerirmi il cuore mi fanno arrabbiare; le
avrei tutte affumicate …, come ogni tanto faccio.
Ogni tanto le affumico e, non contenta, le derubo di tutti i
loro beni. E’ una cosa che mi dà soddisfazione; prendo la
loro casa, la distruggo e la centrifugo. Loro non si offendono e continuano a volermi bene. Mi vengono tutte addosso
per abbracciarmi e baciarmi, ma dato che sono affumicate
non capiscono bene cosa fanno e qualcuna, che trova un
po’ di pelle libera, mi punzecchia.
Non se ne rendono conto ma mi fanno male e io sento un
gran dolore, così vado in infermeria a farmi medicare. Lì mi
danno una crema e mi ci mettono del ghiaccio. Il dolore ci
mette molto a passare e in alcuni momenti è insopportabile.
Tutto ciò tuttavia rafforza la nostra unione; ci vogliamo bene
e ci diamo a vicenda delle soddisfazioni. Loro mi regalano il
miele per addolcirmi la vita e io le curo, le controllo e le
aiuto a procreare. Le api sono un grande aiuto, anche affettivo che ho.
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Lavoro
di Stefania Passaglia
In azienda sono cambiate diverse cose. Prima l’inizio della giornata lavorativa era alle 8, ma ogni mattina bisognava aspettare il cambio delle agenti per uscire. Per un motivo o per l’altro si usciva sempre alle 9; tante volte, per via della mancanza di personale, dovevamo rimanere dentro. Alle 11,45 si mettevano a posto tutti gli attrezzi perché dovevamo buttare l’immondizia, gli agenti ci facevano la perquisizione con il metaldetector e a mezzogiorno c’era il pranzo.
Adesso è cambiato, infatti quasi sempre esco alle 8; posso star seduta un quarto d’ora ma non di più, perché l’agente
non deve più rimanere lì con me, mi accompagna, mi apre i vari box e ogni tanto viene a controllare se ho bisogno di qualcosa, e come sempre rientro, finendo così il mio lavoro fuori.
Ma non si capisce bene come posso portarla avanti da sola, in più adesso non posso usare gli attrezzi agricoli perché
sprovvisti di assicurazione. In pratica, facendo quasi tutto a mano non faccio quasi niente. Non faccio in tempo a finire
una piccola parte che subito mi ritrovo l’erba cresciuta dove avevo lavorato poco prima. Come posto non è nemmeno tanto
piccolo, perché l’azienda fa tutto il giro dell’istituto, ci sono alberi da frutto: melo, pero, pesche, ciliegi e susini (oltre che
ulivi, api, ortaggi). Adesso ho solo pomodori, piselli, insalata, carciofi e tanta cicoria, per non parlare poi dell’erba ad altezza uomo. Questa è un po’ la mia situazione in azienda. Dimenticavo: non c’è più nemmeno il responsabile che come gli
chiedi qualcosa ti risponde “mah! Io non so niente, non sono più il responsabile”, oppure “non mi interesso più dell’azienda”. Quando ho da raccogliere qualcosa è un vero casino, perché giustamente non sanno cosa devono fare, del tipo
se io peso le cose ma poi – per il bollettario – i soldi dove li mettono, a parte i nostri acquisti, che li scaricano direttamente sul libretto. Tra non molto mi domanderò che cosa ci vado a fare in azienda se non ho niente da fare, visto che non
hanno ordinato manco i semi o le piantine. Finite le cose elencate non c0è più niente.
Tutto questo mi dà parecchio fastidio, perché mi do da fare, ma i risultati poi sono talmente scarsi. Prima ci incavolavamo, adesso c’è rassegnazione, ma non più di tanto.
Ps: Serena, la mia compagna di lavoro e amica, è uscita per andare in comunità. Ciao, Mimmina!
Corsi
di Stefania Passaglia
In settembre, come sappiamo, iniziano le scuole; noi
dell’Attenuata di Empoli, iniziamo i corsi.
Dal lunedì: corso d’incisione. Gli insegnanti l’anno precedente erano in due, Silvia e Valentina, quest’anno si sono
suddivise nei giorni lunedì Silvia (incisione), mar tedì
Valentina (Trompe l’oeil). Quest’anno con una foto di famiglia ho voluto fare un omaggio a mia madre. Durante un permesso fatto a casa ho preso vecchie foto dei miei genitori.
Perché proprio la mia famiglia? semplice, perché mi accorgo che ogni volta che vado in permesso per qualche giorno
sento molto la mancanza di mio padre, morto d’ictus. Ormai
è dal 1999 che è deceduto, anche se mi c’è voluto un po’
di tempo, per non dire anni, ad abituarmi alla sua mancanza e a non vederlo in casa ancora oggi mi manca, all’inizio
non riuscivo a dormire in camera mia e se lo facevo evitavo
di dormire dalla sua parte è come cercassi di non togliergli
quel posto, adesso invece mi ritrovo a girarmi intorno e purtroppo non lo vedo nell’orto o che trova qualcosa di nuovo
da fare, non lo vedo più prendere la sua moto, o la sua bicicletta.
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Ritorniamo al corso d’incisione. Ho voluto fare un regalo a
mamma, sempre che sia apprezzato. Diciamo che in famiglia non hai molte attenzioni, hai pochi complimenti per non
dire niente. Come nel mio ultimo permesso che ho fatto, ho
fatto un bel regalo a mia sorella, una lampada fatta da me
al corso di vetrate artistiche, l’unica cosa che mi sono sentita dire è stato un “carina” da mia madre e mia zia, l’unico
che si è sbilanciato è stato mio cognato, ma non fa parte
del carattere della famiglia ed è normale che esprima piacere. Dopo un giorno ecco che vedo mia sorella, gli chiedo,
“hai visto la lampada?”, “ti piace?”. “Potevi farla anche più
piccola”, la risposta. D’istinto le dico “grazie, quasi quasi
me la riporto via”. Ecco, questi sono stati i complimenti ricevuti, ci rimango sempre male, ma ci sto facendo l’abitudine,
diciamo anche che forse me la prendo meno di prima e che
sto accettando la mia famiglia per quello che è, ma non è
facile. Ho dovuto lavorarci sopra parecchio, è sempre stata
una caratteristica di casa, che non accetto, diciamo che in
quella casa regna l’indifferenza e in qualche modo mi è
stata trasmessa anche a me.