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TESTO PROVVISORIO VI CORSO DI AGGIORNAMENTO IN DIRITTO MATRIMONIALE E PROCESSUALE CANONICO martedì 20 settembre 2016 Il difensore del vincolo (dopo la promulgazione del mi) 1 Prof. Pedro Antonio MORENO GARCÍA SOMMARIO: 1.- Introduzione. 2.- La necessaria proporzione tra il bene che si desidera proteggere e i mezzi di tutela processuale. 3.- Il DV è il garante di un vero contraddittorio per il discernimento della verità. 4.L’attuazione del DV nelle diverse fasi del processo. 4.1.- Fase introduttoria: ammissione della domanda, citazione del convenuto e del DV, concordanza del dubbio. 4.2.- Fase di istruzione: proposta, ammissione e pratica delle probe (dichiarazione delle parti, testimoniale, documentale e periziale). 4.3.- Fase di discussione: pubblicazione degli atti, conclusione della causa e presentazione delle allegazioni. 4.4.- Fase di decisione: la sentenza e la sua possibile impugnazione (mediante querela di nullità, appello o nuova proposizione di causa). 5.- Requisiti fondamentali per la retta attuazione del DV. 5.1.- Vocazione (sollecitudine per la giustizia). 5.2.- Formazione (permanente). 5.3.- Dedizione (prioritaria). 6.- Conclusioni e proposte per un’ulteriore riflessione de iure condendo. 1.- INTRODUZIONE (Ringraziamenti). Trattandosi di un tema così ampio, la prima cosa che dobbiamo fare è delimitare bene il contenuto della nostra esposizione. Il contesto non può essere altro che quello motivato dalla recente riforma del MI riguardo al processo ordinario (1): cioè, la tipologia di processo più frequente, che ci serve di paradigma per studiare l’attuazione processuale del DV. Dopo la descrizione del contesto tematico, per esigenza di giustizia, il vero punto di partenza sarà un principio basilare: La necessaria proporzione tra il bene che si desidera proteggere e i mezzi di tutela processuale (2) per custodirlo. È qui che appare la figura del DV come un mezzo di tutela del bene pubblico (il vincolo matrimoniale) e contemporaneamente appare come requisito per garantire un vero contraddittorio, esigenza del giusto processo, per il discernimento della verità (3). In seguito, potremo considerare gli aspetti più salienti dell’intervento del DV lungo le diverse fasi del processo (4). Alla vista di quella prassi e della sua importanza per il retto sviluppo delle cause di nullità matrimoniale, potremo stabilire in modo più chiaro i requisiti esigibili (5) da coloro che devono svolgere la funzione di DV. Finalmente, se tutto va bene e abbiamo ancora il tempo necessario, arriveremo alle conclusioni con alcune proposte per un’ulteriore riflessione de iure condendo (6). Lo scorso 8 dicembre sono entrati in vigore due Motu proprio che hanno portato con sé la più grande delle riforme processuali nella storia della Chiesa: Mitis Iudex Dominus Iesus per la Chiesa latina (MI2) e Mitis et Misericors Iesus (per le Chiese orientali). Quindi, ci troviamo ancora agli albori di questa grande riforma del processo canonico di nullità matrimoniale. Questo corso di aggiornamento ci sta permettendo di addentrarci più profondamente nella considerazione delle diverse sfaccettature di questa riforma e della sua portata nella prassi dei Tribunali ecclesiastici. La questione fondamentale che ora cerchiamo di approfondire consiste nel domandarci come influisce questa riforma nella funzione che deve svolgere il Difensore del Vincolo (DV) nei processi ordinari di nullità matrimoniale. 1 Relazione esposta il 22-9-2016 nel VI Corso di aggiornamento in diritto matrimoniale e processuale canonico, organizzato dalla Pontificia Università della Santa Croce (Roma, 19-23 settembre 2016). 2 Abbreviature presenti in questo articolo: AL = Es. Ap. Amoris laetitia (Francesco, 19-3-2016); DC = Istr. Dignitas connubii (Pontificio Consiglio di Testi Legislativi, 25-1-2005); DGDC = Diccionario General de Derecho Canónico (7 vols., Aranzadi, Pamplona 2012); DM = Cost. Ap. Dei miseratione (Benedetto XIV, 3-11-1741); DV = Difensore del vincolo; GS = Gaudium et spes; Lp = Lex propria Signaturae Apostolicae (promulgata da Benedetto XVI mediante il M.P. Antiqua ordinatione, 21-6-2008); MI = M.P. Mitis Iudex Dominus Iesus (Francesco, 15-8-2015); NCP = nova causae propositio; PB = Cost. Ap. Pastor bonus (S. Giovanni Paolo II, 28-6-1998); PC = parte convenuta; PG = Promotore di giustizia; PrM = Istr. Provida Mater (15-8-1936); RR = Rota Romana; SA = Sussidio applicativo del M.P. Mitis Iudex Dominus Iesus (Tribunale della Rota Romana, gennaio 2016); SAp = Segnatura Apostolica; VG = Vicario giudiziale. - 1/14 - TESTO PROVVISORIO In primo luogo, vorrei sottolineare l’assoluta necessità del DV come parte attiva nel processo per la difesa di quel bene pubblico che è il matrimonio. Se egli non interviene nel processo per adempiere la sua funzione prima della sentenza, si rischia di incorrere nella nullità degli atti. La presenza del DV è necessaria non solo per custodire la validità del matrimonio ‒ in quanto bene pubblico per la Chiesa e per l’intera società ‒, ma altresì per garantire un vero contraddittorio, come esigenza del giusto processo. Il carattere pubblico-istituzionale del DV comporta alcune peculiarietà nello svolgimento della sua funzione, che non intaccano la fondamentale ugualianza processuale tra le parti, come vedremo più avanti. Il filo conduttore che serve da guida a tutta questa riflessione si trova nella concezione del processo come un “ecosistema”3 – concetto molto caro al prof. Llobell. Il processo è, infatti, una conquista dell’umanità fin dai tempi del Diritto romano e perfezionato lungo i secoli. L’idea di un ecosistema implica che ogni elemento del processo sia interconnesso agli altri. In questo modo, la modificazione di un elemento processuale richiede una ristrutturazione generale per ricuperare l’equilibrio che esige il principio del contraddittorio, nell’arduo impegno di dover discernere la verità per impartire la giustizia. Contemporaneamente, questa riflessione ci ricorda che ‒ come accade con tutte le riforme della Chiesa ‒ occorrono tempi di adattamento e rodaggio per la sua corretta applicazione4. La riforma processuale di Papa Francesco comporta ‒ secondo l’espressione usata a buon diritto da Mons. Pinto, Decano della Rota Romana ‒ una “rifondazione”5 del processo matrimoniale per favorire la celerità dei processi e l’accessibilità alla giustizia nella Chiesa. I due Motu proprio, promulgati l’otto dicembre scorso, presentano infatti novità normative di portata così ampia da implicare una riforma totale (ex integro) del processo matrimoniale canonico. Una delle principali novità di questa “rifondazione” consiste nella soppressione della doppia sentenza conforme obbligatoria. Questa derogazione della norma stabilita dalla Cost. Ap. Dei miseratione (Papa Benedetto XIV, 3-11-1741), viene motivata – sono parole di Papa Francesco nel proemio del MI ‒ non per favorire «la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi». Senza rinunciare, pertanto, al dovere di «tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo»6. Altre novità di questa riforma hanno bisogno di qualche riadattamento nella prassi, per poter superare le difficoltà in cui si trovano alcuni Tribunali. Concretamente, la disuguale applicazione del principio di gratuità tra i Tribunali vicini, insieme all’estensione dei titoli di competenza, sta provocando una sovrabbondanza di lavoro che incide inevitabilmente nella dilazione delle cause e, tante volte, grava sulla diligenza con cui gli operatori dei Tribunali svolgono la loro funzione. Uno dei parametri pratici, imprescindibili per evitare un’eccessiva dilazione delle cause di nullità consiste nel rispettare il principio della proporzionalità tra il numero di cause in ogni Tribunale e il personale qualificato (come sono i DV), con una giusta e dignitosa retribuzione che renda merito al loro servizio, e tenga conto del tempo che abitualmente richiede l’impegnativo lavoro al Tribunale. Non rispettare quella proporzione significa calpestare uno dei principali obiettivi di questa riforma: la celerità nel dirimere le cause di nullità. Come accade con tutte le cause, riguardando lo stato delle persone, implicano questioni intimamente connesse alla salus animarum, legge suprema della Chiesa (c. 1752). 2.- LA NECESSARIA PROPORZIONE TRA IL BENE CHE SI DESIDERA PROTEGGERE E I MEZZI DI TUTELA PROCESSUALE In ogni ordinamento giuridico, vi sono dei valori preminenti che emergono, studiando i mezzi di tutela previsti per la loro tutela. È il caso, ad esempio, della speciale salvaguardia della privacy o diritto all’intimità nella legislazione anglosassone. È un’esigenza di giustizia che esista un equilibrio proporzionato tra il bene che si intende tutelare e gli strumenti giuridici previsti a garantire quel fine. 3 Cf. Le norme della Rota Romana in rapporto alla vigente legislazione canonica: la «matrimonializzazione» del processo; la tutela dell’«ecosistema processuale»; il principio di legalità nell’esercizio della potestà legislativa, in P.A. BONNET – C. GULLO (a cura di), Le «Normae» del Tribunale della Rota Romana, Città del Vaticano 1997, 47-92 (specialmente: 58-60). 4 A questo fine, la Rota Romana, nel gennaio di quest’anno 2016, pubblicó un “Sussidio applicativo” (sigla: SA). 5 Cf. P.V. PINTO, La “mens” del Pontefice sulla riforma dei processi matrimoniali, in «L’Osservatore Romano» (8-11-2015), 8. 6 Cf. MI, proem. - 2/14 - TESTO PROVVISORIO Ognuno di noi, in quanto canonista in comunione con il Magistero della Chiesa, crede fermamente che l’indissolubilità (bonum sacramenti) sia una proprietà essenziale del matrimonio (c. 1056)7, che forma parte dei tria bona matrimoniales, secondo la celebre dottrina agostiniana8. Pertanto, crediamo che l’indissolubilità del matrimonio non sia un ostacolo per la felicità degli sposi, bensì un dono9 necessario a rinforzare il loro amore coniugale10, favorendo così la loro realizzazione personale nella vocazione matrimoniale. Di conseguenza, il matrimonio in se stesso ‒ con le sue proprietà e fini essenziali (cc. 10551056) ‒ richiede una tutela giuridica adeguata, proporzionata alla trascendenza dei beni che comporta, tenendo conto del suo stretto legame con la salvezza delle anime. La figura del DV e l’esigenza della doppia sentenza conforme obbligatoria per poter accedere a nuove nozze rispondevano al dovere di proteggere l’indissolubilità matrimoniale e porre freno agli abusi che Papa Benedetto XIV denunciava nella Cost. Ap. Dei miseratione. Con il trascorrere del tempo, 274 anni dopo, la Chiesa ‒ che è sempre Madre e Maestra ‒ proclama che è perfettamente compatibile un’adeguata tutela dell’indissolubilità matrimoniale con la soppressione della doppia conforme. Da una parte, si continua la via giudiziale, conservando la figura del DV con tutte le garanzie che essa comporta; d’altra parte, si va incontro ai fedeli che si trovano in grave afflizione per la lentezza dei processi, rispondendo con più sollecitudine alle legittime richieste di nullità matrimoniale e ricordando il celebre adagio: iustitia retardata, iustitia denegata. Nel MI, Papa Francesco sottolinea la preminenza della via giudiziale (rispetto alla via amministrativa) come il mezzo più adeguato per la risoluzione delle cause di nullità matrimoniale: «non perché lo imponga la natura della cosa, ma piuttosto lo esiga la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo: e ciò è esattamente assicurato dalle garanzie dell’ordine giudiziario»11. Quest’affermazione del Papa non soltanto risponde alla tutela dell’indissolubilità ma anche ad un’esperienza plurisecolare: non possiamo progredire nello sviluppo del Diritto Canonico (come in qualunque altra scienza) se non siamo consapevoli del patrimonio culturale-scientifico che abbiamo ricevuto. Come direbbe Cicerone, la storia è “magistra vitae” e il cumulo di conoscenze acquisite lungo i secoli ci permette di affermare che la via giudiziale è una grande conquista dell’umanità per il discernimento della verità. Senza dimenticare quanto abbiamo affermato fin’ora, bisogna riconoscere che la soppressione della duplex conformis comporta una diminuzione nelle garanzie processuali per tutelare l’indissolubilità matrimoniale. Di conseguenza, nel nuovo equilibrio dell’ecosistema processuale, il ruolo del DV acquista una rilevanza giuridica molto maggiore. Infatti, considero che per continuare a proteggere la verità del sacro vincolo nel massimo grado diventa assolutamente necessaria l’effettiva difesa del matrimonio fin dall’inizio del processo e lungo tutte le sue fasi. 3.- IL DV È IL GARANTE DI UN VERO CONTRADDITTORIO PER IL DISCERNIMENTO DELLA VERITÀ Come ben sappiamo, l’origine del DV appare intimamente legato all’impianto della doppia sentenza conforme obbligatoria mediante la Cost. Ap. Dei miseratione (3-11-1741) di Papa Benedetto XIV. Il DV aveva infatti l’obbligo di appellare contro la prima sentenza favorevole alla nullità matrimoniale. In questo modo si garantiva la possibilità di ottenere la necessaria seconda decisione pro nullitate. Entrambe le 7 Base biblica: Gn 2,24; Mt 19,4-6; Mc 10,8-9. Base magisteriale: Decretum pro Armeniis in Bulla Eugenii IV “Exsultate Deo” [2211-1439], in H. DENZINGER, Enchiridion Symbolorum et Definitionum, Wirceburgi 1854, 153; Concilium Tridentinum, Sessio XXIV [11-12-1563]: “De sacramento Matrimonii”, can. 7, in ibídem, 227. L’indissolubilità matrimoniale è una verità di fede che ‒a differenza di altre confessioni cristiane‒ è rimasta come segno d’identità della Chiesa Cattolica per la sua fedeltà al messaggio di Cristo. 8 «...solvitur vinculum nuptiale nisi coniugis morte. (...) Haec omnia bona sunt, propter quae nuptiae bonum sunt: proles, fides, sacramentum» (S. AGUSTÍN, De bono coniugali, n. 24.32, in «Opere di Sant’Agostino», vol. 7.1 [Matrimonio e verginità], Città Nuova, Roma 1978, 58 y 60). 9 «L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”: Mt19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio» (AL 62; Relatio Synodi 2014, n. 14). 10 «Siamo sinceri e riconosciamo i segni della realtà: chi è innamorato non progetta che tale relazione possa essere solo per un periodo di tempo, chi vive intensamente la gioia di sposarsi non pensa a qualcosa di passeggero; coloro che accompagnano la celebrazione di un’unione piena d’amore, anche se fragile, sperano che possa durare nel tempo; i figli non solo desiderano che i loro genitori si amino, ma anche che siano fedeli e rimangano sempre uniti. Questi e altri segni mostrano che nella stessa natura dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo» (AL 123). 11 MI, proemio. - 3/14 - TESTO PROVVISORIO sentenze dovevano essere «penitus similes et conformes»12 affinché la dichiarazione di nullità diventasse una decisione ferma ed esecutiva. Tuttavia, l’istituzione del DV risponde innanzitutto ad una questione processuale di più ampia portata: la necessità di garantire un vero contraddittorio, per facilitare il discernimento della verità riguardo al vincolo matrimoniale. Si tratta di una esigenza del giusto processo. Infatti, uno dei motivi di querela di nullità insanabile consiste nell’assenza di contraddittorio: «La sentenza è viziata da nullità insanabile se il giudizio fu fatto senza la domanda giudiziale di cui nel c. 1501, oppure non fu istituito contro una parte convenuta» (c. 1620, 4º; DC 270, 4º). Prima della DM (e dell’istituzione del DV), qualora uno dei coniugi non intervenisse a difendere attivamente la validità del suo matrimonio, lo squilibrio processuale era evidente. In questo modo, si incrementava notevolmente la difficoltà di conoscere la verità e restava compromesso il verdetto del Giudice. Se il Giudice, infatti, voleva indagare a fondo doveva agire d’ufficio per controbilanciare l’assenza di testimoni che apportassero delle prove o argomenti a favore del vincolo. Il nome di questo ufficio pubblico: “matrimoniorum defensor” rimarcava la principale funzione processuale, la cui vigenza è stata mantenuta, fino ai nostri giorni, nonostante il cambiamento della denominazione con parole moto simili: “defensor vinculi”. Se lo scopo principale del DV fosse quello di garantire la doppia conforme, il suo nome avrebbe dovuto essere “appellator obligatus”, oppure “duplicis conformis servans”, o si sarebbe dovuta usare un’altra denominazione simile che fosse più rappresentativa di quel compito. Le esigenze del giusto processo richiedono che ognuno degli agenti che interviene nello svolgimento di esso, agisca con diligenza e responsabilità, nel suo ambito di competenza. Il Papa Paolo VI affermava che il Giudice viene ad essere come la “giustizia animata” o la “personificazione della giustizia”13, evocando in tal modo l’espressione simile di Cicerone: “il Giudice è la legge che parla”14, cioè, colui che “dice il diritto” (iuris-dictio) che deve essere dato a ognuo nel caso concreto. Evidentemente, il Giudice non potrà sentenziare rettamente se non ha tutti gli elementi di giudizio che gli permettano di conoscere la verità dei fatti accaduti. Pertanto, affinché il Giudice possa adempiere la sua funzione di personificare la giustizia e stabilire quale dev’essere il diritto di ciascuno ‒ secondo la celebre definizione della giustizia formulata da Ulpiano: constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi ‒15, risulta necessario che il DV adempia il suo ruolo, impersonando il principio del favor matrimonii16, così come viene definito dal c. 1432 y dall’art. 56 §3 DC: «[il DV] Ha l'obbligo [“tenetur”] di proporre in ogni grado di giudizio qualsiasi genere di prove, opposizioni ed eccezioni che, salva la verità dei fatti, contribuiscano alla tutela del vincolo (cf. can. 1432)». La condizione del DV come “parte” implica che il suo intervento nel processo sia necessariamente “parziale” (non fallace o artificiosa)17, perché non spetta a lui giudicare la sussistenza del vincolo matrimoniale bensì apportare tutte le prove o argomenti autorevoli, utili a difenderlo. Quest’attuazione del DV dev’essere ragionevole (rationabiliter) ed esaustiva (omnia), come prevede il c. 1432. Perciò, anche nel caso che il DV sia personalmente convinto della nullità matrimoniale, non lascerà di allegare, nelle sue osservazioni, tutto quanto serva a tutelare la validità del matrimonio. Rinunciare ad esso comporta una grave negligenza, perché il DV ‒ senza perdere la sua condizione di parte nel processo ‒ non può rinunciare al suo ruolo istituzionale di zelare la tutela della validità del matrimonio. L’art. 56 §5 DC ci ricorda che «[Il DV] Non può mai agire a favore della nullità di matrimonio; se in qualche caso particolare non ha nulla da proporre o da esporre ragionevolmente contro la nullità di 12 DM 14. Sulla rilevanza giuridica di questa espressione: cf. P.A. MORENO, La conformidad de las sentencias, Valencia 2012, 60, 299 e 324. 13 «Questa specchiata probità di vita, che informava la vasta scienza dell'equo e del giusto di quegli Uditori, fece scorgere in essi quasi la personificazione stessa della giustizia: “Iustitiam animatam”; il che come afferma San Tommaso riprendendo il pensiero aristotelico, esprime appunto l'ideale del Giudice secondo il sentire del popolo» (PAOLO VI, Discorso alla Rota Romana [12-21968], in AAS 60 [1968], 204-205). La sottolineatura è nostra. 14 «Magistratus legem esse loquentem» (M.T. CICERO, De legibus: libri tres, n. 2, in C. BÜCHNER [ed.], idem, Mondadori, Florentiae 1973, 93). 15 «Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi» (Dig. 1.1.10 [Ulpiano], in Th. MOMMSEN [ed.], Digesta, in «Corpus Iuris Civilis», Weidmann, Berolini 195912, vol. 1, 29). 16 Cf. M. CALAMARI, Il “favor matrimonii” nel proceso matrimoniale canonico e civile, Padova 1932, 152. 17 «Il difensore del vincolo, come magistralmente notava Pio XII, è chiamato a collaborare per la ricerca della verità oggettiva circa la nullità o meno del matrimonio nei casi concreti. Ciò non significa che spetti a lui valutare gli argomenti pro o contro e pronunciarsi circa il merito della causa, ma che egli non deve costruire “una difesa artificiosa, senza curarsi se le sue affermazioni abbiano un serio fondamento oppure no”» (S. GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Rota Romana [25-1-1988], n. 2). Tutte le citazioni dei discorsi alla Rota Romana fin dal pontificato di S. Giovanni Paolo II sono state prese da www.vatican.va. - 4/14 - TESTO PROVVISORIO matrimonio, può rimettersi alla giustizia del Tribunale». L’esperienza, comunque, dimostra che sono piuttosto rari o poco frequenti i casi nei quali non si possano addurre argomenti di nessun tipo a favore del vincolo matrimoniale. D’altra parte, una diligente ed esaustiva difesa del vincolo (senza argomenti inverosimili, ma sempre ragionevoli, in base ai criteri della giustizia) favorisce la difesa di entrambe le parti, includendo pure la parte attrice. Infatti, quando il DV mette in rilievo i punti deboli della pretesa dell’attore, gli si offre la possibilità di colmare le lacune probatorie e di rafforzare più accuratamente gli argomenti in favore della nullità. In caso contrario, se il DV ‒ sia per negligenza o per una malintesa “misericordia” ‒ non adempie la sua missione di allegare tutto ciò che serva per difendere la validità del matrimonio ‒ includendo le lacune o incoerenze, manifestate dalla parte attrice ‒, possiamo trovarci, di conseguenza, di fronte a una sentenza pro vinculo, a causa di un insieme probatorio debole, incapace di far raggiungere ai Giudici la necessaria certezza morale (c. 1608 §2; DC 247 §§2-3) e costringendoli ad applicare il favor iuris del c. 1060 (DC 247 §5). Questo dato ci permette di comprendere meglio fino a che punto diventi essenziale il lavoro diligente del DV, affinché i Giudici possano emettere una sentenza giusta. La condizione del DV come parte “pubblica” porta con sé una serie di riconoscenze o privilegi da parte dell’ordinamento canonico. Questo rapporto di favore non rompe l’essenziale uguaglianza processuale tra le parti ma si tratta di norme che si inquadrano nella logica che appartiene al ruolo istituzionale che il DV deve svolgere. In concreto (3): 1.- Il DV può assistere a tutti gli interrogatori ed esaminare gli atti del processo prima della loro pubblicazione (c. 1677; DC 159). Tale facoltà, infatti, viene concessa anche ai patroni o rappresentanti tecnico-legali delle parti, ma non direttamente ad esse. Questa disposizione può generare problemi di disuguaglianza quando una delle parti ha la capacità sufficiente per intervenire con perizia tecnico-legale nel processo ed elegge l’auto-difesa o auto-rappresentazione. Come afferma il prof. de Diego-Lora, questa situazione mette in evidenza che l’assistere o no alle dichiarazioni dell’altra parte, dei testi e dei periti non è in rapporto alla condizione di “parte in causa” bensì con la capacità d’intervenire processualmente, con la dovuta preparazione. Di questa preparazione godono anche sia il PG che il DV, perché alla loro nomina vengono richiesti determinati titoli accademici (c. 1435: dottori o licenziati in diritto canonico), per cui essi hanno la capacità tecnica richiesta per svolgere dette funzioni18. Comunque, non possiamo dimenticare che il Giudice ha la facoltà di disporre che la dichiarazione si effettui senza la presenza degli avvocati (c. 1559; DC 159 §1, 1º). Questo può accadere quando viene richiesto ciò dal dichiarante e il Giudice considera che la presenza degli avvocati (così come del DV) può avere un effetto intimidatorio, condizionando gravemente la testimonianza. La proibizione imposta alle parti per assistere personalmente alla dichiarazione della controparte, dei testi e dei periti, risponde inoltre ad un criterio di prudenza. In questo modo, si cercano di evitare situazioni di tensione, poco consone con l’ambiente che deve presiedere nell’attività di un Tribunale ecclesiastico, così come viene ricordato dall’art. 65 §2 DC: «...il Giudice esorti i coniugi perché, posposto ogni personale desiderio, collaborino sinceramente, adoperandosi per la verità ed in spirito di carità, all’accertamento della verità oggettiva, così come è richiesto dalla natura stessa della causa matrimoniale». In quella stessa linea continua il §3 dell’art. 65: «Se poi il Giudice avverte che i coniugi nutrono reciproca ostilità, li esorti caldamente perché nel corso del processo mettano da parte ogni rancore e si ispirino vicendevolmente alla disponibilità, alla correttezza ed alla carità». L’esperienza nel foro giudiziale ci fa mostra quante volte una delle parti chiede al Tribunale di non incontrare l’altra parte nel momento di presentarsi a testimoniare, allo scopo di evitare situazioni violente o quantomeno scomode. La proibizione di essere presente nella dichiarazione dell’altra parte sparisce nel processo più breve, dinanzi al Vescovo (MI, art. 18 §1), perché uno dei requisiti per iniziare questo processo è l’accordo esplicito dei coniugi sui motivi per i quali si chiede la nullità. Pertanto, la possibilità di essere personalmente presenti nella dichiarazione dell’altra parte ubbidisce ad una verifica nella prassi di questo litisconsorzio iniziale o sopravvenuto. 2.- Al DV viene concessa la possibilità di avere l’ultima parola nella fase di discussione, potendo avvalersi del diritto di rispondere alla replica delle parti private (c. 1603 §3; DC 243 §1). Sembra logico che, dovendo limitare la discussione della causa entro termini ragionevoli, l’ultima parola sia concessa al DV, in 18 Cf. C. 839-40. DE DIEGO-LORA, sub can. 1434, in «Comentario Exegético al Código de Derecho Canónico», Pamplona 32002, vol. IV/2, - 5/14 - TESTO PROVVISORIO virtù della sua funzione pubblica e in coerenza con il principio del favor matrimonii, allo stesso modo come accade con l’accusato nel processo penale, come manifestazione del favor rei (c. 1725). 3.- Il Giudice può pronunciare la sentenza senza gli allegati o conclusioni delle parti o dei loro avvocati, ma non può farlo senza ricevere le osservazioni scritte del DV (c. 1606; DC 245)19. Infatti, essendo in gioco il bene pubblico, il DV non può rinunciare a questo compito essenziale della sua funzione istituzionale. Queste distinzioni dell’ordinamento canonico in favore del DV rispondono con perfetta logica all’ufficio di ministero pubblico che egli riveste, pur non perdendo di vista l’essenziale uguaglianza tra le parti che intervengono nel processo, siano esse pubbliche o private. In concreto, questa uguaglianza processuale si manifesta nei seguenti diritti e doveri (3): 1.- Il diritto di citazione e intervento nel processo: se il DV (e il PG, quando risulta precettivo il suo intervento) non viene legittimamente citato, né ha la possibilità di adempiere la sua funzione prima della sentenza, revisionando gli atti della causa e presentando le sue osservazioni scritte (c. 1433; DC 60), il processo diventa nullo per grave violazione del diritto di difesa (c. 1620, 7º; DC 270 7º) e, di conseguenza, per mancata difesa del bene pubblico. 2.- Il diritto di udienza dinanzi al Giudice: ogni qualvolta la legge stabilisce che siano ascoltate le parti o una di esse, devono essere anche ascoltato il DV (e il PG se interviene nel processo), a meno che la legge stabilisca espressamente altro (c. 1434, 1º; DC 59, 1º). 3.- Il diritto all’istanza di parte: ogni qualvolta è richiesta un’istanza della parte affinché il Giudice possa deliberare su qualche argomento, hanno identico valore l’istanza del DV e del PG (c. 1434, 2º; DC 59, 2º). Insomma, la fondamentale uguaglianza delle parti nel contraddittorio consiste nell’avere la stessa capacità di addurre delle prove o argomenti (ius adunationis), essendo informate di tutto quanto avviene nel processo (ius informationis) per poter difendere legittimamente i suoi diritti o le sue pretese (ius defensionis). Il vigente c. 143420 consolida il principio di uguaglianza tra le parti, eliminando alcuni privilegi smisurati dell’antica normativa (2): 1.- La possibilità del DV di appellare pro sua conscientia contro la seconda sentenza conforme (CIC 17, c. 1987). 2.- Il vantaggio del DV nella sua facoltà di proporre o rifiutare delle prove, chiamando nuovamente i testi o ad altri, addirittura quando la causa già era stata dichiarata conclusa (CIC 17, cc. 1968-1969 e PrM 7072)21. Il DV poteva presentare al Giudice il suo questionario in busta chiusa da essere aperta al momento 19 DC 245 §1.- Se gli avvocati trascurano di esibire in tempo utile le difese, le parti ne debbono essere informate e invitate a provvedere personalmente entro il termine stabilito dal giudice, o per mezzo di un nuovo avvocato legittimamente costituito. DC 245 §2.- Se le parti non provvedono entro il termine stabilito dal giudice, oppure si rimettono alla scienza e coscienza del giudice, questi, se dagli atti e da quanto è stato dimostrato abbia piena cognizione della causa, dopo aver acquisito le osservazioni scritte del difensore del vincolo può pronunciare subito la sentenza (cf. can. 1606). 20 Comporta un’imporante novità riguardo al CIC 17 e trova un chiaro precedente nel c. 64 del M.P. Sollicitudinem nostram, di Pio XII (6-1-1950), nel quale si stabiliscono le disposizioni da osservare nei tribunali ecclesiastici delle Chiese orientali. 21 «1º) Examini partium, testium et peritorum adesse; exhibere iudici interrogatoria clausa et obsignata, in actu examinis a iudice aperienda, et partibus aut testibus proponenda; novas interrogationes, ab examine emergentes, iudici suggerere. 2º) Articulos a partibus propositos perpendere, eisque, quatenus opus sit, contradicere; documenta a partibus exhibita recognoscere. 3º) Animadversiones contra matrimonii nullitatem ac probationes pro validitate aut pro consummatione matrimonii scribere et allegare, eaque omnia deducere, quae ad matrimonium tuendum utilia censuerit» (CIC 17, c. 1968). «Defensori vinculi ius esto: 1º) Semper et quolibet causae momento acta processus, etsi nondum publicati, invisere; novos terminos ad scripta perficienda flagitare, prudenti iudicis arbitrio prorogandos. 2º) De omnibus probationibus vel allegationibus ita certiorem fieri, ut contradicendi facultate uti possit. 3º) Petere ut alii testes inducantur vel iidem iterum examini subiiciantur, processu etiam absoluto vel publicato, novasque animadversiones edere. 4º) Exigere ut alia acta, quae ipse suggesserit, conficiantur, nisi tribunal unanimi suffragio dissentiat» (CIC 17, c. 1969). L’Istr. Provida Mater (15-8-1936) conferiva ulteriori facoltà al DV, conferendogli una posizione di superiorità riguardo alle parti private. L’art. 70 §1 riproduce il testo del c. 1968; nel §2 di questo articolo si concede al DV la facoltà di correggere gli interrogatori presentati dagli avvocati affinché le questioni fossero poste in maniera dubitativa e allo stesso tempo si evitassero domande tendenziose o capziose. Inoltre, il DV aveva la facoltà di richiedere alle parti i documenti, da lui considerati necessari: «Defensor vinculi curet ut interrogatoria proponantur omnino recte concinnata, quaeque ad rem faciant, attento nullitatis capite de quo agitur, facta eidem facultate articulos a patronis propositos reformandi, quod facere non omittat praesertim si suggestivi videantur, ita tamen ne supprimat quae necessaria et opportuna sint ad plenam rei veritatem dignoscendam; documenta, a partibus exhibita, recognoscat, aliaque, si opus sit, ex officio expetat» (PrM 70 §2). - 6/14 - TESTO PROVVISORIO della dichiarazione delle parti o dei testi. Inoltre, aveva la facoltà di correggere gli interrogatori degli avvocati affinché le domande si conformassero al capitolo di nullità raccolto nel dubbio, evitando così uno stile tendenzioso o domande capziose. Il DV aveva altresì la facoltà di chiedere al parroco una copia autentica dell’indagine prematrimoniale svolta. L’equiparazione tra le parti e il DV stabilita dal c. 1434 favorisce il diritto fondamentale all’effettiva tutela giudiziale, contemplato nel c. 22122. Infatti ‒ come afferma la prof.ssa Carmen Peña ‒ in questo modo «non viene limitata ingiustamente la possibilità dei fedeli di rivendicare i loro diritti dinanzi ai Tribunali ecclesiastici perché ormai non vengono messi in situazione di inferiorità riguardo al ministero pubblico»23. Quella uguaglianza fondamentale tra le parti non può limitarsi soltanto all’ambito teorico o técnicolegale ma deve esistere nella pratica, e questo significa che: - il DV deve poter dedicare ad ogni causa il tempo necesario; - il DV deve poter esercitare la sua funzione lungo tutto il processo; - deve rispettarsi un’adeguata proporzione tra il volume di cause e il numero di DV. 4.- L’ ATTUAZIONE DEL DV NELLE DIVERSE FASI DEL PROCESSO 4.1.- Fase introduttoria: ammissione della domanda, citazione del convenuto e del DV, concordanza del dubbio Il DV deve esercitare il suo munus in difesa del matrimonio lungo tutto il processo (DC 56 §2). Quest’affermazione ha acquistato una rilevanza giuridica molto maggiore dopo la soppressione della doppia conforme. Infatti, è precisamente nel garantire il contraddittorio in tutte le fasi del processo che si trova la chiave per la ricostruzione dell’ecosistema o equilibrio processuale, perseguendo il dovere di continuare a tutelare il vincolo matrimoniale nel massimo grado anche dopo la soppressione della doppia conforme obbligatoria. In concreto, il DV deve adempiere, in questa fase introduttoria, i seguenti compiti che vengono attribuiti per ragioni di giustizia o di convenienza al suo ruolo istituzionale: a) In primo luogo, considerare l’ammissibilità della domanda (c. 1676; DC 119 §1): «È opportuno che il presidente, prima di fare ciò [ammettere il libello], chieda il voto del difensore del vincolo» (DC 119 §2). Pertanto, il DV deve tener conto dei seguenti criteri di ammissione o questioni da verificare: 1) L’mpossibilità di riconciliazione (c. 1675 y artt. 1-5 MI: servizio d’indagine pregiudiziale)24. Il processo canonico ha un carattere di ultimo ricorso, quando tutte le altre vie di soluzione si sono verificate inutili o impossibili (c. 1446)25. Nella stessa linea, l’art. 71 §1 riproduce il c. 1969, mentre che il §2 di questo articolo spiega che gli interrogatori del DV, per la corretta istruzione della causa, si devono realizzare anche quando è il PG che impugna il matrimonio: «Quando promotor iustitiae matrimonium accusat, ipse quoque proponere debet vinculi defensori articulos pro interrogatoriis deferendis partibus, testibus ac Peritis. Horum articulorum necessariam rationem habere debet vinculi defensor, dempta ei facultate variandi, in conficiendis articulis seu positionibus ad normam art. 70 § 1 nn. 1, 2, quae sunt dein clausa instructori tradenda» (PrM 71 §2). Infine, l’art. 72 concede al DV la facoltà di chiedere al parroco che ha celebrato il matrimonio una copia autentica dell’indagine prematrimoniale: «Defensor vinculi potest, et, si casus ferat, id facere ne omittat, opportunas exquirere notitias, praesertim a vinculi defensore illius dioecesis ubi matrimonium initum fuit, itemque exquirere a parocho, cui ius assistendi matrimonio fuit, authenticum exemplar investigationum ante matrimonii celebrationem peractarum, et interrogationum quas hic, ad normam iuris, nupturientibus detulit» (PrM 72). 22 «§1.- Compete ai fedeli rivendicare e difendere legittimamente i diritti di cui godono nella Chiesa presso il foro ecclesiastico competente a norma del diritto. §2.- I fedeli hanno anche il diritto, se sono chiamati in giudizio dall’autorità competente, di essere giudicati secondo le disposizioni di legge, da applicare con equità» (c. 221). 23 «...no se limita indebidamente ‒situándoles legalmente en una postura de inferioridad respecto al ministerio público‒ la posibilidad de los fieles de reclamar sus derechos ante los Tribunales eclesiásticos» (C. PEÑA, La función del defensor del vínculo en la prueba, in A. PÉREZ ‒ L. RUANO [eds.], «La prueba en los procesos de nulidad matrimonial [XXII Jornadas de la Asociación Española de Canonistas. Madrid, 3-5 abril 2002]», Salamanca 2003, 60). 24 In linea con il n. 82 delle conclusioni del Sinodo ordinario della Famiglia, il SA (p. 16) attribuisce al servizio di indagazione previa ‒in primo luogo‒ la funzione di aiutare a superare le crisi coniugali, cercando di esaurire tutte le vie di riconciliazione: «L’attuazione di questi documenti [los dos Motu Proprios del 15-8-2015] costituisce dunque una grande responsabilità per gli Ordinari diocesani, chiamati a giudicare loro stessi alcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia. Ciò implica la preparazione di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale. Sarà pertanto necessario mettere a disposizione delle persone separate o delle coppie in crisi, un servizio - 7/14 - TESTO PROVVISORIO 2) La capacità processuale dell’attore (“stare in iudicio”): ius impugnandi (c. 1674) + uso di ragione (c. 1478 §1). 3) La competenza del Tribunale: la moltiplicazione di possibili Tribunali competenti per l’ampliamento dei titoli di competenza (c. 1672, 2º: basta il quasi domicilio di qualunque delle parti) non deve essere un ostacolo per cercare di rispettare sempre il principio di prossimità (MI, art. 7 §1)26. 4) Il fondamento della domanda (fumus boni iuris): • Intrinseco.- coerenza interna della domanda, evitando contraddizioni, consistenza dei fatti per suffragare la petizione di nullità, evitare una descrizione dei fatti troppo generica,... • Estrinseco.- motivazioni per cui si chiede la nullità in quel tribunale: criteri di giustizia o di ostruzione dell’indagine della verità oggettiva, perché non esistendo il diritto ad una azione processuale ingiusta (contradictio in terminis)27. 5) Vegliare perché sia rispettato il diritto di difesa del convenuto: possibilità reale di difendersi (criterio di prossimità). • Non si può permettere un uso indiscriminato o abusivo del diritto al processo. Pertanto, se esistono indizi che fanno capire come l’attore ha cercato un Tribunale competente ma lontano dalla parte convenuta per ostacolare la sua difesa e quella dei testi che possano dichiarare contro la sua pretesa, la domanda dovrà essere rifiutata per attentato allo ius defensionis del coniuge convenuto. 6) La presentazione di eccezioni: per incompetenza del Tribunale, incapacità legale dell’attore, violazione del diritto di difesa del convenuto, per res iudicata (possibile conformità equivalente riguardo una sentenza anteriore)… • L’ampliamento dei titoli di competenza da parte del MI riapre la questione di possibile frode di legge per violazione di cosa giudicata formale: nel caso di due coniugi litisconsorti che ricevono una sentenza negativa in prima istanza, chi può impedire a loro di ricorrere ad un altro Tribunale competente per presentare la stessa domanda? • Per evitare questi possibili abusi sarebbe molto conveniente la creazione di un registro a livello di Conferenza Episcopale in cui lasciare scritti i dati identificativi delle cause che si sono svolte in ogni paese28. Ciò, non solo potrebbe servire ad evitare la frode in ambito legale ma favorirebbe la collaborazione con la Segnatura Apostolica nella sua missione di salvaguardia della retta amministrazione della giustizia nella Chiesa (PB 124, 1º; Lp 110-112). b) L’assenza di citazione del DV – a differenza di quanto succede con la PC – non provoca la nullità degli atti del processo (cc. 1507-1508; DC 127-128), a condizione che possa revisionare quanto è stato attuato e adempiere la sua funzione, prima della sentenza (c. 1433; DC 60) presentando il suo scritto di osservazioni (c. 1606; DC 245 §2). Di conseguenza, per quanto riguarda il diritto di d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che potrà pure accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale (cf. MI, artt. 2-3)» (Relatio finalis, n. 82). La sottolineatura è nostra. Riguardo alla configurazione di questo servicio nel MI (artt. 1-5): vid. P.A. MORENO, El servicio de indagación prejudicial: aspectos jurídicopastorales, in «Ius Canonicum» 56 (giugno 2016), 65-85. 25 Can. 1446 §1.- Tutti i fedeli, ma in primo luogo i Vescovi, s'impegnino assiduamente, salva la giustizia, perché nel popolo di Dio siano evitate, per quanto è possibile, le liti e si compongano al più presto pacificamente. §2.- Il giudice sul nascere della lite ed anche in qualunque altro momento, ogni volta che scorga qualche speranza di buon esito, non lasci di esortare le parti e di aiutarle a cercare di comune accordo un'equa soluzione della controversia, e indichi loro le vie idonee a tal proposito, servendosi eventualmente anche di persone autorevoli per la mediazione. §3.- Che se la lite verta sul bene privato delle parti, il giudice veda se con la transazione o il giudizio arbitrale, a norma dei cc. 1713-1716, possa concludersi vantaggiosamente. 26 «I titoli di competenza di cui al c. 1672 sono equivalenti, salvaguardato per quanto possibile il principio di prossimità fra il giudice e le parti» (MI, art. 7 §1). 27 Cf. C.J. ERRÁZURIZ M., Licitud moral de la presentación de la demanda de nulidad matrimonial por los esposos, in «Ius Canonicum» 41 (2001), 169-189. 28 Cf. C. PEÑA, La función del defensor del vínculo en la prueba, in A. PÉREZ ‒ L. RUANO (eds.), «La prueba en los procesos de nulidad matrimonial (XXII Jornadas de la Asociación Española de Canonistas. Madrid, 3-5 abril 2002)», Salamanca 2003, 73. - 8/14 - TESTO PROVVISORIO citazione e intervento in questa fase iniziale del processo, il DV si trova chiaramente in svantaggio di fronte alla PC, nonostante, il nuovo c. 1676 §2 stabilisca che nella fase di ammissione della domanda deve essere udito il DV. Inoltre, nel caso di un convenuto assente o disinteressato alla nullità del suo matrimonio, un altro segno di sollecitudine per la giustizia da parte del DV consiste nel suo tentativo di offrire delle ragioni convincenti alla PC per partecipare nel processo e addurre delle prove che consideri opportune29. c) La nullità degli atti per assenza di citazione della PC non impedisce inoltre che la sentenza possa essere impugnata mediante querela di nullità insanabile, per essere pronunciata senza che il Tribunale abbia stabilito una relazione processuale con il convenuto, trattandosi di una assenza legittima e di una violazione del suo diritto di difesa (c. 1620, 4º y 7º; DC 270, 4º y 7º). d) Nello stabilire la formula del dubbio, il DV deve opporsi ai dubbi generici oppure a quelli che non abbiano fondamento nei fatti allegati nel libello delle domande. Eccezione fatta del Tribunale della Rota Romana che, mediante il rescritto papale del 7-12-2015, ha ricevuto l’approvazione della seguente norma per regolare la sua prassi: «nelle cause di nullità di matrimonio giudicate dal Tribunale della Rota Romana non deve essere più specificamente indicato il vizio (capo di nullità) per il quale il matrimonio viene impugnato, in quanto il dubbio viene fissato in termini assolutamente generici (“An constet de matrimonii nullitate, in casu”)»30. Secondo il commento di Mons. Pinto ‒Decano della Rota Romana‒ questo Tribunale «si è sempre distinto per la “sapientia” nelle sue decisioni giurisprudenziali, della quale è un’espressione il ritorno alla formula del dubbio generico (nei Tribunali inferiori rimane invece l’obbligo del dubbio specifico)»31. Di conseguenza, si potrebbe domandare se davanti alla Rota Romana possa essere affievolito, in particolare in prima istanza, il principio del nemo iudex sine actore (c. 1620, 4º; DC 270, 4º) insieme al diritto fondamentale dei fedeli (cc. 221 e 1674) che vogliono chiedere la nullità del loro matrimonio per un determinato capo e non per un altro (quello che il Tribunale consideri opportuno). 4.2.- Fase di istruzione: proposta, ammissione e pratica delle prove (dichiarazione delle parti, testimoniale, documentale e periziale) La fase istruttoria è l’anima del processo, così come la motivazione è l’anima della sentenza e da esse ha origine la giurisprudenza (rationes sententiarum)32. È nella fase istruttoria, infatti, che vengono ricavate le prove che ‒ dopo la loro valutazione e discussione ‒ serviranno come fondamento al Tribunale per pronunciare una sentenza giusta, in senso affermativo o negativo. Per questo motivo, vorrei insistere sulla necessità della presenza attiva del DV in questa tappa del processo, sotto pena di nullità delle attuazioni, per garantire una reale tutela del matrimonio in questo momento processuale che riveste un’importanza decisiva. Il DV deve poter adempiere la sua funzione, presentando tutte le prove che consideri opportune e contrastando quelle opposte (c. 1677 §1). In questo modo, si potrebbe supplire alla diminuzione di garanzie processuali, venute meno con la soppressione della duplex conformis, e garantire una tutela dell’indissolubilità matrimoniale nel massimo grado, come ci chiede il Papa Francesco. In concreto, riguardo alle dichiarazioni delle parti e all’insieme della prova testimoniale il DV ha il diritto e il dovere di: a) Presentare un elenco di domande per l’interrogatorio delle parti e dei testi (cc. 1516 e 1527 §1). b) Opporsi alla proposta di domande che siano offensive o non pertinenti alla causa, oppure di questioni capziose o subdole (c. 1564; DC 169). 29 Cf. Ibidem, 66-68. Cf. FRANCESCO, Rescriptum ex audientia (7-12-2015), pubblicato sul bollettino della Sala Stampa (11-12-2015). 31 P.V. PINTO, Commento in Radio Vaticana (11-12-2015), in http://www.news.va/it/news/rescritto-papa-su-compimento-nuovalegge-del-proce. 32 Varalta distingue tra giurisprudenza nel senso obiettivo («complexus decisionum uniformium seu uniformiter latarum a Tribunalibus, in effectivo exercitio propriae functionis iurisdictionalis») e nel senso formale («ipsa auctoritas quae iisdem decisionibus accedit, utpote uniformiter latis») (cf. Z. VARALTA, De iurisprudentiae conceptu, in «Periodica» 62 [1973], 40). In definitiva, l’autorità della giurisprudenza –in uno e altro senso– si poggia sulla verità o rationabilitas della motivazione che sostiene la decisione finale: «In altre parole, la giurisprudenza è la dottrina che è servita più volte per motivare le sentenze» (E. BAURA, Riflessioni sul valore canonico della giurisprudenza, in J. KOWAL – J. LLOBELL [eds.], «“Iustitia et iudicium”. Studi di diritto matrimoniale e processuale canonico in onore di Antoni Stankiewicz», Città del Vaticano 2010, 1388). 30 - 9/14 - TESTO PROVVISORIO c) Tenendo conto dell’importanza che il MI conferisce alla dichiarazione delle parti e dei testi qualificati ‒ con capacità di raggiungere il valore di prova piena se non ci sono altri elementi dell’insieme probatorio che contraddicano quell’informazione (c. 1678 §§1-2; DC 180) ‒, diventa assolutamente necessaria la presenza del DV in queste dichiarazioni (c. 1677 §1), con facoltà di proporre al Giudice ulteriori domande (c. 1561; DC 166), al fine di: o chiarire alcune delle informazioni ricavate; o evitare dichiarazioni generiche, che non scendono ai fatti concreti; o evitare che i dichiaranti centrino la loro attenzione in giudizi di valore e non nella descrizione dei fatti più rilevanti giuridicamente, ai fini della causa; o valutare il linguaggio corporale, il tono di voce, le contraddizioni, correzioni o vacillamenti del dichiarante (c. 1572, 3º; DC 201, 4º); o valutare il diniego del testimone a rispondere a qualche domanda (cc. 1531 §2, 1534, 1548 §2; DC 178). d) Procurare che ci sia un numero sufficientemente ampio di testi, secondo la qualità d’informazione utile che possano apportare, tenendo conto del suo rapporto con le parti e la sua fonte di conoscenze, in tempi non sospettosi (cf. c. 1563; DC 168). e) Proporre la dichiarazione di altri testimoni (parenti o persone vicine ai coniugi) per provvedere a una migliore istruzione della causa. f) Chiedere un confronto tra i testimoni o con la parte che li ha presentati (c. 1560 §2; DC 165 §2) per chiarire alcune contraddizioni, oppure sollecitare che qualcuno di essi sia chiamato nuovamente a testimoniare. In rapporto alla prova documentale: esaminare l’autenticità dei documenti presentati in opposizione e la loro connessione in merito alla causa; proporre la presentazione di altri documenti che aiutino a valutare meglio i fatti giuridici. Una maggiore attenzione merita l’intervento del DV nella pratica della prova periziale, così come nella sua discussione, avendo in mente il gran numero di cause presentate per incapacità consensuale (c. 1095) e la complessità che racchiude questa tipologia di nullità matrimoniale. Come viene indicato dall’art. 56 §4 DC33, al DV vengono attribuiti tre compiti riguardo alla prova periziale: 1. Controllare che al Perito siano sottoposti chiarimenti o questioni pertinenti alla fattispecie e non eccedenti la sua competenza. 2. Vigilare che le perizie siano eseguite con metodo scientifico e si fondino sui principi dell'antropologia cristiana. 3. In caso di sentenza pro nullitate, proporre in appello i possibili errori di valutazione contrari al vincolo da parte dei Giudici. Riguardo al primo compito, è ovviamente il Giudice che deve formulare le questioni concrete al perito per l’elaborazione della prova periziale. Il Giudice resta sempre il dominus litis34, nonostante il DV abbia il diritto e il dovere di pronunciarsi in modo sfavorevole, riguardo le domande presentate dalle parti che non siano pertinenti o vadano aldilà della competenza del perito. Inoltre, non si può trascurare il diritto-dovere 33 DC 56 §4.- Nelle cause che hanno ad oggetto le incapacità di cui al can. 1095, ha il compito di controllare che al Perito siano sottoposti chiarimenti o questioni pertinenti alla fattispecie e non eccedenti la sua competenza; di vigilare che le perizie si fondino sui principi dell'antropologia cristiana e siano eseguite con metodo scientifico, indicando al giudice tutto quanto, a suo avviso, può essere addotto a favore del vincolo; in caso di sentenza affermativa, ha il dovere di significare chiaramente al Tribunale di appello, se qualche deduzione contraria al vincolo, contenuta nelle perizie, non sia stata correttamente ponderata dai giudici. 34 «…“controllare” le domande non vuol dire che il difensore del vincolo è autorizzato a cambiare le domande “ex officio” com’era previsto nell’art. 70 §2 PM. Nella Dignitas connubii, il giudice resta il “dominus” del proceso. Siamo convinti che l’Istruzione abbia solo sottolineato in dettaglio ciò che il códice aveva già stabilito e che il Pontefice ha voluto precisare tramite la Sua allocuzione del 1988. Possiamo dire che l’art. 56 §4 mette un’insistenza notevole riguardo alla necessità del difensore del vincolo di compiere accuratamente il suo compito in tutto l’iter della causa (cf. art. 56 §2)» (Ph. HALLEIN, Nuove facoltà per il difensore del vincolo nello svolgimento di un proceso di nullità matrimoniale?, in «Periodica» 99 [2010], 512-513). - 10/14 - TESTO PROVVISORIO del DV di presentare il proprio questionario al perito, per una più accurata realizzazione e successiva valutazione della perizia. Per quanto riguarda il secondo compito del DV nei confronti della perizia, risulta evidente che senza una adeguata concezione antropologica (che consideri la verità dell’uomo nella sua integrità), difficilmente potrà il Perito raggiungere delle conclusioni affidabili che servano da fondamento di una sentenza giusta. Per questo motivo, l’art. 205 §2 DC stabilisce questo requisito di idoneità riguardo ai Periti che intervengono nelle cause di nullità matrimoniale per incapacità consensuale (c. 1095): «si deve prestare la massima attenzione a scegliere Periti che aderiscono ai principi dell'antropologia cristiana». Sarebbe interessante addentrarci adesso nei principi dell’antropologia cristiana e nei criteri per la valutazione della perizia, ma dobbiamo rimandare questi contenuti al testo che verrà pubblicato per non perdere il filo di questa riflessione e rispettare i limiti di tempo. Infine, il terzo compito del DV in questo ambito, mette in rilievo che una sentenza affermativa fondata su una errata valutazione della perizia sarà motivo dell’obbligato d’appello da parte del DV, indicando specificamente dove si trovano, secondo lui, gli errori della valutazione periziale. 4.3.- Fase di discussione: pubblicazione degli atti, conclusione della causa e presentazione degli allegati Dopo la pubblicazione degli atti (c. 1598; DC 229), il Giudice deve stabilire un termine affinché le parti (includendo ovviamente il DV) possano esaminare le prove raccolte e sollecitare ‒ se lo considerano opportuno ‒ un ampliamento della fase istruttoria. Se non vengono presentate altre richieste di prova, è il Giudice che deve valutare se la causa sia ormai sufficientemente istruita e, in quel caso, dettare il decreto di conclusione, stabilendo un termine per la presentazione di allegati o conclusioni (c. 1601; DC 240). La presentazione di osservazioni finali o animadversiones è un momento assolutamente significativo per l’attuazione del DV. Purtroppo, in parecchi casi è l’unico momento in cui il DV interviene nel processo. Nel caso in cui il DV non presenti le sue osservazioni, il Giudice deve insistere a farlo e il DV deve presentarle per scritto (c. 1606; DC 245). Nelle sue animadversiones, il DV ‒ facendo onore al nome che corrisponde alla sua funzione processuale ‒ deve addurre tutto quanto ragionevolmente esista in favore della validità del matrimonio. Il DV, pertanto, non può rinunciare alla difesa del bene pubblico che costituisce il nocciolo del suo ruolo istituzionale. Altrimenti non ci sarebbe un vero contraddittorio e, di conseguenza, sparirebbero pure le garanzie della via giudiziale per il discernimento della verità. Nel contesto di questa “rifondazione” del processo canonico, dopo la soppressione dell’obbligo della doppia conforme e l’ampliamento dei titoli di competenza, ritengo che sia da ripensare la norma del c. 1433 che viene anche raccolta dall’art. 60 DC.- Qualora, malgrado sia richiesta la loro presenza, il difensore del vincolo o il promotore di giustizia non siano stati citati, gli atti sono nulli, a meno che essi, benché non citati, di fatto siano intervenuti o almeno, prima della sentenza, abbiano preso visione degli atti e potuto svolgere il loro compito (cf. can. 1433). Per compensare la diminuzione delle garanzie processuali che comporta la soppressione della doppia conforme, considero che la presenza attiva del DV debba essere obbligatoria almeno fin dalla fase istruttoria. In caso contrario, come si può affermare che il DV ha adempiuto correttamente la sua missione?35 In altre parole, come risolvere le lacune di un’istruzione deficiente della causa se il DV non ha avuto la possibilità di proporre delle prove o contraddire quelle presentate dall’attore? Non può considerarsi giudicato ciò che non è stato sottomesso al contraddittorio: se non c’è stata la possibilità per il DV di essere presente nella fase istruttoria ‒ specialmente nella dichiarazione delle parti ‒, difficilmente potrà essere in grado di difendere in maniera appropriata la verità del vincolo matrimoniale. Ora più che mai il DV deve rispondere all’ideale di attuazione del suo compito presentato dall’art. 56 DC: «Egli [il DV] deve intervenire a norma di legge fin dall'inizio e nello svolgimento del processo» (DC 56 §2). «[Il DV] Ha l'obbligo [“tenetur”] di proporre in ogni grado di giudizio qualsiasi genere di prove, opposizioni ed eccezioni che, salva la verità dei fatti, contribuiscano alla tutela del vincolo» (DC 56 §3). 35 «Aunque el defensor del vínculo examine las actas antes de la sentencia, considero que es discutible afirmar que, con sus animadversiones finales, y sin intervención a lo largo del proceso, ha venido a cumplir con su oficio de defensa del vínculo conyugal. Por ello, el defensor del vínculo, que desde el inicio del proceso no fue legítimamente citado y sólo fue llamado al final para examinar las actas, podrá pedir fundadamente la nulidad de las actuaciones realizadas sin su intervención; de lo contrario, la norma sanatoria de can. 1433 y de este art. 60 podría ser utilizada como fraude de ley» (C.M. MORÁN BUSTOS – C. PEÑA GARCÍA, Nulidad de matrimonio y proceso canónico, Madrid 2007, 145). - 11/14 - TESTO PROVVISORIO 4.4.- Fase di decisione: la sentenza e la sua possibile impugnazione (mediante querela di nullità, appello o nuova proposizione di causa) Come ben sappiamo, l’obbligo del DV d’interporre ricorso di appello sempre contro la prima sentenza affermativa sparisce con il vigente Codice36. Tuttavia, questo non significa che il DV perda il suo diritto di appello e nemmeno significa che sparisca il suo obbligo di appellare quando venga richiesto dalle circostanze della causa per una giusta difesa del vincolo matrimoniale. Il c. 1628 riconosce in maniera esplicita il diritto del DV di appellare contro la sentenza: «La parte che si considera onerata da una sentenza, e parimenti il promotore di giustizia e il difensore del vincolo nelle cause in cui la loro presenza è richiesta, hanno diritto di appellare contro la sentenza avanti al giudice superiore». Ovviamente, fin dalla entrata in vigore del MI, la notifica di tutte le sentenze pro nullitate al DV diventa assolutamente necessaria per rispettare il suo diritto di appello, che rimane integro (c. 1680 §1). Quando dobbiamo considerare ragionevole che il DV si senta onerato da una sentenza? Non semplicemente quando la sentenza sia pro nullitate, bensì quando nella sua motivazione non venga data risposta alcuna alle giuste obiezioni del DV contro la dichiarazione di nullità. In questo caso, risulta evidente che il DV deve appellare contro la sentenza, come viene stabilito dall’ art. 279 §2 DC.- «… il difensore del vincolo è tenuto per dovere d'ufficio a interporre appello, se ritiene non sufficientemente fondata la sentenza che per la prima volta ha dichiarato la nullità di matrimonio». Pertanto, se la sentenza non risponde alle animadversiones del DV o la risposta viene fatta senza un chiaro fondamento ex actis et probatis (c. 1608 §2), il DV deve appellare contro quella decisione. Così viene anche regolato per il processo documentale (DC 298 §1).- «...il difensore del vincolo, se prudentemente ritiene che i vizi indicati nello stesso articolo o la mancata concessione della dispensa non siano certi, deve interporre l’appello al giudice di seconda istanza, al quale si debbono trasmettere gli atti, avvertendolo per iscritto che si tratta di un processo documentale (cf. can. 1687, § 1)». Come ben sappiamo, il Giudice non può pronunciare una sentenza pro nullitate senza aver raggiunto la certezza morale. Non possiamo dimenticare che, secondo l’art. 247 §2 DC ‒riprodotto letteralmente nel MI, art. 1237‒ la certezza morale non consiste nel peso prevalente delle prove e degli indizi, ma deve intendersi come quella convinzione personale del Giudice, favorevole alla dichiarazione di nullità matrimoniale, fondata sulla valutazione dell’insieme probatorio secondo la sua scienza ed esperienza (c. 1608 §2), in maniera che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, in diritto e in fatto, ancorché non sia esclusa la mera possibilità del contrario. Di conseguenza, non si può difendere che il Giudice abbia raggiunto la certezza morale ex actis et probatis per dettare sentenza favorevole alla nullità se non è stato capace di rispondere adeguatamente alle obiezioni o dubbi ragionevoli presentati dal DV. L’importanza di rispondere alle osservazioni del DV nella motivazione della sentenza viene confermata dall’ art. 265 §4 DC, poiché si tratta di un requisito di validità per il decreto di ratifica.- «Il decreto con cui la decisione affermativa è confermata con procedura abbreviata deve, sotto pena di nullità, esprimere almeno in modo sommario i motivi e dare risposta alle osservazioni del difensore del vincolo, e se del caso a quelle delle parti (cf. can. 1617)». La soppressione della doppia conforme rafforza la rilevanza giuridica dell’appello da parte del DV. In effetti, è la prima volta nella storia della Chiesa che coesistono la figura del DV e la possibilità di una sola sentenza esecutiva pro nullitate in processo ordinario. Pertanto, è la prima volta che ‒ dinanzi a una parte convenuta che non pretende appellare ‒ la prosecuzione della causa in seconda istanza dipenda unicamente dell’appello del DV. Il VG e soprattutto il Vescovo diocesano ‒ grande protagonista nella riforma processuale del Papa Francesco ‒ devono garantire il buon funzionamento del suo tribunale e, dunque, l’indipendenza del DV affinché possa esercitare liberamente e responsabilmente la sua funzione, includendo il suo dovere di 36 Cf. derogato c. 1682 §2 e nuovi cc. 1679-1680. «Per conseguire la certezza morale necessaria per legge, non è sufficiente una prevalente importanza delle prove e degli indizi, ma occorre che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, in diritto e in fatto, ancorché non sia esclusa la mera possibilità del contrario» (DC 247 §2; MI, art. 12). 37 - 12/14 - TESTO PROVVISORIO appellare quando si veda onerato dalla sentenza. Sarebbe veramente sospettoso se il DV non presentasse mai ricorso di appello contro le sentenze pro nullitate del suo Tribunale38. L’appello del DV deve essere un appello qualificato: non basta la richiesta del tribunale superiore – come succede con la parte privata che si ritiene gravata dalla sentenza (c. 1630) ‒ ma bisogna spiegare i motivi del suo appello. Soltanto così il DV dell’istanza superiore potrà aderire o rifiutare la prosecuzione di questo ricorso (c. 1636 §2; DC 287). Nel testo che verrà pubblicato troverete alcune considerazioni riguardo altri mezzi d’impugnazione della sentenza da parte del DV: la querela di nullità (cc. 1619-1627; DC 269-278) e la nuova proposizione di causa (cc. 1644 e 1681; DC 290-294). 5.- REQUISITI FONDAMENTALI PER LA RETTA ATTUAZIONE DEL DV: VOCAZIONE, FORMAZIONE E DEDIZIONE 5.1.- Vocazione (sollecitudine per la giustizia) 5.2.- Formazione (permanente) 5.3.- Dedizione (prioritaria) Per non dilungarmi troppo aldilà del tempo stabilito, mi vedo costretto a rimandare al testo pubblicato le considerazioni riguardo questo punto. Soltanto volevo accennare che, nell’ambito formativo, è stata una bellissima notizia il Rescritto “ex audientia Ss.mi” del 22 gennaio di quest’anno (2016), per cui il Papa Francesco richiede all’Ecc.mo Decano della Rota Romana che «sentito il parere del Collegio dei Prelati Uditori nella sessione del 16 dicembre 2015, istituisca un “diploma minore” di formazione giuridico-pastorale per ecclesiastici e laici, non forniti dei titoli accademici richiesti dal diritto (licenza e dottorato in diritto canonico); da attuarsi con Corsi svolti sia nell’Urbe che nei continenti, come anche per via telematica». Come viene segnalato all’inzio di questo documento del 22 gennaio, questa iniziativa per contribuire alla preparazione degli operatori dei tribunali ecclesiastici è frutto di quell’altro Rescritto Pontificio del 7 dicembre 2015, dove «si riconosce alla Rota Romana il munus “di sussidio alla formazione permanente degli operatori pastorali nei Tribunali delle Chiese locali”, in coerenza con quanto stabilito nell’art. 8, §1 della Ratio procedendi annessa ai M. P. Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, relativamente all’impegno della Sede Apostolica di offrire una adeguata formazione alle “persone che possano prestare la loro opera nel tribunale da costituirsi per le cause matrimoniali”». È senz’altro un motivo di gioia per tutta la Chiesa, specialmente per tutti quelli che saranno beneficiati da quelli corsi in diritto canonico. A questo scopo formativo contribuisce anche con eccellente impegno questo Corso di aggiornamento, ormai il VI, organizzato ogni tre anni da questa Facoltà di Diritto canonico della Santa Croce. 6.- CONCLUSIONI E PROPOSTE PER UN’ULTERIORE RIFLESSIONE DE IURE CONDENDO Alla fine di questa riflessione possiamo trarre alcune conclusioni e proposte per un’ulteriore riflessione de iure condendo. Si tratta di un piccolo contributo finale per un’adeguata attuazione del DV nel processo canonico di nullità matrimoniale, rispondendo al dovere di scoprire la verità sulla nullità matrimoniale e proteggere l’indissolubilità del patto coniugale: 1.- La prima conclusione, che serve da fondamento per le altre, è la consapevolezza che la diligenza del DV nel processo canonico incide decisivamente nel buon esercizio della funzione giudiziale e nella qualità della sentenza: non soltanto giusta, ma anche accuratamente fondata in iure et in facto. 2.- Questa diligenza potrebbe tradursi nell’obbligo ‒ sotto pena di nullità ‒ della presenza del DV fin dall’inizio del processo (DC 56 §2). 3.- Un mezzo opportuno per evitare la deceptio Ecclesiae e poter addurre l’eccezione di res iudicata, secondo il principio giuridico ne bis in idem, sarebbe la creazione di un registro di cause a livello di 38 Se in un Tribunale, dove la quasi totalità delle sentenze fossero affermative, non ci fosse mai nessun appello da parte del DV, sarebbe qualcosa di sospettoso e motivo perché il STSA prendesse delle misure corrispondenti alla sua funzione di vigilanza per la retta amministrazione della giustizia nella Chiesa (PB 121; Lp 110-112). - 13/14 - TESTO PROVVISORIO Conferenza Episcopale con i dati identificativi delle cause risolte in ogni paese (Tribunale, parti, capitoli di nullità, decisione finale, appellata o no, luogo e data). 4.- Garantire l’indipendenza dei DV, per poter esercitare in coscienza l’impugnazione delle sentenze pro nullitate, attraverso la prevista vigilanza sui Tribunali ecclesiastici da parte della SAp39. Il c. 1436 §2 (DC 53 §4) stabilisce che il PG e il DV possono essere rimossi dalla stessa autorità da cui hanno ricevuto la nomina (il Vescovo diocesano), ma non possono essere destituiti senza un giusto motivo. Pertanto, una rimozione formalmente illegittima o ingiustificata potrà essere impugnata mediante ricorso gerarchico presso la SAp40 (cc. 1732-1739; PB123; Lp 73-105) e, dopo aver esaurito le procedure per la via amministrativa ordinaria, ci sarebbe la possibilità di aprire il giudizio contenzioso-amministrativo41 dinanzi alla stessa SAp42. 5.- La semplificazione del ricorso di appello, mediante la soppressione della prosecuzione (obbligatoria per il DV), favorirebbe: - le garanzie di giustizia: facilitando l’accesso all’istanza superiore; - l’uguaglianza delle parti: il DV di prima istanza –come accade con la parte privata– non avrebbe bisogno di altro soggetto (il DV di seconda) per proseguire il suo appello; - la celerità: semplificazione dell’appello. 6.- Avendo presente la funzione ausiliatrice del Tribunale della Rota Romana alla prassi dei Tribunali inferiori e all’unità della giurisprudenza (PB 126), un’altra via di aiuto sarebbe la pubblicazione di alcune animadversiones dei DV della RR, a discrezione del Decano, come un servizio di orientamento ai DV dei Tribunali locali. Concludendo, non mi resta che incoraggiare e ringraziare il lavoro di tanti DV che operano nei tribunali ecclesiastici con diligenza e responsabilità, consapevoli dell’importanza della loro missione per l’amministrazione della giustizia nella Chiesa. 7.- Alla fine di questa riflessione, vorrei fare un breve cenno sul rapporto tra giustizia e misericordia. Mi sembra particolarmente rilevante, in quest’Anno della Misericordia, ricordare che la giustizia nella Chiesa è sempre misericordiosa, perché s’indirizza verso la salvezza delle anime (c. 1752). In senso reciproco, la misericordia nella Chiesa è sempre giusta, perché passa necessariamente attraverso l’amore alla verità che è Cristo (Gv 14,6) e che ci rende veramente liberi (Gv 8,32). Grazie tante per la vostra attenzione. 39 Cf. F. DANEELS, La vigilanza sui Tribunali: introduzione al titolo V della “Lex propria”, in P.A. BONNET – C. GULLO, «La “lex propria” del S.T. della Segnatura Apostolica», Città del Vaticano 2010, 199-212. 40 Cf. J. MIRAS, v. Recurso jerárquico, in DGDC VI, 775-779. 41 Cf. J. MIRAS, v. Proceso contencioso-administrativo, in DGDC VI, 510-512. 42 Cf. c. 1400 §2; PB 123; Lp 73-105. - 14/14 -